Media e Politica: Partecipazione e Cittadinanza Digitale PDF

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Questo documento analizza le nuove forme di partecipazione politica attraverso i nuovi media, esaminando le opportunità e le sfide della cosiddetta \"democrazia elettronica\" e il potenziale di personalizzazione e spettacolarizzazione della politica.

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Partecipazione e politica nei new media. La cittadinanza digitale. Le nuove tecnologie della comunicazione offrono strumenti significativi per rafforzare il legame tra istituzioni e cittadini, creando opportunità per una “cittadinanza digitale”. Questo concetto si riferisce alla partecipazione attiva...

Partecipazione e politica nei new media. La cittadinanza digitale. Le nuove tecnologie della comunicazione offrono strumenti significativi per rafforzare il legame tra istituzioni e cittadini, creando opportunità per una “cittadinanza digitale”. Questo concetto si riferisce alla partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica attraverso i media digitali, permettendo l’accesso a informazioni personalizzate, la creazione di mobilitazioni e la formazione di gruppi organizzati attorno a interessi comuni. La cittadinanza digitale promuove una maggiore inclusione e condivisione delle responsabilità nelle decisioni pubbliche, facilitando un coinvolgimento continuo nella sfera politica. Tuttavia, come sostiene Pittèri, il potenziale di queste tecnologie è accompagnato da importanti criticità: - Le nuove piattaforme potrebbero portarci a ripensare profondamente cosa significa fare politica, aprendo la strada a nuove forme di partecipazione e decisioni comuni. - I nuovi media rischiano di accentrare potere e informazioni nelle mani di pochi, favorendo il controllo invece che la libertà e alimentando un populismo aggressivo e basato sul consenso di massa. Nel dibattito politico online, la presenza di propaganda e linguaggi demagogici (= del popolo), spesso caratterizzati da emotività e rabbia, rischia di soffocare il confronto razionale e di sostituire il dialogo civile con slogan e invettive. Questo fenomeno alimenta una “democrazia elettronica” distorta, in cui il voto e le opinioni sono espressi senza un’adeguata comprensione dei temi, contribuendo a creare nuove disuguaglianze e divisioni sociali. In questo contesto, è essenziale affrontare questi rischi per garantire che la cittadinanza digitale diventi uno strumento di vera partecipazione democratica. La mitizzazione. La mitizzazione della democrazia elettronica è la tendenza a vedere Internet e i nuovi media come strumenti perfetti per la democrazia. Questa visione idealizzata fa sembrare che online ci sia piena uguaglianza e libertà, dove ogni persona può esprimersi allo stesso modo e ogni opinione conta allo stesso modo. Tuttavia, questa idea ignora la realtà, ovvero che la rete è dominata da: - Grandi aziende che decidono cosa si può vedere o fare. - Leggi che limitano cosa si può condividere e a cui si può avere accesso. - Governi o gruppi che usano Internet per i propri scopi, spesso non democratici. Vedere quindi il web come un luogo perfetto di libertà è un mito, perché nella realtà ci sono molte disuguaglianze e controlli. Nella politica, l’uso dei nuovi media, come internet e i social, ha portato ad un problema: anche se le tecnologie digitali offrono nuovi modi per partecipare, spesso i politici le usano solo per apparire più moderni, senza creare veri strumenti per far partecipare i cittadini. Inoltre, la partecipazione online non è alla portata di tutti: sono soprattutto le persone più istruite e con una buona posizione economica a usarla. Questo crea disuguaglianze, perché solo una minoranza può sfruttare davvero queste opportunità digitali per influenzare la politica. In sostanza, i nuovi media da soli non bastano per aumentare la partecipazione civica, perché ci sono ostacoli economici e sociali che limitano l’accesso e l’uso di queste tecnologie. Tra spettacolarizzazione e personalizzazione. La politica contemporanea, seguendo sempre più le regole del marketing, è diventata un prodotto da vendere. => Spettacolarizzazione: rappresenta la tendenza dei media, specialmente della televisione, a trasformare i contenuti politici in spettacolo. Ciò significa presentare i temi e le figure politiche in modo drammatico, emozionante o sensazionalistico, piuttosto che come parte di un discorso informativo e critico. Questo approccio enfatizza la dimensione spettacolare