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Summary

These presentations from Raviglione on 05/06/2024 discuss articles concerning artificial intelligence's risks to human health and existence. The papers highlight potential threats from misuse of AI, like loss of privacy, security risks (autonomous weapons), and job displacement. Another article discusses the cautious optimism surrounding AI in global health, emphasizing the importance of ethical considerations and regulation.

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PRESENTAZIONI ARTICOLI 05&06/11/2024 PROF. RAVIGLIONE & TEDIOSI GRUPPO 1 Federspiel et al - Threats by artificial intelligence to human health and human existence Il presente articolo scritto da Frederik Federspiel, Rut...

PRESENTAZIONI ARTICOLI 05&06/11/2024 PROF. RAVIGLIONE & TEDIOSI GRUPPO 1 Federspiel et al - Threats by artificial intelligence to human health and human existence Il presente articolo scritto da Frederik Federspiel, Ruth Mitchell, Asha Asokan, Carlos Umana e David McCoy, pubblicato sulla rivista BMJ Global health nell’anno 2023, ha come oggetto principale l’analisi dei rischi e delle minacce poste alla salute e all’esistenza umana da parte dell’Intelligenza Artificiale. Nonostante venga riconosciuta l’entità dell’innovazione che l’introduzione dell’IA in ambito medico potrebbe rappresentare, Federspiel e colleghi, si augurano che i professionisti della salute possano mettere in evidenza non solo le luci ma anche le ombre di questa nuova tecnologia, spingendo, quindi, alla creazione di un trattato internazionale che ne chiarisca e ne regoli l’utilizzo, preservando il benessere e i diritti umani. Tra le minacce derivate dall’uso improprio dell’IA debole, ovvero quella preposta allo svolgimento di un solo compito, emergono: 1. Democrazia, libertà e privacy a rischio. Minaccia data dalla capacità dell’IA di raccogliere, organizzare e elaborare enormi quantità di dati personali che permettono una profilazione più accurata (usata nelle campagne di marketing) e di conseguenza un aumento della manipolazione sulla popolazione (potrebbe arrivare ad influenzare delle elezioni). 2. Pace e sicurezza. Tramite il sistema LAWS (Lethal Autonomous Weapon System): un’arma viene definita come autonoma nel momento in cui può localizzare, selezionare e attaccare senza bisogno di supervisione umana, l’intelligenza artificiale potrebbe essere ut ilizzata per implementare le armi, andando così ad aumentare il numero e il rischio di conflitti. Strumenti del genere rappresenterebbero la terza rivoluzione nel modo di fare guerra, dove la prima e la seconda sono rispettivamente la polvere da sparo e le armi nucleari. 3. Mezzi di sostentamento. L’IA potrebbe, inoltre, soppiantare il lavoro dell’uomo, a causa dell’obsolescenza del lavoro umano, andando in due direzioni: - Aumento della disoccupazione, che è correlata ad un aumento del tasso di suicidi, depressione, cattivi stili di vita, sovrappeso, abuso di sostanze. In sostanza si avrebbe un aumento delle disuguaglianze a livello economico e sociale. - Esaurimento delle risorse dato dall’aumento della produttività. L’AGI o intelligenza forte/generale replica, invece, in tutto e per tutto le funzionalità del cervello umano. Attualmente è in fase embrionale, si prospetta un suo futuro utilizzo tra il 2040 e il 2065. L’AGI rappresenterebbe la costruzione di macchine vastamente più intelligenti degli esseri umani, con risultati imprevedibili, tra cui anche la sottomissione dei suoi creatori e delle loro strutture e risorse. Tra i rischi legati a questa intelligenza emergono, infatti:  Uso sproporzionato rispetto alla minaccia da a rontare. Se e quando questa intelligenza entrerà in uso potrebbe essere adoperata in modo sproporzionato rispetto alla minaccia da a rontare.  Attaccare o sottomettere umani. L’AGI se non strettamente controllata durante il suo sviluppo, tramite un continuo e costante automiglioramento, potrebbe arrivare a sorpassare il potenziale intellettuale dell’essere umano.  Utilizzo delle risorse da cui dipendiamo. Le risorse necessarie per l’avviamento e la prosecuzione di questa intelligenza andrebbero a toglierle all’essere umano.  Fino ad arrivare a una totale distruzione del sistema per come lo conosciamo. In conclusione, Federspiel e colleghi, si augurano che la classe dirigente e i professionisti siano abbastanza influenti e lungimiranti da poter controllare lo sviluppo di questa tecnologia, nella direzione di un utilizzo sempre supervisionato dagli esseri umani e che tenga in considerazione non solo i benefici, come fatto finora, ma anche le minacce, sia e ettive che potenziali. Si fa strada, quindi, la necessità di una regolamentazione chiara e condivisa tra più Stati, che protegga i diritti fondamentali dei cittadini, garantendo la sicurezza globale e prevendo l’aggravarsi di problemi già attuali, come la discriminazione e le disuguaglianze. Solo così facendo si può garantire un progresso che sia al servizio dell’umanità e non ne minacci l’esistenza. Pujari et al - Artificial intelligence for global health – cautious optimism with safeguards In questo documento viene evidenziato come la di usione e l’aumento degli ambiti di applicazione dell’intelligenza artificiale abbiano generato dell’entusiasmo all’interno dell’opinione pubblica per quanto riguarda l’ambito sanitario. Lo stesso segretario generale delle nazioni unite ha sottolineato come questo strumento possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Questo entusiasmo ha contribuito alla creazione di un’informazione distorta e inaccurata all’interno dell’opinione pubblica e inoltre, ha fatto sì che le aziende, in un’ottica commerciale, compromettano la privacy in termini di trattamento dei dati personali. Nello specifico, l’intelligenza artificiale viene utilizzata a scopo medico per identificare le malattie in fase precoce, per fornire diagnosi e per prendere decisioni in ambito medico. Se l’azione delle aziende non viene controllata e regolamentata, la veridicità e l’accuratezza delle risposte dell’IA in ambito sanitario vengono compromesse. Questo è dovuto al fatto che le aziende analizzano numerosi dati senza tener conto dei principi di: inclusività, equità e uguaglianza. L’IA, inoltre, ha un impatto sia ambientale che finanziario legati al suo sviluppo. Per far sì che questa tecnologia abbia un impatto positivo sulla salute globale, occorre fare delle considerazioni in termini etici e di regolamentazione. Il suo utilizzo, inoltre, richiede cautela in quanto i consumatori possono avere di icoltà a farsi curare per una mancanza di fiducia e di scarsa validità nei confronti di questa. Per questo motivo, l’organizzazione mondiale della sanità sta sviluppando delle linee guida globali sullo sviluppo, in termini di selezione, valutazione ed eventuale non utilizzo di alcuni strumenti dell’IA in ambito sanitario. Queste linee guida devono essere applicate dagli stati e dagli stakeholders. L’OMS invita gli stati ad implementare standard e strumenti di valutazione al fine di promuovere uno sviluppo responsabile di queste tecnologie. Ciò deve essere fatto con la collaborazione di esperti tecnici, società civile e settore privato. Ed è richiesto, inoltre, alle aziende di impegnarsi a non implementare l’IA solo per scopi di lucro. Nel 2018, l’organizzazione mondiale della sanità e l’unione internazionale delle telecomunicazioni hanno creato un focus group per lavorare secondo le linee guida globali. In conclusione, possiamo evidenziare come l’intelligenza artificiale possieda delle enormi potenzialità in ambito medico, in quanto permette di raggiungere una migliore e icienza ed e icacia qualitativa e quantitativa del servizio o erto. Tutto ciò sarà possibile, però, riuscendo a sviluppare un approccio uniforme e responsabile tra tutti gli attori, che agiscono, in questo mercato (Stati, esperti del settore, aziende e pazienti). Essi, infatti, devono essere in grado di sviluppare una collaborazione integrata, in cui applicano normative, che non permettano lo sviluppo di informazioni distorte e inaccurate e, soprattutto, che facciano rispettare la privacy dei cittadini garantendogli, poi, un servizio che accresca la salute e permetta l’innovazione. Il potenziale dell’intelligenza artificiale potrà essere apprezzato appieno, solo attraverso uno sviluppo etico e una vigilanza costante della stessa. Tutto ciò, porterà direttamente, anche, all’accrescimento della fiducia dei cittadini nei confronti di questo strumento tecnologico, e inoltre, all’aumento della equità e accessibilità alle cure per tutta la comunità. Il percorso, per portare a compimento tali obiettivi, si sta sviluppando attraverso le più importanti associazioni mondiali a livello di sanità, permettendo di poter a ermare, che si stia seguendo la strada corretta per costruire un futuro in cui l’intelligenza artificiale sia al centro delle vite delle persone in ambito sanitario. Conclusione comune a entrambi i testi: In sintesi, gli articoli qui analizzati mettono in luce le complessità e le sfide da a rontare per una gestione e un’integrazione ottimale dell’Intelligenza Artificiale nel settore sanitario. In particolare, evidenziano il ruolo di primo piano che professionisti e uomini politici svolgono nel realizzare un quadro normativo condiviso, capace di bilanciare innovazione e sicurezza, riducendo, quindi, al minimo i rischi di disuguaglianza e violazione dei diritti, quale quello della privacy. GRUPPO 2 Clarke et altri - Decolonising humanitarian health Nonostante le crescenti richieste e gli sforzi per decolonizzare la salute globale e umanitaria, esistono poche indicazioni pratiche per ricercatori, educatori e operatori su come farlo. Questo articolo colma questa lacuna o rendo un'esplorazione narrativa delle principali raccomandazioni su come decolonizzare la ricerca, le collaborazioni, l'insegnamento, le strutture organizzative e altre pratiche legate alla salute globale/umanitaria. Presentiamo linee guida concrete per sostenere gli attori umanitari nel decolonizzare il loro lavoro. Abbiamo utilizzato un metodo di revisione esplorativa. La strategia di ricerca si è basata su tre temi generali: decolonizzazione, salute globale/sanità e crisi umanitarie. Abbiamo combinato una ricerca nei database MEDLINE e Web of Science con una ricerca nella letteratura grigia. In totale, abbiamo esaminato i riassunti e i titoli di 533 documenti, escludendo quelli che non si riferivano specificamente alla "decolonizzazione," alla salute umanitaria e/o globale. Abbiamo valutato i testi completi di 58 documenti per verificarne l'idoneità, escludendo quelli che non includevano raccomandazioni pratiche. In totale, 15 documenti sono stati inclusi in questa revisione. Abbiamo identificato cinque temi chiave: struttura organizzativa, strategia e coinvolgimento; collaborazioni e concettualizzazioni della ricerca; finanziamenti per la ricerca e i progetti; ciclo di vita della ricerca; insegnamento e curriculum. Il risultato principale è che gli attori umanitari possono decolonizzare il loro lavoro decentralizzando il potere, ridistribuendo le risorse, riflettendo criticamente sul loro lavoro nel contesto del più ampio panorama sociopolitico e recuperando, mettendo al centro e valorizzando le prospettive emarginate del Sud Globale. La razza non era una categoria analitica centrale nella letteratura esaminata, nonostante fosse parte integrante delle narrazioni storiche di fondo. Le ricerche future dovrebbero riflettere sui passi pratici verso la giustizia razziale nella salute globale/umanitaria e concentrarsi sull'assicurare che gli sforzi verso la "localizzazione" o le "collaborazioni eque" nella salute globale siano collegati agli sforzi di decolonizzazione, inclusa la ricerca sanitaria umanitaria. La nostra revisione sottolinea l'importanza di attingere alla conoscenza creata da e per attori del Sud Globale. Introduzione L'argomento centrale a favore del proseguimento degli sforzi per