Economia Aziendale Lezioni PDF

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Queste note di Economia Aziendale, Modulo 1, affrontano concetti come ricchezza, povertà, e le diverse tipologie di aziende. Vengono analizzati gli stock e i flussi, il ruolo della moneta nello scambio e nella misurazione della ricchezza. Si approfondiscono le prospettive degli imprenditori, dei dipendenti, dei clienti, dei fornitori e dello Stato. Il documento riporta esempi e definizioni dal Codice Civile.

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Economia aziendale – MODULO 1 Lezione 1 – 25/09/2024 Che cosa solo le aziende? Sono soggetti costituiti con lo scopo di produrre ricchezza mediante lo svolgimento di una serie di attività svolte in modo continuativo. Ricchezza, povertà e povertà estrema. Stock e flussi Che cos’è la ricchezza? È l’ab...

Economia aziendale – MODULO 1 Lezione 1 – 25/09/2024 Che cosa solo le aziende? Sono soggetti costituiti con lo scopo di produrre ricchezza mediante lo svolgimento di una serie di attività svolte in modo continuativo. Ricchezza, povertà e povertà estrema. Stock e flussi Che cos’è la ricchezza? È l’abbondanza di ciò che è utile per il benessere materiale delle persone misurata in riferimento ad un determinato istante. Che cos’è la povertà? La mancanza di cose utili, a partire dai beni di prima necessità. Povertà e ricchezza sono importanti perché incidono sia sulla vita dell’azienda, ma soprattutto su quella delle persone incidendo su ciò che si può e non si può fare. Che cos’è la povertà estrema? L’incapacità di soddisfare i bisogni di bere, mangiare, coprire e ripararsi in un’abitazione. L’ISTAT definisce la povertà estrema come la scarsità di beni che possa generare forme di esclusione sociale (Banca mondiale: 0 e si chiama UTILE. La variazione positiva derivante dalle operazioni di gestione si chiama utile. Al contrario, (ricavi < costi → reddito < 0) si chiama PERDITA. Per quanto riguarda gli stock sono composti da 2 componenti: attività e passività. L’insieme di queste due si chiama PATRIMONIO. La differenza tra attività e passività si chiama PATRIMONIO NETTO (stock). È la sintesi della ricchezza aziendale misurata in riferimento ad un determinato istante. La variazione della ricchezza per effetto delle operazioni di gestione si chiama REDDITO (flusso) → variazione del patrimonio netto che avviene in un periodo per effetto delle operazioni di gestione. Esempio: PNI = 100 – PNF = 120; R = 20. Il ruolo della moneta nella circolazione e nella misurazione della ricchezza. Gli scambi monetari La moneta ha il primo ruolo fondamentale di permettere di misurare la ricchezza. Il VALORE DI DIRITTO (elemento attivo) è la quantità di moneta per cui quel diritto è stato acquistato da terzi. Il VALORE DI UN OBBLIGO (elemento passivo) che si ritiene sufficiente per estinguere un debito. La moneta favorisce anche lo scambio dei beni e monetari. Gli scambi monetari vedono come corrispettivo la moneta → l’obiettivo dello scambio è il trasferimento del bene. Il corrispettivo è il pagamento di un prezzo tramite moneta. Il pagamento del prezzo può essere IMMEDIATO (spesa) oppure DIFFERITO, in questo caso in capo al soggetto che vende. Quando ha terminato la prestazione e finché non lo paghiamo il soggetto ha un CREDITO DI REGOLAMENTO e noi abbiamo un DEBITO DI REGOLAMENTO. Di regolamento perché sorgono al fine di regolare lo scambio. Se facciamo un mutuo, la prestazione non è un bene ma la disponibilità temporanea di una somma di denaro. Questa prestazione è un PRESTITO. In questo caso la banca ha un CREDITO DI PRESTITO, mentre noi abbiamo un DEBITO DI PRESTITO. La controprestazione è l’INTERESSE. L’interesse è definito in funzione del capitale che la banca ci eroga, in base al tempo di disponibilità dei soldi prestati (durata del prestito). Più tempo ci presta, più alto è l’interesse. Questo si chiama PREMIO PER LA LIQUIDITA’ → l’interesse che cresce al crescere del tempo. L’interesse cresce al crescere della percezione da parte di chi ci presta il denaro del rischio. 6 Lezione 3 – 02/10/2024 La ricchezza viene prodotta da due tipologie di aziende: Aziende a scopo di profitto: suddivisione degli utili tra i soci; Aziende senza scopo di profitto: altro scopo, ma non la suddivisione degli utili. La ricchezza viene prodotta per diverse categorie di persone. Esistono due tipi di soggetti: Persone fisiche; Persone giuridiche → o società. Soggetti costituiti da una pluralità di persone o società che si mettono insieme per compiere attività economiche; Le aziende si differenziano per alcuni aspetti: Dimensione; Attività svolte; Maggiore/minore ricorso alle risorse patrimoniali piuttosto che personali; Qualsiasi sia la dimensione e l’attività svolta dall’azienda essa è il centro di una serie di interessi che fanno capo ad una serie di soggetti che sono differenziati tra loro. 1. L’azienda nella prospettiva degli imprenditori Per l’IMPRENDITORE, in primis, l’azienda è fonte di ricchezza. Maggiore potenzialmente è la ricchezza maggiore è il rischio, quindi un’azienda è anche fonte di rischio per l’imprenditore. L’imprenditore è motivato a fare impresa per la ricchezza e anche il desiderio di incidere sul mondo e sulla società (es. Elon Musk ha come scopo proprio incidere sulla società e sul mondo che lo circonda). Questo ruolo di imprenditore non è causa per tutti di stessi rischi e quantità di stress. È bene tenere distinto il ruolo di socio da quello di imprenditore. Tutti gli imprenditori sono soci dell’impresa, ma non tutti i soci sono imprenditori. I vari ruoli si differenziano per: Quota di capitale posseduta e potere decisionale; Natura delle responsabilità assunte; 2. L’azienda nella prospettiva dei dipendenti Per i DIPENDENTI l’azienda è fonte di stipendio, di reddito: questo è importante perché dalla sua esistenza o meno della sua dimensione dipende l’equilibrio personale. È anche fonte di garanzia e di possibilità di sviluppo professionale, socialità e relazioni. Al fine di rispondere correttamente a queste aspettative, l’azienda deve svolgere bene la sua attività di produzione e di ricchezza: per farlo in modo duraturo nel tempo deve tenere conto di regole e condizioni di mercato. 7 Ci son anche aziende che non sono grado proprio di rispondere a queste esigenze e quindi nemmeno a quelle dei dipendenti: in questo caso l’unica cosa da fare è vederla a terzi per aiutare i dipendenti. 3. L’azienda nella prospettiva dei clienti Per i CLIENTI l’azienda è controparte di un contratto: i clienti acquistano da un’azienda e pagano per ciò che acquistano sulla base di una valutazione di convenienza. L’azienda è controparte di un contratto perché i rapporti sono regolati da un contratto. Tra cliente e fornitore industriale ci si aspetta di creare relazioni strabili e durature nel tempo, di formare alleanze e costruire un rapporto duraturo → i clienti si aspettano di diventare partner di filiera (filiera → segmenti di attività consolidato che vanno da cliente a fornitori). I consumatori (persone fisiche e industriali) sono attenti sempre più anche ad altri aspetti: come il prodotto viene prodotto (sfruttamento…), impatto ambientale dell’azienda sulla società… 4. L’azienda nella prospettiva dei fornitori L’azienda è controparte di un contratto e ci si aspetta di costruire con il cliente delle alleanze in un segmento consolidato (filiera). Ci potrebbero essere problematiche in questo rapporto cliente-fornitore: i FORNITORI sono produttori di beni (si aspettano di essere pagati dall’azienda) ma sono anche soggetti esposti al rischio di trovarsi in condizioni di debolezza. 5. L’azienda nella prospettiva dello Stato Per lo STATO, in primis, l’azienda è contribuente. Le imposte che le aziende in primis producono sono l’IRES e l’IRAP. Queste sono imposte dirette, perché colpiscono direttamente la produzione di ricchezza (di reddito), infatti si chiamano IMPOSTE SUL REDDITO. Le aziende rendono possibile lo svolgimento regolare della vita delle famiglie, degli individui e delle altre aziende. I beni pubblici sono beni in cui lo stato con gravo minore o maggiore controlla più o meno la produzione. In questo caso lo Stato ha maggiore interesse a controllare le aziende produttrici di beni pubblici. Lo Stato controlla anche certi aspetti di aziende che producono beni privati (es. norme sulla Sicurezza, sulla produzione dei beni alimentari, norme sull’edilizia…). Esistono anche una serie di norme che regolano la concorrenza: lo Stato si aspetta e vuole che vengano seguite le norme sulla concorrenza → l’obiettivo è che, se vengono seguite tali norme, la produzione avviene in modo più efficiente. Questi soggetti appena analizzati hanno la caratteristica che i rapporti con i dipendenti sono regolati da contratti e, nel caso dello Stato, da norme. Esistono anche altri soggetti che nei confronti dell’azienda hanno una serie di aspettative: Sindacati; Ambientalisti; Collettività locale Tutti questi soggetti non esercitano pressioni formalizzate, ma un’attività di controllo affinché l’interesse dei soggetti rappresentati sia considerato. Più l’impresa è ampia e più tale impresa ha impatto sulla società. Il problema di chi gestisce l’azienda è gestire gli interessi di tutti gli stakeholder tramite un programma di lavoro a lungo termine unitario. Questo è sostanzialmente il DISEGNO DI SINTESI IMPRENDITORIALE. Non è facile perché tutte le aziende lavorano in condizione di scarsità di risorse. È impensabile di ritenere di soddisfare subito al massimo il livello 8 di soddisfazione di tutti i soggetti. Un altro problema è che il tempo passa e quindi anche gli interessi