Summary

Questo manuale di bioetica introduce i concetti chiave dell'etica e il suo ruolo nella società contemporanea. Analizza il rapporto tra etica, diritto ed etichetta, e la differenza tra giudizi morali, pregiudizi e tabù. Il testo enfatizza l'importanza della razionalità e delle emozioni nell'ambito dell'etica.

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Manuale di Bioetica. I - PER ORIENTARSI IN ETICA. CHE COS’È LA MORALITÀ: L’ETICA DELLA SACRALITÀ E DELLA QUALITÀ DELLA VITA. 1. Il nuovo ruolo dell’etica nella società contemporanea Da un po di tempo l’interesse per l’etica è notevolmente cresciuto, prima era un tema marginale, veniva dopo il...

Manuale di Bioetica. I - PER ORIENTARSI IN ETICA. CHE COS’È LA MORALITÀ: L’ETICA DELLA SACRALITÀ E DELLA QUALITÀ DELLA VITA. 1. Il nuovo ruolo dell’etica nella società contemporanea Da un po di tempo l’interesse per l’etica è notevolmente cresciuto, prima era un tema marginale, veniva dopo il diritto e la politica. Bisogna però chiarire la nozione stessa di etica. Una conoscenza dell’etica può aiutarci ad individuare delle soluzioni moralmente giuste, o comunque ci può aiutare a capire qual è la fonte dei contrasti e dei disaccordi che stanno alla base delle diverse posizioni morali riguardanti i diversi temi. 2. Il compito e lo scopo della presente analisi L’obiettivo del manuale è di carattere descrittivo o scientifico, intende cioè mostrare com’è possibile argomentare in etica, ovvero come si fa ad impostare e sviluppare un ragionamento morale. In modo tale da permettere al lettore di imparare il metodo con cui affrontare i problemi, per poi essere in grado di pensare in proprio. Il linguaggio è molto importante a riguardo, perché l’attenzione alle parole che si usano è la condizione preliminare di ogni seria disciplina intellettuale e di ogni scienza, e quindi anche dell’etica. 3. Che cos’è l’etica? Una prima caratterizzazione In questo libro “etica” e “morale” sono usati come sinonimi, etica deriva dal greco ethos, mentre morale deriva dal latino mos, moris, che è la traduzione latina del termine greco. - In primo luogo l’etica è una sorta di “cosa”, magari impalpabile che però c’è, esiste, ed è capace di influenzare e condizionare la condotta delle persone. È un insieme di norme e di valori che c’è, è indipendente da noi, esiste prima e dopo di noi, non è inventata o creata da nessuno di noi preso individualmente. L’etica è una istituzione normativa: istituzione ovvero una sorta di organizzazione dotata di significato e di coordinamento interno, avente una funzione sociale. Normativa ovvero spinge le persone ad agire in un certo modo o a provare certi sentimenti di ripugnanza o approvazione a seconda delle azioni. La caratteristica prima dell’etica come istituzione sociale è la prescrittività, cioè la tendenza a far fare, a far apprezzare o far rabbrividire. - In secondo luogo l’etica ci impedisce di fare tutto quello che ci piace, quindi pone dei vincoli e dei limiti al desiderio, perché non è lecito fare tutto quello che ci salta in mente, alcuni comportamenti spontaneo potrebbero infatti essere nocivi. Quindi l’etica è un insieme di norme o valori che pone dei vincoli ad alcuni desideri, per permettere che alcune azioni ritenute importanti raggiungano il livello di coordinamento sociale richiesto, per garantire il benessere ai membri di una data società. L’etica è quindi una particolare istituzione sociale, simile ad altre istituzioni come per esempio la lingua madre con cui comunichiamo, o il diritto. 4. Le altre istituzioni normative Bisogna confrontare l’etica ad altre istituzioni normative che hanno lo stesso scopo, consentire il coordinamento sociale: a) il diritto b) l’etichetta c) il costume 4.a Il diritto L’etica condivide con il diritto alcune norme fondamentali per la vita sociale, come per esempio il divieto di omicidio, questo ci mostra che entrambe puntano allo stesso fine, ovvero garantire la sicurezza e la pace sociale. La stessa norma però è regolamentata con modalità diverse: - La norma giuridica vale per tutti i cittadini di un dato territorio sotto la sovranità di un certo Stato, ed è seguita o obbedita perché altrimenti è prevista una pena, ed è resa pubblica attraverso le leggi. La norma morale invece pretende di valere non solo per i cittadini di un determinato Stato, ma per tutti, senza distinzioni. Una persona che segue una norma morale, lo fa per una sua convinzione personale, non perché ha paura di ricevere una pena. La pena è al massimo privata, basata sul rimorso qualora venga fatta una trasgressione di quella norma morale, ma è un fatto strettamente personale e soggettivo che dipende dalla psicologia individuale dell’individuo. Le norme morali inoltre sono molto più facoltative di quelle giuridiche, perché vincolano solo le persone che accettano quel principio morale da seguire, anche questo è soggettivo, poiché ognuno ha convinzioni diverse, per questo la moralità non sempre riesce a garantire i comportamenti sociali richiesti. 4.b L’etichetta L’aspetto di facoltatività delle norme morali fa sì che la moralità a volte venga accostata all’etichetta, che è l’istituzione le cui norme scandiscono comportamenti sociali da tenere in particolari occasioni. Queste norme sono facoltative perché permettono di essere evitate, semplicemente rinunciando a quell’occasione speciale (es. non vengo ad un matrimonio così non devo per forza vestire elegante). Tuttavia, come le norme giuridiche, anche le norme dell’etichetta possono essere modificate con un preciso atto di imperio, e questa è la differenza principale che la distingue dalle norme morali che invece non sono stabilite da nessuno in particolare ma si impongono come valide in sé. 4.c Il costume Le norme del costume si distinguono dalle norme di etichetta perché sono indipendenti da uno specifico atto istitutivo. Da questo punto di vista infatti, le norme di costume sono più simili alle norme morali, piuttosto che a quelle giuridiche o di etichetta. Il costume però comprende delle norme di tipo molto diverso, tra cui: - le consuetudini con origine convenzionale → sono quell’insieme di norme che non sono facoltative (come l’etichetta), perché riguardano comportamenti sociali inevitabili. Queste sono state istituite per scelta o convenzione, e hanno acquisito efficacia grazie all'abitudine o dal prestigio di chi le ha introdotte. Una volta diffusa, la consuetudine diventa una sorta di necessità, perché garantisce il coordinamento sociale, infatti qualora ci dovessero essere dei cambiamenti, questi genererebbero forti disagi, perché con il tempo le consuetudini diventano una seconda natura. - le opinioni ricevute tacitamente assunte come morali → sono le credenze, atteggiamenti o sentimenti che abbiamo acquisito nella prima infanzia, e sono profondamente interiorizzati. Di solito queste opinioni ci sembrano talmente tanto ovvie e scontate che non ne cerchiamo neanche la spiegazione o una giustificazione. La scoperta che quelle opinioni ricevute non sono ovvie e scontate come pensavamo, suscita reazioni vivaci o anche negative (es. meraviglia o terrore). - tabù, pregiudizi, superstizioni → se quella opinione ricevuta fosse davvero scorretta o ingiusta, si deve riconoscere che potrebbe essere frutto di: 1. pregiudizi, opinione frutto di credenze false o prive di fondamento razionale. 2. tabù, divieto che vale solo perchè stato tanto interiorizzato da suscitare un automatica paura in caso di “uscita alla luce”, non ha altre ragioni. 3. superstizioni, credenze irrazionali che ci inducono a credere che certi eventi siano influenzati da altri, ma sulla base di niente, senza nessun nesso causale. I divieti morali condividono con i pregiudizi, i tabù e le superstizioni, la forte presa emotiva che ha su di noi, perché sono tutti fortemente interiorizzati da molto tempo. L’unica differenza è che i pregiudizi, i tabù e le superstizioni sono privi di giustificazione razionale, mentre invece i giudizi morali pretendono di essere razionalmente giustificati. 5. Il ruolo delle “opinioni ricevute” e la situazione di una loro possibile “crisi” Le opinioni ricevute sono, per la vita sociale e intellettuale, un po’ come l’aria che respiriamo per la nostra vita biologica, nel senso che plasmano la nostra esistenza. Taken for granted → ciò che diamo per scontato, ciò che ci appare come normale e naturale, indiscutibile, senza il quale ci sembra che possa crollare tutto. Le opinioni ricevute sono talmente radicate in noi che ci siamo quasi affezionate, come se fosse il nostro nido sicuro. A volte però questo nido sicuro si può rivelare una gabbia, che ci impedisce di cogliere e vedere opportunità importanti, di solito però non ce ne accorgiamo, ed è per questo che è difficile abbandonare un opinione ricevuta, ed è ancora più difficile distinguere tra opinioni ricevute e giudizi morali. Di solito non prendiamo neanche in considerazione di andare a controllare se le opinioni ricevute siano effettivamente vere e giustificate, le diamo per scontate. Quando però, grazie a delle prove, siamo costretti a vedere che il dubbio è reale, ne siamo sconcertati e sembra che la terra ci manchi da sotto i piedi, siamo di fronte ad una “crisi” che può riguardare una singola persona o l’intera società. 6. I due aspetti fondamentali dell’etica: emozione e razionalità L’analisi appena fatta ci ha portato a dire che una moralità è per lo più formata da opinioni ricevute profondamente radicate che diamo per scontate. Non tutte le opinioni ricevute sono valide, ma solo quelle che hanno determinate caratteristiche approvate dai “saggi” della società. Questo ci porta a considerare l’etica come quell’insieme di atteggiamenti o sentimenti profondi che sono ritenuti essere in qualche modo razionalmente giustificati. Essa però ha due aspetti principali e fondamentali, che sono l’emozione e la razionalità. 6.a L’aspetto emotivo dell’etica Il primo aspetto dell’etica è la componente emotiva o sentimentale che caratterizza i giudizi morali. Abbiamo visto che l’etica è una questione di atteggiamenti o sentimenti di approvazione o disapprovazione, entusiasmo o indignazione, che provengono dall’interno di noi stessi. Ciò che noi chiamiamo “valori” infatti, non è altro che il riflesso degli atteggiamenti di apprezzamento o non apprezzamento che diamo alle cose. Proprio perché i valori e le norme morali hanno a che fare con le emozioni, hanno un aspetto in comune con i tabù e i pregiudizi, e questo spiega perché è così difficile trattare un argomento etico mantenendo la calma, non a caso la maggior parte delle volte si finisce con il litigare, è più forte di noi. 6.b L’aspetto razionale dell’etica Il secondo aspetto dell’etica è la componente razionale. L’etica si differenzia dai tabù perché la persona crede che i sentimenti morali siano quei particolari sentimenti che sono razionalmente giustificati, cioè hanno buone ragioni che dovrebbero essere riconosciute tali da tutti, superando interessi personali. Gli atteggiamenti o sentimenti morali sono quelli che hanno un fondamento razionale che consente di superare i gusti soggettivi, e solo questa base razionale rende sensata la discussione sui temi morali (non si sta discutendo se è meglio bere the al limone o alla pesca, quelli sono gusti personali). Quando ci si impegna in discussioni morali è perché si presuppone che le persone riconoscano che si deve abbandonare il proprio gusto o interesse personale, le proprie opinioni ricevute e i tabù, in modo tale da essere il più imparziali possibile. Alcuni pensano che questo sia infattibile, perché il sentimento è refrattario della ragione, ma ha senso parlare di etica solo se si suppone che la ragione sia in grado di disciplinare i sentimenti, altrimenti non resta altro che il gusto oggettivo. È proprio per questo che la razionalità costituisce il genio dell’etica, ovvero il suo carattere distintivo. Solo i giudizi razionalmente giustificati possono essere morali. 