decolonizzare le strutture di dominio è che i processi di decolonizzazione politica del XIX e XX secolo devono essere considerati incompleti. L'ottenimento della sovranità politica non ha necessariamente a rontato le gerarchie sociali, culturali ed economiche ancora presenti nelle ex colonie. Questa "colonialità," ovvero la logica di dominio, si sostiene che sia esercitata oggi attraverso l'interazione tra conoscenza, razzismo, patriarcato e capitale. La produzione di conoscenza valida è spesso confinata al regno tecnico - scientifico, escludendo il riconoscimento dei sistemi di conoscenza indigeni, contadini o afro - discendenti. La colonialità, quindi, continua a plasmare i sistemi sociali, culturali, politici ed economici a livello globale, inclusi i settori dello sviluppo internazionale e dell 'assistenza umanitaria. Lo sviluppo e l'assistenza umanitaria, come forme di aiuto, hanno radici nelle ideologie coloniali legate alla necessità di portare le idee occidentali di progresso, avanzamenti scientifici e industriali al Sud Globale. Lo sviluppo è stato associato a un approccio a lungo termine, spesso orientato ad a rontare le cause profonde della povertà e delle disuguaglianze. L'assistenza umanitaria, al contrario, riguarda una risposta di emergenza a breve termine a disastri naturali, guerre, carestie e altre catastrofi umanitarie, basata su principi umanitari di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza. Tuttavia, la distinzione tra questi due tipi di aiuto è sfumata, soprattutto con l'emergere di quello che è stato chiamato il "nesso umanitario-sviluppo". Lo sviluppo e l'assistenza umanitaria sono spesso collegati e possono perpetuare narrazioni coloniali su popolazioni non bianche che richiedono salvataggio o che sono sottosviluppate perché mancavano della tecnologia e dei sistemi di conoscenza del mondo "sviluppato". Le classificazioni sociali razzializzate dell'epoca coloniale della popolazione mondiale persistono ancora oggi, con il risultato che il razzismo e i discorsi razzializzati influenzano la ricerca, le politiche e le pratiche. Ciò che Pailey chiama il "White Gaze of Development" (sguardo bianco dello sviluppo) si basa su un sistema di supremazia bianca che influenza l'aiuto in senso più ampio. La bianchezza rappresenta l'esperienza e facilita l'accesso al potere e ai privilegi strutturali. Ad esempio, esperti non bianchi e personale locale sono spesso impiegati in modo precario e marginalizzati nelle decisioni rispetto ai loro colleghi bianchi. L'esperienza e i processi politici, economici e socioculturali sono spesso misurati rispetto a uno standard che è bianco, occidentale e spesso maschile. Pertanto, la razza rimane una categoria fondamentale nell'aiuto, pervade le sue ragioni d'essere, le strutture istituzionali e le pratiche quotidiane. Nel settore umanitario in particolare, il concetto di localizzazione [che si riferisce in generale allo spostamento del potere e dei finanziamenti verso attori nazionali] è diventato una questione di riforma mainstream al Vertice umanitario mondiale del 2016. Nonostante gli impegni a trasferire potere da parte di 67 firmatari, tra cui 25 Stati membri, 26 ONG, 12 agenzie ONU, due movimenti della Croce Rossa/Mezzaluna Rossa e due organizzazioni intergovernative, i progressi sono stati limitati, ra orzando le richieste di andare oltre la localizzazione e decolonizzare l'aiuto. Nello sviluppo e nell'assistenza umanitaria, il concetto di decolonizzazione è talvolta confuso con altri termini come "equità, diversità e inclusione," "partenariati equi" o "localizzazione." Sebbene questi approcci mirino ad a rontare specifiche disuguaglianze all'interno del sistema umanitario, si concentrano su sintomi specifici della colonialità, come l'accesso diseguale ai finanziamenti, accordi di paternità iniqui e asimmetrici o partenariati squilibrati, senza a rontare le cause profonde di queste manifestazioni. C'è un crescente riconoscimento che a rontare le eredità moderne del colonialismo, dell'impero, del razzismo e del patriarcato richiede prima di tutto di riconoscere e rendere visibili le ipotesi e gli atteggiamenti profondamente problematici che spesso sottendono le pratiche di sviluppo e assistenza umanitaria. I dibattiti continuano sul fatto che l'aiuto debba essere abolito completamente o se possa essere riformato per a rontare queste dinamiche di potere. Questi dibattiti si riflettono negli sforzi per decolonizzare l'istruzione superiore. Le campagne per riconoscere e lavorare verso l'espiazione di alcune delle eredità coloniali dell'accademia sono state guidate da studenti e movimenti sociali in tutto il mondo, da Rhodes Must Fall in Sudafrica e all'Università di Oxford, fino alla riconsiderazione globale delle relazioni razziali, spinta dal movimento Black Lives Matter. Rimane una mancanza di chiarezza su cosa significhi, in pratica, decolonizzare lo sviluppo e l'assistenza umanitaria. In questo articolo, comprendiamo le pratiche di decolonizzazione in senso ampio come sforzi che evidenziano e separano le pratiche umanitarie dalle relazioni e logiche di potere coloniali. Questi sforzi, ad esempio, potrebbero cercare di esporre il luogo geopolitico della produzione di conoscenza e dare voce a persone e forme di conoscenza che sono state razzializzate e marginalizzate. In tutto il progetto, utilizziamo il verbo attivo "decolonizzare", anziché il sostantivo statico "decolonizzazione", per indicare un processo intrinsecamente incompleto, continuo ed evolutivo, piuttosto che un obiettivo raggiungibile in un momento fisso nel tempo. Allo stesso tempo, sosteniamo che questo processo in evoluzione deve essere anche intrinsecamente pratico e realizzabile. Nonostante le crescenti richieste e gli sforzi per decolonizzare la salute umanitaria e globale, al momento della stesura di questo articolo, non era stata ancora esaminata una guida pratica su come farlo. Alcune raccomandazioni su come decolonizzare la salute umanitaria e globale sono state recentemente pubblicate e sono disponibili in vari formati accessibili. Sebbene ciò includa anche una revisione esplorativa della decolonizzazione del campo della salute globale, questi documenti e richiami non sono stati distillati in linee guida pratiche e applicabili per ricercatori, educatori e operatori che desiderano decolonizzare il loro lavoro nel campo della salute umanitaria. La presente revisione colma quindi una lacuna nella letteratura sulla decolonizzazione della salute umanitaria, in particolare la limitata guida pratica su come decolonizzare la ricerca, l'insegnamento, le strutture organizzative e altre pratiche. Questa revisione è quindi rilevante per coloro che fanno ricerca, insegnano e lavorano nel campo della salute umanitaria. Struttura organizzativa, strategia e coinvolgimento La prima area di guida che abbiamo identificato riguarda le strutture, le strategie e il coinvolgimento politico delle organizzazioni di salute globale e/o umanitaria. In primo luogo, le istituzioni di salute globale/umanitaria necessitano di una chiara roadmap che si concentri sulla produzione di cambiamenti sistemici per passare dalla retorica alla pratica della decolonizzazione. Khan et al. raccomandano che questa roadmap identifichi come le organizzazioni di salute globale perpetuano l'inequità; pubblichi una lista chiara di riforme necessarie per decolonizzare la pratica della salute globale, al fine di garantire uno sforzo più proattivo e coordinato; e sviluppi metriche per monitorare i progressi e condividere i risultati in modo trasparente attraverso diversi canali pubblici. Gli autori suggeriscono di anticipare la resistenza da parte di coloro che traggono beneficio dalle pratiche coloniali e di contrastare tale resistenza formando alleanze con movimenti sociali progressisti che mirano al cambiamento sistemico. Infine, suggeriscono di collegarsi e amplificare le preoccupazioni delle reti di donne o di persone con disabilità sul posto di lavoro per ancorare questo lavoro in una prospettiva intersezionale. In secondo luogo, le istituzioni di salute globale/umanitaria con sede nei paesi ad alto reddito (HIC) devono redistribuire le risorse per riflettere il focus geografico del loro lavoro. Ciò potrebbe comportare il trasferimento di personale, u ici e altre risorse per creare opportunità di lavoro nei paesi in cui si svolgono le ricerche e i programmi. Tuttavia, le organizzazioni dovrebbero evitare di sostituire le sedi centrali del Nord Globale con “u ici locali”. Questi ultimi sono una delle manifestazioni più visibili e radicate del razzismo strutturale nel settore umanitario, dello sviluppo e Il sistema di peacebuilding è spesso subordinato alle organizzazioni con sede nel Nord Globale, guidate solitamente da personale occidentale bianco. Un esempio di redistribuzione più equa delle risorse geografiche è il "modello a rete" recentemente impiegato da IPAS, dove, invece di avere una singola sede centrale negli Stati Uniti, alcuni u ici IPAS sono ora registrati in modo indipendente. In terzo luogo, una pratica che alimenta l'iniquità è la limitata partecipazione di esperti e rappresentanti delle comunità dei paesi a basso e medio reddito (LMIC) nelle strutture di governance e nei comitati consultivi di organizzazioni che si concentrano sul miglioramento della salute nei LMIC. Spostare il potere verso esperti locali e/o della comunità richiederebbe tipicamente una leadership diversificata nei consigli di amministrazione e una gestione senior che sposti il potere da un organo centralizzato a un insieme più distribuito di attori. Per farlo, gli organi di governo dovrebbero reclutare individui disposti a essere più critici e a interrompere le pratiche esistenti, nonché persone provenienti da contesti di genere, sociali, geografici ed etnici diversi. Queste posizioni dovrebbero essere selezionate in modo trasparente con il contributo delle parti interessate. Un altro fattore da rivalutare quando si redistribuiscono risorse (umane) è il reclutamento sproporzionato di personale internazionale per posizioni all'estero. Oltre ad assumere personale locale ed esperti in loco, Le organizzazioni dovrebbero impegnarsi a sviluppare politiche e strategie di reclutamento che aumentino la diversità del personale nelle sedi del Nord Globale. Peace Direct suggerisce di utilizzare il documento in 12 punti "Orgs in Solidarity" di Women of Color Advancing Peace, Security, and Conflict Transformation come punto di riferimento strategico. Un quarto passo è riformulare le politiche di comunicazione interne ed esterne, allontanandosi dalla visione eurocentrica, benevola e di "salvatore bianco" dell’aiuto umanitario. Questo processo inizia promuovendo la comprensione del danno causato dall'uso continuativo di immagini di persone di colore come dipendenti e incompetenti. Kertman raccomanda di dare priorità all’esperienza e all'agenzia delle persone, anziché al dolore e alla so erenza; di integrare la questione razziale, come già avviene per il genere, la disabilità e la classe sociale; e di creare narrazioni più eque per influenzare la percezione pubblica della povertà globale. Termini con connotazioni razziste, suprematiste o paternalistiche dovrebbero essere eliminati dalle comunicazioni interne ed esterne. Per esempio, il termine "beneficiari" priva le comunità del loro potere decisionale e della loro capacità di azione, quando sono spesso le prime e più attive a rispondere alle crisi. Il termine "aiuto" implica che l’azione umanitaria sia basata sulla carità, senza riconoscere le storie di sfruttamento coloniale. Alcuni sostengono che per correggere queste dinamiche inique, l'aiuto dovrebbe essere riformulato come "riparazioni". Spostarsi verso una visione dell’aiuto basata sulla giustizia razziale e la responsabilità storica ridurrebbe la necessità di raccogliere fondi utilizzando le attuali narrazioni basate su sensi di colpa, pietà e "salvatorismo bianco". Infine, gli attori umanitari devono ampliare le loro alleanze