Malattie Infettive 20 - Epatite Virale Acuta - PDF

Summary

These notes detail acute viral hepatitis, covering definition, evolution, etiology, chronicization,fulminant evolution, and diagnosis. The document also includes information on different types of viral hepatitis (HAV, HBV, HCV, etc.). It mentions clinical presentation and laboratory tests, highlighting factors like transaminases, bilirubin, and prothrombin time.

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Malattie infettive 20 – argomento Pag. 1 a 16 Malattie infettive 20 Epatite virale acuta Prof.ssa Uberti Foppa – data 3/11/2023– Autore: Ilde Perillo – Reviewer: Alessia Sulaj Comunicazione di...

Malattie infettive 20 – argomento Pag. 1 a 16 Malattie infettive 20 Epatite virale acuta Prof.ssa Uberti Foppa – data 3/11/2023– Autore: Ilde Perillo – Reviewer: Alessia Sulaj Comunicazione di servizio: la prof.ssa esorta a leggere e guardare le slide sulle lezioni sui casi clinici già presenti online per impostare una corretta valutazione delle patologie. Definizione, evoluzione ed eziologia di epatite virale acuta L’epatite acuta virale è un processo infiammatorio a carico del fegato dovuto alla risposta immunitaria e alla replicazione del virus a livello epatico, che induce la necrosi degli epatociti e la fuoriuscita delle transaminasi. La maggioranza delle epatiti virali si risolve spontaneamente. Spesso accade che il paziente venga riconosciuto come HCV-RNA-positivo, ma non ricorda di aver avuto un’infezione epatica. Questa è l’evoluzione più frequente. Il caso meno frequente, ma al contempo molto grave, è quello dell’epatite fulminante: una buona parte di questi virus può evolvere verso una forma cronica e quindi verso cirrosi e HCC. Dal punto di vista eziologico, si riconoscono le epatiti virali più frequenti causate dai virus principali HAV, HBV, HCV, HDV, HEV. Ci sono poi virus che danno occasionalmente epatite virale: EBV, CMV, Herpes Simplex Viruses 1-2, VZV, Parovirus (principalmente nel paziente immunocompresso fatta eccezione per l’Herpes Simplex che può dare epatite fulminante anche nel paziente non immunocompresso). Per quanto riguarda le epatiti pediatriche virali, queste sono state riconosciute a partire dall’Inghilterra qualche anno fa: si pensa che l’agente eziologico sia l’adenovirus ma non è ancora certo. Si tratta di una patologia grave che può sfociare in epatite fulminante per cui alcuni bambini sono stati trapiantati. Anche nell’area tropicale circolano virus che possono coinvolgere il fegato, come la Febbre gialla, la Febbre di Lassa ed Ebola. Infine, ci sono epatiti non infettive, causate da malattie autoimmuni, malattie metaboliche (es. malattia di Wilson ed emocromatosi) e da farmaci, in particolare da paracetamolo. Cronicizzazione L’epatite A non evolve mai verso la cronicizzazione. L’epatite B può evolvere verso la cronicizzazione, laddove sia interessato un neonato da mamma HbsAg positiva. In questo caso il neonato deve essere sottoposto a immunoglobuline e vaccino alla nascita entro 48 ore, poiché questo riduce il tasso di cronicizzazione. L’epatite C evolve verso la cronicizzazione nel 70- 90% dei casi. L’epatite D, causata dal virus difettivo HDV, può dare co-infezione laddove l’ospite si infetti contemporaneamente con HBV e HDV, oppure sovra-infezione laddove l’ospite ha già un’epatite B e in seguito contrae anche l’epatite delta. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 2 a 16 L’epatite E si pensava fosse solo da importazione, ma negli ultimi anni sono stati riportati quasi esclusivamente casi autoctoni quindi è fondamentale ricercare anche questo virus nel momento in cui ci troviamo davanti un paziente con epatite di ndd (natura da determinare). Il virus dell’epatite E ha la stessa valenza in termini epidemiologici del virus dell’epatite A. Ci si può contaminare tramite la carne di cinghiale cruda o poco cotta, in particolare nelle salsicce. Evoluzione fulminante Tutte le epatiti possono evolvere verso una forma fulminante, ed è sempre fondamentale seguire il paziente molto da vicino finché non si è assolutamente certi che non sta procedendo verso una fulminante. Per quanto