Lezione 1 - Farmacologia (04.10.2023) - PDF
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2023
Margherita Testa
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Lezione 1 di Farmacologia Generale e Speciale del 4 ottobre 2023. La lezione introduce i concetti base della farmacologia, discutendo di farmacocinetica, farmacodinamica, effetti placebo e nocebo e variabilità individuale nelle risposte ai farmaci.
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ODONTOIATRIA E PROTESI DENTARIA 2023/2024 Sbob. Margherita Testa Data: 4 ottobre 2023 Revis. Vito Fischetto Sbob n° 1 Materia Farmacologia generale e speciale Prof....
ODONTOIATRIA E PROTESI DENTARIA 2023/2024 Sbob. Margherita Testa Data: 4 ottobre 2023 Revis. Vito Fischetto Sbob n° 1 Materia Farmacologia generale e speciale Prof. P. Ballerini INTRODUZIONE ALLA FARMACOLOGIA Che cos’è la farmacologia? La farmacologia è la scienza che studia le interazioni tra il farmaco e l’organismo. Tali interazioni devono essere in grado di definire degli effetti terapeutici. Questo tipo di studio viene condotto su più livelli: molecolare, cellulare, di organo, di sistema, di individuo, di popolazione, e di ambiente. Lo scopo della farmacologia è quello di fornire conoscenze sull’origine del farmaco, sulla farmacocinetica, sulla farmacodinamica, sugli usi terapeutici, sulle possibili interazioni con altri farmaci, e sulle reazioni avverse per ogni singolo farmaco. La farmacologia è una scienza trasversale: infatti, essa richiede conoscenze di chimica, biochimica, patologia, fisiologia. In particolare, sapere e conoscere la fisiologia è fondamentale per lo studio della farmacologia, dal momento che tutti i farmaci hanno dei bersagli biologici (proteine, enzimi, ecc.). Tali bersagli, fisiologicamente svolgono la propria funzione all’interno del corpo umano; di conseguenza, sapere bene quale essa sia ci aiuta a comprendere meglio l’azione di uno specifico farmaco e i suoi effetti biologici. Per esempio, le benzodiazepine (degli ansiolitici comunemente utilizzati nei trattamenti contro l’ansia, per la sedazione cosciente, o per i trattamenti anticonvulsivanti) sono dei farmaci che interagiscono con i recettori del GABA. Il GABA è un neurotrasmettitore inibitorio, che esplica tale funzione andando ad agire sui recettori ionotropici collegati con i canali del Cl-. Tale recettore, una volta attivato dal legame con il GABA (recettore GABAergico), promuove l’apertura dei canali per il Cl-, permettendo così l’ingresso di Cl- nella cellula, e la conseguente iperpolarizzazione. Le benzodiazepine, interagendo con i recettori GABAergici, ne potenziano l’azione, favorendo l’iperpolarizzazione neuronale. La farmacologia generale si distingue in due fondamentali branche: la farmacocinetica e la farmacodinamica. La FARMACOCINETICA è la branca che descrive gli eventi a cui è sottoposto un farmaco quando viene a contatto con l’organismo. La conoscenza di questi eventi dal punto di vista quantitativo, permette di adattare il dosaggio di un farmaco al singolo individuo, limitando gli errori in eccesso (effetto tossico) o in difetto (inefficacia). 1 La FARMACODINAMICA è la branca che studia i meccanismi d’azione dei farmaci. Condiziona la selettività degli effetti dei farmaci. Definizioni da sapere bene perché potrebbero esserci domande nel compito!! La farmacologia, inoltre, è correlata anche a materie apparentemente del tutto non inerenti, come la psicologia, l’economia, l’epidemiologia. I cosiddetti effetti placebo e nocebo, per esempio, sono la dimostrazione di come la farmacologia possa avere interconnessioni anche con la psicologia. Infatti, l’effetto placebo è l’effetto benefico ottenuto su un paziente da parte di un farmaco privo di principio attivo (il placebo). Il paziente, quindi, non riceve effettivamente una cura, ma si “convincerà” che le sue condizioni di salute siano migliorate dopo la somministrazione del “farmaco”. L’effetto nocebo, invece, è l’esatto opposto: il paziente è convinto che le sue condizioni siano peggiorate dopo la somministrazione di un “farmaco” (il nocebo appunto, che in realtà è privo di principio attivo). Questi effetti possono essere “creati” dall’operatore stesso, nel momento e nel modo in cui egli propone tale “farmaco” al paziente. Da qualche anno, infatti, si è posta maggiore attenzione sul massimizzare l’effetto placebo, e minimizzare quello nocebo, per migliorare la compliance del paziente alla terapia, e dunque anche l’effetto dei farmaci. VARIABILITÀ INDIVIDUALE NELLE RISPOSTE AI FARMACI La farmacologia, inoltre, è una scienza che agisce sull’individuo: infatti, lo stesso farmaco può avere effetti diversi in persone diverse, con condizioni diverse. La risposta individuale ad un farmaco è determinata da alcune variabili: la fisiologia dell’individuo (il sesso, l’età, il peso corporeo…); le eventuali patologie dell’individuo (malattie o disfunzioni renali, epatiche, cardiache…); fattori ambientali (abitudini: fumo, alcool; dieta…); fattori genetici (mutazioni nel DNA, polimorfismi…). In passato, gli studi clinici per testare un determinato farmaco venivano condotti solo su uomini banchi, caucasici, di 70kg di peso. Le donne, invece, venivano considerate solo in 2 relazione ad una gravidanza (pregnant/non-pregnant): cioè, gli studi per testare i farmaci sulle donne venivano eseguiti principalmente per osservare gli effetti di questi sul feto. In realtà, le donne hanno strutture biologiche molto diverse da quelle degli uomini, che influiscono su tutti gli aspetti farmacologici. Tuttavia, la distinzione uomo/donna non è l’unica che deve essere considerata in farmacologia e durante i trials clinici per i farmaci: altre categorie di individui con esigenze particolari sono i bambini e gli anziani. Fisiologicamente, infatti, i bambini e gli anziani sono ai margini della curva gaussiana che rappresenta gli individui adulti di entrambi i sessi uomo/donna. Molti farmaci attualmente in commercio sono off label (“senza etichetta”), cioè non presentano un’indicazione precisa di utilizzo. Ciò vuol dire che quei farmaci, pur essendo stati autorizzati ad essere messi sul commercio, non sono stati testati sui bambini. Molti farmaci mostrano un effetto diverso dal normale, eventualmente anche letale, se combinati con agenti esterni. Le benzodiazepine, per esempio, difficilmente inducono la morte del paziente, anche se prese ad alti dosaggi. Quando queste vengono combinante con l’alcool, però, possono avere un effetto letale: ciò avviene perché entrambi i fattori (benzodiazepine ed alcool) sono depressori del SNC. Alcuni cibi, invece, possono ridurre la biodisponibilità di un farmaco. Per BIODISPONIBILITÀ di un farmaco si intende la quantità di principio attivo che raggiunge immodificato il circolo sistemico. È un parametro che viene espresso in percentuale. La professoressa dice che definizioni come questa saranno presenti nel compito. STUDIARE BENE!! La biodisponibilità di un farmaco varia a seconda della via con cui questo viene somministrato. Per esempio, la biodisponibilità di un farmaco inoculato per endovena è pari al 100%, perché tutto il principio attivo di tale farmaco sarà presente nel sangue. Invece, la biodisponibilità di un farmaco somministrato per os (per bocca) non sarà mai pari al 100%. Un aspetto importante che influenza la risposta individuale ad un farmaco è la genetica individuale, soprattutto i polimorfismi. In particolare, i geni principali coinvolti nella risposta al farmaco sono: i geni codificanti per proteine coinvolte nella trasformazione dei farmaci, e dunque nella biodisponibilità di questi (come enzimi, o proteine trasportatrici); i geni codificanti per il bersaglio terapeutico del farmaco (come recettori, canali ionici, enzimi, proteine regolatrici). Due branche molto importanti della farmacologia, coinvolte nell’analisi genetica e genomica del paziente, sono la farmacogenetica e la farmacogenomica. La FARMACOGENETICA è la branca della farmacologia che studia la variabilità di risposta ad un farmaco dovuta a fattori genetici ereditari, negli individui o nella popolazione. 3 La FARMACOGENOMICA è la branca della farmacologia che determina e analizza il genoma e i suoi prodotti per poter coordinare queste informazioni con la risposta al farmaco. Il fine della farmacogenomica è quello di predire le differenze di risposta ai farmaci fra gli individui, di individuare nuovi bersagli terapeutici, di scoprire e sviluppare farmaci o studiare la risposta ad essi. La professoressa dice che definizioni come questa saranno presenti nel compito. STUDIARE BENE!! Il fondatore della farmacologia moderna è P. Ehrlich, che diceva “corpora non agunt nisi fixata” (cioè: le sostanze chimiche non agiscono se non possono legarsi). Il sito di legame delle sostanze chimiche è il bersaglio farmacologico. I farmaci, sui vari bersagli farmacologici, possono agire come agonisti o antagonisti (la professoressa dice che potrebbero esserci domande sulla definizione di farmaco agonista e antagonista nel compito!) IL FARMACO Ma che cos’è esattamente un farmaco? Un FARMACO, secondo l’OMS, è “una qualsiasi sostanza o prodotto usati, o che si intenda usare, per modificare o esplorare sistemi fisiologici o patologici (con beneficio di chi li riceve). Un farmaco dev’essere capace, quando introdotto in un organismo vivente, di modificarne una o più funzioni”. Secondo l’Unione Europea, invece, un farmaco è una “sostanza avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane od animali. Un farmaco è da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi, o di ripristinare, correggere o modificare le funzioni organiche dell’uomo o dell’animale”. I farmaci possono agire in più modi diversi: possono essere curativi, come gli antibiotici. Hanno la funzione di curare e risolvere una situazione patologica (come un’infezione); possono essere sintomatici, come i cortisonici. Hanno la funzione di ridurre l’edema, l’infiammazione, e il dolore; possono essere preventivi (o profilattici), come le cardioaspirine. Le cardioaspirine hanno azione antiaggregante perché vanno a bloccare in maniera irreversibile le ciclossigenasi di tipo 1, enzimi deputati alla trasformazione dell’acido arachidonico in prostaglandine (mediatori dell’infiammazione). Tutte le cellule esprimono costitutivamente la ciclossigenasi di tipo 1; tuttavia, le cardioaspirine (le “aspirinette” vengono 4 somministrate di solito in compresse da 100/125mg) esprimono molto bene la loro funzione a livello delle piastrine. Le piastrine non hanno il nucleo, e dunque non hanno capacità di sintesi proteica: quindi, mentre le altre cellule si adattano all’azione dell’aspirina, producendo