PAPITOII DE LA SEMINAR LA UNGU PDF
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This document discusses Italian artists, their works and history. It details the life and works of Brunelleschi; Lorenzo Valla, and the significance of their contributions to Italian art and architecture.
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PAPITOII DE LA SEMINAR LA UNGU FILIPPO BRUNELLESCHI QUANDO: Firenze 1377-1446 TITOLI E CARICHE: Architetto, ingegnere, matematico, scultore, orafo e scenografo FAMOSO PER: Aver progettato la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. Brunelleschi nasce a Firenze nel 1377, sin da giovaniss...
PAPITOII DE LA SEMINAR LA UNGU FILIPPO BRUNELLESCHI QUANDO: Firenze 1377-1446 TITOLI E CARICHE: Architetto, ingegnere, matematico, scultore, orafo e scenografo FAMOSO PER: Aver progettato la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. Brunelleschi nasce a Firenze nel 1377, sin da giovanissimo è formato alle lettere e alle scienze matematiche in cui si mostra molto versato. Ben presto esplode però la passione del disegno e il padre, a malincuore, accetta di sostenere il suo apprendistato di orafo. Padroneggia la tecnica dell’incastonatura delle pietre così come il niello e il cesello, e a vent’anni è già un maestro affermato tanto da realizzare un altare in argento per la Cattedrale di San Jacopo a Pistoia. Lo scarto dell’arte brunelleschiana nei confronti della tradizione trecentesca subisce una ulteriore accelerazione con il trasferimento a Roma. Il soggiorno dura circa cinque anni e Filippo Brunelleschi si dedica anima e corpo allo studio dell’antico e in cui si manifesta più che mai il suo interesse per l’architettura, riscopre i principi matematici della prospettiva centrale e in cui comincia a mettere a fuoco l’impresa di una vita: la cupola del Duomo di Firenze. Tornato a casa Brunelleschi si dedica ancora per qualche anno alla scultura affrontando anche la lavorazione della pietra, l’intaglio del legno e le grandi dimensioni. Ne è un superbo esempio il Crocifisso ligneo di Santa Maria Novella, realizzato intorno al 1410. L’Opera del Duomo lancia un concorso di idee, diciassette gli architetti chiamati a trovare una soluzione. La sfida non è soltanto quella di progettare una cupola immensa ma di trovare le soluzioni tecniche adeguate e soprattutto di contenere la spesa, il costo delle armature e delle centine rischia infatti di superare quello delle murature. Brunelleschi propone una soluzione innovativa: una doppia calotta autoportante costituita cioè da due cupole, l’una dentro l’altra con un camminamento tra le due e un cantiere fisso con ponteggi istallati all’altezza del tamburo anziché innalzati dal suolo. I lavori proseguono per oltre vent’anni e alla morte di Brunelleschi, nel 1446, alla cupola manca ancora la lanterna per la quale il maestro lascia però un modello e precise indicazioni esecutive. Contemporaneamente si dedica anche ad altri cantieri cittadini come le chiese di San Lorenzo e Santo Spirito e l’Ospedale degli Innocenti. Già nel XIV secolo gli artisti sono alla ricerca di un sistema rigoroso per rappresentare lo spazio, ma il raggiungimento di un primo risultato scientificamente accettabile si ottiene con Brunelleschi che, sfruttando la sua formazione come orafo, mette a frutto lo studio dei procedimenti ottici e realizza nel 1413 una tavoletta prospettica. La tavoletta quadrata di 30 cm per lato riporta minuziosamente il dipinto del battistero (ma rovesciato da destra a sinistra), con un foro svasato al centro; l’osservatore reggendo uno specchio con una mano e tenendo nell'altra la tavola poteva ammirare la perfetta corrispondenza della realtà e della rappresentazione, grazie all’utilizzo di un preciso punto di vista. Grazie a lui nasce la prospettiva lineare, raggiunta secondo il Vasari con lo studio incrociato della pianta e del prospetto di un edificio. LORENZO VALLA QUANDO: 1407-1457 MOVIMENTO LETTERARIO: Umanesimo e Rinascimento OPERE PRINCIPALI: La falsa donazione di Costantino, De voluptate, De libero arbitrio. Nasce nel 1405, riceviamo l’anno da una lettera di Lorenzo, tuttavia il suo epitaffio porta come data il 1407; certo è che nacque a Roma e che il nome della sua famiglia era Della Valle e infatti lui si firma “Vallensis”. Sia dal ramo paterno sia da quello materno contano molto gli studi giuridici, retorici e lo studio dell’antichità, così da giovanissimo, Lorenzo, ebbe subito validi insegnanti sia di greco, sia di latino, la lingua ufficiale della cultura. Quindi gli umanisti sono perlopiù trilingui: scrivono in latino, in greco, in volgare italiano. Abbandona Roma e si trasferisce prima a Venezia e poi a Piacenza lavorando come ludimagister, che sarebbe il maestro di scuola elementare. METODO FILOLOGICO ⚫ Analisi testuale: esaminare attentamente le varianti di un test per identificare l’autenticità e la provenienza; ⚫ Contestualizzazione: considerare il contesto storico e culturale in cui un test è stato scritto, per comprenderne meglio il significato; ⚫ Comparazione: mettere a confronto diverse versioni di un testo o opere di autori simili per evidenziare differenze e influenze; ⚫ Scetticismo: applicare un approccio critico, mettendo in discussione le verità accettate e le autorità tradizionali. DONAZIONE A COSTANTINO La donazione di Costantino fu redatta in greco e in latino e servì a sorreggere giuridicamente l’autorità temporale dei papi finché Lorenzo Valla ne dimostrò l’indubitabile falsità. Valla dimostra la sua tesi partendo da alcune premesse, potremmo dire, di “buonsenso”: ⚫ Nessun sovrano al posto di Costantino (e Costantino più di tutti) avrebbe rinunciato a Roma e all’Occidente, pur essendo cristiano. ⚫ Regnare non è incompatibile con la religione cristiana. ⚫ Non è