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Università degli Studi 'Gabriele D'Annunzio' di Chieti-Pescara

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history of economics economic history world history economic development

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Questo documento riassume la storia economica umana, partendo dall'età della pietra fino all'era moderna, concentrandosi sull'evoluzione dell'agricoltura, la nascita dei villaggi e delle città e le trasformazioni economiche in diverse epoche storiche, inclusi gli effetti delle rivoluzioni industriali. Include anche una panoramica della crescita demografica e dei cambiamenti socio-economici.

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**RIASSUNTI STORIA ECONOMICA** Riassunto storia economica 1 L'età della pietra, suddivisa in Paleolitico e Neolitico, e l'età dei metalli, rappresentano degli snodi fondamentali nella storia dell'umanità. L'essere umano nel Paleolitico, ovvero \"età della pietra antica\", era nomade, e il suo stil...

**RIASSUNTI STORIA ECONOMICA** Riassunto storia economica 1 L'età della pietra, suddivisa in Paleolitico e Neolitico, e l'età dei metalli, rappresentano degli snodi fondamentali nella storia dell'umanità. L'essere umano nel Paleolitico, ovvero \"età della pietra antica\", era nomade, e il suo stile di vita prevedeva sostanzialmente la raccolta di vegetali, la caccia, e lo spostamento da un posto all'altro in base alle necessità, vivendo in grotte e ripari. Un'importante svolta avviene nel Neolitico, ovvero \"età della pietra nuova\", grazie alla rivoluzione agricola, avvenuta circa 11.000 anni fa in particolare nella Mesopotamia. L'uomo comincia a seminare parte dei semi che raccoglie, aumentando la quantità di cibo a disposizione, inizia ad allevare gli animali, ricavandone oltre alla carne tutti i derivati, e il suo stile di vita diventa sedentario. Nascono i primi villaggi, e all'interno di questi avviene una diversificazione che porta a far aumentare la produttività, alla quale consegue un'organizzazione più dettagliata della vita quotidiana. Proprio a seguito di queste nuove esigenze, nei villaggi del Neolitico cominciano a formarsi l'economia, la società e la politica. Un'altra svolta si ha quando l'uomo fondendo il rame insieme ad altri metalli crea il bronzo, un materiale più tenace, che rende le armi più potenti. Con questa scoperta si dà il via all'età dei metalli. Dal 9000 a.C. al 1700 d.C. l'umanità continua a usare la stessa logica produttiva, l'energia utilizzata è sempre stata quella animata. Tuttavia l'umanità non rimane immobile, e vive cambiamenti radicali come ad esempio il passaggio dai villaggi alle città, inventa la democrazia in Grecia, e nel 1492 approda per la prima volta in America, scoprendo civiltà "ferme" all'età della pietra, tanto che Maya, Aztechi e Incas, le civiltà più avanzate, non avevano ancora scoperto il metallo. Nel diciottesimo secolo con la prima rivoluzione industriale l'energia smette di essere prodotta solamente dagli schiavi e dagli animali, e viene inventata la macchina a vapore. Sempre in questo periodo l'economista Thomas Robert Malthus, appartenente alla scuola classica fondata da Smith e proseguita da Ricardo, sviluppa uno studio sull'agricoltura, evidenziando i limiti della coltivazione, ad esempio la scarsità di concime, il fatto che la terra dopo una coltivazione vada lasciata a riposo (maggese), o che il campo possa produrre solo fino a una certa quantità date le dimensioni limitate dei campi. A Malthus si deve anche l'enunciazione della teoria della trappola maltusiana, atta a dimostrare che le risorse alimentari disponibili sarebbero state, nel lungo periodo, insufficienti a soddisfare i bisogni dell\'intera popolazione. Nel 1800 questa teoria perde di efficacia perché l'agricoltura cambia e diventa più produttiva, si sviluppano i trasporti (specialmente marittimi), avviene la seconda rivoluzione industriale, e si assiste a nuove dinamiche demografiche. Questo è un aspetto che va analizzato da tre punti di vista diversi: la natalità, la mortalità e l'emigrazione. Nel periodo appena menzionato la natalità da essere molto alta, si abbassa notevolmente, anche grazie all'invenzione di metodi contraccettivi. Riassunto storia economica 2 La popolazione mondiale nell'anno zero era di 250 milioni di abitanti, nell'anno 1000 di 400 milioni, nel 1750 di 791 milioni, nel 1900 di 1 miliardo e 650 milioni, nel 2023 di 8 miliardi. Si noti come l'incremento più importante sia arrivato con la fine della trappola malthusiana, insieme a una serie di rivoluzioni riguardanti l'agricoltura, l'industria, l'igiene e i mezzi di trasporto, grazie alle quali finisce la società della penuria. Analizzando l'andamento della popolazione mondiale, si nota che anche prima dell''800 ci sono stati incrementi, che però erano a "scatti". Per capire meglio analizziamo l'andamento della popolazione europea. Nell'anno zero durante l'impero romano la popolazione era di circa 30 milioni, per poi passare ai 35 dell'anno 1000. In questo lasso di tempo l'aumento è abbastanza moderato, a causa dell'insicurezza generale dovuta alle invasioni barbariche. Dall'anno 1000 però finiscono le invasioni, le città si sviluppano, l'economia diventa prettamente di commercio e la popolazione cresce raggiungendo, nel 1348, gli 80 milioni. In questo periodo inoltre hanno luogo le crociate, cioè guerre di religione indette con l\'appoggio della Chiesa, per liberare i luoghi santi (Gerusalemme e la Palestina) dal dominio turco-musulmano, guerre che ebbero un evidente valore religioso, e anche uno di espansione, verso il medioriente. Il blocco del 1348 è dovuto al morbo della peste, che addirittura porta in 2-3 anni la popolazione a diminuire di un terzo in tutta Europa. La conseguenza di questo cambiamento è che la popolazione restante ha una maggiore disponibilità di risorse e può mangiare di più, e nel '400 si ha una ripresa fino al 1580, a causa del rallentamento dell'economia. In quell'anno inoltre il Regno di Napoli smette di esportare grano, perché del tutto consumato, causando un'epidemia. Il destino dell'Europa non è tanto diverso, poiché viene anch'essa colpita da una serie di epidemie, come quella del 1620, del 1630 (raccontata dal Manzoni nei Promessi Sposi) e del 1650. A fermare la crescita della popolazione insieme alle epidemie, fu anche lo scoppio della Guerra dei trent'anni, che colpì duramente tutta Europa. Il concilio di Trento del 1545-1563 segna una svolta fondamentale per la demografia, dato che diviene obbligatorio per le diocesi tenere conto dei dati demografici anno per anno. Nel 1660 circa la popolazione riprende a crescere e in alcune zone (soprattutto in Inghilterra e Olanda, paesi economicamente più arretrati rispetto a quelli mediterranei) non si ferma più, grazie all'uscita dalla trappola malthusiana. Alcune zone sono invece ancora colpite da piccole cadute, come quella del 1764 nel Regno di Napoli a causa di una carestia. Uno sviluppo definitivo per la demografia si ha con l'avvento di Napoleone, a cui appartiene un decreto del 1811 che istituisce la nascita dei registri anagrafici. La svolta decisiva per tutta l'Europa si ha con l'uscita definitiva dalla trappola maltusiana e la conseguente transizione demografica che ha portato il continente dal regime demografico antico a quello contemporaneo. Il primo è caratterizzato da un'alta natalità, per fattori religiosi e sociali, e da un'alta mortalità, a causa della scarsità di igiene, cibo e di una medicina poco sviluppata; il secondo vede invece una situazione opposta, con una bassa natalità e una bassa mortalità, grazie a un notevole progresso sul campo della medicina e dell'igiene, e forse anche perché alcune epidemie, come la peste, si addormentano. Inoltre, questo cambiamento radicale porta l'andamento della crescita da altalenante a costante, come evidenziano i dati. Resta da considerare un terzo fattore demografico, cioè quello dell'emigrazione. Dal 1860 in molti emigrano dall'Europa verso le Americhe, diminuendo la popolazione europea, aumentando i salari e, mandando costantemente soldi a casa ai familiari, l'economia ne trasse vantaggio, rendendo questa esperienza migratoria abbastanza positiva. Questo appena descritto non è stato sicuramente l'unico fenomeno migratorio positivo, basti pensare a quello degli antichi greci, esportatori di civiltà verso l'Italia meridionale e verso l'Asia. Riassunto storia economica 3 Riassumiamo brevemente l'evoluzione dell'uomo. Un primo esemplare di uomo, ancora molto vicino alla scimmia, comparve 7 milioni di anni fa, l'Homo Abilis, capace di scagliare le pietre comparve 2,5 milioni di anni fa (da qui inizia la Preistoria e il Paleolitico) e 1,7 milioni di anni fa comparve l'Homo Erectus, in grado di muoversi in piedi. L'età della pietra è divisa in tre fasi: Paleolitico, fino a 30mila anni fa, Mesolitico fino a 11mila anni fa, e Neolitico fino a 3mila anni fa; nella prima l'uomo era nomade e non conosceva l'agricoltura, nell'ultima l'uomo è allevatore e agricoltore, e fonda il villaggio. Nella storia dell'uomo tutte le innovazioni partono da un luogo e si diffondono, da una parte vengono accettate subito, in altri luoghi non vengono accettate proprio o perlomeno non immediatamente. L'agricoltura L'agricoltura rimane il principale mezzo di produzione dell'uomo fino al 1700, l'epoca della prima rivoluzione industriale. Quando l'uomo smette di nutrirsi solo di ciò che la natura gli offre, cominciando a coltivare gli stessi semi di cui si ciba, il modo di vivere dell'essere umano viene stravolto: l'uomo smette di essere nomade, organizzandosi in villaggi prima e in città poi, principalmente in Mesopotamia. Il sistema economico di questa epoca non porta alcun tipo di progresso perché non si crea né accumulazione né risparmio, poiché, come descritto dalla trappola malthusiana, gran parte di ciò che viene prodotto viene a sua volta usato per produrre. L'antichità (periodo che dura fino al 300-400 d.C.) vede l'uomo organizzare diversamente l'agricoltura, difatti con le prime civiltà e imperi (Assiri, Sumeri, ecc.) si sviluppa una certa divisione del lavoro, assente nelle zone più arretrate. Le famiglie si spartiscono i terreni dove lavorano, ma si tratta per ora solo di possesso e non di proprietà, perché i terreni sono sempre del villaggio. Il concetto di proprietà si sviluppa più avanti, specialmente nel mondo romano, che dà vita al concetto di proprietà in senso moderno. Ad esempio la terra non era più del villaggio, ma dei patrizi che ci mettevano a lavorare i contadini. La proprietà è anche quella che alcuni cittadini esercitavano sugli schiavi, persone di terre conquistate