riguarda l’epatite A, questa può evolvere in epatite fulminante soprattutto in pazienti che hanno già una patologia epatica (esempio: un paziente che ha già una cirrosi da epatite B). Quindi in un paziente con un’epatite cronica bisogna sempre valutare se è già venuto in contatto con il virus dell’epatite A e in caso contrario vaccinarlo. Riguardo l’epatite C, in essa vale lo stesso ragionamento dell’epatite A. L’epatite B è quella che, anche da sola, evolve più rapidamente verso una fulminante. L’epatite E, nel soggetto immunocompetente, può evolvere se abbiamo delle patologie epatiche sottostanti. Ma il problema si pone nel caso in cui la paziente si gravida: ha un tasso di epatite fulminante molto alto soprattutto nel terzo trimestre di gravidanza. Herpes ed EBV sono abbastanza rari come evoluzioni, ma sono anche situazioni abbastanza complesse nei pazienti fragili e trapiantati. Bollettino Seieva In Italia esiste un gruppo di lavoro dell’istituto superiore di sanità chiamato SEIEVA (sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute) che si occupa di raccogliere i dati epidemiologici italiani e pubblicarli ogni anno in un bollettino. Nell grafico a destra, viene presentato l’andamento dell’incidenza delle epatiti A, B e C. In particolare l’epatite B, quella in viola, risulta la più controllata grazie alla vaccinazione obbligatoria dal ’91. Si notano comunque alcuni casi di non-responder, alcuni per via dell’immigrazione di bambini non vaccinati da parte di paesi poveri e altri per via di anziani nati prima del 91. I fattori di rischio negli ultimi 2 anni si confermano essere i trattamenti estetici (manicure, pedicure, piercing e tatuaggi), seguiti dai comportamenti sessuali promiscui. Si nota un andamento simile anche per l’epatite C, grazie ai farmaci che abbiamo a disposizione, con pochissimi effetti collaterali, pochissimo tempo di terapia e altissima efficacia. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 3 a 16 L’epatite A, ogni tanto sfugge con piccole epidemie perché è una malattia prevalentemente alimentare; quindi, laddove ci siano dei crostacei infetti e che non vengono ben cotti ci si può contagiare. Presentazione clinica La clinica si distingue in tre fasi. Fase prodromica: si manifesta come una sindrome simil-influenzale; quindi, viene difficilmente riconosciuta a meno che si presentino i seguenti segni e sintomi: nausea, vomito, atralgia, malessere, astenia, calo ponderale, prurito e orticaria. Può durare da 3 giorni a 3 settimane. Fase itterica: dura da 2 a 6 settimane. All’ittero si accompagnano urine scure e feci chiare, in più l’esame obiettivo, se ben fatto, può confermare epatomegalia. Fase convalescente: risoluzione spontanea della sintomatologia e dell’ittero. Esami di laboratorio ↑ Transaminasi, che risulteranno elevate a causa della fase di necrosi epatocitaria; quasi tutte le epatiti che guariscono hanno solo questa fase; quindi, avranno come unico valore alterato le transaminasi (e in alcuni casi gGT, ALP e bilirubina). Le ALT risulteranno più elevate rispetto alle AST (ALT>AST) a causa del rapporto presente all’interno dell’epatocita e di solito sono presenti con un valore di ALT>1000 U/L. Ci sono 2 patologie importanti in cui avviene l’esatto opposto, ovvero troveremo valori più alti di AST rispetto all’ALT, poiché causate da necrosi di cellule in cui il contenuto di transaminasi è opposto rispetto all’epatocita: l’infarto miocardico e la necrosi muscolare. N.B: nel caso in cui ci fosse un paziente che presenta un valore di ALT corrispondente a 2000 U/L ma ha una sintesi normale, non ci si deve preoccupare perché si tratta di un’evoluzione spontanea. ↑ gGT (gamma glutamil-transferasi) e ALP (fosfatasi alcalina), enzimi di stasi che quando elevati sono indicativi di un’ostruzione delle vie biliari, dovuta all’infiammazione dei vasi come in caso di colangite, oppure ad uno stop come un calcolo biliare o un tumore; mai accettare un paziente con questi valori alti senza aver fatto prima un’ecografia dell’addome nel caso in cui ci sia un incremento delle transaminasi o della bilirubina, altrimenti rischiamo di accettare un paziente non di nostra