e visiva della politica, simile a un prodotto da vendere, in cui il cittadino è visto più come spettatore o consumatore che come parte attiva e informata. => Personalizzazione: si riferisce alla pratica di concentrare l’attenzione pubblica sulle personalità e sulla vita privata dei politici anziché sulle loro competenze e sui ruoli istituzionali che ricoprono. La personalizzazione sposta il focus dal programma o dalle ideologie politiche alla figura individuale del politico, che viene spesso mostrato nella sua dimensione intima e familiare per creare un legame emotivo con l’elettorato. Questo processo rende il politico più simile a una celebrità, il cui privato diventa parte della narrazione mediale per attrarre consenso e simpatia. => Vetrinizzazione: è la tendenza a trasformare i media in una sorta di “vetrina” o palcoscenico su cui gli individui e le istituzioni espongono aspetti della propria vita privata o dei propri prodotti, in modo simile a una merce in esposizione. In questo caso, i media e il web non vengono usati per un’interazione autentica, ma piuttosto per presentare un’immagine, esibire contenuti personali o istituzionali senza un reale coinvolgimento del pubblico. La rete diventa così un semplice spazio per “esporre” anziché per dialogare, con un uso spesso superficiale che non soddisfa le reali necessità degli utenti. => Processo di mediatizzazione delle relazioni sociali: è il processo attraverso cui le interazioni sociali vengono sempre più modellate e influenzate dai media e dalle tecnologie della comunicazione. Questo processo, iniziato con la stampa e proseguito con i media di massa e il web, ha trasformato la sfera pubblica, influenzando il modo in cui le persone discutono, formano opinioni e partecipano alla vita collettiva. La comunicazione mediale non è più solo uno strumento informativo, ma ha riorganizzato i settori della vita sociale, influenzando tanto le sfere private quanto quelle pubbliche, politiche, culturali ed economiche. Il pluralismo. I media digitali e il web 2.0 hanno cambiato profondamente il modo in cui le persone partecipano alla vita pubblica. A differenza dei media tradizionali, come giornali o televisioni, spesso controllati da governi o grandi aziende, i nuovi media digitali danno accesso a tante fonti indipendenti, permettendo una maggiore varietà di opinioni e arricchendo così il dibattito pubblico. Questo cambiamento è chiamato “disintermediazione,” perché toglie di mezzo gli intermediari tradizionali dell’informazione, come giornali o partiti politici, e permette ai cittadini di accedere direttamente a tante informazioni, senza passare per i canali ufficiali. Ora le persone comuni possono leggere, commentare e anche produrre notizie, partecipando più attivamente al dibattito pubblico. Secondo lo studioso Dahlgren, questo ha creato una “cyber-trasformazione”: nella nuova sfera pubblica online, sono i cittadini stessi che, partecipando attivamente, svolgono una funzione di controllo democratico, che prima era svolta dalla stampa e da altre organizzazioni legate ai potenti. È nato anche il “citizen journalism,” in cui i cittadini, grazie alla natura interattiva del web, producono e condividono notizie, influenzando l’opinione pubblica senza bisogno dei canali tradizionali. In pratica, tutto questo ha reso più dinamica la formazione dell’opinione pubblica: oggi il potere di influenzare le idee e le conversazioni della società è meno concentrato nei grandi media e più distribuito tra tante persone comuni che condividono le proprie voci e contributi online. Un nuovo modo di fare informazione. L’avvento dei nuovi media ha profondamente modificato il modo di produrre e diffondere informazioni, sfumando i confini tra media tradizionali e digitali. Oggi i lettori non sono più solo destinatari passivi, ma partecipano attivamente tramite commenti, valutazioni e condivisioni sui social, contribuendo alla selezione e alla visibilità delle notizie. Questo processo sottrae ai media tradizionali il tradizionale ruolo di “gatekeeper,” permettendo a notizie e contenuti rilevanti di emergere direttamente da blog e social media, indipendentemente dai canali istituzionali. Tuttavia, questa democratizzazione dell’informazione è ambivalente: da un lato i nuovi media ampliano l’inclusività e la libertà di espressione, rendendo il dibattito accessibile a una pluralità di voci; dall’altro possono polarizzare le opinioni, dando luogo al fenomeno della “cyber- balcanizzazione”. La cyber balcanizzazione è un