Introduzione al Processo di Marketing Management (Marketing 2 PDF)

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Introduzione al processo di marketing management. Questo documento descrive concetti chiave legati all'azienda e al processo produttivo, inclusi i tipi di aziende (profit oriented e non profit) e la definizione di profitto. Inoltre, affronta la responsabilità sociale delle imprese e il ruolo del marketing per collocare efficacemente i beni e i servizi sul mercato.

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MARKETING INTRODUZIONE AL PROCESSO DI MARKETING MANAGEMENT (CAP.1) RICHIAMO AL CONCETTO DI AZIENDA L’azienda può essere descritta come un contenitore all’interno del quale avvengono processi produttivi, finalizzati alla creazione di un bene (tangibile) e/o di un servizio (intangi...

MARKETING INTRODUZIONE AL PROCESSO DI MARKETING MANAGEMENT (CAP.1) RICHIAMO AL CONCETTO DI AZIENDA L’azienda può essere descritta come un contenitore all’interno del quale avvengono processi produttivi, finalizzati alla creazione di un bene (tangibile) e/o di un servizio (intangibile) dedicato a un cliente, rappresentato da un individuo o da una famiglia (B2C = business to consumer), oppure un’azienda (B2B = business to business) presenti nel mercato. Sul mercato l’azienda incontra 2 tipi di soggetti = consumatori e concorrenti. Per poter mettere in atto il processo produttivo, l’azienda attinge dal mercato una serie di risorse, a cui fa capo una specifica funzione aziendale:  Persone = risorse umane  Capitali = finanza  Materie prime = acquisti  Impianti = produzione DIVERSE TIPOLOGIE DI AZIENDE  Azienda profit oriented = opera sul mercato per conseguire un profitto.  Azienda o organizzazione non profit = pur svolgendo un’attività di produzione non ha finalità lucrative ma di altra natura (religiose, culturali, etc.) DEFINIZIONE DI PROFITTO È un parametro contabile considerato, per un lungo periodo di tempo, indicativo del buon governo dell’impresa e rappresenta il surplus dei ricavi sui costi.  Profitto = Ricavi – Costi Totali (CV + CF) LA RESPONSABILITÀ SOCIALE L’impresa non ha soltanto una responsabilità giuridica ed economico-finanziaria, ma anche ambientale ed etico- sociale perché produce non solo valore economico, ma anche valore sociale misurato dal suo contributo al benessere e allo sviluppo della collettività nel contesto in cui è inserita. (Ex. Lego e donazioni bambini con Covid-19; Ilva Saronno dona disinfettanti; Tod’s e restauro Colosseo; Bottega Veneta e restauro Basilica San Marco) STRATEGIA AZIENDALE E MARKETING Per collocare il prodotto in maniera efficace sul mercato, l’impresa necessita di strategie di marketing. Per vendere occorre convincere il cliente che, avendo maggiore scelta, sarà sempre più esigente e difficile da soddisfare. Il leit motiv diventa “occorre produrre ciò che si può vendere” = per realizzare prodotti/servizi di successo, è necessario prima studiare al meglio la clientela e la concorrenza, capire di cosa il mercato abbia bisogno, quanto i consumatori sono disposti a pagare, quali fattori si considerano per decidere la marca da acquistare, etc. Il confronto si base anche su quanti clienti si riescono a “conquistare”. E per convincere il cliente occorre dargli proprio ciò che desidera e di cui ha bisogno. Va considerato che la società evolve e cambia di continuo, e i consumatori con essa. L’azienda deve acquisire nuove competenze, come il marketing per avere indicazione su “cosa” produrre e “per chi”. IL MARKETING Definizione del 1985 (American Marketing Association) = è “il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività d’ideazione, determinazione del prezzo, promozione e distribuzione di idee, beni e servizi, al fine di creare uno scambio che sodisfi, nel contempo, gli obiettivi degli individui e delle organizzazioni”. Tale definizione prende in considerazione tutti i soggetti che intervengono nel processo di marketing = membri delle organizzazioni produttive, i rivenditori di beni e servizi, i consumatori/clienti finali. Alla base dello scambio (presupposto del marketing), c’è un bisogno da soddisfare. BISOGNO, DESIDERIO, BENEFICIO  Bisogno = riconoscimento della differenza tra uno stato reale in cui si trova un individuo ed uno suo stato ideale o desiderato. Non è possibile soddisfare tutti i bisogni. Ciò che ci spinge a selezionarne uno è la motivazione.  Desiderio = individuazione di un particolare servizio/prodotto in grado di soddisfare il bisogno percepito.  Beneficio = risultato ricercato da un individuo per la soddisfazione del proprio bisogno. I prodotti soddisfano i bisogni e forniscono benefici. Il consumatore è razionale nella misura in cui la sua scelta/comportamento è coerente con il suo obiettivo (anche attributi emozionali, e non solo funzionali) IL MARKETING È UNO SCAMBIO DI VALORE  Scambio (presupposto del marketing) = processo mediante il quale avviene il trasferimento di valore tra 2 parti (acquirente – venditore). Lo scambio implica un’offerta di mercato = il soggetto che “fornisce” ci offre una proposta/promessa di valore.  Proposta di valore = offerta (di mercato) che riassume in maniera corretta e accurata il valore che si realizzerebbe in caso di acquisto del bene e/o servizio. Il marketing consiste nell’assicurare che all’oggetto dello scambio sia attribuito il valore adeguato. Per chi vende il valore è di tipo monetario, mentre per chi acquista si parla di valore funzionale ed emozionale. Chi acquista cerca un beneficio utilitaristico o emozionale. L’OGGETTO DELLO SCAMBIO DI VALORE L’oggetto dello scambio di valore è il bene, e si distingue in:  Consumer Goods = beni destinati ai consumatori, acquistati per il loro uso personale e/o familiare (B2C).  Industrial Goods = beni acquistati dalle organizzazione (imprese, istituzioni, entri no-profit, etc.) per essere ulteriormente trasformati o per essere consumati nell’ambito della propria attività (B2B) Si parla di scambio di valore perché l’obiettivo del marketing è di creare una relazione di lungo periodo con il cliente bassata sulla soddisfazione (fedeltà) e finalizzata alla creazione di valore. I principi del marketing supportano anche le attività per promuovere idee, luoghi, persone, etc. IL MARKETING MIX È lo strumento utilizzato per collocare al meglio la proposta di valore sul mercato.  Prezzo (Price)  Prodotto (Product)  Comunicazione (Promotion)  Distribuzione (Place) Queste leve del marketing mix vengono utilizzate congiuntamente per offrire la risposta desiderata ad un insieme di individui che percepiscono un bisogno. L’EVOLUZIONE DEL RUOLO DEL MARKETING Con il tempo in azienda, la funzione “marketing” si è affiancata a quella “commerciale/vendite” assumendo nel tempo crescente rilevanza strategica. L’ORIENTAMENTO DELL’IMPRESA  ALLA PRODUZIONE = l’impresa mira all’efficienza degli stabilimenti e al contenimento massimo dei costi produttivi. I programmi di mercato sono incentrati sulla distribuzione capillare ed efficiente affinché i prodotto possano avere dei prezzi bassi, e su una minima comunicazione di massa per informare gli acquirenti. 1. Efficienza = è il rapporto tra il risultato conseguito e i costi supportati (risorse impiegate) per il conseguimento del risultato. 2. Efficacia = è il rapporto tra il risultato conseguito e gli obiettivi prefissati di raggiungere. Si tratta del grado con cui l’azienda raggiunge i suoi obiettivi. Un’impresa cerca di essere efficiente così da riuscire a proporre sul mercato il prodotto ad un prezzo minore. In questo orientamento, la comunicazione ha una funzione informativa (non persuasiva). Il marketing non è presente perché si pensa che il consumatore voglia solamente acquistare il prodotto al prezzo più basso.  AL PRODOTTO = l’impresa ritiene di essere in grado di generare prodotti di qualità e prestazioni eccellenti e che i compratori siano in grado di percepire, riconoscere e apprezzare tutto ciò. Il mercato sarebbe capace di premiare i migliori prodotti con quote superiori o accettando prezzi superiori. Limite =si pensa che il consumatore possa riuscire sempre a riconoscere la migliore qualità offerta. L’impresa guarda all’output e si interroga sulle performance del prodotto. Il marketing non è presente in maniera evidente perché si pensa che un prodotto con una buona performance si possa vendere da solo.  ALLA VENDITA = si ritiene che la domanda, non adeguatamente stimolata, non sia sufficientemente capiente. Si produce ciò che si sa fare (pretesa di vendere ciò che riesce a produrre), e poi la vendita diviene una conseguenza della capacità dei programmi di mercato di persuadere (comunicazione persuasiva) i compratori e sceglierli. Si presume una relazione causale fra l’aggressività dell’investimento in marketing e gli acquisti da parte dei consumatori.  AL MARKETING = in un mercato altamente mutevole l’impresa deve dotarsi di strutture e di una rete di partner che le consentano di anticipare i mutamenti, di conoscere i propri clienti e di seguirne le evoluzioni. Il cliente diventa il punto di partenza per l’impresa. È necessario studiare il mercato/il consumatore e solo dopo l’impresa, per rispondere ai suoi bisogni/esigenze, può giungere e creare la sua offerta di valore.  AL CLIENTE = il cliente singolarmente inteso diventa un punto di riferimento dei programmi di mercato. L’approccio si bassa sulla possibilità di instaurare una relazione diretta con il singolo cliente. La tecnologia digitale ha aiutato questo modo di guardare l’attività (one to one = impresa che comunica tramite la messaggistica istantanea). La personalizzazione offerta dimostra che le imprese sono rivolte al singolo cliente e cercano di intercettarne le esigenze. MARKETING CONCEPT Il marketing concept è l’idea alla base del marketing, la sua filosofia = favorire il raggiamento degli obiettivi aziendali attraverso il corretto soddisfacimento dei bisogni dei clienti. Un efficace processo di marketing consiste nell’individuazione dei bisogni del cliente e solo successivamente alla ricerca dei prodotti/servizi più idonei ad appagarlo nel presente e anticiparne l’evoluzione dei bisogni nel futuro. Le aziende dovrebbero focalizzarsi sull’instaurazione di relazioni durevoli con la clientela. Il cliente soddisfatto diventa un cliente fidelizzato. Se il cliente non è soddisfatto può dare inizio ad un passaparola negativo e potrebbe mettere in pericolo la reputazione dell’azienda. IL PROCESSO DI MARKETING MANAGEMENT È “un gruppi di attività programmate, organizzate, controllate, che partono dallo studio del consumatore e, in generale, della domanda, e della concorrenza, che attuandosi in forma integrata sono volte al conseguimento degli obiettivi aziendali nel medio-lungo termine attraverso la soddisfazione del cliente”. FASI DEL PROCESSO DI MARKETING MANAGEMENT (logica del piano marketing) 1. FASE ANALITICA = qualsiasi decisione di marketing deve essere basata sulle informazioni raccolte sia sul mercato che all’interno dell’azienda. L’analisi avviene a 3 livelli:  1° liv. Ambiente Esterno = studio dell’ambiente esogeno rilevante, ossia tutte le variabili che incidono sull’attività di impresa:  Economiche = il contesto macroeconomico e i suoi cambiamenti possono essere fonti d’opportunità e di vincoli per il marketing di un’organizzazione (ex. ridotto livello di reddito, alto tasso di disoccupazione).  