dai romani che però non venivano uccise, ma vendute come merce. Il Medioevo è l'epoca storica che si fa iniziare nel 400 e finire convenzionalmente nel 1400, anche se in alcune zone finisce prima, ad esempio nel 1200, o più tardi, come in Russia, nel 1800. Nel Medioevo le città regrediscono a villaggi e le campagne sono il vero fulcro della vita dell'uomo. La società è divisa in tre ordini: \- la signoria; il ruolo dei signori è la difesa, spesso armata, del territorio, e la gestione delle terre; \- il clero; i sacerdoti gestivano il mondo dei fedeli, non tanto sconnesso da quello lavorativo. Famoso all'epoca era il principio "ora et labora", applicato soprattutto nei conventi benedettini, nei quali alla preghiera era affiancato il lavoro, come quello di trascrizione a mano delle opere dell'antichità. Un altro compito dei monaci era infatti quello di preservare l'antica cultura; \- i lavoratori, in particolare i contadini; il loro ruolo è quello di produrre; A differenza dell'antichità, nel mondo medievale l'individuo conta meno della comunità, che sia la famiglia o il villaggio, e la solidarietà è un valore fondante della società. Dal 1200 al 1700 si assiste allo sviluppo delle città a discapito dei villaggi, questo perché negli ultimi tutti dovevano fare tutto ciò che serviva, mentre nelle città avviene una maggiore diversificazione dei ruoli, con la nascita di specifici mestieri. Con lo sviluppo del commercio a livello europeo, specialmente marittimo (le navi potevano portare più merce rispetto ai carri), e grazie all'importazione, non c'era più la necessità nelle città di provvedere a tutto, in questo modo ogni centro urbano si specializza in un determinato ambito (ad es. industria tessile, manifatturiera ecc.). L'età moderna è anche quella della nuova agricoltura, nuova in primo luogo perché la diversificazione riguarda anche quest'ambito: dato che molti prodotti vengono importati, la coltivazione può essere maggiormente specializzata. In secondo luogo perché i terreni non sono più aperti a tutti, ma sono proprietà esclusiva dell'individuo, che li recinta. In terzo luogo per la riduzione delle rotazioni, problema centrale dell'agricoltura. Il sistema usato fino a quel momento era quello del debbio: dopo la prima raccolta le stoppie venivano bruciate, gli animali venivano lasciati liberi di pascolare, concimando il terreno. Anno dopo anno il raccolto si fa sempre più scarso perché i concimi non sono efficienti e il terreno è sempre meno fertile. Per ovviare a questo problema, l'agricoltore divide il campo: una parte viene coltivata, e in un'altra vengono fatte crescere le erbacce, che morendo concimano il terreno. La rotazione, che inizialmente era biennale, diventa poi triennale, con due parti coltivate e una lasciata a maggese. In Inghilterra invece, una volta recintato il terreno, si coltivano grano e, al posto del maggese, il foraggio, un'erba utile al nutrimento degli animali, che fornisce al terreno ciò che il grano toglie. In questo modo si avrà da una parte un terreno in buone condizioni, e dall'altra un bestiame in ottima salute, che di conseguenza porta più carne, più latte e più forza lavoro per arare i campi. Con la rivoluzione industriale molti dei problemi dell'agricoltura si risolvono, grazie al progresso scientifico che porta alla scoperta di nuovi concimi e all'invenzione di nuovi macchinari, dando inizio a quella che viene chiamata agricoltura capitalistica. Quando l'agricoltura diventa così redditizia, l'uomo può anche dedicarsi a altro, in particolare all'industria. Indice di progresso è infatti il passaggio dalla maggior parte della produzione da agricola a industriale. Il primo paese in cui i settori secondario e terziario superano il primario è l'Inghilterra. L'Italia compirà questo passaggio solamente nel primo dopoguerra. Riassunto storia economica 4 L'interpretazione della storia ci permette di avere prospettive diverse dei fatti, cioè degli eventi della storia dell'umanità. Esistono diverse interpretazioni della storia, e ognuno di queste ha risentito del pensiero e del paradigma dominante nel momento in cui è stata elaborata. La distinzione tra interpretazioni e fatti rischia però di non essere sempre così netta: quelli che noi chiamiamo fatti sono spesso interpretazioni o insiemi di fatti all'interno della stessa disciplina. Ma tutto ciò non si limita solo alla storia, dal momento che per esempio gli stessi fatti vengono interpretati dall'economia aziendale diversamente rispetto alla microeconomia oppure al diritto commerciale. I fatti sono infinti e le interpretazioni innumerevoli, ma analizziamone qualcuna. Un'interpretazione molto comune dalle nostre parti è quella che vede l'Occidente come guida delle civiltà, ma ora come mai in crisi per via della crescente potenza della Cina, maggiore esponente orientale, facendo sì che l'Occidente non sia più l'unico luogo di sviluppo nel mondo. Un'altra celebre interpretazione della storia, più filosofico-sociale che economica, è quella marxista, per cui la storia è storia di lotta tra classi. Marx parla innanzitutto di un comunismo primitivo, poché la divisione del lavoro era molto basilare, nel villaggio i beni erano di tutti e soprattutto non vi erano classi. La prima divisione è quella tra l'uomo e la donna, poi con le prime guerre la popolazione si divide tra i forti, chi combatte, e i deboli, chi lavora mentre gli altri combattono. Queste sono le prime differenze che si creano nella società. Al comunismo primitivo succede la società schiavista, come quella dell'impero romano, dove a contrapporsi sono i cittadini liberi e gli schiavi. Alla società schiavista segue quella feudale, in cui i servi della gleba (ex-schiavi o ex-proprietari fondiari che non sono riusciti a diventare signori) si affidano alla signoria. Dopo il 1200, finite le invasioni barbariche, e fino al 1700, lo scontro è tra laborantes (cittadini, contadini e borghesi, cioè la maggior parte del popolo) e signoria (signori feudali e clero). Secondo questa interpretazione, la società moderna nasce con la vittoria della borghesia contro i nobili, grazie alle rivoluzioni, in particolare quella francese. Marx dà pieni meriti alla classe borghese per aver spodestato la nobiltà, ma nel momento in cui i borghesi sono sempre di meno e sempre più ricchi, a discapito degli operai, sempre di più e sempre più poveri, non esita a formulare la sua critica più conosciuta: secondo il filosofo, lo scontro tra borghesia e proletariato sarà vinto da quest'ultimo, portando l'umanità nuovamente a una società senza classi. L'altra interpretazione che andremo ad analizzare è quella degli stadi economici di Rostow, dal libro del 1960 "Gli stadi dello sviluppo economico" dello stesso Rostow. Secondo l'economista statunitense, che parla di sviluppo economico e non di rivoluzioni, il processo di crescita economica è basato su 5 stadi da attraversare per arrivare alla società civile: 1\) la società tradizionale (basata sulla trappola maltusiana); 2\) le condizioni preliminari per il decollo (la cosiddetta transizione); 3\) il decollo (che sia spontaneo o indotto); 4\) la maturità (del sistema industriale); 5\) era del consumo di massa. La teoria di Rostow è stata criticata per la sua linearità e per non considerare le specificità culturali e storiche di ciascun paese. Ad esempio il passaggio da una società di villaggi a una cittadina, dovuto dalla rivoluzione industriale, in Italia si afferma solo dopo la seconda guerra mondiale, molto tardivamente rispetto agli altri paesi occidentali. Anche l'America ad esempio entra per prima nella società dei consumi, circa negli anni '50, mentre l'Europa negli anni '60. Questo passaggio è da molti considerato addirittura più importante della rivoluzione industriale inglese, dato che gli operai possono acquistare ciò che loro stessi producono. La produzione di massa sviluppa la cultura di massa, che porta a grandi innovazioni come il cinema, la radio e le TV. L'ultima interpretazione da analizzare è quella di Schumpeter. La sua idea dà molta importanza al capitale umano che opera nel sistema economico. Secondo Schumpeter l'economia è ciclica, e il ciclo si spezza con l'arrivo di innovazioni causando la nascita di un nuovo ciclo. L'economista austriaco sottolinea fortemente la distinzione tra invenzioni, che rappresentano nuove idee o scoperte, e innovazioni, cioè l\'applicazione pratica di queste invenzioni nel sistema. Schumpeter parla anche del concetto di innovazioni a grappolo, un fenomeno tipico delle rivoluzioni industriali, che prevede la comparsa di tante innovazioni una dopo l'altra, in quanto l'applicazione di una porta alla necessità di realizzarne un'altra utile alla prima. Riassunto storia economica 5 La produzione manifatturiera, come spiegato dalla teoria fisiocratica, è sempre stata considerata secondaria all'agricoltura, in quanto quest'ultima è l'unica attività in grado di produrre più di quanto sia stato utilizzato, ma solo fino alla prima rivoluzione industriale, un vero e proprio spartiacque tra l'economia antica e quella moderna. Prima di questo momento il settore manifatturiero produce poco e a costi alti perché si utilizza solo l'energia animata. Sono due i fattori che permettono alla produttività di aumentare: \- l'energia inanimata: il vapore prima, l'energia elettrica, i combustibili fossili e l'energia nucleare dopo. Il passaggio dall'utilizzo del carbone vegetale, molto costoso e di breve durata, a quello minerale, meno caro e la cui durata era maggiore fu decisivo; \- una nuova organizzazione del lavoro: se prima si lavorava nelle botteghe dove ogni addetto faceva ogni singolo passaggio, la nuova organizzazione, maggiormente segmentata, si basa sul sistema della fabbrica. La vecchia divisione del lavoro era orizzontale e professionale, nella comunità ognuno si occupava di un ambito diverso (caccia, pesca, ecc...), mentre la nuova divisione è intesa in senso verticale, quindi gli individui compiono fasi diverse dello stesso processo produttivo, specializzandosi dunque in degli specifici ambiti di una singola materia. Nella fabbrica infatti il singolo lavoratore non conosce l'intero processo produttivo, ma solo il passaggio che svolge, a differenza del capitalista che lo conosce integralmente. Questo però, a differenza dell'artigiano, da solo non sa metterlo in pratica. A questo proposito si deve ricordare come secondo l'interpretazione di Smith per la produzione è più importante il modo in cui viene utilizzato il capitale umano piuttosto che il tipo di energia utilizzata. La produzione manifatturiera, come poco fa anticipato, prima della rivoluzione industriale era un'attività discretamente fruttuosa, basata sul sistema