nuova ciclossigenasi, le piastrine no. Tutta la ciclossigenasi di tipo 1 piastrinica (che serve a produrre trombossano, un aggregante piastrinico), dunque, viene bloccata dall’aspirina: in questo modo viene esplicata la funzione antiaggregante. NB: antiaggregante non è equivalente di anticoagulante. Gli anticoagulanti (come l’eparina) agiscono sui fattori della coagulazione; gli antiaggreganti, invece, agiscono sulle piastrine. possono essere diagnostici, come la somatostatina. Il recettore per la somatostatina viene ampiamente espresso nelle metastasi polmonari. Dunque, vengono creati dei farmaci in cui la somatostatina viene legata al pentetreotide (indio radioattivo): questi farmaci possono essere utilizzati come farmaci diagnostici (anche detti radiofarmaci). Questi sono una categoria molto utilizzata dai radiologi. La professoressa dice che nel compito ci potrebbero essere domande sull’azione farmacologica: STUDIARE BENE!! PLACEBO E NOCEBO Un farmaco possiede anche un effetto placebo intrinseco, dovuto dall’aspettativa che il paziente si pone nei confronti di esso (generata spesso dal modo in cui l’operatore porge il farmaco al paziente). Il placebo nasce intorno alla metà del XX secolo, quando cominciò ad essere utilizzato nei trials clinici per poter confrontare l’azione e l’efficacia di un farmaco da testare. Il placebo è una sostanza farmacologicamente inerte (cioè priva di principio attivo) che ha la capacità di provocare un effetto positivo sul paziente. Nei trials clinici vengono effettuati dei paragoni su placebo: cioè, vengono comparate le azioni del placebo e del farmaco di interesse. Il placebo e il farmaco saranno esattamente identici (nella forma, nel sapore, nel colore, nella quantità), e verranno somministrati ai pazienti in doppio cieco (né il medico né il paziente sanno se si sta somministrando l’uno o l’altro). Ciò è utile a discriminare l’effetto placebo dall’effetto farmacologico vero e proprio. Il nocebo, invece, è l’esatto opposto: una sostanza farmacologicamente inerte che è in grado di provocare un effetto negativo sul paziente (effetto nocebo, di cui si è già parlato). 5 Anche il nocebo crea delle aspettative nel paziente, ma queste hanno delle sfumature negative. Per esempio, un operatore che prescrive un farmaco ad un paziente, e poi gli raccomanda di chiamarlo subito dopo averlo preso perché questo può avere una serie di effetti indesiderati, crea dell’ansia nel paziente, che sarà titubante nel prendere il farmaco. Il professionista sanitario deve cercare quanto più possibile di limitare l’effetto nocebo, per evitare che il paziente decida, per paura, di non seguire più la terapia prescritta. Ciò non vuol dire che bisogna escludere l’informare il paziente sugli effetti collaterali di un farmaco; piuttosto, bisognerebbe educare il paziente circa l’effetto nocebo stesso, e raccomandargli di non farsi influenzare. FARMACI GRIFFATI E FARMACI GENERICI I farmaci, inoltre, non sono tutti uguali: infatti, si distinguono farmaci branded (cioè “griffati”), e farmaci unbranded (cioè generici). Nel 2001, per abbattere i costi, si decise di favorire il consumo di farmaci unbranded piuttosto che di farmaci branded. I farmaci “griffati” sono farmaci prodotti e brevettati da una casa farmaceutica (per esempio, l’Aulin). I farmaci generici, invece, sono medicinali che contengono lo stesso principio attivo dei farmaci “griffati”, ma che non è più coperto da brevetto (per esempio, il nimesulide, che ha lo stesso principio attivo dell’Aulin). I farmaci generici, infatti, possono essere prodotti dopo aver richiesto i diritti della casa farmaceutica che per prima ha prodotto il “farmaco guida”, ma solo dopo che il principio attivo del farmaco non sia più coperto da brevetto. La scadenza della copertura brevettuale è ciò che permette il risparmio sul prezzo al pubblico. I farmaci griffati e quelli generici devono essere intercambiabili: non è sufficiente che il principio attivo sia lo stesso, devono essere equivalenti anche la composizione quali- quantitativa, la forma farmaceutica (compressa, supposta, ecc…), la via di somministrazione. Anche i farmaci generici, come quelli griffati, sono sottoposti a controlli e procedure di registrazione e vigilanza molto severe da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Negli ultimi tempi, purtroppo, non vengono più prodotti farmaci nuovi, perché vengono acquistati sempre di più i farmaci generici, e di conseguenza non si investe nella ricerca delle case farmaceutiche. Ciò che avviene è che le case farmaceutiche acquistano altre piccole aziende per produrre i generici, oppure per riformulare farmaci già esistenti. Il principio attivo è il principale componente di un farmaco, poiché è la sostanza determinante l’effetto terapeutico, ma non è l’unico. I farmaci sono costituiti anche da eccipienti, cioè sostanze inattive che facilitano l’assunzione del farmaco stesso da parte del paziente. 6 Gli eccipienti, però hanno anche altre funzioni, tra cui: proteggere il principio attivo dagli agenti esterni, che potrebbero danneggiarlo; aumentare il volume della quantità di principio attivo, per permettere la produzione di compresse o qualsiasi altra forma farmaceutica che abbia delle dimensioni utili alla somministrazione; rendere stabili le soluzioni e le sospensioni per evitare che il principio attivo sedimenti sul fondo; facilitare l’assorbimento del principio attivo dall’organismo. Per esempio, inizialmente l’Oki veniva venduto semplicemente come ketoprofene; successivamente la formulazione è cambiata in ketoprofene e sali di lisina. I sali di lisina rendono più solubile il farmaco, e quindi più facilmente assorbibile da parte dell’organismo. Le fasi di sviluppo di un farmaco sono molto lunghe, e seguono un percorso complesso di ricerca, sviluppo, e approvazione, che nella media supera i 10 anni. ALTRE CLASSIFICAZIONI DEI FARMACI Con la crescita delle conoscenze scientifiche, e l’avvento di nuove tecnologie e tecniche del DNA ricombinante, si è giunti ad un’ulteriore distinzione dei farmaci in tradizionali, biologici, e biotecnologici: un farmaco tradizionale è il tipo di farmaco più semplice, costituito da piccole molecole legate tra loro con una struttura semplice, con un’azione farmacologica che sia funzione della sua struttura. Lo sviluppo di un farmaco tradizionale richiede che venga identificata una nuova identità chimica. Esso viene prodotto con molecole o reagenti chimici standard, a partire da reazioni note della chimica organica; i farmaci biologici sono farmaci il cui principio attivo è una molecola (di solito una proteina) naturalmente prodotta da un organismo vivente; i farmaci biotecnologici sono quelli che vengono estrapolati da una sorgente biologica attraverso le tecniche del DNA ricombinante. 7 Il più famoso farmaco biotecnologico è l’insulina. Inizialmente (introno agli anni ’20), ai pazienti diabetici veniva somministrata insulina di origine suina; successivamente, dagli anni ’80, grazie alle tecniche del DNA ricombinante, si è cominciato a somministrare ai pazienti diabetici insulina artificiale. I problemi maggiori nel somministrare insulina animale risiedevano nell’abbattimento degli animali, nella disponibilità di pancreas, e nella purificazione dell’insulina estratta. Tutti questi processi erano soggetti ad un costo elevato, il che rendeva l’insulina un farmaco “elitario”. Inoltre, con il passare degli anni, si è accentuato sempre di più un atteggiamento di rispetto verso il mondo animale: ciò impediva di abbattere ed utilizzare “a sproposito” i suini (e altre specie). Al giorno d’oggi, gli esperimenti che richiedano l’utilizzo di una cavia animale devono essere controllati al massimo grado. Al ministero va richiesta l’autorizzazione per eseguire tali esperimenti, e va giustificato il sacrificio e l’uso di ogni animale. Vale il “principio delle 3 R”: reuse, reduce, recycle. I farmaci biologici e biotecnologici vengono utilizzati anche nella medicina orale. I più utilizzati sono quelli per risolvere problemi di ulcerazione. Per esempio, il Rituximab è un anticorpo monoclonale utilizzato per l’artrite reumatoide, che esplica molto bene la sua funzione anche quando applicato a lesioni del cavo orale. LE ERBE MEDICINALI Negli ultimi anni è molto aumentato l’interesse pubblico verso le erbe medicinali, e verso le sostanze naturali. Il 40% dei farmaci monomolecolari moderni deriva direttamente o indirettamente dai principi attivi presenti nelle piante: tuttavia, non bisogna prendere per assunto che tutte le sostanze derivate dalle piante siano meno dannose e più sicure dei farmaci e delle sostanze artificialmente prodotte. Lo stesso Ministero della Salute si è mosso per dire che “nell’approccio alla scelta dei prodotti naturali, non bisogna credere che la semplice derivazione naturale di questi sia di per sé una garanzia di sicurezza. Bisogna sempre verificare quanto riportato nell’etichetta, dove possono essere riportate anche specifiche avvertenze”. Le sostanze naturali, ovviamente, hanno tantissime proprietà, ma bisogna saperle utilizzare, e soprattutto è necessario sapere quali effetti possono provocare se combinate con altre sostanze o farmaci. 8 L’aloe vera, per esempio, è ottima per ridurre gli stati infiammatori e il sanguinamento: in uno studio su 120 volontari con gengivite, l’uso di aloe vera ha diminuito drasticamente la patologia. La Theobroma cacao è molto efficace nel ridurre l’accumulo di placca e lo sviluppo di carie. Tuttavia, entrambe queste sostanze, si portano dietro anche altri effetti: l’aloe vera, per esempio, ha anche poteri lassativi e, se utilizzata per un tempo troppo lungo, può causare ipokaliemia e rallentare il transito intestinale, riducendo l’assorbimento di altri farmaci. L’aglio (alium savitum), che si vende anche in compresse in farmacia, ha ottime proprietà ipotensive; tuttavia, se preso in coniugazione con l’aspirina può dare effetti avversi. Infatti, l’aglio funge anche da potente antiaggregante piastrinico, esattamente come l’aspirina. Se presi insieme, questi provocano un livello di antiaggregazione piastrinica eccessivo, che può favorire dei sanguinamenti spontanei. Il concetto di ambivalenza (curativo e tossico) di un farmaco o di una sostanza medicinale è espresso intrinsecamente nella stessa parola farmaco. Questa, infatti, origina dal greco antico, φάρμακων – fàrmacon, che ha un doppio significato: “rimedio” e “veleno”. 