un segno di riconoscenza dell’imperatore per la guarigione dalla lebbra: è un aneddoto di origine biblica (Naaman risanato da Eliseo) e aggiunto per colorire questa storia. ELEGANTIE LINGUAE LATINAE E’ un’opera fondamentale di Lorenzo Valla, scritta tra il 1444 e il 1450. In questo trattato, Valla: ⚫ Promuove il latino classico, sostenendo l’importanza di una lingua pura, seguendo i modelli degli autori antichi; ⚫ Analizza lo stile e la retorica, evidenziando figure retoriche e l’importanza della forma nell’espressione; ⚫ Critica le convenzioni medievali, proponendo un rinnovamento linguistico e culturale. DE LIBERO ARBITRIO E’ un trattato che difende la libertà del volere umano contro le teorie deterministiche della predestinazione, Valla sostiene che il libero arbitrio degli esseri umani è compatibile con l’onniscienza divina. Attraverso la filologia, l’autore smonta le interpretazioni scolastiche medievali, cercando di recuperare il significato autentico dei testi antichi. LEON BATTISTA ALBERTI QUANDO: 1440-1472 OPERE PRINCIPALI: De Re Aeditificatoria, De Pictura HA ISPIRATO: L’architettura rinascimentale. Leon Battista Alberti nacque illegittimo a Genova nel 1404, pur essendo di origine fiorentina: la sua famiglia era stata infatti cacciata da Firenze qualche anno prima. Studiò prima a Venezia e poi a Padova per approdare infine a Bologna con l'obiettivo di prendere la laurea in diritto canonico. Nel 1421 muore il padre. L’adolescenza e la giovinezza di Leon Battista Alberti furono molto tormentate e comprendiamo meglio come tutta la sua prima produzione letteraria sia caratterizzata dal pessimismo. Si accentuò anche una certa vena di amarezza e di cinismo. Alberti produce ottima letteratura latina e volgare nella sua prima produzione: una commedia latina dal nome Philodoxeos (1424?), De commodis literarum atque incommodis (1428-9?) e le prime Intercenales. In volgare invece effettuò tentativi in prosa e in poesia di argomento amoroso. In prosa abbiamo Deifira, Ecatonfilea. OPERE, TEMI E STILI L’obiettivo dell’opera è consolare le donne dai drammi d’amore. Notiamo, inoltre, che Leon Battista Alberti dominava l’espressività in volgare letterario molto prima del suo contatto con Firenze. Poche sono le sue poesie (17 componimenti), ma sono innovative per forma e stile. La famiglia rappresenta uno tema cruciale per questo autore. IL DE FAMILIA DI LEON BATTISTA ALBERTI Opera scritta nel 1433-1434, divisa in quattro libri, procede attraverso un ragionamento domestico e i personaggi di questo dialogo sono tutti membri della famiglia Alberti. È un trattato tipicamente umanistico. La famiglia è il luogo ideale dove si coltivano sogni e ambizioni, dove si cresce e si matura e si diventa virtuosi. La virtù che è piena realizzazione di sé e del proprio talento ha il suo nemico naturale nell’ozio, che invece rappresenta lo spreco di sé. Anche l’erudizione, lo studio, la scrittura non devono esistere per sola e sterile gloria personale, ma devono essere utili all’umanità. LA PITTURA, LA SCULTURA, L’ARCHITETTURA. Nel 1443 ritorna a Roma e quando nel 1447 viene eletto papa Niccolò V, Leon Battista Alberti viene impiegato nella restaurazione degli edifici romani e in altri progetti del Vaticano e non solo e viene incoraggiato anche dagli Estensi. Numerosi furono i progetti e le restaurazioni che coniugavano la lezione degli antichi e il gusto dei moderni. L’influenza maggiore sui suoi contemporanei la ottenne però con il trattato sull’architettura De re aedificatoria (1452) che gli fruttò l’appellativo di «Vitruvio fiorentino». Alberti non diresse personalmente nessun cantiere, limitandosi a fornire ai costruttori direttive e programmi ai quali attenersi, ma in ogni sua opera era riscontrabile la matrice letteraria con la quale interpretò e rielaborò gli elementi della cultura classica che ispirarono ogni edificio. Alberti viene considerato - insieme a Brunelleschi – il fondatore dell’architettura rinascimentale. BALDASSARRE CASTIGLIONE QUANDO: Casatico 1478 - Toledo 1529 OPERE PRINCIPALI: Il Cortegiano Nasce nel 1478 a Casatico, vicino Mantova, da famiglia nobile. Si forma negli ambienti umanisti di Milano dove studia i classici greci e latini. Nel 1504 si trasferisce ad Urbino dove presta servizio per il duca Guidobaldo da Montefeltro. Questi anni sono i più felici della vita del Castiglione, in cui svolge un ruolo di primo piano nella vita di corte, animandone la vita mondana con l’organizzazione di spettacoli teatrali, alcuni dei quali scritti da lui stesso, conosce personalmente gli intellettuali che soggiornano presso la corte di Urbino, e viene inviato per missioni diplomatiche presso le corti di Francia e Inghilterra. Nel 1524 papa Clemente VII lo invia a Madrid con il compito di ricucire i rapporti tra la Santa Sede e l’Impero di Carlo V. Ma la sua missione non produce gli effetti sperati e la situazione precipita fino a culminare nel disastroso Sacco di Roma del 1527. Castiglione rimane in Spagna dove muore a Toledo nel 1529. IL CORTEGIANO Un dialogo diviso in quattro libri la cui finalità è quella di descrivere tutte le qualità che deve avere un perfetto uomo di corte. Il dialogo si svolge nel 1506 alla corte di Urbino. Federico e Ottaviano Fregoso, Giuliano de’ Medici, Bernardo Dovizi da Bibbiena e, di certo il più celebre tra questi, Pietro Bembo. Questi personaggi decidono di definire il perfetto uomo e la perfetta dama di corte. Nel primo libro ne vengono descritte le caratteristiche fisiche e morali e si fa allusione anche al tema della lingua e dell’uso che il cortigiano deve farne. Nel secondo libro Federico Fregoso definisce i modi in cui il cortigiano debba usare le sue capacità. Una delle qualità più importanti richieste all’uomo di corte è la grazia, cioè il