tipicamente medievale della bottega, dove la divisione tra capitale e lavoro era molto sottile. In ogni città era presente almeno un'officina per mestiere, ove lavoravano in media tra le 10 e le 20 persone, si producevano e vendevano direttamente i prodotti, ed erano localizzate in vie che negli anni hanno continuato a tenere il nome dell'epoca (via degli orefici, via delle fornaci, ecc.) ed erano riunite in corporazioni di arti e mestieri. Queste diramavano uno statuto contenente informazioni riguardanti la qualità che i prodotti avrebbero dovuto avere, le ore lavorate giornaliere e i vari diritti. Le botteghe erano tenute a seguire questo statuto, motivo per il quale l'Italia centro-settentrionale smise di essere all'avanguardia dal '500 in poi, dato che si continuò ostinatamente a seguire gli standard delle corporazioni. Bisogna poi aggiungere che il mastro non era un capitalista, ma egli stesso un operaio. Costui poteva al limite gestire più botteghe, ma senza mai avvicinarsi all'organizzazione lavorativa post-rivoluzione industriale; stessa cosa valse per i cantieri navali, che sicuramente coinvolgevano più lavoratori ma non avevano nulla a che vedere con le grandi industrie nate dal '700 in poi. La produzione manifatturiera inoltre, non era svolta solamente nelle officine. Ad esempio nell'industria a domicilio il prodotto veniva elaborato in casa, spesso con l'aiuto delle donne; il mercante magari poteva mettere in casa un telaio e affidarlo a terzi. Oltre la casa, il lavoro a domicilio viene svolto anche nelle campagne, dando vita al fenomeno della manifattura rurale, che si articola nel tempo in alcuni sottofenomeni come la proto-industria rurale, in cui le famiglie rurali avviavano una produzione sia rurale che manifatturiera (specialmente tessile). Dal '500 al '700 lo Stato si assume l'onere di fondare grandi imprese, non limitandosi all'industria militare, ma cominciando a puntare su prodotti di prestigio, come le ceramiche (ad esempio quelle di Capodimonte a Napoli). Queste manifatture erano estremamente costose e servivano solo a dare prestigio allo Stato, che compensava i deficit causati da queste attività infruttuose con la tassazione sul popolo. La svolta avviene come già detto con le rivoluzioni industriali per i motivi sopra elencati. Una prima conseguenza del cambiamento è l'abbassamento dei prezzi, garantendo a più persone la possibilità di comprare, dando così inizio alla massificazione della produzione. L'economia inoltre non è più al servizio della sussistenza, ma serve soprattutto a generare ricchezza. È forse questa una delle differenze maggiori tra l'economia antica e quella moderna. L'industrializzazione dell'Europa nel modo di produrre inizia con la prima rivoluzione industriale, partendo quindi dall'Inghilterra, il cui territorio privo di grandi dislivelli e fitto di fiumi aiutò i vari luoghi inglesi a collegarsi tra di loro, passando poi per il Belgio, anch'esso come l'Inghilterra ricco di carbone. Questo fu un elemento fondamentale in diversi campi: dall'industria mineraria, all'industria metallurgica (per fondere i metalli) passando per quella dei trasporti (per costruire le ferrovie). Tra l'altro proprio nelle miniere di carbone fu utilizzata la prima forma di macchina a vapore, utile a raccogliere l'acqua nei punti in cui si accumulava. Riassunto storia economica 6 La seconda rivoluzione industriale è vista come un potenziamento della prima, soprattutto nell'uso del carbone e dell'industria metallurgica, con l'aggiunta di una nuova forma di energia, quella elettrica. Questa comincia a diffondersi verso la fine dell' '800, in particolar modo nei paesi come l'Italia dove la quantità di carbone è molto scarsa. Viene prodotta tramite una turbina che trasforma il salto dell'acqua (l'energia idraulica) in questo nuovo tipo di energia inanimata, che se immagazzinata e trasformata può essere usata per l'illuminazione. Molto spesso parlando di energia elettrica viene subito in mente proprio quest'ultima invenzione, ma quella forse più influente fu il motore elettrico. Con l'elettrolisi, un processo che consiste nello svolgimento di trasformazioni chimiche grazie all\'apporto di energia elettrica, convertita in energia chimica, vengono creati nuovi prodotti. Inizialmente i metalli più utilizzati erano la ghisa, molto forte ma poco elastica, e il ferro, più elastico ma facilmente usurabile. Entrambi verranno poi sostituiti dal'acciaio, perché trattenendo meglio il calore permetteva di risparmiare sul suo consumo. Per capire quanto effettivamente abbia impattato l'uso dell'acciaio, si pensi al caso del battello a vapore. Questo mezzo di locomozione fu utilizzato fino al 1870 solo nei fiumi, così da potersi fermare facilmente a ricaricare le scorte di carbone; il motivo per cui non era utilizzato in mare era proprio legato all'utilizzo del carbone, dato che per fare viaggi più lunghi senza potersi fermare costantemente sarebbe stato necessario portare un carico di carbone impossibile da sopportare per un semplice battello. Quando però si cominciò a utilizzare l'acciaio nella costruzione dei motori la situazione migliorò decisamente, per la proprietà fisica prima descritta. Anche l'alluminio svolse un ruolo notevole, perché resistente e molto più leggero degli altri metalli. Un grande sviluppo toccò poi l'industria chimica, con l'invenzione di fertilizzanti e coloranti artificiali, e l'uso delle comunicazioni, con l'epocale invenzione del telefono. Un ultimo discorso sull'industrializzazione è quello riguardante i suoi principali attori. Tra questi troviamo: \- l'imprenditore: colui che usa i suoi soldi per avviare un'attività; \- le banche miste: nascono in Germania, rappresentano una novità perché rispetto alle banche tradizionali raccolgono a breve termine e investono a lungo termine; queste banche, anche dette "alla tedesca", danno via circa nel 1890 all'industrializzazione dell'Italia; \- lo Stato: è uno dei principali acquirenti per le nuove aziende, specialmente di materiali per le armi. Inizialmente in Inghilterra c'è una situazione di "assenza di barriere all'ingresso", dunque per un imprenditore era molto semplice entrare in un mercato, in seguito però per fare questo cominciò a essere necessario avere molto capitale alle spalle. Lo Stato La prima vera e propria forma di Stato riscontrabile nell'antichità è quella dell'impero, basti pensare alle civiltà dei sumeri, dei babilonesi, degli assiri, degli egizi ecc. L'antica Grecia rappresentò un'eccezione in questo contesto, perché era organizzata in città-stato le une indipendenti dalle altre. Più avanti un altro impero, quello romano, procedette a riunificare vari stati sotto un'unica autorità, ma dopo la sua caduta l'Occidente si frammenta a causa delle invasioni barbariche, mentre a Est rimangono l'Impero bizantino e si creano dal '600 in poi vari stati arabi. L'Europa nel frattempo si è disgregata in varie formazioni politiche basse e non ampie, cioè le signorie feudali, i monasteri e le città vescovili. Gli scontri di potere tra signorie sono all'ordine del giorno e le stesse abbazie, non armate, divengono facile preda dei signori feudali. Tra il 1500 e il 1600 nascono i liberi comuni, in contrasto a tutte le formazioni politiche poc'anzi descritte, in particolare con i signori feudali. Questo fenomeno, che è alla base dello sviluppo europeo, porta alla nascita di stati cittadini, simili geograficamente alle nostre Province. Poiché lo Stato tende alla guerra per potersi espandere, fu inevitabile lo scontro perenne tra queste città, che da una dimensione provinciale passarono a una regionale. Tale sistema di Stati, sancito dalla pace di Lodi del 1450, persiste fino al 1860, periodo dell'unificazione. In generale, il concetto di unificazione prevede un sistema unico di leggi, un mercato unitario caratterizzato dall'abolizione delle barriere interne, l'adozione di una moneta unica, e un uguale sistema di pesi e misure; tali elementi rappresentano le basi per lo sviluppo economico. L'unificazione dell'Italia avviene più tardi rispetto ad altri Stati politicamente più avanzati come la Spagna e la Francia; non fu neanche un processo istantaneo, dato che nel 1860 mancavano ancora Roma (annessa nel 1867), il Veneto (annesso nel 1870) e Trento, Trieste e Bolzano (annesse a seguito della seconda guerra mondiale). Uno dei motivi di tanto ritardo fu sicuramente il comportamento dello Stato Pontificio, che ogni qualvolta uno Stato tentasse di avviare un processo di unificazione, il Papato si alleava con tutti gli altri Stati per sconfiggerlo. L'unificazione della Spagna iniziò con il matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona nel 1469 e si concluse con la conquista di Granada nel 1492, l'ultimo impero musulmano in Spagna. Tuttavia non si può parlare di un'unificazione riuscita alla perfezione, a causa della mancata integrazione di alcune parti della nazione, specialmente la Catalogna e la Castiglia. L'unificazione della Francia passò principalmente per l'estensione del controllo sui vari feudi e soprattutto per l'annessione a Parigi dell'Occitania, una regione culturalmente e politicamente distinta dal nord della Francia, con una propria lingua (la lingua d'Oc) e tradizioni locali. L'unificazione della Gran Bretagna avvenne in non poco tempo, e per essa fu determinante l'unificazione delle corone come anche l'annessione della Scozia. In Germania invece continuano a esserci stati cittadini e vescovili addirittura fino al 1870, anno in cui Bismark procede all'unificazione del Paese. Quando i più grandi Paesi europei avevano ormai completato i loro processi di unificazione, stavano già nascendo gli Stati coloniali, e la mentalità vigente in quel contesto era che ad affermarsi sarebbero stati i Paesi geograficamente più grandi. Riassunto storia economica 7 Uno Stato è l'organizzazione di un popolo su un territorio sul quale esercita sovranità. La Guerra delle Due Rose in Inghilterra e le successive unificazioni in Europa segnano l'inizio di un lungo processo di formazione degli Stati moderni. In Francia, lo Stato si centralizza e diventa un esempio per il resto d'Europa, specie dopo la rivoluzione del 1789, mentre l'Italia rimane frammentata. Tuttavia, le città italiane, così come quelle tedesche, sono ricche e potenti, ma facile preda dei grandi Paesi. Spagna e Portogallo perdono il treno dello sviluppo industriale, la prima perché focalizza gran parte delle sue risorse sulle guerre, e la seconda perché continua a puntare sul commercio e sugli scambi con l'Oriente, ma ancora a un livello medievale. L'unità è una condizione imprescindibile, ma non sufficiente per dare via all'industrializzazione del Paese. È necessaria anche una mentalità