da parte dei soggetti cambiano, abbiamo quindi un equilibrio dinamico. L’azienda, l’imprenditore e la società secondo la legge Non è possibile gestire né capire cosa l’azienda sia e come funziona senza avere delle nozioni di base di tipo giuridico. Questo mondo delle aziende così come il mondo del bilancio è un mondo molto disciplinato dalle norme giuridiche. C’è sempre una dimensione legale imprescindibile. Il corpus di leggi a cui ci si riferisce primariamente è il CODICE CIVILE. Nel Codice civile l’azienda è intesa come: “L'azienda è il complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.” Codice civile, articolo 2555. Poi il Codice civile definisce l’imprenditore: “E' imprenditore chi esercita professionalmente una attivià' economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.” Codice civile, articolo 2082. Le attività svolte dalle aziende sono differenziate e quindi le norme previste dalla legge hanno delle differenziazioni. Le norme che disciplinano in primis l’attività azienda, però, sono quelle SULLE SOCIETA’, la quale è il soggetto attraverso il quale viene esercitata l’attività economica. Le società si caratterizzano per il fatto che si avvalgono dell’apporti di più persone (i soci) e sono distinte dall’impresa individuale. Contratto di società: “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili.” Codice civile, articolo 2247. Distingue la definizione di aziende a scopo di profitto e quello senza scopo di profitto. Le società sono di due tipi: Società di persone: sono di 3 tipi: o SS: società semplice; o SNC: Società in nome collettivo; o SAS: società in accomandita semplice; Società di capitali: o SRL: Società Responsabilità Limitata o SPA: Società Per Azioni o SAPA: Società in accomandita per azioni; Le norme contenute nel Codice civile regolano 3 aspetti: Autonomia patrimoniale; Struttura catena di comandando e controllo: la struttura che va dalla proprietà ai ruoli minori; Soddisfare certi requisiti minimi di patrimonializzazione e d’informazione a terzi; 1. L’autonomia patrimoniale delle società È l’aspetto che ci consente di distinguere le SOCIETÀ DI PERSONE da quelle DI CAPITALI. Per le ultime si parla di autonomia patrimoniale perfetta, mentre per quelle di persone si fa riferimento a all’autonomia patrimoniale imperfetta. L’AUTONOMIA è la possibilità che la legge dà di separare diritti e obblighi dei soci da quelli delle società. Quando si ha un’AUTONOMIA PATRIMONIALE IMPERFETTA (SOCIETA’ DI PERSONE) delle obbligazioni delle società rispondono i soci → se la società è in dissesto (es. non può pagare i fornitori) ne rispondono i soci con il loro patrimonio personale. I soci sono illimitatamente responsabili. Le SOCIETA’ DI CAPITALI, invece, hanno l’AUTONOMIA PATRIMONIALE PERFETTA (o responsabilità limitata) ovvero che esiste una serie di leggi che consentono di separare diritti e obblighi della società da diritti e obblighi dei soci; quindi, i soci rispondono solo limitatamente alla quota di capitale posseduta e non rispondono delle obbligazioni sociali con il loro patrimonio personale. Dal 1993 esistono anche SOCIETÀ DI CAPITALI UNIPERSONALI, ovvero a socio unico. SRL e SPA hanno un forte beneficio, ovvero la limitazione della responsabilità. Fino agli anni ’90 l’ordinamento sembrava premiare l’attività in comune. Questo era un limite all’iniziativa imprenditoriale perché, se devo a mettere a rischio il mio patrimonio facevo dell’altro. Dal 1993 si diede il permesso a soggetti unici di dare beneficio della responsabilità limitata. 2. La catena di comando e controllo 9 Si intende parlare di quella cosa che si chiama CORPORATE GOVERNANCE → quali sono le strutture di governo di una società che l’ordinamento prevede e tra le quali le società possono scegliere. Quale sia la struttura che dal proprietario fino alla base della piramide. La catena di comando deve essere formalizzata e strutturata → più aumenta la complessità più il tema della governance diventa centrale. Avere delle strutture che consentono ad azionisti e proprietari di gestire un’azienda permette di essere sicuri del fine per il quale è stata fondata l’azienda. Come deve essere strutturata la catena di controllo in Italia? Ci sono 3 modi in cui la corporate governance può essere strutturata: SISTEMA TRADIZIONALE: Assemblea dei soci → Consiglio di amministrazione → amministratore delegato → consiglio sindacale → società di revisione. o Assemblea dei soci: assemblea dei proprietari che ha diversi compiti: ▪ Approvare il bilancio: è il documento il base al quale chi lo legge capisce come sta andando l’azienda. ▪ Nominare gli amministratori (membri Consiglio di amministrazione) → il CdA può essere formato da più persone. In alcuni casi, società piccole, può esserci solo un amministratore. Al CDA spetta quella che è la gestione dell’impresa. Il CdA spetta la gestione dell’impresa: elaborare piani strategici dell’azienda, prendere decisioni più importanti (acquisizioni…), valuta se l’assetto della società è adeguata rispetto alla natura delle attività. ▪ Nomina i soggetti del collegio sindacale: è un organo composto da 3 o 5 membri che ha compiti di vigilanza. È una sorta di primo livello di controllo dell’operato degli amministratori con l’obiettivo di vigilare sull’azione degli amministratori perché essi agiscano nell’interesse dei soci e secondo lo statuto → atto in cui sono contenute le norme che regolano la vita delle società. I soggetti che fanno parte di questo collegio devono avere certi requisiti, in primis di dipendenza, e devono avere requisiti di professionalità. ▪ Nomina il revisore o società di revisione: ha il compito di controllo contabile e certificazione del bilancio. Di tutti questi soggetti determina anche il compenso. 10 Lezione 4 – 04/10/2024 Abbiamo altri due sistemi di governance previsti dal Codice civile: SISTEMA DUALE/DUALISTICO: prevede sempre l’assemblea dei soci che nomina il consiglio di sorveglianza, composto da almeno 3 membri di cui almeno 1 iscritti nel registro dei revisori legali tenuto al MEF. Il consiglio di sorveglianza ha i compiti di vigilanza che nel modello tradizionali sono attribuiti al collegio sindacale e ha anche compiti di gestione, ovvero parte dei compiti che nel modello tradizionale sono svolti dall’assemblea; come approvare il bilancio o nominare il consiglio di gestione, a cui è attribuita la gestione dell’impresa. Non abbiamo in questo caso il CdA. SISTEMA MONISTICO: più simile al modello tradizionale. Abbiamo sempre l’assemblea dei soci. Non può mai esserci un amministratore unico ma ci deve essere un consiglio di amministrazione. Non c’è il collegio sindacale perché il CdA nomina il comitato sul controllo della gestione che nel modello tradizionale sono attribuiti al collegio sindacale. In questi due sistemi ci deve essere sempre una società di revisione o un revisore. Ci deve essere sempre un controllo di tipo contabile e sul bilancio. In Italia il modello più utilizzato è quello tradizionale. A livello internazionale non è così perché il collegio sindacale è un soggetto “italiano” e il modello più usato è quello monistico. Quello duale è utilizzato molto in Germania e Francia. A volte, i soci di una società sono altre società e non persone fisiche. La catena di comando e controllo dà luogo a quelle che possiamo chiamare “scatole cinesi”, per effetto delle quali un soggetto con una partecipazione minoritaria nel capitale di una società esercita il cosiddetto controllo indiretto. Es. Telecom è controllata dalla famiglia Tronchetti che, però, ha l’1% del capitale di Telecom. Questo è possibile proprio mediante questo sistema. In Italia, l’ordinamento giuridico non ha ancora messo nulla per mettere argine a questa governance societaria. Schema attori in gioco Le aziende operano all’interno di un sistema di governance allargata. Ci sono controlli a presidio degli interessi dei vari soggetti che hanno aspettative e interessi nell’impresa. Ci sono molti altri organi: Organi di polizia e ispettorato: Guardia di Finanza, ASL; Autorità di vigilanza: CONSOB; Autorità di regolamentazione dei mercati: Borsa italiana; Autorità di settore/intersettoriali: per l’energia, gas, comunicazione, privacy; (…) 11 Ovviamente, più l’azienda è grande, complessa e quotata, più i controlli si ampliano e sono puntuali. Perché più l’azienda è complessa e quotata, più il fallimento, sui soggetti coinvolti e sulla società, è ampio. 