fenomeno per cui gruppi di persone, online, si isolano in comunità ristrette che condividono le stesse idee e opinioni, evitando o ignorando chi la pensa diversamente. Proprio come i Balcani, una regione divisa in piccoli stati spesso in conflitto, su internet si creano “bolle” o “echo chambers” dove ognuno tende a restare con chi ha convinzioni simili. Questo isolamento può limitare il confronto tra opinioni diverse, rinforzando le proprie idee e, talvolta, generando conflitti o incomprensioni con chi ha opinioni opposte. Internet e la partecipazione politica. I nuovi media e Internet, pur non privi di limiti e manipolazioni, rappresentano strumenti potenti per ampliare gli spazi di discussione pubblica, offrendo nuove modalità di espressione alla società civile. Attraverso blog, commenti, post e social media, i cittadini possono sostenere opinioni e argomentazioni su temi di interesse generale, vigilando e monitorando le dinamiche di potere dal basso. Questo ambiente digitale favorisce in particolare le giovani generazioni, che, contrariamente allo stereotipo di disinteresse politico, cercano spesso forme di partecipazione alternativa rispetto ai canali istituzionali tradizionali. Negli ultimi decenni, la crescente sfiducia nelle istituzioni, il calo della partecipazione elettorale e il declino delle identità collettive hanno segnato un cambiamento radicale: l’individuo tende a sostituire l’azione collettiva con l’autoaffermazione e l’attenzione ai propri progetti personali. Da qui si sviluppano forme di partecipazione non convenzionali, come flash mob, petizioni online, boicottaggi e azioni di disobbedienza civile, che, senza rifiutare la politica, riflettono un coinvolgimento diretto, spesso monotematico e personale. Questa trasformazione implica una nuova “voice” privatizzata, dove il cittadino sceglie di esprimersi in prima persona e senza mediazioni classiche, utilizzando il web 2.0 per farsi sentire. Questa partecipazione ridefinisce il concetto stesso di democrazia, sostenendo una cultura politica basata su interazioni personalizzate e immediate. Le ricerche evidenziano una relazione positiva tra uso di Internet e partecipazione politica, anche se le interpretazioni differiscono: - Alcuni studiosi vedono la rete come stimolo diretto alla partecipazione, grazie alla riduzione delle barriere comunicative e all’inclusione di nuovi gruppi => EFFETTO CAUSALE POSITIVO - Altri sostengono che l’uso di Internet possa ridurre le attività sociali offline, danneggiando il coinvolgimento politico => EFFETTO CAUSALE NEGATIVO - Altri ancora adottano un approccio che considera l’effetto nullo: chi già partecipa attivamente tende a usare Internet per informarsi, senza che il web sia un incentivo per chi è disinteressato => AUTOSELEZIONE Questi modelli non colgono però la complessità del fenomeno: internet può sia rafforzare l’interesse di chi è già coinvolto nella politica, sia incuriosire chi prima ne stava lontano. In un mondo in cui la tecnologia cambia continuamente, è sbagliato avere visioni troppo positive o negative sul suo impatto. I nuovi media creano nuovi spazi pubblici dove la partecipazione politica online dipende dalle diverse culture civiche e dal livello di accesso digitale delle persone. Infine, l’uso della rete per scopi politici dovrebbe essere considerato come una variabile “dipendente”: non è la rete a determinare la partecipazione, ma fattori come le risorse, le motivazioni, e l’inserimento sociale degli individui. Se le persone non si impegnano politicamente, spesso è perché “non possono, non vogliono, o nessuno glielo ha chiesto”. Inoltre, la distinzione tra “online” e “offline” appare superata, poiché le tecnologie mobili rendono possibile la partecipazione politica in qualsiasi luogo e momento, integrando le esperienze digitali e reali in un unico contesto di azione. Gli strumenti della democrazia online. I nuovi media possono favorire la partecipazione e ridurre le disuguaglianze digitali, offrendo opportunità per una cittadinanza più attiva e inclusiva, nota come e-democracy. Questo concetto racchiude diverse dimensioni: inclusione sociale, accesso all’informazione, partecipazione alla sfera pubblica, voto elettronico, iniziativa diretta e coinvolgimento nei processi decisionali. Attraverso queste opportunità, i cittadini possono contribuire a tutte le fasi del ciclo di vita delle politiche pubbliche, dalla definizione dei problemi alla valutazione delle soluzioni, rendendo i processi decisionali più trasparenti e democratici grazie al dialogo e alla cooperazione online. I modelli di e-democracy sono ancora prevalentemente teorici, ma possiamo individuare diverse fasi di evoluzione: 1. E-democracy amministrativa: basata sull’e-government, migliora l’accesso e la trasparenza dei processi amministrativi, rafforzando la fiducia tra cittadini e istituzioni. 