Sociali = tradizioni sociali e culturali, norme di comportamento e gli atteggiamenti di una comunità. L’ambiente sociale si rivela spesso la fonte per l’emergere di nuovi bisogni (ex. migrazioni = opportunità per commercializzazione prodotto etnici). Valori sociali e culturali possono causare anche vincoli = le attività aziendali in contrasto con i valori sociali dominanti in una collettività finiscono per diventare questioni politiche, risolte spesso con l’imposizione di limiti giuridici (ex. richiesta sociale ambiente pulito = rispetto di determinati standard di consumi ed emissioni nocivi).  Politiche = le opinioni e le iniziative del grande pubblico, il giudizio critico della società civile, delle aziende e di altre organizzazioni. Il malcontento di tali soggetti può avere effetti negativi sull’immagine dell’azienda o sulla fedeltà della clientela. L’adattamento dell’attività e del marketing a tali opinioni può essere anche una fonte di opportunità (ex. richiesta di specifici prodotti come giocattoli più resistenti e automobili a basso consumo energetico).  Giuridiche = insieme delle leggi comunitarie e nazionale volte alla tutela della libera concorrenza e dei diritti del consumatore. Queste leggi limitano la possibilità d’azione delle aziende, ma possono creare opportunità per la commercializzazione di prodotti migliore (ex. deregulation settori trasporti aereo).  Tecnologiche = progressivo mutare della tecnologia crea spesso minacce od opportunità di rilievo.  2° liv. Specifico Business in cui compete l’azienda = studio dei clienti attuali e potenziali (domanda), e analisi dei concorrenti (offerta).  3° liv. Singolo Consumatore e comportamento d’acquisto (segmentazione del mercato)= il singolo consumatore e il suo specifico comportamento d’acquisto che può variare a seconda del segmento del quale fa parte. Della fase analitica fa parte anche il sistema informativo. Nell’attività di marketing, per poter prendere decisioni efficaci, è necessario potersi avvalere di informazioni aggiornate, valide e affidabili. È necessario disporre di un sistema informativo di marketing e di sistemi di supporto alle decisioni (MDSS, Marketing Decision Support System) ed effettuare attività di ricerca di marketing. Le informazioni dovranno riguardare sia l’esterno sia l’interno dell’azienda. Le informazioni interne saranno generate da un costante controllo dei risultati che l’attività di marketing avrà prodotto (ex. vendite, fatturano, quota di mercato, customer loyalty, etc.) 2. Fase Strategica = è il momento in cui il marketing, avendo studiato il mercato di riferimento ed essendo consapevole di risultati raggiunti, decide “cosa fare” e “come”. Per strategia di marketing si intendono 3 decisioni:  Obiettivi = potrebbero essere indicati, per esempio, in termini di quota di mercato da raggiungere o fatturato.  Target = quale o quali segmenti di domanda considerare come proprio obiettivo.  Posizionamento = come proporsi sul mercato e come differenziarsi dai concorrenti nella percezione della clientela. * 3. Fase Operativa = una volta decisa, la strategia dovrà essere attuata attraverso l’impiego delle leve operative del marketing mix:  Prodotto  Prezzo  Comunicazione  Distribuzione *PROCESSO DI TARGET MARKETING 1) Segmentazione = identificare e descrivere i segmenti di mercato. 2) Targeting = valutare i segmenti e decidere quali cercare di raggiungere 3) Posizionamento = progettare prodotto o servizio per soddisfare i bisogni di un segmento e sviluppare un marketing mix che crei un vantaggio competitivo. IL COMPORTAMENTO DI ACQUISTO DEL CONSUMATORE E DELLE ORGANIZZAZIONI (CAP.2) INFLUENZE SUL CONSUMATORE  INFLUENZE SOCIALI = tali influenze hanno effetti sai diretti (capacità di influenza su una particolare decisione che un individuo può esercitare sugli altri membri) sia indiretti (influenze della società o del gruppo sociale di riferimento sui valori fondamentali di un individuo) sul processo di acquisto.  Sistemi e sottosistemi culturali = norme, credenze e tradizioni apprese dall’ambiente sociale determinano modalità di comportamento comuni a tutti gli individui. I valori sono trasmessi all’individuo da 3 istituzioni fondamentali: famiglia, organizzazioni religiose e istituzioni scolastiche. Anche all’interno di singoli Paesi, è inevitabile che la società non sia omogenea e che si sviluppino precisi sottosistemi culturali (subculture basate su fattori quali età, regione, tipo di studi, partito politico, etc.).  Classi sociali = le classi sociali si sono sviluppate storicamente sulla base di fattori quali la ricchezza, le capacità e il potere. Oggigiorno, il migliore indicatore di una classe sociale è probabilmente il tipo di occupazione. Le diverse classi sociali tendono ad avere atteggiamenti e valori diversi che condizionano il comportamento dei loro membri.  Gruppi di riferimento = - Primari: gruppi di piccola dimensione ma con elevata frequenza di contatti (famiglia, amici stretti, colleghi, etc.) - Secondari: struttura meno solida, meno duratura e con scarsa influenza (associazioni professionali, etc.) CICLO DI VITA DELLA FAMIGLIA Creazione coppia  famiglia con bambino  famiglia con adolescente  famiglia con adulto  famiglia in età anziana. Ciò determina il mutamento dei bisogni, della capacità di consumo e del comportamento di acquisto.  INFLUENZE DI MARKETING = sono le leve del marketing mix.  Packaging = può svolgere la funzione di trasmettere la percezione della qualità del prodotto che contiene.  Prezzo = influenza la percezione che si ha del prodotto.  Comunicazione = non sempre ha come o biettivo una risposta comportamentale ma spesso si cerca di associare al brand un’immagine positiva, si cerca di legare emotivamente il consumatore al brand cosicché si riconosca nei valori del brand stesso.  INFLUENZE SITUAZIONALI = riguardano un particolare momento e un particolare contesto.  Ambiente fisico = localizzazione geografica, arredamento, i suoi, gli odori, le luci, le condizioni atmosferiche e le condizioni espositive della merce o di altri oggetti (ex. marketing olfattivo).  Ambiente sociale = le altre persone presenti, le loro caratteristiche, i loro ruoli apparenti e i loro rapporti interpersonali.  Prospettiva temporale = il periodo di tempo trascorso dall’ultimo acquisto, il tempo scarso o da trascorrere rispetto al momento dei pasti o al giorni di paga e le limitazioni imposte da impegni precedenti o da impegni abituali. Definizione del compito = all’interno di una situazione sta a significare l’intento personale/affidamento di tale compito da parte di altri, di selezionare, acquistare o raccogliere le informazioni rilevanti per un dato acquisto. Permette di considerare la differenza tra l’acquirente e l’utilizzatore del prodotto.  Condizioni antecedenti = si tratta di inclinazioni momentanee come, per esempio, stati d’ansia, di piacere ostilità ed eccitazione o di condizioni, sempre momentanee come denaro a portata di mano, affaticamento o malattia, e non di stati cronici dell’individuo. Queste influenze generano delle informazioni che incidono sulle opinioni e sulle percezione dei consumatori rispetto all’acquisto di una marca/un brand. L’intensità con la quale le informazioni influenzano le decisioni del consumatore dipende da una serie di FATTORI/INFLUENZE PSICOLOGICHE. Processo decisionale = è quel processo in cui l’individuo sottoposto a determinati fattori di influenza e stimoli decide di acquistare un prodotto. INFLUENZE PSICOLOGICHE: PRODUCT KNOWLEDGE La product knowledge identifica un complesso di informazioni immagazzinate nella memoria del consumatore a proposito di particolari classi e forme di prodotto, di marche, modelli e modi di acquistarli. Per esempio, un consumatore può possedere una notevole conoscenza sul caffè (classe di prodotto), sul caffè macinato o istantaneo (forma del prodotto), sul caffè Nespresso o Illy (marca), sulle varie dimensioni delle confezioni (modelli) e sui negozi che lo vendono (modi di acquisto). Le influenze esercitate dalla società, dal marketing, quelle situazionali, determinano il livello iniziale di conoscenza associata al prodotto. Il livello iniziale di product knowledge può influenzare l’intensità con cui si cercano informazioni accingendosi a un acquisto. La product knowledge (conoscenza del prodotto/marca) incide sulla velocità del processo decisionale. Ex. se ho poca conoscenza, cercherò informazioni e sono maggiormente soggetto a stimoli = processo decisionale più lungo. Se si ha, invece, un’alta conoscenza, le influenze incidono poco perché il consumatore è un esperto e non ricerca informazioni aggiuntive. Tutti gli stimoli di marketing non hanno presa sul consumatore. INFLUENZE PSICOLOGICHE: PRODUCT INVOLVEMENT Il product involvement (coinvolgimento emozionale) connota la percezione del consumatore in merito all’importanza o all’interesse personale di un bene. I possessori di un prodotto Apple sono estremamente coinvolti nell’acquisto e nell’suo di prodotto, marchio e accessori. Il coinvolgimento di chi compra un nuovo spazzolino da denti, o una lavatrice, sarà probabilmente più ridotto. Il product involvement incide sulla decisione di acquisto. Ex. basso coinvolgimento emotivo = il processo decisionale risulta più veloce e il consumatore si lascerà guidare principalmente dalla leva del prezzo. Alto coinvolgimento emotivo = processo decisionale più lungo dovuto ad un’accurata ricerca delle informazioni (per raggiungere una più alta product knowledge). PROCESSO DECISIONALE DEL CONSUMATORE Riconoscimento del Bisogno  Ricerca delle Alternative  Valutazione delle Alternative  Acquisto  Esperienza di Consumo  Valutazione Post-acquisto. 1. RICONOSCIMENTO DEL BISOGNO Una necessità, una vera e propria richiesta che proviene dall’interno del nostro corpo e la cui soddisfazione è necessaria per la sopravvivenza o per mantenere un buon livello di equilibrio psicofisico. I bisogni possono essere attivati da stimoli interni (ex. sensazione di fame = conseguente bisogno di procurarsi cibo) o da stimoli esterni (visione insegna McDonald’s e accorgimento di avere fame). GERARCHIA DEI BISOGNI DI MASLOW Abraham Maslow sviluppò una classificazione dei bisogni umani, composta da 5 tipologie. L’idea è che debbano essere soddisfatti innanzitutto i bisogni di livello inferiore prima di potere soddisfare quelli di livello più elevato. 2. RICERCA DELLE ALTERNATIVE È la ricerca di alternative di prodotti/servizi atti a soddisfare il bisogno. Comporta l’utilizzo di diverse fonti:  Interna (esperienza passata) = Impegno (per ricerca informazioni) basso e Credibilità alta.  Sociale (amici, parenti = passaparola) = Impegno basso e Credibilità alta.  Marketing = Impegno basso e Credibilità bassa (minor fiducia verso la pubblicità).  Pubblica (associazioni, consumatori, Altroconsumo) = Impegno alto e Credibilità alta.  