7. Opinioni ricevute, etica di senso comune, e i fattori che spingono alla sua crisi Abbiamo distinto i due fuochi dell’etica, quindi ora possiamo vedere che l’etica inizialmente comprende l’insieme degli atteggiamenti diffusi, ritenuti essere in qualche modo razionalmente giustificati. Normalmente siamo così convinti che le opinioni ricevute siano sostenute da qualche buona ragione, e quindi all’inizio non ci poniamo neanche il problema di andare a cercarla per capire quale sia. Poi lo facciamo perché in qualche modo siamo costretti a farlo, siamo forzati ad uscire dal guscio dell’etica di senso comune. 7.a L’etica di senso comune e gli effetti destabilizzanti della modernizzazione L’etica di senso comune è costituita da tutte le varie opinioni ricevute (date per scontate) presenti in una società, e forma il livello base della moralità. La morale di senso comune però è un insieme di aspetti diversi tra loro, che include sia genuini giudizi etici, sia i criteri per arrivare a questi principi e molto altro. Fino a quando uno di questi suoi aspetti non viene messo in discussione, la morale di senso comune rimarrà il faro che tutti seguono, una vera e propria guida. Quando però qualcosa verrà messo in discussione, o ci sarà un contrasto o disaccordo, arriverà una situazione di crisi. Il processo di modernizzazione è un fattore potentissimo che favorisce questa crisi, perché permette alle persone di capire che ci sono altre persone con una realtà morale diversa dalla loro. Lo psicologo Peter Berger ha osservato che quando ancora la bioetica era all’inizio, nelle società pre-moderne i significati delle cose venivano dati grazie alla tradizione, che non veniva mai messa in discussione. Nelle società moderne invece le persone sono continuamente sottoposte a pluralità e diversità di opinioni che vanno in contrasto con la tradizione, abbandonando così il “dato per scontato”. Di fronte a questa situazione però, le persone hanno reazioni diverse, che sono da analizzare. 7.b Le diverse reazioni alla “crisi” dell’etica di senso comune Quando la morale di senso comune entra in crisi perché le opinioni ricevute non vengono più date per scontate, le persone provano stupore, che si può trasformare in sgomento. Ci sono reazioni diverse: - La “mala fede” → la situazione di conflitto di dovere è quella che più facilmente sollecita la crisi delle opiniono ricevute dalla morale di senso comune. A volte capita che la persona eviti l’ostacolo, lo vede ma fa finta di niente, continuando ad agire secondo quello che dice l’opinione ricevuta, evitando la scelta. Sartre chiama “mala fede” questo atteggiamento di non scelta e indifferenza. La mala fede è frutto di debolezza morale, che ci porta ad evitare una scelta difficile. Si può allargare questa definizione anche a chi invece difende una posizione morale solo per interesse e convenienza personale. Alcune persone infatti, pur avendo ben chiaro quale sia la posizione giusta da prendere, continuano a seguire l’opinione diffusa. - La negazione della realtà → un’altra reazione è quella di negare che ci sia un conflitto di dovere. La persona in questo caso è in buona fede, ma ha interiorizzato i valori della tradizione in modo così forte, che non riesce a capire come mai si dia tanto peso ad un dovere appena emerso. Solitamente queste persone vengono dipinte come asociali e con un pessimo carattere. Il problema di questo tipo di reazione è che in qualche modo appartiene a tutti noi, tutti a volte neghiamo la realtà, perché magari siamo talmente legati alla nostra visione del mondo che ci troviamo a negare qualche parte di realtà che non vogliamo accettare. Questo comportamento può aiutare contro la crisi della tradizione morale, perché se un ampio numero di persone prende parte alla negazione di una parte della realtà, si potrebbero generare nuove pratiche o nuove tecniche, a cui ovviamente corrispondono dei valori. - Il passaggio all’etica critica → questa reazione porta l’individuo a mettersi alla ricerca della ragione che sostiene i versi doveri morali in conflitto, con il fine di scegliere quello più adeguato. La persona che fa questo, passa dall’etica di senso comune all’etica critica, ovvero le valutazioni fortemente interiorizzate che però hanno una giustificazione morale. Questa persona prima credeva che la norma morale (basata sull’opinione ricevuta) fosse razionalmente giustificata, ma non ne sapeva il perchè, ora invece oltre a sentire che quell’azione morale è giusta, sa anche il perchè è giusta. Quindi si segue quel dovere morale perché si è convinti di farlo e perché se ne capisce la ragione, non per convenzione. Può anche succedere che si abbandoni l’opinione ricevuta, e questo si chiama “salto gestaltico”, ovvero un cambiamento totale di prospettiva. Il passaggio dall’etica critica comporta una crescita morale, perché ci fa vedere le cose in modo diverso, è una sorta di “nuova nascita” che porta ad avere autonomia morale. 8. Il passaggio all’etica critica: i problemi della giustificazione razionale Non è facile distinguere le ragioni della crisi morale, perché come abbiamo visto, il passaggio all’etica critica non comporta necessariamente il rifiuto delle opinioni ricevute. Questo vuol dire che dal punto di vista esterno, ciò che può essere ritenuto un atto di “mala fede” o di negazione della realtà, in realtà dal punto di vista interno è semplicemente frutto di etica critica. Il processo di giustificazione razionale di un'opinione ricevuta è una caratteristica essenziale dell’etica critica, ed è formata da due aspetti: l’analisi delle considerazioni fattuali o empiriche - l’analisi delle considerazione normative o valoriali La prima analisi riguarda i dati dell’esperienza, la seconda analisi riguarda gli apprezzamenti o le repulsioni che si vogliono affermare. Questa distinzione è importante perché una cosa è “descrivere” e un'altra è “valutare”: - descrivere → significa dire come sono determinate cose, a prescindere che siano buone o cattive, che ci piacciono o no. - valutare → significa apprezzare o disprezzare una determinata cosa. - prescrivere → significa dire che certe cose devono esserci o no. 8.a L’aspetto fattuale o descrittivo della giustificazione Il primo passo per sottoporre un opinione ricevuta alla critica è controllare i fatti che essa presuppone, e ci sono diversi tipi di fatti. Alcune opinioni ricevute sono basate su pure superstizioni o sulla tradizione. Si tratta quindi di controllare se questi fatti descritti dall’opinione ricevuta siano veri oppure no. Nel nostro mondo la verità dei fatti è basata più che altro sulla scienza, che ha il compito di descrivere il mondo, la scienza infatti influenza notevolmente l’etica. Non basta però la scienza per fondare l’etica e soprattutto non si può arrivare ad un'etica scientifica, questo è infatti un ossimoro, perché la scienza descrive, l’etica invece prescrive (non si può avere una valutazione prescrittiva). Bisogna inoltre evitare il dogmatismo scientifico, cioè l’atteggiamento che porta ad assumere come verità indiscutibile un dato pubblicato su una rivista scientifica prestigiosa. 8.b L’aspetto normativo o valutativo della giustificazione Il secondo passo per sottoporre un opinione ricevuta alla critica è controllare la valutazione o la prescrizione che propone, per evitare che sia fasulla e invalida. Ma come si capisce che un valore che si presenta come valido in realtà non lo è? confrontandolo con un altro valore ritenuto “superiore” o più solido, per vedere se regge la prova. Il problema però è come individuare questo valore superiore. Il modo di indicare il valore superiore da origine a due diverse prospettive riguardo la giustificazione razionale. 9. Due modi di giustificare i valori: l’etica non - teorica e i problemi della teoria etica Le due prospettive di giustificazione razionale dei valori differiscono nel modo di concepire la struttura dell’etica stessa. Entrambe pretendono di essere “razionali”, termine che va preso nel senso più ampio, perchè la razionalità è la caratteristica indispensabile per assumere il titolo di “morale”. Di solito però questo uso non viene reciprocamente riconosciuto. 9.a L’etica come insieme di prescrizioni conrete e specifiche Secondo la prima prospettiva, antica ma ancora diffusa, il valore o la prescrizione più solida è fornita da altre prescrizioni concrete e precise che sono assunte come valide in sé (per esempio si assume come valido il divieto di aborto). C’è l’idea che in etica, il criterio di riferimento sia dato dai pregiudizi, cioè norme concrete adottate prima di ogni esame, e questa idea è giustificata dalla natura del discorso morale, che riguarda la condotta o la pratica. Quando si agisce infatti ci vuole prontezza, che nasce da quanto è solida la convinzione. Ecco perchè bisogna giustificare razionalmente i valori trasmessi dall’opinione ricevuta, questo si fa selezionando dei pregiudizi ben solidi,e in base a questi dare una buona ragione che sostenga l’opinione ricevuta in esame. Questo modo di strutturare l’etica porta ad una concezione conservatrice o reazionaria. 9.b La teoria etica L’altra prospettiva invece capovolge l’impostazione, perchè assumere come riferimento un pregiudizio (norma concreta) può alimentare davvero il senso negativo del termine, e quindi diventare falso o un preconcetto, e non basta assumere come criterio di riferimento il divieto di aborto. Il divieto trasmesso dall'opinione ricevuta va confrontato con divieti più generali e astratti, per vedere se sia davvero conforme ad essi. Diventa quindi essenziale elevarsi alla norma concreta, cogliere la ratio che la informa, e formulare così un principio generale. L’astrazione diventa decisiva per testare la validità dei valori insiti nelle opinione ricevute. L’etica non è e non può essere una scienza, ma questo non vuol dire che non si possa applicare il metodo scientifico all’etica, per formulare una teoria etica. Dunque partendo da un caso concreto, ci si può elevare alla situazione concreta, per giungere a principi molto generali che forniscono le ragioni pro o contro l’aspetto valutativo e prescrittivo di un’azione. I principi generali stanno alla base di una teoria etica in grado di dare indicazioni riguardo l’intero spettro di azioni possibili, indicazioni che ovviamente devono essere internamente coerenti, cioè non devono suscitare conflitti interiori. Quindi i principi generali sembrano essere più solidi rispetto ai pregiudizi. 9.c La scelta tra l’etica non - teorica e l’etica teorica Abbiamo così individuato le due diverse prospettive con cui procedere alla giustificazione razionale. Una è l’etica non - teorica → giustifica i valori in base ad altri valori di riferimento, dati da norme concrete. Parlare di etica applicata è ridondante, perché l’etica per sua natura è pratica, quindi si applica già da sé ai casi concreti. L’altra è l’etica teoria → giustifica i valori in base a una teoria etica, grazie alla quale cerca di dare coerenza interna al sistema, che pretende di essere generale e valida nei diversi campi dell’etica. Entrambe vogliono appellarsi alla razionalità, perché essa fa riferimento ad un criterio superiore, anche se questo criterio è pensato in modi tanto diversi che non riconosce il reciproco riconoscimento. Dunque gli uni accusano gli altri di essere scientisti, gli altri accusano i primi di essere tradizionalisti. Entrambe le procedure però pretendono di fornire una giustificazione razionale. Ci si può chiedere quale sia la prospettiva migliore, etica teorica o etica non - teorica? Non si può rispondere con un si o con un no secco, perchè al momento la questione è ancora aperta. Maurizio Mori però, opta per l’etica teorica, perché ritiene che l'applicazione del metodo scientifico non può che essere di giovamento all’etica e alla moralità. Riconosce però che è possibile scegliere e seguire anche l’altra linea di pensiero. 