9 ODONTOIATRIA E PROTESI DENTARIA 2023/2024 Sbobinatore: Gaia Migliorini Revisionatore: Gaia Di Stefano Data: 15 novembre 2023 Sbobina n°: 2 Professoressa: Ballerini (Domanda d’esame: Cos’è il placebo? Cos’è il nocebo?) PIANTE MEDICINALI Molte persone considerano il farmaco come qualcosa di “pericoloso a prescindere” in quanto chimico, e per questo motivo c’è stato un incremento nell’uso di erbe medicinali. Circa la metà dei farmaci presenti ad oggi in commercio, soprattutto i monomolecolecolari derivano direttamente o indirettamente dalla natura. Negli ultimi anni c’è stata una diffusione della medicina non convenzionale con una maggiore richiesta dei farmaci naturali, una grande fetta della popolazione mondiale utilizza le piante come base per la cura delle malattie. Le piante possono essere utilizzate sottoforma di droga, il termine “droga” in farmacologia si riferisce a una sostanza che è estratta direttamente dalla pianta, e si usa semplicemente la pianta fresca o essiccata. Quando invece si parla di “preparazione” la pianta o parte della pianta vengono sottoposte a procedimenti di estrazione con acqua (infusi e decotti) o di macerazione con alcool o liquidi alcoolici (tinture). Le piante vendute in erboristeria o in farmacia contengono sostanze chimiche ben precise che sono molto simili ai principi attivi presenti nei farmaci prodotti in laboratorio, e possiedono delle specifiche proprietà farmacologiche; è quindi importante al momento dell’anamnesi, oltre a chiedere al paziente se utilizza farmaci, chiedergli anche se fa uso di tisane, erbe medicinali. Chiedere al paziente se fa uso di erbe medicinali è importante perché il consumo di erbe medicinali è anche associato ad un altro elemento culturale molto pericoloso, cioè il fatto che i pazienti credano che l’utilizzo di sostanze naturali non possa avere effetti dannosi, ma questa è una falsa credenza. L’utilizzo di piante medicinali può aumentare: il rischio di manifestazioni con farmaci; il rischio di reazioni allergiche; il rischio di effetti collaterali. Se un paziente ad esempio fa uso di aspirina, o di cardioaspirina (che rispetto all’aspirina ha un dosaggio più basso) si può anche eventualmente evitare che ne sospenda l’assunzione quando si procede all’estrazione di un dente, ma se quel paziente fa uso anche di aglio allora può essere un problema. In farmacia vengono vendute pasticche di aglio, e l’aglio è un antiipertensivo e anche un potente antiaggregante, che interferisce con i farmaci e che quindi altera ne la biodisponibilità. (Domanda d’esame: Cos’è la biodisponibilità?) BIODISPONIBILITÀ DI UN FARMACO: percentuale/quota di principio attivo di un determinato farmaco che raggiunge immodificato il circolo sistemico. Se viene alterata la biodisponibilità di un farmaco a causa di piante medicinali si può andare incontro a: un aumento dei rischi, degli effetti collaterali ,o addirittura tossici, se le piante medicinale ne aumentano la biodisponibilità; un mancato controllo della patologia dovuto a uno principio attivo scarso e quindi inefficiente, se le piante medicinali ne diminuiscono la biodisponibilità. 1 Ci sono molti milioni di italiani che utilizzano erbe e piante medicinali, e sono talmente rientrate nell’uso comune e sono talmente potenzialmente pericolose se non gestite bene, che il ministero della salute, la Commissione unica per la dietetica e la nutrizione, ha dovuto scrivere una nota: Nell’approccio alla scelta dei prodotti “naturali” non si deve fare affidamento sul fatto che la derivazione naturale sia di per sé una garanzia di sicurezza e bisogna leggere attentamente quanto indicato in etichetta, dove possono essere riportate anche specifiche avvertenze in presenza di particolari estratti vegetali, e soprattutto bisogna informare comunque il medico di riferimento. La Thebroma cacao (che è l’elemento con cui viene prodotto il cacao che quando assunto rifornisce il cervello di triptofano, che serve a produrre la serotonina, che è il trasmettitore della felicità e dell’appagamento) è stata testata e sembra che abbia un’attività antibatterica nel momento in cui riduce la produzione di placca e riduce la colonizzazione da parte dello Streptococcus mutans. L’Aloe vera è una sorta di panacea, fa bene perché è un antinfiammatorio, sembrerebbe essere anche un antitumorale, è stato testato e su un numero abbastanza elevato di soggetti: 120, l’outcome è stata una riduzione della patologia infiammatoria e anche l’accumulo di placca dopo un risciacquo orale, riduzione dell’infiammazione gengivale, riduzione addirittura del bleeding. L’aloe è una sostanza che può essere usata come antinfiammatorio intestinale, ha anche effetti lassativi, ma in alcuni individui rallenta in maniera significativa del bitransito intestinale, quindi il suo utilizzo può ridurre l’assorbimento di farmaci quando i farmaci vengono assunti per via orale. L’uso di aloe come di altre erbe medicinali dotate di un potenziale effetto antiaggregante dovrebbe essere interrotto prima di ogni intervento chirurgico, questo è il motivo per cui l’odontoiatra deve chiedere al paziente se utilizza l’aloe, altrimenti si potrebbe ritrovare al momento dell’intervento con un sanguinamento eccessivo di natura sconosciuta. L’Aglio ha tante buone proprietà: è un ottimo antiipertensivo, ma è anche un antiaggregante, perché contiene dei principi attivi: l’allicina e l’ajoene, che hanno la capacità di inibire l’aggregazione piastrinica; questo è stato scoperto in corpore vivi: ci sono stati dei casi di sanguinamento post operatorio importanti, o di ematomi epidurali spinali spontanei. (fitovigilanza.org è il sito specifico creato dalla società italiana di farmacologia, dove sono presenti dei dossier su determinate sostanze per vedere le eventuali reazioni avverse ed effetti collaterali) L’effetto dell’azione antiaggregante dell’aglio è massivo, è potente quasi quanto l’aspirina. Nei grafici l’aggregazione piastrinica è la curva verso il basso, nel grafico di sinistra è stata stimolata con l’ADP, mentre nel grafico di destra con il collagene, se piano piano viene aggiunta una concentrazione di aglio l’aggregazione pianistrinica diminuisce fino a poter essere addirittura azzerata. Nel vocabolario latino PHARMACUM e nel vocabolario greco FARMACON, “farmaco” è sinonimo sia di medicina, sia di veleno, e questo lo dobbiamo a Paracelso, che era alchimista, astronomo, medico e per la prima volta disse “Omnia venenum sunto: nel sine veneto quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit”, che significa “Tutto è veleno: non esiste niente senza che sia veleno. È solo la dose che fa il veleno”; 2 questo è un caposaldo della farmacologia, perché se una sostanza viene usata a dosaggi sempre più elevati ci si allontana dall’effetto terapeutico e si arriva all’effetto tossico. Gli effetti collaterali sono più subdoli, non sono dipendenti dalla dose, quella dose è necessaria per avere l’effetto terapeutico, e parallelamente a quel dosaggio necessario ci si porta dietro un effetto insito all’attività stessa della molecola. Il dosaggio è fondamentale, quando un dottore prescrive al paziente un farmaco da prendere deve sapere in che range di numeri (dosi) si può muovere, questo dosaggio è dato dalla farmacologia generale. INDICE TERAPEUTICO: RAPPORTO TRA LA DOSE LETALE MEDIA E LA DOSE EFFICACE MEDIA. Ipotizziamo di avere due farmaci: A e B, entrambi ansiolitici, prima di arrivare a poter mettere un farmaco sul mercato bisogna fare molti studi preclinici, e questi studi coinvolgono anche gli animali. Si inizia a somministrare l’ansiolitico A nei topolini che sono stati messi in una situazione si stress, con 10 mg metà della popolazione ha l’effetto ansiolitico, si prova ad aumentare il dosaggio, a 90 mg un topino muore, a 100 mg il 50% dei topolini muore. L’indice terapeutico in questo caso è 10, ricavato da 100 (dose letale nel 50% della popolazione) fratto 10 (dose efficace nel 50% della popolazione). Si inizia a somministrare il farmaco B in una popolazione di topini in condizioni di stress, a 10 mg nel 50% dei topini si ha l’effetto ansiolitico, a 11 mg muore il primo topino, a 20 mg muore il 50% della mia colonia. In questo caso l’indice terapeutico è 2, dovuto a 20 (dose letale nel 50% della popolazione) fratto 10 (dose efficace nel 50% della popolazione). Il farmaco A è più sicuro del farmaco B perché il rapporto tra la dose letale e la dose efficace è nettamente più alto, quindi nel range è molto meno probabile che il soggetto muoia assumendo quel farmaco. OGNI FARMACO HA IL SUO INDICE TERAPEUTICO E INDICA LA SICUREZZA DEL FARMACO. Farmaci con un alto indice terapeutico sono farmaci più sicuri, se si commette un errore, che esso sia da parte del medico nella somministrazione o da parte del paziente nell’assunzione, non si incorre in grossi rischi. Se invece un farmaco ha un basso indice terapeutico potrebbe bastare raddoppiarne il dosaggio per avere un effetto potenzialmente letale, i farmaci con un basso indice terapeutico sono molto meno sicuri e molto meno leggeri, bisogna stare più attenti sia durante la somministrazione, sia durante l’assunzione. (Domanda d’esame: Cos’è un indice terapeutico? Qual è la differenza tra un indice terapeutico basso e un indice terapeutico alto?) Nell’uomo si considera la prima dose tossica, nel caso per esempio della benzodiazepina potrebbe essere un eccessivo assopimento, uno stato di confusione, l’incapacità a concentrarsi. L’indice terapeutico nell’uomo viene ricalcolato e vengono utilizzati valori più accettabili come la dose tossica per l’1% e la dose efficace per il 90%. In alcuni casi l’ IT viene calcolato utilizzando anche parametri più precisi come la concentrazione sierica che porta all’ effetto terapeutico rispetto a quella che produce tossicità. In ogni caso l’indice terapeutico rappresenta il rapporto tra una determinata dose tossica ed una determinata dose efficace. 