Patologia 3-26-35 PDF
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Università Vita-Salute San Raffaele
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This document provides an introduction to the immune system, focusing on innate immunity and hematopoiesis. It details the components of the immune system, such as organs, cells, and molecules. The document also briefly discusses the different types of cells within the immune system and the different blood cell types.
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trombi (per esempio incidenti stradali), e tra questi traumi consideriamo anche interventi chirurgici molto invasivi. Il cancro in generale è un fattore pro-trombotico, poi ci sono complicanze ostetriche che possono causare trombi (come la placenta previa o abruptio placentae), e infine morso di ser...
trombi (per esempio incidenti stradali), e tra questi traumi consideriamo anche interventi chirurgici molto invasivi. Il cancro in generale è un fattore pro-trombotico, poi ci sono complicanze ostetriche che possono causare trombi (come la placenta previa o abruptio placentae), e infine morso di serpenti. La terapia della DIC è una terapia trasfusionale ma questa dà comunque problemi, per esempio eccessive trasfusioni causano edemi polmonari. IMMUNITÀ INNATA INTRODUZIONE ALL’IMMUNOLOGIA L’immunità è il concetto per cui noi siamo resistenti da determinate infezioni o malattie. Noi diventiamo immuni a determinati patogeni perché il nostro sistema immunitario è riuscito a instaurare una memoria per cui quando veniamo reinfettati siamo immuni. La prima volta questa parola venne introdotta da Tucidide, che diceva che chi veniva infettato dal patogeno della peste o moriva oppure si salvava e nel caso in cui si fosse salvato questa persona era immune da una seconda infezione dalla peste. Questo perché le persone che avevano incontrato il patogeno avevano sviluppato una risposta immunitaria contro il patogeno che li proteggeva per tutta la vita. Il sistema immunitario è costituito da: - Organi linfoidi e non - Tante cellule del sistema immunitario (classificate per funzione o per precursori del midollo, quindi classicamente venivano classificate in mieloidi e linfoidi) - Molecole solubili come citochine, chemochine, complemento. Le cellule del sistema immunitario sono i leucociti (a ogni 5 milioni di eritrociti corrispondono circa 7 mila leucociti): abbiamo neutrofili (60-70%), poi linfociti (20-30%) e altre meno presenti come eosinofili, basofili, monociti. Le cellule del sistema immunitario si trovano in varie sedi del nostro corpo e usano il sangue per raggiungere vari distretti. Esistono organi linfoidi che coordinano la risposta immunitaria (milza e linfonodi) e organi a contatto con l’ambiente esterno in cui abbiamo infiltrati di tessuto linfoide (mucose, polmoni, intestino ecc). Nelle mucose troviamo soprattutto cellule del sistema immunitario innato, invece negli organi linfoidi secondari (milza e linfonodi) troviamo linfociti, quindi immunità adattativa. Nel 2023 è uscito un articolo che mappa e quantifica la presenza di cellule del sistema immunitario; in un uomo di 70 kg ci sono circa 2x1012 cellule del sistema immunitario, molte di queste sono presenti negli organi linfoidi secondari (quindi linfonodi e milza) e qui la maggiorparte di cellule sono linfociti T e B, nel midollo abbiamo principalmente neutrofili, nel sangue (in cui abbiamo soprattutto neutrofili e poi linfociti), nella pelle (sia linfociti, sia cellule dell’immunità innata), nel tratto GI ecc. Gli organi linfoidi si dividono in organi linfoidi primari e secondari: - Organi linfoidi primari: è dove vengono generate e maturano le cellule del sistema immunitario, e sono midollo osseo e timo - Organi linfoidi secondari: milza (riceve antigeni portati dal sangue) e linfonodi (ricevono antigeni portati dalla linfa) - MALT (mucose associated lymphoid tissue): sono per esempio il GALT (Gut), BALT, NALT e sono aggregati di tessuto linfoide nelle varie mucose EMATOPOIESI Il midollo osseo è il sito dell’ematopoiesi, ha una struttura spongiforme fatta da cellule stromali e cellule del sistema immunitario a vari livelli di differenziamento. Le cellule stromali generano i fattori di crescita (creando nicchie staminali per il differenziamento). Si parte da una cellula staminale (Hematopoietic stem cell, HSC) che può generare altri precursori multipotenti, ma questa cellula staminale può autorinnovarsi (si divide in maniera asimmetrica) e differenziare. I marcatori di queste