competenza. ↑ Bilirubina, anch’essa indicativa di stasi epatica; se raggiunge valori >30 mg/dL è indice di una patologia più severa. Può essere rilevata anche a livello delle urine a causa dell’alterata circolazione enteroepatica. ↑ Tempo di protrombina (PT o INR), indicativo dell’alterazione degli enzimi di sintesi epatica; quando un’epatite virale acuta evolve verso un’epatite fulminante incrementa sempre il tempo di protrombina, tant’è che un PT>/=1,5 è uno dei criteri utilizzati dalle linee guide per definire che quel paziente può evolvere verso un’epatite fulminante. Prima di accettare il paziente bisogna sempre richiedere questo esame (non è compreso negli esami di screening standard). ↓ Albumina, indicativa di una riduzione della sintesi epatica; quando il fegato è coinvolto per oltre il 60% da necrosi iniziamo ad avere alterazioni di questi valori (albumina e PT). Emocromo, che rileverà linfocitosi, perché si tratta di virus. ↑ Creatinina, incrementa nelle forme più gravi. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 4 a 16 ↑ Ammonio, incrementa nelle forme più gravi perché normalmente viene convertito in urea a livello epatico per poi essere eliminato e il fegato in questo contesto non riesce a svolgere questo lavoro. Quindi, gli obiettivi clinici in pazienti con epatite virale sono: fare la diagnosi eziologica; stabilire la possibile evoluzione e le possibili complicanze; stabilire la terapia se necessaria. Diagnosi HAV: la rilevazione degli anticorpi IgM nel siero permette di fare diagnosi certa di infezione acuta; e capisco com’è stata acquisita perché potrebbe aver contagiato i familiari. La rilevazione delle IgG è indicativa di una infezione pregressa. Se non c'è una patologia sottostante, il pazienta guarirà e dovrà essere controllato per un tempo indicativo di 6 mesi. HBV: per fare diagnosi di infezione acuta devo rilevare HbsAg (antigene S) e HBcAb-IgM (anticorpi contro il core), tuttavia potrebbe trattarsi anche di una riacutizzazione; per escludere questa possibilità chiedo al paziente se ha mai fatto in precedenza l’HBsAg (se questo era negativo verosimilmente ci troviamo davanti a un’infezione acuta), oppure studio la struttura del parenchima epatico, che nell’ambito dell’infezione acuta presenterà un rigonfiamento degli epatociti, mentre nell’ambito di cronicità molto avanzata verso cirrosi ci sarà una componente fibrotica, assente in condizione acuta. Per eseguire questo studio del parenchima tendenzialmente non si fa più la biopsia perché ha una complicanza (anche se rara), ovvero il sanguinamento; abbiamo un altro test di imaging, chiamato fibroscan, che è una specie di ecografia che ci dice quanta fibrosi c’è. Per fare diagnosi di infezione pregressa devo rilevare le IgG contro l’antigene S e gli anticorpi contro il core. Dal punto di vista epidemiologico, i familiari e/o conviventi dovranno essere vaccinati. HCV: non abbiamo le IgM, quindi non abbiamo marcatori per fare diagnosi certa di infezione acuta, perché anche rilevando l’RNA virale e le HCV-IgG (in realtà di solito si rilevano gli anticorpi totali) non possiamo distinguere tra una situazione cronica e una prima infezione. Dal punto di vista epidemiologico, qui non c’è la possibilità di un vaccino ma occorre avvisare i conviventi/famigliari del paziente riguardo le misure preventive per evitare di essere contagiati. HEV: non è mai cronica, quindi basta rilevare l’RNA virale nel siero per fare diagnosi di infezione acuta. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 5 a 16 Epatite fulminante La definizione di epatite fulminante più ampiamente accettata include evidenza di anomalie della coagulazione, solitamente un INR > 1,5, e un’alterazione mentale (dovuta all’encefalopatia epatica) in un paziente senza cirrosi preesistente. Dal punto di vista eziologico, le infezioni virali rappresentano circa il 40% delle epatiti fulminanti, mentre le altre cause sono di tipo prevalentemente farmacologico. In alcune nazioni le cause prevalenti di epatite fulminante sono il paracetamolo, l’avvelenamento da funghi, malattie metaboliche ed anche cause criptogenetiche. Tutte quelle elencate (colonna di sinistra