3 I farmaci di solito prescritti con maggior frequenza hanno un elevato indice terapeutico. L’indice terapeutico del Valium (benzodiazepina) è 100. I barbiturici sono degli ansiolitici che hanno indici terapeutici molto bassi, la digossina per esempio ha un indice terapeutico pari a 2, 3. Semplicemente raddoppiando o triplicando la dose si introduce un rischio di morte. I barbiturici sono dei depressori del sistema nervoso, in caso di overdose determinano un blocco dei centri respiratori e quindi della respirazione, infatti l’uso dei barbiturici è obsoleto, vengono utilizzati per indurre anestesia, quindi sono maneggiati dagli anestesisti, e vengono utilizzati in alcune forme di epilessia. Le benzodiazepine prese da sole, se non c’è una patologia sottostante, hanno un indice terapeutico molto alto, provocano sedazione, ipnosi e una sorta di anestesia cosciente, hanno un effetto miorilassante, quindi è più facile anche intubare eventualmente il paziente. I barbiturici invece causano sedazione, ipnosi, anestesia, coma e si arriva a morte. Qualsiasi farmaco per essere efficace deve essere presente nella sede giusta alla concentrazione giusta. La dose non deve essere né troppo elevata né insufficiente. FARMACOCINETICA (Domanda d’esame: Qual è l’effetto di un farmaco? Teraputico, curativo, sintomatico, immunoproflassi, diagnostico, sostitutivo, …) Affinché il farmaco possa avere l’effetto che ci si aspetta deve essere presente nella sede giusta alla concentrazione giusta. La dose non deve essere troppo elevata, ma non deve nemmeno essere troppo bassa, altrimenti non si ha l’effetto. La farmacologia generale vuole fornire le conoscenze su quelle che sono le interazioni tra il farmaco e l’organismo, interazioni che siano in grado di determinare gli effetti voluti, la maggior parte delle volte l’effetto voluto è l’effetto terapeutico. Il farmaco viene somministrato, nel caso di una somministrazione per os (: somministrazione per bocca) la compressa/ la capsula si deve disgregare, o se è uno sciroppo deve andare in soluzione, il principio attivo deve essere liberato, il farmaco deve essere reso disponibile per l’assorbimento. Da cosa dipende se il farmaco è disponibile per essere assorbito? Dal suo stato. Il farmaco si può trovare allo stato: solido (polvere, compresse, capsule, confetti); liquido (elisir, emulsioni, sciroppi, gocce, tinture, sospensioni, cerotti); gassoso (aerosol, nebulizzanti). La prima fase è la fase dell’assorbimento o la via topica (come le pomate), i farmaci che agiscono a livello gastrico contro il bruciore di stomaco (come il Malox) non devono essere assorbiti perché contengono idrossido di alluminio, idrossido di magnesio, che sono basi deboli, che quando incontrano l’HCl nello stomaco formano acqua e sale, quindi sono un sistema tampone, e in questo caso non si vuole l’assorbimento, anzi, l’assorbimento va evitato, in un soggetto ipertensivo il bicarbonato di sodio ha un effetto negativo, perché il sodio trattiene acqua e determina pressione alta. 4 Molti farmaci vengono assorbiti, devono andare in circolo e tramite il sangue arrivano in tutte le zone dell’organismo irrorate e quindi al tessuto o all’organo target. Dopo l’assorbimento il farmaco si distribuisce, ci sono farmaci che si distribuiscono meglio, altri peggio, dopodiché si ha la metabolizzazione del farmaco, perché il farmaco viene trattato come tutti gli xenobiotici (: sostanze che vengono acquisite e poi vengono rimesse all’esterno), e come tutti gli xenobiotici il farmaco passa attraverso il fegato e la parete intestinale (che ha un corredo enzimatico molto simile a quello epatico), e anche il rene (che ha una sua capacità di metabolizzazione) e viene metabolizzato. Quando si produce un farmaco viene prestabilita una dose di assunzione, quel dosaggio è frutto di studi che hanno valutato anche se il farmaco, quando passa dall’appartato gastrointestinale al sangue, viene degradato, perché la parete intestinale ha le stesse capacità di metabolizzare i farmaci che ha il fegato. Il metabolismo è fondamentale perché a un certo punto l’effetto del farmaco deve essere interrotto, ma ha una struttura chimica che non permette immediatamente la sua escrezione, quindi il farmaco viene metabolizzato, viene trasformato, reso meno liposolubile, più idrosolubile e più facilmente eliminabile attraverso l’escrezione, l’organo principalmente interessato durante la fase di escrezione è il rene, ma i farmaci vengono eliminati anche attraverso le feci, attraverso il sudore, attraverso il respiro, attraverso il latte materno (in alcuni casi l’allattamento deve essere interrotto se la madre assume determinati farmaci, come per esempio il cortisone), attraverso i capelli (molte sostanze tossiche vengono rilavate nei capelli), e in minima parte attraverso la saliva. Il farmaco è arrivato nel sangue, si rende disponibile in tutto l’organismo, e raggiunge il bersaglio, il target. Un farmaco per agire deve interagire con un bersaglio. ! Lo studio dell’interazione del farmaco con i recettori è la farmacodinamica. (Domada d’esame: Cos’è la farmacocinetica?) La farmacocinetica è quella parte della farmacologia generale che studia i movimenti del farmaco nell’organismo permettendo di determinare l’andamento della concentrazione del farmaco nell’organismo. Le varie fasi della cinetica di un farmaco sono: Assorbimento: passaggio del farmaco dalla sede di applicazione al sangue attraverso le membrane biologiche Distribuzione: distribuzione del farmaco dal sangue ai diversi compartimenti dell’organismo Metabolismo o Biotrasformazione: modificazioni chimiche che il farmaco subisce nell’organismo, principalmente ad opera del fegato Escrezione: eliminazione del farmaco dall’organismo, prevalentemente avviene ad opera del rene. (Domanda d’esame: Cosa significa ADME? ADME è l’acronimo per definire in maniera sintetica la farmacocinetica.) PERCORSO DEL FARMACO DENTRO L’ORGANISMO L’assorbimento è il passaggio del farmaco dal sito della somministrazione al sangue, la distribuzione è il passaggio del farmaco dal sangue ai diversi compartimenti dell’organismo. Ipotizziamo di somministrare il farmaco per os a una singola dose, tramite dei prelievi sanguigni andiamo a misurare la concentrazione del farmaco nel sangue dopo vari periodi di tempo; la concentrazione inizialmente aumenterà progressivamente, fino a raggiungere un picco plasmatico: C max, che è la concentrazione al picco, la concentrazione massima, che viene raggiunta a T max, T max è il tempo necessario affinché la concentrazione plasmatica arrivi alla concentrazione massima. Dopodiché ci sarà un tempo in cui la concentrazione diminuirà, fino a quando il farmaco verrà eliminato. La farmacocinetica è necessaria per determinare la schema posologico: il range di dose, l’indice terapeutico, l’intervallo fra le somministrazioni, il tempo necessario per avere una concentrazione idonea nel sito d’azione. 5 Se il paziente ha un assetto genetico dei propri enzimi epatici diverso da quelli di un soggetto sano, tale per cui quegli enzimi lavorano in maniera accelerata si rischia di avere una terapia inefficace perché ci si trova sempre sotto al regime posologico adeguato. Durante la somministrazione bisogna sempre evitare sia l’accumulo del farmaco dovuto a un dosaggio troppo elevato, sia un quantitativo inefficace di farmaco dovuto a un dosaggio troppo scarso. (Domanda d’esame: Qual è l’unica via di somministrazione che non prevede assorbimento? La via endovenosa.) RILEVANZA TEORICO-PRATICA DELLA FARMACOCINETICA. Fornire le informazioni indispensabili alla: definizione dello schema posologico (range di dosi-intervallo somministrazioni). previsione dello schema posologico necessario per mantenere per il tempo necessario la concentrazione idonea del farmaco nel sito d’azione per l’effetto terapeutico. previsione della necessità di adattamenti di dosaggio in categorie di pazienti (anziani, bambini, donne in gravidanza, soggetti con patologie, soggetti con polimorfismi, pazienti sotto politerapia). Dopo che un farmaco viene assorbito per via orale deve passare la barriera dei capillari e poi entra nel circolo sanguigno, il farmaco per arrivare nel sangue deve attraversare le membrane biologiche, la membrana plasmatica è un bilayer fosfolipidico con delle proteine associate, i farmaci per poter attraversare le membrane devono essere degli acidi deboli o delle basi deboli, abbastanza lipofili, quelli meno lipofili sfruttano le proteine di trasporto per attraversare la membrana. Le caratteristiche chimico- fisiche del farmaco influenzano l’assorbimento per diffusione passiva, se un farmaco è molto grande è più difficile che riesca a passare, se la molecola è molto polare (: molto idrofila) è molto improbabile che riesca a superare la membrana, inoltre sono molto importanti le caratteristiche anatomo-funzionali della zona di assorbimento. Nella diffusione passiva il farmaco deve avere la capacità di diffondere attraverso il doppio strato fosfolipidico, sono importanti: la natura chimica, il peso molecolare, la liposolubilità, il grado di ionizzazione, il coefficiente di ripartizione lipidi-acqua, la forma farmaceutica. La compressa si deve disgregare, ci sono i granuli, disaggregare in fini particelle, quelle fini particelle devono andare in soluzione; nella sospensione invece ci sono già i granuli; nella soluzione il principio attivo è già disciolto, quindi la forma farmaceutica è importante in relazione all’assorbimento del farmaco. 6 Le variabilità fisiologiche sono: la mobilità gastrica, la presenza di cibo nello stomaco, il pH nel sito di assorbimento, l’area della superficie assorbente, la permeabilità della superficie assorbente, il flusso ematico, le condizioni fisio-patologiche. Perché il farmaco passi la membrana plasmatica attraverso diffusione passiva occorre un gradiente di concentrazione, che è sempre presente dato che il farmaco non è presente all’interno delle cellule, il gradiente viene creato somministrando il farmaco dall’esterno. La legge di Fick regola l’assorbimento dei farmaci per diffusione passiva (: non richiede consumo di energia da parte della cellula). Se l’area è ampia, l’assorbimento viene facilitato. Lo spessore invece è inversamente proporzionale. Occorre considerare anche le caratteristiche chimico- fisiche. La capacità di un farmaco di attraversare le membrane cellulari dipende dal suo coefficiente di ripartizione olio- acqua, un parametro che permette di valutarne il grado di idro-lipofilia. Quando il coefficiente di ripartizione è superiore a 1 il farmaco è lipofilo, quando è inferiore a 1 il farmaco è idrofilo. Il coefficiente di ripartizione si avvicina a 0 per i farmaci molto idrofili. In prossimità dello 0 per il coefficiente di ripartizione olio- acqua c’è il glicerolo. Il glicerolo è un farmaco che non viene assorbito, è un diuretico osmotico, viene somministrato per via endovenosa e viene somministrato in casi di ipertensione endocranica, perché non si assorbe e per queste caratteristiche non riesce a passare attraverso gli endoteli, non riesce ad uscire dal circolo sanguigno, viene “intrappolato” nel circolo sanguigno, richiama acqua da tutti i compartimenti, compreso il cervello, e con questo effetto riesce ad abbassare l’ipertensione endocranica, è un farmaco da utilizzare con molta attenzione. FATTORI CHE INFLUENZANO LA DIFFUSIONE PASSIVA ATTRAVERSO LE MEMBRANE La diffusione del farmaco è ostacolata da: 1. Un basso coefficiente di ripartizione olio-acqua, 2. Una membrana plasmatica spessa, 3. Una superficie della barriera piccola, 4. Un basso rapporto di concentrazione. La diffusione del farmaco è promossa da: 1. Un altro coefficiente di ripartizione olio-acqua, 2. Un sottile strato della membrana plasmatica, 3. Un’ampia superficie della barriera, 4. Un alto rapporto di concentrazione. 