saper mettere in pratica una serie di capacità e comportamenti a servire al meglio il principe, che però vanno esercitate con naturalezza, senza affettazione; questa capacità di dissimulazione è detta “sprezzatura”. Nel terzo libro Giuliano de’ Medici fornisce invece il ritratto della perfetta dama di corte, allontanando le accuse misogine di un altro interlocutore. Nel quarto libro Ottaviano Fregoso parla dei rapporti che devono legare il cortigiano al principe. La chiusura del libro è affidata a Pietro Bembo che esalta l’amore divino. Il ritratto che emerge da Il Cortegiano è quello di un “uomo totale”, che al fine di servire al meglio il suo signore, deve dimostrare di essere abile nelle attività più disparate, da quelle militari a quelle letterarie a quelle diplomatiche e politiche; la figura del cortigiano, infatti, può esistere solo all’interno dell’ambiente aristocratico. Il dialogo affronta anche il problema della lingua. Nonostante tra i protagonisti figuri anche Pietro Bembo, che propone come modelli per la lingua italiana Petrarca e Boccaccio, l’ideale linguistico del Castiglione procede in senso opposto. Un'altra necessaria virtù del cortigiano è quella del “buon giudicio”, cioè un criterio di comportamento impostato sull’adeguamento alla variabilità, e sulla relatività. Applicata alla questione linguistica questo criterio porta al rifiuto di modelli fissi e arcaici come quelli trecenteschi, preferendo piuttosto l’uso della lingua corrente finalizzato ad una comunicazione facile ma sempre elegante. SANDRO BOTTICELLI Nacque a Firenze nel 1445. Dal 1470 ebbe una propria bottega artistica raggiungendo l’indipendenza. Lavorò per i De Medici come esecutore fedele della loro politica culturale, mentre un decennio dopo risiedette a Roma per dipingere nella Cappella Sistina. In seguito aderì al movimento religioso di fra Girolamo Savonarola in preda a una profonda crisi mistica la quale ispirò le sue ultime opere. Ciò che conta per lui è la figura e il disegno che è principalmente linea di contorno flessuosa, leggiadra ed elegante che circonda il soggetto morbidamente e lo stacca dal fondo. CARATTERISTICHE DEL LAVORO ⚫ COLORI MORBIDI E LUMINOSI: le sue opere presentano una palette di colori chiari e luminosi, con toni di pastello che contribuiscono a creare un’atmosfera sognante e sospesa; ⚫ ESPRESSIVITA’ E IDEALIZZAZIONE: le sue figure sono idealizzate, con tratti delicati ed espressioni serene, spesso assorti in un’aura quasi divina; ⚫ COMPOSIZIONE EQUILIBRATA E DETTAGLI BOTANICI: nelle sue opere mitologiche e religiose, l’uso dello spazio e la disposizione armonica delle figure sono fondamentali. Inoltre, Botticelli era noto per includere dettagli naturali precisi, come fiori e foglie che aggiungono realismo e decoratività. ⚫ ELEMENTI MITOLOGICI E SIMBOLICI: spesso rappresentava figure della mitologia classica, come in La Nascita di Venere e La Primavera, infondendo alle sue opere un significato simbolico legato alla bellezza, alla natura e all’amore. ⚫ LINEE FLUIDE E CONTORNI DELICATI: Botticelli utilizzava linne sottili e continue per delineare le figure, conferendo loro una qualità eterea e armoniosa. LA PRIMAVERA Intorno al 1479 dipinse, per la residenza fiorentina di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, il famoso dipinto la Primavera, nome risalente ad una affermazione fatta dal Vasari. La scena si svolge in una radura verdeggiante ricoperta di innumerevoli piante e fiori, delimitata da alberi d’arancio ricchi di fiori e frutti e da fronde incurvate di allora. ⚫ A destra vi è Zefiro, personificazione del vento primaverile, il quale invaghito insegue Clori che viene trasformata in Flora. Al centro vi è Venere, incorniciata da rami flessi, che avanza con passo di danza offrendosi a chi guarda. ⚫ Cupido le volteggia sopra mentre sta per scagliare una freccia infuocata a una delle tre Grazie che ballano intrecciando le loro mani. ⚫ A sinistra, infine, vi è Mercurio mentre allontana le nubi del giardino con il suo caducèo. NASCITA DI VENERE Intorno al 1485 fu dipinta la Nascita di Venere. Essa mostra il significato spirituale attribuito alla bellezza dalla filosofia neoplatonica: tramite Venere l'uomo si avvicina a Dio. Al centro vi è il soggetto principale, Venere, appena nata dalla schiuma del mare, ma già donna, nuda, eretta su una conchiglia, sospinta dai venti verso riva, dove l'accoglie Flora a destra porgendole un drappo ricamato per coprirla. A sinistra vi sono sulla sponda due figure astanti. ALTRE OPERE ⚫ VENERE E MARTE; ⚫ MADONNA DEL MAGNIFICAT; ⚫ ADORAZIONE DEI MAGI; ⚫ NATIVITA’ MISTICA. NICCOLO’ MACHIAVELLI Nacque a Firenze nel 1469 da una famiglia modesta e di buona cultura: il padre Berardo era un uomo di legge, possessore si una biblioteca e autore de I Ricordi famigliari; la madre Bartolomea era autrice di rime sacre. Aveva molte responsabilità sulle decisioni di politica estera e interna, missioni diplomatiche e una fitta rete di corrispondenze, così ebbe una grande esperienza diretta della realtà politica e militare. LE OPERE PIU’ IMPORTANTI Si dedicò agli studi ad Albergaccio, mantenne però i contatti con la vita politica grazie all’amico Vettori. In questo periodo scrisse il Principe e i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio e la commedia Mandragola. Tentò un riavvicinamento alla politica tramite i Medici, dedicando a Lorenzo il Principe, e tramite un gruppo di aristocratici che si riuniva nel giardini del palazzo Rucellai, a due di essi Buondelmonti e Cosimo Rucellai dedicò i Discorsi. MANDRAGOLA La Mandragola è una commedia scritta nel 1518 ed è una delle opere più note della letteratura rinascimentale italiana. Questa commedia satirica esplora temi come l’inganno, il vizio, l’ipocrisia e la corruzione nella