cellule staminali sono CD34+, c-KIT+ e SCA1+, queste cellule vengono mantenute da ligandi prodotti dalle cellule stromali come c-Kit ligand, interleuchina 7 (fattore di crescita per la proliferazione omeostatica dei linfociti T, quando non sono ancora attivati), GM-CSF, Flt3-ligand. Le loro cellule figlie sono precursori di diversi tipi di cellule, a partire da precursori multipotenti fino ad arrivare ad una separazione dei lignaggi, alcune diventano CLP (common lymphoid progenitor) e CMP (common myeloid progenitor). - Il CLP dà origine a linfociti T, linfociti B e cellule NK. Inizialmente si dividevano le cellule mieloidi e linfoidi e si pensava che le mieloidi facessero parte dell’immunità innata e quelle linfoidi dell’immunità adattativa, ma si è scoperto che alcune cellule linfoidi fanno parte dell’immunità innata (come le NK). I linfociti B maturano nel midollo osseo, i linfociti T raggiungono il timo e maturano nel timo. - Il CMP dà origine a cellule mieloidi (principalmente coinvolte nell’immunità innata ma anche nell’attivazione dell’immunità adattativa). Alcuni precursori danno origine ai granulociti (neutrofili, basofili, mastociti ed eosinofili) oppure agranulociti (monociti). I mastociti sono cellule residenti nei tessuti e coinvolti soprattutto nelle risposte di tipo 2 (quelle allergiche, rilasciando istamina), basofili e eosinofili sono coinvolti sia nell’infiammazione, sia nelle risposte allergiche ma sono circolanti nel sangue a basse concentrazioni, i neutrofili sono coinvolti nell’infiammazione e sono il 60% dei leucociti nel sangue, i monociti sono circolanti ma quando vanno nel tessuto differenziano in macrofagi che sono dei fagociti molto importanti nei tessuti (prima linea di difesa). Le cellule dendritiche esistono di vari tipi, la maggiorparte provengono dal precursore mieloide (una può provenire dal precursore linfoide); le cellule dendritiche sono le cellule presentanti l’antigene più efficienti, quindi servono per l’attivazione dei linfociti T. I macrofagi provengono dai monociti, ma molti sono stati generati da precursori ematopoietici durante la sviluppo embrionale, provengono dal sacco vitellino o dal fegato fetale, hanno raggiunto durante lo sviluppo i vari tessuti e si sono differenziati lì. Cellule della microglia (SNC), cellule di Kupffer (è stato visto che in condizioni in cui le cellule di Kupffer originali siano state danneggiate, queste possono essere rigenerate a partire dai monociti), macrofagi alveolari, macrofagi sinusoidali (milza) sono tutti macrofagi specifici nei vari tessuti. Gli osteoclasti sono altri macrofagi dell’osso, quindi sono coinvolti nel degradare la matrice ossea. CONFRONTO TRA RISPOSTA IMMUNITARIA INNATA E ADATTATIVA La risposta immunitaria innata è la prima linea di difesa, è già presente a livello delle mucose; invece, quella adattativa si genera più tardi ma agisce in maniera più specifica. Ci sono tre caratteristiche fondamentali: 1. VELOCITÀ Quella innata è più veloce (già nelle prime ore dall’arrivo del patogeno), quella adattativa è più lenta (comincia a svilupparsi solo dopo 24-48 ore). Quella adattativa è nata dai pesci nell’evoluzione, probabilmente c’è stata una mutazione che ha generato i recettori dell’antigene (sui linfociti) e questa è risultata favorevole ed è stata mantenuta. Gli organismi meno evoluti dei vertebrati mascellati hanno solo l’immunità innata, che comunque è molto efficace, ci sono tantissime molecole (come citochine, interferoni e molecole del complemento) e cellule (come fagociti e cellule NK che uccidono le cellule infettate). La prima linea di difesa è non indotta (anche se non c’è il patogeno noi ce l’abbiamo) ed è fatta dalle nostre barriere come cute, mucose (hanno pH sfavorevoli alla replicazione del patogeno, ci sono proteasi ecc), saliva. A livello di mucose o cute ci sono organizzazioni diverse, nella cute abbiamo lo strato epidermico spesso e dentro ci sono cellule dendritiche o linfociti di tipo innato che rilevano i primi patogeni che arrivano dalla cute e sotto c’è il derma che contiene vasi sanguigni e linfatici che servono per portare materiale non desiderato a livello della milza e linfonodi, ci sono anche mastociti, macrofagi, linfociti T, tutte cellule che possono agire subito. A livello intestinale c’è un solo strato epiteliale organizzato in villi e sotto c’è la lamina propria con aggregati linfoidi. Ci sono quindi cellule dell’immunità innata pronte ad agire. La fase 2 è indotta quindi è attivata solo se c’è un patogeno, e qui intervengono