Lezione 5 - Apparato Respiratorio PDF
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This document discusses interstitial lung diseases, including their classification, prognosis, and various treatment options. It covers idiopathic pulmonary fibrosis (IPF), connective tissue-related ILDs, drug-induced ILDs, and sarcoidosis. The document also details the diagnostic process, including biopsy procedures, and the use of antifibrotic medications like pirfenidone and nintedanib. Furthermore, the document outlines the progressive nature of some conditions and their impact on lung function.
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Interstiziopatie polmonari Le interstiziopatie polmonari rappresentano un gruppo di patologie polmonari molto eterogenee caratterizzate da simili manifestazioni cliniche e funzionali. Il termine “malattie interstiziali o interstiziopatie” a volte usato è fuorviante, perché molte di esse associano al...
Interstiziopatie polmonari Le interstiziopatie polmonari rappresentano un gruppo di patologie polmonari molto eterogenee caratterizzate da simili manifestazioni cliniche e funzionali. Il termine “malattie interstiziali o interstiziopatie” a volte usato è fuorviante, perché molte di esse associano all’interessamento interstiziale anche una diffusa alterazione dell’architettura alveolare e delle vie aeree. In genere hanno decorso cronico progressivo, talora acuto acuto o subacuto. N.B. Interstizio: è lo spazio tra il versante capillare e alveolare. Esso si può riempire; ad esempio, se si riempie di liquido prende il nome di edema interstiziale oppure può essere ispessito per processi fibrotici ed è quello che accade in questo tipo di patologia. Rappresentano globalmente circa il 15% di tutte le malattie respiratorie. Classificazione delle principali interstiziopatie Al centro è presente la IPF, cioè la fibrosi polmonare idiopatica che è quella più famosa. Altre interstiziopatie sono le CTD-ILD, cioè le patologie del connettivo che si associano però a patologia polmonare. Ad esempio, un’ampia sfera di patologie reumatologiche può dare un quadro di coinvolgimento polmonare e l’interstiziopatia che ne deriva è classificata come CTD-ILD. Vi sono anche interstiziopatie indotte da farmaci, come quelle causate dall’amiodarone, un farmaco antiaritmico oggi poco utilizzato. In passato, l’amiodarone era comunemente impiegato per il trattamento della fibrillazione atriale, ma si è osservato che, a lungo termine, può provocare un significativo coinvolgimento interstiziale polmonare. Anche alcuni farmaci chemioterapici possono causare danni a livello interstiziale, contribuendo allo sviluppo di interstiziopatie. Anche la sarcoidosi dà un impegno interstiziale e poi ci sono le polmoniti da ipersensibilità. Il cerchio tratteggiato nell’immagine a fianco racchiude le interstiziopatie polmonari progressive, cioè quelle che vanno incontro ad un’evoluzione piuttosto rapida nel corso del tempo. L’IPF è completamente racchiusa in questo cerchio, questo vuol dire che l’IPF è sempre progressiva. La sarcoidosi in genere non è progressiva, ma si ha solo una piccola percentuale di casi in cui entra nel cerchio rosso. Nel caso delle patologie del connettivo, circa il 50% sono progressive, un’altra metà è fuori dal cerchio, quindi non è progressiva. Classificazione delle Malattie Polmonari Interstiziali (ILD): 1. ILD di cause conosciute: Es. farmaci, malattie del tessuto connettivo, esposizioni. 