società fiorentina dell’epoca con un tono ironico e divertente. Nella Mandragola, Machiavelli dimostra una profonda comprensione della natura umana e della società, utilizzando l’umorismo per evidenziare i difetti umani e le rigide convenzioni sociali. IL PRINCIPE Il principe è un trattato politico scritto nel 1513, in un periodo di conflitti e instabilità per l’Italia. L’opera è dedica a Lorenzo de’ Medici e offre consigli pratici su come ottenere e mantenere il potere in uno stato. Machiavelli, conosciuto per il suo realismo, affronta la politica senza idealismo, concentrandosi su ciò che funziona veramente nel governo, e non sulla moralità tradizionale. Machiavelli scrive nel contesto di un’Italia divisa in piccoli stati vulnerabili a invasioni straniere. In questo contesto, osserva i diversi modi in cui i leader locali, tramite alleanze o conflitti, cercano di mantenere stabilità. Machiavelli vuole offrire ai leader una guida per evitare la debolezza politica e per creare uno stato forte. Il Principe diventa così un manuale per i governanti che desiderano comprendere l’arte del potere e evitare errori politici. Il Principe è un trattatello breve di 26 capitoli, in forma concisa e incalzante e densa di pensiero. Diversi tipi di principati: ⚫ PRINCIPATI EREDITARI, questi sono stati governati da una dinastia. Machiavelli spiega che in tali principati i leader affrontano meno problemi, poiché il popolo è abituato alla famiglia regnante. ⚫ PRINCIPATI NUOVI, possono essere ottenuti tramite abilità personali, fortuna, armi proprie o aiuti esterni. Machiavelli sostiene che questi principati sono più difficili da mantenere, poiché il leader deve guadagnarsi la lealtà di un nuovo popolo. EREDITA’ DELLOPERA E IMPATTO Il Principe è rimasta un’opera fondamentale nello studio della politica e del governo perché ha introdotto un approccio diretto al comando, concentrandosi sui risultati e sul successo politico, piuttosto che sui valori morali tradizionali. Molti concetti introdotti da Machiavelli, come il pragmatismo e la manipolazione dell’immagine pubblica, hanno influenzato numerosi leader e pensatori politici nel corso dei secoli. GIROLAMO SAVONAROLA QUANDO:1452-1498 TITOLI E CARICHE: Religioso appartenente all’ordine dei domenicani EVENTI STORICI: Nel 1497 venne scomunicato da papa Alessandro VI Borgia, nel 1498 venne impiccato e bruciato sul rogo, nel 1559 le sue opere finirono nell’indice dei libri proibiti. Nacque nella città di Ferrara, nel 1452. nei suoi vent’anni Girolamo diede prova di un profondo senso religioso e di una acuta capacità di analisi attraversi la scrittura di due tesi: ⚫ De ruina mundi, scritto nel 1472; ⚫ De ruina Ecclesiae, scritto nel 1475. A venti-tre anni scappa da casa per aderire all’ordine domenicano; nel 1489 viene chiamato a Firenze da Lorenzo il Magnifico su intercessione di Pico della Mirandola. In questa città le sue predicazioni e le sue invettive intrise di critica fermissima e virulenta alla corruzione della chiesa e della società divennero estremamente note. Morto nel 1492 Lorenzo il Magnifico, gli succedette Piero de’ Medici. Questi concesse alcune piazzeforti al re francese Carlo VIII e per questa ragione la città insorse e lo scacciò. A Firenze si aprì così una nuova stagione politica: venne instaurata nel 1494 una Repubblica che sarebbe sopravvissuta fino al 1512, anno in cui la famiglia Medici fece ritorno in città. Inizialmente, la Repubblica ebbe come guida proprio il frate Savonarola. Savonarola mise in atto una serie di riforme: ⚫ Creò alcuni consigli cittadini per la gestione della città e per la sua riorganizzazione amministrativa e politica; ⚫ Il Consiglio grande ebbe una grande rilevanza con Savonarola, poiché ad esso era riconosciuto il potere legislativo. Savonarola impose una tassa progressiva sul reddito e una tassa sulle proprietà terriere. La società fiorentina era profondamente divisa rispetto all’operato del frate domenicano. Tra i suoi oppositori figuravano gli Arrabbiati (i cittadini più facoltosi della città) e i Palleschi (a favore del ritorno dei Medici). A sostegno di Savonarola e delle sue riforme erano invece i Piagnoni, quei cittadini che richiedevano un rinnovamento della società fiorentina e denunciavano, insieme a Savonarola, la corruzione e il malcostume dei Medici e del papa. I Piagnoni si distinsero inoltre per essere tra gli autori e gli organizzatori dei cosiddetti “roghi delle vanità” durante i quali i beni di lusso dei fiorentini più ricchi venivano bruciati nelle piazze cittadine. LA PROVA DEL FUOCO E LA MORTE DI SAVONAROLA La fine di Savonarola è legata alla mancata “prova del fuoco”. Per dimostrare di non essere inviso a Dio, nonostante la netta opposizione da parte del papa, egli avrebbe dovuto camminare su dei carboni ardenti. Tutti i fiorentini, e soprattutto i Piagnoni, riponevano numerose aspettative in questa prova. Essa, infatti, nel caso in cui Savonarola fosse riuscito a portarla a termine, sarebbe stata l’attestazione inconfutabile della bontà e della giustizia degli intenti di Savonarola. Tuttavia, il sopraggiungere della pioggia ne impedì l’esecuzione. La delusione per i suoi sostenitori fu cocente. Gli Arrabbiati colsero l’occasione e attaccarono fisicamente il frate. Questi si consegnò alle autorità. Celebrato il processo, Savonarola fu condannato a morte. Il 23 maggio 1498 il frate domenicano venne così impiccato nella centrale e prestigiosa Piazza della Signoria, nel cuore di Firenze, insieme ad altri due frati. I loro corpi vennero poi bruciati sul rogo. FRANCESCO GUICCIARDINI QUANDO: 1483-1540 MOVIMENTO: Scuola fiorentina OPERE PRINCIPALI: Storia d’Italia Nasce a Firenze nel 1483 da una ricca famiglia fiorentina di mercanti con basi commerciali sparse in tutta Europa e sono