Anatomia 1 - Prof.ssa Cusella - PDF
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These notes discuss the anatomical position of reference, fundamental planes, and axes of the human body. They explore the concept of anatomical position and its application to the study of human anatomy. The document also touches upon the topics of symmetry and the importance of reference points to understand the three-dimensional structure of various body parts in detail.
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L02_02/10/2024 ANATOMIA 1_PROF.SSA CUSELLA SBOBINATORE_ALICINO, REVISORE_MAGLIARISI ANATOMIA: POSIZIONE DI RIFERMINETO, PIANI ED ASSI LA POSIZIONE ANATOMICA DI RIFERIMENTO In questa immagine (Vedi figura 1), stiamo vedendo un modello di visione frontale di quella che è la...
L02_02/10/2024 ANATOMIA 1_PROF.SSA CUSELLA SBOBINATORE_ALICINO, REVISORE_MAGLIARISI ANATOMIA: POSIZIONE DI RIFERMINETO, PIANI ED ASSI LA POSIZIONE ANATOMICA DI RIFERIMENTO In questa immagine (Vedi figura 1), stiamo vedendo un modello di visione frontale di quella che è la posizione anatomica cosiddetta di riferimento. Se si vuole studiare il corpo umano su un libro, non lo si mette in una posizione qualunque ma lo si mette così: in piedi, con i piedi leggermente divaricati, ma soprattutto con l’avambraccio extra ruotato rispetto a come lo si tiene normalmente. Stando in posizione eretta, il braccio penderebbe perpendicolarmente e le due ossa dell’avambraccio (radio e ulna) non si vedrebbero bene perché sarebbero incrociate; perciò, per poterle osservare correttamente bisogna extra ruotare l’avambraccio. Quindi questa è una posizione che si usa, perché così se si devono guardare le ossa dello scheletro, le si possono vedere tutte, e per tal motivo questa posizione viene detta posizione anatomica di riferimento. Naturalmente, se nell’immagine è presente una visione frontale, è possibile anche avere un’immagine dorsale. Similarmente con altri tipi di visioni diverse da quella frontale e dorsale, se usassimo lo stesso sistema, si potrebbero vedere le strutture di sotto, ma a quel punto, invece di andare a prendere in considerazione dei punti di repere (punti in cui le strutture ossee sporgono sotto la pelle) che sono sul torace o sull’addome, si dovrebbero cercare ad esempio la spina dorsale, cioè la linea delle spinose sulla parte posteriore; ciò dipende un po’ da quello che bisogna osservare. I diversi punti di vista ci consentono di immaginare nella nostra mente il concetto di come è fatto tridimensionalmente quel paziente, sia all’esterno che all’interno. Figura 1 PIANI FONDAMENTALI DI RIFERIMENTO Un modo per compartimentalizzare un paziente e consentirci di avere una terminologia che in alcuni casi riguarda più la statica ed in altri più il movimento, sono i piani di riferimento Prima stavamo guardando il soggetto nella sua visione frontale e quindi, in qualche modo, si osservava il torace, l’addome, e quindi la parte anteriore del soggetto. In quel caso, possiamo immaginare che il soggetto sia passato e tagliato da un piano che si chiama piano frontale. Per poter immaginare questo piano, si immagini ad esempio una ghigliottina che posta al centro della nostra testa ci divide a metà nella direzione antero-posteriore ed in questo modo avremmo tagliato il soggetto secondo un piano frontale. Quindi, il piano frontale dividerà il soggetto in una metà ventrale ed in una metà dorsale. Quando si parla di piano frontale, in alcuni casi si può anche parlare di piano coronale; quest’ultimo si riferisce ad una sutura presente nel cranio (la sutura coronale). Se tale piano passa esattamente per l’asse centrale del corpo, avrà due metà che ovviamente non saranno simmetriche, ma saranno equivalenti e quindi ci sarà un davanti ed un dietro, quindi una parte ventrale ed una parte dorsale. Utilizzando i tre piani dello spazio e cioè gli assi cartesiani, avremo un piano sagittale che passa come una freccia (sagitta) che attraversa il corpo dividendolo in due