Esperienziale (prova del prodotto) = Impegno Alto (perché non sempre è consentita) e Credibilità alta. Le informazioni complessivamente ricavate da tutte queste fonti sono poi “elaborate” dal consumatore. Tuttavia, non sono ancora completamente comprensibili le modalità secondo le quali gli individui elaborano le informazioni e le trasformano in valutazioni. Gli influencer sono una fonte di marketing = sono soggetti pagati da un’azienda. I macro-influencer sono spinti da un obiettivo commerciale. I micro-influencer sono una fonte sociale = fanno in modo che il consumatore si fidi e che senta l’influencer quasi come un amico. IL CONSIDERATION SET Essere considerati tra le alternative tra cui operare la valutazione è uno degli obiettivi primari, in particolare della politica di comunicazione, e l’entità degli investimenti pubblicitari orientati in questa direzione assai cospicua. La brand awareness (notorietà del brand) costituisce, infatti, la conditio sine qua non per essere inseriti nel consideration set. 3. VALUTAZIONE DELLE ALTERNATIVE E SCELTA Durante il processo di raccolta delle informazioni o, in alcuni casi, dopo che le informazioni sono state ottenute, il consumatore valuta le alternative in base a ciò che ha appreso. La fase della valutazione delle alternative consiste nell’effettivo confronto tra le diverse offerte prese in considerazione e nell’identificazione dei relativi pregi e difetti.  Valutazione = assegnare valore alle alternative disponibili in base ai criteri prestabiliti.  Scelta = individuare l’alternativa preferita che conduce all’acquisto. Entrambe le attività costituiscono un modo attraverso cui il consumatore esprime una preferenza. 4. LA DECISIONE D’ACQUISTO La scelta dell’oggetto d’acquisto comporta che vengano prese numerose decisioni, come tipo prodotto, marca, modello, negozio, etc. Inoltre, il consumatore può decidere di modificare, rimandare o recedere dalla decisione di acquisto stessa, a causa di fattori che lo inibiscono o che presentano dei possibili rischi. Tradizionalmente i teorici delle scelte in condizioni d’incertezza ritengono che in consumatori, nel prendere le loro decisioni, tendano a ridurre al minimo i rischi basandosi sulla loro percezione di rischio relativa a quel particolare acquisto. I rischi percepiti possono essere di tipo funzionale (legati a condizioni economiche o di funzionamento) o di natura psicosociale (legati al fatto che il prodotto si riveli o non si riveli idoneo a promuovere la propria immagine o quella del gruppi di riferimento). Infine, il livello di rischio che un consumatore percepisce dipende da fattori quali il prezzo del prodotto stesso o l’opinione che altri individui possono farsi di lui, associandolo al possesso o all’uso di quel determinato prodotto. !!!! La scelta di acquisto non è un esito automatico della valutazione delle alternative. La variabile che può entrare in gioco è il contesto di scelta (punto di vendita). Il consumatore sta che esistono le marche A, B, C, D (marche disponibili)  il suo consideration set è tra A e B  nel contesto di scelta c’è A, E, F = il consumatore può venire a conoscenza di brand di cui non sapeva l’esistenza e li può prendere in considerazione. Nel punto di vendita può sussistere una rottura di stock (esaurimento determinato prodotto). Nel punto di vendita possono sussistere stimoli di marketing, condizionamento di prezzo, etc. 5. DOPO L’ACQUISTO In termini generali, se un individuo ritiene che una determinata azione abbia risposto adeguatamente a uno stimolo, realizzando un desiderio o soddisfacendo un bisogno, il successo di questo schema “stimolo-risposta” verrà da lui ricordato anche in seguito. Confirmation/disconfirmation paradigm Il frequente ripetersi dell’evento aumenta la possibilità che tale risposta diventi un’abitudine. Allo stesso modo, un’azione che in passato non ha risposto adeguatamente a un bisogno, verrà difficilmente ripetuta in futuro. Si può essere più o meno soddisfatti. La promessa inizialmente fatta al consumatore deve essere soddisfatta, e il grado di soddisfazione del consumatore deriva dalle:  Aspettative  Percezioni LA DISSONANZA COGNITIVA È possibile che il consumatore possa essere vittima di dissonanza cognitiva = stato di insoddisfazione provato dall’acquirente dopo l’acquisto, connesso al prodursi di discordanze e incongruenze tra le varie informazioni in cui possesso, i suoi atteggiamenti e le sue convinzioni in merito a una determinata decisione di acquisto. IL MODELLO GENERALE DEL PROCESSO DI ACQUISTO Nella realtà il processo di acquisto non segue necessariamente tutte le fasi. Può variare in base al contesto decisionale, al valore unitario del prodotto, al coinvolgimento emotivo e all’esperienza del consumatore legata speso alla frequenza di acquisto. LE TIPOLOGIE DI PROCESSO DECISIONALI Nella realtà il processo di acquisto si distingue in 3 tipologie:  Estensivo = impiego di ingenti risorse cognitive e di tempo.  Limitato = impiego di tempo e sforzi per ricercare e confrontare le alternative (ex. abbigliamento).  Routinario = impego di modeste risorse cognitive e di tempo. IL NUOVO PROCESSO MENTALE DEL CONSUMATORE Nel 2005, l’azienda “Procter & Gamble” afferma che ogni consumatore quando ha uno stimolo (nascita del bisogno), segue il 1° momento di verità (7 secondi davanti allo scaffale nel punto di vendita e scelta del prodotto), e 2° momento di verità (portare il prodotto a casa e ritenersi più o meno soddisfatti). Nel 2011, Google afferma che tra lo stimolo e il 1° momento della verità si inserisce un ulteriore passaggio definito momento 0 della verità. È il momento in cui il consumatore decide già cosa acquistare cercando informazioni online (motori di ricerca, blog, forum, etc.). Nel 2015 Google afferma che il momento 0 non è riconducibile ad un lasso di tempo preciso della giornata perché i consumatori sono quasi sempre online, ed elabora la teoria dei micro-momenti. COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DELLE ORGANIZZAZIONI: TIPOLOGIE DI ORGANIZZAZIONI  Produttori = imprese che comprano beni e servizi al fine di produrre altri beni e servizi da porre in commercio (ex. Barilla).  Intermediari = sono per esempio i grossisti o i rivenditori al dettaglio che acquistano prodotti o servizi per rivenderli ad altre aziende o direttamente al consumatore finale (ex. Conad).  Enti Pubblici = si articolano a livello nazionale, regionale e locale e necessitano di macchinari, attrezzature, impiantistica, forniture e servizi. Tali strutture sono soggette a rigide politiche normative in materia d’acquisti e le attività di marketing relative sono molto complesse (ex. Roma Capitale).  Altre Istituzioni = quali ospedali, Università, Chiese, spesso organizzazioni non-profit. FASI DEL PROCESSO D’ACQUISTO  Bisogno Organizzazione.  Analisi del venditore (cioè, del fornitore) = tecnica mediante la quale il compratore classifica ogni potenziale venditore in relazione a vari parametri quali la qualità del prodotto, puntualità delle consegne, il prezzo, le modalità di pagamento, etc.  Procedure d’acquisto = variabili da azienda ad azienda e in funzione del tipo di acquisto.  Valutazione post acquisto. VENDOR ANALYSIS Analisi del venditore (fornitore) secondo 4 parametri e dando un voto da 0-5. LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO (CAP.3) IL PROCESSO DI SEGMENTAZIONE La segmentazione del mercato è uno degli strumenti concettuali del marketing. La segmentazione è il processo di analisi che consente di suddividere la domanda/il mercato in gruppi/porzioni di minori dimensioni, tra di loro diversi, di persone (o aziende). I consumatori (o le aziende) raccolti all’interno di un singolo segmento condividono lo stesso comportamento d’acquisto e consumo, o una o più caratteristiche discriminanti. Ex. categoria merceologica = gomme da masticare  brand = Vivident  segmentazione del mercato = diversi tipi di gomme con caratteristiche differenti (dimensioni e forme diverse, differente contenuto di calori e di zucchero, varie consistenze, etc.) in base al segmento ricercato. Nella gestione del marketing, la selezione dei mercati target riveste un’enorme importanza nello sviluppo di piani di marketing di successo. La segmentazione è quindi definibile come “l’insieme delle attività tese a determinare la suddivisione del mercato in gruppi di consumatori simili” È necessario scegliere dei criteri di segmentazione per individuare gruppi omogenei di consumatori. La logica della segmentazione del mercato si basa sul principio che un singolo prodotto raramente riesce a soddisfare i bisogni e i desideri di tutti i tipi di consumatori. Vi sono però gruppi di consumatori, definiti “segmenti di domanda”, che condividono gusti simili e che perciò possono essere adeguatamente soddisfatti da uno stesso prodotto. Se un particolare segmento di consumatori (o di organizzazioni) può essere servito con profitto da un’azienda, esso costituisce un attraente target di mercato. Il processo di segmentazione fa parte delle attività analitiche del marketing ed è indispensabile per consentire (nella fase strategica) la scelta del mercato obiettivo che sarà costituito da uno o più segmenti di domanda. LE DOMANDE DA PORSI Nel processo di segmentazione i consumatori vengono raggruppati, sulla base di una o più caratteristiche condivise, in segmenti omogenei al loro interno, ma differenti tra loro. Vi sono quindi 3 importati domande:  La segmentazione dovrebbe essere effettuata a priori o a posteriori (post hoc rispetto alla ricerca di mercato).  Su quali basi va effettuata la segmentazione?  Come scegliere le variabili più significative da utilizzare per la segmentazione? 1. SEGMENTAZIONE A PRIORI Viene effettuata dal management aziendale sulla base di ipotesi definita in base all’esperienza e al buon senso senza effettuare ricerche di mercato sul campo. I segmenti così individuati sono costruiti a tavolino. Esempio = suddivisione del mercato in non users, light users, heavy users = questa modalità consente di creare una prima forma di segmentazione e in seguito si possono compiere altre analisi per comprendere maggiormente il loro profilo. La ricerca sul campo viene quindi poi condotta per determinare la dimensione e il profilo demografico e psicografico di ciascuno dei tre gruppi identificati secondo il criterio del grado di utilizzo. Limite = non poter approfondire bisogni e motivazioni del consumatore e quindi non poter individuare tutti coloro che presentano omogeneità di comportamento e preferenze. La segmentazione a priori è un primo passo dopo il quale è necessario di norma una definizione più approfondita del profilo dei potenziali clienti. 2. SEGMENTAZIONE A POSTERIORI Consiste nel raggruppare la popolazione in segmenti omogenei sulla base di ricerche effettuate utilizzando tecniche di analisi che non richiedono di predeterminare rigidamente i criteri di segmentazione. Tramite opportune ricerche si riesce ad ottenere informazioni rilevanti sulle caratteristiche degli acquirenti ed effettuare previsioni sull’interesse di un certo segmento nei confronti di un prodotto esistente o da creare. LE BASI PER LA SEGMENTAZIONE  In base ai BENEFICI RICERCATI = si basa sull’assunto che i benefici ricercati dalle persone nel consumo di un determinato prodotto (bene o servizio) siano la causa fondamentale dell’esistenza di un effettivo segmento di mercato. Pertanto, si cerca si misurare il sistema di valori dei consumatori e la loro percezione delle varie marche disponibili in una determinata classe di prodotti.  