vari tipi di meccanismi effettori, ossia attivazione del complemento (ci sarà lezione dedicata), fagocitosi (mediata da macrofagi, neutrofili e anche cellule dendritiche), lisi delle cellule target (mediata dalle cellule NK, ci sarà lezione dedicata) e infiammazione. - Infiammazione (vedere lezione su infiammazione acuta): può essere locale o sistemica, sterile (trauma del tessuto, DAMPs) o non sterile (con patogeno, PAMPs). Localmente si verificano dolor, tumor, calor, rubor e functio lesa. Vengono prodotte citochine (TNF, IL1 e IL6); vengono reclutate a livello locale soprattutto macrofagi. Se lo stimolo è forte abbiamo effetti sistemici in cui sono coinvolti il SNC (febbre), il fegato (acute phase response, e anche PGE2) e il midollo osseo (produzione di leucociti). - Fagocitosi: un patogeno si lega a recettori presenti sulle cellule fagocitiche (macrofagi e neutrofili), c’è internalizzazione del patogeno grazie alla formazione del fagosoma, che si fonde con il lisosoma e nel fagolisosoma abbiamo la distruzione del patogeno. Importanti enzimi per la fagocitosi sono l’iNOS (che produce NO) e il complesso della NAPH ossidasi (produce ROS). Quali sono gli stimoli che attivano un fagocita (come un macrofago)? Il patogeno deve legarsi ai recettori per la fagocitosi, che possono essere recettori per i mannosi, o recettori per il complemento quando il patogeno è opsonizzato dal complemento. Ci sono poi recettori per le citochine (recettore per interferone γ): quando i macrofagi legano il recettore γ attivano la NAPH ossidasi e quindi producono ROS per distruggere il patogeno. Altri recettori sono i PRR (pattern recognition receptor), recettori che riconoscono il patogeno e attivano la produzione di citochine infiammatorie per allertare il resto del sistema immunitario. Chi produce l’interferone γ? Durante la risposta immunitaria innata dei primi giorni, l’interferone γ non può derivare dall’immunità adattativa. L’interferone γ interferisce con la replicazione virale e viene prodotto soprattutto da linfociti T, ma nei primi giorni ci sono le cellule NK che producono interferone γ. Il linfocita T quando si attiva produce interferone γ che attiva i macrofagi in senso classico (M1), altrimenti abbiamo macrofagi M2 (non attivati da interferone γ). Esempio: c’è un batterio che replica dentro i fagolisosomi del macrofago, da qui possono poi uscire e infettare altre cellule. Però mentre replica dentro il macrofago, l’antigene può essere presentato sull’MHC del macrofago, quindi viene riconosciuto dal sistema immunitario e i linfociti T si attivano e producono interferone γ, che attiva i macrofagi che producono così più NO o ROS e uccidono il batterio. Se c’è una deficienza nella produzione di interferone γ oppure nell’iNOS o NADPH ossidasi non viene ucciso il batterio. Se invece c’è un’eccessiva attivazione del sistema immunitario abbiamo la formazione di granulomi (per limitare l’infezione ad una determinata area). 2. SPECIFICITÀ L’immunità adattativa è molto più specifica e quindi più efficace, ma perché? Questo dipende dai recettore presenti sui vari tipi di cellule. Le cellule dell’immunità innata hanno recettori diversi rispetto a quelle dell’immunità adattativa. Per esempio, se abbiamo 3 batteri (per esempio 3 batteri gram negativi), che hanno gli stessi PAMPs, l’immunità innata li riconosce come non self e li riconosce tramite i PRR (pattern recognition receptor), quindi per il sistema immunitario innato questi 3 patogeni sono la tessa cosa; invece, per il sistema adattativo no, perché basta una piccola differenza sulla superficie per distinguerli. I recettori per l’antigene dei linfociti T riconoscono peptidi dai 9 ai 15 aa, i linfociti B riconoscono sempre peptidi piccoli. Quindi il sistema immunitario adattativo vede con alta risoluzione le differenze dei 3 patogeni, e quindi riconosce e risponde in maniera diversa. I recettori dell’immunità innata sono nella linea somatica (costitutivi), invece i recettori dell’immunità adattativa non sono già costitutivamente espressi (perché sarebbero infiniti), quindi durante lo sviluppo di ogni linfocita, viene generato un recettore per l’antigene diverso ed esiste in poche copie di linfociti (vengono generati attraverso fenomeni di riarrangiamento genetico); quando arriva lo stimolo per quel recettore (ossia quello specifico antigene al quale il recettore si lega), il linfocita prolifera (espansione) e quando lo stimolo va via, i linfociti si contraggono (molti muoiono) e rimangono solo quelli della memoria. In