7 ASSORBIMENTO PER VIA ORALE Nell’assorbimento per via orale il gradiente di concentrazione è alto perché viene creato mediante l’assunzione del farmaco (ciò promuove la diffusione del farmaco), la struttura dell’apparato gastrointestinale è abbasatanza spessa (ciò ostacola la diffusione del farmaco), l’area della superficie assorbente è molto ampia (ciò promuove la diffusione del farmaco), abbiamo tra i 9 e i 10 metri di intestino, probabilmente 35 metri quadri. L’area della superficie assorbente è un elemento fondamentale nella somministrazione per via orale. I farmaci che vengono assunti per via orale entrano in contatto col cibo, a volte sul bugiardino si trova scritto di assumere un farmaco dopo un pasto o lontano dai pasti, perché il cibo e gli integratori possono interferire pesantemente con l’assunzione di un farmaco. Per esempio se una persona ha uno scompenso cardiaco deve prendere un farmaco come il Lanoxin, una digossina che aumenta la forza di contrazione, ha un effetto inotropo positivo, e aumenta la capacità cardiaca di pompare sangue. Se questo paziente ha anche i trigliceridi alti potrebbe iniziare ad assumere delle fibre (convinto che essendo sostanze naturali non avranno effetti collaterali o avversi). Le fibre sicuramente abbasseranno i trigliceridi, ma le fibre rimangono a lungo nell’intestino, la digossina che viene assunta rimane “intrappolata” dalle fibre, e la sua biodisponibilità si riduce dal 16% al 32%, quindi la quantità di farmaco somministrata si riduce moltissimo. Le interazioni tra cibo e farmaco possono essere sia di natura farmacocinetica, sia di natura farmacodinamica. Le tetracicline sono antibiotici ad ampio spettro, se assunti con il cibo la loro biodisponibilità si riduce fino al 57%, se si assume latte, dato che il latto è ricco di calcio e il calcio lega le tetracicline, la biodisponibilità si riduce fino al 65%, se si assumono integratori, che possono essere fortemente concentrati e ricchi di calcio, la biodisponibilità si riduce fino all’80%. Il Ciproxin, l’Avelox, la Norafloxacin, la Ciroproflxacina sono farmaci da assumere con almeno 200 ml di acqua, se questi farmaci vengono assunti e si sceglie di mangiare uno yogurt o bere un bicchiere di latte la loro biodisponibilità si riduce drasticamente, si può ridurre la biodisponibilità fino al 50%. Il cibo può formare un film sulle compresse che può essere resistente ai succhi gastrici, particolarmente rigido, e questo riduce l’assorbimento o quanto meno la velocità di assorbimento, di conseguenza l’efficacia della terapia sicuramente varierà. L’assorbimento di alendronato, che è un bifosfonato, sarà ritardato e significativamente ridotto se si assume con acqua molto ricca di calcio. Nell’assorbimento non esiste solo la diffusione passiva, esiste la possibilità che il farmaco utilizzi dei trasportatori. Le cellule hanno un ricco sistema di trasporto e i farmaci possono sfruttare questi trasportatori. Le caratteristiche dei trasportatori con il farmaco sono: la saturabilità, la specializzazione (per esempio la metildopa e la penicillina usano il carrier per gli AA), la competitività (anche i farmaci possono competere per lo stesso trasportatore), l’inibizione. 8 La metildopa è un farmaco che si utilizza per il Parkinson, non passerebbe a livello della barriera ematoencefalica, ma la metildopa mima gli amminoacidi, le cellule della barriera ematoencefalica sono “ingannate” e anziché portare all’interno della cellula amminoacidi portano la metildopa. Il numero dei trasportatori è geneticamente determinato, nell’unità di tempo esiste una velocità massima di trasporto, se ci sono due farmaci quello meno affine perde, perché si lega di meno. Nella competizione è importante la specificità ma anche la concentrazione, quindi un farmaco meno specifico ma anche meno concentrato all’interno della cellula può comunque essere legato dal trasportatore. Alcuni trasportatori funzionano come difesa e portano fuori delle sostanze che sono riuscite a entrare. La P-glycoprotein (P-gp) è un trasportatore particolare espresso in cellule chiave, come quelle del lume intestinale, del lume dei tubuli renali, a livello della barriera ematoencefalica e a livello degli epatociti. La P-gp è un trasportatore che limita l’assorbimento del farmaco e trasferisce il farmaco dagli enterociti al lume intestinale, a questo punto il farmaco verrà escreto con le feci. Se un soggetto assume la Digossina e assume anche un inibitore della P-gp la biodisponibilità della Digossina aumenta tantissimo, aumenta la concentrazione del farmaco. Molto spesso i chemioterapici vengono associati a inibitori della P-gp per rendere la terapia antitumorale più efficace e combattere la reazione di difesa che ha l’organismo nei confronti del farmaco. 9 ODONTOIATRIA E PROTESI DENTARIA 2023/2024 Sbob. Vito Fischetto Data: 22 nov. 2023 Revis. Margherita Testa Sbob n° 3 Materia Farmacologia generale e speciale Prof. P. Ballerini ASSORBIMENTO DISSOCIAZIONE DEI FARMACI Molti farmaci sono acidi o basi deboli, e possono trovarsi in forma ionizzata o meno ionizzata: la forma ionizzata è la più idrosolubile (meno lipofila), dunque ha più difficoltà ad attraversare le membrane. Questi farmaci, tuttavia, posso essere trasportati attraverso la cellula mediante proteine di membrana e proteine carrier. Questi spostamenti possono avvenire sia verso l’interno della cellula sia verso l’ambiente extracellulare. Per esempio, tra i trasportatori “protettivi” cellulari ritroviamo la p glicoproteina (P-gp), la quale è implicata nello smaltimento delle sostanze estranee e ritenute tossiche dalla cellula. Essa rappresenta, pertanto, un problema per il trattamento di patologie tumorali, in quanto riconosce i chemioterapici come sostanze estranee, legandoli e determinandone l’espulsione dalla cellula. EQUAZIONE DI HANDERSON-HASSELBACH L’equazione di Henderson-Hasselbach mette in relazione la forma protonata (dissociata) e la forma indissociata di un farmaco, con un parametro farmacocinetico: il pKa. Il pKa indica il pH al quale il 50% del farmaco in soluzione (in un determinato contesto, come lo stomaco, l’intestino…) si trova in forma dissociata, mentre l’altro 50% è in forma indissociata. Da questa equazione si determina il pH dell’ambiente in cui si trova il farmaco, associato alla quantità di farmaco dissociato ed indissociato. L’equazione di Henderson-Hasselbach, dunque, mette in relazione il pKa con il pH dell’ambiente in cui il farmaco si ritrova ad essere assorbito. Il pKa può essere una domanda del compito!!! Sapere bene!!! 1 Lo stomaco, per esempio, ha pH che va da 1 fino a 5.5; mentre, il duodeno ha un pH più basico. Il pH dell’ambiente in cui il farmaco si trova è importante per determinare l’assorbimento del farmaco. Un acido debole (es: pH 3,5) in ambiente acido NON si dissocia (è più lipofilo), quindi sarà ben assorbito a livello gastrico; viceversa, una base debole (es. pH 9) in ambiente acido (come nello stomaco) sarà molto più dissociato, e pertanto poco assorbito. Anestetici locali hanno pKa=9, quindi si dissociano in ambiente acido. Per conservare il farmaco indissociato, vengono messi in soluzioni debolmente basiche. Quando prevale forma indissociata è maggiore la lipofilia, e maggiore è anche l’assorbimento. Oltre alle caratteristiche chimico-fisiche di un farmaco, l’assorbimento è molto influenzato dalle caratteristiche fisiologiche. Per esempio, per quanto riguarda la somministrazione orale, i fattori che influenzano l’assorbimento sono: il pH dello stomaco (a sua volta determinato dalla presenza di cibo), la mobilità gastrica (se in condizioni di normalità o meno), il fatto stesso di far passare il farmaco attraverso il sistema gastrointestinale, che dispone di un’area molto ampia, è un fattore favorevole all’assorbimento, lo spessore del tessuto che il farmaco deve attraversare, la vascolarizzazione del tessuto. Ricordiamo che per assorbimento si intende quel processo di passaggio del farmaco dalla zona di somministrazione AL SANGUE. Ne consegue che un’elevata vascolarizzazione del tessuto aumenta l’assorbimento del farmaco. Questa caratteristica dell’assorbimento viene sfruttata per gli anestetici locali, dei quali la maggior parte contiene adrenalina. Questa, tramite la sua azione di vasocostrittore, impedisce all’anestetico di essere assorbito, permettendogli di svolgere un’azione topica prolungata e più efficace. In più, si evita l’instaurarsi di effetti nocivi che potrebbe sviluppare l’anestetico a livello sistemico, come il blocco di tutte le fibre eccitabili. Non si può evitare l’assorbimento del farmaco quando non vogliamo che venga assorbito; tuttavia, possiamo limitare i danni a valle (discorso che affronteremo più avanti). 2 VIE DI SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI Esistono diverse vie di somministrazione dei farmaci: - Vie naturali (per esempio, somministrazione per os): in queste non c’è soluzione di continuo nella cute e nelle mucose. Quando si fa un’iniezione (come nella somministrazione endovenosa), invece, si crea una soluzione di continuo; pertanto, queste non sono vie di somministrazione naturali. - Vie parenterali (per esempio, somministrazione per endovena, intramuscolo…) La somministrazione orale (per os) è molto comune e diffusa, in quanto la grandezza della superficie di assorbimento del sistema gastrointestinale (circa 40 mq) garantisce un buon assorbimento dei farmaci. INTERFERENZE CON L’ASSORBIMENTO DEI FARMACI L’assunzione di cibo, ma anche di integratori, può interferire con l’assorbimento dei farmaci. Per esempio, l’assunzione di Lanoxin contemporaneamente ad integratori per diminuire la colesterolemia determina una ridotta, se non completa assenza, di assorbimento del principio attivo. L’interazione dei cibi con i farmaci può causare alterazioni non solo nella farmacocinetica, ma anche nella farmacodinamica, modificando, per esempio, il principio attivo del farmaco. Le tetracicline (una classe di antibiotici), per esempio, hanno un tropismo particolare per il Ca2+ e per i tessuti in accrescimento: infatti, bambini a cui sono state somministrate tetracicline quando avevano meno di 6 anni (con ancora dentizione decidua), nel momento della permuta si sono ritrovati i denti permanenti di color giallo-bruno. Questo perché il farmaco si è depositato sui denti in formazione. La biodisponibilità delle tetracicline è influenzata dal cibo contenente calcio, e non vengono assorbite se in presenza di Ca2+. Quando si ha una riduzione della biodisponibilità dell’80% è come se l’antibiotico non lo stessimo somministrando affatto. Il fluoro-chinolone (un antibiotico) deve essere bevuto con almeno 250ml di acqua e bisogna EVITARE di assumere latticini o integratori a base di calcio da mezz’ora prima a mezz’ora dopo l’assunzione, perché viene dimezzata la biodisponibilità dell’antibiotico. Se ciò avviene, non si raggiunge la dose efficace e si sviluppa resistenza. FORME FARMACEUTICHE A RILASCIO MODIFICATO Possibile domanda d’esame: cosa s’intende per forma farmaceutica a rilascio modificato? S’intende un preparato farmaceutico che è in grado di modificare la velocità di rilascio del principio attivo, in modo tale da raggiungere determinati effetti terapeutici che non sono ottenibili con le forma farmaceutiche convenzionali, o anche ridurre gli effetti collaterali. 