3. Requisiti di patrimonializzazione e di informazione Sono diretta conseguenza dell’autonomia patrimoniale. Se la società non rispetta questi requisiti non può avvalersi dell’autonomia patrimoniale. I requisiti sono: REQUISITI DI PATRIMONIALIZZAZIONE: per le SPA bisogna avere minimo un capitale di 50.000€. È una soglia che deve essere sempre rispettata fin da quando l’azienda si fonda, che per tutta la sua vita. Per le altre società a responsabilità limitata, il capitale minimo è 10.000€. REQUISITI DI INFORMAZIONE: oltre che approvare il bilancio bisogna anche pubblicarlo. I terzi hanno diritto di sapere come la società va. Questi due requisiti devono essere sempre rispettati sempre in funzione dell’autonomia patrimoniale. Non dappertutto è così; infatti, in alcuni Paesi solo le società quotate in borsa devono pubblicare il bilancio. Case Study: Il Caso Parmalat È il più grave caso di crack finanziario avvenuto nel contesto italiano. Parmalat viene fondata da Callisto Tanzi vicino a Parma negli anni ’60. L’idea imprenditoriale (molto innovativa) è quella di vendere latte in contenitori a perdere (Tetrapak). All’epoca, infatti, il latte veniva venduto in contenitori di vetro. Non esisteva neanche il latte a lunga conservazione e quindi aveva un mercato molto locale. La tecnologia THT permetteva di conservare il latte e questo permise a Parmalat di vendere latte su territorio nazionale. Il tetrapak, però, era molto più costoso del vetro. Quindi, la sfida più difficile fu convincere gli italiani a comprare latte a lunga conservazione. Questa sfida fu ampiamente superata, infatti, negli anni ’80 inizia una diversificazione correlata, quindi prodotti a lunga conservazione anche in altri settori. Nel 1986, però, il disastro di Cernobyl e questo ebbe un fortissimo impatto negativo sui mercati, soprattutto alimentari e quindi la produzione fu limitata. La Parmalat si trovò di fronte a 2 strade: fermarsi oppure creare e trovare nuovi sbocchi, nuovi prodotti e anche nuovi mercati esteri (internazionalizzazione). Negli anni ’90 avviene la quotazione in borsa e inizia il piano di internazionalizzazione. Le aziende che vogliono internazionalizzarsi hanno 2 modi: il primo è far arrivare i prodotti in un magazzino estero senza aprire succursali; l’altro è aprire una succursale all’estero ma, ovviamente, devo costruire stabilimenti, capire il mercato, assumere dipendenti… Questo è molto complicato; perciò, spesso si cerca di acquisire aziende che operano già in quei contesti non avendo quindi problemi, perché già operano in quel mercato. Quest’ultima cosa avviene per Parmalat tramite acquisizioni in Sud America, Nord America, Australia e Sudafrica. La quotazione in borsa, invece, proprio perché per acquisire aziende o ho della liquidità, oppure devo indebitarmi. Uno dei modi di raccogliere nuovo capitale è quello di allargare la base azionaria, quindi raccogliere nuovo capitale tramite l’ingresso di nuovi azionisti. Parmalat si quota proprio per allargare la base di capitale per favorire la sua strategia di internazionalizzazione. In poco più di 10 anni Parmalat cresce molto: dal 1990 al 2002 passa da 569 mln di euro a 7 mld e mezzo, con 129 impianti e 36.000 dipendenti. 12 Una grande idea imprenditoriale e il successo iniziale, l’espansione È la progressione in mln di € di due voci. La liquidità di Parmalat e l’indebitamento. Nel 2001, però, gli analisti iniziano a notare qualcosa di strano → è normale che le aziende mettano debito spesso mettendo dei prestiti obbligazionali. Quando Parmalat emette un prestito obbligazionario e cerca di vendere obbligazione si sta indebitando chiedendo a banche o altri dei soldi. Quello che gli analisti iniziano a trovare strano è che Parmalat continui ad emettere prestiti obbligazionari (aumento sempre di più di debito) pur avendo 3 mld di liquidità (perché non finanziarsi con una tale liquidità?). La crescita, infatti, rallenta e non tutti i business/paesi danno buoni risultati. A febbraio 2003 iniziano ad esserci delle tensioni in borsa perché Parmalat annuncia un altro prestito di 300 mln e il titolo fa il -9%. Questo crollo convinse Parmalat a ritirare il prestito. Il 30 settembre 2003, CONSOB chiede dei chiarimenti sui bond (obbligazioni) in scadenza nel 2004 perché iniziano ad esserci dei dubbi che il debito potesse essere risanato. Parmalat risponde che avrebbero pagato i debiti tramite la vendita di quote di un fondo con sede alle Cayman chiamato Epicurum. La vendita di tali quote avrebbe prodotto circa 150 mln. A novembre 2003 continuano i rumors sull’impossibilità di ripagare il debito. Viene convocata l’assemblea e viene fatto un aumento di capitale di 500 mln di euro. Le società quotate, oltre al bilancio che deve essere fatto una volta all’anno almeno, devono fare anche la relazione semestrale pubblica (bilancio dei primi 6 mesi dell’anno). La situazione del 30 giugno 2003 era: Debiti verso le banche: 5,3 mld; Disponibilità liquidità: 3.95 mld; Indebitamento finanziario netto: 1.8 mld. Quindi un indebitamento accettabile per una società di tali dimensioni. L’8 dicembre Parmalat è costretta a dilazionare il rimborso di un prestito obbligazionario da 150 mln. Il 9 dicembre viene ammesso il momento difficile e Standard & Poor’s e declassa Parmalat a junk bonds (titoli spazzatura). Il 15 dicembre Tanzi si dimette ed Enrico Bondi diventa AD di Parmalat. Questo fatto ridiede vita al titolo in borsa, che si iniziò a rialzare. Ovviamente Bondi per risanare la situazione faceva affidamento su quel tesoretto di 3.95 mld detenuto da Bank of America. Il problema è che il 19 dicembre Bank of America disconosce l’esistenza di questo controcorrente (non esisteva il CC da 3.95 mld). Bondi, a questo punto, per non far fallire l’azienda richiese l’ammissione della procedura di amministrazione straordinaria. Per le grandi aziende in crisi, il legislatore prevede questa procedura per non farle fallire. La Parmalat entra in amministrazione straordinaria il 23 dicembre e il 27 dicembre viene dichiarata insolvente. Bondi aveva assunto come consulente un’altra azienda per avere una relazione professionale sulla reale situazione del gruppo e questa evidenzia una situazione molto differente: mancano 1.3 mld di fatturato su 5.3 mld: il 20% sono ricavi fittizi, vendite mai avvenute. L’indebitamento non è di 1.8 mld, ma bensì di 14.3 mld; quindi, mancano 12.5 mld. Quelli che ci andarono di mezzo furono i piccoli azionisti, piccoli investitori che videro cadere il valore del proprio investimento del 70%. Bondi si rese conto che tutto ciò fu un enorme crack di natura finanziaria. Dal punto di vista operativo funzionava, ma ci fu una fraudolenta gestione finanziaria. Bondi dopo un anno e mezzo riuscì a risanare la situazione e poi la Parmalat fu venduta ai francesi. 13 La struttura societaria Negli anni ’90 si scoprì che esisteva, oltre alla Parmalat dichiarata nei documenti, una “Parmalat parallela” nella quale vennero concentrare tutte queste operazioni fittizie (la falsificazione dei conti): la Bonlat. In tutto ciò, Parmalat usava un sistema di governance tradizionale, ma essendo società quotata era soggetta alla revisione di una società di revisione, che era Grant Torton. Dal 1999 il livello di falsificazione dei conti viene raffinato, perché esiste una regola che dice che ogni 9 anni la società di revisione deve cambiare, perché deve rimanere indipendente. La società diventa Deloitte & Touche e diventa revisore principale del gruppo perché Parmalat era un insieme di società. Grant Torton, però, rimane come revisore di tutte le entità del gruppo off shore. Ovviamente, Grant Torton non poteva non essersi accorta di tutte le operazioni fittizie e quindi per coprire tutte le false certificazioni dei 9 anni precedenti ha questa idea: concentrare tutte queste operazioni fittizie (cessione crediti falsi…) ad una sovrasocietà, ovvero la Bonlat. Una delle più clamorose fittizie è la vendita di latte in polvere a Cuba per 359 mln di dollari. Per attestare la regolare esecuzione delle operazioni e le disponibilità finanziarie della Bonlat, la Parmalat creò un conto corrente bancario fittizio presso la sede di New York della Bank of America con un importo di 3,95 miliardi di euro (risultato poi un documento falso creato negli uffici di Collecchio). Utili effettivi & utili dichiarati La quotazione del 1990 è avvenuta mediante un sistema di scatole cinesi in cui tutto il capitale che veniva era di azienda che facevano parte dell’azienda Tanzi, quindi l’allargamento non ci fu effettivamente. Le emissioni obbligazionali → perché una società piena di liquidità continuava a emettere obbligazioni. Un fallimento della governance? Assolutamente sì! Il sistema di controlli interni (CdA, Collegio sindacale) ed esterni (Società di revisione, CONSOB e Banca d’Italia) non sollevarono mai sospetti: Grant Torton: revisore di Parmalat dal 1990 al 1998. Dal 1999 (quando l’incarico è stato conferito alla Deloitte & Touche per ottemperare all’obbligo di rotazione previsto dall’art. 156 del Tuf) continuò a certificare i bilanci delle società off-shore (e.g. Bonlat). In Italia venne espulsa da Grant Torton international. 14 Deloitte & Touche: Dal 1999 il revisore principale del gruppo Parmalat, non ha mai sollevato problemi circa la situazione finanziaria di Parmalat (Cardia, 2004). Ma il gruppo si avvaleva anche di altre società di revisione per il controllo di altre società controllate (il 30% dei ricavi provenivano da società controllate soggette al controllo contabile di altri revisori). Anche lei non solleva alcun problema. Vero è che il revisore principale si avvaleva del lavoro degli altri revisori del gruppo. La GT era sempre dentro alla compagnia e anche di una buona fetta delle società e soprattutto dove c’erano le operazioni più gravi. CONSOB: deputata al controllo sia delle società con azioni quotate in Borsa, sia degli intermediari finanziari sia delle società di revisione contabile. Va considerato che tale autorità svolge il proprio compito in parte affidandosi alle risultanze dei controlli effettuati da altri. Nonostante ciò, avrebbe potuto richiedere un’ispezione, andando a controllare i documenti. Probabilmente gli avrebbero mostrato documenti falsi. Nonostante ciò, la CONSOB si affida ai documenti di altri soggetti (D&T e GT) che dicevano che andava tutto bene. Banca d’Italia: la struttura del prestito obbligazionale non aveva nulla di strano. La Banca centrale ha a disposizione la centrale rischi, una banca dati che censisce l’indebitamento della clientela. Il problema è che la centrale rischi censisce l’indebitamento solo dei “debitori” nazionali (debiti Parmalat in Italia: 3.1 mld) Bondi afferma che senza la collaborazione degli istituti di credito la Parmalat non sarebbe potuta sopravvivere così a lungo. Quando successe il crack le banche non avevano