moderna, e i primi Stati a ottenerla sono proprio quelli che poi domineranno la scena internazionale per lungo tempo: l'Inghilterra, da dopo la Guerra delle Due Rose, e la Francia, da dopo la Rivoluzione del 1789. A fine '800 anche gli Imperi Russo, Ottomano e Austro-Ungarico, nonostante non fossero al livello dei Paesi prima citati, erano anch'essi molto potenti. Le differenze tra Stati e imperi si fanno evidenti. Gli Stati si fondano su un unico sovrano e una centralità territoriale che facilita il controllo e lo sviluppo, mentre gli imperi sono una somma di Stati e potenze spesso difficili da governare. Con la crescita in tutta Europa delle forze borghesi, in Germania e in Italia queste si rendono conto di avere bisogno di uno Stato grande e forte. In Italia, ad esempio, la spedizione di Garibaldi nel Regno delle Due Sicilie culmina con il voto tramite plebisciti degli staterelli dell'Italia meridionale per l'annessione al Regno d'Italia, portando a compimento l'unificazione nel 1870 con l'annessione del Veneto. La Germania, invece, sotto la guida di Bismarck, emerge come uno Stato unito e potente, pronto a sfidare le altre potenze europee. Dal 1806 gli Junker, proprietari terrieri e i nobili di campagna tedeschi, contribuiscono allo sviluppo del Paese, e in una ventina d'anni si trasformano in industriali dando vita a uno degli sviluppi industriali maggiori di quell'epoca. La Prima Guerra Mondiale mostra la fragilità dei grandi Imperi, ponendo fine a importanti esperienze: l'Impero Austro-Ungarico si frantuma nel 1918 dando origine a vari Stati più piccoli e anche l'Impero Ottomano, che occupava territori dall'Europa Orientale al Medioriente, vede la propria fine. Dal 1870, l'imperialismo europeo si espande oltre le coste per includere ampi territori, incentivando lo sfruttamento delle risorse e il commercio. L'Italia cerca di espandere il proprio dominio, ma con meno successo rispetto a Francia e Inghilterra. L'Olanda si assicura il controllo dell'Indonesia, mentre la Germania, pur desiderosa di espandersi, trova ostacoli nella sua crescita imperialistica. Quest'ultima subisce pesanti conseguenze dopo la Prima Guerra Mondiale, che pur aveva scatenato essa stessa per imporre il proprio dominio, trovandosi isolata e indebolita. Il trattato di Versailles impone riparazioni economiche onerose, che aggravano la situazione finanziaria tedesca, a ciò si aggiunge poi la crisi mondiale del 1929, il crollo della moneta e l'ascesa al potere di Hitler, fattori che fanno sì che la Germania viva uno dei suoi peggiori momenti. Con l'ascesa del nazismo, la Germania inizia a espandersi in Europa, annettendo l'Austria e minacciando la stabilità del continente. La politica espansionistica di Hitler, basata sull'idea di unificare tutte le popolazioni di lingua tedesca, porterà alla Seconda Guerra Mondiale. Una volta finita, il mondo si divide in due blocchi contrapposti: da un lato l'America e l'Europa occidentale, dall'altro la Russia e i paesi dell'Europa orientale sotto il blocco sovietico. Questo assetto geopolitico rimarrà inalterato fino al 1989, anno della caduta del muro di Berlino. In Europa, i titoli di sovrano riflettono spesso l'origine romana dell'autorità imperiale. Da Caesar (Cesare), derivano il termine zar in Russia e kaiser in Germania, simboli di continuità imperiale nei rispettivi contesti storici. La tendenza dei paesi a espandersi è un fenomeno complesso che ha generato sia conseguenze positive sia negative nella storia. Da un lato, l'espansione territoriale e l'accumulo di potere hanno portato a continui conflitti e guerre, in quanto gli stati si scontravano per il controllo di territori e risorse strategiche. Dall'altro lato, questa espansione ha incentivato una maggiore organizzazione interna degli stati, come dimostrato dalla gestione autonoma della tassazione e dalla costruzione di infrastrutture strategiche. Durante l'era coloniale, il commercio divenne un metodo per ampliare le influenze oltre i confini, creando imperi coloniali e dando impulso a scambi sempre più globali. Le potenze coloniali spesso affrontavano la pirateria, con navi come i galeoni carichi di tesori che venivano attaccate dai pirati. Nel XIX secolo, l'imperialismo raggiunse livelli senza precedenti: canali strategici vennero costruiti (come quello di Suez) e il trasporto migliorò grazie al battello a vapore, che permise di esplorare e penetrare all'interno dei territori, fino ad allora inaccessibili. Anche le ferrovie giocarono un ruolo fondamentale nell'espansione, unendo territori distanti e favorendo la circolazione di beni e persone. Dopo le guerre napoleoniche, un nuovo equilibrio si stabilì in Europa, favorendo un modello economico basato sul libero scambio, seguendo un comportamento non aggressivo e accettando la supremazia inglese. Questo modello economico permise ai vari paesi di specializzarsi: l'Inghilterra si focalizzò sulle macchine e sulla produzione industriale, mentre paesi come l'Italia rimasero più legati all'agricoltura, fino alla vittoria della sinistra storica nel 1875, che avviò un processo di industrializzazione, a seguito del "dominio" ininterrotto della destra storica dal 1860 al 1875. Durante questo periodo, la Germania, grazie alle sue ricche risorse di carbone, passò da un'economia feudale a una industriale, emergendo come nuova potenza. Dal 1840 al 1870, l'Europa visse un periodo di pacificazione, grazie al libero scambio, che favorì una prima forma di globalizzazione. Ma dal 1870 in poi, nuovi stati come Germania e Italia entrarono nel gruppo dei paesi industrializzati, e grazie ai motori a vapore le connessioni tra America ed Europa divennero sempre più frequenti. Negli Stati Uniti, questa espansione verso l'interno portò alla fase del Far West, con l'apertura di vaste aree per la coltivazione del grano, che portò a una competizione con i prezzi del grano europeo. Tuttavia, la crescente globalizzazione generò anche effetti negativi in Europa, come la crisi agricola del 1873, dove i prezzi dei prodotti agricoli europei non riuscivano a competere con quelli americani più economici. Questo portò alla disoccupazione e all'abbandono delle terre in Europa, innescando una massiccia emigrazione verso le Americhe. Per proteggere le economie locali, molti stati europei reintrodussero le barriere doganali sia sui beni agricoli sia su quelli industriali, segnando un ritorno al protezionismo. Questa fase storica è fondamentale per comprendere l'evoluzione economica globale: la Seconda Rivoluzione Industriale, l'espansione imperialistica, e la prima fase della globalizzazione si intrecciano, trasformando le economie e le società dei Paesi europei e americani. Riassunto storia economica 8 Dalla lezione precedente ricaviamo tre informazioni fondamentali: 1\) Lo Stato è essenziale per lo sviluppo economico: in particolare è la politica interna a favorirlo, mentre quella estera potrebbe frenarlo nel breve periodo (pensando ad esempio allo scoppio di una guerra), a causa di una crisi generale (com'è successo recentemente a seguito dello scoppio del conflitto russo-ucraino), e farlo riprendere nel lungo periodo, grazie agli investimenti nell'industria bellica (ad esempio la prima versione di Internet, chiamata ARPANET, fu sviluppata negli Stati Uniti alla fine degli anni \'60 dal Dipartimento della Difesa, con l\'obiettivo di creare una rete di comunicazione resistente a interruzioni in caso di attacco nucleare). 2\) Due Stati importanti, Italia e Germania, si sviluppano nel 1800. 3\) Lo Stato tende a espandersi fin quando un altro non lo ferma, dunque quando entrano in guerra. Vediamo adesso come ogni Paese si è avviato all'industrializzazione. Stati Uniti Gli Stati Uniti nascono con le emigrazioni dall'Inghilterra verso le coste atlantiche nel '600. Gli inglesi occuparono questi territori, andando anche verso l'interno e dando il via all'epoca del Far West, creando numerose colonie legate alla Corona. Queste importavano dall'Inghilterra tutte le tecnologie lì già in uso, come il vapore, che rese possibile la costruzione di molte ferrovie, civilizzando così anche le zone interne. Le colonie erano divise in: \- colonie del nord: seguivano il modello delle città, e politicamente desideravano l'indipendenza dall'Inghilterra e l'adozione di politiche protezionistiche al fine di valorizzare la produzione locale, per non dover più dipendere dalla Corona; \- colonie del sud: qui il modello più diffuso era quello agricolo; il loro legame con l'Inghilterra era molto forte, e a differenza delle colonie del nord intrattenevano con essa diversi rapporti commerciali: le colonie producevano cotone in abbondanza (reintrodussero addirittura il sistema schiavistico per produrlo), lo mandavano agli inglesi, da cui spesso ricevevano macchinari all'avanguardia. Le posizioni contrastanti delle colonie portarono inevitabilmente a una guerra civile (anche detta guerra di secessione), che culminerà nel '700 nella vittoria delle colonie del nord, che si renderanno indipendenti dall'Inghilterra separandosene definitivamente. Inizia così, con l'applicazione smodata e senza alcun ostacolo del principio della libertà d'impresa, l'industrializzazione degli Stati Uniti, che nel 1880 arriveranno a produrre quanto tutta Europa messa insieme. Europa A inizio '800 in Europa, da un lato abbiamo l'Inghilterra, leader dell'industrializzazione, e dall'altro i Paesi "second comers", ovvero i secondi arrivati nell'industrializzazione che sì, non erano al livello dell'Inghilterra, ma traevano grande vantaggio nel fatto che il "lavoro sporco" era già stato fatto, e quindi potevano direttamente scegliere tra le migliori tecnologie senza doverle appunto inventare. In generale in tutta Europa subentrano i cosiddetti agenti sostitutivi (o meglio dire integrativi) dell'industrializzazione, ovvero: 1\) Grandi gruppi industriali che sostituiscono lentamente le piccole imprese. 2\) Lo Stato diventa promotore di grandi interventi nel settore economico e finanziario. 