2. E-democracy consultiva: le istituzioni coinvolgono i cittadini in alcuni momenti decisionali, offrendo opzioni predefinite su cui esprimere opinioni, anche a gruppi spesso esclusi. 3. E-democracy partecipativa: promuove una maggiore interazione, consentendo ai cittadini di influire su temi pubblici e favorendo trasparenza e ascolto, con strumenti come il voto elettronico. 4. E-democracy deliberativa: il modello più avanzato, mira a una partecipazione completa, dove cittadini e istituzioni interagiscono pienamente e si creano spazi pubblici anche sovranazionali per obiettivi condivisi. La democratizzazione tramite i nuovi media implica l’uso di strumenti informativi e interattivi per favorire la partecipazione civica. Le tecnologie informative, come bacheche online e newsletter, stabiliscono un flusso di comunicazione tra istituzioni e cittadini, promuovendo la trasparenza. Strumenti come email, forum, blog e social media sono invece centrali per il dialogo diretto e paritario, essenziale per un’efficace e-democracy. Oltre al voto elettorale, le tecnologie facilitano anche momenti consultivi, offrendo possibilità di esprimere opinioni su temi specifici tramite il voto elettronico, sebbene con sfide per garantire privacy e sicurezza. Nuovi movimenti sociali. Internet sta anche influenzando l’organizzazione dell’azione collettiva, in particolare all’interno dei movimenti sociali. Questi movimenti sono forme di protesta che difendono diritti specifici e mirano a cambiare la società, spesso incentrandosi su tematiche culturali, identitarie e post- materialistiche, come la difesa dell’ambiente, la parità di genere e la coabitazione tra culture diverse. A partire dagli anni Settanta, si è sviluppato un conflitto legato ai nuovi valori emergenti, che ha determinato significativi cambiamenti nelle società contemporanee. I movimenti sociali si distinguono per alcune caratteristiche fondamentali: - La creazione di visioni alternative della realtà, che alimentano l’identità collettiva e il cambiamento sociale. - L’uso della protesta, sia violenta che non violenta, per esercitare pressione sulle istituzioni politiche e culturali. - La struttura informale e fluida, simile a una rete, che collega individui e gruppi senza la rigidità delle organizzazioni tradizionali, come i partiti politici o i sindacati. Questo permette agli individui di partecipare a un movimento senza essere formalmente iscritti o appartenere a un’organizzazione specifica, ma sentendosi comunque parte di un impegno collettivo. I movimenti sociali si sono evoluti con i cambiamenti delle società: quelli delle società industriali si concentravano sulla lotta di classe e sull’ideale di uguaglianza, mentre quelli più recenti si oppongono alla globalizzazione economica, alle multinazionali e alle politiche neoliberiste, accusate di perpetuare disuguaglianze tra Nord e Sud e di minacciare le identità culturali. I nuovi movimenti sociali trattano temi come la protesta studentesca, il femminismo, i diritti legati alla sessualità, i conflitti etnici e regionali. Questi movimenti, rispetto ai tradizionali, si distinguono per le modalità di protesta più espressive e simboliche, e per l’orientamento verso bisogni espressivi e identitari, come l’autorealizzazione e la difesa dell’ambiente. I nuovi media giocano un ruolo fondamentale, favorendo la creazione di reti flessibili e autonome, che facilitano la partecipazione occasionale e mirata, come dimostrato dalle proteste di Seattle nel 1999 contro la globalizzazione capitalista. I movimenti sociali contemporanei, come quelli Zapatisti, le proteste contro la globalizzazione, la Primavera araba e il movimento Occupy Wall Street, mostrano l’importanza dei nuovi media nel sostenere la mobilitazione e la partecipazione. Questi strumenti digitali non sostituiscono le forme tradizionali di attivismo, come le manifestazioni, ma ne potenziano l’efficacia, favorendo una rapida diffusione delle informazioni. Le mobilitazioni odierne sono caratterizzate da azioni creative, senza strutture formali, e spesso si concentrano su temi identitari e culturali. I new media facilitano anche: - Consumerismo politico: tipo di attivismo