parte di quella élite di famiglie che reggono i destini di Firenze. Nel 1508 sposa la figlia di Alamanno Salviati, altro grande nobile fiorentino che contrasta il governo repubblicano di Firenze. Nel 1512 i Medici tornano a Firenze e Guicciardini dà loro il suo pieno appoggio, e la nuova signoria gli affida l’incarico di ambasciatore in Spagna. Viene nominato governatore di Modena e Reggio Emilia, ed assume un ruolo di primo piano nell’esercito papale contro la Francia. Dopo la pesante sconfitta dei francesi Guicciardini consiglia il papa di allearsi con loro per frenare il potere imperiale. Ma i piani politici di Guicciardini falliscono e Roma viene violentemente saccheggiata nel 1527. Le conseguenze sul piano personale sono pesantissime: perde tutti gli incarichi pontifici. Nel 1529 Clemente VII lo richiama e lo nomina governatore di Bologna. E nel 1537 si ritira a vita privata, passando i suoi ultimi anni scrivendo al “Storia d’Italia” fino al giorno della morte nel 1540. LA STORIA D’ITALIA E’ l’opera maggiore di Guicciardini, scritta in tono analitico, si riallaccia al discorso cominciato anni prima con le Storie fiorentine per produrre un’opera d’indagine storica sulla “Ruina d’Italia”, cioè il crollo degli stati italiani di fronte alle potenze straniere. Il punto di partenza è di nuovo la calata di Carlo VIII in Italia nel 1494, ma la narrazione prosegue fino ai fatti della Lega di Cognac di cui egli stesso è protagonista e che vedono nel Sacco di Roma il definitivo fallimento della linea antispagnola da lui prolungata. L’autore intreccia il racconto storico con analisi ed interpretazione dei fatti narrati cercando di ribadire la bontà della propria azione politica, e di comprendere i motivi del suo fallimento attraverso un’analisi lucida e a tratti cinica. L’opera è divisa in venti libri e viene pubblicata, postuma, nel 1564 a Venezia. IL PENSIERO DI GUICCIARDINI Nella Storia d’Italia conduce una lucida analisi in cui prova ad individuare i motivi dell’insuccesso della linea antimperiale da lui stesso promossa e che continua a ritenere giusta, e finisce col ritenere, con una visione assolutamente pessimistica, che sia la fortuna, cioè l’assoluta imprevedibilità degli eventi, a determinare il corso degli eventi storici. L’uomo, solo ed in preda agli eventi, non può far altro che agire in base alla discrezione, che è la capacità di saper analizzare correttamente le singole situazioni per trarne vantaggio. Un ultimo punto del pensiero guicciardiniano ruota attorno al tema del particulare. Si tratta di un tema tanto complesso quanto centrale: l’uomo politico, impossibilitato dalle circostanze a difendere lo status quo dell’Italia del XV secolo, oramai preda dei principi stranieri, non può far altro che analizzare correttamente le circostanze (quindi usare la discrezione) per difendere le proprie posizioni e la propria autonomia. Si tratta di una visione cinica ma che rispecchia perfettamente il rifiuto di ogni punto di vista assoluto proprio di Guicciardini, politico disincantato e conscio che l’epoca delle corti quattrocentesche italiane è tramontata per sempre. PIETRO BEMBO QUANDO: 1470-1547 OPERE PRINCIPALI: Prose, Asolani, Rime HA ISPIRATO: Aristo e altri contemporanei e successivi che si sono adeguato alle nuove regole della lingua italiana tracciate da Bembo. Nasce a Venezia da una famiglia d'antica nobiltà, il padre Bernardo, uomo politico e umanista, fa educare il figlio con particolare attenzione alle materie letterarie e nel 1492 lo invia a Messina perché studi il greco. Tornato a Venezia nel 1503, delude il padre decidendo di rinunciare alla carriera politica per dedicarsi esclusivamente all'attività letteraria; inizia una collaborazione profonda e proficua con Aldo Manuzio. Nel 1506 si trasferisce a Urbino presso la raffinatissima corte del Montefeltro, dove conosce Castiglione, Bibbiena e inizia la stesura delle Prose della volgar lingua. Nel 1512 si trasferisce a Roma dove un anno dopo viene nominato segretario pontificio da Leone X; comincia così un periodo di viaggi tra Roma e Padova, città dove nel frattempo inizia una stabile relazione con una nobildonna da cui nascono tre figli; nel 1524 conclude le Prose della volgar lingua. Torna a Venezia nel 1530 e riceve la nomina di storiografo ufficiale della Repubblica, nel 1539 viene finalmente nominato cardinale. Muore a Roma nel 1547. LE PROSE E LA QUESTIONE DELL’ITALIANO Nel Quattrocento cresce l'urgenza e la necessità di definire un volgare d'uso che possa sostituirlo rispecchiando la nuova società italiana. In questo processo fattori culturali, letterari e politici si sovrappongono: ⚫ da un lato si riflette sulla definizione di una lingua che possa essere davvero 'italiana'; ⚫ dall'altra il fatto che i modelli vengano presto individuati nella letteratura trecentesca toscana viene strumentalizzato dalla signoria locale per rivendicare la centralità fiorentina nello scacchiere italiano. LE PROSE Le Prose della volgar lingua sono un dialogo di stampo umanista che come oggetto il linguaggio i cui si confrontano Giuliano de' Medici, Ercole Strozzi e Federico Fregoso. Bembo individua nel Trecento il secolo d'oro della letteratura italiana e in Petrarca e Boccaccio i suoi massimi esempi, quelli che occorre imitare cogliendoli nella loro originaria purezza. Come si può notare Dante viene escluso dal novero degli esempi trecenteschi, e questo perché la varietà di lingue e stili presenti nelle sue opere contravveniva all'ideale modello bembiano caratterizzato dal monolinguismo e da un'eleganza formale improntata al modello petrarchesco. GLI ASOLANI E LE RIME Pubblicato per la prima volta nel 1505 e destinato a successivi aggiustamenti, gli Asolani ha tutte le caratteristiche del dialogo umanista d'ambientazione