e il loro impegno politico, allontanandosi dalle nozioni di aiuto umanitario "neutrale" e "apolitico". L'analisi di Aloudat e Khan mostra come i quadri di decolonizzazione nel settore umanitar io abbiano finora evitato critiche riguardanti il monopolio, l'abuso o l'uso improprio del potere. Gli autori citano come esempio problematico la risposta della comunità umanitaria all'attacco a Gaza nel maggio 2021, dove si è rimasti in gran parte silenziosi o ci sono stati richiami deboli a "fermare gli attacchi", creando una falsa equivalenza di colpa tra i palestinesi di Gaza e il potere militare israeliano. Suggeriscono, invece, che gli attori umanitari dovrebbero collocare le loro operazioni all'inter no delle arene politiche e collegare l'aiuto con altre questioni di giustizia sociale, come l'antirazzismo e la crisi climatica. Partnership di ricerca e concettualizzazione La seconda area di guida identificata riguarda le partnership di ricerca e la concettualizzazione della ricerca. Una pratica di ricerca iniqua è la tendenza del Nord Globale a progettare interventi o ricerche senza alcun coordinamento o coinvolgimento con i partecipanti locali, che sono i più vicini al contesto o al problema. Integrare e valorizzare la conoscenza e le soluzioni locali richiederebbe agli attori bianchi e del Nord di "riconoscere, dare priorità e integrare le conoscenze e le visioni del mondo costruite al di fuori dell'esperienza della bianchezza"....e permettere ad altri di parlare per sé stessi". Una pratica di ricerca iniqua è la tendenza del Nord Globale a progettare interventi o ricerche con scarsa o nessuna coordinazione o coinvolgimento con le popolazioni locali o i partecipanti più vicini al contesto/tema del progetto. Internalizzare e integrare le conoscenze e le soluzioni locali richiederebbe agli attori bianchi e del Nord di "riconoscere, dare priorità e integrare le visioni del mondo costruite al di fuori del quadro e dell'esperienza della bianchezza, e fare un passo indietro per permettere agli altri di parlare per sé stessi". Khan et al. sostengono che il personale internazionale dovrebbe avere una su iciente conoscenza del contesto locale e, se appropriato, essere impiegato come consulenti tecnici o coordinatori, piuttosto che come decisori. Non si dovrebbe dare per scontato che il personale internazionale sia “esperto”, e la loro assunzione non dovrebbe superare l’expertise e la capacità locali non occidentali. Bisogna fare attenzione, tuttavia, a non considerare il personale internazionale come “esperti naturali”, poiché ciò potrebbe minare l'expertise locale e non occidentale. Le linee guida criticano il concetto comune di "capacity building", che ra orza percezioni discriminatorie e razziste delle popolazioni non bianche, suggerendo che le comunità e le organizzazioni locali mancano di capacità. Non si dovrebbe presumere una mancanza di capacità o competenze; piuttosto, i ricercatori dei paesi ad alto reddito (HIC) dovrebbero concentrarsi sul collegare i colleghi a risorse specifiche del contesto e prescritte localmente, necessarie per condurre la ricerca o implementare interventi. Alcuni intendono questo approccio come "capacity strengthening" o "capacity bridging". È inoltre necessario interrogarsi su come e da chi viene valutata la capacità. Se, ad esempio, le qualifiche educative delle istituzioni occidentali fossero considerate superiori a quelle delle istituzioni non occidentali, la valutazione dei titoli di studio dovrebbe essere riconsiderata a livello istituzionale e in tutto il settore, piuttosto che collegare i colleghi del Sud Globale a una formazione più occidentale. Per quanto riguarda le partnership di ricerca Sud-Nord, Rasheed raccomanda che i ricercatori leader del Sud Globale assicurino che l'intero team, specialmente coloro che lavorano direttamente con i partecipanti, concordino la strategia del progetto fin dall'inizio. Dovrebbero essere stabilite linee guida chiare per garantire che i ricercatori leader del Sud Globale siano coinvolti in tutte le comunicazioni tra i partner globali e il resto del team di ricerca del Sud Globale. Quando si cercano partnership eque, Rasheed avverte che si devono anticipare lamentele ed escalation che mirano a criticare le competenze tecniche dei ricercatori del Sud Globale come strategia contro. Documentare tutte le decisioni del progetto è quindi fondamentale. Sono state fatte varie raccomandazioni in relazione all'istituzione e alla valutazione di collaborazioni a lungo termine. Le valutazioni possono aumentare la responsabilità reciproca e migliorare le relazioni, e potrebbero essere realizzate attraverso revisioni annuali delle partnership o tramite il feedback dei partner. Tuttavia, sono state identificate poche altre linee guida pratiche sui meccanismi di valutazione delle partnership o sulle migliori pratiche in questo ambito. Le linee guida suggeriscono di ridurre le tempistiche rigorose e i modelli di gestione dei progetti. Aid Re-imagined raccomanda di concentrarsi su metriche basate sui valori comunitari, come l’“Outcome Harvesting”. È stato anche menzionato di interrompere completamente l'uso delle misurazioni per la valutazione, ma non sono stati identificati esempi di tale pratica. Oltre a ricalibrare le partnership Nord-Sud, vi sono richiami a promuovere e implementare collaborazioni Sud-Sud. Abimbola et al, ad esempio, sottolineano la necessità di "costruire reti del Sud per a ermare la nostra proprietà della salute globale". Finanziamenti per la ricerca e i progetti La terza area di guida identificata in questa revisione riguarda il finanziamento per la ricerca e gli interventi. Il finanziamento della ricerca sulla salute globale è influenzato da dinamiche di potere coloniali e diseguali, che privilegiano le prospettive esterne rispetto ai bisogni locali. La localizzazione dei finanziamenti è stata menzionata come un passo chiave verso la decolonizzazione della ricerca e della pratica globale/umanitaria. Finanziamenti per attori locali della comunità e della società civile sono necessari per ricerca e interventi, ignorando così le conoscenze locali e il contesto specifico. Di conseguenza, Koum Besson sottolinea l'importanza di localizzare le "Call for Proposals" e i processi di revisione come leve fondamentali per la decolonizzazione del finanziamento dell a ricerca globale sulla salute. Quando si redigono bandi di finanziamento e criteri di valutazione, le comunità locali e i ricercatori dovrebbero essere sia il pubblico destinatario che i produttori di conoscenza. Inoltre, i finanziatori dovrebbero fornire motivazioni chiare per cui i loro bandi richiedono strumenti dominanti euro-nordamericani, o in alternativa, permettere ai ricercatori del Sud Globale di applicare quadri interpretativi e/o sviluppare nuovi strumenti metodologici che derivano dai contesti epistemici locali e/o dalle esperienze vissute. La giustizia epistemica può essere raggiunta anche creando spazi per i ricercatori di istituzioni del Sud Globale all'interno di panel di finanziamento e consigli consultivi che definiscono le agende di ricerca. Oltre a ricalibrare i criteri di finanziamento, i donatori devono o rire opportunità alle organizzazioni locali di fornire feedback diretto, senza passare tramite partner intermedi. I donatori dovrebbero ascoltare le preoccupazioni riguardanti gli squilibri di potere nel sistema di finanziamento e, in particolare, o rire opportunità per critiche sulle proprie pratiche. Rasheed raccomanda ai ricercatori nei paesi a basso reddito di essere particolarmente vigili durante il processo di accordo sui finanziamenti. Prima di firmare gli accordi, i ricercatori dovrebbero insistere per far parte delle comunicazioni con il finanziatore, incontrare i propri team amministrativi e legali per esaminare i contratti e, se si sentono a loro agio, discutere eventuali preoccupazioni con il donatore. I ricercatori dei paesi a basso reddito dovrebbero comprendere bene le responsabilità legate a sé un finanziamento è primario o sub-award, e a chi dovranno infine riferire. Rasheed consiglia ai ricercatori di chiarire e documentare i processi decisionali del progetto. Un ostacolo importante per sostenere azioni umanitarie guidate localmente è rappresentato dagli approcci prevalenti alla gestione del rischio. Gli strumenti di due diligence e analisi del rischio rappresentano barriere all'ingresso e al finanziamento per le organizzazioni locali più piccole e di base, imponendo standard del Nord Globale e definendo i deficit da questo punto di vista. I finanziamenti devono essere resi più accessibili e inclusivi per i gruppi e le comunità locali. Mentre alcuni invocano la necessità di "fidarsi generosamente" e "finanziare con coraggio", altri descrivono la necessità di "reimmaginare il rischio", attraverso l'uso di nuovi approcci e strumenti che pongano la responsabilità all'interno delle comunità colpite dalla crisi, piuttosto che presso i donatori del Nord. Il ciclo di vita della ricerca La quarta area di guida riguarda il processo di ricerca stesso, inclusi progettazione, raccolta e analisi dei dati, nonché le pratiche di disseminazione e paternità. I team di ricerca dovrebbero sviluppare piani per la partecipazione significativa degli individui e delle comunità con minore potere. I professionisti del Sud Globale invitati a partecipare alla ricerca sono solitamente relegati al ruolo di "esperti sul campo", mentre i ricercatori del Nord Globale guidano la proposta di ricerca, la progettazione, la metodologia, gli strumenti e i processi di raccolta dati. I ricercatori del Sud Globale vengono posizionati come "assistenti sul campo" e, una volta completata la raccolta dati, i ricercatori del Nord Globale prendono il comando nella produzione dei risultati e vengono accreditati per il lavoro. La ricerca tra pari è un metodo di ricerca partecipativa in cui persone con esperienza diretta dei problemi studiati partecipano attivamente alla conduzione e alla direzione della ricerca. Secondo Peace Direct, questo approccio ha il potenziale di dare alle comunità "il potere di comunicare le proprie priorità piuttosto che lasciare questo compito a filantropi ben intenzionati in Occidente". Come sottolinea Koum Besson, la progettazione della ricerca spesso dipende dagli obiettivi dei finanziamenti. Questi sono spesso basati su "colmare lacune nella letteratura" o sulla generazione di risultati generalizzabili. Quando la necessità di produrre conoscenza si basa su ciò che è globalmente conosciuto, piuttosto che su ciò che è noto o non noto a livello locale, la conoscenza locale viene automaticamente considerata meno credibile. Comprendere e a rontare le strutture sociali che svantaggiano le comunità nel loro contesto. Pertanto, dovrebbero essere prioritizzati disegni di ricerca specifici per il contesto, che considerino i contesti politici, sociali, economici e storici, nonché le gerarchie di potere del contesto di ricerca. In linea con ciò, le motivazioni della ricerca dovrebbero allinearsi con le priorità di ricerca nazionali o regionali (ad esempio, i Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie, gli istit uti nazionali di sanità pubblica, i centri di ricerca locali, ecc.) piuttosto che con le agende internazionali. Riconoscere chi guida la necessità dello studio è fondamentale negli sforzi per decolonizzare il processo di ricerca umanitaria. La raccolta dei dati dovrebbe essere condotta in collaborazione con ricercatori locali, per garantire l'adeguatezza culturale e contestuale. I partecipanti alla ricerca potrebbero sentirsi più a loro agio nell'esprimere le proprie opinioni nella propria lingua e con persone di cui si fidano. Sondaggi successivi nella comunità possono essere condotti per valutare come le persone si sono sentite trattate durante la raccolta dei dati. A seguito delle restrizioni di movimento legate al COVID -19, la raccolta di dati a distanza è diventata una pratica comune, ma pone sfide riguardanti le disuguaglianze