Medicina Di Laboratorio #2 (Fase Pre-analitica) PDF
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Università Vita-Salute San Raffaele
2024
Antonio Pipolo e Federica Sibilio
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This document is a lecture on the pre-analytical phase of medical laboratory procedures. It covers topics such as patient preparation, sample collection, and sample handling. The document also includes information regarding exams for medical laboratory students.
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Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 1 a 15 ESAME - 6 appelli ( 2 a Febbraio, 2 a Giugno/Luglio e 2 a Settembre); -...
Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 1 a 15 ESAME - 6 appelli ( 2 a Febbraio, 2 a Giugno/Luglio e 2 a Settembre); - Scritto con 32 domande a scelta multipla; - Senza possibilità di tornare indietro; - 1 punto per ogni risposta corretta e 0 per risposta non data o errata; - 31/32 risposte esatte corrispondono alla lode; - 45 minuti di tempo; - Lezioni bastano come materiale per esame. FASE PRE-ANALITICA Nel laboratorio chimico c’è una divisione tra il tempo che intercorre tra la prescrizione dell’esame e la fornitura del risultato dell’esame, questo tempo è diviso, convenzionalmente, in 3 parti: fase pre-analitica, fase analitica e fase post-analitica. La fase analitica è il tempo dovuto alla produzione fisica dell’esame (anamnesi), la fase post-analitica è la produzione del referto, invece la fase pre-analitica è quella che anticipa la fase analitica. Con l’introduzione dell’automazione, robotizzazione e della digitalizzazione, le fasi analitica e post-analitica si sono molto ridotte, proprio per ridurre il tempo che intercorre fra la prescrizione da parte di un medico di un esame e il risultato stesso dell’esame. A differenza delle altre due, la fase pre-analitica non è così comprimibile, anche perché una parte importante di questa fase, è legata ancora all’intervento umano. La fase pre-analitica comprende una serie di diverse procedure come: - Preparazione del paziente; - Scelta del materiale per la raccolta; - Raccolta del campione biologico; - Conservazione e trasporto del campione; Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 2 a 15 - Preparazione del campione biologico per le analisi (es. centrifugazione, separazione di siero e/o plasma, congelamento se l’analisi non viene fatta al momento, identificazione in maniera automatica con il codice a barre). Questa fase è molto importante dal punto di vista: - Quantitativo: come detto precedentemente, questa è l’unica fase che non viene compressa (a differenza della fase analitica e post-analitica), quindi importante perché rappresenta poco più della metà dell’intero ciclo, che prende il nome di TAT (Turn Around Time), tempo che trascorre tra prescrizione e ottenimento del risultato; - Qualitativo: fondamentale per ottenere dei risultati che siano accurati e utili al fine di avere una buona interpretazione da parte del medico, in modo da aiutare il paziente. PREPARAZIONE DEL PAZIENTE Si divide in varie fasi: - Digiuno - Riposo - Condizioni fisiche/mentali del paziente - Posizione (es. Trendelenburg) - Laccio Emostatico - Farmaci - Prove funzionali DIGIUNO Il prelievo dei campioni biologici, in particolare il prelievo di sangue, viene effettuato dopo un periodo di digiuno (8/12 h) ed è raccomandato farlo di mattina, questo perché il digiuno ci permette di ottenere quelli che sono i valori basali. I valori basali ottenuti, vengono utilizzati anche come valori di riferimento, e di conseguenza ci permettono di avere un range che permette di constatare se le condizioni del paziente sono fisiologiche o patologiche. Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 3 a 15 Il digiuno, in più, permette di ottenere campioni non lipemici, ovvero dei campioni con materiale biologico limpido. Al contrario, i campioni lipemici portano ad avere un sangue torbido e di conseguenza difficilmente utilizzabile per alcune tecniche di laboratorio, come quelle che utilizzano il passaggio della luce attraverso la provetta (es. dopo un pasto dove vengono introdotti dei lipidi, successivamente si formano per la digestione, dei chilomicroni che creano dei residui all’interno del sangue, rendendolo torbido). L’unica eccezione al digiuno è quando si tratta di pazienti in emergenza/urgenza, dove, ovviamente, non si può fare a meno del prelievo, anche se il soggetto non è a digiuno; chi però dovrà interpretare quelle analisi, dovrà