questo modo si può avere una risposta specifica. Nell’immunità innata i recettori sono identici in tutte le cellule; quindi, tutti i macrofagi hanno gli stessi recettori (distribuzione non è clonale); invece nell’immunità adattativa la distribuzione è clonale (ogni linfocita ha un recettore diverso). I recettori dell’immunità innata possono distinguere self da non self (riconoscono pattern dei patogeni), quelli dell’immunità adattativa riconoscono self e non self, ma non grazie ai recettori di per sé (i recettori riconoscono qualsiasi antigene, la selezione dei linfociti successiva permette di farlo). PAMPs (pathogen associated molecular patterns): - Acidi nucleici (ssRNA, dsRNA, CpG) - Proteine (pilina, flagellina) - Lipidi della parete cellulare (LPS, acido lipoteicoico) - Carboidrati (mannani, glucani) DAMPs (damage associated molecular patterns): - Stress-induced protein (HSP) - Cristalli - Proteine nucleari PRR (pattern recognition receptors): i primi descritti sono i TLR (toll-like receptor), ne esistono molti, possono trovarsi sulla membrana oppure in organelli, la loro porzione di segnalazione si trova nel citosol dove inducono dei pathway che portano alla produzione di citochine; ci sono poi le lectine (riconoscono i funghi), e infine i recettori citosolici (NOD-like receptor, RIG-like receptor e sensori del DNA). Ci sono infine recettori dell’immunità innata solubili (pentraxine, complemento ecc). 3. MEMORIA L’immunità adattativa può generare memoria, quella innata no. A volte si parla anche di memoria dell’immunità innata. Se una cellula dell’immunità innata riconosce un PAMP, si attiva, produce citochine e se dopo un paio di giorni sente uno stimolo simile proveniente da un altro patogeno, il locus delle citochine è già aperto, è già disponibile per fattori di trascrizione, quindi la produzione di citochine sarà più rapida (questa si chiama trained immunity). La velocità di risposta di una cellula può essere influenzata dall’epigenetica, quindi dalla diponibilità dei loci dei suoi geni ai fattori di trascrizione, non significa che c’è una memoria specifica (infatti si producono citochine anche per altri patogeni). Poi c’è un'altra tipo di memoria dell’immunità innata che assomiglia di più a quella adattativa che è tipica delle cellule NK. La memoria dell’immunità adattativa consiste nel fatto che dopo l’espansione clonale di un linfocita abbiamo la contrazione e rimangono pochi cloni che mantengono questa memoria (si riattivano più velocemente). Un vaccino è quindi un composto che viene inoculato per poter conferire immunità senza malattia; quindi, rendo disponibile l’antigene ma in forma non patogenica, così il sistema immunitario si attiva e si ricorderà di questo antigene e quando arriva il vero patogeno la persona è protetta. Ogni vaccino è fatto dall’antigene e dall’adiuvante: l’antigene è quella struttura peptidica (9-30 aa) che va ad attivare linfociti in maniera specifica, l’adiuvante serve per attivare il sistema immunitario innato e creare infiammazione. Se io do il patogeno così com’è do sia l’antigene sia l’adiuvante; ma nei vaccini più moderni ci siamo specializzati nel separare le due componenti che però devono essere date entrambe, perché senza infiammazione non si può attivare la memoria (anzi senza infiammazione si può rendere l’organismo tollerante). L’adiuvante puo' contenere molecole come l’alluminio che segnalano un danno (DAMPs) e quindi attivano il sistema immunitario innato. Nel tempo i vaccini si sono evoluti, il primo proveniva da un virus di un'altra specie, poi virus vivi attenuati, poi vaccini inattivati, vaccini con tossine, vaccini combinati, vaccini ricombinanti, reverse vaccinology, vaccini a RNA/DNA. La reverse vaccinology è un approccio diverso per il design di un vaccino, inizialmente si andava a tentativi (non si aveva la sicurezza che quell’antigene creasse la risposta immunitaria), la reverse vaccinology dice di partire dalla sequenza del patogeno, si predice quali antigeni potrebbero essere immunogeni, prima di arrivare alla sintesi fisica dell’antigene, così si è ridotta di molto la fase di prova. Caso clinico: Randy Johnson, studente di 15 anni, fa giardinaggio. Alla fine dell’estate ha tosse persistente e dolore al petto. All’rx si osservano nei polmoni delle formazioni a forma di palla, viene isolato da queste lesioni un fungo, viene trattato con antifungini e assistito con ventilazione meccanica. Durante la permanenza in ospedale sviluppa altre infezioni respiratorie. Non c’è deficit nella produzione