9.d L’etica non - teorica e teorica e le reazioni alla crisi di una data opinione ricevuta Abbiamo visto che chi propone l’etica non - teorica che assume come valori di confronto delle norme tradizionali, di solito verte verso un'etica conservatrice o reazionaria. Chi propone la teoria etica invece, di solito verte verso un’etica progressiva, perché l’universalità e la coerenza interna portano a mettere in primo piano l’uguaglianza, rompendo degli schemi consolidati. Nonostante questo però, non si può dire che l’etica teorica, a prescindere, porti al progresso, perché potrebbe anche portare a una prospettiva conservatrice o reazionaria. Ora dobbiamo vedere ed esaminare le principali teorie etiche. 10. Teoria etica deontologica e teoria etica consequenzialista - Idea dell’etica deontologica → presuppone che ci siano alcune azioni che sono giuste in sé, a prescindere dalle conseguenze. L’agente morale dovrebbe essere in grado di capire subito ciò che è giusto e ciò che non lo è. - Idea dell’etica consequenzialista → presuppone che le azioni siano giuste o ingiuste a seconda delle conseguenze che causano. 10.a Le teorie di etica deontologica La caratteristica fondamentale dell’etica deontologica sta nell’assumere che i doveri e i divieti valgono ex ante, cioè da prima dell’azione e delle eventuali conseguenze causate. L’etica deontologica sottolinea l’importanza dell’intenzione dell’agente, che segue la norma morale di per sè, perchè è giusta e per nessun altro motivo. L’azione vietata potrebbe anche avere delle conseguenze negative, ma non è quello il punto, perché la ragione che giustifica il divieto non è il danno, ma il fatto che l’azione è considerata ingiusta in sé. I deontologici poi divergono su vari aspetti: - ci sono controversie secondo quali e quanti siano i principi da assumere come primi, cioè quali e quanti siano i tipi di azione ingiusti in sé. - ci sono controversie anche sul fondamento dei principi e il modo in cui si conoscono, per alcuni basta che essi appaiano essere intuitivamente autoevidenti, mentre per altri essi lo sono perchè rimandano alla “natura umana” o corrispondono “all’ordine naturale delle cose”, individuato attraverso un'indagine metafisica. L’ordine naturale è la base che fonda le gerarchie sociali e le disuguaglianze tra gli uomini. Ciò che è giusto perchè appare intuitivamente può cambiare nel corso degli anni, ma questo cambiamento non dovrebbe verificarsi se effettivamente il principio di giustizia fosse fondato in natura, dal momento che essa non muta. Senza un solido fondamento nella natura, l’etica deontologica è destinata a sbriciolarsi con il tempo. 10.b Le teorie di etica consequenzialista La caratteristica fondamentale dell’etica consequenzialista sta nel credere che i doveri e i divieti valgano ex post, cioè da dopo l’azione, perché è in base alle conseguenze causate dall’azione che si può stabilire se una certa azione è doverosa o vietata. L’etica consequenzialista da poca o nessuna importanza all’intenzione dell’agente, in questo modo si fissa l’attenzione su ciò che l’agente fa, e dunque cosa l’azione causa. Divergenze tra consequenzialisti: - considerare le conseguenze dell’azione singola o della classe di azioni - come valutare bontà e cattiveria delle conseguenze - chi deve essere il beneficiario del benessere prodotto dall’azione giusta che si deve fare. Secondo l’egoismo etico si deve fare l’azione che ha conseguenze benefiche per l’agente stesso. Il termine egoismo però va inteso nel senso filosofico indicante la posizione per la quale l’azione giusta da fare è quella che antepone l’interesse personale dell’agente o assegna a esso tanto valore quanto quello degli altri. L’egoismo etico è la dottrina che pone al centro la massima “ama il tuo prossimo come te stesso”. L’egoismo etico non va però confuso con l’egoismo psicologico, ovvero la dottrina per la quale gli uomini sono fatti in modo tale da non poter far altro che perseguire il proprio interesse personale. L’egoismo etico è una teoria etica, secondo la quale il dovere morale fondamentale è quello di perseguire il proprio interesse personale. L’altra grande teoria consequenzialista è l’utilitarismo → nobile dottrina secondo cui si deve fare l’azione che massimizza l’utilità del maggior numero. L’attenzione quindi è rivolta al benessere sociale, c’è la visione secondo cui l’uomo è un essere di natura sociale capace di fare sacrifici e mostrare altruismo genuino. 11. Altri modi di impostare il discorso etico? Su altri tipi di etica non - teorica Per quanto riguarda l’applicazione della teoria etica alla bioetica, questo modello di pensiero ha ricevuto una formulazione classica nel libro di Beauchamp e Childress “Principi di etica biomedica”, in cui si propone una teoria deontologica basata su quattro principi primi conosciuti per intuizione. Il libro è importante perchè ha lanciato il principismo → cioè la prospettiva che in etica fa riferimento ai principi, siano di tipo deontologico o consequenzialista. Negli ultimi anni il principismo è stato criticato da molti, dicendo che ogni astrazione comporta una sorta di semplificazione, per cui non riuscirebbe a cogliere la realtà nella sua concretezza. Si può replicare riconoscendo subito che le teorie etiche sono sempre incomplete e insoddisfacenti, ma sono allo stesso tempo indispensabili per un modo di pensare sistematico. Esse sono imprescindibili, a meno che non si voglia rinunciare alla coerenza interna alla prospettiva. Dobbiamo però osservare le proposte alternative. 11.a L’etica della virtù e il richiamo al “senso della vita” Nella concreta vita morale i nostri giudizi riguardano il carattere o le virtù della persona con cui abbiamo a che fare (gentilezza, educazione ecc), più che i principi astratti di azione. Sembra quindi che i nostri giudizi morali fondamentali siano quelli che riguardano la persona e il tipo di persona con cui abbiamo a che fare, con lo scopo di stabilire come la persona è, più che quello che effettivamente fa. Quello che conta veramente dunque, è la disposizione d’animo e la virtù, ecco perché va messa al centro dell’attenzione la virtù e non il principio. È vero che i nostri giudizi morali riguardano di più il tipo di persona con cui abbiamo a che fare piuttosto che le azioni che fa. Tuttavia possiamo anche dire che noi siamo figli delle nostre azioni, e coltiviamo la virtù della benevolenza se per esempio accettiamo il principio di beneficenza che ci porta a dire ciò che è buono. C’è però un punto che assegna la priorità ai principi, infatti a volte capita che le azioni non corrispondano al carattere o alla disposizione d’animo della persona (es. persone dal carattere tranquillo che compiono azioni crudeli). Questa discrasia porta a porre al centro i principi dell’azione, perché noi vogliamo la garanzia che chi ha un tratto benevolo faccia davvero il bene. 11.b L’etica narrativa Altra prospettiva critica del paradigma principista è quella che fa riferimento all’etica narrativa, che sottolinea come nella vita concreta le persone apprendono l’etica non attraverso le analisi dell’etica dei principi, ma piuttosto leggendo romanzi o guardando film o spettacoli teatrali, quindi attraverso narrazioni che pongono i problemi etici in un contesto di vita più ampio. Quando la persona comune ragiona di etica, non fa riferimento a principi astratti, ma alle storie di vita che ha visto attorno a sé. Queste narrazioni consentono di dare concretezza alle nozioni astratte come quelle di “danno”, “autonomia” o altri concetti dell’etica dei principi. L’etica narrativa è una versione di etica non - teorica, che può avere una forte carica progressiva, infatti ci sono diverse opere letterarie di rottura con la tradizionale morale che hanno avuto un grande impatto. I vari narratori infatti hanno proposto dei valori nuovi, che andavano in contrasto con la tradizione morale di senso comune, contribuendo all’affermazione di un etica progressiva. Dunque a prescindere dalla diversa posizione valoriale o ideologica, va riconosciuto che dal punto di vista di promozione di valori ed educazione delle persone, l’approccio narrativo può essere molto più efficace di quello principista. La narrazione però, porta ad abbracciare dei valori senza avere la consapevolezza del tipo di cambiamento che questo comporta. Sentiamo che l’azione è giusta e nobile perché magari l’autore è stato capace di presentarcela molto bene, ma poi non sappiamo perchè quell’azione è giusta. Etica narrativa ed etica teoria hanno compiti diversi: - etica narrativa → ha come obiettivo la diffusione dei valori - etica teorica → tende all'acquisizione della consapevolezza dei valori proposti, perchè tende a controllare se e quali valori tradizionali sono giustificati razionalmente, cercando poi quali eventuali valori nuovo devono essere proposti. 11.c Le etiche femministe Altra prospettiva critica del principismo sono le etiche femministe, proposte da donne che richiedono una maggiore valorizzazione del genio femminile. Le idee iniziali di fondo sono due: - osservare che le strutture della società attuale sono indirizzate in senso maschilista, con il risultato di un oppressione o non adeguata valutazione delle donne relegate a ruoli subordinati. - sottolineare che la sensibilità femminile porta a concettualizzare l’etica in forme diverse da quella proposta dalla tradizione etica di senso comune. Il primo passo per rompere la subordinazione è riappropriarsi del proprio corpo femminile, che è usato dalla società come veicolo riproduttivo. Le etiche femminili hanno per lo più insistito molto sulla libertà di scelta della donna, dando impulso a una forte innovazione dei valori, che ha provocato una vera e propria rivoluzione culturale. Si può quindi definire un’etica non - teorica progressiva. Più che ai principi astratti generali, l’etica deve considerare le relazioni umane concrete, ed è per questo che il paradigma principista va rifiutato. Le etiche femministe possono anche non essere progressive, perchè ci sono dei casi in cui donne sostenevano il divieto all’aborto (neo - femminsmo cristiano). 12. L’etica della sacralità della vita e l’etica della qualità della vita Riprendiamo quindi le teorie etiche presentate e vediamo come possono essere applicate in bioetica. Nell’etica consequenzialista il filone più importante è l’utilitarismo, quindi sembra che il contrasto principale sia tra utilitaristi e deontologi. Questa divergenza per molto tempo non ha avuto conseguenze, ma negli ultimi anni è venuto alla luce un tipo di contrasto molto importante → sul tipo di divieto che viene ingiunto da ciascuna visione dell’etica deontologica. Questo aspetto rimanda a due concezioni radicalmente diverse di etica. 