2. Polmoniti interstiziali idiopatiche (IIPs): a. IPF (Fibrosi Polmonare Idiopatica - UIP): 55%. b. Altre IIPs: 25%. c. NSIP (Polmonite interstiziale non specifica), AIP (Polmonite interstiziale acuta): 50 ml 1%; Mortalità 0,1%. - TORACOSCOPICA Diagnostica (86-95%) Meno sicura vs Transbronchiale Postoperatorio più breve e con minor morbilità vs Toracotomica - TORACOTOMICA Diagnostica (93-100%) Meno sicura vs transbronchiale (Anestesia generale; Complicanze 7%, Mortalità 1%) - PERCUTANEA Alta morbilità (PNX 50%), mortalità 0,1-3,1 Elettiva per lesioni focali > 2 cm In genere, si preferisce la biopsia transbronchiale. Tuttavia, essa presenta come rischio frequente lo pneumotorace iatrogeno provocato dal fatto che il polmone viene pinzettato causando uno scollamento. Questo è il motivo per cui, finché è possibile, la biopsia è da evitare. PROGNOSI Spesso le patologie del polmone sono patologie a progressione. Si parte da una predisposizione genetica a cui si aggiungono fattori di rischio come il fumo di sigaretta. Inizialmente, la patologia attraversa una fase subclinica, in cui il paziente non presenta sintomi evidenti. Con il tempo compaiono i primi sintomi, che spesso portano a una diagnosi tardiva (tipicamente tra i 60 e i 70 anni). A quel punto, nonostante la terapia, il paziente può trovarsi già in una condizione avanzata, con una capacità respiratoria compromessa e un insufficiente apporto di ossigeno. Ciò che peggiora di molto la progressione sono le riacutizzazioni, spesso infettive. Infezioni polmonari molto pericolose sono le polmoniti interstiziali. I patogeni che molto spesso provocano polmonite interstiziale sono virus (come il covid) o batteri (come mycoplasma pneumoniae, clamidia, e legionella. TERAPIA La scelta della terapia è stabilita da un team multidisciplinare composto da: un radiologo, uno pneumologo, un patologo (se è stata fatta una biopsia) e un reumatologo. Negli anni ’50 e ’60, i pazienti con fibrosi polmonare idiopatica venivano trattati con corticosteroidi e agenti antiossidanti. Tuttavia, si osservò che questi trattamenti non solo non miglioravano la prognosi, ma riducevano significativamente la sopravvivenza: i pazienti che avrebbero potuto vivere 5 anni morivano in circa 2 anni. Questo fallimento era dovuto principalmente agli effetti del cortisone, che causava immunosoppressione, aumentando il rischio di riacutizzazioni e infezioni polmonari, come le polmoniti. Di conseguenza, divenne evidente che, in presenza di fibrosi, il trattamento doveva mirare non all’infiammazione, ma alla progressione fibrotica. La terapia varia a seconda della diagnosi in quanto le patologie sono diverse tra loro. - La UIP ha una mortalità a 5 anni molto alta, ha una scarsa risposta agli steroidi, non c’è un recupero completo e al BAL si ha alveolite neutrofila. Il quadro HRCT è caratterizzato da honeycombing. Il cortisone, in questo caso, non agisce in quanto funziona solo sui linfociti e sugli eosinofili. - Nell’NSIP l’esordio è subacuto. Nel BAL si hanno principalmente linfociti. Inoltre, il quadro HRCT è caratterizzato da ground glass. L’NSIP è un caso in cui il cortisone funziona. A partire dagli anni ’90, si iniziò a testare specifici farmaci antifibrotici che hanno segnato un cambiamento fondamentale nella gestione della malattia. I farmaci antifibrotici attualmente a disposizione sono il nintedanib e il pirfenidone, gli unici ad avere avuto il consenso. Tra le terapie non farmacologiche, hanno avuto il consenso l’ossigenoterapia e la riabilitazione polmonare. L’ultima speranza è il trapianto. I farmaci antifibrotici agiscono su diversi meccanismi della fibrosi e, in particolare, sulla progressione della patologia senza impattare sul rischio di riacutizzazione. Pirfenidone Il pirfenidone è il primo farmaco ad essere stato approvato ed è un inibitore del TGF-β. Bloccando quest’ultimo, il farmaco riduce l’attività fibrotica. Inoltre, il pirfenidone ha un meccanismo ampio, infatti agisce anche sulle metalloproteasi, riduce lo stress infiammatorio, la produzione di IL-6 e del collagene. Tuttavia, ha degli effetti negativi perché può provocare casi di insufficienza epatica acuta e, di conseguenza, ad oggi si utilizza poco. Il pirfenidone provoca anche fotosensibilità, nausea e anoressia. CAPACITY e ASCEND sono gli studi che hanno documentato l’efficacia di questo farmaco. Il pirfenidone può essere somministrato nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica che soddisfano i seguenti criteri: - Età inferiore a 80 anni; - DLCO (capacità di diffusione del monossido di carbonio) maggiore del 35%; - FVC (capacità vitale forzata) maggiore