nella tabella sottostantte) sono patologie che vanno incontro a trapianto epatico, mentre le patologie sulla destra, nonostante siano causa di epatite fulminante, non sono da segnalare per il trapianto, ad esempio l’infiltrazione neoplastica non è da segnalare per il trapianto, perché toglieremmo un organo a un altro paziente che ha maggiori probabilità di sopravvivenza. L’epatite fulminante si presenta con diverse tempistiche: la classificazione più utilizzata è O’Grady System, che distingue una forma iperacuta (di solito sono quelle da virus), in cui nell’arco di una settimana il paziente o viene trapiantato o muore, una forma acuta, che dura fino a 4 settimane, e una forma subacuta (sono quelle prevalentemente da farmaci). La prevalenza delle eziologie dell’epatite fulminante è diversa nelle diverse aree geografiche, per esempio in Inghilterra la maggior parte è dovuta all’utilizzo di paracetamolo. Le ultime 2 epatiti fulminanti viste dalla professoressa sono state in due ragazze, una che ha avuta una forma subacuta da ormoni per l’irsutismo, l’altra un’epatite da Herpes. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 6 a 16 Assessment La tabella in figura è stata realizzata dalla Società Europea per lo studio delle malattie epatiche e indica quali sono gli accertamenti da richiedere per un paziente con un sospetto iniziale di acute liver failure. “Iniziale” perché laddove il sospetto venga confermato, il paziente non può rimanere nel reparto di emergenza ordinaria, ma deve essere trasferito in terapia intensiva e indirizzato verso il centro trapianti. Gli accertamenti da richiedere sono: fattori della coagulazione test di funzionalità epatica test di funzionalità renale ammonio (per la valutazione dell’encefalopatia epatica) lattati dati eziologici marcatori autoimmuni (ANA, ASMA, immunoglobuline) lipasi e amilasi (enzimi che incrementano in caso di pancreatite) N.B. La pancreatite è una condizione che si associa quasi sempre all’epatite fulminante da farmaci, in particolare a quella di paracetamolo. Dal punto di vista delle caratteristiche cliniche, la perdita della funzionalità epatica induce: riduzione della gluconeogenesi —> ipoglicemia riduzione della clearance dei lattati —> acidosi lattica riduzione della clearance dell’ammonio —> iperammoniemia riduzione della sintesi dei fattori della coagulazione —> questi pazienti sanguinano molto facilmente Dal punto di vista cerebrale, si evidenzia un quadro di encefalopatia epatica, indotta da edema cerebrale, dall’incremento della pressione intracranica e dell’iperammoniemia. Le complicazioni neurologiche in genere sono la principale causa di morte del paziente, se non riesce ad arrivare al trapianto. Per quanto riguarda la diagnosi differenziale (Table 2-6), la tabella illustra tutti i marcatori da andare a ricercare: di tipo virale di tipo farmacologico di tipo vascolare correlati alle pazienti gravide di tipo neoplastico Attualmente, i trapianti epatici per neoplasie sono in aumento. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 7 a 16 Dal punto di vista delle problematiche cliniche (Table 4) che possono presentarsi mentre un paziente aspetta di capire se può essere o meno trapiantato, si hanno: infezioni —> questi pazienti vanno trattati con terapia antibiotica empirica coagulopatia insufficienza renale —> controindicazione al trapianto epatico encefalopatia epatica Una maggiore possibilità di sopravvivenza post trapianto si ha se il paziente viene gestito precocemente in una terapia intensiva di un centro trapianti. Nel momento in cui si sospetta una possibile evoluzione in epatite fulminante e il paziente soddisfa i criteri di definizione, bisogna trasferire il paziente. Gli stadi più gravi e avanzati di un’encefalopatia (II, III e IV) sono più semplici da diagnosticare perché quasi sempre sono accompagnati da alterazioni elettroencefalografiche e da situazioni cliniche come il flapping tremor. Al contrario, è abbastanza difficile diagnosticare un paziente al primo stadio perché ha una sintomatologia neurologica molto fluttuante e molto lieve. Nonostante il paziente possa presentare… - confusione molto lieve - disordini del ritmo sonno-veglia (si addormenta frequentemente) - occasionale euforia - tremori non evidenti ed EEG normale …nel momento in cui si richiama la sua attenzione, il livello di veglia ritorna normale, non presentando nessun altro segno o sintomo. In questa fase iniziale se si riesce a trasferire il paziente che poi sarà indirizzato al trapianto la prognosi è migliore. N.B. Il mancato trasferimento di un paziente non ha solo implicazioni di tipo professionale, ma anche di ordine medico-legale. Uno dei segni tipici dell’iperammoniemia è il flapping tremor (asterixis): il paziente allunga le braccia e le mani verso l’alto e si presenta il cosiddetto “battito d’ali”. Definizione: movimenti di flessione ed estensione delle mani, irregolari e molto ampi, simili al battito delle ali di una farfalla, presenti nel coma epatico, nelle insufficienze respiratorie e renali. Il video mostra una paziente sub-intensiva in attesa di trapianto. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 8 a 16 Si evidenzia: tipico flapping tremor ecchimosi sulle mani —> questi pazienti sanguinano molto facilmente per via dei difetti di sintesi dei fattori della coagulazione La prof ha più volte sottolineato di volersi soffermare solo sui concetti più complessi, lasciando alle competenze degli studenti la lettura e l’analisi dei casi clinici. Prognosi In assenza di trapianto la mortalità è molto alta (80%), ma in unità di terapia intensiva il paziente ha una chance intorno al 20% di sopravvivenza. La presenza di ittero per almeno una settimana prima della comparsa di encefalopatia è associata a prognosi infausta ed è spesso criterio di esclusione dalla lista di attesa per il trapianto. Se i pazienti con un quadro di epatite acuta fulminante non vengono trapiantati in genere vanno verso la morte, anche se ci sono alcuni casi che possono recuperare. Ovviamente, essere in un centro specialistico e in una terapia intensiva di un centro trapianti abbassa la % di mortalità. I pazienti con quadri clinici di questo tipo dovrebbero essere trasferiti tutti in un terapia intensiva vicino ad un centro trapianti. La controindicazione maggiore di un trapianto è la multi-organ failure, soprattutto insufficienza renale. Solitamente post-trapianto, la maggior parte dei pazienti segue un decorso clinico pulito con % di sopravvivenza a distanza di un anno e una prognosi nel lungo termine molto buone (80-90%). I pazienti che vengono persi, invece, di solito sviluppano infezioni opportunistiche post-trapianto. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 9 a 16 Diagnosticare e gestire un paziente con un’epatite acuta fulminante, vuol dire trasferirlo immediatamente in un reparto di terapia intensiva. Ricorda!! Per una corretta ed efficiente diagnosi: in caso di alterazione dello stato di coscienza in associazione a difetti dei fattori di coagulazione, bisogna consultare immediatamente uno specialista di terapia intensiva. EPATITE A La trasmissione di epatite A avviene tramite: ingestione di cibo e acqua contaminati contatto diretta con persone infette Inizialmente il virus è presente a livello fecale motivo per cui si diffonde abbastanza bene nei bambini. Dalle feci il virus entra in circolo: alla riduzione del virus nelle feci si affianca un incremento delle transaminasi, che in genere si normalizzano nell’arco di 2 mesi. Ricorda: è importante monitorare il paziente fino alla normalizzazione delle transaminasi, per poi riaffidare il paziente al medico di base, già avviato verso la guarigione. Purtroppo, non tutti gli Stati hanno incrementato delle corrette campagne vaccinali e delle corrette modalità di gestione delle infezioni da cibo che permetterebbero il controllo di questa problematica; naturalmente questa mancata gestione è prevalentemente a carico dei paesi poveri del mondo come Africa. (come evidenzia la mappa in figura). DIAGNOSI Per quanto riguarda la diagnosi: conta delle IgM-HAV nel siero Per quanto riguarda l’evoluzione clinica, il decorso non è mai lineare. L’epatite A è un’infezione asintomatica che di solito guarisce spontaneamente, ma bisogna tenere a mente le possibili forme recidivanti, caratterizzate