12. Divieti assoluti e divieti prima facie Nella tradizione occidentale, la morale prevalente è stata di tipo deontologico. Kant infatti ha rifiutato la fondazione metafisica dell’etica, ponendo la categoricità come caratteristica distintiva del dovere morale. L’imperativo morale è categorico, vale sempre e comunque. Kant dice che non si deve mai e poi mai fare l’azione ingiusta per nessuna ragione, neanche se avesse palesi conseguenze positive. Così facendo egli ha proseguito la tradizione deontologica per la quale il nucleo dell’etica è costituito da divieti assoluti → divieti che non ammettono nessuna eccezione per nessuna ragione. In teologia morale cattolica sono chiamati atti intrinsecamente malvagi (cattivi in sé). È sempre stato noto che i divieti morali sono assoluti, ma ce ne sono alcuni che possono ammettere eccezioni, il cuore dell’etica però era comunque formato da divieti assoluti, come detto prima. Henry Sidgwick mostra che, nonostante la moralità di senso comune sembri far credere che tutti i divieti morali dell’etica deontologica siano assoluti, un analisi più attenta ci fa vedere che in realtà esistono delle eccezioni Ci sono due tipi di doveri: - dovere assoluto - dovere prima facie es. il dovere di non violare una promessa è sicuramente un dovere forte, ma se ci dovesse essere conflitto con altri doveri, deve lasciare spazio ad un’eccezione. Il dovere resta, ma è giusto che vengano ammesse eccezioni. Sidgwick ha poi mostrato che tutti i divieti ammettono una qualche eccezione, e che l’assunto riguardante i divieti assoluti è soltanto un frutto di apparenza comune → non ci sono divieti assoluti. La presenza di un divieto assoluto fa sì che l’etica sia solida ed immutabile, riconoscere che ci siano solo doveri prima facie conferisce all’etica una maggiore elasticità. Se si ammette che questo valga per tutti i divieti morali, allora in etica non si ha più niente di stabile, si presentano così due difficoltà: - gerarchia dei doveri → ovvero l’ordine di priorità tra i doveri. Come si può stabilire quale dovere viene prima o dopo? ci vuole un criterio superiore ai doveri in conflitto Quale può essere? qualche divieto deve comunque essere violato, quindi è giusto che la precedenza venga data al dovere che in quella determinata situazione limita i danni. Se scompare il divieto assoluto, l’etica diventa un’istituzione sociale avente lo scopo di garantire benessere. La moralità non è ridotta al semplice calcolo delle conseguenze, ma neanche deve prescindere da questo riconoscendo che il benessere è il criterio ultimo dei giudizi morali. - l’etica deontologica con soli doveri prima facie dichiarerebbe di non avere assoluti → obiezione: in realtà la negazione dell’assoluto comporta a sua volta un altro tipo di assoluto. Il titolo di assoluto passerebbe al principio di utilità o a quello di autonomia, quindi l’uomo non potrebbe togliersi di dosso l’assoluto. Questa impostazione è sbagliata, perché negare l’assoluto significa negare che la moralità rimandi a un mondo eterno e sovrannaturale in cui tutto è immutabile, affermando che la moralità è un'istituzione sociale e contingente. Questa obiezione inoltre non esclude che si riesca anche ad individuare un qualche specifico ordine di priorità tra i vari doveri, gerarchia ovviamente diversa da quella imposta dall’assoluto. 12.b Una prima caratterizzazione della “sacralità della vita” A partire dagli anni 50 e 60, nonostante alcuni filosofi sottolineassero l’idea che non ci sono divieti assoluti, questa rimaneva sempre teorica e seguita da pochi, perchè sembrava normale credere che esistessero dei divieti assoluti, ovvero quelli che riguardavano la sacralità della vita, idea talmente ovvia e scontata che non aveva bisogno di spiegazioni. Negli anni 70 però, quando si è iniziato a parlare di aborto e fecondazione assistita, l’effetti dell’etica deontologica senza assoluti ha iniziato a farsi sentire. Dagli 80 infatti, la Chiesa Cattolica ha riaffermato con prontezza i divieti assoluti, fondando la cosiddetta etica della sacralità della vita umana → prospettiva morale secondo cui la vita umana è intoccabile, non può mai essere toccata o violata. Il termine etica della sacralità della vita richiede due precisazioni importanti: - il termine scelto è inadeguato poiché rimanda subito alla religione, perdendo così la pretesa di essere universale, e ovviamente non tutti seguono una religione. Ci sono due sensi diversi di religione: 1. religione rivelata o fede religiosa → dipende da una specifica rivelazione della divinità, vale solo per i fedeli di quella religione. 2. religione naturale → ha origine dal riconoscimento di un ambito della realtà che è escluso dalla potestà umana, in quanto spetta a potenze sovrannaturali. Parlando di religione naturale possiamo osservare che la tesi della sacralità della vita umana non sarebbe propria di una certa fazione e limitata ad essa, ma va infatti considerata come una dimensione umana condivisibile da tutti, fedeli e non. Il problema nasce dal fatto che oggi, la religiosità naturale sembra essere in crisi. - il divieto qualificante l’etica della sacralità non riguarda e non coincide con il divieto di non uccidere persone umane. È sicuramente un divieto molto importante, ma è un principio prima facie, in quanto ammette un'eccezione, ovvero la legittima difesa. Al contrario dunque, il principio di sacralità della vita umana non concede eccezioni, impone divieti assoluti. Per questo i due principi non possono e non devono essere equivalenti. 12.c L’etica della “qualità della vita” e il quadro delle possibilità L’etica della qualità della vita è quella che afferma che tutti i divieti sono prima facie e non esistono divieti assoluti. Qualità della vita viene intesa come benessere e come rispetto dell’autonomia delle persone, che è il criterio determinante per le scelte morali. Il problema cruciale dell’etica e della bioetica contemporanea è sapere se ci siano divieti assoluti o se invece i divieti morali siano tutti prima facie, ovvero scegliere tra l’etica della sacralità e l’etica della qualità della vita. Ci si deve chiedere “c’è un divieto che non ammette mai nessuna eccezione?”, ma è difficile individuare un principio abbastanza generale ma non indeterminato che risponda alle nostre esigenze e che risponda a questa domanda. Dobbiamo riconoscere che oggi ci troviamo in una fase di transizione storica, dunque tesi che ora appaiono controintuitive magari domani potrebbero essere ovvie e scontate. Infatti oggi c’è ancora chi difende la validità dei divieti assoluti. Ad esempio, la Chiesa Cattolica ne afferma almeno 5: - divieto di divorzio - divieto di aborto - divieto di fecondazione assistita - divieto di eutanasia Le ragioni a sostegno di questi divieti non sempre sono chiare, ma si pongono lo stesso come assiomi specifici che delineano l’etica della sacralità della vita umana. 13. Che cosa comporta il contrasto tra la sacralità e la qualità della vita Il passaggio dall’etica della sacralità della vita (messa ormai in dubbio) all’etica della qualità della vita è un fenomeno molto recente. Edmund Pellegrino ha osservato che fino agli anni 60 l’etica medica era un esclusivo dominio della professione, e veniva protetta dal flusso dei cambiamenti culturali. Ma oggi il suo antico impianto etico viene sottoposto a tensioni molto forti, e questo processo tende a distruggere un edificio molto molto antico e nobile. L’etica medica infatti sta diventando sempre di più una branca della filosofia morale, e come tale, viene sottoposta ai cambiamenti culturali. La causa principale della rivoluzione etica medica è che essa è stata sottoposta ad una seria analisi filosofica, e dunque ai criteri della teoria etica. 13.a La nozione di paradigma e di Gestalt switch L’etica è l’istituzione che orienta i nostri atteggiamenti in base a ciò che è giusto o sbagliato, e quindi determina anche la nostra visione del mondo. S. Kuhn utilizza il termine paradigma per chiamare questa struttura o schema mentale che sta alla base di una determinata etica. L’utilità di utilizzare questo termine sta nel fatto di sottolineare, come dimostra la psicologia della Gestalt, che già sul piano percettivo il nostro modo di vedere le cose è caratterizzato da schemi o forme, che indirizzano la visione in direzioni diverse, facendoci di conseguenza vedere due cose completamente diverse → es. vedi immagine anatra/coniglio sul manuale a pag 65. Il cambiamento di visione, dovuto all’attenzione, sta alla base del Gestalt switch cioè il salto Gestaltico. È interessante notare che non si possono vedere entrambe le immagini contemporaneamente, ma se ne può vedere solo una delle due. Inoltre il passaggio dal vedere una o l’altra immagina è improvviso e immediato. Quindi il cambiamento di paradigma comporta una riorganizzazione della realtà, in un modo diverso di vedere e sentire il mondo. Questo ha due effetti importanti: - cambia il nostro modo di classificare le cose, quindi si presentano delle categorie diverse con corrispettivi atteggiamenti diversi. - all'interno di ciascun paradigma si presentano problemi diversi. La tesi qui sostenuta è che la rivoluzione dell’etica medica, osservata da Pellegrino, ci fa passare dall’etica della sacralità della vita all’etica della qualità della vita, e comporta un salto Gestaltico perché ci fa capire e percepire le cose in modo diverso. Questo ci rimanda al paradigma ippocratico e a quello che sta alla sua base. 13.b Il paradigma ippocratico e la formulazione del principio di sacralità della vita Quando Pellegrino dice che si sta distruggendo un edificio nobile e antico, si riferisce in realtà al paradigma ippocratico → il modo di vedere e percepire determinato dal Giuramento di Ippocrate. Con questo termine non si parla dell’aspetto clinico o scientifico della medicina, ma dell’aspetto etico. Il Giuramento infatti è formato da una serie di precetti abbastanza concreti che presuppongono una specifica concezione della vita biologica, che dà importanza a quei precetti. Si tratta quindi di delineare la concezione della vita sottostante che imprime l’orientamento al paradigma. ↪ si considerano quindi i vari divieti, per cercare la concezione di fondo della vita che consente di formulare un principio generale che è in qualche modo capace di unificare tutti i precetti concreti. Per questo processo dobbiamo partire dall’idea di sacralità della vita, che non dipende da alcuna fede rivelata, ma dalla religiosità naturale che precede il cristianesimo e altre religioni. La sacralità della vita porta a dire che il compito principale del medico è assecondare gli scopi naturali, senza mai per nessun motivo ostacolare o modificare il conseguimento dei fini. In questo senso possiamo chiamare il medico un assistente della natura finalizzata. Quindi se noi accettiamo e diamo come scontato che la vita sia finalizzata, possiamo descrivere questo processo come un flusso diretto allo scopo che scorre in un tubo (vedi pag 70). Lo scopo di questo processo è l’autoconservazione, che può andare in due direzioni: - conservazione dell’individuo singolo - conservazione della specie Il compito del medico ippocratico è quindi aiutare questo finalismo qualora dovesse essere affaticato o messo in pericolo dalle malattie, ma mai e per nessuna ragione il medico può usare le sue capacità per sottoporlo a interferenze che intralcino quel finalismo. Il principio di sacralità della vita quindi è → il principio che ingiunge il divieto assoluto di non interferire o di non manipolare il finalismo vitale. 