alcun titolo Parmalat nei loro patrimoni, collocandoli ai propri risparmiatori. Quindi qualche sentore che quella situazione non fosse rosea c’era. Ovviamente ci andarono di mezzo tutti. Anche le altre società quotate non riuscirono a collocare le proprie obbligazioni per anni. Quindi ci furono conseguenze anche per le altre aziende. Gli obiettivi e le attività dell’azienda L’obiettivo dell’azienda è produrre ricchezza, ma non vuol dire atteggiamento spregiudicato dell’azionista maggioritario che agisce in base ai suoi interessi. Il vizio di ciò è la LOGICA DI BREVE PERIODO, la quale NON consente che l’azienda assolva il suo obiettivo di produrre ricchezza che dura nel tempo. Spesso è polarizzata sugli interessi di breve periodo degli azionisti. Le aziende sono in grado di durare nel tempo producendo ricchezza con una LOGICA DI LUNGO PERIODO, la quale richiede che è orientata a soddisfare tutti gli interlocutori aziendali, sia con diverso ordine di priorità. Il lungo periodo è intuitivamente la differenza che passa dal portare a termine un singolo affare e condurre un’azienda → oltre alla compravendita ci sono anche altri obiettivi, come costruirsi un’immagine di successo, fidelizzarsi i clienti. Si prendono quindi decisioni in base non solo alle conseguenze immediate, ma anche quelle future. Le due logiche sono distinte dal fatto che la decisione che viene presa la facciamo in base alle conseguenze che ricaviamo per quella del breve periodo sul momento, mentre quella a lungo periodo pensiamo anche alle conseguenze che si hanno successivamente. L’obiettivo della produzione di ricchezza è un obiettivo economico-finanziario. Ha anche come obiettivo il benessere dei propri dipendenti, della località. L’obiettivo prioritario è la prodizione di ricchezza perché, sempre osservando la realtà, tutte le aziende che producono ricchezza in un’ottica di lungo periodo, riesce a soddisfare anche le esigenze di tutti gli altri soggetti i cui interessi ruotano intorno all’azienda. Se un’azienda produce ricchezza in un’ottica di lungo periodo, arriva a 5 obiettivi (5 soddisfazioni): Degli azionisti; Dei clienti; Dei dipendenti; Dei fornitori Della società; Il discorso è sempre capire se si riescono a far coincidere tutti gli interessi di questi soggetti. C’è ovviamente un ordine di priorità di questi soggetti in merito alla produzione di ricchezza. È impossibile far ricevere a tutti il grado massimo di soddisfazione. Dal rapporto dei soggetti con l’azienda scaturisce un’esposizione al rischio diversa ed è proprio in basse a tale esposizione che la legge, e noi, facciamo una scelta sulla priorità: Cliente: rischio basso. Il rapporto tra azienda e cliente è tutelato da un contratto. Se una cosa non va bene posso restituire il prodotto, chiedere uno sconto… 15 Dipendenti: in caso in cui le cose vanno male e l’azienda fallisca e quindi non ha pagato gli stipendi, i crediti che i dipendenti hanno sono privilegiati (es. prima di pagare i fornitori, pago i dipendenti). Se perdono il posto di lavoro ci sono una serie di fattispecie (cassa integrazione, NASPI…). Se invece non ci sono problemi ma il dipendente non si trova bene può andarsene liberamente. Fornitori: se un fornitore è molto esposto nei confronti di un cliente è possibile che, se il cliente vada male anche io fornitore rischio, ma io fornitore devo pensare che non devo concentrare il mio rischio commerciale su un unico cliente. Consumatore: c’è sicuramente impatto, ma se non ha un rapporto diretto si può cercare un’alternativa. Azionisti: hanno con l’azienda un RAPPORTO ALEATORIO → quindi un rapporto di rischio. 16 Lezione 5 – 09/10/2024 I rischi degli azionisti sono 2: Se acquisto azioni io mi sottopongo al rischio di perdere il capitale che ho investito perché il valore di un’azione rischia di azzerarsi; Agli azionisti spetta solo il risultato residuale → un’azienda con la vendita dei suoi servizi ottiene dei ricavi. Con questi ricavi deve remunerare i fattori produttivi (dipendenti, fornitori…), con i quali ha prodotto i servizi grazie ai quali ha ottenuto ricavi. Quindi → dai ricavi si devono sottrarre: o Costo del lavoro (dipendenti); o Costo dei fornitori; o Imposte sul reddito → IRAP, IRES; o Altri costi. Quello che rimane dai ricavi si chiama risultato residuale, che chiamiamo REDDITO. Può essere di 2 tipi: o Utile; o Perdita; Gli azionisti sono esposti molto al rischio (aleatorio) perché godono del risultato residuale dopo che l’azienda ha remunerato tutti gli altri. Gli azionisti sono gli unici che si prendono il rischio di perdere tutto se le cose vanno male e sono gli unici ad essere remunerati con il risultato residuale. Dalla maggiore esposizione al rischio, però, la legge riconosce deriva la diversa attribuzione di potere di governo. Gli azionisti sono coloro che ne hanno di più perché sono quelli che si espongono di più. Ovviamente un azionista che detiene più azioni avrà più potere degli altri che ne hanno meno. Il risultato residuale dipende dalle decisioni prese, quindi se il Soggetto A prende la decisione e il Soggetto B si prende carico della decisione può succedere che il Soggetto A può fare i suoi interessi; quindi, la legge dice che coloro si fanno carico dei risultati residuali sono anche coloro che prendono queste decisioni. Questo diritti doveri si chiamano diritti di proprietà → diritto dovere di governare / diritto dovere di farsi carico dei risultati residuali. Gli obiettivi economico finanziari nella prospettiva di lungo periodo I presupposti della continuità aziendale (di durare nel tempo), alcune volte vengono meno. Esempio: se si va verso un mondo “plastic free”, un’azienda che produce solo prodotti in plastica cosa può fare? La cosa migliore da fare è meglio cessare prima che dopo. Perché la realtà aziendale ci dice che gli obiettivi di tutti sono più tutelati se l’azione di cessazione è più tempestiva possibile. In alcuni casi, come nel mercato dell’auto negli ultimi anni, per far sì che ci sia continuità aziendale è necessario modificare la dimensione aziendale. Quando abbiamo un cambiamento tecnologico molto veloce si cerca di andare verso una dimensione sempre pi grande per avere risorse finalizzate al cambiamento tecnologico. In altri settori si cerca anche di essere più grandi per raggiungere anche il mercato globale. Esempio: settore del lusso → non è un’esigenza di natura tecnologica, ma di mercato. Quello, però, che è necessario fare è sempre chiedersi cosa è meglio per l’attività dell’azienda perché tramite questo vengino remunerati tutti gli stakeholder coinvolti. Come scegliere le priorità da dare non è scritto nessuno e sono le aziende a scegliere. Solitamente gli azionisti sono prima di tutti. Alcune aziende scelgono differenti modalità di soddisfazione degli obiettivi degli azionisti. Google Inc. ha assicurato un rendimento per gli azionisti molto superiore rispetto al rendimento medio del mercato (3.210% rispetto a 462% in 18 anni). Nello stesso tempo ha raggiunto il 92% del mercato globale e un livello di soddisfazione molto alto dei dipendenti. Parallelamente, Apple, invece, non è mai entrata come top azienda per il livello di soddisfazione dei propri dipendenti (Steve Jobs venne accusato di trascurare le condizioni di lavoro dei dipendenti), ma ha assicurato agli azionisti un rendimento molto maggiore rispetto a quello di Google. Se l’azienda deve soddisfare certe categorie di obiettivi, il come modulare la soddisfazione è una libera scelta di chi l’azienda amministra. 17 I limiti alla razionalità delle decisioni Si sente spesso che le aziende vogliono MASSIMIZZARE I PROFITTI. Ma le aziende non puntano a ciò né nel breve né nel lungo periodo, perché la teoria economica che studia il comportamento dell’impresa ci dice che l’imprenditore che vuole massimizzare il profitto dovrebbe comportarsi in maniera perfettamente razionale. A Herbert Simon venne dato il Nobel all’economia perché sviluppò il concetto di RAZIONALITA’ LIMITATA → Nelle decisioni aziendali, è stato dimostrato che il soggetto che decide interrompe la valutazione delle alternative quando si trova costretto a far fronte a limiti di tempo e di risorse. Quindi la RAZIONALITA’ LIMITATA costringe il decisore a puntare su obiettivi soddisfacenti. Gli obiettivi non economici. Iniziativa individuale e interventi legislativi. Negli ultimi anni l’attenzione verso obiettivi non economici è in crescendo perché si è notato che questo va a beneficio degli stessi azionisti. Sono stati fatti alcuni interventi normativi sia nazionali che internazionali. Case Study – L’esperienza di Volkswagen Nel 2011/12 VW ha assicurato ai suoi azionisti un rendimento del 113%, molto superiore al rendimento medio del mercato azionario, pari al 27%. Nello stesso periodo VW era spesso citata dai sindacati come azienda attenta ai dipendenti e veniva criticata FIAT. Nel periodo considerato VW impiegava 500.000 dipendenti e produceva utili per oltre 40 mld di euro vendendo le sue vetture. VW aveva distribuito ai suoi dipendenti compensi aggiuntivi rispetto alle retribuzioni ordinarie per circa 1.8 mld di euro. Quindi: si una quantità di ricchezza prodotta pari a 41.8 mld → 1.8 mld ai dipendenti – 40 mld agli azionisti. Come hanno fatto gli azionisti a far si che l’azienda nel tempo andasse avanti producendo ricchezza e contemporaneamente mettendo in primo piano gli interessi dei dipendenti e dei clienti? Grazie alle decisioni prese dal CdA. Il compenso del top management era stato molto alto, soprattutto per effetto dei premi sui risultati che in parte significativa erano ancorati ai risultati di lungo termine. Gli azionisti hanno deciso di strutturare il compenso di chi prende decisioni per loro conto ancorandolo ad una serie di parametri non solo i risultati economico-finanziari anche la soddisfazione dei dipendenti, dei clienti e delle vendite. Ciò per dare un incentivo di agire anche negli interessi di chi lo delega. Tutti erano contenti perché: i clienti compravano, gli azionisti portavano a casa ricchezza, i dipendenti perché venivano “trattati bene” (in tutti i termini). Questo è un caso di contemperamento, soddisfazione di interessi dando priorità agli azionisti. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Quest’immagine ci mostra il valore del fatturato nel 2001 e 2011 e dell’EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) → è il risultato economico calcolato prima degli interessi, delle imposte e degli ammortamenti relativi ai beni materiali (Depreciation) e immateriali (Amortization. Viene usato per valutare l’andamento di un’azienda perché ci dice la capacità di un’azienda di produrre utili mediante la sua attività caratteristica (attività per la quale è nata l’azienda). 18 Nel 2001 la Guzzini ha ricavi che sono praticamente il doppio della Brunello Cucinelli con l’EBITDA che è praticamente il quadruplo. Nel 2011, invece, i ricavi di Brunello Cucinelli sono poco più del quadruplo di Guzzini. EBITDA di Guzzini è negativa, mentre l’altra è 33.574. Cosa può essere successo? Semplicemente un’azienda ha migliorato continuamente le proprie attività, mentre l’altra le ha peggiorate fino a diventare insolvente. Tutto ciò si è riflesso nei valori delle due società tant’è che dopo 10 anni un’azienda valeva milioni di euro, l’altra era fallita a causa di una cattiva gestione delle attività aziendali. L’impatto delle attività aziendali Il valore dell’azione Natuzzi in borsa nel 1999 era di 120 dollari. A marzo 2020 era di 51 centesimi. Questi valori non sono soggettivi, ma valori oggetti. Natuzzi passa da 123 dollari a 51 centesimi considerando il valore azienda nel suo complesso da 1.35 mld di dollari a 5.6 mln di dollari perdendo circa il 99% del suo valore in 20 anni per effetto della gestione delle attività aziendali. L’articolazione delle attività Abbiamo 2 tipologie attività: ATTIVITA’ CORRENTI: direttamente collegate ai risultati di oggi; ATTIVITA’ DI SET-UP: finalizzate al rinnovamento delle attività corrente e, come tali, non hanno impatti sui risultati di oggi, ma sono all’origine dei risultati di domani. Una volta che le attività di set-up sono state attuate (giuste o sbagliate) i risultati nel breve periodo sono scarsamente reversibili. Se abbiamo sbagliato qualcosa in caso di set-up correre ai ripari nel breve periodo è molto difficile. Quando il posizionamento è sbagliato non valgono a nulla le attività correnti, ci saranno comunque delle conseguenze negative. Lavoro e risorse patrimoniali. La specializzazione Le attività per essere svolte hanno bisogno di risorse, in primis il lavoro e le risorse patrimoniali. Queste due risorse, solitamente, convivono e vengono impiegate nello svolgimento delle attività. Questa relazione tra risorse e attività non è statica: se le attività sono svolte tramite le risorse (lavoro e risorse patrimoniali), il fatto di svolgere determinate attività migliora il lavoro e quindi sviluppa risorse. Il successo delle attività dipende sostanzialmente dalla capacità dell’azienda di rende e ideare attività che abbiano 2 caratteristiche: UNICHE rispetto alle attività dei concorrenti; COERENTI con le esigenze della clientela e coerenti con le altre attività svolte dall’azienda. Queste dipendono dalla qualità del lavoro e dalla disponibilità delle risorse patrimoniali. Nell’impiego di lavoro e risorse patrimoniali la nostra società è sempre più andata verso la divisione del lavoro e la specializzazione. I profili che si cercano sono sempre più specializzati. Un beneficio della specializzazione è che si diventa sempre più esperti → questo porta sui risultati aziendali un aumento dell’efficienza. L’EFFICIENZA O PRODUTTIVITA’ la misuriamo in questo modo: Risultato che ottengo (output) / Unità di fattore produttivo che ho dovuto impiegare (input) Anche un Paese può “specializzarsi” e questo dipende soprattutto dalle risorse di un paese e dalle caratteristiche delle attitudini delle persone. Comunque sia, tutte le scelte che si fanno e che comportano specializzazione in merito a lavoro e risorse patrimoniali sono scelte multi-obiettivo. Non solo più efficienza delle fasi produttive: Qualità della produzione; Tutela dell’immagine nei confronti del “cliente consumatore” e del “cliente industriale”; Il miglioramento dell’efficienza delle singole fasi produttive; Contenimento dei costi 19 Raggiungimento soddisfazioni dei lavoratori fi vario livello; Il ruolo delle attività nella definizione della strategia Il come rendere le proprie attività uniche e coerenti ha a che fare con quella che chiamiamo STRATEGIA → strada scelta dall’azienda per rendere uniche rispetto a quelle dei concorrenti e coerenti le proprie attività. Sono le linee guida che mi permettono di gestire nel tempo le mie attività. La strategia aziendale può essere definita anche in riferimento al/ai business in cui l’azienda opera. Il BUSINESS è una parte delle attività aziendali identificate da una clientela di riferimento, da presupposti di unicità e di coerenza e da risultati aziendali relativamente autonomi (es. Business per la Barilla → Pasta, sughi). Nelle grandi aziende i business possono essere anche ulteriori aziende, ma non sempre è così. Il ruolo delle attività nella definizione della strategia Come fanno le aziende a rendere uniche le loro attività? Creando un prodotto unico → In alcuni casi il vantaggio è che il consumatore è disposto a pagare di più perché il tuo prodotto è unico (es. maglietta Armani). Dall’altra parte, alcuni fanno prezzi più bassi rispetto alla concorrenza per attirare i consumatori (es. Ryanair). L’unicità non è una condizione sufficiente, ma necessaria perché, se non è coerente con le esigenze della clientela l’azienda va male. Tutto ciò ha a che fare con la strategia Le aziende nel definire le attività cercando di farle uniche e coerente hanno sempre, però, un aspetto che vincola le attività aziendali che sono le regole che le aziende devono rispettare. Quali sono queste regole? Le LEGGI DELLO STATO alle quali le aziende devono solo adattarsi (sul lavoro, sulle risorse naturali, sulla concorrenza…); I CONTRATTI che costituiscono un vincolo perché anche se non hanno forza di legge definiscono cosa la parte e la controparte possono e non possono fare (con i clienti, con i fornitori, con i collaboratori…); Le REGOLE INTERNE (per il rispetto della qualità, dell’ambiente, per il rispetto dei principi etici…). Il concetto è che nello svolgimento delle attività le aziende sono soggette ad una serie di vincoli che arrivano da una serie di fonti che costituiscono una limitazione. 20 Lezione 6 – 11/10/2024 Le ATTIVITA’ si possono articolare in attività correnti e di set-up. Le prime sono orientate direttamente alla produzione di ricchezza, le seconde sono orientate al rinnovamento delle attività. Con POSIZIONAMENTO STRATEGICO intendiamo l’insieme delle attività correnti di oggi che determinano i risultati di oggi. Il RINNAOVAMENTO STRATEGICO, invece, è l’insieme delle attività di set up volte a rinnovare le attività correnti e che, come tali, determinano il posizionamento strategico di domani. La prima attività di set up è la scelta di costituire un’azienda, poi la scelta giuridica (SPA, SRL…). Dopo la costituzione, le attività di set up si hanno tutte le volte quando un’attività non ha come obiettivo la produzione di risultati immediati. In aggiunta a queste due attività ci sono le attività di direzione che comprendono altre tipologie di attività organizzazione e controllo e sono mirate a far sì che le attività correnti di set up si svolgano in maniera coordinata ed efficiente. Natura e articolazione delle attività correnti Le attività correnti si svolgono in maniera ripetitiva e preordinata, secondo schemi pre-definiti. È evidente che la definizione di schemi e procedure attraverso cui svolgere queste attività correnti determina la possibilità di ottenere attività correnti di qualità. Le attività corrente in quasi tutte le aziende si articolano in 3 categorie: ATTIVITA’ DI ACQUISTO: la prima variabile da tenere in considerazione è il prezzo di acquisto. Questo dipende dalla forza contrattuale dal rapporto tra le due aziende e quindi dal venditore e compratore che gestiscono la trattativa. Ma guardiamo anche alla qualità, il servizio post vendita, le garanzie, i termini di pagamento, le condizioni di resa del prodotto, i termini di consegna. Il prezzo di acquisto e le altre condizioni sono frutto di certe variabili → valore, quantità e impatto sui conti del compratore, le alternative, costi e rischi associati ad altri fornitori, le relazioni che ci sono tra chi acquista e chi vende, la percezione di equità del prezzo. Sono tutti elementi da valutare in un processo di acquisto. Tutte le attività di acquisto devono essere valutate in alternativa alla produzione interna (Make or buy). Questa scelta viene fatta in base a cosa? Viene effettuato un calcolo di convenienza economica e di tempo che permette di capire se è meglio acquistare dall’esterno o produrre internamente. Tutto questo processo razionale di acquisto deve essere calato in una prospettiva di lungo periodo. I criteri di scelta devono essere volti a cercare di realizzare il risultato migliore in una prospettiva di lungo periodo. Non ha senso “spremere” i fornitori perché i prezzi si alzerebbero. PRODUZIONE: Ci sono aziende commerciali che non producono, le quali comprano beni ad un prezzo e rivendendoli ad un prezzo superiore, riuscendo a coprire i prezzi di trasporto. Ma perché produrre allora? Le aziende che intraprendono un’attività nuova o diversa lo fanno per motivi di convenienza economica. Quindi se io produco, probabilmente, penso di ottenere un guadagno maggiore rispetto a comprare da un fornitore. 