3 Esistono diverse definizioni delle forme farmaceutiche a rilascio ritardato: prolonged-release, rilascio lento, rilascio pulsato, controllato. Le tre più importanti sono: - Forme farmaceutiche a rilascio ritardato (enteric coated, timed released, retard): preparazioni che rilasciano il farmaco dopo un periodo di latenza. Comprendono tutte le forme gastroresistenti, antiulcera, inibitori di pompa. Per esempio, devo somministrare una terapia antinfiammatoria (per un’infiammazione nel cavo orale, come un ascesso che non si risolve) ad un paziente che ha una gastrite o ne soffre: io dentista, prescrivo anche un inibitore di pompa protonica, per proteggere il farmaco durante il passaggio nello stomaco. - Forme a rilascio prolungato (tanti sinonimi…): liberano il farmaco lentamente, quindi prolungano la durata dell’effetto. Tipica forma degli antidolorifici, tipo il tapentadolo (principio attivo della Palexia, un oppioide). L’operatore controlla in maniera costante le quantità di farmaco rilasciate, ed è più sicuro della quantità che viene assorbita. - Forme a rilascio controllato: liberano lentamente il farmaco ed in più permettono di mantenere i livelli ematici del farmaco costanti (per esempio, antimicrobici contro la malattia parodontale). Questo è possibile perché conosco la velocità di eliminazione del farmaco nell’unità di tempo. Quindi la velocità di rilascio è uguale alla velocità di eliminazione. I vantaggi di queste forme sono: o riduzione frequenza somministrazioni, o maggiore compliance da parte del paziente, o riduzione degli effetti indesiderati o tenere stabile la concentrazione del farmaco nel circolo sanguigno, controllando meglio la patologia o ridurre la concentrazione di farmaco da somministrare, o diminuzione degli effetti collaterali sistemici, o costo minore della terapia. Ci sono dei limiti nei farmaci che possono essere somministrati, come l’eccessiva emivita (può causare il rischio di accumulo), problemi di solubilità, l’indice terapeutico basso. CIRCOLAZIONE SANGUIGNA E SISTEMA GASTROENTERICO Possibile domanda esame: cos’è l’effetto di primo passaggio di un farmaco? È l’effetto della prima trasformazione che il farmaco subisce quando passa attraverso il fegato. L’effetto di primo passaggio si verifica solo con somministrazione orale (in parte per via rettale): il farmaco entra nel circolo sistemico e va a finire, attraverso tutte le vene che drenano l’apparato gastrointestinale, nella vena porta, raggiungendo il fegato. Il fegato, che ha funzione detossificante, trasforma, metabolizza, e modifica il farmaco. Questo è l’effetto di primo passaggio, ed è differente tra i vari farmaci. 4 Successivamente, il farmaco lascia il fegato tramite le vene sovra epatiche, va in vena cava, poi nel cuore, che pompa il sangue (con il farmaco residuo e i suoi metaboliti) in circolo. A questo punto il farmaco inizia a svolgere la sua funzione nei vari tessuti. Un altro effetto importante è il passaggio critico del farmaco attraverso la parete dell’intestino (organo molto complesso, simile al fegato per gli enzimi metabolizzanti posseduti). Quando il farmaco attraversa il fegato in parte viene metabolizzato, ma non è detto che venga eliminato. Uno dei meccanismi della metabolizzazione consiste nel far legare al farmaco una molecola più grande per renderlo più idrofilo, Per esempio, l’acido gluruconico. Il processo di legame del farmaco con l’acido glucuronico viene detto glucuronazione. Il farmaco blu viene coniugato, e si trasforma nella molecola verde. Il farmaco verde (coniugato), attraverso il dotto biliare, raggiunge l’intestino: nell’intestino ci sono batteri (microbiota microbioma microbiotici, postbiotici), che possiedono la glucuronidasi. Questi batteri staccano di nuovo il farmaco dall’acido glucuronico, rendendolo nuovamente lipofilo: una parte del farmaco viene persa sicuramente, ma un’altra parte viene riassorbita di nuovo (vena porta, vena epatica, vena cava…). Questo è il circolo enteroepatico. VIE DI SOMMINISTRAZIONE Gran parte dei farmaci è somministrata oralmente perché: - è una via di somministrazione facile - vi è una grande area di assorbimento - è una via sicura - non provoca dolore (differentemente dalla puntura) - è una soluzione economica (non devo comprare ago, siringa, infermiera) - si possono utilizzare preparati retard, a rilascio prolungato… - si può intervenire in caso di errore (due dita in gola, lavanda gastrica) Gli svantaggi della somministrazione per os sono: - richiede tempo, si ha latenza dell’effetto: l’effetto non è immediato (quindi in casi particolari di emergenza è necessaria un’altra via di somministrazione) - scarsa prevedibilità delle concentrazioni 5 - collaborazione del paziente - impossibilità di utilizzo se il paziente ha nausea/vomito Differente è la somministrazione per via orale ma sotto la lingua: queste sono forme ad azione rapida, perché il pavimento orale è molto irrorato e le mucose sono molto sottili, quindi l’assorbimento, per la legge di Ficht, avviene rapidamente. Altra condizione che determina la velocità di azione è che parte delle vene della cavità orale confluisce direttamente nella vena cava superiore, evitando il passaggio nel fegato (quindi evitano l’effetto di primo passaggio). Altra situazione simile è presente nel retto, le cui vene emorroidaria media ed inferiore, non passano nel fegato ma vanno direttamente nella vena cava inferiore. Quindi, la somministrazione per via rettale rappresenta una via di somministrazione rapida ed efficace in determinate situazioni. (es: per le convulsioni si usano microclismi che contengono valium, il farmaco è in soluzione, già disciolto). Anche perché, in caso di convulsioni, la somministrazione orale o sublinguale è molto difficile, e tantopiù è difficile trovare una vena; pertanto, la soluzione migliore è il microclisma rettale. La somministrazione per via cutanea avviene attraverso le membrane come preparati, patch, che danno anestesia moderata. Non è ancora una tecnica diffusa perché ha un costo elevato, e l’adesione non è ottimale, sebbene una soluzione alternativa all’anestesia locale sarebbe molto gradita soprattutto per i trattamenti su pazienti pediatrici. La somministrazione su membrane e mucose viene effettuata per ottenere effetti locali. L’assorbimento è, tuttavia, rapido, tanto che si possono rapidamente indurre effetti tossici sistemici. La somministrazione per via endovenosa presenta dei vantaggi: − azione molto veloce (ingresso direttamente nel circolo), − precisione elevata del dosaggio (quindi biodisponibilità pari al 100%), − il farmaco non va incontro a mutazioni (perché non viene processato dagli organi metabolici). e degli svantaggi: − andando direttamente in circolo, eventuali errori non sono correggibili, non si può intervenire per diminuire la dose del farmaco o bloccarne l’azione. BIODISPONIBILITÀ Cos’è il t-max? È il tempo in cui si raggiunge la massima concentrazione di farmaco (C-max). Quali sono i fattori che influenzano la biodisponibilità? 6 Sicuramente il dosaggio: una parte verrà distrutta dall’intestino, supera l’intestino, e va nel fegato che distrugge un'altra parte di farmaco: alla circolazione sistemica arriverà una piccola percentuale del farmaco. Questi passaggi sono importanti per individuare il corretto dosaggio del farmaco (per esempio, per poter mettere in commercio l’aspirina a 300mg piuttosto che un altro dosaggio). Definizione di biodisponibilità: quantità di farmaco non modificato che raggiunge la circolazione sistemica. Per esempio, la somministrazione per via intramuscolo è più veloce della sottocutanea. BIOEQUIVALENZA Sulla base dell’assorbimento e sulle curve di biodisponibilità si determina l’equivalenza di un farmaco generico rispetto al griffato. Il principio di bioequivalenza stabilisce che vi sia assenza di differenza nella velocità e nella concentrazione con cui il principio attivo del farmaco risulta disponibile nel sito d’azione, quando i due prodotti (farmaco griffato e farmaco equivalente) vengono somministrati alla stessa dose. La misurazione della quantità del farmaco viene eseguita a livello ematico. Le curve del Diazepam e del Valium hanno lo stesso AUC? I valori di AUC, C-max, e t-max devono essere simili: è ammessa una variazione compresa tra l’80 e il 125% (quindi tra -20% e + 25%, rispetto alla forma farmaceutica di riferimento). Per esempio, Midazolam e Diazepam sono forme bioequivalenti. I farmaci generici vanno protetti, tuttavia bisogna prestare attenzione all’utilizzo. Si può, infatti, andare incontro al fenomeno del biocreep. Il fenomeno del biocreep si basa sul fatto che farmacie diverse possano consegnare allo stesso paziente farmaci generici diversi. La bioequivalenza non è una proprietà transitiva: mentre un generico è bioequivalente al corrispettivo di marca, un altro generico non è bioequivalente con l’altro generico. Questo rappresenta un problema soprattutto per farmaci con un basso indice terapeutico. 