di genere, razziali e altre. Ad esempio, se le donne hanno meno accesso a internet, telefoni cellulari e alfabetizzazione digitale, potrebbero essere meno in grado di partecipare alla ricerca. I ricercatori dovrebbero anche considerare gli impatti che i loro metodi di analisi dei dati hanno sulle comunità. Approcci femministi come quelli discussi in Singh et al. sostengono l'uso di un'analisi intersezionale per dare centralità alle voci e alle conoscenze dei partecipanti e scoprire eventuali gerarchie di potere coloniali di genere, razziali e altre, che potrebbero essere radicate nel processo di ricerca stesso. Questo approccio fa parte di un "etica della cura" che valorizza i partecipanti allo s tudio più dei dati che generano e cerca di riequilibrare le dinamiche di potere tradizionalmente ineguali tra i presunti "oggetti" e "soggetti" della ricerca. Discussione Questa è la prima recensione del suo genere che sintetizza le raccomandazioni e le linee guida chiave dalla letteratura accademica e grigia sulla decolonizzazione della ricerca sulla salute globale/umanitaria, le partnership, l'insegnamento, le strutture organizzative e altre pratiche. Non rifiuta del tutto l'umanitarismo; piuttosto, presenta un insieme concreto di linee guida per supportare gli attori umanitari nel decolonizzare il loro lavoro. Il nostro risultato principale è che gli attori della salute globale/umanitaria possono decolonizzare il loro lavoro decentralizzando il potere, ridistribuendo le risorse, riflettendo criticamente sul loro lavoro nel contesto del paesaggio sociopolitico più ampio e recuperando e mettendo al centro le prospettive di coloro che si trovano nel Sud Globale, che sono state storicamente marginalizzate nel discorso e nella pratica della salute globale/umanitaria. Nello specifico, la recensione ha identificato cinque temi chiave riguardanti le linee guida pratiche sulla decolonizzazione della ricerca sulla salute umanitaria, l'insegnamento e la pratica: struttura organizzativa, strategia e coinvolgimento; partnership di ricerca e concettualizzazioni; finanziamenti per la ricerca e i progetti; il ciclo di vita della ricerca; e l'insegnamento e il curriculum. Abbiamo anche identificato alcune insidie e diversi importanti vuoti nella letteratura esaminata riguardanti l'autorialità, la consapevolezza e il coinvolgimento con le più ampie questioni sociopolitiche, i dettagli sull'implementazione della ricerca, l'insegnamento e le partnership, così come la razza come categoria analitica. Solo 15 documenti contenevano linee guida pratiche, il che indica la scarsità di consigli pratici nella letteratura disponibile e l'importanza del nostro contributo. L'obiettivo di questa recensione era concentrarsi sulle linee guida pratiche sulla decolonizzazione. Oltre alle raccomandazioni più astratte, ha identificato una serie di passi concreti e pratici che ricercatori, educatori e professionisti possono intraprendere, sebbene principalmente rivolti a quelli del Nord Globale. Esempi di tali passi includono la rimozione del linguaggio comunemente utilizzato nello sviluppo, come “beneficiari” o “aiuti”, nonché l'implementazione di approcci come la “ricerca tra pari”. Sono stati forniti anche diversi esempi di successo nell'applicazione di queste linee guida, tra cui la riallocazione delle risorse attraverso un cosiddetto “modello a rete” recentemente impiegato dall'ONG IPAS, o il finanziamento iniziale per riunioni di partenariato prima della presentazione delle proposte, fornito da enti finanziatori come ELHRA/R2HC. Nella letteratura più ampia, ci sono stati forti avvertimenti sui potenziali rischi nel tentare di decolonizzare un campo di pratica o un'istituzione. Vale la pena notare che, in questa revisione, abbiamo identificato raccomandazioni sulla decolonizzazione che non separano completamente le pratiche umanitarie dalle relazioni e logiche di potere coloniali. Ad esempio, alcuni autori propongono la necessità di “fidarsi generosamente” e “finanziare coraggiosamente” nel contesto del finanziamento della ricerca e dei progetti. Sebbene l'obiettivo di questa raccomandazione sia rendere i finanziamenti più accessibili, posizionare il finanziamento di quelli nel Sud Globale e/o di gruppi comunitari come qualcosa che richiede più “fiducia” e “coraggio” da parte di un fi nanziatore, e quindi come intrinsecamente rischioso finanziariamente, non mette in discussione perché quelli nel Nord Globale detengano e controllino i fondi per la ricerca, alimentando un discorso paternalistico e coloniale caratteristico della salute globale/umanitaria. Altri evitano questa terminologia, raccomandando che il rischio debba invece essere “re-immaginato” o che i ricercatori del Sud Globale possano influenzare le priorità e le decisioni di finanziamento attraverso la partecipazione a panel di finanziamento e consigli consultivi. Dove è stata identificata una guida contraddittoria in questa revisione della letteratura, abbiamo discusso quali raccomandazioni fossero più allineate con la teoria decoloniale e selezionato il linguaggio più appropriato per inserire nella guida finale fornita nella Tabella 3. Conclusioni Questa recensione rappresenta il primo tentativo conosciuto di mappare e sintetizzare le linee guida pratiche sulla decolonizzazione della salute umanitaria e globale. Presentiamo linee guida concrete per supportare gli attori umanitari nel decolonizzare il proprio lavoro, identificando cinque temi chiave: struttura organizzativa, strategia e impegno; partenariati di ricerca e concettualizzazioni; finanziamento per la ricerca e i progetti; ciclo di vita della ricerca; insegnamento e curriculum. La nostra principale scoperta è che gli attori della salute globale/umanitaria possono decolonizzare il proprio lavoro decentralizzando il potere, redistribuendo le risorse, riflettendo criticamente sul loro lavoro nel contesto del più ampio panorama sociopolitico e recuperando e centrando le prospettive di coloro che operano nel Sud Globale. Oltre a queste linee guida concrete, abbiamo identificato importanti potenziali insidie e aree per la ricerca futura che potrebbero fungere da avvertimento per coloro che cercano di intraprendere un percorso di decolonizzazione del proprio lavoro. Suggeriamo che sia necessaria ulteriore ricerca per chiarire il percorso verso la decolonizzazione per gli attori della salute umanitaria/globale. C'è una generale mancanza di linee guida che siano pratiche, che centrino la razza come categoria analitica, che si confrontino con l'importanza dell'ambiente sociopolitico più ampio e che dettaglino come la cooperazione Sud-Sud possa essere implementata. È inoltre chiaro che occorre chiarire il rapporto tra decolonizzazione e concetti correlati, poiché evidentemente c'è una certa confusione tra termini diversi. Infine, vi è una mancanza di linee guida identificate prodotte da coloro che operano nel Sud Globale, derivante dai vincoli strutturali e dalle barriere identificate in questa revisione. Invitiamo i ricercatori e gli attori umanitari a (continuare a) costruire sulla letteratura crescente e sul momento critico attorno alla decolonizzazione di autorial ità, di usione, finanziamenti, ecc., per smantellare queste barriere, in modo che i ricercatori del Sud Globale possano sempre più guidare lo sviluppo di raccomandazioni pratiche sulla decolonizzazione della salute globale/umanitaria dalla loro prospettiva. GRUPPO 3 Global Burden of Disease Global incidence, prevalence, years DALY Hales (Lancet) Introduzione Il GBD (Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study) cioè il carico globale di malattie, lesioni e fattori di rischio (GBD) 2021 è uno studio sulla perdita di salute a livello globale. GBD 2021 fornisce informazioni aggiornate sulla distribuzione e sul carico di malattie e lesioni in base a tempo, età, sesso, posizione e gruppo sociodemografico ma ci permette anche di valutare i progressi ottenuti sulla base degli obiettivi sanitari internazionali. GBD quantifica l'onere utilizzando gli anni di vita adeguati alla disabilità (DALYs), una metrica introdotta nel World Development Report 1993 della Banca mondiale e adottata da allora come misura chiave dell'onere delle malattie dall'OMS, dalle Nazioni Unite, dalla Banca mondiale e dagli organismi governativi di tutto il mondo. L’articolo si occupa di: 1- evidenziare attraverso il GBD 2021 le minacce sanitarie nuove ed esistenti che richiedono la definizione di priorità nelle agende internazionali sulla salute pubblica. Le stime GBD 2021 sono fornite per 371 malattie e lesioni (tra cui 95 malattie trasmissibili, materne, neonatali e nutrizionali [CMNN], 234 malattie non trasmissibili e 40 lesioni); 204 paesi e territori; 21 paesi con posizioni subnazionali; 25 gruppi di età; donne, uomini e entrambi i sessi, combinati; per gli anni 1990-2021. ->un focus particolare sulla prevalenza, l'incidenza, gli anni di vita con disabilità (YLD; quantificare la perdita di salute non fatale), gli anni di vita perduti (YLL; quantificare la perdita di salute fatale), gli anni di vita adeguati alla disabilità (DALY; quantificare entrambi gli anni persi per mortalità prematura e gli anni di vita con disabilità) e speranza di vita in buona salute (HALE; quantificazione degli anni di vita attesi vissuti in buona salute). 2- stimare, attraverso nuovi dati chiave e aggiornamenti metodologici del GBD 2021 (che sono riassunti nella sezione Metodi) le conseguenze del COVID-19 come malattia infettiva e sulla condizione post- COVID-19. Infatti, dal 2020 la pandemia ha cambiato le priorità sanitarie globali per controllare la trasmissione del SARS-CoV-2 e rispondere alle richieste aggiuntive sui servizi sanitari. In questo contesto, un'analisi sistematica e aggiornata dell'incidenza della malattia ci ha permesso di ottenere dei dati per comprendere l’emergenza del COVID-19 e le conseguenti malattie che si sono sviluppate tra il 2020 e 2021 dopo la di usione del nuovo coronavirus. Dal punto di vista geografico: GBD 2021 ha prodotto stime per 204 paesi e territori, raggruppati in 21 regioni e sette super-regioni, di cui Brasile, Cina, Etiopia, India, Indonesia, Italia, Iran, Giappone, Kenya, Messico, Nuova Zelanda, Nigeria, Norvegia, Pakistan, Filippine, Polonia, Russia, Sudafrica, Svezia, Regno Unito e USA. Dal punto di vista delle malattie e degli infortuni: le 371 malattie e lesioni incluse nel GBD 2021 sono state ordinate all'interno di una gerarchia delle cause con quattro livelli, in aggiunta del livello 0, che rappresenta l’insieme di tutte le cause. Il livello 1 consisteva in altri esiti correlati alla pandemia di COVID -19 e tre ampie categorie aggregate: malattie CMNN, malattie non comuni e lesioni. Il livello 2 comprendeva 22 gruppi di cause che rientravano ciascuno in una categoria del livello 1. Il livello 3 comprendeva 175 cause, di cui 132 cause specifiche e 43 gruppi di cause del livello 4. Il livello 4 era costituito da 302 cause specifiche, di cui 170 cause specifiche che rientravano nei 43 gruppi di cause del livello 3 e le 132 cause specifiche del livello 3 che non erano ulteriormente disaggregate al livello 4. Complessivamente, 365 cause avevano esiti non mortali, e 288 cause hanno avuto esiti fatali. Fonti dei dati Lo studio Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors (GBD) condotto nel 2021 ha utilizzato 100.983 fonti di dati per stimare gli anni di vita persi a causa di disabilità (DALY). Tra le fonti impiegate rilevano la letteratura scientifica, i sondaggi, i registri di malattie e i dati clinici, accuratamente verificate e integrate per garantire completezza e accuratezza. Per stimare la prevalenza, l'incidenza, la remissione e la mortalità delle malattie, nel GBD Study è stato utilizzato il modello MR-BRT, uno strumento di modellazione statistica fondamentale per le analisi epidemiologiche, poiché fornisce stime dettagliate che aiutano a comprendere l'onere delle malattie a livello globale e locale. La prevalenza e l'incidenza