Mercato igiene orale = i benefici ricercati in un dentifricio sono denti bianchi, gusto gradevole, confezione attraente, prevenzione carie, prezzo conveniente, etc.  Mercato orologi = benefici ricercati da: - Segmento “risparmio” = l’orologio è principalmente uno strumento per misurare il tempo, per cui l’acquisto è fatto cercando il prezzo più basso, purché l’orologio funzioni discretamente bene. Marche come Seiko, Pulsar e Citizen sono tipiche di questo segmento. - Segmento “prestigio e qualità” = formato dai consumatori che cercano un orologio di lunga durata, di lavorazione artigianale, fatto con materiali di qualità e dal design curato e disposti a pagare un prezzo elevato per ottenere queste caratteristiche. In questo segmento ci sono gli orologi di Omega e Rolex. - Segmento “moda” = il consumatore cerca un oggetto che abbia sia funzioni utili sia qualità emotivamente significative. L’orologio in questo caso è visto come un accessorio di moda, da scegliere in forme e colori diversi, che piace alla gente giovane e trendy. Il marchio leader di questo segmento è Swatch, che ha lanciato il concetto di funwear.  PSICOGRAFICA (in base alle caratteristiche personali) = è focalizzata sulle caratteristiche personali del consumatore. L’approccio psicografico detto anche “orientato allo stile di vita” è un tipico modello di segmentazione “post hoc”. Si effettuano di norma indagini campionarie per conoscere attività, interessi e opinioni dei consumatori che vengono raggruppati in gruppi diversi a seconda delle risposte.  GEO-DEMOGRAFICA = mediante l’uso di indicatori economici, sociale e demografici è possibile classificare le famiglie in relazione a macroaree in cui gli individui vivono e fanno acquisti. Le aree sono reali, individuabili con coordinate geografiche e rappresentabili tramite mappe. LA SCELTA DELLE VARIABILI DI SEGMENTAZIONE Non esiste una soluzione immediata per determinare quali siano le caratteristiche più significative sulle quali basare la segmentazione, e non esistono variabili migliori di altre. Ma occorre effettuare una valutazione ragionata delle variabili più conveniente da utilizzare in relazione agli obiettivi che l’impresa si è prefissata di raggiungere. LE DOMANDE A CUI IL PROCESSO DI SEGMENTAZIONE DEVE RISPONDERE Va tenuto presente che nella pratica non si riesce sempre a identificare i segmenti in modo nitido e distinto. Spesso il processo di segmentazione è lungo e laborioso, e si arriva a risultati soddisfacenti solo dopo molti tentativi ed errori. Tuttavia, alla fine del processo di segmentazione, si dovrebbe essere in grado di rispondere a determinati quesiti:  Chi sono i clienti? (acquirenti, utilizzatori)  Cosa comprano? (spesa media, marche, caratteristiche dei prodotti, etc.)  Che uso fanno del prodotto?  Quando comprano? (periodo, promozioni, etc.)  Come scelgono? (livello di soddisfazione, intenzione al riacquisto)  Perché scelgono il prodotto? (attributi funzionali, servizi accessori, immagine, valore del brand)  Compreranno ancora? (customer satisfaction, loyalty)  Sensibilità agli elementi del marketing mix. LA NUMEROSITÀ DEI SEGMENTI Non c’è un numero preciso di segmenti. Il numero aumenta con l’aumentare dell’utilizzo di variabili, ma l’ampiezza si riduce. Dare luogo ad un’eccesiva frammentazione per l’impresa può essere pericoloso perché potrebbe rendere dispersiva l’allocazione delle risorse. REQUISITI DEI SEGMENTI Una volta che i segmenti sono stati individuati, è necessaria la loro profilazione, ossia occorre essere in grado di descriverne con precisione le caratteristiche. La descrizione dei segmenti è indispensabile per capire quali possono adattarsi maggiormente all’offerta dell’azione. Per effettuare questa analisi, il metodo più semplice è utilizzare una tabella a doppia entrata (cross tabulation) = nelle colonne si pongono i segmenti, nelle righe le variabili di segmentazione e nelle celle le caratteristiche del segmento rispetto alla variabile considerata. La possibilità di descrivere caratteristiche e dimensione di ciascuno dei segmenti individuati è un requisito essenziale. Perché possa essere considerato un reale “bersaglio” d’offerta, ogni segmento deve possedere una serie di caratteristiche preliminari, in assenza delle quali vengono a mancare i presupposti per qualunque azione di marketing a esso destinate:  Misurabilità = deve essere possibile qualificare i soggetti in termini assoluti o percentuali che appartengono al segmento.  Accessibilità = il segmento deve essere raggiunto con chiarezza, ed esprimere i bisogni che l’impresa può soddisfare.  Significatività = il segmento deve essere significativo per l’impresa, deve avere delle dimensioni e un potenziale di domanda.  Differenziabilità = i segmenti devono essere differenziati e i consumatori devono far parte di un solo segmento, e tutta la popolazione di consumo deve essere collocata all’interno dei segmenti.  Esaustività = collegata a prima. Indica che ciascuno dei consumatori del mercato è stato incluso in uno e uno soltanto dei segmenti individuati.  Stabilità = le caratteristiche del segmento devono essere durature nel tempo. LA CONCORRENZA (CAP.4) L’ANALISI DEL CONCORRENTI L’attività di impresa si svolge in un contesto vivo e complesso dove operano molti attori con obiettivi e piani diversi che interagiscono e/o si contrastano tra loro. Pertanto, qualsiasi attività di business non può trascurare un’accurata analisi poiché i concorrenti ci forniscono informazioni fondamentali per comprendere il mercato in cui si opera e i comportamenti dei potenziali clienti. Conoscere i concorrenti è una condizione essenziale per la sopravvivenza delle imprese. Analisi della concorrenza spesso viene dedicata un’insufficiente attenzione e i motivi sono 3 = psicologici, strategici, e tecnici. Quindi, nella vita di un’azienda/organizzazione è vitale riuscire efficacemente e dinamicamente a:  RICONOSCERE e CONOSCERE i concorrenti che contendono o potranno contendere spazi di mercato.  PREVEDERNE e OSSERVARNE costantemente strategie e azioni. Le domande da porsi per l’analisi della concorrenza sono:  Quanto è competitivo il settore in cui operiamo?  Che caratteristiche hanno?  Come sono posizionati sul mercato?  Quali sono i loro comportamenti abituali?  Quali sono i loro punti di forza e le loro debolezze?  Qual è il loro “profilo di risposta”?  Quali sono i loro obiettivi?  Chi sono o potrebbero essere i miei concorrenti? LA SITUAZIONE IN CUI OPERA L’AZIENDA Ogni settore ha le sue caratteristiche che rendono più o meno facile per un’azienda interessata cominciare a operare e competere (economisti: “barriere all’entrata”). Queste caratteristiche possono dipendono dalla sua storia, dalle sue caratteristiche intrinseche (ex. grande investimento iniziale) e dalla sua rilevanza. Gli elementi da considerare in un’analisi del settore industriale sono sostanzialmente 4: 1) CONDIZIONI IN CUI OPERA IL SETTORE = i principali elementi sono:  Materie prime (nei settori in cui sono fondamentali) = per esempio la possibilità o meno di accedere facilmente alle materie prime determina la possibilità o meno di competere in quel mercato. Chi le fornisce? È facile reperirle? Sono costose? Chi ne controlla il prezzo e la distribuzione? Ci sono dei sostituti?  Tecnologia = È un settore altamente tecnologico? Si può fare innovazione? Le competenze tecnologiche sono accessibili? A che costo?  Legislazione = alcuni settori altamente delicati e/o strategici sono regolamentati dalle autorità (esempio il settore sanitario o quello militare). Queste regolamentazioni impongono limiti e vincoli all’attività d’impresa, arrivando in alcuni casi a determinare i prezzi dei beni o dei servizi. I vincoli variano nello spazio e nel tempo.  Elasticità = alcuni settori e mercati sono particolarmente sensibili al prezzo. Questo elemento può essere fondamentale nella definizione di una strategia di attacco o nel prevedere eventuali comportamenti degli operatori e/o consumatori. In questo tipo di settore l’assenza di massa critica (num. min clienti per crescita esponenziale prodotto) e la mancanza di economie di scala possono ridurre la possibilità di competere. Una “guerra dei prezzi” potrebbe mettere gli operatori più deboli fuori dal mercato. La attività più esposte a questa problematica sono quelle che trattano commodity e in generali di prodotti a basso valore aggiunto. 2) CARATTERISTICHE DEL MERCATO E DEI PRODOTTI =  Struttura = è la caratteristica principale di un mercato e dipende dalla quantità di operatori e dalla differenziazione tra loro. - concorrenza perfetta = prodotti uguali, prezzi allineati, competizione su capacità controllo costi, mercato delle utility o delle MP indifferenziate. - monopolio = un solo produttore, prezzi alti, barriere all’ingresso, progressivo calo qualità, disinteresse alla costumer satisfaction. - oligopolio = pochi produttori, medesimo bene, difficoltà a differenziarsi, competizione su prezzo, vantaggio competitivo come riduzione costi operativi, e premio su prezzi e profitti. - oligopolio differenziato = competizione su differenziazione prodotto, qualità e elementi a completamento offerta. - concorrenza monopolistica = massima differenziazione e operatori si concentrano su un unico segmento di mercato.  Barriere = sono un elemento fondamentale perché incidono sulla facilità con cui un’impresa può entrare in un settore. I principali elementi da analizzare: - presenza o meno di una privativa industriale (brevetti) - barriere all’ingresso, sia legali (licenze, autorizzazione, concessioni, etc.) sia pratiche (necessità investimenti iniziali) - struttura della proprietà = presenza di joint venture, integrazione verticale e/o orizzontale e possibilità di ritorsioni all’entrata. 3) COMPORTAMENTI TIPICI = alcuni settori presentano profili di comportamento omogeneo. Ci sono contesti notoriamente più aggressivi e competitivi, o altri che hanno consolidate tradizioni riguardo alla distribuzione, alle strategie o al prezzo. 4) PRESTAZIONI ECONOMICHE (MARGINALITÀ) = – Alcuni ambiti offrono grossi profitti a fronte di alti rischi (ad esempio finanza speculativa); oppure hanno maturato una particolare efficienza operativa (economie di scala); oppure sono caratterizzati da tassi di crescita particolarmente aggressivi (che possono generare spazi per ampi margini come le app digitali). Tutti questi elementi vanno considerati nel loro insieme e nell’analizzare la situazione in cui l’azienda compete o competerà vanno ponderate = caratteristiche generali del settore industriale, caratteristiche specifiche del mercato, la cultura e la storia del settore. LE 5 FORZE DI PORTER (MODELLO DELLA CONCORRENZA ALLARGATA) Porter ha spiegato che la profitabilità delle imprese nel lungo termine è determinata da 2 fattori:  Attrattività del settore in cui opera = è generalmente riconducibile alla profittabilità del settore.  