del 55%. Sia il nintedanib che il pirfenidone sono farmaci che non provocano proprio un miglioramento, bensì rallentano la progressione. Nintedanib Altro importante farmaco approvato da poco è il nintedanib che agisce bloccando i recettori delle tirosin-chinasi. Bloccando questi, il nintedanib blocca PDGF (fattore di crescita di derivazione piastrinica), FGF (fattori di crescita dei fibroblasti), VEGF (fattore di crescita dell'endotelio vascolare), fattori di crescita che agiscono sulla proliferazione dei fibroblasti. Tra gli effetti collaterali del nintedanib vi sono: diarrea e danno epatico. Tuttavia, è meno dannoso dal punto di vista epatico rispetto al pirfenidone. Inoltre, il nintedanib è un farmaco di terza linea per il tumore del polmone. Quello di fianco è un modello di fibrosi polmonare indotto da bleomicina. Aggiungendo nintedanib, gli effetti della bleomicina sono attenutati. Gli studi che hanno documentato l’efficacia del nintedanib sono INPULSIS-1 e INPULSIS-2, in cui si è visto come questo farmaco rallenta la progressione della malattia. Nuove terapie Molti trial hanno fallito. Altri, invece, si stanno concentrando su: - analoghi della pentraxina-2; - inibizione della fosfodiesterasi 4; - anticorpo monoclonale Pamrevlumab che si lega al CTGF (fattore di crescita del tessuto connettivo), una delle molecole al centro del processo di deposizione del collagene. Questo potrebbe essere il primo anticorpo monoclonale utilizzato nella fibrosi polmonare. OLTRE L’IPF Vi è una condizione patologica, che va oltre l’IPF, in cui si combinano l’enfisema e la fibrosi. Questa condizione prende il nome di Combined Pulmonary Fibrosis and Emphysema (CPFE) in cui: - L’apice è interessato dall’enfisema. - Vi è una dilatazione degli spazi alveolari. - Alla base vi è la fibrosi. Dunque, dal punto di vista spirometrico, si ottiene un quadro misto perché c’è sia l’enfisema (che si associa ad una ostruzione), sia la fibrosi (che si associa ad una restrizione). Ovviamente il paziente con CPFE ha una prospettiva di vita molto bassa, ma la sopravvivenza peggiora in particolar modo quando subentra l’ipertensione polmonare. FIBROSI POLMONARE PROGRESSIVA (PPF) La progressione della fibrosi polmonare (PPF) è definita dalla presenza di almeno due dei seguenti tre criteri verificatisi nell'ultimo anno, senza spiegazione alternativa: 1. Peggioramento dei sintomi respiratori. 2. Evidenza fisiologica di progressione della malattia (uno dei seguenti): a. Declino assoluto della FVC (capacità vitale forzata) >5% del valore previsto entro 1 anno di follow-up. b. Declino assoluto della DLCO (capacità di diffusione del monossido di carbonio, corretta per l'emoglobina) ≥10% del valore previsto entro 1 anno di follow-up. 3. Evidenza radiologica di progressione della malattia (uno o più dei seguenti): a. Aumento dell'estensione o della gravità delle bronchiectasie da trazione e delle bronchiolectasie. b. Comparsa di nuove aree di ground glass associate a bronchiectasie da trazione. c. Nuove reticolazioni fini. d. Aumento dell'estensione o maggiore grossolanità delle anomalie reticolari. e. Comparsa o aumento dell'aspetto di honeycombing (aspetto a nido d'ape). f. Aumento della perdita di volume lobare. Dal punto di vista diagnostico, essendoci il sospetto di una patologia autoimmune, si eseguono esami diagnostici specifici per questa condizione. Inoltre, si ricercano gli autoanticorpi. Dal punto di vista clinico si può trovare il fenomeno di Raynaud. Nel quadro polmonare di artrite reumatoide, si può trovare anche il pattern tipico di questa condizione. Lo studio INBULD trial, pubblicato qualche anno fa, ha documentato come il nintedanib sia efficace nel rallentare la progressione della malattia in tutti i casi di fibrosi polmonare progressiva, cosa che invece non fa il pirfenidone. Il nintedanib, inoltre, mantiene di più la FVC. Domande 1. Qual è la terapia antifibrotica nelle fibrosi polmonari progressive? Il nintedanib 2. Qual è la terapia nella fibrosi polmonare idiopatica? Il nintedanib e il pirfenidone.