13.c Conferme e problemi della concezione di vita biologica delineata Se guardiamo la vita umana dal punto di vista appena descritto, i divieti assoluti diventano più plausibili, perché vengono posti con lo scopo di tutelare il finalismo vitale. Quindi da questo punto di vista l’etica della sacralità della vita è internamente coerente e quindi attaccabile solo dall’esterno. Il problema però è che il finalismo vitale ha perso la sacralità che lo circondava e tutelava. L’etica della sacralità della vita infatti è in crisi mortale, perché la concezione che stava sullo sfondo di essa è praticamente svanita, non viene più data come ovvia e scontata. La ragione principale di questa crisi del giuramento ippocratico è l’esplosione delle conoscenze scientifiche in campo biomedico e la conseguente secolarizzazione che ne deriva. 14. Problemi aperti Oggi ci troviamo in un’epoca di transizione, in cui le tradizioni sono ancora fortemente presenti nell’immaginario collettivo, ma non hanno più presa sulla vita reale, così come i nuovi stili di vita scandiscono l’esistenza ma non hanno ancora ottenuto legittimità che conferisce autorevolezza a quella prospettiva. In altre parole, l’etica della sacralità della vita ha perso efficacia, e l’etica della qualità della vita fa fatica ad affermarsi come legittima. Ora dobbiamo vedere i problemi principali riguardo al contrasto tra queste due etiche. 14.a L'incompatibilità dei due paradigmi etici Il primo problema riguarda l’inconciliabilità delle due etiche, che impone una scelta. Alcuni dicono che queste due etiche in realtà non sono incompatibili ma complementari, però questa tesi è insostenibile, e per capirlo dobbiamo prendere dei casi limite. È proprio nelle situazioni estreme che capiamo come queste due etiche siano incompatibili tra loro. - nell’etica della sacralità della vita non viene presa in considerazione la qualità della vita, perché il benessere delle persone vale solo nei limiti che consentono il rispetto della sacralità della vita. Le norme morali sono date indipendentemente dalla volontà delle persone, e quindi sono un dato naturale. - nell’etica della qualità della vita invece viene data maggiore importanza al benessere delle persone, anche se questo dovesse andare contro la sacralità della vita. Le norme morali sono stabilite proprio in base alla volontà delle persone, quindi sono una creazione umana. 14.b L’etica della qualità della vita e l’accusa di relativismo Il secondo grande problema riguarda la natura della nuova etica della qualità della vita. Chi sostiene l’etica della sacralità della vita, afferma che l’etica della qualità è inaccettabile, perché porterebbe al relativismo etico in cui tutto è soggettivo, portando la moralità a consumarsi. Questo mette chiaramente il relativismo in svantaggio, perché viene presentato come la tesi secondo cui il giudizio è relativo a un qualche criterio che riguarda la realtà che si sta considerando, cosa che ovviamente i critici non volevano. Il relativismo secondo Benedetto XVI è→ “la tesi che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione”. Questa definizione presenta le principali caratteristiche del relativismo (sono critiche): - il giudizio comporta l’operazione mentale che porta a confrontare l’oggetto con un criterio di paragone assunto come punto fisso per stabilire la rispondenza dell’oggetto ad esso. Il relativismo è inevitabile perché appartiene propriamente all’azione del giudicare. Siamo tutti relativisti, perché qualsiasi giudizio è relativo al nostro modo di vedere le cose e a ciò che ognuno di noi utilizza come metro di misura. - il relativismo assume come criterio solo il proprio io con le sue voglie, che è radicato nel soggettivismo. Ma non esiste una morale soggettiva che ha come criterio solo il soggetto, perché la moralità fornisce i valori e le norme che consentono il coordinamento sociale richiesto per garantire un adeguato livello di qualità della vita. Il criterio di giudizio morale risiede in uno speciale punto di vista impersonale, dando la giusta prospettiva da cui guardare la questione. La razionalità implica l’universalità, quindi il giudizio etico ha come riferimento un punto di vista imparziale, che evita il soggettivismo. L’etica quindi non è soggettiva o dipendente dalle voglie personali, infatti supporre il “moralmente giusto” vuol dire negare la nozione stessa di moralità. L’etica non può prescindere dall’aspirazione all’imparzialità e universalità, ma queste due caratteristiche comunque non implicano che i giudizi morali siano immutabili, perché lo sono eccome, con il tempo possono sempre cambiare in base alle circostanze. - visto che l’etica fa riferimento a un punto di vista morale universale, cade subito la terza critica secondo cui il relativismo apparentemente sarebbe libertà, ma invece è prigione. ➤ INTRODUZIONE ALLA BIOETICA. La bioetica è un etica applicata. L’etica è una disciplina prescrittiva, da delle norme che sono moralmente obbligatorie e vincolanti. Esistono 2 modi di fare etica: - Prescrittiva → rientra la filosofia morale, danno delle norme di comportamento, dunque ci dice come dovremmo essere o come dovremmo comportarci. - Descrittiva → descrive dei costumi o dei comportamenti di un certo popolo, ma non sta dicendo come ci si deve comportare. L’etica non è una regola del gusto, ma si basa su argomenti e ragioni, ciò che viene detto viene anche spiegato, vengono dunque date delle spiegazioni e delle ragioni. Tramite queste ragioni si cerca di dare un peso alle varie argomentazioni, e sulla base di questo si vedrà quale argomentazione sia più valida. La filosofia morale è razionale. Questo non vuol dire che vuole essere imposta agli altri, poiché in etica non esiste una sola posizione, ma è molto probabile che ci siano una serie di risposte corrette, e altre posizioni che invece non sono proprio valide. I giudizi morali sono universalizzabili → un dovere che si applica a me, si applica anche a tutti gli altri individui che si trovano nella mia stessa situazione, dunque si applicano a tutti i casi simili. È una caratteristica logica dei giudizi morali. Se io penso che una determinata scelta sia sbagliata, posso giudicare chi decide di compiere quella scelta. Quando valutiamo una cosa in un certo modo, devo valutare allo stesso modo tutte le altre cose che si trovano nella stessa situazione. Le norme morali possono essere vaghe o particolari: - Vaghe → l’aborto è sbagliato - Particolari → l’aborto è sbagliato, ma una donna che ha subito stupro è giusto che abortisca. L’etica filosofica condivide delle caratteristiche con il diritto, che può essere cambiato in modo arbitrario ed istantaneo (anche il diritto è prescrittivo), ad esempio una legge può essere cambiata da un momento all’altro. Questo non vale per l’etica, che non può essere cambiata in modo arbitrario e istantaneo. ↪ l’etica è razionale, ma questo non vuol dire che essa non abbia a che fare anche con le emozioni, di conseguenza ciò che reputiamo giusto o sbagliato dipende anche dalla nostra coscienza, avente una struttura che cambia in base alle esperienze di ogni individuo. L’etica prevede delle punizioni, ma sono punizioni interne che ci diamo da soli, come il senso di colpa o la vergogna. Il senso di colpa o la vergogna sono però anche socialmente costruite → es. tutti noi abbiamo imparato le nostre norme morali allo stesso modo in cui abbiamo imparato il linguaggio. Le proprie norme morali sono un'istituzione sociale collettiva che permette il coordinamenti, dunque in base al contesto sociale si instaurano diverse norme morali. L’etica filosofica pone sotto uno sguardo critico queste norme morali. In un etica di senso comune, vediamo che uccidere è sbagliato, ma allora l’aborto vale come omicidio o no? Femminismo bianco → europeo americano che vuole aiutare le donne soggette alla mutilazione genitale o a qualsiasi sottomissione. Femminismo intersezionale → dice che il velo è rivendicato dalle femministe islamiche come qualcosa che fa parte della loro identità culturale. Vivono sul proprio corpo la condizione di essere emarginate o discriminate, vogliono liberarsi dal proprio punto di vista, dicendo per esempio che il velo non è una mortificazione del proprio corpo, ma è la sua identità di donna islamica. Relativismo → io accetto che tu sia soggetta alla mutilazione genitale, però allora è bene che questo venga fatto in un ospedale, per avere una maggiore sicurezza e igiene. Allo stesso modo posso accettare che le donne islamiche portino il velo, ma quelle donne sono davvero sicure che questo non sia un simbolo di sottomissione? La metaetica → branca che cerca di definire il significato dei concetti morali. I doveri prima facie → un obbligo morale che può essere sacrificato in caso di conflitto con un altro obbligo. Questi doveri introducono una gerarchia che dipende dal contesto. La teoria del diritto naturale → sostiene che ci siano dei diritti e dei valori intrinsechi che derivano dalla natura del mondo e dalla natura umana. L’utilitarismo → valutiamo la bontà di un azione sulla base delle conseguenze che quell’azione produce. È una dottrina morale consequenzialista, sostiene che l’azione che deve essere fatta è quella che produce il bene per la maggior parte delle persone. Il trolley problem → è l’esempio che aveva fatto corriero del treno e della leva. Tiro o non tiro la leva? chi non tira la leva sostiene che non c’è differenza tra uccidere e lasciar morire, non c’è differenza tra 5 o 1 persona. Chi tira la leva ritiene che ci sia differenza tra uccidere e lasciar morire, dunque tira la leva perché pensa che è meglio salvare 5 persone e ucciderne 1. Fanta Bioetica → bioetica che tratta di problemi che in realtà non esistono. Bioetica clinica → come funziona e come migliorare la pratica clinica. ➤ I METODI DELLA BIOETICA: Il termine bioetica è stato coniato da Van Potter nel 1971, ma l’opera che lui aveva scritto non aveva suscitato nessun interesse e impatto. Negli stessi anni, il filosofo Warren Reich scrive un'enciclopedia sulla bioetica, e si fa promotore di una nuova disciplina, con lo stesso nome della Bioetica, ma con un senso diverso. Bioetica (che intendiamo noi) → Etica applicata di studio delle implicazioni e dei problemi etici nella medicina e nelle scienze della vita. Come si argomenta in Bioetica? → COSA SIGNIFICA FARE BIOETICA? Tre livelli di bioetica, con diversi modelli di analisi e argomentazioni: 1. Bioetica filosofica → una teoria che cerca di risolvere un problema pratico, e lo fa costruendo una teoria filosofica riguardante quel problema pratico. - es. il dolore e il piacere non fanno differenza da chi sono provati, il dolore è dolore e il piacere è piacere, dunque tutti gli esseri viventi senzienti sono eguali e in egual modo devono essere trattati, da questo ne consegue che è sbagliato uccidere gli animali, mentre invece l’aborto è giustificato perchè il feto non è senziente. (tesi di Peter Singer). 