Intensità della competizione all’interno del settore stesso Prodotti o settori molto attraenti ma con un livello di competizione alto possono essere meno interessanti di altri meno “ricchi” ma nei quali il livello di competizione è minore. Per quanto riguarda la competizione, Porter ha individuato 5 fattori che ne determinano l’intensità, dette le “5 forze di Porter”. Questo modello è utile per analizzare le caratteristiche del settore in cui opera l’azienda: 1. MINACCIA NUOVI ENTRANTI = i “nuovi entranti” sono intesi come soggetti che potrebbero entrare nel mercato in cui opera l’azienda. I fattori che possono influenzare la forza di potenziali entranti sono: la disponibilità dei capitali, la conoscenza del settore, la reputazione e il brand, gli accordi con la distribuzione. La possibilità che nuovi operatori entrino nel mercato è aumentata o diminuita da una serie di fattori:  Economie di scala  Vantaggio di costo (economie apprendimento, accesso materie prime)  Fabbisogno di capitale  Accesso a canali distributivi  Barriere istituzionali/legali  Reazione da parte imprese esistenti 2. POTERE CONTRATTUALE DEI COMPRATORI = i clienti incidono su livello di competizione, in quanto loro stessi di fatto possono fare concorrenza ai loro fornitori. Le principali variabili sono:  Minaccia di sostituibilità  Capacità di integrazione a monte 3. POTERE CONTRATTUALE DEI FORNITORI = i principali fattori sono:  Minaccia di sostituibilità  Capacità di integrazione a valle  Concentrazione fornitori 4. MINACCIA DI BENI O SERVIZI SOSTITUTIVI = elementi principali:  Propensione acquirenti alla sostituzione dei prodotti  Prezzi dei prodotti sostitutivi Più complessi sono i bisogni soddisfatti, minore è la propensione a sostituire 5. COMPETIZIONE TRA IMPRESE DELLO STESSO SETTORE (CONCORRENTI DIRETTI/ESISTENTI) CHI SONO I CONCORRENTI? L’INDIVIDUAZIONE Non è sempre facile individuare i propri concorrenti... Secondo Porter, oltre ai concorrenti “tradizionali” esistono o possono comparire dei concorrenti potenziali, ovvero aziende che fanno attualmente un “mestiere” diverso, ma potrebbero volontariamente o involontariamente sottrarre dei clienti o danneggiare l’impresa in qualche modo. Una classificazione dei concorrenti in 6 gruppi può essere da guida per svolgere un’analisi di mercato alla ricerca dei potenziali avversari:  CONCORRENZA TRADIZIONALE: costituita da coloro che offrono lo stesso prodotto o servizio al nostro stesso mercato con modalità simili alle nostre. (ex. Mulino Bianco e Pavesi)  CONCORRENZA DI CATEGORIA MERCEOLOGICA: costituita da coloro che offrono prodotti della stessa categoria merceologica. (ex. Colussi e Kellog’s)  CONCORRENZA PER ANALOGIA: quelle aziende la cui offerta comprende lo stesso servizio ancorché con modalità diversa. (ex. Trenitalia e Ita)  CONCORRENZA PER POTERE DI ACQUISTO: costituita da tutti quegli operatori che competono per accaparrarsi la stessa fetta della capacità di spesa dei consumatori. Es. prodotti status symbol. (ex. Pomellato e Fendi)  CONCORRENZA POTENZIALE: consiste in quelle aziende che offrono prodotti o servizi contigui ai nostri e che possono facilmente entrare nel nostro mercato e danneggiarci. (ex. Bulgari e Rolex)  CONCORRENZA TOTALMENTE SCOLLEGATA: la concorrenza può anche originare da fattori difficili da prevedere. (ex. Prime Video e Netflix) L’UTILITÀ DELLE MAPPE DI POSIZIONAMENTO È uno strumento semplicistico, ma consente una visione complessiva evidenziando.  RAGGRUPPAMENTI = il grafico può evidenziare gruppi di concorrenti con caratteristiche simili.  POSIZIONAMENTO RELATIVO = posizionando la propria azienda sulla mappa si può avere una rappresentazione efficace di come siamo collocati rispetto ai nostri concorrenti.  INDIVIDUAZIONE DEGLI SPAZI VUOTI = il grafico consente di evidenziare eventuali “spazi vuoti”, ossia dove non esistono aziende operanti.  LINEE STRATEGICHE DI SVILUPPO = il posizionamento relativo consente di prevedere mosse dei concorrenti ed avere suggerimenti per le nostre strategie. GLI OBIETTIVI DEI CONCORRENTI Una delle principali informazioni che aiuta a prevedere le mosse dei concorrenti è avere la migliore conoscenza possibile sui loro obiettivi. Nella maggioranza dei casi, sono riconducibili a 2 grandi categorie: 1. OBIETTIVI DI PROFITTO =  Controllo costi = ridurre i costi è il sistema più semplice per aumentare i profitti. Tuttavia questo strumento può creare delle debolezze. (ex. Esercitare forte pressione sui fornitori può lasciarli insoddisfatti e disponibili a valutare proposte concorrenti)  Sfruttamento economie di scala = un concorrente potrebbe decidere di aumentare i profitti aumentando le economie di scala. È saggio aspettarsi un attacco sui mercati attualmente non coperti, oppure una diminuzione dei prezzi per far crescere i volumi. 2. OBIETTIVI DI CRESCITA DIMENSIONALE =  Nuovi mercati = ci si deve aspettare un attacco teso a conquistare nuovi clienti. Sono tanti i modi per farlo: attacco a nuovi segmenti di mercato, una politica aggressiva su mercati esistente, crescita spese pubblicitarie, etc. È bene cercare di prevedere le possibili mosse attivando politiche di “protezione” della propria clientela.  Nuovi prodotti = è importante cercare o immagine le scelte del concorrente. IL PROFILO COMPORTAMENTALE DEI CONCORRENTI È necessario chidersi come si comporteranno di fronte a un qualche tipo di stimolo. 3 grandi categorie di stimoli: 1. Modifiche dell’ambiente in cui si opera (per esempio una crisi economica, rialzo imposizione fiscale, etc.). 2. Mossa di un concorrente (per esempio una variazione dei prezzi operata da un concorrente). 3. Aggressione specifica (un’azione specificatamente diretta verso il concorrente in questione come una pubblicità comparativa). LA COMPETIZIONE E LA CATENA DEL VALORE Un metodo per analizzare la concorrenza è l’analisi della catena del valore. Si assume che i clienti scelgano i prodotti dell’azienda che offre loro il maggior valore che viene creato in una serie di operazioni o passaggi. La teoria della catena del valore consiste nell’analizzare i passaggi nei quali l’azienda crea valore. Ovviamente un esercizio completo comporta l’analisi anche della catena del valore dei fornitori, dei distributori e infine degli stessi clienti. Porter ha analizzato la catena del valore e ha suddiviso òe operazione di un’impresa in 9 attività:  5 ATTIVITÀ PRIMARIE = logistica in entrata, produzione, logistica in uscita, marketing e vendite, servizi.  4 ATTIVITÀ DI SUPPORTO = approvvigionamenti, sviluppo della tecnologia, gestione risorse umane, attività infrastrutturali. Applicarla all’analisi della concorrenza consiste nell’analizzare la catena del valore dei concorrenti. Individuare i punti in cui essi creano la maggior parte del valore finale ovvero su cui si basa il loro vantaggio competitivo consente di:  conoscere i concorrenti tramite l’analisi delle loro modalità operative  conoscere gli elementi critici in cui i concorrenti creano valore per i clienti  individuare opportunità per fornire ai clienti un valore superiore a quello offerto dai concorrenti I CO-PETITORS COOPETIZIONE = fenomeno molto recente, innescato dalla sofisticazione del mercato e della gestione dell’impresa,caratterizzato dal sorgere di ambiti più o meno ampi di collaborazione tra concorrenti che continuano comunque a rimanere in competizione tra loro. Le ragioni che favoriscono o richiedono la competizione sono:  CONDIVISIONE (RIDUZIONE) DEL RISCHIO = di fronte a un’opportunità le aziende valutazione 2 parametri: la probabilità di successo dell’iniziativa e l’entità delle sue conseguenze (vantaggi o danni) = un’azienda non in grado di cogliere interamente l’opportunità, ne potrebbe cogliere in parte condividendola con altri.  CONDIVISIONE (RIDUZIONE) DEGLI INVESTIMENTI = un caso in cui 2 aziende concorrenti decidono di collaborare assieme a un nuovo prodotto per ridurre l’onere degli investimenti. (ex. Accordo Fiat con Suzuki per la fornitura dei motori diesel)  INGRESSO IN NUOVI MERCATI = 2 o più aziende decidono di aggredire congiuntamente un nuovo mercato. Questo può succedere o per condividere i rischi e i costi dell’operazione, o perché le caratteristiche del mercato richiedono l’unione delle 2 capacità.  COABITAZIONE FORZATA = caso più “puro” di coopetizione, in cui 2 aziende sono contemporaneamente partner e concorrenti. Un caso diffuso nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata), in cui un’azienda partner nella distribuzione e vendita di prodotti produce e commercializza con il proprio marchio prodotti concorrenti a quelli che distribuisce. È il caso dei prodotti marchiati con il nome del supermercato. Ex. Conad  chi produce i prodotti a marchio: - Acqua Leggermente Effervescente Conad: Gaudianello - Wurstel Conad: Beretta - Hamburger di prosciutto cotto Conad: Casa Modena - Vaschetta gelato Conad: Sammontana - Crocchette Conad: Pizzoli - Trito misto di verdure per soffritto Conad: Orogel - Panettone Conad: Bauli Motivi della collaborazione? - La possibilità per l’impresa industriale di diventare un partner primario per quella determinata categoria di prodotto. - La possibilità per l’impresa industriale di sfruttare un eccesso di capacità produttiva. - La possibilità di impostare relazioni strategiche di lungo periodo. I BENEFICI DELLA CONCORRENZA I principali contributi che la concorrenza porta alla collettività sono:  SICUREZZA = permette ai clienti di avere sempre delle alternative. Garantisce la continuità delle forniture e offre delle alternative in caso di crisi o disastri.  MIGLIORAMENTO DELLA SPECIE = stimola gli operatori a fare meglio e migliorare continuamente i prodotti.  DIVERSIFICAZIONE = favorisce l’innovazione e la diversificazione di prodotti/servizi, strategie e approcci di mercato.  EFFICIENZA = spinge gli operatori al perseguimento della massima efficienza economica per mantenere competitivi i prezzi e soddisfacenti i propri margini di profitto. STRATEGIE CORPORATE (CAP.6) LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA Riguarda il processo manageriale volta a sviluppare e mantenere una corrispondenza efficace tra gli obiettivi e le risorse dell’organizzazione a tutti i livelli. La pianificazione è svolta a diversi livelli partendo da una pianificazione generale (a livello corporate) dell’impresa per poi passare ad una pianificazione relativa alle singole funzioni e prodotti. La pianificazione strategica, se eseguita con successo, riveste un ruolo chiave nell’assicurare l’equilibrio tra le logiche di breve e lungo termine. I COMPONENTI DEL PIANO STRATEGICO Il risultato del processo di pianificazione strategica si traduce in un documento noto come piano strategico. I 4 componenti del piano strategico sono: 1. MISSIONE = ogni organizzazione esiste per svolgere una qualche funzione in un ambiente più ampio e tale funzione, visione o missione sono chiare sin dal momento in cui essa inizia la propria attività. Quindi, la missione di un’organizzazione descrive le ragioni della sua esistenza e costituisce la visione a lungo termine di ciò che l’organizzazione si sforza di essere, lo scopo distintivo che le permette di differenziarsi da tutte le altre imprese. Una mission efficace dovrebbe essere: focalizzata sui mercati e sui bisogni dei consumatori che si prefigge di soddisfare, realizzabile, motivante e specifica. 