di anticorpi; i medici lo sottopongono ad un esame chimico. Mettono a contatto le cellule del suo sangue con un reagente (normalmente questo viene ridotto e diventa blu in presenza di ROS, che sono prodotti nei fagolisosomi dei fagociti, ossia neutrofili nel sangue, macrofagi nei tessuti); vedono quindi che il suo sangue fallisce il test, i suoi neutrofili non sono in grado di convertire il tetrazolium (reagente). Randy ha 4 sorelle e due fratelli, uno dei due fratelli ha lo stesso problema, nel suo sangue il test fallisce. La madre e una sorella hanno una popolazione mista di neutrofili (alcuni si colorano, altri no); quindi, capiamo che è una malattia genetica, un’immunodeficienza legata all’X. Si scopre che la produzione di perossido d’idrogeno è molto bassa; quindi, ha una mutazione nel complesso della NAPH ossidasi (sistema multienzimatico). La malattia è una malattia cronica granulomatosa legata all’X. Quando il complesso della NAPH ossidasi non funziona, non vengono prodotte ROS e il materiale fagocitato non può essere degradato. In questo caso c’è la formazione di granulomi, ossia formazioni circolari contenenti cellule del sistema immunitario (macrofagi, alcuni si trasformano in cellule epitelioidi e linfociti T e B); ci sono granulomi non efficienti, ossia il microorganismo può uscire e diffondersi. IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO È un meccanismo effettore dell’immunità innata molto importante. Il complemento viene scoperto da Jules Bordet che immunizza degli animali con un batterio: 1. Prende il siero immunizzato e lo mette in coltura con i batteri e osserva la lisi dei batteri. 2. Prende come controllo un siero di un animale non immunizzato che a contatto con gli stessi batteri, non li uccide. 3. Prende il siero immune inattivato dal calore (56°C) e vede che non ha attività battericida; quindi, i componenti del siero che uccidevano i batteri i maniera antigene-specifica sono sensibili al calore. 4. Infine, mischia il siero non immune con il siero immune inattivato dal calore e in questo caso i due sieri portano alla lisi dei batteri, quindi c’è qualcosa nel siero non immune che, sebbene da solo non possa portare all’eliminazione dei batteri, in unione con qualcosa che è inattivato dal calore nel siero immune, insieme portano alla lisi del batterio. Quello che è in entrambi i sieri è il complemento ed è quello che viene inattivato dal calore; invece, quello presente nel siero immune sono gli anticorpi. Gli anticorpi da soli non sono sufficienti a uccidere un batterio, hanno bisogno del complemento che porta alla lisi del batterio. Quindi il complemento è nel siero di tutti, se ci sono degli anticorpi specifici può far sì che gli anticorpi uccidano i batteri; il complemento attaccandosi agli anticorpi può far sì che gli anticorpi uccidano la cellula alla quale gli anticorpi si legano Gli anticorpi hanno varie funzioni, oltre alla neutralizzazione e l’attivazione di altre cellule del sistema immunitario, c’è l’attivazione del complemento, e questo porta a 3 eventi: - Opsonizzazione dei patogeni - Aumento della risposta infiammatoria - In alcuni casi lisi diretta del patogeno Il sistema del complemento è fatto da circa 30 proteine del siero prodotte dal fegato e queste possono acquisire attività enzimatica, attraverso una cascata enzimatica tramite successivi tagli proteolitici. Il complemento ha 3 diverse modalità per attivarsi, solo una di queste prevede la presenza di anticorpi. Bordet ha scoperto una sola cascata del complemento, ossia quella classica. Ma il complemento si può attivare anche in assenza di anticorpi e queste vie sono la via delle lectine e la via alternativa. Tutte e 3 le vie culminano in una fase comune ossia la formazione della C3-convertasi. Le proteine del complemento man mano che acquisiscono attività enzimatica, si attaccano alla membrana di patogeni e altri antigeni (in condizioni fisiologiche su antigeni di cellule apoptotiche, ma se ci sono delle disregolazioni ci può essere anche attivazione nei confronti del self). Normalmente ci sono delle proteine regolatorie che vengono espresse dalle cellule sane e impediscono al complemento di attaccarsi al self. 1. VIA CLASSICA La via classica è quella che è stata scoperta per prima da Bordet, è un meccanismo effettore dell’immunità adattativa; quindi, uno dei meccanismi con cui gli anticorpi agiscono. Si forma il complesso C1 fatto da C1q, C1r e C1s; C1 riconosce le porzioni Fc delle IgG e IgM. Il legame agli anticorpi attiva il complesso, ma per