da colestasi prolungata fino a 1-2 mesi, osservabile dall’aumento di bilirubina. Nel caso in cui fosse sintomatica, può: - evolvere verso una forma di acute liver failure, esclusivamente se il soggetto presenta una patologia epatica sottostante diversa; - dare complicanze extraepatiche. molto importanti: quasi tutti i virus epatici possono dare queste complicanze (artralgie e rash cutanei; manifestazioni neurologiche come la sindomre di Guillain-Barrè, mononeuriti e mielite trasversa, pancreatite, miocardite e crioglobulinemia) Malattie infettive 20 – argomento Pag. 10 a 16 Sia per l’acute liver failure che per le complicanze extraepatiche, si può andare incontro a morte. L’epatite acuta asintomatica può essere colestatica: può associarsi per parecchio tempo ad un aumento della bilirubina per poi risolversi nell’arco dei sei mesi. L’acute liver failure è rara in pazienti affetti da epatite A ma è frequente in quei pazienti che presentano un’altra patologia epatica. è Questi pazienti devono essere vaccinati. Il vaccino per l’epatite A ha un’ottima copertura: purtroppo la maggior parte dei pazienti che si presenta in ambulatorio con diagnosi di epatite cronica B o C o non ha la copertura per la A o non è stata valutata la sierologia per capire se il paziente fosse protetto o meno. In figura sono elencate le manifestazioni extraepatiche che sono moltissime, di varia natura ed estremamente importanti come le manifestazioni neurologiche. Riportiamo la slide (solo mostrata dalla prof) che presenta le caratteristiche del vaccino e della tipologia di immunizzazione. Laddove il paziente si debba recare in una zona endemica per epatite A, anche solo per turismo: il tempo che deve intercorrere tra l’esecuzione del vaccino e la partenza è almeno di due settimane per aspettare la risposta; se le tempistiche sono minori e il rischio è elevato allora si consigliano le immunoglobuline. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 11 a 16 EPATITE B È un’epatite importante per gli ospedali e per i lavoratori della sanità (occupational hazard for health workers). L’epatite B è una malattia abbastanza complessa perché è una patologia dinamica nella sua evoluzione (non statica come l’epatite A o C). È un’infezione nocosomiale importante e la trasmissione avviene tramite contatto con sangue o altri fluidi corporei di una persona infetta. Infatti, è una delle infezioni che viene trasmessa più facilmente attraverso rapporti sessuali non protetti. Può essere causa di un’infezione acuta prevalentemente (che guarisce in modo assolutamente spontaneo) o più raramente di un’evoluzione verso una forma cronica. Il vaccino ha una copertura ottima ma ogni tanto il paziente non risponde (non- responder): i motivi non sono molto chiari, anche se ci sono dei fattori di rischio che si associano alla non risposta. Dal punto di vista epidemiologico, viene suggerito lo screening: negli health care providers; nelle famiglie che adottano bambini provenienti da zone con scarsi programmi vaccinali; nelle carceri; È una patologia diffusa in tutto il mondo, più frequentemente nelle zone più povere. Dal punto di vista epidemiologico distinguiamo: aree a bassa prevalenza laddove il tasso sia inferiore a 2%, prevalenza moderata quando è tra 2 e 8% elevata quando è oltre l’8% della popolazione; In Italia siamo a bassa endemia grazie alla vaccinazione. Esistono parecchi genotipi HBV e il motivo per cui andrebbero valutati è che nell’epoca pre-antivirali diretti (dove i pazienti erano trattati solo con interferone) si assisteva a risposte diverse: genotipo A rispondeva molto bene genotipo D risponde molto male Malattie infettive 20 – argomento Pag. 12 a 16 La ricerca dei genotipi ha quindi un significato prognostico sulla risposta antivirale. Alcuni autori dell’sud-est asiatico hanno evidenziato dei dati che correlano alcuni genotipi B con una maggior frequenza di evoluzione verso l’epatocarcinoma. Caratteristiche cliniche Le caratteristiche cliniche principali sono: periodo di incubazione piuttosto lungo (in media 60-90 giorni) ittero presente in quasi la metà dei casi evoluzione in epatite fulminante nello 0,5-1% dei casi quando