21 L’attività di produzione altera le variabili in gioco e dà la possibilità di rendere il prodotto più unico rispetto alla concorrenza e dunque un margine di guadagno superiore. La produzione è vantaggiosa perché consente in maniera più semplice, piuttosto alla compravendita, di rendere ciò che si produce “unico” e ottenere quindi vantaggi economici. Perché l’attività di produzione rende più unico? Il “NO AUT PRODUTTIVO” è la conoscenza unica che hanno le persone che operano in quell’azienda e consente di avere un determinato tipo di prodotto eccellente. Questo è difficilmente osservabile da fuori. Lo svantaggio delle attività produttive potrebbe essere, pensando alle attività correnti e di set-up, soprattutto il fatto che i costi sono maggiori perché ci devono essere spazi adeguati, attrezzature adeguate e persone specializzate. Le attività di set-up legate a quelle produttive sono più costose e più rischiose perché la produzione potrebbe venire interrotta. Le attività produttive, però, non contribuiscono sempre all’unicità → l’attività produttiva non contribuisce all’unicità di un prodotto quanto la definiscono quelle di progettazione e di marketing (es. Apple). Le attività di produzione si distinguono in 2 modi: o SU COMMESSA: la vendita avviene prima della produzione. Non produco il prodotto se non sono sicuro di venderlo. La produzione è differenziata (il prodotto viene fatto in base alle specifiche date dall’acquirente). Rispettare i tempi di consegna è fondamentale e solitamente sono molto alti (solitamente anni). o SU PROGRAMMA: viene avviata la produzione prima che ci sia l’impegno. La produzione è standardizzata e la parte critica è il valore dell’invenduto. Alcune aziende producono sia su commessa sia su programma (es. pasticcerie). L’attività di produzione comporta alcuni obblighi per le aziende per far si che agiscano in un determinato modo: garanzia sicurezza lavorati, rispetto delle norme per la tutela dell’ambiente, garanzia della qualità del prodotto ottenuto, rispetto procedure previste per la lavorazione. Le attività produttive costituiscono all’unicità aziendale per far distinguere l’azienda dalle concorrenti attraverso alcuni elementi: qualità del prodotto, efficienza del processo produttivo (output / input), velocità e flessibilità della produzione, affidabilità del processo produttivo. VENDITE E MARKETING: sono le attività le più importanti perché sono quelle attraverso cui le aziende ottengono i ricavi. Se un investitore valuta di comprare un’azienda la prima cosa che guarda sono le vendite (primo rigo del bilancio). Le variabili che incidono sull’attività di vendita sono le stesse che abbiamo visto per l’acquisto dalla prospettiva di chi vende. Quindi, chi acquista cerca di far scendere il prezzo, mentre chi vende cerca di tenerlo il più alto possibile. Nello scambio tra le aziende il prezzo suddivide il valore complessivamente creato dall’operazione di compravendita. Il prezzo equo lascia alle due parti la percezione di equità nella suddivisione del valore complessivamente creato dall’operazione. Esempio: Ferrero – Esselunga → Ferrero per produrre la Nutella deve sopportare una serie di costi. Ipotizziamo che il costo globale per la produzione di 100 barattoli di Nutella spende 50. Li vende a Esselunga che li vende e ricava a 100. Quindi il valore generato dall’operazione è 100-50 = 50. Ma quanto ci guadagna Ferrero (il produttore)? Abbiamo 3 ipotesi che possiamo vedere nella foto qua sopra. Il prezzo equo non esiste veramente, perché è quello che lascia ad entrambe le parti la percezione di equità nella suddivisione del valore creato. Per il consumatore il PREZZO EQUO è quando gli lascia una percezione di equità in rapporto alle attività svolte dall’impresa. 22 Nelle attività di vendita sono importanti 2 variabili: LIFE TIME VALUE: è il valore del risultato economico che il cliente può permettersi di ottenere in tutta la relazione commerciale. COLLEGAMENTI TRA LE DIVERSE ATTIVITÀ DI VENDITA: vendendo dei prodotti sottocosto penso di attirare consumatori guadagnandoci dalla vendita di tutti i prodotti che non sono sottocosto. Penano di guadagnarci, quindi, attraverso altre attività di vendita. Legate alla vendita si parla sempre di attività di marketing. È fondato sulle 4 P: Prodotto; Prezzo; Placement; Promozione. Consiste nella definizione coerente delle politiche legate a queste 4 P. Da come sono svolte queste attività dipendono i risultati economici e di ricchezza che l’azienda ottiene. Le aziende che basano la loro strategia su quelle che sono le preferenze del mercato e del cliente sono quelle che vengono definite MARKETING ORIENTED. Al contrario, quelle PRODUCTION ORIENTED il prodotto è quello che è al centro. Le VENDITE ONLINE negli ultimi anni sono cresciute in maniera esponenziale e possono essere B2B (business to business) o B2C (business to consumer) e possono essere o di beni o di servizi. Le vendite online consentono di ridurre i costi nel tempo, anche se inizialmente ci deve essere un investimento in qualche genere di piattaforma informatica per creare il luogo dove è possibile attuare e promuovere le vendite online. Dal punto di vista della concorrenza un problema potrebbe essere che queste vendite online passano per poche piattaforme. L’Antitrust cerca di evitare che ci siano abusi legati alle concentrazioni eccessive che si possono generare in un certo mercato. L’aspetto positivo per i consumatori è sicuramente il fatto che il mercato è molto più trasparente (posso confrontare per un articolo più prezzi di più fornitori) riuscendo così di poter aver una visione più chiara del rapporto qualità/prezzo. Le regole che condizionano le attività correnti Le attività di set-up Le ATTIVITA’ DI SET-UP nel momento in cui sono realizzate non danno che un contributo negativo ai risultati aziendali, aumentando i costi sostenuti e il valore del capitale investito con il quale dovrà essere confrontato il risultato raggiunto. Quando vengono fatte io non posso sapere, ma solo prevedere, il risultato futuro. Quando le compio, però, so che hanno un impatto negativo sui risultati aziendali di oggi. Esempio: nell’automobilistica se voglio lanciare un nuovo modello avrò bisogno di diversi costi: Costo di sviluppo, cura del progetto, costo per l’acquisto di impianti… Il punto è, però, che esistono costi (come quelli dell’AD) sono costi per l’impresa del periodo chiamati COSTI DI ESERCIZIO → riduce i ricavi di quel periodo che vado a sottrarre ai ricavi e che 23 determinano il risultato economico, quindi il reddito. Essendo costi se aumentano il reddito si riduce. Esistono dei costi, come quelli dei progettisti, chiamati COSTI DI SVILUPPO che dipendono dalle attività di set-up ma che non produrranno benefici solo nel periodo che sto trattando ma per il periodo in cui io produrrò e venderò il mio prodotto. Questi prezzi di sviluppo sono considerati alla stregua di elementi patrimoniali; quindi, sono elementi attivi del patrimonio che aiuteranno la produzione di ricchezza futura per un numero di anni maggiore di 1. Sono quindi pluriennali. A differenza del costo dell’AD non esaurisce la sua utilità in un determinato periodo di tempo ma è un costo pluriennale che aiuterà a produrre benefici economici per un periodo di più anni. Il costo del progettista viene visto come costo di impianto. Il valore delle attività nel patrimonio costituisce quello che si chiama CAPITALE INVESTITO (valore delle risorse patrimoniali che dobbiamo investire per ottenere un certo risultato) e chi dice quante risorse devo investire per produrre quella ricchezza che io produco in quell’anno. Esempio: Il nostro Reddito (Ricavi – Costi) = 100. Il capitale investito è 1000 senza attività di set up. Mettendoli a confronto (Capitale / Reddito) ottengo la REDDITIVITA’, quindi quanto mi hanno reso in utili le risorse che ho investito. La redditività è calcolata output (risultato raggiunto) / input (capitale investito). Nelle decisioni degli investitori se acquisire o meno un’azienda o un’azione la redditività è importante. Impatto delle attività di set-up: Il nostro utile è sempre 100. MA: ho acquisito un impianto che vale 100 e ho costi di sviluppo per 150. Quindi il mio capitale investito è 1000 + 150 +100 → 1250. In questo caso la nuova redditività è 100 / 1250 = 8%. È quindi diminuita. Questo vuol dire che questa attività di set up ha impattato negativamente perché aumentano i costi sostenuti e il valore di capitale investito per arrivare ai risultati riducendo la redditività. Quindi: i costi se sono di esercizio riducono direttamente il risultato del periodo; se sono costi pluriennali, invece, riducono la redditività perché aumentano il valore del capitale investito. In poche parole: i costi di servizio abbassano il reddito in quel periodo, mentre i costi di sviluppo fanno scendere la redditività. Articolazione delle attività di set-up Si possono articolare in base a 2 criteri: IN BASE ALL’OGGETTO → l’attività che si intende iniziare o rinnovare: o Attività FINALIZZATE A DEFINIRE IL DISEGNO GENERALE DELLE ATTIVITÀ CORRENTI: disegno generale delle attività aziendali; o Attività FINALIZZATE A RINNOVARE SINGOLE ATTIVITÀ RICORRENTI. Esempio: voglio lanciare un prodotto negli Stati Uniti…cosa fare? o Definizione del target; o Bisogno da soddisfare; o Definizione del prodotto; o Acquisto linea produzione; o Apertura di una filiale; o Progettazione campagna pubblicitaria. In BASE ALL’OPPORTUNITÀ DI RIPETIZIONE → se si ripetono frequentemente o no. Si distinguono le attività destinate a: o Verificarsi una volta sola: l’azienda la compro una volta sola, l’azienda la liquido una volta sola; o Ripetersi ciclicamente: definire il piano strategico; o Ripetersi iterativamente: dopo un tot di tempo vedo come vanno le filiali estere. 