3\) Nascono le banche miste, di cui si è già parlato, che permettono di iniziare un'impresa senza dover per forza possedere grandi capitali. In Belgio la situazione è ottima: viene usato lo stesso paradigma energetico dell'Inghilterra, ovvero quello del carbone, grazie ai grandi giacimenti presenti sul territorio. Inoltre il re finanziava le banche per accelerare l'industrializzazione, a cui contribuirono anche molti imprenditori inglesi che vennero apposta in Belgio a investire. La Francia invece procedette a uno sviluppo più lento, incoraggiando la piccola proprietà fondiaria e senza mai vivere grandi crisi come altri Paesi. Si differenziò dall'Inghilterra in quanto aveva pochi giacimenti di carbone (infatti era costretta a importarne molto) e usava principalmente l'energia meccanica derivante dalla ruota idraulica. Il secondo Impero, quello di Luigi Bonaparte, che durò dal 1850 al 1870, vide la Francia diventare un grande Paese, dotato di un altrettanto grande esercito, risultato di un'industria altamente sviluppata. Lo sviluppo passò poi anche dall'intervento dello Stato, delle banche e dalla costruzione di una fitta rete ferroviaria. La Germania dal canto suo diventò addirittura più temibile di Francia e Inghilterra. La spinta più importante venne dalla Prussia, che un po' come il Piemonte in Italia si attivò per l'unificazione tedesca, creando nel 1834 lo Zollverein. Il termine \"Zollverein\" significa letteralmente \"Unione doganale\" ed aveva come obiettivo principale l\'eliminazione delle barriere doganali interne tra i vari stati tedeschi, facilitando così il commercio e l\'economia. Questo accordo contribuì significativamente all\'integrazione economica della Germania, favorendo la crescita industriale e preparandola per una futura unificazione politica, che avvenne nel 1871. In sostanza, lo Zollverein fu un importante precursore della Germania unita sotto l\'Impero tedesco. Una crescita così evidente della Germania suscitò la reazione di due altri grandi Paesi, l'Impero austroungarico e la Francia, contrari all'unificazione tedesca. Nel 1870 la Prussia oramai industrializzata sconfisse la Francia togliendole le regioni carbonifere al confine tra i due paesi. Il controllo di queste regioni porterà alla prima guerra mondiale dove la Francia ne riprese il possesso. Hitler tenterà poi di riconquistarle nella seconda guerra mondiale. Alla fine sarà proprio la gestione di queste regioni a dare vita all'Unione Europea. Le differenze sostanziali tra l'Inghilterra e la Germania erano due: \- Il capitalismo inglese era basato su aziende più piccole di quelle tedesche (la concentrazione delle imprese era più fitta); \- In Germania si sviluppa un legame importante con la scienza e le università, mentre in Inghilterra sono i tecnici a guidare il progresso; A differenza dei Paesi appena descritti, l'Impero asburgico (a eccezione della Boemia) e la Spagna erano nettamente arretrati. In questo periodo la Russia provò a allargare il proprio dominio. Nel 1780 tolse l'Ucraina ai turchi cercando di espandersi in tutti i territori Balcani, provando a integrare i popoli ortodossi. Dal 1853 al 1856 la Russia combatte la Turchia nella guerra di Crimea , dove però viene sconfitta soprattutto a causa agli alleati turchi, ovvero l'Impero ottomano, la Francia, la Gran Bretagna e il Regno di Sardegna. A livello economico la Russia nel 1860 si trova ancora nella situazione europea di 6 secoli prima (c'era ancora la servitù della gleba). Alla vigilia della prima guerra mondiale da un lato lo Stato fonda istituti di credito, chiede armi portando la produzione bellica a livelli importanti, spinge la costruzione di ferrovie dotando il paese del più grande sistema ferroviario in assoluto, industrializzando Mosca e le altre grandi città, dall'altro il Pil pro capite era un terzo di quello francese e il tasso di analfabetizzazione era molto alto. L'industrializzazione in Italia parte dal 1890, anno in cui vengono fondate anche qui le banche miste (o tedesche), come la banca del credito, la banca commerciale e la Banca di Roma. Queste finanziano l'industria soprattutto al Nord, nel cosiddetto triangolo industriale, composto da Milano, Torino e Genova. Per compensare la mancanza di giacimenti di carbone, si sfruttò maggiormente l'energia elettrica, derivata dalla trasformazione dell'energia cinetica prodotta con una turbina idroelettrica grazie al salto dell'acqua, e utilizzata tanto per l'industrializzazione quanto per i servizi urbani (come l'illuminazione). La rapida diffusione di questo tipo di energia fu dovuta anche al basso costo al quale la si poteva trovare. Dopo il congresso di Vienna del 1815 il sistema di Stati torna quello precedente al dominio di Napoleone. L'Italia viene vivacizzata dalla tempesta napoleonica, ma anche qui i governi tornano quelli precedenti. In tutta Europa questi erano reazionari e avevano molta paura della modernizzazione; i principali nemici dell'innovazione erano in particolare l'Impero austroungarico e la Chiesa. In Italia si raggiunge l'unificazione soprattutto grazie al Risorgimento, una corrente intellettuale e politica caratterizzata da vari anime, e a cui aderirono molti degli intellettuali dell'epoca. Per il risorgimentali, dopo la stasi del '500-'600, l'Italia sarebbe dovuta risorgere da tre punti di vista: \- La chiesa doveva avere meno influenza; \- I governanti stranieri dovevano essere cacciati; \- C'era la necessità della diffusione di un pensiero laico I primi moti rivoluzionari nascono nel 1821 a cui seguono i più importanti del 1848 e del 1859. In tutto il Paese da un lato ci sono le forze borghesi, che crescono sempre di più, dall'altro i principi piemontesi, legati sì alla nobiltà, ma dal pensiero più aperto rispetto agli altri governanti grazie alle letture di Smith e Ricardo, e contrari all'idea di un paese statico. Una figura di spicco fu quella di Giuseppe Mazzini: contrario allo strapotere del Piemonte, a favore della Repubblica e sostenitore delle forze radicali. L'Italia viene unificata nel 1861, la reggenza rimarrà quella piemontese dei Savoia, che sostituirono tutti gli altri sovrani e che lasceranno l'Italia solo nel 1945 dopo il referendum. Venne unificato il sistema di pesi e misure (parliamo di quello metrico-decimale) e quello monetario, che si modernizzò: si iniziò a produrre la moneta cartacea che, venendo accettata gradualmente dalla popolazione, sostituì (molto lentamente) quella di metallo. L'unificazione effettiva avvenne con la costruzione delle ferrovie. A risentire dell'unificazione fu ad esempio Napoli, che prima del 1860 era la città più industrializzata d'Italia, che imponeva però dazi altissimi, i quali portarono i Savoia a smantellare l'intera industria meccanica napoletana. Il sistema elettorale era basato sul suffragio censitario, che restringeva il diritto di voto a chi possedeva una certa quantità di ricchezza. Sostanzialmente solo i proprietari fondiari potevano votare il Parlamento, mentre molti italiani rimasero fuori dall'elettorato (che era composto solamente da circa 100.000 persone). I mazziniani e garibaldiani furono esclusi dal governo che guidò l'Italia appena dopo l'unificazione, e fino al 1875 vinse sempre la destra storica guidata da Cavour, sociale e antiecclesiastica, tant'è che la Chiesa combattè spesso il governo italiano. Questa impose un modello fortemente agricolo, in contrapposizione alla sinistra storica di Mazzini che spingeva invece per l'industrializzazione del Paese. Nel 1875 la destra storica perse per la prima volta le elezioni, a causa di una pesante politica fiscale, con la quale impose innumerevoli tasse, la cui più simbolica fu quella sul macinato. Nel 1882 una riforma elettorale ampliò il diritto di voto, estendendo il suffragio, che rimase però censitario, a tutti gli uomini che avevano una certa istruzione o che pagavano una tassa diretta. Nel 1909 fu introdotto il suffragio universale maschile: il diritto di voto era garantito a tutti gli uomini di età superiore ai 21 anni, senza restrizioni legate al reddito all'istruzione. Riassunto storia economica 9 L'Ottocento rappresenta un punto nevralgico nella storia dell'umanità, dove lo sviluppo delle città, dello Stato, dell'industria e della società si intrecciano in complesse vicende, anche se molto spesso nelle analisi storiche lo sviluppo di ognuno di questi quattro elementi viene analizzato indipendentemente da quello degli altri. L'urbanesimo, cioè lo spostamento delle masse dalle campagne alle città, comincia già tra il X e il XII secolo. Tuttavia questo fenomeno si diffonde ancora di più nel momento in cui all'urbanesimo si affianca l'urbanizzazione (la crescita del numero delle città in rapporto al territorio) e quando i campi delle campagne cominciano a essere recintati, e ancora più contadini vanno a cercare lavoro in città, seguendo il pensiero per cui " l'area della città rende liberi". Nel corso dell'Ottocento masse di individui diventano cittadini, significa cioè che in relazione allo Stato sono titolari dei diritti e della sovranità, smettendo dunque di essere sudditi. È adesso che si assiste alla crescita della fabbrica, a discapito delle campagne, e della città stessa che però non è rappresentata solo dalle queste ultime, ma anche dal settore terziario (trasporti e commerci) e da un terziario amministrativo composto dai funzionari che lavorano negli uffici, ad esempio nelle capitali come Roma nei ministeri o come anche nei capoluoghi di provincia in istituzioni minori. I funzionari devono ricevere esattamente come gli operai un'istruzione. L'obbligatorietà di questa tra l'Ottocento e il Novecento diventa sempre più ampia. A proposito di ciò, lo sviluppo coinvolge tutti i ceti, sia la classe borghese e piccolo borghese, che il proletariato come anche i lavoratori di questo terziario amministrativo. Le richieste degli operai come il diritto all'istruzione, alla salute, alle pensioni riguardano ovviamente anche gli altri lavoratori. Questo discorso è ovviamente vincolato allo sviluppo dell'industria. Nell'ottocento se in un Paese il numero di addetti al settore secondario e terziario (cioè chi vive nella città) supera quello del primario, allora tale Paese può definirsi industrializzato (questa condizione verrà soddisfatta in Italia solo dopo la seconda guerra mondiale). Si sviluppa una coscienza di classe e si iniziano a organizzare sindacati e partiti politici. In particolare i movimenti operai trovano la loro affermazione nei partiti comunisti, che si separano dai socialisti. La differenza sostanziale tra questi è che i primi, come affermava Lenin, la guida del partito comunista russo, devono guidare gli operai alla rivoluzione, mentre i secondi accettano il gioco parlamentare (come poi faranno anche i comunisti dopo la seconda guerra mondiale) per provare a cambiare le condizioni dei lavoratori in maniera graduale e tramite riforme. Il poco prima citato Lenin riuscì a compiere la rivoluzione in Russia, che però non era ancora un Paese pienamente sviluppato. Secondo Marx infatti, la rivoluzione doveva avvenire nei paesi industrializzati come Francia, Germania e Inghilterra. In questi paesi però si legifera molto sui temi sociali, e addirittura Bismarck, che sicuramente non era di sinistra, per tenere a bada i lavoratori cominciò a fare delle concessioni sui diritti sociali. Si assiste pian piano alla nascita del welfare State. Parliamo adesso dello