bucolica e affronta il tema amoroso evidenziando il rapporto con la donna, che assume così un ruolo attivo. Bembo rifiuta la lingua cortigiana e il fiorentino quattrocentesco. Le Rime hanno una prima edizione nel 1530 e una seconda cinque anni più tardi. Come per gli Asolani, ma in maniera più incisiva, la loro importanza per la storia della letteratura italiana non risiede tanto nel loro valore poetico quanto nel fornire un esempio pratico di quanto teorizzato nelle Prose. PIETRO ARETINO QUANDO: 1492-1556 MOVIMENTO LETTERARIO: Sonetto poetico, Commedia teatrale OPERE PRINCIPALI: Sonetti lussuriosi, La cortigiana Nasce ad Arezzo il 20 Aprile del 1492, in un anno che per l’Europa e l’Italia è uno spartiacque; gli stati regionali italiana si dimostrano deboli e disuniti di fronte al regno di Francia e all’Impero asburgico, ma allo stesso tempo fiorisce la grande cultura cortigiana e le arti come la pittura, la scultura e l’architettura. Dopo un periodo giovanile trascorso a Perugia dove compone le sue prime poesie giovanili in stile petrarchesco, si trasferisce a Roma nel 1517, prima a servizio di Agostino Chigi e poi del cardinale Giulio de' Medici. Nei suoi primi anni a Roma è noto soprattutto per lo scrivere pasquinate per farsi beffe di papa Adriano VI. Questi componimenti satirici e corrosivi gli creano non pochi problemi, al punto che è costretto a lasciare la città e a girovagare per l'Italia. Tornato a Roma riprende la sua attività letteraria: è di questo periodo la prima redazione manoscritta de La Cortigiana, una commedia in cui gli intrecci amorosi sono assai ricchi di allusioni sessuali ed in cui viene dipinta una Roma, la città in cui si svolgono i cinque atti, preda del caos e, come dice uno dei protagonisti, teatro di una buffa commedia che si svolge quotidianamente sotto gli occhi degli spettatori. L'Aretino è anche autore di sedici Sonetti lussuriosi a tema erotico che accompagnano altrettante tavole dell'incisore Marcantonio Raimondi. Il tono fortemente licenzioso dei sonetti e delle illustrazioni attirano l'ira del potente vescovo Gian Matteo Giberti che nell'estate del 1525 lo fa accoltellare da un suo sicario. Nel 1527 si trasferisce a Venezia dove passa il resto della sua vita. OPERE DI PIETRO ARETINO I Dubbi amorosi, scritti poco dopo i Sonetti. Si tratta di una raccolta di 31 componimenti poetici ciascuno dei quali inerente ad un “dubbio”, cioè un problema riguardante situazioni amorose di mogli, mariti e prostitute che hanno il sesso come unico oggetto di discussione: ogni dubbio viene brevemente illustrato, ed ogni componimento si chiude con una massima su come risolvere ognuno di questi problemi. L'opera suscita scalpore non solo per l'argomento, scandaloso ed assolutamente nuovo per l'epoca, ma anche perché associa la sessualità al concetto di amore, un sentimento al centro della letteratura rinascimentale, ma che lo intendeva solo in chiave sentimentale e platonica. Del periodo veneziano fa invece parte l'unica tragedia mai scritta dall'Aretino: l'Orazia. La tragedia viene pubblicata per la prima volta nel 1546, cioè nel pieno del periodo veneziano dell'Aretino, che però la dedica al Pier Luigi Farnese. COSA SIGNIFICA ESSERE COTIGIANA PER ARETINO? Nella commedia La cortigiana e nei Ragionamenti numerosi sono i dialoghi tra prostitute, in una parodia del dialogo petrarchistico, incentrati sulla conoscenza trasmessa da una donna più anziana ed esperta a una più giovane in merito alla vita amorosa e ai suoi risvolti. Si tratta di un codice dell’amore profano che nelle intenzioni dell'autore deve mostrare come la carriera della cortigiana,ovvero la prostituta d’alto bordo, sia la più sicura e la più onesta per una donna. Traspare come l’Aretino abbia capito prima dei contemporanei il valore dell’opinione pubblica, con un sottotesto amaro che accenna alle problematiche della vita cortigiana romana, da lui ben conosciute. CRISTOFORO COLOMBO Nacque nel 1451 a Genova, nel vico dell'Olivella, presso la torre di questo nome della quale il padre era guardiano, da Domenico e Susanna Fontanarossa.Le principali fonti della biografia del Colombo sono le Historie della vita e dei fatti di C. C. per don Fernando Colombo suo figlio, Venezia 1571 (traduzione italiana di un originale spagnolo perduto, attribuito al figlio del C., data alle stampe dopo la morte dell'autore presunto), e la Historia de las Indias del domenicano Bartolomé de Las Casas,che poté attingere agli archivi del Colombo. Colombo era partito dal porto di Palos in Spagna dirigendosi verso ovest per trovare una nuova rotta marittima per le indie. Era convinto che attraverso il mare Oceano, così era conosciuto allora l’Atlantico, avrebbe raggiunto l’Asia. A farlo convincere di ciò erano state le carte nautiche del suocero e i racconti dei marinai che parlavano di misteriose terre al di là del mare. Fu così che vagò in Europa alla ricerca di qualcuno che potesse finanziare la sua spedizione, ricevendo però il rifiuto sia del re del Portogallo che dei reali di Spagna. Nell’aprile di quello stesso anno però finalmente Colombo riuscì, grazie alla propria insistenza, ad ottenere la copertura finanziaria del suo progetto ed a dettare alcune condizioni alla corona spagnola. Qualora avesse raggiunto le indie avrebbe ottenuto il titolo di ammiraglio e la carica di viceré e “governatore delle terre scoperte”, oltre al 10% degli introiti commerciali sulle nuove rotte. Riportata all’inflazione la spedizione costò solamente 30.000 euro,una bazzecola visti i risultati finali. Metà del denaro venne versato dalla corona, l’altra metà dallo stesso Colombo grazie all’intervento di un istituto di credito genovese, il Banco di San Giorgio. Non vennero impiegate tre caravelle, bensì due caravelle e (la Ninae la Pinta), la