attivare il complemento ci devono essere più di un anticorpo legato al patogeno. Solo gli anticorpi legati agli antigeni possono attivare la via classica del complemento e non gli anticorpi liberi. La subunità C1 con attività enzimatica può tagliare C4 che è una proteina del siero in C4a e C4b, C4b si lega alla superficie del patogeno (C4a è rilasciata in forma solubile); C2 viene tagliato da C1 in C2a e C2b, C2a si associa a C4b legandosi alla superficie del patogeno e C2b diventa solubile. L’enzima che si forma si chiama C3-convertasi (fatto da C4b2a). Il complesso C3-convertasi è un enzima che taglia le proteine C3 e le divide in C3b e C3a, C3a va solubile e C3b rimane attaccata alla cellule. 2. VIA DELLE LECTINE Questa via attiva il complemento in modo indipendente dagli anticorpi, è stimolato dalle lectine che si trovano nel plasma e sono lectine che legano i mannani (MBL ossia mannose-binding lectin) e questo complesso si lega sulla superficie del patogeno sui mannani. La via è molto simile a quella classica, semplicemente cambia il meccanismo d’innesco: C1 taglia C4 e C2, C4b e C2a si uniscono a formare C3-convertasi, C3 viene clivata in C3b e C3a. 3. VIA ALTERNATIVA È stato visto che C3 (proteina più importante del complemento) può essere clivata già nel siero in C3b e C3a. Questo è un meccanismo chiamato C3 tickover (idrolisi spontanea del C3); queste piccole porzioni di C3 vengono separate in C3b e C3a; questo meccanismo è molto contenuto, ma quando incontra un patogeno, C3b può attivare il complemento attaccandosi in modo covalente alla superficie dei microbi, a questo punto la cascata prosegue in modo simile. C3b, grazie ad una proteasi del plasma (fattore D), può tagliare la proteina B del complemento in Bb e Ba, Bb si unisce a C3b creando una C3-convertasi fatta da C3bBb. Quindi tutte e tre le vie convergono sulla formazione della C3 convertasi che taglia C3 in C3b e C3a. C3a è solubile, C3b si unisce alla C3 convertasi formando la C5 convertasi, che taglia C5 in C5b e C5a. C5b si aggiunge al complesso e si aggiungono anche C6, C7, C8 e infine C9 (fatta da più polimeri) e questo forma un poro sulla superficie dei patogeni e ne causa la lisi a causa di uno squilibrio osmotico. Il complesso MAC (membrane attack complex) è il complesso finale che causa la lisi. L’anticorpo di per sé non ha attività citotossica, ma il legame dell’anticorpo (legato al patogeno) al complemento determina la lisi della cellula. FUNZIONI DEL COMPLEMENTO La lisi osmotica dei patogeni è una funzione del complemento, ma non succede molto spesso perché i batteri hanno sviluppato pareti molto spesse, funzionano su alcuni tipi di batteri come i neisseria. Le altre funzioni del complemento sono: - Potenziare l’infiammazione: i frammenti solubili che si staccano vanno nel siero e inducono infiammazione acuta da parte dei leucociti. Questi frammenti (C5a, C4a, C3a sono anche chiamate anafilotossine perché sono coinvolte nelle reazioni anafilattiche presenti quando i mastociti degranulano). - Opsonizzazione: permette un aumento della fagocitosi da parte dei macrofagi, perché il patogeno diventa più riconoscibile al macrofago. I macrofagi hanno i PRR che legano i patogeni, altri recettori servono per fagocitare il patogeno e un tipo di questi sono i recettori del complemento. - Solubilizzazione degli immunocomplessi: gli immunocomplessi sono complessi anticorpo-antigene che si formano in circolo quando ci sono grandi quantità di entrambi. Questi immunocomplessi devono essere solubilizzati, quindi le porzioni Fc degli anticorpi vengono legati da C3b e C3b viene riconosciuto da cellule che provvedono a solubilizzare questi immunocomplessi (per esempio gli eritrociti) RECETTORI PER IL COMPLEMENTO I fagociti hanno recettori che riconoscono il complemento o le porzioni Fc degli anticorpi. O un patogeno è opsonizzato da anticorpi e in questo caso le Fc sono visibili e i fagociti con FcγR riconoscono e internalizzano il patogeno, oppure i patogeni possono essere opsonizzati dal complemento e quando il complemento si è attivato per la via delle lectine, è importante che i fagociti abbiamo recettori per il complemento. Riconoscendo o le Fc degli anticorpi o il complemento i fagociti possono internalizzare tutti i patogeni. - Il recettore più espresso è CR1 (recettore del complemento 1), è espresso dai fagociti mononucleati, dai neutrofili, dai linfociti T e B, eosinofili, eritrociti e cellule follicolari dendritiche (FDC). CR1 espresso dai fagociti porta all’eliminazione del patogeno