essere informato, in modo da fare una valutazione differente. RIPOSO Il prelievo ideale deve essere effettuato dopo riposo di circa 15 minuti e in posizione seduta. Il riposo è importante perché contrasta quello che è l’esercizio fisico (non per forza intenso o sportivo, ma considerato tale anche il semplice movimento), questo infatti può portare a variazione di diversi parametri come la CK (creatina-chinasi) enzima che è presente in grande quantità all’interno del muscolo scheletrico e cardiaco, il Glucosio ed altri elettroliti. ANSIA Condizione che può influenzare le analisi, perché, come sappiamo, il prelievo di sangue è una manovra non particolarmente invasiva (puntura), che però, in buona parte della popolazione, può creare uno stato di ansia in grado di influenzare alcuni parametri come la prolattina, un ormone prodotto dall’ipofisi che, durante il puerperio, stimola la produzione del colostro e poi del latte. La prolattina però, esiste per tutto il ciclo della vita, nella donna è fondamentale per lo sviluppo e il trofismo delle ghiandole mammarie. Esiste anche nell’uomo, dove agisce, principalmente, sullo stress psicofisico (anche nella donna), dove provoca effetti inotropi (aumento della contrazione muscolare cardiaca). Quando si esegue una prolattinemia (dosaggio della prolattina), vi è di solito un sospetto di prolattinoma, un’ipertrofia delle cellule che producono prolattina all’interno dell’ipofisi, questa condizione (più frequente nella donna), determina un incremento importante della prolattina nel sangue. Per evitare, nel caso del sospetto di prolattinoma, che l’incremento sia semplicemente dovuto ad una forte condizione di stress, occorre effettuare due prelievi, uno basale a zero minuti e l’altro dopo 2 ore, quest’ultimo dopo che il/la paziente è stato lasciato a completo riposo senza stimolazioni esterne. In base ai valori che si ottengono, posso avere una condizione patologica (livelli di prolattina alti in entrambi i prelievi), oppure una condizione fisiologica (aumento di prolattina nel primo prelievo per via dello stress). Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 4 a 15 POSIZIONE PER IL PRELIEVO Il prelievo ideale, quando si parla di prelievi programmati, si effettua in posizione seduta, questa posizione oltre ad essere comoda, sia per il paziente che per l’operatore sanitario, è stata raccomandata perché è la posizione intermedia tra l’ortostatismo (in piedi) e il clinostatismo (sdraiato). Questo perché il passaggio tra le due posizioni citate precedentemente, può determinare grandi variazioni del volume plasmatico, punto molto importante perché può influenzare tantissimo il valore dell’ematocrito. Occorre considerare questa variazione, tra ortostatismo e clinostatismo, per pazienti che sono stati ospedalizzati, e di conseguenza allettati per molto tempo perché, quando questi tornano in una posizione ortostatica, vi saranno delle variazioni importanti sull’ematocrito e sugli elettroliti (sodio, potassio, calcio). L’ematocrito è la parte corpuscolata, composta principalmente (45%) dai globuli rossi, che noi otteniamo dopo la centrifugazione (permette la separazione dal plasma) della provetta contenente del sangue, è un valore fondamentale perché ci permette una rapida valutazione delle capacità di ossigenazione del soggetto. Nel caso della posizione di Trendelenburg, utilizzata in casi di sincope, tenendo le gambe del paziente verso l’alto, questo favorirà il ritorno venoso; tenendo questa posizione per circa 20 minuti, questa porta a una variazione dell’8%/10% dell’ematocrito (variazione volume plasmatico). LACCIO EMOSTATICO Per effettuare il prelievo di sangue, si utilizza un laccio emostatico, questo determina un rallentamento del processo di ritorno venoso verso il centro (emostasi), in questo modo si avrà un inturgidimento delle vene e quindi una maggiore visibilità e palpabilità delle vene stesse, facilitando il prelievo. Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 5 a 15 L’utilizzo del laccio per lungo tempo (1 minuto), può determinare fastidio o dolore nel paziente, di conseguenza, se il prelievo non riesce entro il minuto, bisogna sciogliere il laccio e, se necessario, cambiare il sito di prelievo. Nel caso in cui il laccio viene utilizzato per più del tempo necessario, questo può determinare dei problemi nell’emostasi, causando una emoconcentrazione, una variazione dell’ematocrito dovuta alla fuoriuscita, dalle vene, della parte liquida o acquosa del sangue che poi finisce nel compartimento extra-vascolare; in più potrebbe causare un aumento della concentrazione di proteine spuria e di conseguenza anche delle sostanze che lega, come ormoni, farmaci e ioni come il calcio. Questa fuoriuscita è causata dall’aumento della pressione idrostatica (porta a turgore), che agisce anche sui livelli di concentrazione del potassio (potassiemia), questo è molto pericoloso perché piccole variazioni di potassio possono generare dei sintomi pericolosi. L’aumento di potassio può essere causato anche da contrazione muscolare durante il prelievo, quindi da un aumento dell’esercizio fisico. Nei vasi possiamo trovare 3 tipi di pressioni: idrostatica, osmotica e oncotica. FARMACI In alcuni casi, il prelievo di sangue si effettua proprio per misurare i farmaci, per capire se c’è aderenza al programma terapeutico da parte del paziente, se vi è una corretta farmacocinetica e quindi capire se vi sono eventuali problemi di funzionamento della terapia e di conseguenza capire quali sono i motivi (in questo caso il paziente deve aver preso il farmaco prima del prelievo). In tutti gli altri casi, fatto eccezione per i salvavita (es.insulina per il diabete di tipo I), i farmaci vanno presi dopo il prelievo ( es.antipertensivi, antidiuretici) perché possono comportare una variazione di parametri all’interno delle analisi. PROVE FUNZIONALI Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 6 a 15 Fino ad adesso abbiamo parlato di singoli prelievi, però ci sono anche delle prove funzionali che sono caratterizzate da una serie di prelievi, per esempio abbiamo: - OGTT (Oral Glucose Tollerance Test), viene utilizzata nel caso di sospetto di un problema del metabolismo del glucosio. Si effettua un primo prelievo basale (a tempo 0), poi si somministra 75gr di glucosio sciolto nell’acqua e successivamente si effettuano una serie di prelievi ogni 30 minuti. Questa prova viene utilizzata, principalmente, durante una gravidanza per diagnosticare un possibile diabete gravidico; - Glicemia post-prandiale, vengono effettuati dei prelievi prima e dopo il pranzo per valutare il metabolismo del glucosio (poco utilizzato perché non standardizzato); - Prove ormonali, queste sono molto utilizzate e standardizzate, utilizzate per valutare la funzione dell’ormone GH (ormone della crescita). Il GH è un ormone ipofisario e la sua produzione è di tipo pulsatile, viene prodotto durante il sonno e particolarmente durante la fase REM. Per effetto di questa produzione pulsatile, non è proponibile l’utilizzo di un singolo prelievo per valutarne la produzione, di conseguenza vengono utilizzate delle curve da stimolo. Ad esempio, utilizzando il GHRH (ipotalamico), questi andranno a stimolare il rilascio degli ormoni da parte dell’ipofisi come il GH; quindi, in primo luogo verrà effettuato un prelievo basale (a tempo 0) di GH, successivamente si somministrerà il GHRH con prelievi ogni 30 minuti. Se dopo 90 minuti la quantità di GH presente nel sangue sarà superiore a 8 ng/ml, significa che vi è una regolata produzione e rilascio di GH da parte dell’ipofisi, se sarà inferiore alla quota detta prima, l’ipofisi non è in grado di produrre una corretta quantità di ormone GH. Un altro esempio di prove ormonali è quello che riguarda le gonadotropine LH e FSH, sono degli ormoni ipofisari che vanno a stimolare le gonadi (ovaio nella donna e testicolo nell’uomo). L’FSH nella donna stimola la fase follicolare, invece nell’uomo mantengono il trofismo delle cellule del Sertoli, dove avviene la maturazione che va da spermatogoni fino a spermatozoi. L’ormone LH invece, nella donna determina la discesa del follicolo e quindi l’ovulazione, nell’uomo va a stimolare le cellule di Leydig, che permettono la produzione di testosterone. Quando vi è un problema di ipogonadismo, per capire se questo è periferico (malfunzionamento delle gonadi), oppure centrale (non c’è produzione delle gonadotropine), si fa una stimolazione con il GnRH (ipotalamico) e se vi è una quantità fisiologica di LH e FSH, vuol dire che l’ipofisi sta funzionando e quindi il problema è a livello delle gonadi (ipogonadismo periferico), se invece non si ha una produzione fisiologica di LH e FSH, in questo caso il problema sarà a livello ipofisario (ipogonadismo centrale). Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 7 a 15 PRELIEVO VENOSO Il prelievo di sangue generalmente, viene effettuato con sangue venoso, viene prelevato dalle vene superficiali dell’avambraccio, nell’ incavo del gomito. Questo per motivi di comodità, sia per il paziente che per l’operatore sanitario, ma anche per il fatto che nella zona dell’incavo dell’articolazione del gomito, al di sotto delle vene, vi è una grossa presenza di tessuto connettivo che facilita quella che è l’emostasi al termine del prelievo. Il prelievo, se per qualche motivo, non è possibile effettuarlo presso le vene dell’avambraccio, può essere effettuato utilizzando le vene dorsali della mano o quelle del piede, però in questa zona è molto più difficile effettuare l’emostasi o il prelievo stesso perché, si tratta di vene molto più tortuose e anche più fragili essendo di piccolo calibro. Per effettuare un prelievo si utilizza un sistema chiuso, sono basati su delle provette sottovuoto che aspirano direttamente il sangue, si definisce chiuso perché non vi è possibilità di contatto con il sangue, in particolare per la sicurezza dell’operatore (per evitare infezioni da virus come l’epatite C) e garantisce una quantità di sangue prelevato predeterminato, questo perché all’interno delle provette è presente un anticoagulante che a diverse quantità di sangue potrebbero portare a coagulazione. Questo sistema è obbligatorio tranne in una situazione che vedremo dopo. PROVETTE Sono tubi di plastica trasparenti con un tappo, costituito anch’esso da plastica rigida colorata con all’interno una gomma perforabile (da parte dell’ago). La parte di plastica che costituisce il tappo ha un determinato colore, quest’ultimo è stabilito internazionalmente da una norma dell’ISO (International Organization for Standardization) e ci permette di riconoscere il tipo di provetta e la funzione. Possiamo trovare diversi colori come: - Viola/Lavanda: contiene EDTA (anticoagulante) e viene utilizzata per l’esame emocromocitometrico (il più comune per il citocromo) e ci permette di definire quattro parametri fondamentali come la quantità di emoglobina, quantità di globuli rossi, numero di globuli bianchi e numero di piastrine; - Azzurro: con citrato di sodio (a diversa concentrazione) per i test di concentrazione di TP (tempo di prototrombina) e TPP (tempo di tromboplastina parziale); Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 8 a 15 - Nero: con citrato di sodio (anticoagulante), utilizzata per calcolare la VES (velocità di eritrosedimentazione) che permette di valutare la presenza di una infiammazione; - Verde (chiaro e scuro): contiene eparina (anticoagulante) che permette l’ottenimento di plasma in casi di emergenza (rapida centrifugazione); - Grigio (chiaro e scuro): contiene monoiodoacetato (antiglicolitico) che impedisce ai globuli bianchi di consumare glucosio (blocco della glicolisi); - Giallo/Rosso/Ruggine: vengono definite secche, perché non hanno nulla al loro interno, di conseguenza, al loro interno, il sangue fisiologicamente coagula e si ottiene il siero. Altre caratteristiche delle provette sono: - Etichette con codici a barre (paziente-parametri); - Diverse dimensioni (dai 3ml ai 7ml); - Sul fondo di alcune provette troviamo un gel tixotropico (di colore bianco o giallo e cambia la sua composizione fisica con il movimento), questo permette di marcare quella che è la separazione che avviene tra parte corpuscolata e liquida del sangue, in seguito a una centrifugazione. Questa sostanza, in forma liquida, durante la centrifugazione si mescola con il contenuto, alla fine di questo processo diventerà solida (in forma di gel), in modo da creare uno spessore tra le due parti (corpuscolata e liquida). Prelievo di sangue La scelta dell’ago è fondamentale per effettuare in modo corretto il prelievo ed evitare problemi in qualità del campione biologico che viene ottenuto. Quindi la scelta deve essere coordinata sulla base del tipo di vena e del suo calibro e alla sua prevedibile fragilità. Per esempio, le vene dorsali della mano sono più fragili rispetto alle vene dell’avambraccio. Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 9 a 15 Inoltre, deve esserci un rapido deflusso del sangue, ma non turbolento; quindi, da una parte bisogna evitare la stasi, quando il sangue non defluisce velocemente e provoca la formazione di piccoli coaguli che va ad influenzare negativamente il prelievo; oppure al contrario bisogna evitare il deflusso troppo rapido perché questo può provocare lo scontro dei globuli rossi sulla parete dell’ago e questo può causare emolisi. L’emolisi, dal greco, vuol dire rottura dei globuli rossi ed è un fenomeno da evitare assolutamente e nel momento in cui si verifica, il materiale biologico deve essere eliminato, non può essere