sviluppo dello Stato. Inizialmente lo Stato si rispecchia solo nella dinastia regnante, con il re che impone il suo copione a tutta la popolazione. La prima forma di Stato moderno è lo Stato assoluto, in cui il re è tale per natura. il sovrano assoluto è comunque considerabile un progresso, un principio d'ordine, rispetto all'assenza di un sovrano nella situazione descritta da Hobbes con l'espressione "homo homini lupus". Nella storia dello sviluppo degli Stati il parlamento ha sempre giocato un ruolo importante. Questo organo nel Medioevo coadiuvava semplicemente il re nelle decisioni, nell'assolutismo invece scompare completamente. Nel 1649 in Inghilterra si assiste a un evento di importanza storica: per la prima volta un re, Carlo I, fu giustiziato grazie al parlamento, all'epoca guidato da Cromwell. Nel 1689, ancora in Inghilterra, questa volta con l'avvenimento noto con il nome di "Gloriosa rivoluzione", il re non governa più autonomamente, ma con l'aiuto del parlamento. Anche la Francia vive un momento simile con la rivoluzione del 1789. Andando più avanti con gli anni, dopo il Congresso di Vienna, gli Stati vogliono tornare all'Ancien Regime, ma non possono più comandare da soli, quindi i governi devono elaborare uno statuto (costituzione) che il re deve rispettare. In Italia fino al 1860 gli Stati sono assoluti o moderati (quindi con uno statuto) e con l'unificazione lo statuto Albertino, quello dei Savoia, viene adottato in tutto il territorio. Se lo Stato fino all'Ottocento si occupa solo dell'ordine pubblico (pacificazione interna) quindi polizia, carcere, processi, difesa, da questo momento in poi si comincia a occupare di molto altro, a partire dall'economia: oltre a intervenire direttamente in essa per incentivare l'iniziativa privata (anche se in questo momento storico non può intervenire molto, non dovendo spendere più di quanto raccolga con le tasse, che sono anche moderate) comincia a fornire servizi che i privati non possono offrire. Riassunto storia economica 10 Per affrontare il discorso della globalizzazione è necessario partire dalle origini. Un mercato globale è sempre esistito, ma a differenza di quello di oggi era un agglomerato di mercati regionali, non si conoscevano né l'inizio né la fine dei commerci. Questo mercato prevedeva lo scambio di singole merci in ogni parte del mondo: dall'Europa, dove c'erano floridi mercati regionali e sovrarregionali, si esportavano metalli preziosi, dall'Indonesia le spezie, a quest'ultima i cinesi vendevano la seta, gli indiani vendevano agli arabi, che a loro volta vendevano ai persiani e agli egiziani, che tramite le vie carovaniere e il Mar rosso arrivavano in Europa. Sostanzialmente i commercianti non si spostavano da dove stavano, commerciavano con i vicini, che a loro volta scambiavano prodotti con altri vicini, facendo in modo che ogni mercato regionale fosse unificato indirettamente a qualsiasi altro. Questa situazione durò fino al '500, fino all'inizio di quella fase che vide l'espansione di alcuni paesi europei su scala globale. I portoghesi arrivano direttamente in India circumnavigando l'Africa e gli spagnoli giungono in America; questi ultimi nel 1560 conquistano le Filippine partendo dal Messico e attraversando il Pacifico, creando un'altra via per arrivare in Oriente. Qui gli spagnoli scambiano l'argento trovato in Messico con la seta cinese. Gli olandesi intanto conquistano il Sudafrica (di cui prenderà il possesso l'Inghilterra nel 1890) e arrivano anche in India, senza risalire l'Africa, ma andando verso nord tramite il Pacifico, cacciando i portoghesi. Nel corso del '600 gli olandesi si sostituiscono gradualmente tanto ai portoghesi quanto agli spagnoli. Non siamo ancora di fronte alla globalizzazione ma a un commercio mondiale di singole merci. Non si tratta neanche di un commercio pacifico, ma violento, e che non ancora trasforma il mondo: non c'è variazione di Pil pro capite né grande divergenza tra i paesi, cosa che accade nell'Ottocento con la seconda rivoluzione industriale e il conseguente inglobamento di tutto il mondo nei paesi industrializzati. Succede in questo momento che la produzione interna dei paesi industrializzati supera quella necessaria e quindi diventa più che favorevole vendere all'estero, inoltre questo aumento di produzione porta a un abbassamento dei prezzi unitari. Il mondo si va sostanzialmente deindustrializzando, si passa cioè da un'economia primaria a una subordinata all'industria europea. In questa situazione, i Paesi non industrializzati restano indietro, con una crescente divergenza nei redditi rispetto ai Paesi industrializzati, che aumenta in modo esponenziale. Nella pratica, ciò comporta che i Paesi industrializzati impongano i loro prodotti a quelli non europei, che si trovano a specializzarsi nella produzione di beni primari necessari alla crescita dei Paesi industrializzati, relegando così i primi a un ruolo subordinato. Si assiste dunque a un'unificazione mondiale dell'economia, dato che oramai l'organizzazione non è più segmentata, ma raggruppata. Il periodo storico in cui questo avviene è più precisamente la seconda metà dell'Ottocento. Si preferisce indicare come data convenzionale il 1870, anno in cui il motore a vapore viene adattato alla maggior parte dei mezzi di trasporto, che facilitano lo scambio di merci rispetto ai mezzi utilizzati precedentemente, come la barca a vela o i carri. A braccetto con l'utilizzo del motore a vapore va quello dell'acciaio, che fino al 1870 costava molto, ma il cui prezzo comincia a abbassarsi con l'adozione su larga scala del processo Bessemer, che tramite l'utilizzo di un flusso d'aria permetteva di rimuovere l'eccesso di carbonio nel ferro. Sempre in questo periodo si sviluppano le ferrovie, che nascono dall'adozione sul larga scala del sistema dei binari, utilizzato già nelle miniere; queste, insieme alla costruzione di canali per collegare i fiumi e alla costruzione o riattivazione di diverse strade, rendono molto più fitte le reti di trasporto. La navigazione intanto fa progressi con l'utilizzo del motore a vapore: questo veniva usato già nel 1815 sui piroscafi, ma era ancora poco conveniente, dato che era fatto al meglio delle possibilità in ferro o in ghisa, trattenendo molto meno il calore. I traffici marittimi nel '500 erano affidati alla vela e quindi ai capricci del vento, ma con il battello a vapore la situazione cambia. È dunque sia l'industrializzazione che lo sviluppo della tecnologia a unificare i mercati in una rete globale. Oltre ai capitali e alle merci, anche, gli uomini, la forza lavoro, si spostano seguendo i mercati, dando vita a grandi fenomeni di emigrazione. Parlando di globalizzazione vera e propria, il professore Massimo del Gatto ci offre questa interpretazione. Ci sono state tre ondate diverse che hanno colpito l'economia mondiale: \- La prima dura fino al 1914, data di inizio della prima guerra mondiale. Per del Gatto da questo momento fino al 1945, fine della seconda guerra mondiale, si assiste a una deglobalizzazione; \- La seconda va dal 1945 e il 1989, anno della caduta del muro di Berlino. questa seconda ondata vede una ripresa un'integrazione economica limitata però dai due blocchi americano e sovietico; caratteristica di questo periodo è la specializzazione dei paesi nella produzione; \- La terza ondata va dal 1989 a oggi, ed è segnata dall'importanza dei nuovi mezzi di comunicazione. A proposito di questi ultimi è necessario aprire una piccola parentesi: Il telegrafo, prima con e poi senza cavi, è stato il primo mezzo di comunicazione diretta veramente rivoluzionario; le linee telegrafiche venivano costruite seguendo le linee ferroviarie, ma vengono fatte passare anche sotto i mari. Il telegrafo non è altro che l'antenato del telefono, il fondamentale mezzo di comunicazione brevettato da Bell, ma inventato da Meucci, un italiano, che non aveva però i soldi per brevettarlo. Anche la radio fu inventato da un italiano, ovvero Guglielmo Marconi. In tutto questo però, almeno fino alla diffusione sul larga scala dei mezzi di comunicazione appena elencati, la posta rimaneva ancora il principale strumento in tutta Europa, che subì anche evoluzioni interessanti, come la posta a pneumatico utilizzata nelle varie capitali come Berlino, Parigi e Londra. Parlando di comunicazioni, è doveroso aprire una parentesi su Francesco Tasso, una figura pionieristica nel campo delle comunicazioni postali. Appartenente a una famiglia di imprenditori dal bergamasco, comincia a lavorare dapprima per il cardinale Luigi d\'Aragona, che gli dà l'incarico di creare una rete di corrieri che potesse connettere le città principali del Sacro Romano Impero, ma anche altri stati italiani e zone circostanti. L\'iniziativa di Francesco Tasso fu particolarmente innovativa, poiché egli istituì una rete di comunicazione che si avvaleva di corrieri e stazioni di posta dislocate lungo le principali strade europee. Queste stazioni servivano come punti di sosta dove i corrieri potevano cambiare cavallo e riposarsi prima di proseguire nel loro viaggio. La velocità e l\'affidabilità di questa rete di comunicazione erano determinanti per i traffici diplomatici, politici e commerciali, rendendo possibile la trasmissione rapida di messaggi e informazioni attraverso lunghe distanze. Un sistema postale così altamente organizzato attrasse diversi Stati, tanto che la famiglia Tasso divenne, a partire dal 1585, posta ufficiale di corte per molti stati europei, come la Spagna, la Germania, lo Stato di Venezia e per l'Impero asburgico sotto Carlo V. I figli e i discendenti di Francesco Tasso continuarono il suo lavoro, gestendo una delle reti postali più avanzate dell\'epoca. Tornando a parlare della situazione economica, abbiamo già precedentemente parlato del periodo di libero scambio intercorrente tra il 1850 e il 1870. Inghilterra e Francia evitano di farsi una guerra doganale abbassando i tassi e favorendo il progresso internazionale, ma sostanzialmente è un accettare il modello inglese, che rimane quello dominante: anche il sistema di pagamento, il cosiddetto gold standard, è basato sulla sterlina; l'Inghilterra domina anche da un punto di vista culturale, con le opere dei vari Holmes, Darwin ecc. Gli inglesi tra il 1815 e il 1846 presero una serie di provvedimenti, detti Corn Laws, che imponevano dazi sul grano importato per favorire ovviamente quello inglese, a discapito però degli operai, e seguendo l'interpretazione di Ricardo, anche dello sviluppo industriale. Insomma sostanzialmente siccome la paga all'inizio dello sviluppo industriale è una paga di sostentamento, non va poco oltre il necessario, quel giusto che basta a sostentare e nutrire l'operaio e la sua