ma CR1 espresso sugli eritrociti porta all’eliminazione degli immunocomplessi. - Recettori per il complemento di tipo 2 (CR2 anche detto CD21) sono espressi dai linfociti e dalle FDC. CD21 nei linfociti B è un corecettore del BCR, l’espressione sulle FDC serve a trattenere gli antigeni sulla superficie delle cellule dendritiche follicolari. Si è visto che i linfociti B si attivano se la cellula FDC espone più antigeni e a lungo tempo. Le FDC sono cellule stromali che durante l’omeostasi producono CXCL13 e quindi richiamano linfociti B nei follicoli, ma durante la risposta immunitaria esprimono sulla superficie i recettori per il complemento che riconoscono strutture sui patogeni, catturano gli antigeni che circolano nel follicolo e li trattengono sulla loro superficie per lungo tempo, favorendo l’attivazione dei linfociti B. - Recettori del complemento di tipo 3 e 4 (CR3 e CR4)sono espressi sulle APC e fagociti; ad esempio, CD11b è un marcatore dei macrofagi e monociti, CD11c invece è un marcatore delle cellule dendritiche. Questi recettori hanno la funzione di legare il complemento. REGOLAZIONE DEL COMPLEMENTO Le proteine del complemento sono sempre presenti nel siero, quando c’è infiammazione aumentano, ma comunque ci sono sempre; quindi, bisogna evitare che il complemento si attivi quando non deve. Ci sono proteine regolatorie, fisiologicamente i regolatori proteggono le cellule dell’ospite (CR1 protegge le cellule fagocitiche dall’essere legate dal complemento), oppure questi regolatori in caso di cellule apoptotiche permettono la formazione dei primi complessi del complemento ma bloccano la completa formazione del complemento e la formazione delle anafilotossine cosicché non avvenga l’infiammazione. Nella patologia ci sono dei patogeni che hanno sviluppato delle proteine simili a quelle regolatorie per sfuggire al legame da parte del complemento; in altri casi le proteine regolatorie possono avere mutazioni e non funzionano in modo appropriato e il complemento si può attivare quindi anche su cellule self. Alcuni microbi hanno geni che inibiscono la formazione del complemento, oppure proteine che mimano le proteine regolatorie del complemento. Le proteine regolatorie possono essere solubili oppure sulla membrana della cellula (CR1, che è anche un recettore del complemento) Una modalità può essere quella di bloccare la formazione della C3-convertasi, in questo caso il fattore I (solubile) può andare ad agire con cofattori e enzimi che fanno sì che le C3b vengano convertite in forma inattiva, oppure tagliate in subunità non funzionali per il complemento. Ci sono inibitori che disassemblano le C3 convertasi e rendono la loro vita molto più breve. Infine, ci sono inibitori del complesso MAC (impediscono la lisi dele cellule target). Ci sono anche inibitori delle proteine regolatrici che interferiscono tra il legame delle anafilotossine e il loro recettore. DIFETTI NEL SISTEMA DEL COMPLEMENTO Il complemento deve essere regolato ma funzionale, la mancanza di complemento causa anch’essa patologia. Deficienze ereditarie nei vari membri del complemento sono state descritte per tutti i componenti. Se queste mutazioni sono a livello di C1 o C4 siamo nella via classica e possiamo avere malattie con immunocomplessi. Più del 50% di pazienti che hanno queste deficienze sviluppano lupus sistemico eritematoso (per questi immunocomplessi). Se si ha mutazioni in C3 si hanno varie infezioni batteriche dato che C3 è coinvolto in tutte le funzioni. Se un paziente ha mutazioni nelle componenti terminali del complemento (C5, C6, C7, C8) si è visto che è suscettibile a infezioni da Neisseria. Anche una deficienza nella proteina regolatrice può portare ad una suscettibilità, deficienza in fattore I (importante per bloccare la formazione della C3-convertasi) è stata associata a una degradazione troppo veloce del C3, perché si forma troppa C3 convertasi, non si trova più C3 e quindi indirettamente porta ad una mancanza di C3 (sintomi simili a chi ha deficienza di C3). Quando il complemento è troppo attivato può succedere il contrario, quindi si ha troppa infiammazione, oppure formazione di immunocomplessi nei vasi e di conseguenza quadri clinici di vasculiti sistemiche, glomerulonefriti. Il ruolo del complemento è importante anche nei tumori, dove svolge diversi ruoli, può avere un ruolo antitumorale, perché gli anticorpi che legano gli antigeni tumorali vengono riconosciuti dal complemento, che può quindi eliminare le cellule tumorali. Oggi si usano anticorpi monoclonali