delle disabilità sono state suddivise in categorie a seconda della gravità: asintomatica, lieve, moderata e grave. Per stimare quante persone rientrano in ciascuna categoria, sono stati utilizzati dati da diverse indagini, come il Medical Expenditure Panel Survey e altre ricerche sulla salute mentale. Inoltre, per valutare quanto ogni disabilità influisce sulla salute, sono stati utilizzati dei "pesi di disabilità" che vanno da 0 (nessuna perdita di salute) a 1 (equivalente alla morte). Questi pesi sono stati ottenuti attraverso dei sondaggi proposti in vari paesi, tra cui l’Italia, dove i partecipanti hanno confrontato descrizioni di stati di salute e hanno indicato quale fosse il più sano. Classificati e misurati gli e etti delle disabilità, per ottenere una misura più accurata degli anni di vita persi per disabilità (YLD), è stata fatta una correzione che considera quando una persona ha più di una malattia non fatale contemporaneamente, detta comorbidità. Simulando come queste malattie possono verificarsi insieme nella popolazione, è stato possibile calcolare un YLD cumulativo. Questo approccio rende le stime additive, il che significa che si possono sommare i contributi di ogni malattia per ottenere un totale che rappresenta meglio l'impatto complessivo delle disabilità sulla salute della popolazione. In sostanza, invece di considerare ogni malattia separatamente, questa correzione tiene conto di come le malattie interagiscono e si influenzano a vicenda, o rendo una visione più completa della salute generale della popolazione. Il GBD 2021 presenta delle novità rispetto al GBD 2019. Infatti, le stime relative ai bambini sotto i 5 anni sono state suddivise in gruppi di età più precisi: di 0–6 giorni, 7–27 giorni, 1–5 mesi, 6–11 mesi, 12–23 mesi e 2–4 anni. Questo perché il raggruppamento dei bambini da 1 a 4 anni nelle precedenti stime dello studio limitava la capacità di fare raccomandazioni mirate rispetto alle malattie neonatali, poiché le necessità e i rischi erano variabili all’interno del gruppo. Inoltre, il GBD 2021 riporta le cause legate al COVID-19: gli e etti a lungo termine e i problemi causati dalla pandemia, ma non direttamente dal COVID-19, come l’aumento della mortalità dovuta ad altre malattie. Elaborazione dei dati Il GBD 2021 utilizza i principi dell'ICD (International Classification of Diseases), un sistema per classificare le cause di morte. Quando una persona muore, il GBD cerca di identificarne la causa principale. A volte, nei registri di morte ci sono codici imprecisi, chiamati "garbage", che non indicano bene la causa della morte. In questi casi, si usano degli algoritmi per assegnare la causa della morte più probabile: il GBD utilizza un modello chiamato CODEm, che combina diversi modelli statistici. Questi modelli esaminano vari fattori, come età, sesso e località, per fare previsioni più accurate. Inoltre, per alcune cause di morte particolari, si usano strategie di modellazione specifiche, che possono includere dati su come le malattie si di ondono o l a loro gravità, per migliorare le stime. Per calcolare i DALY (anni di vita persi a causa di disabilità) è stato necessario sommare i YLD (anni vissuti con disabilità) e i YLL (anni di vita persi). Invece, l'HALE è stato stimato come misura complementare ai DALY, poiché rappresenta il numero medio di anni di vita trascorsi in buona salute. Presentazione dei dati Il documento presenta i dati sulla salute del mondo nel 2021, utilizzando diverse misure per capire come cambiano nel tempo. I dati sono espressi come tassi di malattie per 100.000 persone, di diversa età e genere. Per vedere come questi tassi sono cambiati dal 2010 al 2021, vengono calcolati i cambiamenti percentuali e i tassi di cambiamento annuali. Per ottenere stime a idabili, i calcoli sono stati ripetuti 500 volte e le stime finali rappresentano una media di questi 500 calcoli. Inoltre, nel documento si discute di come lo sviluppo economico e sociale abbia influenzato i miglioramenti nella salute negli ultimi 30 anni. Infatti, viene usato l’indicatore SDI (Indice di Sviluppo Socioeconomico) che combina il reddito pro capite, gli anni di istruzione e il tasso di fertilità tra le donne giovani. I punteggi di questo indice vanno da 0 (basso sviluppo) a 100 (alto sviluppo). Risultati I risultati sono stati ottenuti utilizzando i metodi GBD per analizzare i dati dal 2010 al 2021, con particolare attenzione alle tendenze nel carico di malattia durante l'ultimo decennio e i primi due anni della pandemia di COVID-19 (2020-2021). Sono stati presentati i dati sulla prevalenza e incidenza per le cause di livello 3 della gerarchia GBD e le stime di DALY (anni di vita aggiustati per disabilità) a livello globale, per quintile SDI, regioni GBD, paesi e territori. I risultati dettagliati sono disp onibili in formato scaricabile tramite strumenti online come GBD Results e GBD Compare. Tendenze globali in prevalenza e incidenza Nel 2021, le condizioni più di use a livello globale erano i disturbi orali (3,69 miliardi di casi), i disturbi da cefalea (2,81 miliardi) e le emoglobinopatie e anemie emolitiche (2,19 miliardi). Queste cause hanno anche registrato la più alta prevalenza standardizzata per età. Rispetto al 2010, ci sono stati pochi cambiamenti tra le 20 cause più prevalenti. Per quanto riguarda l'incidenza, le malattie con il maggior numero di nuovi casi nel 2021 erano le infezioni respiratorie superiori (12,8 miliardi di nuovi casi), le malattie diarroiche (4,67 miliardi) e i disturbi orali (3,74 miliardi). Anche queste cause erano tra le prime nel 2010. Nel 2021, i casi di COVID- 19 hanno raggiunto 2,28 miliardi, con un tasso di incidenza di 28.955 per 100.000 abitanti, in aumento rispetto al 2020, che aveva registrato 1,63 miliardi di casi. Sebbene i tassi di incidenza di COVID-19 tra maschi e femmine fossero simili, le femmine sono risultate colpite dal COVID lungo a un tasso doppio rispetto ai maschi. Tendenze globali nei DALY tra il 2010 e il 2021 Tra il 2010 e il 2019, il numero globale di DALY (anni di vita aggiustati per disabilità) è rimasto relativamente stabile, passando da 2,63 miliardi nel 2010 a 2,61 miliardi nel 2019. Tuttavia, con l'arrivo della pandemia di COVID-19, il numero globale di DALY è aumentato significativamente, raggiungendo 2,76 miliardi nel 2020 e 2,88 miliardi nel 2021. Questo aumento è attribuibile principalmente all'impatto devastante del COVID-19, che ha portato a una crescita nel carico di malattie e decessi a livello mondiale. Anche se il numero complessivo di DALY è aumentato, il tasso globale di DALY standardizzati per età (che tiene conto della crescita e dell'invecchiamento della popolazione) è diminuito del 14,2% tra il 2010 e il 2019, passando da 39.352 DALY per 100.000 abitanti a 33.764. Tuttavia, tra il 2019 e il 2021, questo tasso è risalito del 7,2%, raggiungendo 36.207 DALY per 100.000 abitanti nel 2021, a causa delle ripercussioni della pandemia. Le malattie non trasmissibili sono state la principale fonte di aumento del carico globale di DALY nel decennio considerato, crescendo da 1,47 miliardi di DALY nel 2010 a 1,73 miliardi nel 2021. Questo incremento è principalmente dovuto all'invecchiamento e alla crescita della popolazione, con il 6,4% di riduzione dei tassi standardizzati per età nello stesso periodo. Al contrario, le malattie trasmissibili, materne, neonatali e nutrizionali (CMNN) hanno visto una diminuzione nei DALY, passando da 876 milioni nel 2010 a 831 milioni nel 2021, con una riduzione del 12,9% dei tassi standardizzati per età. Per quanto riguarda gli infortuni, i DALY sono diminuiti da 284 milioni nel 2010 a 248 milioni nel 2021. Il tasso di DALY standardizzati per età per gli infortuni è sceso del 24% nello stesso periodo, con la maggior parte del miglioramento osservato tra il 2010 e il 2019 (una riduzione del 20,8%). Tuttavia, i progressi sono rallentati tra il 2019 e il 2021, con una diminuzione più modesta del 4,1%. In sintesi, il decennio 2010-2021 ha visto un calo nel tasso globale di DALY standardizzati per età, ma la pandemia di COVID-19 ha innescato un'inversione di tendenza, con un aumento del carico di malattie e mortalità. Le malattie non trasmissibili continuano a essere la principale causa di DALY, mentre sono stati fatti progressi nel ridurre il carico di malattie trasmissibili e infortuni. Nel 2021, tra le 25 principali cause di DALY (anni di vita aggiustati per disabilità) di livello 3, figuravano 15 malattie non trasmissibili, 7 malattie trasmissibili, materne, neonatali e nutrizionali (CMNN), 2 tipi di infortuni, e altri esiti legati alla pandemia di COVID-19. Tra il 2010 e il 2020, le principali cause di DALY sono state i disturbi neonatali, la cardiopatia ischemica e l'ictus. Nel 2020, però, il COVID -19 è diventato la quarta principale causa di DALY e, nel 2021, è salito al primo posto, superando le malattie storicamente dominanti. Altri e etti della pandemia sono passati dalla 24a posizione nel 2020 all'ottava nel 2021. Questo ha invertito il declino nei DALY delle malattie CMNN, provocando un aumento del 18% nei tassi standardizzati per età tra il 2019 e il 2021. Nonostante l'impatto della pandemia, ci sono stati significativi miglioramenti in molte altre malattie CMNN. Ad esempio, il tasso di DALY per HIV/AIDS è diminuito del 47,8% tra il 2010 e il 2021, e le malattie diarroiche hanno registrato una riduzione simile del 47%. Tuttavia, i progressi per i disturbi neonatali sono stati più contenuti, con un calo del 17,1%, rimanendo tra le prime tre cause di DALY in 69 paesi nel 2021. Tra le malattie non trasmissibili, ci sono stati notevoli miglioramenti per alcune condizioni come i difetti congeniti (diminuzione del 20,9%), la cirrosi e altre malattie epatiche croniche (riduzione del 18,3%) e l'ictus (diminuzione del 16,9%). Al contrario, il carico di malattie legate al diabete è aumentato del 14%, e i disturbi depressivi e d'ansia hanno visto incrementi rispettivamente del 16,4% e del 16,7%. Per quanto riguarda gli infortuni, i due principali tipi di infortunio a livello globale nel 2021 hanno registrato miglioramenti nei tassi di DALY standardizzati per età dal 2010 al 2021. Gli infortuni stradali hanno visto una diminuzione del 22,9%, mentre le cadute hanno registrato un calo del 6,9%. Tuttavia, la maggior parte di questi miglioramenti si è verificata prima del 2019, suggerendo un rallentamento dei progressi negli ultimi anni. In sintesi, il periodo tra il 2010 e il 2021 ha visto significativi progressi per molte malattie e infortuni, ma la pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto notevole, invertendo alcune tendenze positive e aumentando il carico globale di DALY. La figura sovrastante mostra la distribuzione, nel 2021, di DALY globali, suddivisi tra uomini e donne in base a vari gruppi di età e cause di malattia, inclusi il COVID-19 e altri esiti legati alla pandemia. I maschi hanno accumulato 1,55 miliardi di DALY, mentre le femmine 1,33 miliardi. Per le donne, la principale causa di DALY è stata il COVID-19, con 80,2 milioni di DALY, seguita dai disturbi neonatali con 79,9 milioni. Anche per gli uomini, il COVID-19 ha rappresentato 132 milioni di DALY e quindi la causa principale, seguito dalla cardiopatia ischemica con 115 milioni e dai disturbi neonatali con 106 milioni. La maggior parte del carico di disturbi neonatali si è concentrata nei primi 6 giorni di vita, diminuendo rapidamente con l'età. Anche se l'incidenza del COVID-19 è stata simile tra uomini e donne, il tasso di DALY è stato più elevato tra gli uomini, con 3.247,9 DALY per 100.000 uomini (8,5%) rispetto a 1.822,6 DALY per 100.000 donne (6,1%). I maschi hanno anche subito un impatto maggiore da altri esiti legati alla pandemia, con 1.220,4 DALY per 100.000 contro 705,2 DALY per 100.000 nelle donne. Le persone anziane hanno subito una maggiore perdita di salute dovuta al COVID -19. Gli individui tra 50 e 69 anni hanno registrato 5.834,8 DALY per 100.000, mentre quelli