metà, una destra ed una sinistra. Esse saranno due metà uguali come massa se il piano sagittale è quello fondamentale di riferimento e cioè se passa per la metà del corpo. In questo caso, la superficie del corpo sarà divisa in due parti simmetriche e tra loro speculari se il corpo è fatto normalmente, ma se ci immaginassimo questo corpo trasparente ed andassimo a guardare gli organi del torace e gli organi dell’addome, alcune cose saranno simmetriche, due reni e due ureteri, ma troveremo una vescica, nell’intestino le anse intestinali si dividono in modo abbastanza ordinato però si arrotolano e quindi non sono simmetriche tra loro, troveremmo il crasso che è simmetrico; ma il tenue mesenteriale avrà delle posizioni diverse. Se andiamo nel torace è vero che il cuore sta al centro, ma sta al centro dietro lo sterno e un po’ spostato a sinistra con la punta, e quindi non è simmetrico. Un elemento è simmetrico quando ritroviamo due metà esattamente uguali tra loro, come se il piano sagittale mi passasse a metà e fosse uno specchio e quindi di conseguenza vedo il rispecchiarsi delle due parti, per questo si dice che è simmetrico; ma gli organi interni non sono simmetrici e quindi bisogna conoscere la loro disposizione perché altrimenti quando facciamo un’ecografia e non abbiamo un punto di riferimento anche potendo muovere la sonda si formano delle immagini incomprensibili, a meno che non sappiamo esattamente cosa troveremo lungo la linea del collo di emissione della sonda, quanto sia normale come grandezza tale struttura o quanto sia anomalo quello che troviamo. Dunque, l’esterno del nostro corpo può essere simmetrico, ma l’interno generalmente no; pensiamo ad esempio ai visceri o ai due polmoni che differiscono morfologicamente (uno ha due lobi, l’altro tre). Tuttavia, ci sono delle eccezioni come nell’encefalo, in cui c’è un emisfero destro ed uno sinistro, o come il midollo spinale che lo si può dividere in due metà simmetriche. Il terzo piano di riferimento è il piano trasverso che divide il corpo in due porzioni; una superiore ed una inferiore. Questi piani si chiamano fondamentali perché incrociandosi tra loro creano i tre assi cartesiani e sono dei punti di equidistanza, ciò vuol dire che dividono il corpo in due metà dimensionalmente uguali (una ventrale ed una dorsale, una destra ed una sinistra, una superiore ed una inferiore). Chiaramente la porzione superiore e quella inferiore non sono uguali tra loro, ma stabiliscono il fatto che ci sono alcune strutture che sono craniali (stanno superiormente) e alcune strutture che sono caudali (stanno sotto). Se il piano fondamentale divide il corpo a metà (piano sagittale), io posso guardare la metà della superficie che ho tagliato. Però questo non ci consente di studiare bene il cuore, per poterlo fare bisognerebbe ad esempio fare una serie di tagli secondo piani paralleli andando a destra e a sinistra; successivamente si prende il disegno di tutto ciò che vediamo e lo si mette insieme. Questo ci consente di vedere il cuore; ma se volessimo ricostruire il fegato, si potrebbe incominciare a fare un piano sagittale che si incrocia con un piano trasversale e un piano coronale, tutti puntati e centrati sul fegato perché in quel momento è il fegato l’organo da analizzare e non il cuore o i polmoni. Questo per dire che una volta che si hanno i piani fondamentali, che sono come le coordinate GPS, dopo aver impostato dei punti fondamentali possiamo andare dove vogliamo; quindi, rispetto al piano sagittale mediano si fanno dei piani para sagittali andando via via verso l’esterno, dello spessore che vogliamo, l’importante è che ci ricordiamo dov’era quello centrale e dove siamo andati a finire. È così che funzionano ad esempio, grazie al computer, la ricostruzione delle immagini tac e di risonanza magnetica. Nella tac i piani vengono tutti fatti in senso trasversale partendo dai piedi del soggetto e andando su, dopodiché il computer sapendo le coordinate ricostruisce tutto quello che