Il viaggio di Odisseo: una metafora? PDF
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Questo testo analizza il viaggio di Odisseo, esplorando il suo significato letterario e il suo simbolismo, con una particolare attenzione alla rappresentazione del viaggio come metafora dell'esperienza di crescita umana e della conoscenza del dolore. Il testo approfondisce l'analisi della figura di Odisseo e dell'Odissea stessa, contestualizzandola nel contesto della letteratura greca antica.
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# Il viaggio di Odisseo: una metafora? L'Odissea è il racconto di un viaggio, quello di Odisseo (Ulisse per i Latini), re di Itaca, che al termine della guerra di Troia riprende finalmente le vie del mare per tornare in patria: dunque un viaggio di ritorno (in greco *nòstos*); e i *nostoi*, i «rito...
# Il viaggio di Odisseo: una metafora? L'Odissea è il racconto di un viaggio, quello di Odisseo (Ulisse per i Latini), re di Itaca, che al termine della guerra di Troia riprende finalmente le vie del mare per tornare in patria: dunque un viaggio di ritorno (in greco *nòstos*); e i *nostoi*, i «ritorni», erano un tema tradizionale caro agli aedi. Ma, nel racconto che ne fece il poeta che chiamiamo Omero, il ritorno di Odisseo, il solo sopravvissuto dei compagni che si erano imbarcati con lui, è un ritorno veramente speciale. Attraversando i secoli, infatti, esso non è stato solo oggetto di inestinguibile e più che meritata ammirazione: secondo un'interpretazione così nota da non richiedere molte spiegazioni, questo viaggio è stato inteso come metafora dell'esperienza attraverso cui l'eroe matura, impara a conoscere il dolore e grazie a esso si trasforma. In questa interpretazione, Itaca, la piccola amatissima isola, è l'obiettivo che consente, a prezzo di fatiche e sofferenze infinite, di riappropriarsi della propria individualità, prendendo coscienza della condizione umana; e il luogo in cui il viaggiatore decide di accettare i limiti della sua natura, affermando l'autonomia della propria coscienza e la propria libertà di determinarsi. # Itaca e il viaggio sono reali Per noi, tuttavia, Itaca e il viaggio per raggiungerla non sono una metafora. Itaca è, infatti, anche un luogo reale, una piccola comunità greca che si sta dando le strutture fondamentali di quella che verrà chiamata un'organizzazione politica. Una città con i suoi abitanti, le sue case, il suo porto, le sue navi, con il suo re, con la sua piazza (l'agorà) dove si riunisce l'assemblea del popolo. Il prototipo, insomma, di una comunità che si appresta a diventare una *polis*, l'organizzazione politica di cui Atene resterà il modello insuperato, o quanto meno più conosciuto, di cui Itaca presenta già chiaramente in embrione gli elementi caratterizzanti. # Avventure per educare gli ascoltatori In questo libro, insomma, noi consideriamo l'Odissea non tanto come un "romanzo di formazione", ma piuttosto come racconto di una serie di avventure (ovviamente fantastiche) che servono all'aedo a svolgere il compito che, come sappiamo, gli spetta nelle società orali, vale a dire l'edificazione dei suoi ascoltatori. Proponendo alcuni personaggi all'ammirazione degli uditori, e altri al loro disprezzo, il poeta insegna loro come devono comportarsi, se vogliono godere della stima altrui, e quali comportamenti evitare per non essere disprezzati, e di conseguenza emarginati. Anche le avventure più incredibili servono al poeta per educare il pubblico: come vedremo meglio a suo tempo, persino quella con il Ciclope, il mostro monocolo e carnivoro, o quella con le Sirene, metà donne e metà uccelli dalla voce incantevole e letale. ## Le vicissitudini dopo il ritorno a Itaca Ma qui, come introduzione al poema, vale la pena ricordare qualcosa, sul viaggio di Odisseo, che spesso si dimentica: le sue avventure non finiscono con il ritorno a Itaca. A dircelo è Odisseo stesso, nell'Odissea. Tornato finalmente alla sua isola, dopo aver ucciso i pretendenti della moglie e punito chi lo aveva tradito (il capraio Melanzio, le dodici ancelle infedeli), l'eroe si appresta a godere con la moglie del «sonno soave», da lui più che meritato e da Penelope tanto lungamente atteso. Ma, prima di concederselo, avverte la moglie che a Itaca egli resterà solo per qualche tempo: infatti nella sua discesa agli Inferi (descritta nel libro XI del poema) l'indovino Tiresia gli ha predetto che le sue prove non termineranno con il ritorno in patria. Penelope, donna modello, si guarda bene dal recriminare: io sarò sempre qui ad attenderti, dice al marito, nel letto che sarà sempre pronto per te, ogni volta che «lo vorrai nel cuore». Ma una domanda, una sola, Penelope vuole farla: quale sarà la meta del prossimo