utilizzato per le analisi perché rompendosi i globuli rossi, fuoriesce emoglobina e una serie di altri elementi, in particolare il potassio. Dunque, il deflusso di sangue deve seguire un flusso laminare, mentre se avviene in modo turbolento, il flusso determina una collisione dei globuli rossi con la parete dell’ago e può provocare l’emolisi, e questo è determinato dal numero di Reynolds che non si dovrebbe superare. Questo è importante perché se abbiamo una vena di dimensioni medio/grandi e utilizziamo un ago molto piccolo, il deflusso sarà turbolento in quanto il sangue non avrà un flusso laminare; al contrario se abbiamo una vena di piccole dimensioni e usiamo un ago di grandi dimensioni andremo a determinare una lesione della vena che va a provocare un’emorragia e un ematoma, venendosi a creare un piccolo danno. Classificazione aghi Gli aghi vengono classificati con un numero con sigla G (gauge) che è inversamente proporzionale al loro calibro: l’ago 23 è più sottile del 21 e il 20 è maggiore rispetto al 21 Questa classificazione è legata anche ad un colore della protezione dell’ago e del mandrino, che permette di avvitare l’ago alla camicia per effettuare il prelievo. Es. ago 21, maggiormente utilizzato per gli adulti. Si prende l’ago, inserito su una struttura di plastica rigida continuando dall’altro lato dove c’è una guaina in gomma che è la parte interna dell’ago, questa viene rimossa quando viene inserita la provetta che a sua volta all’interno ha una parte in gomma che viene spostata così l’ago viene liberato e penetra all’interno della provetta. Il sangue passa dalla vena direttamente all’interno della provetta attraverso l’ago. Gli aghi sono inseriti su dei supporti rigidi che prendono il nome di camicia o holder, cilindri vuoti dove all’interno verrà inserita la provetta. L’ago viene avvitato alla camicia tramite il mandrino e poi si toglie la protezione colorata in modo da liberare l’ago per il prelievo. Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 10 a 15 Adesso si usano spesso questi tipi di ago che hanno una parte in plastica che viene utilizzata alla fine del prelievo per sigillare l’ago in modo da evitare la puntura accidentale, rischio molto comune per gli operatori sanitari. Altra tipologia di aghi sono quelli a “farfalla” o “Butterfly” che hanno un ago più corto con delle alette e da qui parte un tubicino collegato tramite un supporto alla camicia e quindi si effettua la stessa cosa ma vi è un percorso più lungo. È un ago più costoso quindi almeno negli adulti si dovrebbe utilizzare il classico ago mentre questo bisognerebbe utilizzarlo in caso ci sia un’evidente difficoltà, per esempio nel soggetto che non collabora o non è cosciente oppure per vene difficili come quelle del dorso della mano. Vi sono delle situazioni in cui non bisogna effettuare il prelievo perché il materiale che si preleva non è accurato; infatti, bisogna evitare le zone con edema, poiché vi è un’imbibizione del tessuto connettivo dovuto a condizioni di scompenso cardiaco o insufficienza renale. Tipicamente le zone edematose sono quelle declivi, quindi nella posizione ortostatica, le caviglie o gli arti inferiori, ma sono evidenziabili anche negli arti superiori quando il soggetto è disteso. Bisogna evitare anche le zone che presentano ematomi, ovvero zone in cui il sangue è fuoriuscito dai vasi all’interno del connettivo; le zone eczematose caratterizzate da infiammazione dermatologica che coinvolge la cute; le zone di mixedema, edema particolare tipiche dell’ipotiroidismo, a differenza del tipico edema dove se si preme col dito “si lascia l’impronta”, in questo non avviene. Bisogna evitare di riutilizzare un braccio dove si è effettuato un’infusione endovenosa recente, un classico problema infatti è quando viene infuso glucosio e viene effettuato un prelievo nella stessa zona. Bisogna poi evitare movimenti, esercizio fisico di braccia, contrazioni muscolari. Si ricorda di indossare guanti per evitare qualsiasi contatto con il sangue, e di effettuare sempre la palpazione senza fidarsi della vista perché potrebbero esserci vene visibili che in seguito a terapie come la radioterapia, non sono più così efficienti, e quindi bisogna sempre valutare la turgidità con il tatto. A differenza della siringa che di solito ha l’attacco per l’ago in zona eccentrica, con camicie o holder, si avvita il mandrino in zona centrale; dunque quando si effettua il prelievo bisogna avere una certa obliquità, introdursi nella vena e poi ci si porta rasente alla cute. Quando