si vuole ricostruire. La risonanza addirittura consente, ma ormai anche la tac è andata oltre, sì di avere dei piani, ma anche di farne delle ricostruzioni e di poterle tranquillamente ruotare. Tutto questo è un grosso avanzamento rispetto alla radiologia classica dove di solito si effettua la proiezione anteroposteriore all’albero laterale e alcune posizioni particolari per vedere determinate strutture. Tutte queste sono raggiungibili perché il tecnico radiologo conosce le posizioni nelle quali deve far mettere il soggetto in base alla richiesta del medico, ad esempio se gli viene chiesto di effettuare un telecuore, egli sa che deve metter il paziente dritto davanti allo schermo con i raggi che passano in una determinata area e deve evitare che il cuore sia troppo ingrandito o troppo rimpicciolito a seconda della distanza tra la sorgente del radioattivo (l’erogatore) e lo schermo che andrà ad impressionarsi. Quindi in pratica questi piani fondamentali di riferimento ci servono a dire da che punto di vista voglio vedere l’organo (frontale, laterale, cranio-caudale) e avendo questi punti di riferimento, se io mi sposto di tot centimetri e lo tengo a memoria, posso poi ricostruirne la tridimensionalità. Questi tre piani si intersecano secondo tre linee che sono i nostri tre assi cartesiani e in questi tre piani di riferimento avremo un asse longitudinale (immaginiamo una freccia che entra dall’apice del cranio e che arriva per terra in mezzo ai piedi). Quell’asse centrale lo immaginiamo come un asse in cui per ogni livello tutti i punti del corpo simmetrici sono equidistanti a quell’asse li. Un asse trasversale è una freccia che entra nel fianco destro ed esce dal fianco sinistro ed è l’intersezione del piano frontale con il piano trasversale e troviamo poi un ultimo asse, il sagittale che è sempre una faccia che mi trapassa in orizzontale, dall’avanti all’indietro. Su questi si può applicare un concetto di direzione cioè rispetto all’asse longitudinale, io posso analizzare gli organi andando per esempio cranialmente, cioè parto da un punto e guardo cosa c’è sopra e quindi poi mi sposto via via. Oppure parto dallo stesso punto e guardo cosa c’è sotto, oppure parto da quel punto, ad esempio, il centro del torace (così ci troviamo già su un asse para trasversale) e partendo da esso troveremo lo sterno, ma dietro ci trovo il cuore, una parte di questo perché ho subito l’atrio di destra così come un pezzo di ventricolo di destra, poi il ventricolo sinistro e man mano che mi sposto vedo sempre più il Figura 3 ventricolo sinistro perché è più grande e quindi lo vedo di più anche frontalmente. Perciò così come i piani, anche gli assi possono traslare e tutto è un sistema di riferimento che ci consente di vedere i rapporti tra gli organi (posizione di un organo rispetto ad un altro). Per poter vedere meglio la struttura ossea interna della mano, ad esempio la si taglia con una sezione coronale rispetto alle mani. Effettuando tagli secondo dei piani coronali, ad esempio, è possibile osservare la struttura del cranio, della faccia, inoltre è anche possibile osservare la scatola cardiaca, tutta la parte del digerente e persino il cervelletto. Adesso tutto ciò è possibile farlo attraverso la costruzione 3D della risonanza. I piani di riferimento ci possono servire in base a quello che vogliamo vedere, se volessimo vedere la posizione del cuore probabilmente ci converrebbe fare tanti piani frontali, perché così vedremmo sempre la sua posizione nel torace, ma saremmo anche in grado di ricostruirlo tutto. Se volessimo vedere il fegato potremmo andare sul frontale o sul cranio-caudale. Il punto è che qualunque cosa che si vada a tagliare, seguendo i piani di riferimento e mantenendo le coordinate gps, sapremo riconoscere quella struttura nello spazio corporeo e sapremo anche riconoscere cosa c’è vicino o comunque constateremmo che vicino alla porzione epigastrica del fegato, c’è lo stomaco. LE DIREZIONI DEL SISTEMA DI RIFERIMENTO E LA SUA