famiglia. Se il grano costa di più l'operaio deve avere una paga tale da coprire questo costo. Quando poi viene avviata una lotta per la diminuzione del dazio del grano scendono i prezzi e quindi l'operaio può essere anche pagato di meno danneggiando così sia le classi operaie che soprattutto quelle agrarie inglesi. A partire dal 1870 sappiamo che due nuovi Stati entra nella scena internazionale, Germania e Italia. questo è anche il momento della recessione europea dovuta all'importazione del grano americano. Il periodo di cui stiamo parlando è quello che tutti conosciamo come Belle Epoque, in cui assistette a una crescita generale affiancata però dall'insediamento di minoranze nazionalistiche, del protezionismo, della corsa agli armamenti, e dei nazionalismi, tutti elementi che portarono allo scoppio della prima guerra mondiale. Riassunto storia economica 11 C'è una legge non scritta nella storia dell'uomo per la quale lo sviluppo economico non è mai un impedimento alla guerra: basti vedere come nonostante oggi viviamo in una società altamente sviluppata, le guerre sono comunque all'ordine del giorno. Così fu anche nella prima metà del secolo scorso, con le due guerre mondiali. Sono due i fattori che portarono allo scoppio della prima guerra mondiale (1914-1918): \- la competizione tra Stati: la crescita economica avviene all'interno di Stati fortemente in competizione tra loro. Gli interessi economici portano spesso diversi Paesi a entrare in contrasto tra loro: per esempio, nel 1870 la Prussia per ottenere i bacini carboniferi della Saar sconfisse la Francia, portando alla creazione della Germania, un Paese che a lungo sarà nemico proprio dalla Francia; \- il principio di nazionalità: è l'idea, sviluppatasi nel XIX secolo, per la quale gli Stati si sviluppano sull'idea di Nazione, si devono dotare dunque di confini stabiliti, lingua, religione e costumi comuni. In contrapposizione a questo concetto ci sono gli imperi, come quello austroungarico e quello turco (quello russo era più vicino a uno Stato), che si fondano su un'idea sovrannazionale; Anche in Italia si sviluppa un pensiero nazionalistico, per il quale era necessario annettere il Veneto, obiettivo raggiunto poi nel 1866, e le terre irredente, ovvero Trento e Trieste, appartenenti all'Impero Austro-Ungarico. Gli anni 1919 e 1920 furono un biennio di assestamento, nel quale a seguito della fine dei combattimenti i reduci ritornarono a casa, e per come si poteva, la gente tentò di riprendere in mano le proprie vite. Sempre in questo periodo scoppia la questione sociale: i partiti comunisti nati nel 1890 in tutti i Paesi europei, dopo la rivoluzione in Russia provarono a fare lo stesso nei rispettivi Paesi. Questi partiti attribuivano la colpa della guerra alla borghesia e ritenevano che lo sviluppo industriale fosse causa dell'imperialismo. In generale potremmo dire che tutto ciò che succede dopo la prima guerra mondiale, come i trattati di pace, la riorganizzazione degli Stati, la crescita dei partiti socialisti e comunisti (la cui nascita in Italia porterà a quella del partito fascista, nato per sopprimere i movimenti operai), porterà alla seconda guerra mondiale. A livello geopolitico la situazione nel primo dopo guerra è molto complessa. Lo scacchiere internazionale durante la Grande Guerra vedeva contrapporsi Francia, Italia, Inghilterra e Russia, in seguito gli Stati Uniti d'America, contro l'Impero Austro-Ungarico, la Germania e l'Impero Ottomano, che nel 1922 si frantuma e porta alla nascita nei Balcani di Serbia, Montenegro, Grecia, e Bulgaria, a quella della Repubblica di Turchia, e perdendo il Medioriente, che sarà spartito tra Inghilterra e Francia, che eserciteranno su quei territori dei protettorati. La Russia aveva partecipato alla prima guerra mondiale, ma nel febbraio 1917 si avvia la rivoluzione a cui inizialmente parteciparono tutte le forze politiche contrarie allo Zar, e che si concluse nell'ottobre dello stesso anno con la salita al potere dei bolscevichi di Lenin. L'Impero Austro-Ungarico si frantuma dividendosi in Cecoslovacchia, Austria, Ungheria, Polonia, Romania, Bosnia ed Erzegovina e Croazia. La prima guerra mondiale porta quindi inevitabilmente una frammentazione del mondo politico ed economico. La Germania esce sconfitta ed è ritenuta la prima responsabile della guerra, quindi Francia e Belgio le chiedono le riparazioni di guerra. La Germania non può però pagarle e quindi la Francia occupa i bacini carboniferi della Saar, che come ricordato poco fa erano stati conquistati dalla Prussia ed erano rimasti a lungo territorio della Germania. I minatori tedeschi scioperano e lo Stato tedesco, la Repubblica di Weimar (che durerà fino al 1933, anno della salita al potere di Hitler) stampa moneta in quantità esageratamente grandi (dato che il gold standard e i suoi parametri vengono meno con la guerra) per finanziare i minatori in sciopero, portando però a un'inflazione gigantesca che distrugge l'economia tedesca. La scelta di Francia e Belgio, crea inevitabilmente un risentimento nei tedeschi. Dal 1924 parte un piano di aiuti americani (in prestiti) alla Germania, che riesce a riprendersi. Questi aiuti volevano garantire una moneta con dietro un valore reale in oro. Più che risentimento verso Francia e Belgio, fu la Grande depressione a portare una crisi in Germania a cui conseguì l'elezione di Hitler nel 1933. Tutte queste cose vengono analizzate da Keynes nel libro "Le conseguenze economiche della pace". Il problema fondante comune a tutti i Paesi è che i governanti, abituati a una visione di un'economia non connessa inadatte al nuovo contesto scaturito dalla prima guerra mondiale, come quella di colpire la Germania per punirla, affossando però tutta l'economia. Non tutte le conseguenze della prima guerra mondiale però si manifestano subito dopo la fine di questa. Innanzitutto, si assiste a partire dagli anni 19-20 del '900 a una ripresa generalizzata scaturita da tre fattori: \- una crescita estesa, iniziata grazie alla fine della guerra; \- vengono fermati i motivi rivoluzionari: in Italia il fascismo si afferma per bloccare le rivolte operaie, per paura si affermasse ciò che era successo in Russia; \- i trattati di pace. Da questa ripresa sono escluse Germania e gli Stati nati dalla frammentazione degli Imperi, mentre invece a goderne principalmente furono gli Stati Uniti, in cui questo periodo fu definito "i ruggenti anni '20". Gli USA con la prima guerra mondiale si mettono in mostra aiutando gli alleati grazie all'immensa produzione, e non subendo direttamente le conseguenze della guerra si sostituiscono all'Inghilterra nella scena internazionale, vivendo l'ultimo stadio previsto dalla teoria di Rostow. Gli Stati Uniti crescono con scarsissima forza lavoro e pagando bene gli operai, tanto da portarli a comprare ciò che producevano, come successe con la Ford T e molti altri prodotti. In Europa vigeva ancora la teoria di Ricardo per cui l'operaio andava pagato solo in base al suo apporto alla produzione, e proprio dal vecchio continente partì una incredibile ondata di emigrazione verso l'America. C'è però un limite a questa ripresa. Durante il periodo della prima guerra mondiale, tutte le economie erano finalizzate alla guerra e alla produzione bellica, trascurando agricoltura e altri settori; in questo momento entrano nell'economia mondiale Paesi come Argentina, Brasile, Canada, Australia, produttori di materie prime che in quel momento non potevano essere prodotte nei Paesi direttamente coinvolti nel conflitto per le ragioni appena spiegate. Quando la guerra finisce tutto torna alla normalità, ma si crea sovrapproduzione di beni primari, dato che oltre a quei paesi anche l'Europa torna a produrli. Ciò porta a un abbassamento dei prezzi prodotti agricoli, a una domanda più bassa dei beni industriali e un rallentamento della produzione negli anni '20 che porterà alla Grande depressione negli anni '30. Inoltre si alzano i tassi doganali anche negli USA, che contingentarono l'immigrazione perché l'arrivo di immigrati riduceva la scarsità di forza lavoro e questo abbassava i salari: furono infatti i sindacati a spingere per fermare l'immigrazione. In questo momento di crisi negli Stati Uniti si assiste anche al fallimento delle banche di investimento agricolo che crollano insieme alle altre. La Grande depressione fu innescata dalla crisi americana a cui parteciparono altre cause già descritte, come la crisi della sovrapproduzione, quella delle banche e un'intensa rivalità tra Stati. Questo momento di crisi porta alla sperimentazione di nuove forme di governo. Si assiste inoltre a un cambiamento radicale della società. Già nel corso dell'ottocento l'individuo chiede allo Stato di essere protetto: ha bisogno di servizi che i privati non offrivano, come sanità pubblica e le assicurazioni, e poi la riduzione degli orari di lavoro, il diritto alla salute. Gli individui poi diventano massa, intesa come diritto degli individui a partecipare alla vita, e le masse dal 1915 entrano prepotentemente nella storia dell'uomo: \- viene concesso il diritto all'istruzione e crescere l'alfabetizzazione; \- si estende il diritto al voto a una base sempre più estesa; \- aumenta la partecipazione politica, grazie alla nascita dei partiti politici di massa. Se prima tutti erano produttori e pochi (i ricchi) consumatori, a partire dalla seconda metà dell'ottocento negli USA, dove non c'era nobiltà, anche gli operai grazie agli alti salari possono essere consumatori. Prima le guerre, tranne l'eccezione della Rivoluzione francese, erano combattute dai mercenari, dai volontari, e altri costretti a combattere, non di certo per un ideale di patria ma perché appartenenti a classi meno privilegiate. Con la prima guerra mondiale si istituisce la coscrizione generale, poiché all'idea di Nazione diffusasi all'epoca, era collegato ovviamente anche un pensiero patriottico per cui la Nazione andasse difesa in armi dai cittadini se attaccata. Nel XX secolo si ampliano le funzioni dello Stato, quindi aumenta la spesa pubblica e anche il prelievo fiscale. Basti pensare che dopo la prima guerra mondiale la spesa pubblica rispetto al Pil era del 17% in Germania e in Italia e dell'8% in Olanda, mentre nel 1996 era del 49% in Germania e del 54% in Francia. Nella ripresa economica post prima guerra mondiale vige ancora la concezione per cui lo Stato non debba intervenire nel sistema economica. Dopo la crisi degli anni '30 l'intervento dello Stato diventa necessario e viene adottato specialmente negli Stati Uniti e in Germania, i Paesi più colpiti dalla crisi. In questi due Stati vengono adottate misure per far riprendere l'economia, come il New Deal di Roosevelt, grazie al quale