si esegue un prelievo ci sono diverse raccomandazioni per l’ordine delle provette che si usa: le prime sono dei flaconi per l’emocultura, che servono per coltivare eventuali batteri presenti nel sangue; per prelevare citrato, quindi per coagulazioni; poi la provetta da siero; poi la provetta con l’eparina; poi l’EDTA per l’emocromo; poi quella con l’inibitore della glicolisi. Chiaramente non abbiamo sempre tutte queste provette ma se ne abbiamo più di una, bisogna seguire un ordine per evitare delle contaminazioni. Finito il prelievo, è raccomandato dove ci sia dell’anticoagulante, per esempio nella provetta dell’emocromo, quella col tappo viola, determinare due volte il capovolgimento della provetta per determinare il perfetto miscelamento tra sangue e anticoagulante, che deve essere un movimento cauto e lento altrimenti si verifica l’emolisi. Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 11 a 15 Quanto la provetta, nel caso dell’emocromo, viene centrifugata, vi è la separazione della parte corpuscolata in fondo, un tenue strato biancastro (buffy coat) di globuli bianchi e piastrine che si stratificano sui globuli rossi e infine il plasma che ha un colore citrino ed è la parte liquida del sangue. Gli strumenti che si utilizzano in laboratorio sono in grado di rilevare una lieve presenza di emolisi e quindi lo segnalano e oltre un certo limite il campione non viene utilizzato, proprio perché con la rottura dei globuli rossi fuoriescono tanti altri parametri, tra cui emoglobina e potassio. Oltre al sangue venoso ne esistono di altri tipi, come ad esempio il sangue capillare che in realtà è più vicino al sangue arterioso rispetto al sangue venoso, e viene utilizzato in ospedale per i neonati o quando non è possibile effettuare il prelievo classico, ad esempio in presenza di vaste ustioni. Unica eccezione, negli atleti, quando bisogna prelevare acido lattico si effettua al lobo dell’orecchio, per valutare la soglia anaerobica. Il prelievo di sangue capillare si effettua con delle lancette, generalmente presso i polpastrelli delle dita, tecnica utilizzata ad esempio nei pazienti diabetici che usano i glucometri per valutare la glicemia periodicamente; nel neonato si utilizza il tallone. Quando si effettua questo tipo di prelievo, il sangue non esce abbondantemente, bastano poche gocce, pochi microlitri di sangue, però bisogna comunque evitare la spremitura del polpastrello perché questo determinerebbe la fuoriuscita di liquido interstiziale e dunque a sua volta la diluizione e alterazione del campione; quindi, si raccomanda di scaldare la parte interessata in modo da facilitare la fuoriuscita di sangue. Nel caso del glucometro vi è una striscia test dove il sangue viene raccolto dopo il taglio del polpastrello e viene poi inserita nel glucometro che poi con un sistema di microclinica avviene una reazione e sul display compare la quantità di glucosio nel sangue. Possiamo utilizzare anche il sangue arterioso, che in realtà utilizziamo solo per un esame ovvero l’emogasanalisi che serve per valutare l’equilibrio acido-base e che è basata su tre parametri: ph, pressione parziale dell’ossigeno e della CO2, con annessi parametri derivati. Questo è l’unico caso in cui non si utilizza un sistema chiuso ma una siringa dall’arteria radiale nella zona del polso. La siringa deve essere eparinizzata per evitare la coagulazione ed è molto più doloroso e bisogna stare attenti per l’emostasi proprio perché lì c’è la pulsazione dell’arteria. Attenzione a tre definizioni: - Sangue intero: “campione venoso, arterioso o capillare in cui la concentrazione e le caratteristiche delle quantità analita intra- ed extracellulare restano invariati in comparazione con la situazione in vivo. Ciò viene ottenuto per mezzo di anticoagulanti in vitro.” Il sangue intero è esattamente uguale al sangue presente all’interno dell’organismo. Per ottenere sangue intero si utilizza un anticoagulante nelle provette. - Siero: “parte extracellulare e non diluita del sangue dopo completa coagulazione” Quindi se non abbiamo anticoagulanti nelle provette, il sangue coagula e si produce la parte liquida che pende il nome di siero. - Plasma: deriva dal sangue intero, dopo centrifugazione. “Sovranatante del sangue contenente anticoagulante ottenuto da centrifugazione.” Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 12 a 15 La differenza tra plasma e siero è che il primo contiene ancora fattori della coagulazione, mentre il secondo non li contiene più e in particolare non c’è più il fibrinogeno ovvero fibrina. Quindi plasma e siero non sono sinonimi, sono due prodotti completamente diversi. Per questo motivo si effettua una sieroterapia, dopo una puntura accidentale, per evitare che ci sia un’infezione da parte di qualche virus quindi si utilizza un siero con immunoglobulina contro quel virus. Quindi il plasma si ottiene dal sangue anticoagulato e questa è la rappresentazione schematica della coagulazione dove vediamo una via estrinseca e una intrinseca (con 13 diverse proteine ed enzimi), le quali si riuniscono sul fattore X che viene attivato, fattore di Stuart, che agisce sul fattore V che viene attivato, e poi questo agisce sulla protrombina (fattore II) che diventa trombina, questa infine agisce sul primo fattore che è il fibrinogeno, indicato dalla lettera greca , che viene frammentato dalla trombina con la formazione dei tubuli di fibrina che formano una rete che ingloba le piastrine aggregate ma anche i globuli rossi, formando il trombo stabilizzato dal fattore XIII. Il plasma contiene ancora la fibrina mentre il siero non la contiene più. Quindi per ottenere sangue intero ovvero plasma dobbiamo utilizzare degli anticoagulanti, quelli che usiamo in laboratorio sono diversi e i principali sono l’EDTA, il citrato, che svolgono la loro funzione sequestrando ioni calcio, i quali sono coenzimi degli enzimi della coagulazione, e l’altro comune utilizzato nelle provette degli esami di laboratorio è l’eparina che agisce come antitrombina, ovvero blocca la trombina quindi l’ultima reazione dello schema a carico del fibrinogeno. Altri materiali biologici Liquor (liquido cefalorachidiano o cerebrospinale) Liquido incolore che è un ultrafiltrato, ovvero la parte liquida del sangue senza le proteine ed è prodotto dai plessi coroidei dei ventricoli (4) e questo è presente in una quantità che è 150 ml e avvolge tutto il SNC quindi encefalo, cervello e midollo spinale; vi è un turnover importante ogni giorno ed è posizionato nelle meningi, esattamente nella dura madre. È fondamentale per la nutrizione del SNC e interviene a livello meningeo a Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 13 a 15 determinare la barriera ematoencefalica che impedisce l’ingresso delle grandi molecole e soprattutto di possibili batteri o virus che posso essere molto dannosi. Il prelievo del liquor viene effettuato in sterilità dal neurologo nello spazio tra la quarta e la quinta vertebra lombare, l’ago è dotato anche di un misuratore di pressione per non prelevare così tanto liquido che provoca una grande cefalea nel paziente e poi può essere pericolosa per erniazione del tessuto. Il liquor è utilizzato per diverse indagini: indagini microbiologiche, poi per chimica clinica e per la citologia. Quindi principalmente per la microbiologia per cercare eventuali patogeni quando vi sono sintomi di meningismo, quindi per batteri che possono determinare meningite. In citologia per valutare la possibile presenza di tumori primitivi o secondari, metastasi. In chimica clinica invece si possono effettuare diverse analisi, in particolare il glucosio che è presente al 60% della quota presente nel sangue ed è particolarmente importante quando si ha una riduzione del glucosio il che significa che esso viene utilizzato da batteri o leucociti, e poi per misurare proteine che, come dicevamo, non sono presenti quindi se vi è la presenza vuol dire che la BEE è danneggiata, da una malattia degenerativa o infiammatoria. Liquidi di versamento Liquidi che si raccolgono all’interno delle sierose, 2 foglietti di tessuto pavimentoso semplice tra loro affrontati al cui interno c’è una piccola quantità di liquido che mantiene una tensione superficiale che permette ai due foglietti di rimanere incollati, i quali a loro volta ricoprono gli organi toraci, come le pleure che ricoprono i polmoni, il pericardio che ricopre il miocardio e il peritoneo che ricopre tutti gli organi addominali. Si parla di trasudato quando vi è un incremento dell’ultrafiltrato e questo avviene quando vi è un problema di ritorno venoso; quindi, edema quando vi è insufficienza cardiaca o renale, oppure quando si verifica una riduzione importante della pressione oncotica perché vi è insufficienza epatica, cirrosi, e quindi il fegato non produce più la giusta quantità di proteine. Trasudato si può trasformare in essudato, quando subentra un’infiammazione; è caratterizzato da una quantità di proteine che supera i 3 g/dL, nel sangue la quantità va da 6 a 8 g/dL e quando è presente una grande quantità dell’enzima