c’è infezione acuta da HBV è più facile che il paziente guarisca piuttosto che cronicizzi La prof si sofferma sulla parte evidenziata in rosso La fibrosi può essere reversibile ed è maggiore nei casi che evolvono verso la cirrosi. L’utilizzo degli antivirali diretti non solo è in grado di negativizzare l’HBV-DNA ma è in grado addirittura di rendere reversibile la fibrosi epatica (quindi buona parte della patologia). !!! L’HBV può essere tenuta sottocontrollo in modo che non evolva ma, non può essere curata con i farmaci che si hanno a disposizione: il DNA virale sarà sempre presente come ccDNA a livello epatico e potrà riattivarsi in condizioni di immunosoppressione. Anche laddove il paziente abbia avuto un’epatite B e guarisca, quindi passi da HBsAg positiva a negativa, il ccDNA rimane a livello intraepatico e può riattivarsi in condizioni di immunosopressione. Questo è il motivo per cui tutti i pazienti, che devono sottoporsi a chemioterapia, bisogna sottoporli a screening dei marcatori HBV: in base a che siano HBsAg negativi o positivi, si attuano strategie diverse. Inoltre, il paziente viene seguito anche per possibile riattivazione di ccDNA che può riprende a replicare in condizioni di immunosoppressione. Decorso sierologico Il paziente deve perdere HBsAg entro sei mesi, altrimenti dopo sei mesi l’epatite viene definita cronica. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 13 a 16 Diagnosi di laboratorio HBsAg —> antigene di superficie indicativo di infezione attiva. Il vaccino che noi attualmente abbiamo è fatto con HBsAg ricombinante; quindi, un paziente vaccinato svilupperà solo gli anticorpi per HBs e non quelli anti-HBc. Anticorpi anti HBs corrispondono alla scomparsa dell’antigene S e sono indicativi della guarigione del paziente e della clearance completa del virus; questo vale per tutti gli antigeni tranne per il ccDNA che rimane nel fegato. HBeAg è un antigene del core virale, la cui presenza indica la replicazione attiva del virus e quindi un’elevata infettività. Anticorpi anti-HBe indicano una replicazione virale più bassa, ma l’infezione è ancora presente. Anticorpi IgM anti HBc sono marker di infezione acuta o di riattivazione (flare). Anticorpi IgG anti HBc sono marker di infezione guarita o cronicizzata. HBV DNA si trova tramite PCR e indica la presenza di replicazione virale attiva; viene utilizzato per monitorare l’efficacia della terapia. Il paziente che risponde agli antivirali deve negativizzare l’HBV-DNA. Caso (1): Il paziente non è mai venuto a contatto con il virus e va vaccinato. Caso (2): Il paziente è entrato in contatto con il virus ed è guarito spontaneamente: presenta gli anti-HBs (+) e i total anti-HBc (+). Caso (3): Il paziente è stato vaccinato. Il vaccino è fatto da HBsAg e quindi si hanno solo anticorpi anti-HBs. Il cut-off degli anti-HBs in genere è intorno alle 10 unità/ml: < 10 unità/ml —> non responder > 10 unità/ml —> responder Malattie infettive 20 – argomento Pag. 14 a 16 Caso (4): Il paziente presenta un’infezione acuta che sta evolvendo o verso la cronicizzazione o verso la guarigione. Caso (5): Il paziente presenta un’infezione cronicizzata con solo i total anti-HBc (+). Caso (6): I pazienti che hanno HBsAg (-), total anti-HBc (+) e anti-HBs (-) sono O falsi positivi O pazienti guariti che hanno visto il virus ma hanno perso gli anti-HBs (-), mantenendo solo i total anti-HBc. Questi pazienti vengono studiati perché sono quelli che si associano ad una possibile riattivazione del ccDNA nel caso in cui vadano incontro ad una immunosoppressione. Come dato eziologico è indefinito: o è guarito o è un falso positivo ma non è cronicizzato perché sennò HBsAg dovrebbe essere positivo. Epatite acuta 1% forma fulminante 99% guarigione Alcuni pazienti vanno incontro ad una diagnosi di HBV con possibilità di evoluzione verso la forma cronica in un 10% dei casi: - 20-40% dei casi progredisce verso cirrosi ed eventualmente carcinoma epatocellulare - 60-80% dei casi non progredisce La seguente suddivisione è stata tratta e riportata dalla sbobina 2025 sulle epatiti virali per completezza dei concetti. La prof non l’ha trattata a lezione. L’epatite