viaggio? E Odisseo racconta la profezia di Tiresia, secondo la quale egli dovrà navigare sino a giungere presso <genti che non conoscono il mare, non mangiano cibi conditi con sale, non sanno le navi dalle guance di minio, né i maneggevoli remi che son ali alle navi» (Odissea, libro XXIII, vv. 269-272). Insomma, un'altra "odissea" attende Odisseo: sui dettagli della quale, peraltro, vi sono non poche incertezze. Nella profezia di Tiresia, egli viaggerà, portando un remo sulla spalla, fino a quando un altro viandante gli dirà che egli regge sulla spalla un ventilabro (una pala di legno usata dai contadini per separare il grano dalla pula: uno strumento agricolo, dunque, che solo chi non conosce la navigazione può scambiare per un remo). In altre parole, sino a che non giungerà presso gente che non conosce la navigazione. Solo allora, dopo aver piantato in terra il remo e aver offerto un sacrificio a Poseidone, Odisseo potrà finalmente tornare a casa, e restarvi sino a quando «morte dal mare» gli verrà, molto dolce, cogliendolo «vinto da serena vecchiazza» e circondato da «popoli beati» (Odissea, libro XXIII, vv. 274-284). # Di nuovo, le interpretazioni sono molte. Secondo quella forse più scontata, il viaggio di Odisseo (così lo intende, accanto a molti filologi di professione, anche Giovanni Pascoli (Il sonno di Odisseo e L'ultimo viaggio, in Poemi Conviviali): dieci anni sono passati dal momento del ritorno in patria (dieci è ovviamente numero topico nella storia di Odisseo: dieci anni sotto le mura di Troia; dieci in mare, sulla via del ritorno; dieci a Itaca, prima di reimbarcarsi). L'eroe, vecchio e canuto, non trova più ragioni per vivere. Gli anni trascorsi a Itaca, senza motivazioni e senza obiettivi, hanno trasformato la sua vita in un'anticamera della morte. Sinché, un giorno, quasi ridestandosi da un lungo sonno - senza svegliare Penelope che dorme - Odisseo si reca sulla riva del mare, dove da dieci anni, appunto, lo attendono i vecchi compagni, e riprende il suo viaggio a ritroso, quasi alla ricerca del suo passato: per capire meglio se stesso, forse, e le ragioni delle sue scelte. # Il contenuto dell'opera L'Odissea è un poema epico in esametri, suddiviso in 24 canti. Come l'Iliade deriva il suo nome dalla città in cui si svolgono i fatti di guerra in essa narrati, così l'Odissea prende il nome dal suo protagonista, Odisseo, re di Itaca celebre per la sua astuzia e per la sua straordinaria intelligenza. Partito da Troia dopo che la città era stata espugnata e distrutta grazie all'inganno del cavallo, Odisseo era stato costretto a vagare in mare per dieci anni, prima di poter finalmente approdare in patria. Proprio il racconto dei viaggi e delle avventure rocambolesche dell'eroe costituisce l'argomento dell'Odissea; essa si inserisce, come si è detto, nel filone narrativo dei *nostoi*, in greco «ritorni», che comprende diversi poemi relativi proprio alla narrazione del travagliato ritorno in patria degli eroi greci che avevano partecipato alla spedizione contro Troia. Tra questi poemi, l'Odissea è il più celebre e il più riuscito, tanto da poter essere considerato come il primo romanzo (benché in versi) della storia occidentale. Proprio come accade nell'Iliade – che non parla dell'intera guerra di Troia ma soltanto di un circoscritto episodio di essa –, anche l'Odissea, lungi dal seguire anno per anno le peregrinazioni del protagonista, si concentra sul suo ultimo naufragio e sul suo rientro a Itaca (l'azione complessiva copre circa 40 giorni): qui, egli dovrà affrontare i proci, ossia i pretendenti alla mano di sua moglie Penelope, i quali, credendolo ormai morto, hanno dissipato le sue ricchezze e hanno tentato, invano, di insidiare il suo trono. # La struttura L'Odissea può essere suddivisa in due sezioni raccolte attorno a due aree tematiche. Nella prima sezione, che occupa i primi 12 canti, si raccontano – per buona parte in flashback – i viaggi e i ripetuti naufragi di Odisseo; questa sezione include anche la cosiddetta Telemachia, formata dai primi 4 canti, in cui sono narrate le avventure del figlio di Odisseo, Telemaco, partito da Itaca per raccogliere notizie di suo padre. La seconda sezione, che comprende gli ultimi 12 canti, è invece relativa alle vicende di Odisseo dopo il suo ritorno in patria. ## Il concilio degli dèi Il poema si apre con un concilio degli dèi, i quali, approfittando dell'assenza di Poseidone – da tempo adirato con Odisseo poiché questi aveva accecato suo figlio Polifemo –, discutono della sorte dell'eroe: da sette anni, infatti, la ninfa Calypso lo trattiene nella sua isola. # Le avventure di Odisseo Il lungo viaggio descritto nell'Odissea è fiabesco, e le terre ove l'eroe giunge non sono tanto luoghi reali ma