2. OBIETTIVI = sono il punto d’arrivo della missione aziendale e rappresentano, in concreto, ciò che essa pensa di realizzare nel lungo termine. Gli obiettivi devono essere: specifici, quantificabili e coinvolgenti, al fine di:  essere convertiti in azioni specifiche  fornire un orientamento per tutti  stabilire le priorità di lungo termine per l’impresa  facilitare il controllo di gestione Il management deve tradurre la mission aziendale in quegli obiettivi specifici che ne permettono la realizzazione. 3. STRATEGIE = la strategia comporta la scelta delle principali direttive che l’organizzazione dovrà seguire nel perseguimento dei propri obiettivi. Le strategie sono riconducibili a 3 principali tipologie, basate su:  PRODOTTI/MERCATI = la struttura, denominata matrice prodotto/mercato (ANSOFF), indica che un’organizzazione può svilupparsi gestendo al meglio le attività in corso e/o iniziandone delle altre. Nello scegliere uno di questi percorsi, o entrambi, l’impresa dovrà poi decidere se continuare a rivolgersi ai clienti attuali o ricercarne di nuovi. Esistono solo 4 strade che l’azienda può imboccare per perseguire una crescita: I. PENETRAZIONE DEL MERCATO = Questa strategia è finalizzata ad aumentare le vendite presso la clientela già acquisita:  incoraggiando la clientela abituale a consumare il prodotto anche in occasioni diverse da quelle abituali;  incoraggiando la clientela abituale ad acquistare maggiori quantità di prodotto. Le tattiche usate per attuare tale strategia possono comportare la nascita di campagne pubblicitarie che sottolineino i benefici del prodotto, una differenziazione delle dimensioni della confezione nella quale è presentato il prodotto, l’offerta del prodotto in un maggior numero di punti vendita, concorsi a premio con vincite immediate. (ex. Crema Pan di Stelle formato famiglia) II. SVILUPPO DEL MERCATO = Seguendo questo tipo di strategia, un’impresa cercherà di trovare nuovi clienti per i prodotti abitualmente commercializzati. La strategia di sviluppo del mercato richiede forti investimenti nel tentativo di educare il consumatore all’acquisto del prodotto. (ex. Il biscotto dei Grandi Plasmon) III. SVILUPPO DEL PRODOTTO = Con questa strategia è possibile proporre:  una versione differente di un prodotto già esistente;  una versione innovativa e all’avanguardia del proprio prodotto;  un modo nuovo per utilizzare un prodotto esistente. (ex. I differente tipi di biscotti Gocciole) IV. DIVERSIFICAZIONE = Implica l’ingresso in nuovi business, caratterizzati da nuovi prodotti e nuovi mercati. La diversificazione può essere di due tipologie:  Correlata (o concentrica) = ingresso in business caratterizzati da prodotti-mercati che hanno una complementarità tecnologica o commerciale con il business originario. (ex. BIC da penne ad accendini)  Non correlata (pura) = ingresso in nuovi business che non hanno alcun collegamento con l’attività originaria. (ex. Armani da abbigliamento a hotel)  VANTAGGIO COMPETITIVO = posizione di superiorità rispetto ai concorrenti riconosciuta come tale dagli acquirenti/consumatori e sostenibile nel tempo. Tale superiorità deriva dall’insieme di caratteristiche detenute dalla marca (o dal prodotto) e ha origine in particolare in alcune capacità dell’impresa, ovvero le fonti del vantaggio competitivo, che segnano in maniera più significativa la differenza rispetto ai concorrenti. Le strategie finalizzate a perseguire posizioni di vantaggio competitivo vengono definite strategie competitive. (ex. Vantaggio competitivo di costo: H&M, Lidl, Iliad)  VALORE = Con l’aumento della competizione, il concetto di valore per il cliente (customer value) è divenuto essenziale tanto per le aziende quanto per i consumatori. Per avere successo, le aziende devono mirare a costruire relazioni durature con la loro clientela, offrendo quello specifico valore che solo loro sono in grado di proporre. Le 3 strategie basate sul valore sono: Il miglior prezzo (ex. Ikea, Ryanair), Il miglior prodotto (ex. Nike, Nescafé), Il miglior servizio (ex. Mercedes-Benz, Singapore Airlines) 4. PROTAFOGLIO DI ATTIVITÀ = il portafoglio di attività è l'insieme di attività (portato avanti dall’impresa nel periodo di riferimento del piano strategico), inteso come linee di prodotto all'interno dell'organizzazione. La dirigenza dovrà decidere quali siano le attività da incentivare, da mantenere o da eliminare e quali le eventuali nuove attività da intraprendere. Il 1° passo consistere nell’identificare quali siano le linee di prodotto delle varie divisioni e quali possano essere considerate un business, un’area di affari a sé stante. Una volta identificate, esse sono considerate Aree Strategiche di Affari (ASA) o SBU (Strategic Business Unit) e hanno le seguenti caratteristiche:  una missione distinta;  concorrenti specifici;  sono costituite da un'attività singola o da un gruppo di attività correlate;  possono essere oggetto di una pianificazione separata e individuale rispetto a quelle dell'intera organizzazione. (ex. ASA di Apple = AirPods, Iphone, Ipad, Wearables (AppleWatch), etc.) IL MODELLO DI ABELL Il modello più utilizzato per individuare le ASA è quello di Abell. Secondo questo modello, un’ASA è individuata dalla presenza di 3 elementi:  CLIENTI = gruppi di soggetti caratterizzati da elementi di omogeneità.  FUNZIONI = benefici forniti dai prodotti ai consumatori  soddisfano bisogni. I bisogni costituiscono il punto di raccordo tra il prodotto (oggetto che soddisfa una specifica categoria di bisogni) e il mercato (insieme di soggetti portatori di una medesima categoria di bisogni).  TECNOLOGIE = modalità tecniche per realizzare prodotti. La combinazione delle 3 variabili costituisce un’ASA, un business con caratteristiche peculiari da servire con un’offerta appositamente concepita, che le aziende considerano come un’opportunità di crescita e di profitto. IL PORTAFOGLIO DI ATTIVITÀ (pt.2) La maggior parte delle organizzazioni non offre al mercato un solo prodotto o servizio. Al contrario spesso ha un vero e proprio portafoglio di attività. Diversi prodotti richiedono differente impegno di risorse e “rendono in modo diverso”. Inoltre risorse e reddito mutano nel tempo. Il mercato evolve ed esige nuovi prodotti. Una volta identificate e classificate le varie unità strategiche d'affari di cui si compone l'intera attività di un'organizzazione, deve essere stabilito un metodo per decidere come ripartire le risorse a disposizione fra esse. Tali metodi sono chiamati modelli di portafoglio. IL MODELLO BCG L’interesse a costruire modelli teorici a supporto della selezione di una strategia per la propria azienda, è stato stimolato dal BCG (Boston Consulting Group), una società statunitense di consulenza direzionale. Le sue idee di fondo erano basate sul concetto di curva di esperienza (simile a quello di curva di apprendimento) = è la rappresentazione grafica della tendenza dei costi aziendali che diminuiscono al crescere dei volumi di produzione. Il concetto di curva di esperienza del BCG ha condotto allo sviluppo del cosiddetto modello di portafoglio BGC. È basato sull'assunto che la redditività e la liquidità aziendale sono strettamente collegate al volume delle vendite. In questo modello, le ASA sono classificate in base alla loro quota di mercato relativa e al tasso di crescita del mercato nel quale operano. Usando questi principi, i prodotti rientrano in 4 categorie-tipo, ciascuna contrassegnata da un nome legato alle capacità economico-finanziarie e competitive:  STELLE (stars) = ASA con elevata quota di mercato (prodotti leader) e operano in mercato in forte crescita. Richiedono mezzi finanziari consistenti per finanziare l'espansione. A causa del fatto che i mercati in espansione attirano molti concorrenti, tali unità d'affari assorbono spesso molte risorse, che vengono utilizzate per finanziarne l'espansione e proteggerne la posizione di mercato. (flusso cassa modesto)  DILEMMI/PUNTI INTERROGATIVI (question marks) = ASA con bassa quota di mercato in un mercato ad alto tasso di crescita. Esigenza di notevole liquidità per finanziare la crescita. Occorre identificare le attività che possono essere promosse con speranza di successo, in quanto per queste sono possibili aumenti di quota di mercato. L'obiettivo strategico prioritario è quello di “disinvestire” o di accrescere la quota di mercato. (flusso cassa negativo)  MUCCHE DA MUNGERE (cash cows) = spesso leader di mercato, ma in un mercato con domanda stabile o tasso di crescita moderato. Attività che dovrebbero fornire molta liquidità e consumarne poca. Rappresentano una fonte di finanziamento per attività di diversificazione o di ricerca. L'obiettivo strategico prioritario è quello di raccogliere la liquidità fornita (mietitura). (flusso cassa molto positivo)  CANI (dogs) = ASA con bassa quota di mercato in un mercato a bassa crescita. L'accrescimento di quota di mercato è poco verosimile poiché significherebbe scontrarsi con concorrenti che detengono vantaggi di costi. Mantenere in vita queste attività è molto oneroso dal punto di vista finanziario. L'obiettivo strategico prioritario è quello di “disinvestire” o vivere modestamente. (flusso cassa modesto) IL MODELLO BCG E IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO La rappresentazione grafica del ciclo di vita di un prodotto può chiaramente mostrare la relazione che intercorre fra lo sviluppo del prodotto e l'utilizzo delle risorse finanziarie di cui necessita. I LIMITI DEL MODELLO BCG Questo modello ha suscitato molte critiche, soprattutto riguardanti ai suoi limiti:  Si basa sull'assunto che il mercato sia incontrollabile  La quota di mercato non sempre è determinante per il rendimento dell'Azienda  Non è vero che la fonte di finanziamento dell'impresa sia solo interna  Non viene presa in considerazione l'interdipendenza sinergica tra le varie SBU (come l'utilizzo degli stessi canali di distribuzione)  Non tiene in considerazione alcuna misura di profitto e di soddisfazione del cliente  La strategia aziendale sembra essere solo di tipo reattivo basandosi sull'analisi della posizione competitiva LA MATRICE GENERAL ELETRIC Alcune aziende hanno sviluppato modelli di portafoglio alternativi che permettono di includere una maggiore quantità di informazioni, rispetto al modello BCG. La matrice General Electric (GE) è un modello più complesso della matrice BCG che prende in considerazione due parametri fondamentali:  attrattività del settore (non solo il tasso di crescita) (ex. Redditività = mercati alti margini di profitto sono + attrattivi)  competitività dell'azienda nel business (non solo quota di mercato) (ex. Leadership di qualità = migliore è la qualità rispetto alla concorrenza, più forte competitività) Tali parametri sono tuttavia un indice composito che tiene in considerazione MOLTI elementi.  COSTRUIRE = caratterizzate da alta attrattività del mercato e da un forte competitività. L’azienda dovrebbe cercare di sviluppare la quota di mercato.  MANTENERE = posizione intermedia sia per l’attrattività sia per la competitività. Generalmente, l’azienda decide di mantenere la loro quota di mercato.  