che incoraggia i consumatori a fare scelte di acquisto consapevoli, basate su considerazioni etiche, politiche o sociali. In altre parole, i consumatori usano il loro potere d’acquisto come strumento per influenzare pratiche aziendali, sostenendo aziende che adottano comportamenti responsabili e boicottando quelle che sono accusate di operare in modo dannoso, ingiusto o non etico. Questo concetto implica quindi che il consumo di beni e servizi non sia solo una decisione economica, ma anche un atto politico, che può influenzare la società e l’ambiente. - Naming and Shaming: strategia che consiste nell’identificare pubblicamente le imprese, le organizzazioni o le istituzioni che sono accusate di comportamenti immorali o ingiusti, come la violazione dei diritti umani, danni ambientali o pratiche etiche discutibili. L’obiettivo è rendere queste azioni note all’opinione pubblica, in modo da danneggiare la reputazione dell’entità coinvolta. Spesso, si usano i media (sia tradizionali che digitali) per diffondere informazioni dettagliate su questi abusi, con l’intento di esercitare una pressione per costringere queste organizzazioni a cambiare il loro comportamento. In pratica, si cerca di “svergognare” chi ha compiuto azioni ingiuste, influenzando la percezione pubblica e spingendo verso un cambiamento. - Buycotting: è l’opposto del boicottaggio e consiste nel sostenere attivamente imprese o prodotti che rispettano determinati standard etici, sociali o ambientali. In altre parole, i consumatori scelgono deliberatamente di acquistare prodotti da aziende che promuovono il fair trade, la sostenibilità ambientale o altre pratiche socialmente responsabili. Il buycotting mira a premiare le imprese che si comportano in modo etico, incentivando altri a fare lo stesso e stimolando un cambiamento nelle pratiche commerciali attraverso la domanda di mercato. - Cultural Jamming: pratica che consiste nell’interferire e sabotare i messaggi dei media e della pubblicità per mettere in discussione i valori culturali e consumistici dominanti. Il cultural jamming cerca di decostruire o “distorcere” il messaggio originario, spesso creando parodie o modificando immagini pubblicitarie in modo che trasmettano un messaggio critico o alternativo. Un esempio comune è la modifica di un manifesto pubblicitario, alterandone il contenuto o il significato, come ad esempio mettere un naso da pagliaccio su un volto di un politico o manipolare un annuncio pubblicitario di un fast food per sottolineare i rischi per la salute. L’obiettivo è provocare una riflessione critica e svelare le manipolazioni dei messaggi promozionali, facendo perdere credibilità ai poteri economici o politici responsabili di tali messaggi. La comunicazione politica online. I processi di mediatizzazione hanno trasformato la comunicazione politica, creando una stretta relazione tra media e politica. I media digitali hanno reso possibile una partecipazione più diretta dei cittadini, permettendo sia alla politica che ai movimenti sociali di raggiungere un pubblico più ampio, bypassando i canali tradizionali. Le campagne elettorali hanno evoluto il loro formato, passando da una fase premoderna basata su comunicazioni interpersonali a una moderna dominata dalla televisione, fino ad arrivare alle campagne postmoderne che, a partire dagli anni ‘90, sono caratterizzate dalla diversificazione dei mezzi e dal coinvolgimento attivo degli elettori attraverso strumenti digitali come social media e blog, rendendo la comunicazione politica più interattiva e personalizzata. I consulenti professionali, come gli “spin doctor”, svolgono un ruolo chiave nella gestione dell’immagine politica, e la comunicazione si fa pervasiva e permanente, con campagne che non si limitano al periodo elettorale ma continuano costantemente. La campagna elettorale moderna non si limita più a slogan e spot, ma cerca di costruire una relazione continua con il pubblico, che è sempre più autonomo e capace di mobilitarsi grazie alle tecnologie. Un esempio emblematico di questa evoluzione è stata la campagna di Barack Obama nel 2008, che ha sfruttato i networked public per generare mobilitazione diffusa e spontanea. Le nuove tecnologie e i social media permettono quindi una mobilitazione diffusa e spontanea, facilitando la comunicazione diretta tra politici e cittadini, ma anche la diffusione di messaggi e discussioni politiche a livello orizzontale, amplificando la visibilità e il coinvolgimento.

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