7 Per evitare questi problemi di biocreep si stanno modificando i criteri di bioequivalenza rendendoli più selettivi: dal -10% al +10%. DISTRIBUZIONE La distribuzione definisce i fenomeni alla base del trasferimento del farmaco dal sangue ai vari compartimenti dell’organismo, quindi ai vari tessuti. Mentre l’assorbimento è un processo monodirezionale; la distruzione, invece, è un processo è reversibile. Quindi, il farmaco si distribuisce dal circolo sistemico ai vari compartimenti, ma dai vari compartimenti può ritornare in circolo. È molto importante la distribuzione perché a seconda della velocità con cui avviene, l’effetto farmacologico, e quindi la risposta terapeutica, sarà più o meno rapido. Un farmaco libero si sposta nei vari depositi tissutali, raggiungendo vari tessuti di deposito, per spostarsi verso il suo sito d’azione. Un farmaco che sia un acido o una base debole, nel sangue (altamente idrofilo) avrebbe difficoltà a muoversi; quindi, sfrutta la presenza delle proteine trasportatrici (albumina, globulina), legandovisi. Queste proteine vanno dunque a costituire un sito di deposito circolante. Legato alle proteine, tuttavia, non riuscirebbe il farmaco ad attraversare le membrane, quindi deve tornare farmaco libero, slegandosi dalle proteine plasmatiche. Passando, poi, l’endotelio dei capillari, diffonde nei vari tessuti. Il legame con queste proteine è debole, perché il farmaco dovrà staccarsi e raggiungere i siti di deposito. La distribuzione del farmaco si misura in litri pro kg. Se un farmaco ha distribuzione pari a 5lt/kg, sappiamo che agisce sul circolo sistemico. Per esempio: Diazepam (40 lt/kg) arriva dappertutto, perché molto lipofilo. Maggiore è il volume di distribuzione maggiore sarà l’emivita del farmaco. In farmacologia si de nisce emivita il tempo durante il quale si riduce della metà la concentrazione di un farmaco rilevabile all'interno del torrente circolatorio. 8 fi ODONTOIATRIA E PROTESI DENTARIA 2023/2024 Sbob. Doralisa Ranalletta Data: 29 novembre 2023 Revis. Margherita Testa Sbob n° 4 Materia Farmacologia generale e speciale Prof. Ballerini P. DISTRIBUZIONE (continuo) VOLUME DI DISTRIBUZIONE (continuo) Il volume di distribuzione è un parametro molto importante nella farmacologia generale perché incide sull’emivita del farmaco: più è alto il volume di distribuzione (e ciò significa che si distribuirà a tutti i tessuti dell’organismo, anche dentro le cellule), più è lungo il tempo in cui rimarrà in circolo, e quindi più lunga sarà l’emivita. (questo potrebbe essere oggetto di una domanda d’esame!!) Il volume di distribuzione va calcolato in base all’acqua corporea totale (che è di 42 L circa), se valutiamo il nostro organismo come un unico compartimento (piccola digressione: la farmacologia generale, in particolare la farmacocinetica, usa dei modelli matematici; quello più semplice è il modello di studio monocompartimentale, seguito da bi- e tricompartimentale; studiano come il farmaco si distribuisce temporalmente e quantitativamente all’interno di questi diversi compartimenti del nostro organismo). È importante saperlo perché, quando il valore di distribuzione rientra nei 42 litri, il farmaco ha una distribuzione omogenea; quando invece è molto più alto o molto più basso, allora la sua distribuzione sarà disomogenea e ciò significa che probabilmente c’è una parte del nostro organismo che funge da sito di accumulo del farmaco e si potrebbero avere delle ripercussioni. L’acqua totale corporea è suddivisa in: Plasma (circa 3 L) Volume interstiziale (circa 12 L) Volume intracellulare (circa 27 L) Per misurare l’acqua corporea, possiamo utilizzare il principio della diluizione di un tracciante (colorante) → maggiore è la concentrazione del colorante, minore è il volume di acqua. Per determinare il volume d’acqua sperimentalmente, si fa un’iniezione endovena di una quantità nota di una determinata sostanza; dopo un certo periodo di tempo dopo il quale il colorante si sarà distribuito, 1 si preleva il sangue e si determina la concentrazione plasmatica della sostanza. A questo punto, abbiamo sia la quantità (dose), sia la concentrazione e possiamo calcolarci il volume di acqua (dose/concentrazione). Ovviamente per essere arrivati a conoscere i valori di plasma, volume interstiziale, volume intracellulare, volume dell’acqua corporea totale ecc. … abbiamo utilizzato diversi tipi di coloranti: per esempio il colorante Evans lega l’albumina, Mannitolo per il volume extracellulare (esso non entra mai nelle cellule, lega tutto ciò che è extracellulare e infatti agisce da diuretico osmotico → richiama acqua e spinge l’organismo a fare una diuresi forzata, non si riassorbe nemmeno a livello renale), Urea e altre sostanze si usano per valutare il volume di acqua corporea totale. Definizione di volume di distribuzione del farmaco: nel modello monocompartimentale, è il volume teorico di acqua corporea richiesto per contenere la quantità di farmaco presente nell’organismo. In questo contesto il processo di distribuzione viene considerato immediato, istantaneo, e ciò significa che i tessuti sono in rapido equilibrio con la concentrazione plasmatica (si fa riferimento solo alla concentrazione plasmatica, altrimenti se non definissimo questo assunto, non potremmo ricavare dalla formula il nostro volume di distribuzione del farmaco). Esistono, come abbiamo già accennato, anche altri modelli: c’è un altro volume che, per esempio, viene calcolato sulla base di due compartimenti, ma è un discorso più complicato che non affronteremo. Sulla base dell’immagine seguente, riusciamo a comprendere come calcolare il volume di distribuzione, ovvero dalla X (che è il dosaggio che abbiamo dato) e dalla C (la concentrazione, che possiamo misurare). 2 Tutto ciò fornisce informazioni molto utili sulla penetrazione del farmaco nei tessuti. La distribuzione di un farmaco si determina misurando il volume di liquido nel quale esso si distribuisce e per questo viene definito volume di distribuzione. Può essere espresso sia in senso assoluto, come volume totale ( di 42 L), sia come volume/kg di peso corporeo. Ma cosa ci dice? Vediamo qualche esempio: Warfarin (è il principio attivo del Coumadin, anticoagulante molto utilizzato, anche se ora si utilizzano più i NAO, nuovi anticoagulanti orali): ha una solubilità bassa, notiamo che il suo volume di distribuzione è di 0,14 L/kg; quindi, se applichiamo questo valore ad un soggetto di circa 70kg, otterremo circa 7 L → rientra nel volume del sangue (in un uomo adulto questo va dai 5 ai 6 litri, più o meno). Questo ci dice che questo farmaco rimane nel sangue, può andare al massimo al livello interstiziale tra le cellule ma nulla di significativo; quindi, avrà il suo effetto farmacologico e anche i suoi effetti collaterali al livello del sangue, senza essere distribuiti al livello di vari organi/tessuti. Amoxicillina e Gentamicina (antibiotici): hanno un volume di distribuzione più alto. Fenitoina, Diazepam, Amitriptilina (antidepressivi): questi farmaci devono raggiungere il SNC, sono lipofili e hanno un volume di distribuzione molto elevato. Quando un farmaco supera i 42 L (come nel caso della Clorochina, antimalarico), il farmaco ha una distribuzione disomogenea; quindi, andrà a depositarsi da qualche parte. Il volume di distribuzione in questo caso è un volume apparente di distribuzione, che è il volume teorico di acqua corporea richiesto per contenere la quantità di farmaco presente nell’organismo, supponendo che la sua concentrazione sia ovunque uniforme e pari alla concentrazione plasmatica. (Se all’orale la prof. chiede “Cos’è il volume di distribuzione?” e la risposta è “È il volume apparente…” allora lei potrebbe chiedere “Perché mi parli di volume apparente?” a questo punto la risposta sarà “Perché è un volume teorico, che però ci dice come si sta comportando il farmaco” – prestare attenzione anche all’esempio seguente per comprendere il concetto) Es. : immaginate un farmaco rosso, inseriamolo in una boccia di vetro inserita in un circuito d’acqua chiuso. A un certo punto, il colore rosso sparisce completamente dalla boccia dove inizialmente l’abbiamo inserito perché è andato a depositarsi nelle parti più estreme del circuito. In questo caso, il volume di concentrazione è teorico. 3 Le proprietà farmacocinetiche sono riportate nei bugiardini. L’OKi, per esempio, ha un volume di distribuzione che va da 0,1 a 0,4 L/Kg. Ci interessa saperlo perché attraverso i calcoli, in un uomo di circa 70 kg riusciamo ad ottenere 28 L/Kg, che ci suggerisce che si distribuisce molto e può raggiungere le zone infiammate entrando proprio nelle cellule (infatti vedremo che i FANS funzionano perché bloccano l’enzima ciclossigenasi all’interno delle cellule). Un altro farmaco è il Midazolam, uno dei farmaci ansiolitici preanestetici utilizzati per la sedazione cosciente nelle pratiche odontoiatriche. Il volume di distribuzione arriva a 1,2 L/Kg, molto più ampio di quello dell’OKi, ma questo perché il Midazolam deve raggiungere il SNC; quindi, ha un volume di distribuzione particolarmente ampio. Se un farmaco ha un valore di distribuzione uguale o compreso tra i valori di volume di distribuzione dei tre compartimenti acquosi dell’organismo, ha una distribuzione omogenea. Se invece ha un valore molto maggiore/molto minore di 42 L, avrà una distribuzione disomogenea. Se ho una distribuzione disomogenea, il farmaco si accumulerà da qualche parte; riprendendo gli esempi citati sopra: il Coumadin si accumulerà nel sangue; invece, gli altri più lipofili si accumuleranno sia nel cervello, sia nei tessuti molto lipofili (come il tessuto adiposo), e quindi l’emivita si allungherà. DISTRIBUZIONE: DA COSA DIPENDE? Il processo di distribuzione dipende da: Vascolarizzazione degli organi: ci sono compartimenti più vascolarizzati rispetto ad altri, e il farmaco raggiungerà più facilmente e in quantità maggiore gli organi più perfusi, che sono fegato, cuore, 4 polmoni, rene, cervello, muscolo in attività (a riposo il muscolo non riceve grandissime quantità di sangue). La gittata cardiaca, il flusso ematico regionale e il volume del tessuto determinano la velocità di rilascio del farmaco e la potenziale quantità di farmaco che viene distribuita. La velocità con cui il farmaco arriva ai vari tessuti e raggiunge l’equilibrio di distribuzione è proporzionale al flusso sanguigno. Alle zone minormente perfuse, la distribuzione può essere davvero molto lenta, a volte sono necessarie ore prima che il farmaco faccia effetto. Caratteristiche chimico-fisiche del farmaco (liposolubilità, lipofilia): è molto diversa la distribuzione di un farmaco idrofilo rispetto a un farmaco idrofobo. Analizzando l’immagine, cerchiamo di comprendere cosa avviene. Nella situazione in cui abbiamo un farmaco idrosolubile, dopo la somministrazione esso va nel plasma e si distribuisce nel liquido interstiziale fino al raggiungimento di un equilibrio, ma non entra nelle cellule. Nella situazione in cui abbiamo un farmaco liposolubile, invece, la stessa quantità di farmaco si distribuisce sia nel plasma, sia nel liquido interstiziale, sia nelle cellule. Molti antibiotici sono farmaci idrosolubili che passano attraverso i capillari fenestrati e si distribuiscono prevalentemente negli interstizi, dove trovano gli agenti batterici da combattere. Percentuale del farmaco legato alle proteine plasmatiche Presenza di particolari strutture (es. barriera ematoencefalica, placenta) Se un farmaco ha un volume di distribuzione più ampio, cosa