24 Caratteristiche delle attività di set-up: Sono scarsamente visibili: il progettista che progetta l’automobile non lo vediamo. Questo essere non visibile porta a sottovalutarle. Sono scarsamente reversibili: una volta definite le attività correnti a cui danno luogo non si può più tornare indietro e i costi di set-up saranno molto alti per rimediare; Finiscono per essere realizzate dalle stesse persone che hanno già la responsabilità delle vendite attuali: o Vantaggio: l’avere esperienza nel campo può portare a idee di rinnovamento. o Svantaggio: proprio perché si ha esperienza può portare a sottovalutare le necessità di innovazione; Altre volte, grandi insuccessi (o grandi fallimenti) nascono da grandi successi, che portano a sottovalutare i segnali di cambiamento. Esempi: Ford, dopo il lancio del modello T, il veicolo che – a distanza di oltre cento anni – conserva il record assoluto di vendite in un solo anno (più di due milioni di unità). Sull’onda dei propri successi, Ford non fu in grado di percepire che il consumatore cercava ormai vetture più complesse e differenziate, bisogno puntualmente capito e soddisfatto dal suo concorrente storico, General Motors. In tempi più recenti, un’esperienza analoga ha stroncato il cammino di Nokia. Abituata al successo ottenuto con i cellulari tradizionali, non ha colto la natura del cambiamento che avrebbe portato all’affermazione degli smartphone Apple, che aveva originariamente concepito l’iPhone per difendere il proprio iPod dalla concorrenza dei telefoni cellulari capaci di riprodurre la musica, capì tra le prime l’esigenza del cliente e fu in grado di soddisfarla, pur partendo da una posizione di svantaggio (come era già successo con iTunes, ai danni di Sony). Se in alcuni casi la padronanza delle attività correnti permette di sviluppare meglio le attività di set up che le rinnovano, in altri casi, il successo delle attività correnti finisce per accecare i leader. Alcuni ricercatori che hanno studiato i più grandi fallimenti dei leader delle aziende statunitensi hanno assimilato la sindrome del successo all’“accecamento” descritto nella tragedia greca Le regole che condizionano le attività di set-up Anche le attività di set up, come le attività correnti, sono disciplinate da una serie di regole. Anzi, si potrebbe affermare che per le attività di set up valgano tutte le regole vigenti per le attività correnti, più una serie di regole ulteriori, sintetizzate di seguito. 25 Lezione 7 – 16/10/2024 L’articolazione delle attività per business Le attività correnti si distinguono in attività di acquisto, produzione e di vendita. ARTICOLAZIONE PER OGGETTO → insieme di attività accomunato non dalla natura delle attività, ma dalla destinazione allo stesso oggetto. Quando queste attività aggregate per destinazione danno origine a sistemi e attività autonome in grado di produrre risultati significativi, si generano i business. Nella vita delle aziende esistono i business, ma poi per esigenze del contenimento dei costi, esistono attività che, anche se l’azienda e multi business, sono comuni a più business (controllo interno, contabilità…). La gestione tipica In quali aree di attività si articola la gestione? Primo ramo di gestione è quella TIPICA O CARATTERISTICA → insieme delle attività dedicate ai singoli business e delle diverse attività comuni ai diversi business. Ovvero, l’insieme delle attività che caratterizzano l’azienda e la distingue dalle altre aziende. Nella gestione tipica abbiamo diverse cose: Per le aziende manifatturiere abbiamo attività di acquisto (materie prime, servizi, impianti…), produzione, attività di vendita e marketing, attività di ricerca e sviluppo → sviluppare nuovi prodotti. Abbiamo anche attività di logistica, che riguardano la movimentazione e trasporto dei beni che vengono immagazzinati. Per le imprese commerciali sono le stesse tranne quelle di produzione. L’azienda produce ricchezza tramite le operazioni di gestione. Quali sono i valori economici che sorgono dalla gestione tipica? Tutte queste operazioni di gestione tipica impattano sulla ricchezza dell’azienda perché da esse sorgono costi e ricavi che chiamiamo componenti positivi di reddito o negativi di redditi (proventi/ricavi o oneri). I RICAVI sono il valore di ciò che l’azienda ha prodotto e venduto in un tempo indipendentemente dal fatto che abbia già incassato dai clienti. I COSTI sono i valori dei fattori produttivi consumati in un tempo per produrre quei ricavi indipendentemente dal fatto che il pagamento del fornitore sia avvenuto o meno. Costi e ricavi, prima o poi, generano incassi e pagamenti, ma dobbiamo tenere distinte queste dimensioni. Costi e ricavi e incassi e pagamenti, nonostante si influenzino sempre, sono due dimensioni molto diverse. 26 La gestione tipica è attiva o passiva? Ovviamente ATTIVA. Se produciamo utili nella gestione caratteristica oggi possiamo prevedere ciò che succederà domani? Una gestione sana, nel breve periodo successivo, ci fa ben sperare perché vuol dire che l’attività dell’impresa funziona. La gestione patrimoniale Le ATTIVITA’ PATRIMONIALI hanno come obiettivo la gestione delle eccedenze di liquidità che sono generato prevalentemente (ma non solo) dal ciclo finanziari (ovvero dal ciclo di incassi e pagamenti) o della gestione tipica. Può capitare nella vita di aziende (tipo Apple) che l’azienda abbia molta più liquidità (cash) di quella che le serve per la gestione tipica (es. pagare i fornitori). Le attività patrimoni hanno 2 origini: Un’azienda per come è strutturato il suo business incassa dai clienti prima di pagare i fornitori. In quel momento, passa un tot di tempo durante il quale l’azienda ha liquidità che non le serve per la sua gestione tipica. I risultati economici passati sono molto elevati e rinuncia all’investimento delle eccedenze liquide; rinuncia a distribuire tali eccedenze agli azionisti. Ma cosa ne posso fare? Posso investirla per avere sovra-redditi rispetto ai redditi della gestione caratteristica. Sono l’attività di investimento delle risorse monetarie eccedenti protempore le necessità della gestione caratteristica. Lo scopo è ottenere sovra-redditi rispetto a quelli della gestione caratteristica. Quali sono i valori economici generati dalle attività di gestione patrimoniale? Comprando azioni: con l’attesa di ottenere in dividendi, quando le azioni vengono vendute ad un valore superiore rispetto a quando ho comprato l’azione; Posso investire nel mercato immobiliare: investo in immobili per l’affitto, spero di vendere l’immobile ad un valore superiore; Obbligazioni: quando le compro io presto dei soldi ad una società o allo Stato e chiedo in cambio gli interessi. È una gestione, ovviamente, ATTIVA. Ma ovviamente può avere dei costi e dei rischi perché, quando investo in azioni mi prendo il rischio che quell’investimento vada male. La gestione finanziaria Ha l’obiettivo la copertura a condizioni convenienti del fabbisogno finanziario, che è generato prevalentemente dal ciclo finanziario della gestione tipica. Il fabbisogno finanziario è il fabbisogno di mezzi monetari necessari per avviare l’azienda e sostenerne lo sviluppo. In sostanza mi trovo nella situazione opposta a quella descritta prima. Ho bisogno di liquidità che non ho. Quindi sono nella situazione di avere un fabbisogno finanziario per svolgere le mie attività. Questo si crea per vari motivi: Cico di incassi e pagamenti della gestione tipica: prima devo pagare i fornitori e poi incasserò dai clienti (es. la Ferrero paga prima i fornitori di nocciole. Il mio processo produttivo è più lungo e quindi io so che incasserò dai clienti solo dopo aver pagato i fornitori). Le risorse le prendo presso le banche, che erogano alle imprese prestiti di breve termine per pagare i fornitori. Altre circostanze; Quindi: le origini sono 2: La gestione tipica prevede che gli incassi ottenuti dai clienti avvengano dopo i pagamenti dovuti ai fornitori; I risultati economici passati negativi; investimenti passati superiori ai risultati economici; eredità di debiti pregresso di varia origine. La gestione tributaria La gestione finanziaria, ovviamente, è tipicamente PASSIVA perché produce oneri. Esiste un quarto ramo di gestione, ovvero le attività di gestione TRIBUTARIA che hanno come obiettivo la determinazione delle imposte sul reddito e assimilate e l’adozione delle soluzioni consentite dalla legge al fine di assicurare, ove possibili, la riduzione e il differimento del carico fiscale. Sono gli oneri che l’azienda deve allo stato sottoforma di imposte. Il mondo fiscale e tributario è molto complesso e diversificato. Le regole tributarie sono diverse 27 da paese a paese. Questo fa sorgere problematiche fiscali e tributarie alquanto complesse da risolvere e spesso anche la decisione di investire in un paese dipende anche dagli effetti fiscali dell’investimento che si vuole fare. Il CdA o chi prende le decisioni viene valutato sulla base del risultato della GESTIONE, quindi il REDDITO (variazione del patrimonio netto in un determinato tempo che è frutto delle