B ha un’evoluzione dinamica che viene distinta in 4 fasi: - Immune tolerance phase, che corrisponde a un’infezione cronica HBeAg-positiva, tipica dei neonati che acquisiscono l’infezione dalla mamma e che in genere hanno tanto virus e transaminasi normali perché è una fase di immunotolleranza; si tratta di pazienti molto contagiosi ma che non hanno malattia, tant’è vero che nella nuova terminologia vengono definiti HBeAg-positive chronic infection e non hepatites. - Immune active and/or clearance phase, dove il sistema immunitario tenta di controllare l’HBV DNA, che tende a scendere, mentre le transaminasi tendono a salire. È la fase di HBeAg-positive chronic hepatitis; è indicato il trattamento. - Immune control and/or residual phase o HBeAg-negative chronic infection; essendo una fase di infezione e non di epatite la terapia non è indicata. - Residual phase and/or disease flares o HBeAg-negative chronic hepatitis; la terapia è indicata. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 15 a 16 Gestione del paziente 1) Paziente sospetto con HBsAg (-) e anti-HBc (+): si tratta di un soggetto che ha affrontato l’infezione ed è guarito; pertanto, non è a rischio di evolvere verso una patologia grave e non avrà bisogno di nessun follow-up specialistico, se non il medico di base; N.B. L’unica accortezza da tener presente è che questi pazienti nel caso in cui dovessero andare incontro ad immunosoppressione (per chemioterapie o altre patologie) dovranno essere monitorati per capire se sottoporli a un’eventuale profilassi per evitare la riattivazione del virus. 2) Pazienti con HBsAg (+): si tratta di pazienti che possono evolvere verso la forma cronica di epatite più o meno cirrotica; pertanto, vanno trattati con anti-virali diretti; Ø Forma cronica di epatite —> presenza contemporanea di virus e innalzamento delle transaminasi (danno epatico) Ø Forma cronica di infezione —> presenza esclusiva del virus I pazienti con forma cronica di infezione vanno monitorati e nel momento in cui si ha il passaggio dalla forma cronica di infezione a quella epatica dovranno essere trattati con anti-virali diretti. Bisogna considerare in questi pazienti il management delle complicanze dovute alla riattivazione del virus. Esempio: Un paziente HBsAg (+) con una infezione cronica che sta progredendo verso una forma cirrotica dovrà essere sottoposto ad un monitoraggio costante tramite ecografia, che valuterà la gravità della cirrosi per evitare un’evoluzione verso un quadro di epatocarcinoma. L’ecografia viene effettuata ogni sei mesi o una volta all’anno. Un marcatore che può evidenziare l’inizio della progressione a epatocarcinoma è l’α-feto proteina, che è aumentata in caso di epatocarcinoma. N.B. L’α-feto proteina non è più inserita nelle linee guida nel management e nel monitoraggio perché può dare dei falsi negativi: nelle fasi iniziali può continuare a risultare negativa nonostante la progressione della cirrosi a epatocarcinoma. Malattie infettive 20 – argomento Pag. 16 a 16 Manifestazioni extraepatiche Di solito sono dovute ad immunoreattività: vasculiti poliarterite nodosa neuropatia periferica glomerulonefrite La prof non ha accennato al trattamento ma per completezza riportiamo quanto spiegato l’anno scorso. TRATTAMENTO I farmaci che abbiamo a disposizione per il trattamento dell’epatite B sono interferone e farmaci antivirali diretti (tenofovir ed entecavir). Questi farmaci non sono indicati per l’epatite acuta; si può considerare la terapia con gli antivirali diretti laddove ci sia un’evoluzione verso la forma fulminante. La differenza principale tra i 2 farmaci disponibile è che il PEG-interferone viene somministrato per un periodo di tempo intorno all’anno e dà una maggiore possibilità di avere una risposta di sieroconversione dall’S all’anti-S, mentre gli antivirali diretti (NUC) vengono somministrati per molti anni, se non addirittura long-life, e hanno l’indicazione alla soppressione dell’HBV DNA, ma una volta sospesi frequentemente la replicazione si riattiva; sono però dei farmaci di facile gestione, senza praticamente effetti collaterali

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