terza (la Santa Maria), adibita a nave ammiraglia e su cui viaggiava lo stesso Colombo, era invece una caracca. MARCO POLO Ancor giovinetto accompagnò il padre e lo zio Matteo nella grande ambasceria presso il gran khan̄ n̄ Qūbīlāy, intrapresa per incarico di Gregorio X. Partito (1271) da Laiazzo (od. Ayas sul Golfo di Alessandretta), compì così un lungo viaggio attraverso l'Asia anteriore e quindi l'Asia centrale in regioni ancora ignote agli Europei, giungendo attraverso le vastissime steppe mongoliche, dopo tre anni e mezzo dalla partenza, ai confini del "Catai" (Cina) e infine a Pechino. Durante un successivo periodo di prigionia a Genova (fu forse catturato nella battaglia navale di Curzola,1298), narrò la relazione dei suoi viaggi a un compagno di nome Rustichello, che la trascrisse in franco-italiano. Tale relazione, comunemente nota col titolo di Milione (v.), ricchissima di notizie e osservazioni raccolte con acuto spirito critico da Marco durante il suo lungo viaggio, ebbe presto rinomanza e diffusione in tutta Europa. Vissuto nella parte successiva del XIII secolo, l'importanza di Marco Polo è strettamente associata al successo del suo lavoro intitolato Il Milione. L'opera di Marco Polo consiste in una dettagliata narrazione dei suoi viaggi compiuti tra il 1271 e il 1295. La sua rilevanza nella cultura occidentale è così significativa perché rappresenta un'autentica gemma nella letteratura di viaggio di tutte le epoche, e al contempo, la principale fonte storica per conoscere la biografia del viaggiatore. Oggi, grazie al cinema e alle produzioni televisive, la figura di Marco Polo è ancor più celebre. “LA PIETA” DI MICHELANGELO ,,La Pietà” di Michelangelo è una scultura fatta in marmo realizzata da Michelangelo Buonarroti ed è conservata nella Basilica di San Pietro in Vaticano. Databile tra il 1497 e il 1499, la Pietà è considerata il primo capolavoro dell'artista, allora poco più che ventenne, nonché una delle maggiori opere d'arte che l'Occidente abbia mai prodotto. STORIA Durante il primo soggiorno romano di Michelangelo, dal 1496 al 1501, l'artista strinse un rapporto di collaborazione col banchiere Jacopo Galli, che fece da intermediario e garante in diverse commissioni legate a un gruppo di cardinali. Una delle più prestigiose fu quella per la Pietà marmorea per il cardinale francese Jean de Bilhères, destinata alla cappella di Santa Petronilla. Nel 1497 Michelangelo ricevette un terzo dei cinquecento ducati pattuiti come anticipo per iniziare i lavori; il contratto venne però firmato solo il 26 agosto 1498, alla presenza del Galli, con un tempo di consegna previsto in un anno. Effettivamente la statua fu pronta nel 1499 e destinata a Santa Petronilla. Poco prima del 1517 l'opera venne trasferita nella sagrestia della basilica din San Pietro in Vaticano e di nuovo spostata nel vecchio coro sistino nel 1568, poi ancora, per i lavori che procedevano nella basilica, sull'altare dei santi Simone e Giuda, e nel 1626 nel nuovo coro. La collocazione attuale, nella prima cappella a destra della navata della basilica, risale al 1749. Nel 1736 aveva subito un restauro delle dita della mano destra della Vergine. Nel 1964 la Pietà venne prestata dalla Santa Sede alla New York World’s Fair 1964 (l'Esposizione universale di New York del 1964–1965). La statua tornò in Vaticano dopo l'Esposizione. L'iconografia della Pietà veniva tradizionalmente risolta in uno schema piuttosto rigido, con la contrapposizione tra il busto eretto e verticale di Maria e il corpo irrigidito in posizione orizzontale di Gesù. Michelangelo innovò invece la tradizione concependo il corpo di Cristo come mollemente adagiato sulle gambe di Maria con straordinaria naturalezza, privo della rigidità delle rappresentazioni precedenti e con un'inedita compostezza di sentimenti. Le due figure sembrano fondersi in un momento di toccante intimità, dando origine a un'originale composizione piramidale. La Vergine siede su una sporgenza rocciosa, qui ben finita con piccole fessure ad arte. Il livello di finitezza dell'opera è estremo, soprattutto nel modellato anatomico del corpo di Cristo, con effetti di levigatura e morbidezza degni della statuaria in cera, come il dettaglio della carne tra il braccio e il costato, modificata dalla salda presa di Maria opposta al peso del corpo abbandonato. La bellezza della statua risiede forse proprio nel naturalismo straordinariamente virtuoso della scena, fuso con un'idealizzazione e una ricerca formale tipica del Rinascimento, e un notevole spessore psicologico e morale. Il fatto che la Madonna fosse molto giovane suscitò delle critiche, una Madonna giovanissima si trova ad esempio, per restare in ambito romano, nel mosaico di Jacopo Torriti in Santa Maria Maggiore. Per tutto il Quattrocento si continuò a ripetere tali schemi, con una conoscenza più o meno consapevole degli scritti teologici medievali, spesso mediata dagli ordini religiosi committenti. GIORDANO BRUNO QUANDO:1548-1600 TITOLI E CARICHE: Frate domenicano Giordano Bruno, alla nascita Filippo, nasce a Nola, piccolo centro vicino Napoli, nel 1548 da una nobile famiglia campana. Frequenta il chiostro dell’ordine dei domenicani a Napoli. Grazie a questa esperienza decide di prendere i voti, cambiare il suo nome in Giordano e dedicarsi all’arte mnemonica, diventando un esperto. Dopo una breve permanenza a Parigi, si trasferisce in Inghilterra, insegna ad Oxford, per poi riprendere la via di Parigi, dove entra in conflitto con gli ambienti aristotelici da lui tanto denigrati. Trascorre qualche anno in Germania, insegnando a Wittenberg e a Francoforte, per approdare infine nella “tollerante” Venezia. Giordano Bruno è convinto di essere al sicuro, invitato dal nobile Giovanni Mocenigo, desideroso di farsi