MIETERE = caratterizzate da bassa attrattevità e debole competitività. In questi casi, l’azienda decide di sfruttarne fino in fondo il potenziale di flusso di cassa oppure disinvestire. L’ANALISI SWOT Per sostenere la scelta nell’individuazione delle alternative strategiche si utilizza una metodologia di analisi denominata SWOT. L’analisi SWOT ha l’obiettivo di identificare tutte le tendenze e inserirle in un quadro organico, individuando condizioni interne ed esterne all’azienda che per la loro rilevanza possono influenzare la performance. L’acronimo fornisce la rappresentazione di come l’analisi viene strutturata:  VARIABILI INTERNE (!!! I punti di forza e di debolezza sono sempre concetti relativi al contesto in cui l’impresa opera)  Punti di forza (Strenghts) = sono risorse o capacità specifiche di cui l'azienda è in possesso. Se utilizzati in modo efficace, conferiscono all'azienda una competenza distintiva rispetto ai concorrenti e le possono consentire di cogliere le opportunità e di eludere le minacce che l'ambiente presenta. (ex. Immagine e qualità elevate, brevetti esclusivi, etc.)  Punti di debolezza (Weaknesses) = sono risorse o capacità che mancano all'azienda o non sono adeguatamente utilizzate, mentre i concorrenti ne dispongono. Identificano un'area di rischio, da migliorare, poiché altrimenti si traduce in uno svantaggio competitivo. Al contrario dei punti di forza, quelli di debolezza enfatizzano le minacce e attenuano il valore delle opportunità. (ex. Linee produzione obsolete, risorse umane inadeguate, etc.)  VARIABILI ESTERNE (!!!! Le opportunità e le minacce sono sempre concetti relativi ai punti di forza e di debolezza posseduti dall’azienda))  Opportunità (Opportunities) = sono fattori che, se sfruttati tempestivamente, si ripercuotono sulla prestazione dell'impresa e possono contribuire alla creazione di un vantaggio competitivo. (ex. Facile accesso canali distributivi, nuove tecnologie, etc.)  Minacce (Threats) = sono fattori che possono portare ad un declino nella prestazione in assenza di contromisure per fronteggiarla. Le minacce possono mettere a rischio il successo della strategia di marketing, se l'azienda non vi pone rimedio. (ex. Nascita prodotti sostitutivi, ingresso nuovi concorrenti, etc.) STRATEGIA DI MARKETING (CAP.7) LA RELAZIONE TRA STRATEGIA AZIENDALE E STRATEGIA DI MARKETING In un’organizzazione correttamente gestita esiste una relazione diretta fra la pianificazione strategica e la pianificazione decisa dai responsabili a tutti i livelli. La strategia aziendale deve essere opportunamente articolata in relazione alle singole ASA individuate in sede di pianificazione strategica generale. È a questo punto che entra come protagonista la strategia di marketing, alla quale è demandato il compito di sviluppare la competitività dell’azienda nei diversi business presidiati. La formulazione e l’attuazione della strategia di marketing ricadono sotto la responsabilità del marketing manager. Il loro compito è quello i realizzare strategie di mercato specifiche, concordemente con le linee di indirizzo e gli obiettivi generali fissati. GLI OBIETTIVI DEL MARKETING Una volta completata la fase di analisi, si è in grado di definire gli obiettivi che il marketing deve porsi per collaborare all’implementazione del piano e della strategia aziendale. La definizione degli obiettivi tiene in considerazione 3 elementi principali:  Cosa succede nell’ecosistema in cui l’azienda opera e cosa probabilmente succederà  Qual è la condizione attuale dell’azienda e cosa è in grado di realizzare  Le aspettative dei vari stakeholder Una corretta definizione degli obiettivi è fondamentale per avere un buon piano. Gli obiettivi sono anche l’elemento9 fondamentale per motivare i collaboratori e aggregarli attorno a uno scopo comune. Il processo di definizione degli obiettivi è complesso ed è la sintesi di 2 processi distinti ma correlati:  L’interazione con i vertici aziendali e il loro piano  La sintesi della fase di analisi svolta nella prima fase dello sviluppo del piano marketing (ossia, l’analisi del mercato, dei concorrenti e delle risorse aziendali) Per essere tali, degli obiettivi correttamente definiti devono presentare delle caratteristiche precise, sintetizzate dall’acronimo SMART:  SPECIFICO (Specific) = il più specifico possibile, ovvero chiaro e preciso.  MISURABILE (Measurable) = deve essere misurabile, ovvero espresso in numero. Un obiettivo non misurabile non è un obiettivo, è solo un desiderio.  RAGGIUNGIBILE (Achievable) = devono essere ambiziosi e stimolanti, ma raggiungibili. Traguardi troppo difficili possono essere percepiti come utopistici e possono demotivare il personale.  RILEVANTE (Relevant) = devono essere rilevanti per il raggiungimento della missione aziendale. Devono avere un impatto concreto sull’azienda. Deve essere un obiettivo per il quale vale la pena investire risorse ed energie.  DECLINATO NEL TEMPO (Time related) = deve prevedere un orizzonte temporale. Stabilire entro quando devo raggiungere un certo traguardo è fondamentale. Una volta definiti gli obiettivi, è molto importante comunicarli all’interno dell’azienda e ai vari stakeholder. Sono diversi i modi per comunicare gli obiettivi = ex., invio comunicazioni aziendali ai dipendente, o riunione di inizio anno. In aggiunta a queste comunicazioni a livello aziendale o di ASA, si svolgono riunioni di reparto. Ovviamente non tutti gli obiettivi sono comunicabili a tutti. Esiste una necessità di riservatezza che nasce dall’esigenza di non fornire ai concorrenti informazioni riservate. LA STRATEGIA DI MARKETING La strategia di marketing può essere definita come “un insieme armonico di decisioni che, fissati gli obiettivi prioritari da conseguire, individua i segmenti di mercato (target) ai quali ci si vuole prevalentemente rivolgere e formula i contenuti dell’offerta in termini di marketing mix da rivolgere al mercato”. La strategia di marketing è composta da 2 attività principali:  TARGETING  POSIZIONAMENTO Queste discendono dagli obiettivi strategici, con i quali devono risultare coerenti. Inoltre danno luogo al marketing mix (la formula dell’offerta proposta sul mercato dall’azienda) che costituisce il momento più operativo del processo di marketing management. Targeting e posizionamento sono 2 fasi dello stesso processo e si succedono logicamente. IL TARGETING Il processo di selezione dei segmenti ai quali l’azienda intende rivolgersi con la propria offerta è chiamato targeting. I principali criteri che vengono considerati per effettuare il targeting:  capacità azienda di offrire un prodotto di successo  andamento crescente della domanda  possibilità di alti profitti  intensità competitiva bassa In assenza di queste condizioni, è preferibile dirottare le risorse disponibili altrove. Per essere presenti nei rispettivi mercati, le aziende adottano diverse STRATEGIE DI COPERTURA, in funzione di una serie di variabili. Si parla di:  MARKETING DIFFERENZIATO = l’impresa decide di operare in diversi segmenti del mercato, ma con prodotti particolari per ognuno di essi, presentando programmi commerciali distinti, e sperando in questo modo di raggiungere l’obiettivo di aumentare le vendite e rafforzare la propria posizione nei diversi segmenti. (ex. Diversi tipi di CocaCola = Zero, Lemon, Senza caffeina, etc.)  MARKETING INDIFFERENZIATO = l’impresa non tiene conto delle differenze eventualmente rilevate tra i vari segmenti e presenta al mercato una sola offerta, operando su ciò che vi è di più comune nei bisogni dei consumatori, e non su ciò che vi è di diverso. Il programma di marketing è impostato in modo tale da attrarre il maggior numero di acquirenti possibile, si affida a canali di distribuzione di massa e a messaggi pubblicitari generali (ex. Crema Nivea)  MARKETING CONCENTRATO = invece che orientarsi verso una quota limitata di un grande mercato, l’impresa può mirare a ottenere una quota elevata in un piccolo mercato. In questo modo, l’impresa riesce ad acquisire una posizione di rilievo, grazie alla maggior conoscenza delle caratteristiche dei consumatori e della positiva immagine acquisita. (ex, Lamborghini = marche prestigiose di automobili) IL POSIZIONAMENTO Il posizionamento consiste nel “posizionare il prodotto nella mente dei consumatori in maniera distinta e in contrapposizione ai prodotti della concorrenza”. Consiste quindi nell’individuare uno o più elementi principali che rendono il prodotto riconoscibile e possibilmente unico per il consumatore. L’obiettivo dell’Azienda è di riuscire a:  realizzare il prodotto che i consumatori desiderano  accrescerne il valore percepito e la “personalità/unicità”  valorizzare la forza della marca rispetto ai concorrenti  massimizzare le performance economiche Le decisioni di posizionamento sono facilitata dall’attività di ricerca sul consumatore, attraverso la quale si cerca di individuare le variabili cognitive, affettive e comportamentali che hanno influenza sule preferenze. Si può affermare che uno studio si posizionamento mira a:  Definire i punti di forza e di debolezza di ciascuna offerta, visto che l’analisi è basata sulla valutazione degli attributi incorporati nei prodotti.  Misurare, in termini di somiglianza o diversità, la distanza fra i prodotti concorrenti (e quindi il grado di intensità competitiva) e la presenza di eventuali bisogni non adeguatamente soddisfatti, fornendo informazioni utili nella formulazione della strategia di marketing.  Favorire la realizzazione di prodotti “mirati” alle esigenze dei segmenti prescelti, in modo da generare customer satisfaction e fidelizzazione. Al termine del processo, il posizionamento deve essere:  SEMPLICE = capace di far riconoscere immediatamente il prodotto  RILEVANTE = utile per i consumatori e distintivo rispetto ai concorrenti  CREDIBILE = le conseguenze di una grande promesso, ma impossibile da mantenere, si traducono nella disaffezione o in un atteggiamento negativo  COERENTE = con la strategie di marca, quindi tale da rispettarne l’immagine e la credibilità I CRITERI DI POSIZIONAMENTO 1. Criteri basati prevalentemente su ASPETTI FUNZIONALI/MATERIALI  Attributi tangibili e performance del prodotto = fondato su attributi funzionali, caratteristiche tecniche, performance del prodotto. Occorre scegliere un nucleo ristretto di attributi. È un criterio vulnerabile rispetto al cambiamento e all’innovazione. Esempio: RISO SCOTTI - "Il riso che non scuoce"  Prezzo di vendita La differenziazione è basata sul prezzo, che può essere il più basso della categoria, il più alto della categoria, il migliore value for money. Esempio: RYANAIR - "The low fares airline"  Occasioni d’uso Si enfatizza la particolare appropriatezza del prodotto rispetto ad una specifica occasione d’uso. Esempio: BACI PERUGINA - "Chi ama, Baci" 2. Criteri basati su ASPETTI FUNZIONALI/MATERIALI E/O SIMBOLICI/IMMATERIALI  Categorie di consumatori = basata sulla capacità della product offering di soddisfare in modo superiore una specifica categoria di consumatori. Esempio: BEYOND MEAT - "The future of protein"  Benefici ricercati = la leva è la capacità dell’impresa di fornire uno specifico beneficio al consumatore, sia di tipo razionale che psicologico. Esempio: 4 SALTI IN PADELLA - "Pronti in 5 minuti"  Concorrenza = basato sulla contrapposizione tra la marca dell’impresa ed un concorrente. Spesso adottato dai