per bloccare il tumore e l’attività di questi anticorpi monoclonali può essere aumentata con il complemento. Allo stesso tempo però troppa attivazione del complemento può avere azione pro- tumorale. Le anafilotossine si legano a recettori delle cellule mieloidi del tumore e le portano a fenotipo immunosoppressivo. CELLULE LINFOIDI INNATE E LINFOCITI INNATI A seguito di un incontro con un patogeno abbiamo 3 fasi: - Barriere fisiche e immunità intrinseca - Immunità innata con cascata del complemento, fagocitosi, infiammazione, cellule NK - Immunità adattativa con linfociti T e B Ci sono cellule intermedie tra immunità innata e adattativa, ossia le ILCs (innate lymphoid cells) che sono cellule dell’immunità innata con qualche caratteristica dell’immunità adattativa (di cui fanno parte anche le NK), e poi linfociti innati, ossia cellule dell’immunità adattativa con alcune caratteristiche simili all’immunità innata e sono le NKT e le cellule γδ. Entrambe le tipologie di cellule sono coinvolte nella risposta precoce al patogeno, di cui mediano l’uccisione. Entrambe derivano dallo stesso precursore linfoide (CLP), ma le ILCs maturano nel midollo osseo e non sviluppano TCR, mentre i linfociti innati migrano nel timo dove maturano e sviluppano un TCR diverso rispetto ai linfociti T convenzionali, ma sempre con un fenomeno di riarrangiamento genetico mediato da RAG1 e RAG2. In caso di deficit di RAG1 o 2 oltre a non generarsi un repertorio di linfociti T e B convenzionali, non vengono neanche generate NKT e cellule γδ. CELLULE LINFODI INNATE (ILCs) Le cellule linfoidi innate originano dal CLP (common lymphoid progenitor) nel midollo osseo e grazie a segnali differenziativi come ID2, CLP differenzia in CILP (common innate lymphoid progenitor) che poi differenzia nei precursori delle singole cellule: - NKP precursore delle cellule NK (Natural Killer) - ILCP precursore delle cellule ILC1, ILC2 e ILC3 - LTiP precursore delle LTi (lymphoid tissue inducer cells) I 5 tipi cellulari che si formano alla fine del processo differenziativo possono essere raggruppati in 3 gruppi dal punto di vista funzionale: - Gruppo 1: NK e ILC1, esprimono TBET e assomigliano alle CD8 e TH1 - Gruppo 2: ILC2 esprimono GATA3 e assomigliano alle TH2 - Gruppo 3: ILC3 e LTi esprimono RORγT e assomigliano alle TH17 ATTIVAZIONE DELLE ILCs Le cellule linfoidi innate vengono attivate in risposta a specifici segnali come i linfociti T convenzionali: - Risposte di tipo 1 (come CD8 e TH1): NK e ILC1 si attivano in risposta a virus e batteri intracellulari e a segnali citochinici come IL12, IL15 e IL18, producono massicce quantità di IFNγ (che attiva in senso classico i macrofagi), e le NK hanno anche azione citotossica - Risposte di tipo 2 (come TH2): ILC2 si attivano in risposta a parassiti o allergeni, e da segnali citochinici come IL25 e IL33, producono IL4, IL5, IL13 che stimolano la produzione di muco, la peristalsi intestinale, la produzione di fattori di crescita per la rigenerazione tissutale dell’epitelio intestinale; infine stimolano l’attivazione dei macrofagi in senso alternativo - Risposte di tipo 3 (come TH17): ILC3 e LTi si attivano in risposta a funghi e batteri extracellulare e a segnali citochinici come IL1β e IL23, producono IL17 e IL22. Le cellule LTi inducono la formazione di organi linfoidi durante l’embriogenesi e strutture linfoidi terziarie (aggregati di linfociti B e T) durante malattie croniche e tumori, grazie al rilascio di linfotossine. Possiamo quindi dire che le ILCs sono assimilabili ai vari subsets di linfociti T convenzionali, con la differenza che non si attivano in maniera antigene-specifica e quindi sono meno controllate. Mentre i linfociti T si attivano in maniera antigene-specifica, vanno incontro a espansione clonale e successiva contrazione, le cellule linfoidi innate non vanno incontro a espansione clonale e si attivano in maniera meno specifica e regolata. Esistono delle patologie autoimmuni come le coliti ulcerose dovute all’attivazione incontrollata di queste ILCs e alla produzione di grandi quantità di citochine pro- infiammatorie. CELLULE NK Le cellule NK sono le prime ad essere state scoperte e vennero inizialmente chiamate cellule linfocitarie granulari, perché hanno dei granuli citotossici di granzima e perforina deputati alla lisi della cellula target come i T CD8, poi vennero definite naturale killer per la loro propensione naturale a uccidere cellule target, soprattutto cellule infettate da virus, cellule danneggiate e cellule tumorali. Sono circa