istruire dal filosofo nell’arte della memoria. Tuttavia, le idee coraggiose e “blasfeme” dell’ex-frate spaventano il nobile, che decide di denunciarlo e consegnarlo nelle mani dell’Inquisizione. Dopo 7 anni di carcere e costanti rifiuti di abiurare, Giordano viene condannato al rogo e arso vivo il 17 febbraio 1600. OPERE Le opere di Giordano Bruno ci riportano costantemente all’interesse primario del filosofo: la natura. Quest’ultima non è osservata e studiata con occhio clinico e rigoroso come stavano facendo molti suoi contemporanei. Giordano Bruno non è uno scienziato e non ambiva ad esserlo ma la conoscenza della natura assumeva in lui la forma dell’esaltazione, dell’amore sconfinato e del possesso repentino di ogni suo segreto. Questo amore per la natura induceva Giordano Bruno ad abbracciare integralmente la vita, da accogliere in ogni sua manifestazione, a tal punto da arrivare a definire la vita sperimentata nel chiostro come una “prigione angusta e nera”. Lo stesso amore per la natura e per la vita lo conducono, infine, a nutrire un serio disprezzo per la religione cristiana, appellata come “santa asinità” e intesa come un insieme di false credenze contrarie alla ragione, che inducono all’ignoranza e minano la libertà degli uomini. Bisognava, secondo il filosofo, tornare a quella religiosità antica, quell’antica sapienza che da Mosè in poi mostrava e indicava la vera strada. LA CENA DE LE CENERI Bruno elogia e difende la teoria dell'astronomo polacco Niccolò Copernico. Nella Cena, Bruno non si limita a sostenere il moto della Terra di seguito alla confutazione della cosmologia tolemaica; egli presenta altresì un universo infinito: senza centro né confini. DE L’INFINITO, UNIVERSO E MONDI “Qual raggione vuole che vogliamo credere chel'agente che può fare un buono infinito lo fa finito? e selo fa finito, perché doviamo noi credere che possa farloinfinito, essendo in lui il possere et il fare tutto uno?Perché è inmutabile, non ha contingenzianell'operazione, né nella efficacia, ma da determinata ecerta efficacia depende determinato e certo effettoinmutabilmente: onde non può essere altro che quelloche è; non può essere tale quale non è; non puòposser altro che quel che può; non può voler altro chequel che vuole; e necessariamente non può far altroche quel che fa: atteso che l'aver potenza distinta dal'atto conviene solamente a cose mutabili” NICCOLO’ COPERNICO QUANDO: 1473-1543 EVENTI STORICI: Rivoluzione scientifica, Formulazione della teoria eliocentrica FAMOSO PER: La formulazione della teoria eliocentrica Niccolò Copernico nacque in Polonia, precisamente a Thorn, il 19 febbraio 1473. Fu cresciuto dal fratello della madre dopo la morte del padre e diventò canonico della cittadina di Frauenborg proprio grazie allo zio, che era vescovo della Chiesa Cattolica. Copernico si dedicò agli studi più disparati: fu medico, teologo, giurista, diplomatico, economista. Basandosi su osservazioni effettuate esclusivamente a occhio nudo, dal 1515 Niccolò Copernico iniziò ad esporre la sua teoria eliocentrica, che poneva cioè il Sole – e non la Terra - al centro dell’Universo e ne delineò sommariamente i principi in un breve trattato, noto come Commentariolus. L’esposizione completa e dettagliata della teoria copernicana avvenne nella sua opera principale, il De revolutionibus orbium coelestium (Sulle rivoluzioni delle sfere celesti), pubblicata nel 1543, anno della sua stessa morte. IL SISTEMA ARISTOTELICO-TOLEMAICO Il primo sistema del mondo fu proposto da Aristotele (IV secolo a.C.). Questo poneva la Terra immobile al centro dell’Universo, circondata da quattro gusci sferici (con gli elementi terra, acqua, aria e fuoco). Il moto di tutti i corpi celesti allora conosciuti (Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno e le stelle fisse) veniva concepito come perfettamente circolare e immutabile su sfere rigide concentriche. Il modello di Aristotele prevedeva l’esistenza di 55 sfere di cui la più esterna era quella delle stelle fisse che, muovendosi con perfetta regolarità, erano concepite come dei segni impressi sulla superficie esterna dell’Universo. Anche il sistema proposto da Tolomeo (100-170) nel II secolo d.C. poneva la Terra, fissa e immobile, al centro del mondo, al centro cioè di diverse sfere concentriche rotanti su cui si muovevano tutti i copri celesti con velocità costante e seguendo traiettorie circolari. LA TEORIA COPERNICANA Niccolò Copernico rovesciò il sistema geocentrico di Tolomeo proponendo un modello eliocentrico, che poneva cioè il Sole e non la Terra al centro dell’Universo e spostando quindi il sistema di riferimento celeste. La rivoluzione copernicana cambiava però radicalmente la concezione che l’uomo aveva dell’Universo e, oltre a rappresentare una vera e propria rivoluzione a livello astronomico, provocò altrettanti cambiamenti anche in altre scienze, quali la matematica e la fisica, che si videro costrette a far fronte a nuove problematiche e interrogativi. In questo modo prese il via il fenomeno culturale noto come “rivoluzione scientifica” che nel Seicento interessò gli ambiti più disparati. IL MODELLO COPERNICANO Il modello proposto da Copernico poneva il Sole, immobile, al centro dell’Universo e prevedeva inoltre la rotazione intorno ad esso dei 6 i pianeti allora conosciuti ovvero, in ordine di distanza crescente: Mercurio, Venere, Terra (con la Luna come satellite), Marte, Giove e Saturno. Il movimento di rotazione della Terra su se stessa in senso antiorariopermetteva di spiegare la rotazione della sfera celeste in verso orario: relativamente ai moti del Sole, dei pianeti e delle stelle (poste ad una distanza maggiore rispetto a quella Terra-Sole) si iniziò infatti a parlare di moti apparenti poiché derivanti dal moto della Terra.