di 70 anni e oltre hanno avuto 11.584,1 DALY per 100.000. Anche altri e etti legati alla pandemia hanno seguito questa tendenza, con tassi più elevati tra le popolazioni più anziane. Decomposizione dei DALY in YLD e YLL Nel 2021, i DALY globali erano suddivisi in 907 milioni di YLD (Anni vissuti con disabilità), pari al 31,3% dei DALY totali, e 1,98 miliardi di YLL (Anni di vita persi), pari al 68,7%. Rispetto al 2010, gli YLD globali sono aumentati da 738 milioni, mentre gli YLL sono cresciuti da 1,89 miliardi. Tuttavia, i tassi di YLD standardizzati per età sono rimasti relativamente stabili, con un incremento modesto del 2,6% dal 2010 al 2021. In confronto, i tassi di YLL sono diminuiti del 12% nello stesso periodo, seb bene ci sia stato un lieve aumento complessivo degli YLL globali del 4,6%. Come si può vedere nella tabella sottostante, le principali cause di YLD di livello 3 (cioè cause di malattie e condizioni molto precise, come la cardiopatia ischemica o il diabete) nel 2021 erano 21 malattie non trasmissibili, tre malattie CMNN (Condizioni Materno-Neonatali e Nutrizionali) e 1 infortunio. Le prime tre cause di YLD, considerate per tutte le età e i sessi, erano tutte malattie non trasmissibili: il dolore lombare (70,2 milioni di YLD), i disturbi depressivi (56,3 milioni) e i disturbi da mal di testa (48,0 milioni). Nel periodo dal 2010 al 2021, le malattie che hanno mostrato il maggior incremento nei tassi di YLD standardizzati sono state il diabete, i disturbi d'ansia, i disturbi depressivi, l'uso di droghe e i disturbi neonatali. Nonostante il COVID-19 abbia avuto un impatto significativo sui DALY complessivi, non è stato una causa primaria di YLD. Nel 2021, si è classificato come la 19ª causa di YLD, con 14,3 milioni di YLD, rispetto alla 41ª posizione nel 2020. Per quanto riguarda gli YLL, sono aumentati in modo non significativo tra il 2010 e il 2021, ma, rispetto agli YLD è stato riscontrato un maggior decremento nei tassi di YLL standardizzati per età. Le principali cause nel 2021, per tutte le età e sessi, erano il COVID-19 (198 milioni di YLL), la cardiopatia ischemica (184 milioni) e i disturbi neonatali (165 milioni). Tendenze nei DALY per SDI, localizzazione, età e sesso Le tendenze nei tassi di DALY (Disability-Adjusted Life Years, ovvero anni di vita aggiustati per disabilità) a livello globale mostrano pattern complessi, determinati da diversi fattori quali localizzazione geografica, età e sesso. Nel 2021, i tassi standardizzati per età di DALY per le malattie non trasmissibili nei maschi variavano da 18.489 per 100.000 abitanti nei paesi ad alto SDI (Socio-Demographic Index, Indice Socio-Demografico) fino a 24.965 nei paesi a medio-basso SDI. Per le femmine, i tassi di DALY per le malattie non trasmissibili andavano da 17.167 nei paesi con alto SDI a 24.072 in quelli con basso SDI. Questi tassi tendevano a diminuire nei primi anni di vita e poi a crescere gradualmente con l’età. Per quanto riguarda le malattie trasmissibili, materne, neonatali e nutrizionali (CMNN), i tassi di DALY per i maschi nel 2021 andavano da 2.902 nei paesi ad alto SDI fino a 28.861 in quelli con SDI basso. Nelle femmine, i tassi erano simili, con valori che variavano da 2.014 per 100.000 abitanti nei paesi con SDI alto a 24.040 nei paesi con SDI basso. Nel periodo 2010-2021, i tassi di DALY per malattie CMNN sono diminuiti nei paesi con SDI basso e medio-basso, mentre sono aumentati nei paesi con SDI alto, in parte a causa dell’emergenza del COVID-19. I tassi di DALY per le lesioni sono invece diminuiti globalmente tra il 2010 e il 2021. Nei maschi, i tassi di lesioni variavano da 3.050 nei paesi con SDI alto a 5.959 in quelli con SDI basso. Per le femmine, i tassi erano compresi tra 1.384 nei paesi con SDI medio-alto e 2.788 in quelli con SDI basso. Dai 20 anni in su, i tassi di DALY per lesioni nei maschi tendevano a rimanere relativamente stabili, mentre quelli per le femmine aumentavano gradualmente con l’età. Le principali cause di DALY variano a seconda del SDI. Nei paesi con SDI basso, sette delle dieci cause principali di DALY erano malattie CMNN, tra cui i disturbi neonatali, la malaria e il COVID-19. Al contrario, nei paesi con SDI alto, le principali cause di DALY erano prevalentemente malattie non trasmissibili come la cardiopatia ischemica, il mal di schiena e l’ictus. Infine, l’impatto della pandemia di COVID-19 è stato determinante, diventando la principale causa di DALY in 95 paesi e territori nel 2021. Tendenze nell’hale per localizzazione e anno: Nel periodo compreso tra il 2010 e il 2021, l’aspettativa di vita sana alla nascita (HALE - Aspettativa di Vita Sana) a livello globale ha mostrato delle fluttuazioni. Nel 2010, l’HALE era di 61,3 anni (con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 58,6 e 63,6 anni). Nel 2019, questa cifra è aumentata a 63,6 anni (con un intervallo di 60,7–66,2), mentre nel 2021 è scesa a 62,2 anni (con un intervallo di 59,4– 64,7). Durante questo periodo, l’HALE è aumentato dell’1,4%, ma ha subito un decremento del 2,2% dal 2019 al 2021. Nel 2021, è stata osservata una maggiore aspettativa di vita sana alla nascita nelle località con un alto indice di sviluppo umano (SDI - Indice di Sviluppo Umano), con una media di 68,5 anni, rispetto ai 54,4 anni delle aree a basso SDI. L’analisi ha rivelato che le aree a basso SDI hanno visto il maggiore cambiamento dell’HALE dal 2010 al 2021, con un incremento del 4,2%, partendo da 52,2 anni. Al contrario, i luoghi ad alto SDI hanno registrato cambiamenti minimi, con una diminuzione dello 0,5%. Delle 21 regioni analizzate nel contesto del GBD (Carico Globale di Malattia), l’HALE alla nascita è aumentato in 11 di esse. I Caraibi hanno evidenziato l’incremento più significativo, con un aumento del 19,7%, passando da 50,4 anni nel 2010 a 60,4 anni nel 2021. Tuttavia, sei delle 21 regioni hanno registrato una diminuzione dell’HALE, con la riduzione più marcata in America Latina, dove l’HALE è calato del 5,4%, da 65,9 anni nel 2010 a 62,3 anni nel 2021. A livello globale, 59 dei 204 paesi e territori analizzati hanno mostrato un miglioramento dell’HALE alla nascita tra il 2010 e il 2021. Haiti ha ottenuto il miglioramento più significativo, con un aumento del 90,2%, passando da 27,4 anni nel 2010 a 52,1 anni nel 2021, grazie ai progressi ottenuti dopo il terremoto del 2010. Altri miglioramenti notevoli sono stati osservati in Eswatini, dove l’HALE è aumentato dell’11,8%, e in Costa d’Avorio, che ha visto un incremento del 9,7%. Tuttavia, in 43 paesi e territori, l’HALE alla nascita è diminuito tra il 2010 e il 2021. Le diminuzioni più significative sono state osservate in Perù, con una riduzione del 7,4%, e in Venezuela, che ha subito un calo del 6,9%. Discussione – Il fardello/contributo del Covid-19 I tassi di DALY standardizzati per età del 2020 e del 2021, che misurano la salute globale, sono peggiorati per la prima volta in 30 anni, il che è un significativo passo indietro rispetto al miglioramento incoraggiante visto dal 2019 al 2019. Le evidenze suggeriscono che la causa di questa inversione sia stata la pandemia di COVID-19, che ha portato a malattie e lesioni che riducono gli anni di vita in buona salute, e le sue relative ine icienze sistemiche; è importante dunque prepararsi per a rontare fu ture pandemie e altre crisi sanitarie globali. Tendenze importanti Nel 2020 il GBD ha misurato un DALY di 1,63 miliardi di casi, crescendo nel 2021 a 2,28 miliardi; la causa principale è l’indicatore YLL (decessi e anni di vita persi): questo dato è stato influenzato significativamente dal Covid-19. L’incidenza di tassi di DALY risulta più elevata sia nei maschi, sia nelle località a basso indice di sviluppo umano (SDI). Oltre agli impatti in termini di aumento degli anni di vita persi, la pandemia ha lasciato e etti secondari non indi erenti come lo ng covid, disturbi depressivi e d’ansia, che hanno colpito maggiormente le popolazioni vulnerabili, e hanno messo a dura prova località con sistemi sanitari tesi e sottodimensionati, che non sono stati in grado di gestire gli e etti della pandemia. Oltre al Covid-19, nel 2021 tra le prime 25 cause di DALY a livello globale troviamo 6 malattie trasmissibili: 1. Disturbi neonatali -> sono rimasti la terza causa principale di DALY nel 2021, anche se in diminuzione dal 2010 al 2021 del 17,1%, e tra le prime tre cause di DALY in 69 dei 204 paesi e territori. 2. Infezioni respiratorie inferiori 3. Malattie diarroiche -> I tassi DALY standardizzati per età sono diminuiti del 47% tra il 2010 e il 2021. 4. Malaria 5. Tubercolosi 6. HIV/AIDS -> nei tassi DALY rileviamo una diminuzione del 47,8% dal 2010 al 2021, una forte diminuzione del carico globale, questo è dovuto a 2 fattori:  Aumento della copertura terapeutica  Aumento della prevenzione Rimane comunque tra le prime dieci cause di DALY in 39 paesi e territori, principalmente nel continente africano. Tra il 2010 e il 2021, i DALY delle malattie non trasmissibili sono aumentati del 17,6% a causa dell'invecchiamento e della crescita della popolazione globale. Tra queste, le malattie cardiovascolari (malattie ischemiche del cuore e ictus), che erano ai primi posti in moltissimi paesi, hanno registrato netti cali dei tassi DALY standardizzati per età dal 2010 al 2021, anche se in maniera disomogenea in base allo sviluppo SDI:  Ictus: -9,6% località a basso SDI e -24,9% località a medio-alto SDI  Ischemiche del cuore: -1,4% località a basso SDI e -26% località a medio-alto SDI. L'aumento del carico globale da diabete tra il 2010 e il 2021, insieme ai fattori di rischio consolidati per le malattie cardiovascolari (ad es., ipertensione, colesterolo alto, elevato indice di massa corporea, disfunzione renale, inquinamento dell'aria ambientale e domestica, inattività fisica e uso di tabacco) sono noti contributori all'arresto dei progressi nella riduzione del carico delle malattie cardiovascolari. Va quindi ricordato che le disparità geografiche tra paesi ad alto reddito e paesi a bass o reddito influiscono notevolmente nell’accesso alla cura e alla qualità dell’assistenza chirurgica cardiaca, ciò crea polarizzazioni nei tassi DALY a livello mondiale e una distribuzione non omogenea. Abbiamo stimato che il 31,3% dei DALY globali nel 2021 erano dovuti a YLD. I principali contributori degli YLD globali erano le malattie non trasmissibili: 3 principalmente:  dolore lombare  disturbi depressivi  disturbi da cefalea. Per quanto riguarda il trattamento dei disturbi depressivi, che il GBD ha portato all’attenzione stimando in 332 milioni di casi di disturbi nel 2021, è necessario intensificare gli sforzi per sviluppare programmi specifici di intervento di psicologi, farmacologi e assistenti, anche per minimizzare le conseguenze negative dei disturbi mentali a seguito di eventi traumatici, come la pandemia Covid -19, i disastri naturali e conflitti militari. Tra le 25 principali cause di YLD, abbiamo osservato il maggiore aumento dei tassi di YLD standardizzati per età ̀ a livello globale per il diabete tra il 2010 e il 2021. Il GBD 2021 stima che 525 milioni di persone avessero il diabete nel 2021; tuttavia, senza un intervento globale, un’analisi di previsione dimostra che più di 1,31 miliardi di persone nel mondo avranno il diabete entro il 2050. In questo senso risulta necessaria una risposta coordinata nel contrasto alle cause sottostanti dell’obesità, fattore scatenante del diabete di tipo 2. In ultimo, guardando al livello globale di HALE alla nascita, questo è salito da 61,3 anni del 2010 a 62,2 anni nel 2021; aumento trainato dalle popolazioni che vivono in località a basso sviluppo/basso indice socio-demografico (SDI). Limitazioni, direzioni future e conclusioni Il testo discute l'evoluzione delle stime del Global Burden of Disease (GBD) e le sfide associate alla raccolta e all'analisi dei dati sulla salute globale. Le stime GBD si aggiornano costantemente grazie all'inclusione di nuovi dati e al miglioramento dei