lattato deidrogenasi, enzima finale della glicolisi anaerobica, cosa che si verifica quando ci sono delle neoplasie, polmoniti, pericarditi, situazioni infiammatorie che trasformano il trasudato in essudato. Il trasudato è il versamento nelle sierose senza la presenza di infiammazione, ancora senza proteine; l’essudato invece è caratterizzato da una grande quantità di proteine. Questi liquidi possono essere prelevati e su questi valutiamo il peso specifico che è superiore a 1016 nell’essudato, è elevato per la presenza delle proteine. Si rileva il dosaggio del glucosio sempre perché esso viene utilizzato dai leucociti e dai batteri, marcatori tumorali, parametri liberati da tumori, e indice di infiammazione che sono proprio le proteine infiammatorie. Quindi l’essudato e/o il trasudato possono essere utilizzati per le indagini microbiologiche e citologiche come abbiamo visto per il liquor. Liquido sinoviale Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 14 a 15 È un ultrafiltrato prodotto dalla sinovia, tessuto che riveste la parte interna dell’articolazione del ginocchio. È molto viscoso perché ricco di acido ialuronico e glicosamminoglicani, caratteristica che permette la funzione dell’articolazione. Lo preleviamo quando vi è un’iperproduzione come nel caso dell’artrite; quindi, quando vi è un’infiammazione a carico della sinovia e in questo caso si utilizzano per le indagini chimico-fisiche, microbiologiche e citologiche, come per l’essudato, essendoci molta fibrina, è necessario nella provetta dell’anticoagulante. Liquido amniotico Presente nell’amnios e ricopre il feto, liquido che si ottiene con una puntura transaddominale durante la gravidanza a partire dalla dodicesima settimana, ha un colore giallo chiaro un po’ torbido perché ricco di cellule di sfaldamento provenienti dal feto e per questo motivo viene utilizzato per le indagini cromosomiche. Si possono effettuare sul liquido amniotico anche indagini di chimica clinica, per esempio: alpha-feto proteina è particolarmente elevata quando ci sono dei difetti della doccia neurale, normalmente lo è ma quando lo è eccessivamente può significare un problema nella chiusura della doccia neurale e può provocare la presenza di malformazioni come il mielomeningocele. Concludiamo con il liquido seminale, generalmente si parla di liquido seminale ma semanticamente non è del tutto corretto, in laboratorio infatti viene analizzato lo sperma che, come il sangue, ha una parte corpuscolata e una liquida, la prima sono gli spermatozoi e la seconda è liquido seminale prodotto dalla prostata e dalle vescichette. Per l’analisi dello sperma, lo spermiogramma, è consigliato un periodo di astinenza da eiaculazione di tre giorni, si deve raccogliere il materiale tramite masturbazione in un contenitore di plastica sterile perché viene utilizzato anche per la microbiologia ed è fondamentale la fase preanalitica perché gli spermatozoi sono cellule molto sensibili alla temperatura, tanto che nei mammiferi i testicoli stanno al di fuori dell’organismo e nella nostra specie gli spermatozoi maturano grazie alle cellule di Sertoli e all’FSH. La maturazione avviene a 32 gradi, infatti se c’è criptorchidismo, ovvero il testicolo non scende lungo il gobernaculum testis, bisogna intervenire per evitare il rischio di sterilità. Come è sensibile alle temperature calde, anche a quelle fredde, quindi durante il trasporto del materiale al laboratorio, occorre evitare di determinare queste variazioni di temperatura quindi non andare al di sotto dei 25 gradi. È anche importante il tempo, perché si standardizza la valutazione della vitalità, cioè la valutazione microscopica relativa al fatto che gli spermatozoi siano vivi oppure morti a un’ora dall’emissione; questo è standardizzato per valutare tempi diversi sullo stesso soggetto e anche per una valutazione alla popolazione generale. Lo spermiogramma si basa su 4 parametri: - Numero di spermatozoi - La motilità, quindi il fatto che si muovano o meno, fondamentale per la loro funzione di fertilizzazione - La vitalità - La morfologia, della testa, del collo e della coda per evidenziare eventuali malformazioni che possono provocare una minor vitalità degli spermatozoi Medicina di Laboratorio #2 Fase pre-analitica Prof. Banfi– 27/09/2024– Autore: Antonio Pipolo e Federica Sibilio – Reviewer: Manuela Pappalettera, Lina Mannarino Pag. 15 a 15 La fase preanalitica deve essere spiegata molto bene al paziente poiché questo prelievo è chiaro che venga effettuato in modo autonomo.