2. Bioetica politica → il suo obiettivo è costruire leggi e linee guida. Non vuole creare una teoria di fondo che riguarda l’aborto, vuole creare una legge sull’aborto. Noi non potremmo argomentare allo stesso modo in cui lo faremo con la bioetica filosofica, perché dobbiamo trovare una teoria della giustizia basata ovviamente su un principio della giustizia. Questo si fa tramite un esperimento mentale di Rawls: l’autore immagina che gli individui scelgano le regole di giustizia ed eguaglianza in una posizione di totale ignoranza in merito alla posizione che occupano in una determinata società (chi si pone a favore della schiavitù non sa se poi finirà per fare lo schiavo o no). Questa è una teoria morale che prevede che tutti gli individui siano uguali, ma con questo esperimento Rawls ha basato il principio di giustizia su un presupposto morale. Dunque Rawls riformula la sua teoria, dicendo che bisogna distinguere tra due tipi di ragioni: - Ragioni pubbliche → sono teorie che possono essere accettate da qualsiasi essere umano razionale e ragionevole. Quindi quando noi discutiamo su una legge dobbiamo dare questo tipo di argomenti, e quando una legge viene deliberata deve essere collegata ad un consenso di intersezione, che si basa su principi morali che bene o male abbiamo in comune con gli altri individui, da cui poi se ne riesce a ricavare un punto e un accordo comune (in Italia ovviamente non funziona così lol). - Teorie comprensive → teoriche che hanno una forte struttura metafisica ed epistemologica (sarebbe la bioetica filosofica), ma sono teorie divisive, e quindi non possono essere utilizzate per la creazione di una legge, poiché andrebbero appunto a creare divisione. - Bioetica dei casi concreti → si basa sull’analisi di un singolo caso. - es. viene fatta richiesta per intubare un 80enne malato, viene dato 1 ora di tempo all’equipe per decidere cosa fare. Questi sono problemi concreti che non possono essere basati ne su teorie filosofiche né su teorie politiche, ma devono essere basati proprio su fatti concreti. Si valutano bene gli aspetti fattuali del caso, e poi si valutano i possibili effetti e benefici riguardo alla decisione che si pensa di prendere. Ci sono metodi appropriati per discutere di questi tre livelli: La bioetica filosofica ha come metodo privilegiato il metodo top - down, ovvero un metodo deduttivo dall’alto verso il basso, dunque da dei principi ne discendono delle conclusioni. La bioetica dei casi concreti invece hanno un metodo particolare di argomentazione, ovvero il botton - up, metodo secondo cui dopo la risoluzione di un determinato caso si può poi andare a generalizzare il tutto e creare norme più complesse e generali per casi futuri. La bioetica politica invece utilizza un metodo che è un misto tra i due metodi visti prima, sulla base del caso che si ha davanti si utilizza o un metodo o l’altro, cioè quello più appropriato. I casi concreti possono essere motore di cambiamento in ambito politico, es.eutanasia. La bioetica la possiamo distinguere come: - Disciplina → la bioetica è una disciplina accademica, come può esserlo la storia. Ha i suoi canoni, le sue caratteristiche metodologiche, e la sua struttura sociologica di ricerca, che la rendono a tutti gli effetti una disciplina. - Discorso → la bioetica però è anche un discorso oltre ad una disciplina, perché può avere posizioni morali diverse che cambiano da individuo a individuo. Sono due aspetti diversi che però si relazionano, come due facce della stessa medaglia. APPROCCIO TOP - DOWN: R.Veatch è stato uno dei pionieri della bioetica, e ha descritto il funzionamento top - down. Per lui una teoria bioetica è un resoconto comprensivo e sistematico di un approccio generale per affrontare i problemi etici in campo medico e biologico (è una teoria filosofica). Nel suo resoconto sostiene che una buona teoria bioetica deve rispettare 5 criteri: 1. quale è la metetica di fondo? come possiamo avere una conoscenza morale? 2. qual è l’assiologia? (teoria del valore) che cos’è che vale e cos’è che non vale (buono o cattivo). 3. che cosa si conta come virtù mediche? quindi come si comporta un buon medico? 4. quali sono i principi di una condotta giusta? quindi quali sono i principi e doveri che dobbiamo rispettare. 5. qual è la relazione tra i principi e i casi concreti? come si applicano? È una teoria filosofica molto comprensiva perché riesce a tenere conto di diversi problemi che si affrontano nella bioetica. es. il magistero della chiesa cattolica ha una sua metaetica (esistenza di Dio) e un'etica normativa, entrambe molto chiare e solide. Quando si pone il problema dell’aborto, la Chiesa dirà che è sbagliato in base appunto alla sua metaetica ed etica normativa - probelma risolto. La teoria è ovunque, non ci sono casi che non siano portatori di valori. Si può essere però neutrali rispetto ai valori, se io provo a dare una definizione di persone, volendo essere aperto a tutte le concezioni possibili, cerco di dare una definizione il più inclusiva possibile. Il termine libertà può essere inteso in tanti modi diversi, dunque ci possono essere tante teorie della libertà. Tendenzialmente queste teorie non sono conservatrici rispetto alle nostre intuizioni, essendo teorie con un forte apparato critico e razionale, si può partire da determinate intuizioni, per arrivare poi ad una sistematizzazione che è al di là delle nostre intuizioni. I problemi di queste teorie: - balcanizzazione → frammentiamo tutto, ci sono tante teorie in competizione una con l’altra, e questo non porta ad una soluzione definita. Bisogna trovare un modo per armonizzare questi conflitti. - la maggior parte di queste sono teorie troppo astratte. L’etica è di per sé pratica, dunque parlare di etica teorica è un'illusione, perché risponde alla domanda “cosa devo fare?”. C’è un tipo particolare di approccio bottom - up → la casuistica. Genere filosofico nato nel 600 con i gesuiti, che scrivevano dei manuali in cui venivano descritti e analizzati vari casi concreti diversi. Toulmin e Jonsen nel 900 hanno ripreso questa branca per risolvere i problemi emersi dell’approccio top - down. Il procedimento secondo loro è molto simile a quello medico, poiché la medicina si muove per probabilità, non è certa. Ingiustizia Epistemica → etichetta che cerca di catturare delle ingiustizie che avvengono quando qualcuno non viene creduto. Essa può essere: - testimoniale → quando la testimonianza di qualcuno non viene creduta o non è ritenuta sufficiente (es. vittima di stupro) - ermeneutica→ quando mancano le griglie concettuali per capire che si sta facendo un ingiustizia (es. body shaming fondato su delle non conoscenze o preconcetti sbagliati) ➤ STORIA DELLA BIOETICA. La bioetica non è nata con un big bang, non c’è una data di nascita. La bioetica è il frutto di un insieme di fattori che si mescolano insieme, fattori complessi di tipo sociologico, scientifico, sociale, tecnico, che interagiscono tra loro e fanno si che nascono dei problemi, e che poi ci sia la richiesta di qualcuno che si occupi di quei problemi. Il medico per esempio, ai tempi era molto diverso da adesso, le tecnologie non erano così sviluppate, idem per le conoscenze. Dal punto di vista anatomico e biologico infatti, si pensava che l’uomo e la donna non fossero poi così diversi, con le prime autopsie si pensava addirittura che l’utero fosse un pene “rovesciato verso l’interno”. Stesso discorso vale per le gravidanze, di cui si sapeva veramente pochissimo (tutt’ora non ne sappiamo molto). Il vero avanzamento della medicina risale a dopo la seconda guerra mondiale, principalmente per i feriti di guerra che avevano bisogno di guarire in fretta. La rivoluzione medica o biomedica la possiamo collocare tra il 1940 e il 1970. La seconda guerra mondiale ha prodotto un cambiamento culturale nelle persone, ma soprattutto sappiamo che in quegli anni c’erano i campi di concentramento, dove gli scienziati tedeschi e giapponesi facevano esperimenti (es.aprire le donne incinta e vedere com’era dentro), che poi fornivano ovviamente dei risultati (quello che sappiamo sulla gestazione lo dobbiamo in parte a loro), dunque questo ha permesso un grande sviluppo tecnico e conoscitivo. I nazisti non erano gli unici a fare nei campi di concentramento quel tipo di esperimenti, infatti questi venivano fatti anche nei barboni e nei carcerati (considerati entrambi subumani o comunque persone escluse dalla società). Uno dei medici che ha dato inizio alla medicina così come la conosciamo oggi è Claude Bernard, egli sosteneva che si poteva sperimentare quando la medicina può essere di reale aiuto ai pazienti, e non quando si sa già che non sarebbe d’aiuto a nessuno. Gli esperimenti nei campi di concentramento hanno cambiato molto il modo di vedere gli esperimenti, perché ovviamente venivano fatti in modo crudele. Con il processo di Norimberga viene emanato un codice in cui per la prima volta vengono stabiliti dei criteri etici su cui si devono basare gli esperimenti, il soggetto per esempio deve dare il proprio consenso per sottoporsi agli esperimenti. Il codice di Norimberga oggi prende il nome di Carta di Helsinki → che regola come devono avvenire le sperimentazioni su tutti soggetti umani. L’evento principale di questo cambiamento culturale è la rivoluzione sessuale del 1968, dove la donne finalmente si inizia ad emanciparsi dal dominio dell’uomo, iniziando a poter gestire la propria sessualità grazie alla pillola anticoncezionale. es. Tuskegee: in questo piccolo villaggio vivevano dei afrodiscendenti, un gruppo di medici americani decidono di voler studiare seguire il decorso della sifilide, malattia estremamente diffusa di cui si conoscevano gli specifici sintomi. Non c’era bisogno di fare effettivamente un altro studio, visto che si conosceva bene, ma i medici decidono comunque di recarsi in quel villaggio, somministrando sotto punture dell’acqua fisiologica, spacciata ovviamente per la cura, facendogli credere di essere curati. Per 40 anni la notizia non è mai uscita, ma quando è uscita ovviamente ha generato scandalo. L’epidemia quindi si è diffusa, perchè ovviamente quelle persone non erano state realmente curate, quindi l’obiettivo di sta cazzata era semplicemente vedere come si sviluppava la malattia, a discapito e senza il consenso dei soggetti interessati (casualmente di colore eh). - Il primo professore di Bioetica è stato alla Cattolica ed era un pontefice, verso la fine degli anni 80. Il secondo professore invece è stato Demetrio Neri, a Messina. Ci sono pochissimi bioetici laici, perché la maggior parte purtroppo sono cattolici, infatti c’è uno schieramento tra le due parti. La guida delle persone è stata da sempre demandata alle Chiese cattoliche e protestanti. I teologi riflettevano sulle risposte che dovevano dare ai problemi che la medicina poneva. La chiesa cattolica per esempio ha una lunga tradizione di interesse negli affari sociali, basta pensare alla rerum novarum, o quando si inizia a preoccuparsi dei poveri che venivano sfruttati. La chiesa cattolica ha sempre avuto un interesse nei confronti della società, tanto più dalla fine dell’800 in poi, perché doveva rispondere ai problemi sollevati dal socialismo e dal comunismo. Quando poi arrivano i problemi sull’aborto, eutanasia e questioni di questo tipo, la Chiesa ovviamente inizia ad occuparsi anche di quello. I Teologi più importanti sono 3, padri fondatori della bioetica: - Joseph Fletcher - Paul Ramsey - Richard McCormick Il primo e il secondo sono protestanti, il terzo cattolico. Fletcher è una figura molto progressista, è un utilitarista che sostiene un erica molto particolare, gli altri due sono più conservatori. Essi danno origine alla bioetica, ma nessuno dei tre in realtà parla di Dio come ne parlerebbe un teologo, questo dimostra che si può partire da una visione religiosa senza però coinvolgere questioni religiose, è quindi una visione più razionale. (es. non dire che l’aborto è sbagliato perché Dio lo proibisce). I filosofi più importanti: - Toulmin, ha scritto un articolo molto interessante e anche molto citato chiamato “Come la medicina ha salvato la vita all’etica”: com’è possibile? egli riconosce che fino agli anni 70 i filosofi etici si occupavano di metaetica, dunque nulla che si attenesse a problemi concreti, è per questo dice che la medicina ha salvato l’etica, le ha dato concretezza. - Gertrude Anscombe, aristotelica, famosa per aver scritto un articolo nel 1952 “Filosofia morale contemporanea”, inventa lei il