metodi di analisi, ma rimangono influenzate da variabili come l'instabilità dei dataset e le limitazioni nella disponibilità di dati epidemiologici. In particolare, la mancanza di dati primari di qualità crea incertezze e ostacola la completezza delle stime, specialmente in relazione a popolazioni o malattie meno documentate. Un'importante area di miglioramento riguarda le stime degli YLD (Years Lived with Disability), che sono limitate dalla scarsità di dati e dalla di icoltà di rappresentare la variazione nell'accesso ai trattamenti. Anche la stima degli YLL (Years of Life Lost) presenta sfide, soprattutto a causa della necessità di correttivi per comorbidità e della di icoltà di raccogliere dati accurati su malattie emergenti come il COVID -19. La modellizzazione degli e etti della pandemia ha evidenziato di icoltà legate alla variabilità e alla qualità dei dati. È stato di icile standardizzare le informazioni sugli esiti del COVID -19 e misurare correttamente il long COVID, a causa della mancanza di dati da contesti a basso e medio reddito. Per il futuro, il GBD mira a migliorare la raccolta e l'analisi dei dati, sviluppando strumenti che possano misurare meglio l'impatto della pandemia, a rontando le limitazioni attuali. È fondamentale analizzare le tendenze emergenti nella salute pubblica e garantire che i progressi per malattie non trasmissibili continuino, nonostante l'impatto della pandemia. L'attenzione è rivolta a malattie prevalenti come le malattie cardiovascolari e i disturbi mentali, che richiedono interventi urgenti. In conclusione, i dati del GBD 2021 evidenziano un aumento del carico globale di malattia per la prima volta in tre decenni, questa inversione di tendenza è stata dovuta a tre fattori principali:  gli impatti diretti sulla salute del COVID-19;  le conseguenze indirette sulla salute del COVID-19 e della pandemia, come l'e etto sui disturbi mentali;  le conseguenze dei sistemi di servizi sanitari sovraccarichi e delle risposte politiche non coordinate alla pandemia di COVID-19 I risultati sottolineano la necessità di una risposta coordinata e multidisciplinare per a rontare le disuguaglianze e garantire risultati di salute migliori per una popolazione in crescita e in invecchiamento. GRUPPO 4 Hashem KM et altri – Outcomes of Sugar reduction policies, UK of GB and North Ireland 1) Determinanti sociali ed economiche della salute I determinanti sociali ed economici della salute sono le condizioni in cui le persone nascono, crescono, vivono, lavorano e invecchiano, che influenzano la loro salute e benessere. La salute, infatti, non dipende solo da fattori biologici e genetici, ma anche da fattori sociali ed economici che hanno un impatto significativo. I principali sono: 1.1 determinanti sociali della salute Livello di istruzione: un'istruzione superiore è spesso associata a una migliore salute, poiché le persone più istruite tendono ad avere maggiore accesso a informazioni sanitarie, migliori abitudini di vita e minori rischi di malattie. inoltre, un alto livello di istruzione spesso o re migliori opportunità lavorative e, di conseguenza, condizioni economiche più stabili. Condizione di lavoro: le condizioni lavorative sicure, il salario adeguato e la stabilità economica sono fondamentali per la salute. la qualità dell’ambiente lavorativo influisce sulla salute. Ad esempio, lavori fisicamente gravosi o insicuri aumentano il rischio di malattie e infortuni. Anche lo stress dovuto a un impiego instabile o precario può incidere sulla salute mentale. Accesso a servizi sanitari e sociali: la disponibilità di strutture sanitarie e la facilità di accesso ad esse influiscono profondamente sulla salute delle persone. Le barriere economiche, culturali e geografiche all'accesso alle cure rappresentano un ostacolo per le comunità più vulnerabili. Le persone che vivono in zone rurali o economicamente svantaggiate spesso trovano più di icoltà ad accedere a cure mediche e icaci, con un impatto negativo sulla loro salute generale. 1.2 determinanti economici della salute Reddito e Condizioni Economiche: il reddito influisce sulla qualità di vita, permettendo alle persone di sostenere le spese per una dieta bilanciata, un'abitazione adeguata e attività che promuovono il benessere. Le famiglie con un reddito più basso tendono ad avere un accesso limitato a q uesti beni, il che può portare a problemi di salute. Disuguaglianze Economiche: disuguaglianze nei redditi spesso si traducono in disparità sanitarie. Le persone in situazioni economiche di icili sono maggiormente esposte a malattie croniche e hanno minori aspettative di vita rispetto a chi vive in condizioni più agiate. Accessibilità delle Cure: i costi delle cure mediche, soprattutto in paesi dove l’assistenza sanitaria non è pubblica, rappresentano un ostacolo per le famiglie a basso reddito, che possono trovarsi costrette a rinunciare a trattamenti essenziali. 1.3 interazione tra Fattori Sociali ed Economici Povertà e Salute: esiste un circolo vizioso tra povertà e malattia. La povertà può portare a condizioni di salute peggiori, poiché chi ha meno risorse ha di icoltà a sostenere spese sanitarie, ma allo stesso tempo la cattiva salute può impedire a una persona di lavorare o migliorare la propria situazione economica. Politiche di Supporto: in molti paesi, programmi di welfare, come sussidi sanitari e assegni di sostegno al reddito, mirano a ridurre queste disuguaglianze. In Italia, ad esempio, la sanità pubblica o re a tutti i cittadini assistenza sanitaria, anche se permangono di erenze nell'accesso tra le varie regioni. 1.4 Conclusione I determinanti sociali ed economici della salute dimostrano come fattori esterni alla sanità influiscano sulla salute delle persone. Riconoscere e intervenire su questi determinanti è fondamentale per migliorare la salute pubblica e garantire un accesso equo ai servizi sanitari, contribuendo così a ridurre le disuguaglianze. 2. Obiettivi di sviluppo sostenibili (SDGs) e obiettivo n°3 Gli SDGs sono un insieme di obiettivi lanciati dalle Nazioni Unite nel 2015 con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. L'obiettivo generale degli SDGs è promuovere uno sviluppo che possa rispondere ai bisogni presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni, unendo crescita economica, inclusione sociale e tutela ambientale. Gli SDGs ampliano il raggio d'azione rispetto agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (MDGs 2000-2015), considerando un insieme di 17 obiettivi integrati, mirati ad a rontare questioni ambientali, sociali, ed economiche a livello globale. 2.1 Principi I principi chiave che troviamo alla base di questi obiettivi: L’universalità: gli SDGs si applicano a tutti i Paesi riconoscendo che le sfide globali richiedono una collaborazione universale e obiettivi comuni. L’Integrazione: perché i 17 obiettivi sono interdipendenti → il progresso di un’influenza gli altri. Ad esempio, la riduzione della povertà (SDG 1) è strettamente collegata all'accesso a un'istruzione di qualità (SDG 4) e alla salute (SDG 3). Inclusività: perché la partecipazione è necessaria per una crescita uniforme 2.2 Ambiti di intervento Gli SDGs si concentrano su tre pilastri principali: Crescita economica sostenibile, Inclusione sociale e Tutela ambientale → declinati più specificatamente in 17 obiettivi 2.3 Implementazione e monitoraggio Ogni Paese è responsabile dell'implementazione degli SDGs attraverso politiche nazionali, dove il progresso viene monitorato tramite indicatori specifici per ciascun obiettivo (231), che permettono di analizzare l’e icacia delle azioni intraprese e identificare aree critiche in cui è necessario intensificare gli sforzi. In questo senso è fondamentale la partecipazione attiva di tutti, non solo dei governi, ma anche di aziende e cittadini. 2.4 Sfide e progressi Nonostante alcuni successi, il raggiungimento degli SDGs entro il 2030 è a rischio, complicato da sfide come il cambiamento climatico, le crisi sanitarie (es. COVID-19), e le disuguaglianze crescenti. Tuttavia, l'Agenda 2030 rimane un punto di riferimento per ispirare azioni concrete e per incoraggiare i Paesi a collaborare verso un futuro comune più sostenibile. L'Obiettivo 3 degli SDGs, chiamato Salute e Benessere, considera la salute un elemento fondamentale per lo sviluppo sostenibile perché influenza il benessere sociale, la crescita economica e la stabilità ambientale. Per questo motivo, questo obiettivo, include diversi target che a rontano questioni di salute pubblica, tra cui: 1. Riduzione della mortalità materna e infantile 2. Eliminazione di malattie trasmissibili 3. Gestione delle malattie non trasmissibili 4. Prevenzione e trattamento delle dipendenze 5. Sicurezza stradale 6. Accesso universale ai servizi di salute sessuale e riproduttiva 7. Promozione dell’accesso universale e gratuito ai servizi sanitari (assicurando che tutti, indipendentemente dalla situazione economica, abbiano accesso a cure essenziali, vaccini e medicine) 2.5 Importanza dell'Obiettivo 3 L’Obiettivo 3 è cruciale perché la salute è un prerequisito per una società prospera e produttiva. Una popolazione in buona salute contribuisce alla crescita economica, mentre la malattia e la disabilità comportano enormi costi sociali e finanziari. Le sfide legate a questo obiettivo sono: Disuguaglianze di accesso Malattie infettive Cambiamento climatico Pandemie globali Ma… Come contribuire al raggiungimento di questo obiettivo e dei target prefissati? Attraverso… 3.3 Nuove linee guida per il consumo dello zucchero Riguardo a ciò e all’articolo in questione, L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato le nuove linee guida per il consumo dello zucchero in adulti e bambini. Nel documento l'Oms raccomanda un apporto limitato di zuccheri semplici per tutta la durata della vita. Come secondo punto, l'organizzazione raccomanda ad adulti e bambini di ridurre l'apporto di zucchero libero a meno del 10% dell'apporto energetico totale. Infine, l'Oms invita anche a una riduzione dell'apporto di zucchero a meno del 5% dell'apporto calorico giornaliero. Tuttavia, poiché in questo caso il bilancio tra gli e etti positivi e gli eventuali svantaggi è meno chiaro che per le raccomandazioni precedenti, l'implementazione deve essere valutata caso per caso. Per zuccheri semplici si intendono mono e disaccaridi, come glucosio, fruttosio e saccarosio, aggiunti ad alimenti e bevande sia nella produzione industriale, sia dalla ristorazione o anche a casa. Tra gli zuccheri l'Oms comprende anche quelli del miele e dei succhi di frutta. L'obiettivo delle linee guida sullo zucchero è prevenire l'aumento di peso indesiderato e le carie dentali. A questi due problemi hanno contribuito in passato gli zuccheri “nascosti” in molti alimenti industriali, che non hanno vantaggi nutrizionali. Gli zuccheri aggiunti infatti peggiorano la qualità dell'alimentazione perché aumentano l'apporto calorico, ma non quello dei nutrienti. Per esempio, una lattina di una comune bibita contiene circa 40 grammi di zucchero, circa 10 cucchiaini, o 150 kcal, ma non contiene vitamine o sali minerali. Le linee guida dell'Oms sono state precedute da una fase di consultazione pubblica, sullo scopo delle linee guida, sulle principali domande a cui rispondere e sui risultati delle review da prendere in considerazione. La verifica della letteratura esistente e delle sue lacune ha permesso all'Oms di emanare queste linee guida, sulla base di una qualità dell'evidenza bassa o moderata. In Europa, in paesi come l’Ungheria e la Norvegia la popolazione assume una quantità di zucchero pari in media circa al 7-8% del consumo di energia totale, mentre in Spagna ed Inghilterra si sale al 16-17%, dunque al di sopra dei livelli raccomandati dall’Oms, fino ad arrivare quasi al 25% nel caso della popolazione infantile in Portogallo. In base alle evidenze scientifiche attuali, gli adulti che consumano zucchero sotto i limiti raccomandati dall’Oms hanno un peso corporeo più basso, mentre