piuttosto luoghi di fantasia, dell'immaginario collettivo prodotto dai racconti dei marinai che a quei tempi solcavano il mar Mediterraneo: racconti strabilianti, che svelavano i pericoli della navigazione e che riferivano degli incontri con popoli abitatori di terre remote, i cui costumi, molto diversi da quelli greci, erano per questo ritenuti stravaganti. Proprio perché l'Odissea descrive un viaggio fantastico, è impossibile individuarne con precisione le tappe su una carta geografica: la stessa Itaca, il paese di Odisseo, non sembra corrispondere all'isola che noi oggi chiamiamo con il medesimo nome. Nonostante ciò, è sempre stata fortissima nei secoli la tentazione di riuscire in questa impresa, che ha portato all'identificazione dei luoghi omerici con precise isole e località sparse nel Mediterraneo: famosa, per esempio, è la ricostruzione del viaggio di Odisseo fatta da Victor Berard nei primi decenni del Novecento, Ogygia, l'isola di Calipso, corrisponde, secondo molti, a Ceuta, penisola di fronte allo stretto di Gibilterra; Scheria, paese dei Feaci, a Corfù; la terra dei Ciclopi è posta o in Sicilia o sulle coste dell'Italia meridionale, nei pressi di Napoli; il paese di Eolo si trova nelle isole Eolie; Eea, terra di Circe, sul promontorio del Circeo; gli scogli delle Sirene sono localizzati al largo delle coste campane; i mostri Scilla e Cariddi, infine, ai due lati dello stretto di Messina. Nel 1995, tuttavia, Felice Vinci, un ingegnere italiano appassionato di Omero, ha sostenuto che la navigazione di Odisseo non si sia svolta nel Mediterraneo, bensì nel mar Baltico (il suo libro si intitola infatti *Omero nel Baltico*). Questa teoria, del tutto fantasiosa, si basa sul fatto che molti elementi del poema omerico sono incompatibili non solo con la geografia, ma anche con il clima del Mediterraneo: i personaggi soffrono sempre il freddo, durante la navigazione sono disturbati dalla nebbia presente sul mare, e in diverse occasioni, inoltre, si accenna al fatto che la notte dura più del solito e che l'orientamento è impossibile perché non è chiaro dove il sole sorga e dove tramonti. Un chiaro riferimento, sempre secondo Vinci, al sole di mezzanotte, tipico delle regioni polari. # Tra mito e storia Se i viaggi di Odisseo sono fantastici, non è tuttavia fantastica la realtà politica di Itaca, che Omero descrive minuziosamente: l'Odissea fornisce infatti informazioni preziose e puntuali sull'organizzazione del potere al tempo in cui i poemi vennero scritti. Itaca è retta da un re (in greco *basileus*), Odisseo, il cui potere, a causa della sua ventennale assenza, è insidiato da molti aristocratici, i proci, che aspirano alle nozze con Penelope. Già soltanto questi scarsi dati dicono molto: dicono, innanzitutto, che la monarchia di Omero non è ereditaria. Se lo fosse stata, infatti, Telemaco, ancora bambino quando Odisseo era partito per Troia, avrebbe preso il potere, una volta divenuto adulto. Se il potere non viene tramandato da padre a figlio, qual è allora il fondamento della monarchia omerica? La forza, senza dubbio; Telemaco non può divenire re al posto di suo padre, perché – come si ribadisce in molti passi del poema - non è sufficientemente forte. E proprio pensando alla forza si spiega anche perché Odisseo è re di Itaca nonostante suo padre Laerte sia ancora in vita: Laerte, infatti, ha dovuto abdicare proprio perché non era più abbastanza forte per mantenere il potere. Se la forza è il fondamento del potere, è normale che il re debba darne continua prova; ora, la mancata dimostrazione di forza di Odisseo, dovuta alla sua lunga assenza, ha creato un vuoto di potere che i proci tentano di colmare. Ma perché allora questi si accaniscono tanto per sposare Penelope? Si è a lungo pensato che, ai tempi di Omero, per succedere al trono fosse necessario il matrimonio con la vedova del re. Questa ipotesi, però, non sembra corretta; bisogna infatti riflettere sul fatto che, accanto alla forza, esisteva un altro importantissimo fondamento del potere: il consenso popolare. Le nozze con la moglie del re precedente rappresentavano quindi il mezzo per stabilire una continuità tra il vecchio e il nuovo re, e per trasferire sul nuovo capo il consenso che circondava il vecchio. # I personaggi principali ## I personaggi maschili - **Ulisse**: re dei Feaci, abitanti dell'isola di Scheria; accoglie Odisseo con grande ospitalità, grazie a lui e all'aiuto che gli offre, l'eroe può fare finalmente ritorno in patria. - **Eumeo**: il fedele porcaro che offre ospitalità al vecchio mendicante senza riconoscere in lui Odisseo. - **Melanzio**: il capraio di Odisseo, passato, durante l'assenza del suo padrone, al servizio dei proci e quindi oggetto della vendetta di Odisseo.