decisioni dell’organo decisionale). La gestione: Esempi RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE: risultato delle gestioni sul quale vado a calcolare le imposte sul reddito. Le imposte sono gli oneri della gestione tributaria. Il risultato netto è il nostro reddito che ci dice come è variata la ricchezza per effetto delle nostre operazioni di gestione. Le attività estranee alla gestione La ricchezza (patrimonio netto) varia per le attività di gestione ma anche per effetto di operazioni estranee alla gestione ovvero quelle che la società intrattiene che hanno controparte i soci → aumenti di capitale (i soci versano liquidità o conferiscono beni all’azienda → il patrimonio netto aumenta non per effetto delle operazioni di gestione, ma perché i soci hanno conferito un immobile o versato liquidità) , distribuzione di dividendi (l’azienda decide di distribuire parte di un utile ai soci). Assibilabile alla distribuzione di dividendi c’è anche l’acquisto di azioni proprie, ovvero la società che si compra delle proprie azioni dai soci; quindi, l’azienda compra azioni proprie e versa ai soci della liquidità. La gestione corrente e la gestione non corrente Per capire pienamente la gestione l’articolazione in rami di gestione (tipica, patrimoniale, finanziaria e tributaria) va incrociata con la distinzione tra gestione corrente e non corrente che è trasversale a quella in rami di gestione e che porta ad uno schema di lettura delle attività aziendali di questo tipo: GESTIONE CORRENTE: operazioni ripetitive di acquisto produzione e vendita e, in generale, da tutte le operazioni che sono di competenza di un solo esercizio. Sono le operazioni che iniziano e si concludono in un determinato periodo di tempo. GESTIONE NON CORRENTE: operazioni che iniziano e non finiscono in un determinato periodo di tempo. Sono operazioni di competenza di più esercizi e contiene, oltre alle attività i set- up, le attività di disinvestimento. Per capire il reddito che ha prodotto la mia azienda dobbiamo saper leggere i risultati della gestione corrente e quelli della gestione non corrente. Gli investitori, in primis, guardano i risultati della GESTIONE TIPICA CORRENTE perché ci dice qualcosa sul futuro perché vuol dire che la mia attività caratteristica contribuisce alla creazione di ricchezza. Se il risultato positivo arriva dall’attività tipica non corrente risulta da benefici sfruttabili da un’azienda solo una volta (one shot). 28 La gestione tipica delle aziende di credito (banche) A differenza di quanto osservato sopra, la raccolta e l’impiego delle risorse finanziarie rappresentano la gestione tipica. I problemi più significativi sono: Raccolta del risparmio → si basa sul presupposto che le aziende di credito non siano destinate al default, ovvero sulla fiducia nei confronti del sistema bancario. Impiego del risparmio raccolto in erogazioni di prestiti → si basa sulla selezione della clientela in base all’affidabilità. Uno degli indicatori di performance principale delle banche è legato al contenimento dei “crediti di sofferenza”. La gestione tipica delle aziende di assicurazione L’attività tipica è la copertura dei rischi particolar ovvero i rischi diversi dal rischio d’impresa, ovvero il rischio a cui sono soggetti gli imprenditori e gli azionisti. Ovvero che l’attività vada male e di perdere tutto non è assicurabile. Ma rischi particolari si (incendio, furto…). COPERTURA DEL RISCHIO significa che noi trasferiamo il rischio che avvenga un determinato evento da noi all’azienda di assicurazione, che prevede il pagamento di un premio, ovvero il prezzo che l’assicurazione richiede per assumersi quel rischio. La copertura del rischio comporta: Componente di reddito certo (premio); Componente di reddito negativo incerto (liquidazione del sinistro); La copertura del rischio presuppone che l’azienda di assicurazione possa coprire molti rischi diversi, in modo tale da compensare il costo dei sinistri con i premi ottenuti da clienti che non hanno chiesto la liquidazione del danno. Il ciclo finanziario positivo (i premi sono pagati in anticipo) dà origine alla gestione patrimoniale → l’attività di gestione patrimoniale produce risultati che possono essere comunque ricondotti alla gestione tipica. 29 Lezione 8 – 18/10/2024 I risultati aziendali I risultati aziendali sono importanti perché sono il primo punto di cui deve rendere conto chi gestisce l’azienda. Le variabili in gioco e le principali relazioni di interdipendenza I principali risultati economico finanziari sono riconducibili a 4 categorie: Variabili stock → STATO PATRIMONIALE: è rappresentato da una serie di quantità di stock sintetizzate nel patrimonio netto, differenza tra attivo e passivo. contiene una serie di variabili stock che misurano elementi attivi e passivi del patrimonio e il patrimonio netto (elementi attivi – elementi passivi). L’obiettivo è misurare la ricchezza dell’azienda con riferimento ad un determinato istante di tempo. È una foto della ricchezza di un’azienda misurato con riferimento ad un certo istante. Variabili flusso → CONTO ECONOMICO: misurano la ricchezza prodotta e distrutta in un determinato periodo di tempo per effetto delle operazioni di gestione. Il conto economico riporta una serie di valori, le variabili di flusso, e ci dice quanto la ricchezza è variata nell’arco di tempo per effetto delle operazioni. FLUSSI DI CASSA → mostrano in un altro documento chiamato RENDICONTO FINANZIARIO le variazioni di una particolare misurazione della ricchezza, ovvero la liquidità. Riporta la consistenza della liquidità e le variazioni della liquidità avvenute in un determinato periodo di tempo. VALORE DELL’AZIENDA → solitamente contenuto nei REPORT DI VALUTAZIONE I primi 3 documenti sono obbligatori, mentre l’ultimo non lo è. Ovviamente questi documenti sono tutti legati da relazioni di interdipendenza. STATO PATRIMONIALE → i valori qua contenuti, sebbene siano espressi usando la moneta al centesimo di euro, non sono totalmente oggettivi. In questi documenti ci sono valori determinati in base a specifiche regole contabili. PATRIMONIO NETTO = ATTIVO – PASSIVO. Quindi ATTIVO = PASSIVO – PATRIMONIO NETTO. Le quantità stock dello stato patrimoniale sono la base per il calcolo del risultato di esercizio e le risorse espresse nello stato patrimoniale sono utilizzate nelle attività che danno origine all’esercizio. Nello stesso tempo, le attività riassunte nel conto economico di esercizio contribuiscono alla formazione delle quantità stock dello stato patrimoniale. Il risultato di esercizio concorre a determinare la variazione del patrimonio netto. Le altre attività di esercizio (come gli acquisti e le vendite) contribuiscono alla formazione degli altri elementi attivi e passivi dello stato patrimoniale. STATO PATRIMONIALE → ESEMPI DI ATTIVITA’: Crediti verso clienti → sono crediti di regolamento che vanto perché ho venduto al cliente e lui non mi 600 ha ancora pagato. Immobilizzazioni di proprietà materiali (nette) → sono gli investimenti di cui abbiamo parlato come impianti, materiali, fabbricati, terreni… Sono beni a utilità ripetuta e rappresentano beni di proprietà 500 dell’azienda che aiuteranno la produzione di ricchezza per un periodo superiore ad un anno. 30 Immobilizzazioni di proprietà immateriali (nette) → sono gli investimenti di cui abbiamo parlato come i software. Sono beni a utilità ripetuta e rappresentano beni di proprietà dell’azienda che aiuteranno la 20 produzione di ricchezza per un periodo superiore ad un anno. Rimanenze finali → sono beni che io ho acquistato ma non ho ancora venduto, come materie prime 100 che non ho ancora utilizzato. Possiamo chiamarlo anche il “magazzino”. Partecipazioni → quote di capitale di rischio detenute in altre imprese. Possono essere destinate a permanere durevolmente nel patrimonio aziendale (partecipazioni immobilizzate, immobilizzazioni 0 finanziarie) oppure no (gestione patrimoniale). Risconti attivi della gestione caratteristica → quote di costi di competenza dell’esercizio successivo, ma riscossi anticipatamente (es. risconti attivi su fitti passivi, risconti attivi su premi assicurativi). Si tratta di costi che si pongono a cavallo di due esercizi. Per il principio di competenza occorre scinderli attribuendo 2 a ciascun esercizio la quota di pertinenza. Attività perché rappresentano un diritto vantato nei confronti es. del proprietario dell’immobile o dell’assicuratore. Cassa e conti correnti attivi → liquidità disponibile 7 Titoli obbligazionari e titoli di stato → sono le due forme più semplici di gestione patrimoniale. Il valore 30 al 31/12 è dato dal valore al 1/1 incrementato di tutti gli acquisti e diminuito di tutte le vendite. Ratei attivi della gestione patrimoniale → quote di ricavi di competenza dell’esercizio ma che verranno 1 riscossi posticipatamente (nell’esercizio successivo). Es. interessi attivi della gestione patrimoniale. Simile ad un credito. 1260 Sono voci comuni a tutte le aziende. STATO PATRIMONIALE → ESEMPI DI PASSIVITA’ Debiti verso fornitori → sono debiti di regolamento. L’azienda perché ha acquistato beni e non li ha 350 ancora pagati ha dei debiti. Ha un obbligo verso il fornitore. Conti correnti passivi; 55 Mutui bancari → debiti di prestito; 200 Ratei passivi della gestione finanziaria → Ratei passivi: quote di costi di competenza dell’esercizio, ma che verranno pagati posticipatamente (nell’esercizio successivo). Es. Interessi passivi maturati ma non 4 ancora liquidati. Simili ad un debito. Debiti verso l’erario → imposte non pagate, quindi debiti verso lo Stato.

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