termine consequenzialismo. Negli stessi anni scrive un altro articolo “La laurea del signor Truman” sul presidente degli stati uniti che aveva lanciato la bomba atomica. Lei si oppone al riconoscimento che egli stava avendo, perché sganciando la bomba aveva ucciso milioni di persone, dicendo che un fine buono non può giustificare l’utilizzo di un mezzo cattivo. Problema della secolarizzazione: la secolarizzazione è un fenomeno che sostanzialmente rende conto della perdita di presa sul mondo di credenze di tipo religioso. Quando io non so dare delle spiegazione su come va il mondo ci metto dentro Dio, facile no? Nel momento in cui la scienza avanza, si può spiegare in modo scientifico come avvengono questi fatti, senza tirare in ballo Dio. Ci sono varie tappe della secolarizzazione dal punto di vista scientifico: - astronomia con Galileo - chimica con Laplace - biologia con Darwin Questa perdita di rilevanza di Dio nel mondo e nelle sue spiegazioni, arriva a toccare anche gli esseri umani ovviamente. Nelle nostre vita infatti la presenza di una divinità è sempre più ridotta, la nostra vita sua senso indipendentemente da Dio. Questo spiega in parte anche la contrapposizione tra visioni secolari religiose e non religiose. In Italia fatti distinguiamo tra Bioetica cattolica e Bioetica laica: È una sorta di battaglia culturale, soprattutto per l’approvazione di alcune leggi e per il “dominio” sulle persone, cioè sull’influenza. Lo scopo della Chiesa era cercare di non perdere il controllo fortissimo che aveva sulle persone. La distinzione fra bioetica laica e cattolica va molto bene per cioè che è successo in Italia, dal punto di vista concettuale invece funziona un po’ meno bene. Bioetica cattolica → sostiene la sacralità della vita, sacro significa non tangibile. È un bene indisponibile, non scelgo io cosa farci. Perché? 1. risposta di tipo religioso: è un bene sacro perché proviene da Dio e quindi è un suo dono, dobbiamo rendere conto a lui. 2. risposta di tipo secolare: non fa riferimento alla divinità, ma fa riferimento al fatto che la vita è talmente importante che va usata bene e non va sprecata. Si sostiene la dignità della vita umana. es aborto non è possibile perché vai a distruggere una vita, come se non venisse apprezzata a dovere. La dignità della vita umana però è un concetto laico. ➤ Bioetica laica → sostiene la qualità della vita, la vita non è un bene di per sé, ma è un bene disponibile perché è il mezzo con cui noi possiamo arrivare alla felicità, che è un altro bene. Questa distinzione era molto comune prima, ma a partire dagli anni 2000 non è più molto adeguata. Perché? Il contesto è cambiato notevolmente, oggi viviamo in un contesto pluralistico, quindi ridurre la distinzione soltanto a Laica e Cattolica non rende conto delle altre svariate sfumature che ci sono in mezzo. II - PLURALISMO ETICO, RIVOLUZIONE BIOMEDICA E LAICITÀ. 1. Il pluralismo etico Abbiamo distinto tra etica della sacralità della vita ed etica della qualità della vita. Tutte e due rientrano nella nozione di “etica”, perché dal punto di vista interno, entrambe pretendono di trovare delle giustificazioni razionali, caratteristica prima dei giudizi etici. Ma se venissero giudicate dal punto di vista esterno, allora ci sarebbero dei problemi. ↪ chi sostiene la sacralità della vita tende a equiparare l’etica della qualità della vita ad una posizione nazista, e chi sostiene l’etica della qualità della vita dice che l’etica della sacralità della vita è il frutto dei tabù e dei pregiudizi. La situazione fra le due etiche è ancora aperta, e quindi si deve per forza riconoscere il pluralismo etico → la presenza di prospettive di etiche diverse e contrastanti. Viviamo in un mondo abitato da stranieri morali, che parlano lingue morali diverse, per cui uno dei problemi più urgenti da risolvere nella nostra società è mantenere la pace morale e il rispetto reciproco delle diverse etiche esistenti. Dottrina sociologica → si deve prendere atto della diffusione di diverse posizioni etiche, bisogna riconoscerlo come dato sociologico, che comunque non implica il rispetto o la tolleranza. 1.a Il conflitto dei doveri e la pluralità dei codici morali Come mai la diffusione dell’etica della qualità della vita porta alla diffusione del pluralismo etico? → per capirlo possiamo osservare il problema del conflitto di doveri, che è uno dei principali temi della vita morale. ↪ capita a tutti di trovarsi vincolati da due doversi diversi che però in quel momento non possono essere soddisfatti entrambi. Quindi a quale dovere dobbiamo dare precedenza? la scelta stabilisce la gerarchia dei doveri. Gerarchia dei doveri → individua le nostre priorità morali. L’etica della sacralità della vita ha una gerarchia dei doveri piuttosto stabile, perché come sappiamo ha dei doveri assoluti che non ammettono eccezioni, come per esempio il principio della sacralità della vita, che quindi a priori ha la precedenza su tutti i doveri prima facie. Teoria etica formata dai seguenti principi: - Principio di sacralità della vita → dovere di rispetto assoluto del finalismo proprio dei processi vitali umani - Principio di beneficenza → dovere di fare del bene (è prima facie) - Principio di giustizia → dovere di distribuire equamente i costi e i benefici (è prima facie). Sulla base di questi tre principi sono possibili due, e solo due, codici morali diversi: 1. Principio di sacralità della vita - principio di beneficenza - principio di giustizia 2. Principio di sacralità della vita - principio di giustizia - principio di beneficenza Essendo il principio di beneficenza e di giustizia dei principi prima facie, il Principio di sacralità della vita avrà sempre la precedenza su di essi, e per questo ci sono solo due opzioni possibili. Ma cosa succede se togliamo il Principio di sacralità della vita e lo sostituiamo con un altro dovere prima facie? - Principio di autonomia → dovere di rispetto delle scelte fatte dalle persone. Diversamente dalla situazione di prima, non ci saranno più soltanto due codici morali diversi, ma ce ne saranno sei, perché tutti e tre i principi prima facie possono essere messi al primo posto, e quindi aumentano le combinazioni possibili perché non c’è una priorità data a priori. ↪ questo ci permette di capire come mai l’etica della qualità della vita genera pluralismo etico come fatto sociologico. Due concezioni diverse di moralità: - l’etica è un'istituzione sociale che ha il proprio fondamento nella natura delle cose, o direttamente nei comandi divini noti per rivelazioni. Per questo si dice che la moralità è un'istituzione naturale o divina, perché non dipende dalle scelte umane. - la moralità è un'istituzione sociale che ha il proprio fondamento delle diverse scelte compiute dagli uomini nelle varie società e circostanze, senza un criterio gerarchico fisso, quindi c’è la possibilità di avere ordini di priorità diverse. 1.b I diversi codici etici sono tutti tra loro moralmente equivalenti? Tutti i vari codici di valore esistenti possono pretendere di essere legittimi e avere rispetto? La domanda equivale a cercare di sapere se il pluralismo etico vale come dottrina normativa, e questo presenta due questioni diversi: - il pluralismo etico vale senza limiti in modo tale che qualsiasi sistema vada bene? - il pluralismo etico vale solo fino a un certo punto? come si determina questo? Il problema della tolleranza dei diversi codici morali è diverso da quello della legittimità dei singoli codici, perché la legittimità riguarda il fatto se si può assegnare la moralità ad un codice valoriale. Se un codice è morale, allora non deve essere solo tollerato, ma deve anche essere promosso. Il relativismo etico afferma l’equivalenza di tutti i possibili codici per cui uno vale l’altro, perché se non si hanno i criteri per giudicarli, si devono ammettere tutti come legittimi e tollerabili. Ma non tutti i codici possono essere definiti con il titolo di “morali”, questo perchè l’etica è un’istituzione normativa che vuole garantire il coordinamento sociale, favorendo il benessere delle persone, quindi nella morale non rientrano i codici che esaltano la maleficenza come valore. Diverso è il problema della tolleranza di queste dottrine, perché anche quando qualcosa è di fatto sbagliato o irrazionale, è possibile riconoscere che vadano comunque rispettate. 1.c Il pluralismo etico dissolve ogni valore condiviso? Il pluralismo etico sembra sbaragliare ogni valore comune. Per riuscire a vivere insieme e coordinare i diversi ruoli, gli uomini hanno bisogno di sapere che anche gli altri condividono gli stessi valori. Nonostante queste difficoltà però, il pluralismo è una vera ricchezza e una risorsa sociale, perché l’attenzione posta alla qualità della vita ha portato una nuova sensibilità morale che rifiuta con forza le sofferenze inutili e rende intollerabili le discriminazioni. Il pluralismo etico mantiene ed esalta la libertà personale come valore condiviso e comune. 2. La Rivoluzione biomedica e i problemi da essa generati Come si è sviluppato con così tanta rapidità un fenomeno grande come il pluralismo etico? Un contributo fondamentale per il pluralismo è stato dato dai progressi ottenuti in ambito biomedico, che hanno rimesso in discussione alcuni limiti che fino a pochi anni fa erano naturali e scontati. Alcuni esempi sono l’avvento della dialisi (1962), il trapianto di cuore (1967), la definizione di morte cerebrale (1968), la fecondazione in vitro (1978), l’aborto e la contraccezione (anni 70). 2.1 Rivoluzione industriale e Rivoluzione biomedica: osservazioni generali Con la Rivoluzione biomedica sembra che si sia verificato un processo analogo alla Rivoluzione industriale iniziata alla fine del 700. Eric John Hobsbawm sostiene che i progressi biomedici degli ultimi decenni stanno producendo la Rivoluzione biomedica, che non è altro che la continuazione della Rivoluzione industriale. 2.2 Secolarizzazione e cambiamento di paradigma circa la vita sociale Il primo potente effetto prodotto dalla grande Rivoluzione scientifica è stato quello di accelerare il processo di secolarizzazione che ha disincantato il mondo. La secolarizzazione infatti ha generato un Salto Gestaltico che ha portato a vedere il mondo in modo diverso, producendo una serie di cambiamenti dei parametri di esistenza: - il primo è l’affermazione del diritto al lavoro come scelta autonoma - il secondo è il cambiamento dell’ordine gerarchico della società - il terzo è la visione della realtà Fino a pochi anni prima, l’ordine della famiglia, della vita, della nascita e della morte sembrava immutabile, non cambiavano mai, e così le opinioni che le persone avevano a riguardo. 2.3 Secolarizzazione e cambiamento di paradigma circa la vita biologica La Rivoluzione biomedica ha sconvolto l’ordine di questa struttura che prima appariva naturale e immutabile. Le nuove tecniche biomediche, non solo consentono di intervenire in vari modi sui processi vitali, ma hanno anche secolarizzato la sessualità e la vita nascente. Il controllo della riproduzione umana non solo sta secolarizzando la nascita, ma accelera anche il processo di disgregazione della famiglia come unità riproduttiva. Oggi le nuove tecniche di fecondazione assistita consentono di assicurare la discendenza anche senza rapporti sessuali, e questo favorisce la diffusione di nuove forme familiari, non più solo eterosessuali. Le questioni bioetiche hanno una dimensione sociale perché cambiano i parametri di ingresso e uscita dalla vita, che sono socialmente e politicamente rilevanti, quindi la bioetica non si può applicare soltanto agli ambiti medici e clinici. 