ad un consumo al di sopra di tali limiti è associato un aumento del peso. E lo stesso vale per le carie dentali. Finora, pochi studi epidemiologici sono stati condotti su una popolazione che assume una ridotta quantità di zuccheri: solo tre vasti studi nazionali basati sulla popolazione, spiega l’Oms, hanno comparato la presenza di carie in persone che consumano zuccheri in quantità inferiore al 5% dell’energia totale rispetto a chi ne assume tra il 5 e il 10%. Questi tre studi (condotti durante la Seconda Guerra Mondiale, nel periodo in cui la disponibilità di zucchero è diminuita bruscamente, passando da 15 Kg a persona prima dell’inizio della Guerra a 0,2 Kg nel 1946) hanno dimostrato una riduzione delle carie dentali nel caso di un consumo di zucchero inferiore al 5% della quantità di energia totale. La raccomandazione odierna fu e ettuata dall’Oms per la prima volta nel 1989 (Oms Study Group) e poi elaborata dal gruppo Oms/Fao Expert Consultation: oggi, dunque, l’Oms aggiorna le Linee Guida, indicando, laddove possibile, una riduzione dell’assunzione di zucchero a meno del 5% dell’energia totale giornaliera. Queste linee guida sono parte dell’impegno dell’Oms all’interno del Global Action Plan for NCDs 2013-2020 per aumentare l’attenzione sul diabete e sull’obesità e ridurre del 25% il carico di nascite premature dovute alle malattie non trasmissibili entro il 2025. Inoltre, queste linee guida contribuiscono alla WHO’s Commission on Ending Childhood Obesity, per aumentare la consapevolezza e le azioni volte a contrastare il problema dell’obesità infant ile. 4. Articolo: “Outcomes of sugar reduction policies, United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland” 4.1 Introduzione Le diete povere sono la principale causa di morte e malattia a livello globale, causando alti livelli di obesità e malattie non trasmissibili. Un ruolo importante è svolto dagli alimenti e bevande ultra elaborati, ad alta densità energetica e poveri di sostanze nutritive ma ricchi di grassi, zuccheri e sale. Un consumo eccessivo di zucchero, che aumenta il rischio di aumento di peso, è associato a un aumento del rischio di diabete di tipo 2, di alcune malattie non trasmissibili e di 13 tipi di cancro, oltre che alla formazione della carie dentale. Uno dei principali fattori che contribuiscono all’eccessiva assunzione di zucchero è il sistema alimentare malsano che esiste in molti paesi, dominato da multinazionali che producono e commercializzano alimenti e bevande altamente trasformate e con una grande quantità di zuccheri al loro interno. A causa dell’e etto negativo di un’elevata assunzione di zucchero sulla salute, nel 2015 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emesso una forte raccomandazione per ridurre l’assunzione di zucchero al 5% dell’assunzione di energia in modo tale da ottenere benefici ottimali per la salute (la media nel Regno Unito era del 12%). Tale azione poteva prevenire 3500 morti e 173.000 casi di carie dentale all’anno, risparmiando al Ssn 396 milioni di sterline ogni anno. Questa riduzione poteva essere e ettuata utilizzando l’etichettatura degli alimenti, educando i consumatori, limitando la commercializzazione di alimenti e bevande analcoliche e tramite politiche fiscali e strategie di riformulazione. È stato infatti dimostrato che le tasse sulle bevande zuccherate sono associate a prezzi più elevati e spesso a vendite più basse, ciò ha contribuito a ridurre il consumo di zucchero. L’OMS ha identificato il Regno Unito come leader nella politica di riduzione dello zucchero, nell’ultimo decennio ha infatti sviluppato e attuato diverse politiche volte a ridurre l’assunzione di zucchero nella popolazione. Tra queste esamineremo la tassa sull’industria delle bevande analcoliche e il programma di riduzione dello zucchero. 4.2 Tassa sull’industria delle bevande analcoliche Per ridurre l'elevato consumo di bevande analcoliche, nel Regno Unito nel 2015 è stata proposta da Public Health England e successivamente introdotta nel 2018 una tassa verso i produttori, confezionatori e importatori di bevande analcoliche che ha quindi portato all’aumento minimo del prezzo del 10-20% sui prodotti ad alto contenuto di zucchero, comprese le bevande. Il prelievo varia a seconda del contenuto zuccherino della bevanda: nessun prelievo per le bevande con meno di 5 g di zucchero/100 ml; £ 0,18/L per bevande con 5-8 g di zucchero/100 ml; £ 0,24/L per bevande con più di 8 g di zucchero/100 ml. Questa tassa mirava a incentivare direttamente la riformulazione dei prodotti. Inoltre, il governo ha promesso di destinare i fondi generati dalla tassa al miglioramento della salute dei bambini. la separazione dei fondi raccolti in questo modo ha contribuito a far sì che la tassa proposta diventasse una politica accettata, nonostante l’opposizione dell'industria alimentare. La struttura a più livelli del prelievo ha fatto sì che molte aziende fossero incentivate a riformulare. Si è registrata una riduzione del 34,3% delle vendite totali di zucchero da bevande analcoliche. Il contenuto medio di zucchero si è ridotto da 3,8 a 2,1 g/100 dal 2015 al 2020. Si stima che la tassa potrebbe aver prevenuto oltre 5000 casi di obesità nelle ragazze di età compresa tra 10 e 11 anni e potrebbe aver ridotto il numero di adolescenti che necessitano di estrazioni dentali ospedaliere del 12,1%. Tuttavia, nonostante le forti riduzioni del contenuto di zucchero, il volume delle vendite di bevande analcoliche è aumentato del 21,3% dal 2015 al 2020, trainato da un forte spostamento verso prodotti a basso contenuto di zucchero. 4.3 Programma di riduzione dello zucchero Public Health England, sempre nel 2015, ha raccomandato al governo di introdurre un programma ampio, strutturato e monitorato in modo trasparente di riduzione graduale dello zucchero nei prodotti alimentari e nelle bevande di tutti i giorni, combinato con riduzioni delle porzioni. Questo programma è stato poi sviluppato nei dettagli nel 2016-2017. Il programma era rivolto a produttori e rivenditori con una quota di mercato significativa nelle prime 10 categorie alimentari che contribuiscono all’assunzione di zucchero e l’obiettivo era la riduzione del 20% dello zucchero tra il 2015 e il 2020 (5% nel primo anno). Le aziende potevano raggiungere questo obiettivo attraverso tre meccanismi: riformulazione; riduzione delle dimensioni delle porzioni; spostamento delle vendite verso alternative più sane. Per favorire il progresso, è stato pubblicato anche il contenuto medio di zucchero ponderato per le vendite di base per categoria di prodotto e il corrispondente contenuto di zucchero che rappresenterebbe il 20%. Il raggiungimento dell’obiettivo, secondo le stime, avrebbe portato alla diminuzione del consumo medio di zucchero di 1000-3600 g per persona all’anno, con una conseguente riduzione dell’apporto calorico in grado di arrestare l’aumento di peso della popolazione. Inoltre, il miglioramento dello stato di salute e quindi l’aumento della forza lavoro avrebbero portato a far crescere la produzione economica del Regno Unito di 2,2-5,7 miliardi di sterline e far risparmiare al servizio sanitario nazionale 1,6-4,1 miliardi di sterline. Public Health England è stata incaricata di gestire il programma, utilizzando rapporti annuali per monitorare i progressi del settore e nel dicembre 2022 ha pubblicato il rapporto finale. Il programma ha ottenuto una riduzione del 3,5% dei livelli medi di zucchero nei prodotti ponderati per le vendite. Riduzioni incoraggianti sono state osservate nelle categorie dei cereali per la colazione (14,9%) e degli yogurt e formaggi freschi (13,5%). I fast-food e le catene di ristoranti hanno ottenuto solo una riduzione dello 0,2% del contenuto medio di zucchero. Tuttavia, nonostante le riduzioni osservate, si è registrato un aumento del 7,1% delle vendite totali di zucchero da prodotti alimentari. Il programma è stato criticato per essere semplicistico nella sua concezione, con un obiettivo generale di riduzione del 20% dello zucchero in tutte le categorie, poteva essere ra orzato suddividendo le categorie di prodotti con obiettivi più specifici. Inoltre, poiché il programma era volontario, le aziende meno responsabili hanno scelto di apportare modifiche minime o nulle. Possiamo dunque concludere a ermando che sia la tassa sull’industria delle bevande analcoliche che il programma di riduzione dello zucchero sono esempi di misure a monte che raggiungono l’intera popolazione, senza la necessità di azioni individuali, dimostrando che hanno un migliore impatto sulla salute rispetto alle misure che tentano di modificare il comportamento dei consumatori. Inoltre, l’esperienza del Regno Unito nella politica di riduzione dello zucchero ha dimostrato un successo misto con alcune chiare riduzioni del contenuto di zucchero, ma l’impatto degli interventi potrebbe essere stato moderato da un aumento delle vendite. Dunque, poiché queste politiche sono attuate in un contesto di mercato e di economia in continua evoluzione, gli interventi devono essere su icientemente flessibili da essere in grado di adattarsi al modo in cui le aziende mitigano l’impatto di queste politiche sui loro prodotti. 5. Uno sguardo internazionale Le iniziative inglesi, come il Soft Drinks Industry Levy (SDIL), hanno mostrato risultati positivi e ispirato una serie di misure simili in altri paesi europei. Tuttavia, ogni paese ha a rontato il problema in modo diverso, ad esempio mentre l’Italia ha adottato una “sugar tax” sulle bevande zuccherate, la Germania ha optato per il sistema di etichettatura Nutri-Score per favorire una scelta più consapevole dei consumatori. L’analisi delle loro caratteristiche e dei loro e etti permette di comprendere l’impatto di tali politiche sul settore alimentare e sulle abitudini di consumo, evidenziando le opportunità e le criticità di ciascuna iniziativa. 5.1 Italia: La Sugar Tax La Sugar Tax italiana è una misura introdotta per ridurre il consumo di zuccheri attraverso un’imposizione fiscale sulle bevande analcoliche zuccherate. Proposta per la prima volta nella legge di bilancio 2020, ai commi 661-676, l’attuazione e ettiva di tale tassa è stata più volte posticipata per via delle opposizioni da parte delle industrie e di considerazioni di natura economica e sociale. La tassa è impostata come un’imposizione diretta che grava sul produttore, con l’obiettivo di aumentare i prezzi delle bevande zuccherate e, di conseguenza, scoraggiarne il consumo tra i consumatori. La Sugar Tax è un’imposta correttiva, simile ad altre esistenti in Europa, come la “Soft Drinks Industry Levy” in UK, che si applica nella misura di: 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti; 0,25 euro per kg nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione. Vantaggi e Obiettivi della Sugar Tax: l’obiettivo primario della Sugar Tax italiana è quello di ridurre l’incidenza delle patologie legate all’eccessivo consumo di zuccheri, come obesità, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e alcune forme di tumore. Studi a livello internazionale hanno dimostrato che l’aumento del prezzo di prodotti zuccherati può e ettivamente ridurre la domanda di tali bevande, portando a un miglioramento della salute pubblica. Un ulteriore beneficio consiste nelle entrate fiscali generate dalla tassa, che possono essere destinate a finanziare progetti di prevenzione sanitaria e promozione di stili di vita sani. Dal punto di vista delle imprese, la Sugar Tax rappresenta un incentivo a riformulare i prodotti riducendo il contenuto di zucchero per evitare il prelievo fis cale. Alcune aziende hanno già iniziato a ridurre il contenuto di zucchero nelle loro bevande per rendere i prodotti più competitivi, non gravati dalla tassa. Questa strategia non solo ha un impatto diretto sulla composizione dei prodotti, ma favorisce anche l’innovazione nell’industria alimentare e delle bevande, stimolando la ricerca e lo sviluppo d

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