gli USA si riprendono dal 1933 circa. Analizzando brevemente la situazione tedesca, ricordiamo che la Germania si ritrovò dal feudalesimo al capitalismo più avanzato in poco tempo e affrontarono la guerra con una mentalità ancora antica, e dal 1925 sono proprio gli americani a fare prestiti alla Germania per cercare di risollevare la situazione. Nel 1930 la crisi scatenata dagli USA arriva in Germania, e questo porta all'elezione di Hitler, l'uomo forte pronto a risolvere i problemi. Hitler sovvenziona l'industria militare centralizzando quella generale su di essa, risollevando il Paese. Dagli anni '50, anche la Russia cominciò a industrializzarsi, ma a costi umani altissimi. Keynes difronte a questo cambiamento della visione economica, teorizza l'impiego dello Stato nel ciclo economico. Riassunto storia economica 12 La fine della prima guerra mondiale sancisce anche la fine dell'Impero ottomano. Questo porterà alla nascita della Repubblica di Turchia, uno Stato laico, e a una serie di protettorati in Medioriente: in Siria e in Libano ci sarà un mandato francese e in Iraq e in Giordania (Palestina) un mandato britannico. Arabi e turchi tranne la religione non hanno nulla in comune. I primi si affermarono dal '600, gli anni delle predicazioni di Maometto, e i secondi a partire dal 1300 si sopraffacendo i primi ed espandendo il loro dominio per tutto il Mediterraneo. La fine della Grande Guerra causerà una vera e propria crisi dell'imperialismo: gli Stati Uniti si sostituiscono a Inghilterra e Francia, non tanto grazie alla potenza espansionistica (gli USA apparte le Filippine e poco altro non conquistano molti territori, soprattutto a causa di due tendenze diverse riguardo la politica espansionistica, una isolazionistica e una di esportazione della democrazia nel mondo, che tuttora spaccano l'opinione americana) ma soprattutto grazie a quella economica. Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati prima appartenenti agli imperi francesi e inglesi con la decolonizzazione diventano Stati sì autonomi, ma ancora tribali e non uniti. Spesso qui prendono il potere partiti, dinastie, o partiti che diventano dinastie. Guardiamo ora quello che succede nell'Urss dopo la fine della prima guerra mondiale. Il primo passo importante compiuto dall'Unione Sovietica fu la collettivizzazione delle proprietà agricole avviate dopo l'uscita del feudalesimo (circa 1860). Il partito stabilisce i prezzi (che sono bassi) per i prodotti agricoli, sottraendoli all'industria agricola. Nel 1924 muore Lenin e sale Stalin al potere. Il prospetto di quest'ultimo era di finalizzare l'intera economia all'industria, ottenendo un grande sviluppo in pochissimo tempo. Se Lenin aveva lasciato vivere piccole attività commerciali, Stalin decide di abolirle in nome del progetto prima enunciato. Ci interessa ora capire come sono nate le istituzioni che tuttora governano il nostro sistema economico. Per farlo dobbiamo partire da circa un secolo e mezzo fa. Sappiamo che nel 1870 l'Europa fu colpita da una crisi dell'agricoltura che divenne poi una crisi generalizzata. Il Vecchio Continente riesce a riprendersi grandiosamente per poi fermarsi con lo scoppio della prima guerra mondiale. È importante ricordare come la stabilità economica di questo periodo fosse dovuta soprattutto al sistema del gold standard, per cui nelle banche ci doveva essere una quantità di oro tale da corrispondere e poter essere scambiata con una certa quantità di denaro. L'adozione di questo sistema riesce a garantire una stabilità dei nei sistemi di pagamento internazionale, ma finisce con la guerra perché i Paesi si devono concentrare sulla produzione interna. Negli anni '20, quindi a seguito della prima guerra mondiale, si affronta una situazione caratterizzata da: -una deflazione generalizzata; -imposizione dei Paesi di alti dazi doganali; -un calo della produzione; -una corsa alla svalutazione della moneta. Sostanzialmente ogni Paese cercava di svalutare la propria moneta per indebolire gli altri Paesi, portando però a un calo generale della produzione e causando inevitabilmente una crisi anche all'interno del proprio Paese. Nella seconda metà degli anni '20 i Paesi rientrano nel gold standard ma con una novità strutturale: oltre alla sterlina si comincia a utilizzare anche un'altra valuta, il dollaro. Ci sono però alcuni problemi e il più palese fu quello che riguardò l'avviamento di alcuni scambi sopravvalutati come in Inghilterra e in Italia. Alla fine del decennio negli Stati Uniti si assistette alla famosa crisi del '29 che metaforicamente potremmo considerare la scintilla che fece scoppiare il gas rappresentato dalla deflazione. Questa "interazione" portò alla crisi generalizzata del decennio successivo, la Grande Depressione. Il venir meno della liquidità garantita dalle banche americane portò nel baratro l'intera economia. Nel 1933 si assiste al tramonto della teoria economica classica per la quale si pensava che lo Stato non dovesse intervenire nell'economia, lasciando morire i settori in fallimento. In America il presidente Roosevelt introdusse alcune misure di intervento pubblico tramite il New Deal, aumentando la spesa interna, mentre in Germania Hitler sostenne il riarmo, incrementando però anche la ricerca scientifica (basti pensare che la corsa lo spazio e la bomba atomica, ovvero le principali invenzioni che caratterizzarono il secondo dopoguerra, presero vita proprio nella Germania nazista), e qui in Italia nasce l'Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale). È in questo periodo che gli studiosi cominciano a pensare che lo Stato debba intervenire nell'economia, affidandosi soprattutto agli scritti e alle idee di Keynes. La svolta arrivò verso la fine della seconda guerra mondiale. I paesi alleati sentirono l'esigenza di cercare di dirigere l'economia internazionale organizzandola a livello globale, per evitare di nuovo guerre doganali e deflazione che proprio nel decennio precedente portarono a una situazione economica disastrosa. La nuova visione economica prevedeva che i Paesi sconfitti non dovessero essere vessati, e che fosse necessario coinvolgerli nel nuovo mondo. Fu così che, grazie alla furbizia americana, a Bretton Woods nel 1944 si riunirono delegazioni di ben 44 Paesi per stabilire un nuovo ordine economico internazionale volto a promuovere la stabilità economica globale. Ecco i principali risultati di quello storico evento: -i negoziati GATT, cicli di trattative svolti nell'ambito del General Agreement on Tariffs and Trade (GATT), ossia l'Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio. Il GATT fu creato come un accordo multilaterale volto a regolamentare e promuovere il commercio internazionale attraverso la riduzione delle barriere tariffarie e non tariffarie tra i Paesi membri; -viene istituito il FMI (Fondo Monetario Internazionale) per aiutare i Paesi colpiti dalla svalutazione a non far svalutare ulteriormente le proprie valute, utilizzando dei prestiti; -Banca mondiale: attua programmi di sviluppo economico. I progetti degli accordi di Brett Woods portano negli anni '90 alla nascita del piano commerciale internazionale. Dopo aver processato i nazisti a Norimberga, distinguendo quindi responsabili della guerra dei Paesi e dalla popolazione, gli USA integrano i Paesi sconfitti: Germania, Italia e Giappone. A questi e altri Paesi europei, tranne la Spagna di Franco, gli Stati Uniti destineranno vari aiuti. Il più importante fu il piano Marshall, dal nome del ministro degli esteri americano dell'epoca. Questo prevedeva prestiti, spesso a fondo perduto. Gli obiettivi principali che gli USA volevano perseguire tramite queste forme di sostegno erano tre: -evitare la svalutazione della moneta; -integrale i Paesi sconfitti; -staccare i Paesi aiutati dall'influenza dei partiti comunisti; L'Urss, che insieme a Stati Uniti, Francia e Inghilterra aveva vinto la seconda guerra mondiale, in seguito agli aiuti statunitensi ai Paesi sconfitti, prende le distanze dagli USA e nasce così un mondo bipolare: da un lato c'è il blocco dell'Unione Sovietica composto dai Paesi che l'Urss aveva occupato combattendo contro la Germania (Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria e Jugoslavia, dove presiedevano governi amici) e Lettonia, Estonia e Lituania che erano già stati inglobati nell'Urss, ma distanti da quel mondo (caduta l'Unione Sovietica furono infatti i primi a voler entrare nella Comunità Economica Europea); dall'altro lato c'erano gli Stati Uniti insieme a tutti gli altri Paesi capitalisti. Oltre i due principali blocchi, vediamo la nascita nella scena mondiale del terzo mondo: con la seconda guerra mondiale si sgretolano gli imperi coloniali e inizia la decolonizzazione facendo nascere nuovi Stati che da sottosviluppati diventeranno Paesi in via di sviluppo e poi definitivamente sviluppati. Simbolo della divisione politica ed economica del mondo è la Germania, che rimarrà divisa in due fino alla caduta nel 1989 del muro di Berlino. La città è divisa in Berlino Est, capitale della Germania dell'Est, la cosiddetta Repubblica democratica tedesca, occupata dalla Russia e in Berlino Ovest, facente parte della Germania dell'Ovest la cosiddetta Repubblica federale tedesca, un'enclave di Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Questa parte della Germania fa parte del mondo filo-occidentale, ed è molto più sviluppata della Germania dell'Est. Il muro fu costruito per contingentare la fuga delle persone verso Berlino ovest, con numerose guardie pronte a sparare verso chi tentava la fuga. La caduta del muro avviene durante l'epoca di Gorbačëv, l'ultimo presidente dell'Urss, che introdusse diverse misure per la modernizzazione della Russia, anche tramite la liberalizzazione di alcuni mercati. Sempre dopo la fine della seconda guerra mondiale, comincia il processo di integrazione europea. Il primo passo consiste nell'accordo tra Francia e Germania per la gestione dei bacini carboniferi: nel 1951 con il trattato di Parigi nasce la CECA (Comunità Europea del carbone e dell'acciaio). Il secondo passo fondamentale fu quello della firma dei Trattati di Roma nel 1957, considerati l'atto di nascita della grande famiglia europea in quanto grazie a questi venne istituita la CEE (Comunità Economica Europea). Da un lato L'Europa si sviluppa e il boom economico la porta quasi a livello degli Stati Uniti, dall'altro questi ultimi non volevano un'Unione Europea perché creava una sorta di nuova organizzazione doganale grazie all'integrazione dei vari Paesi europei, che andava in contrasto con l'idea di un libero mercato intercontinentale sviluppata da anni dagli Stati Uniti.

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