2.3,1 Secolarizzazione e pluralismo etico: a quale processo la precedenza? Teoria della secolarizzazione → dal punto di vista culturale, l’aspetto principale della situazione attuale sta nel fatto che l’uomo di oggi vive come se Dio non esistesse, in modo tale che la religione perda progressivamente rilevanza sul piano pubblico. La Rivoluzione biomedica è il fattore che ha dato la spinta maggiore per l’aumento del pluralismo etico. I sociologi Peter Berger e Thomas Luckmann sostengono che il pluralismo etico sarebbe il fattore che produce la crisi di senso della modernità e lo smarrimento del singolo e di interi gruppi. In realtà però il pluralismo etico dà un'opportunità di liberazione e apertura, ma questo è un fattore che destabilizza e spaventa le persone. ↪ il risultato di questo è lo smarrimento generalizzato degli individui. 2.2 Bioetica laica e bioetica cattolica Una conferma della centralità della secolarizzazione per il passaggio dall’etica della sacralità all’etica della qualità della vita e riguardo alla Rivoluzione biomedica, sta nel fatto che il dibattito sulla laicità è entrato in una nuova fase. Prima non aveva senso parlare di “laicità della famiglia”, perché quello era un aspetto riconosciuto da tutti come naturale. Ad oggi però la laicità si sta estendendo agli argomenti che riguardano la famiglia e la bioetica, e sembra che sul piano morale il principio di laicità diventi praticamente uguale al paradigma etico che esclude gli assoluti. Giovanni Fornero ha constatato che in Italia si è sviluppata la contrapposizione tra: Bioetica Cattolica e Bioetica Laica, mettendo in luce come i contrasti bioetici rimandano a paradigmi etici completamente diversi e inconciliabili, soprattutto nelle situazioni cruciali. Quando si parla di contrapposizione paradigmatica, si intende che attualmente la Bioetica Cattolica è la dottrina morale ufficiale, affermata dal Magistero, avente un impianto filosofico molto preciso, che ovviamente rimanda ad un’etica della sacralità della vita con divieti assoluti compresi. Per quanto riguarda la Bioetica Laica invece, il discorso è diverso perchè non esiste un “faro” come lo è il Magistero per la Bioetica Cattolica. Fornero però ci offre due distinzioni per intendere la laicità: - laicità debole → intesa come metodo di indagine critica. - laicità forte → intesa come contenuto teorico. La laicità debole si rivela oggi insufficiente per delineare la Bioetica Laica, che infatti sembra basarsi sulla laicità forte, dotata di un contenuto più forte e preciso, ovvero l’assenza di divieti assoluti. III - ALTRE PROSPETTIVE DI ANALISI IN BIOETICA: TEORIE INTERMEDIE E ALTERNATIVE 1. Riepilogo delle principali tesi sostenute L’etica è una peculiare istituzione sociale volta a fornire valori e norme razionalmente giustificati per il coordinamento e l’ordine sociale. La divergenza come abbiamo visto, sta sul tipo di ordine previsto, e ci sono due grandi diverse concezioni: - quella tradizionale → l’etica è un’istituzione naturale o divina - quella nuova → l’etica è un’istituzione storica o sociale Sono due paradigmi etici inconciliabili, dunque bisogna fare una scelta. Il passaggio dall’uno all’altro paradigma comporta un Salto Gestaltico simile a quello che ci porta a vedere in uno stesso disegno due soggetti completamente diversi. Chi accetta l’etica della sacralità della vita afferma l’indisponibilità della vita umana Chi accetta l’etica della qualità della vita riconosce la liceità morale del controllo della vita umana. Si presentano poi posizioni intermedie che cercano di conciliare questi due opposti ideali. 2. Le principali critiche alla prospettiva presentata Vediamo le diverse obiezioni mosse riguardo alla prospettiva riportata sopra. 2.1 La tesi della contrapposizione sottovaluta i valori condivisi Prima obiezione → attacca direttamente la tesi sostenuta, osservando che la distinzione tra due grandi paradigmi etici tra cui scegliere è eccessiva. Sembra che lo spettro di valori condivisi sia molto più ampia di quella che in realtà si presenta, e che anche i bioeticisti abbiano posizioni meno rigide riguardo questa contrapposizione di paradigmi. Quindi oggi prevalgono i valori comuni o davvero prevale il conflitto? Viviamo in una situazione di “bellum omnium contra omnes” → guerra di tutti contro tutti, in cui le nostre attuali società sono meno violente di quelle passate, ma ci sono comunque delle divergenze molto forti (es. aborto, eutanasia, fecondazione assistita ecc…). Quando si ha a che fare con cambiamenti di paradigma, la ricerca delle soluzioni intermedie per cercare un compromesso non sono rare, infatti queste proposte sono difendibili, perché rispondono ad esigenze logiche e non di mera propaganda politica o persuasione morale. 2.2 Il metodo esaminato non è adeguato Seconda obiezione → attacca il metodo di analisi usato, ritenendo inadeguato il ricorso alla logica come fattore centrale in etica, perché è poco adeguata alle esigenze concrete. È preferibile il metodo induttivo, perché lascia spazio all'esperienza, e sul piano filosofico si guarda con favore alla svolta antropologica, che ha portato al centro dell’attenzione la persona umana e non più Dio. Il cambiamento metodologico consente di ottenere dalla interdisciplinarietà, cioè dalla collaborazione delle diverse discipline, in modo tale da avere un quadro più chiaro e completo della tematica studiata. Infatti nella fase iniziale della bioetica, l’interdisciplinarietà è considerata la caratteristica fondante. ↪ grazie alla quale si riescono ad introdurre nuovi valori. Il deduttivismo è quindi inadeguato, non tanto per la base logica del discorso etico, ma perchè assume il principio di sacralità della vita. 2.3 L’impostazione stessa della prospettiva presentata è inadeguata e riduttiva Terza e ultima obiezione →non attacca né una tesi specifica né il metodo di indagine, ma il modo con cui si imposta la riflessione bioetica. Al di là delle diverse prospettive, tutti dovrebbero cercare di individuare i limiti da mettere di fronte all’avanzamento tecnico - scientifico della biomedicina, e sarebbe un compito dei laici e dei cattolici. Questa tesi di fondo viene poi articolata in modi diversi, alcune centrate sul problema del potere e del limite, altre centrate sulla nozione di persona. 3. Il tecnoscientismo e l’ambivalenza degli effetti: il potere come minaccia l’ ”umano” e il problema del “limite”. Innanzitutto bisogna prendere atto che la bioetica non può prescindere dal problema della tecnica. La tecnica è il problema del nostro tempo, e questo lo hanno evidenziato in molti. Ma il problema diventa ancora più urgente per la bioetica, perché oggi la tecnica consente la manipolazione della vita umana. La scienza infatti viene sostituita dalla tecnoscienza → una sorta di degenerazione della scienza, avviene quando all’originaria ricerca disinteressata viene aggiunto il conseguimento dell’utilità derivante dall’applicazione della conoscenza. Oggi la tecnoscienza vuole ricercare le possibili applicazioni pratiche delle conoscenze acquisite dalla scienza, per trasformare il mondo. Tecnoscienticismo → tesi secondo cui, non essendo mossa da interessi intellettuali, la tecnoscienza finirà per essere succube dell’imperativo tecnologico che afferma che “si deve fare tutto ciò che è fisicamente o tecnicamente possibile fare”. ↪ questo fa sì che la tecnoscienza non cerchi altro se non accrescimento di potere, rischiando di diventare subordinata alla politica e all’economia. Questa tesi riprende dei temi già trattati da Hans Jonas, egli infatti affermava che la crescita della tecnica avrebbe portato a veri e propri disastri. La tecnoscienza in ogni caso, non è né neutrale né innocente. Al contrario, oggi si difende la biopolitica → la politica che prende la gestione della vita biologica. Ma comunque è doveroso mettere da parte le controversie tra laici e cattolici, per combattere il mostro dell’imperativo tecnologico, poiché se si lascia libero, porterebbe sicuramente alla distruzione dell’umano. 3.1 Rilievi critici: scienza antica, scienza moderna e “ambivalenza degli effetti” Supponiamo che ci sia una distinzione netta tra scienza e tecnoscienza: - la scienza sarebbe buona perchè tende al sapere puro - la tecnoscienza sarebbe cattiva perché è soggetta agli interessi e tende al controllo, vuole manipolare la vita umana. La scienza antica era prevalentemente rivolta alla contemplazione del mondo, e in essa le tecniche avevano un ruolo marginale di poca importanza. Essa era contemplativa della natura. La scienza moderna si distacca da quella antica, proprio perché smette di dare importanza solo alla contemplazione, e grazie alla tecnica inizia a rivolgere delle domande alla natura. Essa è inquisitiva della natura, non esista a modificare o trasformare la natura di qualcosa, per raggiungere i propri scopi. La scienza moderna è tecnoscienza, potenzia le capacità umane, ma non per questo deve essere per forza disumanizzante e pericolosa (anche se il rischio comunque c’è). 3.2 Il neo - luddismo strisciante ed esplicito L'obiezione, come già detto, non ripropone assolutamente il principio di sacralità della vita, ma si limita a dire che la vita senza gli interventi tecnici era migliore di quella con le innovazioni, quindi è una sorta di opposizione al progresso tecnologico. Questa obiezione è simile alla posizione che avevano i luddisti → erano contro il cambiamento che il sistema economico e sociale stava avendo, infatti organizzavano rivolte per distruggere le nuove macchine che si stavano introducendo nelle fabbriche. Il luddismo è stato un movimento culturale che guardava con cattivo occhio le innovazioni tecnologiche. 3.3 La presunta necessità del “limite” all’intervento tecnico sulla vita Chi ricorre a questa impostazione appena vista, è probabile che rifiuti l’analogia tra la Rivoluzione industriale e la Rivoluzione biomedica, dicendo che c’è una differenza netta che le distingue: Il controllo della materia inorganica è lecito, ma invece per la materia organica, cioè la vita umana, è davvero lecito? ↪ “non tutto ciò che è tecnicamente possibile è per ciò stesso eticamente lecito”. Gli interventi fatti sulla vita umana sembrano violare il limite etico, perché sono considerati “contro natura” o che sconvolgono il “progetto divino sulla vita”. Per sostenere l’esigenza di porre dei limiti, chi sostiene una posizione diversa da questa appena descritta, ricorre spesso a teorie più complesse che fanno riferimento alla nozione di persona. Vediamone alcune: 4. Il personalismo relazionale Agli inizi del secolo scorso, la persona e la dignità umana è stata messa al centro dell’attenzione normativa. Personalismo relazionale → teso a rinnovare gli studi di morale, per avvicinarsi alle esigenze umane. Due tendenze hanno spinto in questa direzione: - movimenti generali di carattere filosofico → hanno sottolineato che la persona umana è costituita dalle relazione che la caratterizzano, che possono essere piò o meno positive e autentiche. - il grande processo di secolarizzazione → la fede biblica, in particolare quella cristiana, è fondata su una laicità che non è incompatibile con la secolarizzazione. Questo perché nella Bibbia, Gesù ha abolito ogni forma di separatezza, rendendo tutta la natura, sia organica che inorganica, a servizio dell’uomo. 4.1 Sul personalismo relazionale Il limite principale del personalismo relazione è pretendere di giungere all’essenza della realtà relazionale nonostante si abbandoni la nozione di “natura”,

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