follower, sfrutta l’immagine del concorrente nella mente del consumatore per costruire una posizione diversa ma ad essa collegata. Esempio: PEPSI COLA - "Change, you can" 3. Criteri basati prevalentemente su ASPETTI SIMBOLICI/IMMATERIALI  Elementi simbolici = focus sull’immagine della marca; differenziazione basata su aspetti immateriali: emozionali, esperienziali, psicologici, sociali, di espressione personale. Offre elevate possibilità di sostenibilità nel lungo termine. Esempio: HARLEY DAVIDSON - "Più che una moto... uno stile di vita"  Testimonial o opinion leader = enfatizzare i legami con un testimonial o un leader di opinione creando positive associazioni tra personalità e immagine della marca e del personaggio coinvolto. Esempio: MARTINI - "No Martini, no party"  Paese d’origine = fa riferimento all’associazione tra la marca ed un luogo geografico specifico al fine di far propria un’immagine di qualità o una specifica competenza correlata al luogo. Esempio: NASTRO AZZURRO - "C’è più gusto ad essere italiani" LE MAPPE DI POSIZIONAMENTO Un modo per rappresentare il posizionamento è la mappa a due dimensioni, che presenta sugli assi i due fattori d’acquisito più rilevanti per i consumatori. La mappa di posizionamento è una raffigurazione della percezione dei clienti che traduce in forma visiva e sinottica le analisi svolte sulle preferenze dei consumatori rispetto a prodotti e marche di un certo mercato. Lo scopo della mappe è quello di aiutare a prendere decisioni migliori visualizzando dove sono collocati i concorrenti all’interno dell’arena competitiva. Attraverso il posizionamento si cerca di comprendere come i consumatori percepiscono le diverse proposte concorrenti in una certa categoria, così da scoprire i punto deboli della propria gamma ed eventuali “vuoti” d’offerta. Le modalità di rappresentazione possono essere diverse: dal grafico a linee spezzate al diagramma a “tela di ragno”, fino alle mappe di posizionamento (dette mappe percettive) vere e proprie. PROGETTARE E REALIZZARE IL MARKETING MIX Esaurite le fasi precedenti, l’azienda è adesso in grado di disegnare il o i diversi marketing mix per ciascuno dei vari segmenti cui ha deciso di rivolgersi. Il marketing mix è l’insieme delle variabili controllabili dai responsabili marketing, che devono essere gestiti per soddisfare il target e per conseguire gli obiettivi aziendali. Esse sono solitamente classificate in base alle 4 maggiori aree decisionali cui fanno riferimento: prodotto, prezzo, promozione e distribuzione. Il marketing mix rappresenta il perno centrale del processo di gestione del marketing. LE DECISIONI RELATIVE AL PRODOTTO (CAP.8) Le decisioni relative al prodotto sono di fondamentale importanza poiché è proprio vendendo beni e servizi che le imprese sopravvivono e prosperano. LA DEFINIZIONE DI PRODOTTO Il prodotto può essere definito:  In base al suo aspetto fisico e materiale (prodotto tangibile).  In ottica più estesa considerando il prodotto materiale e i servizi accessori abbinati (prodotto esteso).  In modo generico (prodotto generico) considerando i benefici essenziali che l’acquirente si aspetta di ottenere. Dal punto di vista del responsabile del marketing, considerare il prodotto in termini meramente materiali è un errore definito dagli addetti ai lavori “miopia di marketing”. I manager assumono una definizione troppo limitata del prodotto, prestando un’attenzione eccessiva alla sia entità fisica, a dispetto di tutti gli altri aspetti. (ex. Cambiamento produttori dentifricio = prima visto solo come soluzione per igiene orale (cura carie), ora visto come prodotto cosmetico, aiuto persone con dentiera, rinfrescante per l’alito, etc. ) L’ottica da adottare è quella della soddisfazione di un bisogno dei consumatori. Nell’ottica del marketing concept il prodotto si può definire come “la somma della soddisfazione fisica, psicologica e sociale che l’acquirente ricava dall’acquisto, dal possesso e dal consumo ”. LA CLASSIFICAZIONE DEI PRODOTTI I prodotti vengono classificati secondo 2 criteri fondamentali:  Utilizzo finale o il mercato  Grado di elaborazione o trasformazione fisica Sulla base di ciò, si possono distinguere tra:  PRODOTTI AGRICOLI E MATERIE PRIME = beni che crescono o vengono estratti dal terreno o dal mare. Sono abbastanza omogenei, vengono venduti in grande quantità, hanno una basso valore per unità.  BENI STRUMENTALI (ORGANIZATIONAL GOODS) = beni che vengono acquistati per essere utilizzati nel processo produttivo di altri beni o comunque per lo svolgimento di un’attività commerciale (ex. Semilavorati, beni utilizzati per svolgimento attività, attrezzature, etc.)  BENI DI CONSUMO tra cui:  beni di largo consumo (convenience goods) = vengono acquistati spesso e con il minimo sforzo. I prodotti d’impulso ne fanno parte.  beni durevoli (shopping goods) = l’acquisto comporta un certo dispendio di tempo e energie per la valutazione delle varie offerte presenti sul mercato.  prodotti speciali (specialty goods) che per la loro importanza richiedono per il consumatore un impegno e sforzo particolare per effettuare la scelta IL VALORE DEI PRODOTTI Il valore comprende non solo la qualità ma anche il prezzo. Il valore è “ciò che il cliente riceve (o ciò che ha la percezione di ricevere) in cambio di ciò che dà.” Il valore percepito dal cliente è basato sulla capacità del prodotto o servizio di soddisfare i suoi bisogni e le sue richieste in relazione al prezzo pagato. LA QUALITÀ DEI PRODOTTI La qualità può essere definita come il grado di eccellenza posseduto dal prodotto di una certa impresa e può riguardare sia le caratteristiche materiali che immateriali di un bene o servizio. !!!! Soltanto se la percezione del cliente è positiva viene effettuato l’acquisto, condizione per il successo del prodotto/servizio. Molte organizzazioni hanno formalizzato il loro impegno nel fornire prodotti di qualità intraprendendo un programma, definito Total Quality Management (TQM). Il TQM costituisce un impegno generalizzato dell’organizzazione a soddisfare i consumatori tramite un continuo miglioramento di tutte le attività aziendale, in modo che difetti e problemi siano eliminati in partenza.  UN MODELLO INTERPRETATIVO DELLA QUALITÀ PERCEPITA  TECNICA = definisce gli elementi connessi alla prestazione primaria offerta dal prodotto (es. la velocità di un auto o potenza microprocessore).  FUNZIONALE = si riferisce a come viene erogata la prestazione primaria (es. comportamento personale vendita o servizio assistenza).  EROGATA = è data dalle due componenti precedenti, e viene confrontata dal consumatore con le aspettative o qualità attesa.  ATTESA = è il risultato di diverse componenti, le promesse dell’impresa, esperienze precedenti, opinioni di conoscenti o opinion leader, l’immagine del brand, ecc. Il confronto tra qualità ottenuta (erogata) e qualità attesa determina la qualità percepita che, rapportata al prezzo, genera il valore per il cliente. LA GAMMA E LA LINEA DEI PRODOTTI La gamma è l’insieme dei prodotti (messi in vendita) dell’azienda La gamma può avere diverse linee di prodotto (ossia diversi gruppi di prodotti che condividono caratteristiche, canali di distribuzione, clienti o utilizzi) che costituiscono l’ampiezza (n° di linee di prodotto) e all’interno di ogni linea possiamo avere più prodotti che costituiscono la profondità (n° medio di prodotti per ciascuna linea). Quante varianti del prodotto devono essere incluse nella linea? In genere se i prodotti sono pochi e la produzione è su larga scala i costi sono ridotti al minimo e i profitti più alti, cosa che spingerebbe le imprese a contenere al massimo varietà e innovazione. Vi sono 3 ragioni/motivazione che spingono le organizzazioni a offrire vari prodotti all’interno di una determinata linea: 1. I consumatori hanno esigenze diverse e attribuiscono importanza a caratteristiche differenti nei prodotti. 2. I consumatori preferiscono la varietà. 3. La concorrenza spinge le imprese ad avere più linee di prodotto IL PACKAGE Una parte rilevante delle decisioni d’acquisto avviene sul punto vendita ed è fortemente legata alla capacità di attrazione del package (oltre visibilità sullo scaffale). Tre tipi/livelli di package: 1. PRIMARIO = contiene il prodotto (ex., tubetto dentifricio, scatola biscotti, etc.) 2. SECONDARIO = è un involucro che avvolge il package primario (ex., confezione profumo) 3. TERZIARIO = sono i cartoni di imballaggio Il package, soprattutto a livello di primario e secondario, illustra al consumatore gli attributi fisici del prodotto e della marca di cui costituisce il prodotto visibile. In sintesi il package (primario e secondario) deve:  attrarre i consumatori  comunicare correttamente le caratteristiche del prodotto e i valori del brand puntando ad evocare adeguate associazioni sensoriali nel consumatore  essere funzionale nell’uso  garantire la conservazione del prodotto  favorire la logistica in termini di trasportabilità e sistemazione sugli scaffali Il package terziario invece deve assicurare che non si verifichino deterioramenti del prodotto nelle fasi di trasporto e stoccaggio. IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO La strategia di prodotto di un’impresa deve tenere conto del fatto che esso in genere attraversa un proprio ciclo di vita. La curva del ciclo è intesa come modello che descrive il modo in cui si evolve l’accettazione di un prodotto da parte dei consumatori e, quindi, come si modifica la domanda nel tempo. Essa viene rappresenta in una curva a “S”, scomponibile in 4 fasi che si succedono nel tempo: 1. INTRUDUZIONE = alti costi di produzione e di marketing, profitti bassi – nulli o negativi. 2. CRESCITA = i profitti aumentano, proporzionalmente all’aumento delle vendite. È la fase in cui i consumatori cominciano a provare e adottare il prodotto. 3. MATURITÀ = i profitti non mantengono più il passo delle vendite a causa del formarsi di nuovi concorrenti. Il venditore potrebbe essere costretto a rivedere il profilo complessivo della propria offerta. 4. DECLINO = le vendite cominciano a declinare e il responsabile marketing dovrà decidere se:  smettere di commercializzare il prodotto  modificare il prodotto aggiungendogli attributi che ne innalzino il valore  cercare nuovi utilizzi del prodotto  cercare nuovi mercati La dinamica evolutiva della domanda può essere associata allo specifico prodotto, a un brand, a una categoria di prodotti o a un intero settore industriale. SVILUPPO DI UN NUOVO PRODOTTO Le imprese sarebbero ben felici di avere un prodotto evergreen ma è una situazione che può essere considerata l’eccezione (si pensi alla Coca Cola o alla Nutella che hanno una ricetta segreta o al marchio registrato di Montblanc o Lacoste). Nel momento in cui un prodotto entra nella fase di declino ci deve essere un nuovo prodotto che entra nella fase dello sviluppo. Una classificazione dei nuovi prodotti può essere fatta sulla base di 5 categorie: 1. BREAKTHROUGH (new to the world product) = novità assolute che danno vita ad un nuovo mercato. (ex. Con il lancio dell’Ipad, Apple crea un prodotto totalmente innovativo da generare la nascita di un nuovo mercato) 2. Ingresso

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