succede? Osserviamo il simpatico esempio di Stanlio e Ollio. Poniamo di utilizzare il Tiopentale (anestetico) su entrambi. Osservando i valori, vediamo che il volume di distribuzione per Stanlio è di 1,95 L/Kg, mentre per Ollio è di 7,94 L/Kg, ben quattro/cinque volte maggiore. Dall’anestesia, chi si sveglierà prima? La risposta è Stanlio! Perché? Nel caso di Ollio, immaginando che pesi 80 Kg, facendo i calcoli matematici sulla base delle formule viste sopra, notiamo che il volume di distribuzione è disomogeneo, e quindi avremo un sito di accumulo. Se c’è un sito di accumulo, il farmaco rimarrà continuamente disponibile: man mano che dal circolo sanguigno sparisce, dai siti di deposito ritorna nel circolo sanguigno e continuerà ad esercitare il suo effetto di anestetico. E ciò come si lega all’emivita del farmaco? Ricordiamo cos’è l’emivita del farmaco: è 5 il tempo (la prof. ci consiglia di collegare l’emivita con la parola “tempo” per non confonderci con la concentrazione!!) necessario affinché la concentrazione plasmatica del farmaco si dimezzi. Chiaramente, se dai siti di deposito c’è un continuo rifornimento di farmaco nel sangue, l’emivita si allunga. Questo è importante, perché ci suggerisce che bisogna stare attenti a quelle situazioni in cui i farmaci hanno un ampio volume di distribuzione: in questi casi (es. negli obesi), se si effettuano dosaggi ravvicinati, si potrebbero venire a creare situazioni di tossicità pericolose. Analizziamo l’immagine di lato: la curva con i pallini neri è Stanlio, l’altra è Ollio. Si può apprezzare la durata maggiore nel caso di Ollio. Ma dove va a finire il farmaco? Esso viaggia nel circolo sanguigno legato alle proteine del plasma e in più si va a depositare nei tessuti (soprattutto nel tessuto adiposo). Questi legami che vengono a crearsi in entrambi i casi sono sempre deboli; quindi, il farmaco piano piano si stacca. Esempio: nella tabella seguente osserviamo cosa avviene dopo un’iniezione di Tiopentale nel cane in due tempi diversi. Cinque minuti dopo l’iniezione, notiamo che la sua concentrazione è maggiore in alcuni distretti corporei, come il cervello, e minore in altri, come il tessuto adiposo appunto. Dopo sessanta minuti, il rapporto si inverte. Piano piano, la concentrazione nel tessuto adiposo tornerà ad abbassarsi, perché rilascerà il medicinale che tornerà nel plasma e poi al cervello. Il tessuto adiposo rilascia il medicinale molto lentamente. La farmacologia generale ha un impatto importantissimo sull’uso clinico dei farmaci. È per questo motivo che le industrie farmaceutiche, ad oggi, preferiscono investire su farmaci già in produzione con profili farmacocinetici particolarmente interessanti per i clinici che devono poi utilizzarli. Ad esempio, il Tiopentale è stato oggetto di studio nei detenuti condannati a morte, per capirne il funzionamento (2008). Gli studi hanno cercato di individuare una quantità che consentisse un blocco dei centri del respiro; in più, hanno cercato di comprendere il destino del Tiopentale dopo la morte. Si è osservato che, subito dopo la morte, il Tiopentale continua a ridistribuirsi; quindi, anche quando la circolazione è ormai ferma, ci sono siti di deposito che continuano a fornire Tiopentale all’organismo. Nel bugiardino del Tiopentale, infatti, c’è scritto che si accumula dalle 6 alle 12 volte nel tessuto adiposo rispetto a quanto è presente nel plasma. Il tessuto adiposo, inoltre, rilascia molto lentamente il farmaco, con conseguente prolungata anestesia. Proprio per 6 questo motivo, quando si fa anestesia in un paziente obeso, bisogna prestare molta attenzione, perché si può rischiare un accumulo con conseguenti effetti tossici. Questi sono studi di farmacocinetica e farmacodinamica. Al posto del Tiopentale, però, farmaci che vengono utilizzati normalmente come premedicazione sono le benzodiazepine con attività ansiolitica. Un esempio è il Delorazepam, una delle benzodiazepine con il più breve on- set time (= tempo impiegato per agire; infatti, agisce già dopo 5 minuti). Per la nostra professione, un ansiolitico che abbia un effetto rapido è molto utile! La somministrazione è generalmente per via orale (1-2 mg), ma può anche essere seguita da una sedazione per via endovenosa. Anche qui, il controllo del paziente è necessario, perché questi farmaci hanno un volume di distribuzione ampio (essendo liposolubili) e vanno a depositarsi anche nel tessuto adiposo. FARMACO LIBERO E FARMACO LEGATO (COMPLESSO FARMACO-PROTEINA) Fin qui abbiamo ampiamente compreso che il farmaco con ampio volume di distribuzione si lega ai tessuti, che fungeranno quindi da deposito. Quando però parliamo di un farmaco che esercita il suo effetto, parliamo di farmaco libero. Parliamo di farmaco “libero” perché una parte di farmaco, più o meno importante, viene veicolata all’interno del sangue legato alle proteine plasmatiche. Una volta che si slega, raggiunge i tessuti bersaglio. È tutta una questione di equilibrio che si sposta, parliamo quindi di equilibrio 7 dinamico: all’equilibrio, la quota di farmaco libero (F) reagisce con la proteina (P) e si forma il complesso farmaco-proteina (FP). Il grado di legame farmaco-proteina è espresso da un rapporto: concentrazione farmaco legato/concentrazione totale di farmaco >1 > 130 mL/min (> 40 L/h), oltre al rene risulta coinvolto anche il fegato nel processo di filtrazione. L’importanza clinica ed il rischio di effetti tossici dipendono non solo dal valore relativo di escrezione renale ma anche dall’indice terapeutico del farmaco. (Domanda d’esame: Cos’è un indice terapeutico? Corrisponde al rapporto tra la dose letale e la dose efficace di un farmaco). Perché l’importanza clinica relativa all’effetto tossico dipende anche dall’indice terapeutico? Prendendo in considerazione l’Amoxicillina (principio attivo dell’Augmentin), il tempo di dimezzamento per l’eliminazione è diversa in un rene fisiologico (1h) rispetto a un rene patologico (12,5h). Siccome si parla di antibiotici, sono molto sicuri, ma bisogna prestare molta attenzione a possibili allergie. Quindi, se ho un’insufficienza renale, la farmacocinetica viene alterata, perché i farmaci vengono rallentati nella loro escrezione: la clearance viene ridotta e sia la dose che la frequenza delle dosi che somministriamo al paziente devono essere opportunamente ridotte. La tendenza ad una ridotta funzionalità renale, soprattutto negli anziani, influenza la farmacocinetica della tossina e quindi i livelli sierici della digossina, con associata tossicità e inoltre possono manifestarsi anche abbastanza velocemente. Ci sono dei farmaci con indice terapeutico basso, quindi ad esempio se la penicillina rimane più a lungo in circolo non me ne preoccupo, mentre con un aminoglicoside sì. ESCREZIONE EPATO-BILIARE I farmaci con un peso molecolare maggiore di 500 Dalton, una volta coniugati, possono essere eliminati dall’intestino attraverso la bile. Perché il fegato? Gli epatociti non aderiscono ai sinusoidi venosi, ma ne sono separati da un piccolo spazio intercellulare dilatabile in condizioni patologiche, detto spazio di Disse. Nello spazio di Disse sono contenute prevalentemente fibre di collagene di tipo I, III e IV e vi si aggettano i microvilli dell'epatocita, nonché le terminazioni nervose. Vi è notevole possibilità di scambio tra gli epatociti e i sinusoidi venosi, sia grazie alla maggiore superficie di assorbimento garantita sia dai microvilli (aumento superficie e maggiore captazione del farmaco), sia fenestrazioni presenti nei sinusoidi venosi. Tra un epatocita e l'altro (su ciascun lato della cellula) sono presenti i canalicoli biliari, che drenano in dotti di calibro maggiore, i canali di Hering. Questi a loro volta ai condotti biliari della triade portale che, a loro volta, drenano nei condotti biliari epatici, per poi terminare nel coledoco. Grazie a questa tipica struttura del circolo epatico i farmaci possono entrare direttamente in contatto con gli epatociti; quindi, vengono metabolizzati e, grazie ai canali preferenziali verso la bile, vengono escreti e trasportati verso l’intestino. La produzione giornaliera di bile raggiunge il litro. Anche qui, come nel rene, vi sono diversi meccanismi, quali ultrafiltrazione, secrezione, riassorbimento. Sono coinvolti diversi sistemi di trasporto attivo (anioni, cationi, acidi biliari, sostanze neutre…). Questo sistema è rilevante per farmaci somministrati per via orale perché arrivano subito al fegato. Anche qui però abbiamo il problema del ricircolo, non è immediato come quello che dall’urina, attraverso l’epitelio del nefrone va nella arteriola efferente, ma è più lungo e si chiama circolo enteroepatico. Per esempio, prendendo il farmaco per bocca, attraverso la vena porta va al fegato, qui o viene immesso nella vena cava o, con la bile, viene escreto nell’intestino ed espulso attraverso le feci. Molto importanti nella bile sono i farmaci che vanno incontro a reazioni di fase 2, quelle di glicuronoconiugazione: il farmaco, legato ad una molecola di acido glucoronico, nella bile arriva all’intestino, qui il farmaco coniugato escreto con la bile viene deconiugato. Questo accade perché nell’intestino è presente il microbioma intestinale, quindi i batteri ricchi di beta-glucoronidasi staccano il farmaco dall’acido glicuronico. In questo caso il farmaco torna ad essere libero e viene quindi riassorbito dall’intestino. Effetto diretto: i batteri gastrointestinali metabolizzano una varietà di farmaci. Spesso però in questa forma di metabolizzazione disfano ciò che il fegato ha costruito per l’eliminazione del farmaco. Tra i farmaci che subiscono questo passaggio da parte dei batteri intestinali abbiamo i Fans, infatti, si stanno provando dei probiotici per cercare di riuscire ad eliminare questa metabolizzazione dei farmaci ad opera del microbioma. Bloccando gli enzimi batterici favoriamo l’escrezione dei farmaci. A volte un farmaco a cui si toglie l’acido glucoronico diventa aggressivo per l’intestino. Effetto indiretto: i batteri possono modulare l’espressione genica (effetti epigenetici) dei livelli proteici dei trasportatori, importanti nel riassorbimento dei farmaci. Una fonte importante di escrezione sono i capelli, tanto che per scoprire che Napoleone Bonaparte era stato assassinato gli tagliarono una ciocca di capelli e la analizzarono. I capelli non ci interessano a livello quantitativo, ma a livello qualitativo, perché il capello ritiene sostanze che assumiamo (come farmaci o droghe). Sono importanti anche dal punto di vista forense perché trattengono per un tempo più lungo i farmaci e i loro metaboliti. Un’altra cosa interessante è l’escrezione attraverso il latte mate