TERMINOLOGIA Questo sistema vi consentirà anche di stabilire delle direzioni. Avendo un asse, ci si può spostare in posizione cranio-caudale verso il basso o caudo-craniale verso l’alto, le cose che troverò in sequenza saranno diverse, ad esempio, partendo dalle vertebre, se mi sposto in direzione cranio- caudale trovo la prima cervicale la seconda e così via. Posso anche usare dei termini che sono cefalico e caudale, essi sono degli aggettivi che qualche volta si usano in quanto cefalico o craniale sono la stessa cosa; mentre caudale si riferisce al fatto che abbiamo le vertebre coccigee che sono le reminiscenze della coda. La direzione medio-laterale è quando si comincia dalla metà (medio è tutto quello che sta al centro), se mi sposto lateralmente dall’asse mediale trovo lo sterno, poi la gabbia toracica, il cingolo scapolare, l’omero, l’articolazione del gomito; quindi, potrò dire che la mano è situata lateralmente rispetto al gomito, il gomito è laterale rispetto alla spalla e la spalla è mediale rispetto al gomito. Figura 4 A volte al posto di mediale e laterale si usa prossimale e distale (più vicino e più lontano) all’asse di riferimento longitudinale. Quindi la punta del dito medio è la cosa più distale che troviamo nel corpo se si fa riferimento all’asse mediano, se lo riferiamo ad un’altra struttura ad esempio il polso, il polso è meno distale rispetto all’ultima falange del medio rispetto all’asse centrale. In posizione anatomica, ad esempio, il radio (osso del pollice) si trova lateralmente rispetto all’ulna che è mediale. Questo perché in posizione anatomica in cui l’avambraccio è extra ruotato il pollice si trova verso l’esterno e quindi il radio sarà laterale rispetto all’ulna che è più vicina e quindi mediale. Alcune volte per mani e piedi si usano due termini che sono palmare e plantare. Il palmo della mano equivale alla pianta del piede, mentre quello che c’è dall’altra parte è il dorso della mano o del piede. Nel caso della mano poi si distingueranno degli assi, prendendone uno di riferimento che è quello centrale passante per il dito medio, rispetto al quale, ad esempio, si è in grado di dire di quanti gradi si aprono le dita. DISMORFISMI DEGLI ARTI INFERIORI Osservando un soggetto posto davanti a noi, lo si starà guardando secondo un piano frontale; Questo ci basta per fare diagnosi? Dipende: se tutto è simmetrico va bene; ma, se il soggetto rispetto a un soggetto normale presenta dei dismorfismi, allora no. Un soggetto normale è inteso come colui che si pone nella porzione centrale di una curva gaussiana di distribuzione. Se si prende in esame, ad esempio, l’altezza media delle persone, ci saranno alcuni troppo alti, altri troppo bassi, ma la loro distribuzione è una gaussiana. Si definisce normale quel range in cui si comprende il 90-95% dei soggetti, ma se uno è troppo basso o è alto 2 metri e 40 è fuori dalla mediana (valore in cui la maggior parte dei soggetti si ritrova dentro) e per tal motivo non potrà essere considerato normale. Ad esempio, i pigmei sono considerati normali seppur piccoli, in quanto hanno delle proporzioni corporee normali; i nani armonici sono piccoli, ma le loro ossa hanno delle dimensioni proporzionate, al contrario dei nani disarmonici che hanno un tronco di dimensioni normali, ma hanno gli arti più corti. La posizione delle nostre gambe è con i femori delle due gambe che inclinati convergono tra loro e con le tibie disposte mediamente parallele tra loro. La struttura dell’intera gamba è quella che conferisce l’angolo normale nella quale il ginocchio si deve trovare. Guardando i soggetti in figura 5, si può notare che il primo soggetto ha un ginocchio che punta verso l’interno e quindi l’angolo che si crea è più acuto, tale situazione prende il nome di valgismo. La posizione opposta che è quello delle gambe da “fantino” si chiama varismo. Queste sono varianti delle posizioni normali che possono causare patologie. Quando le ginocchia si trovano in una o nell’altra posizione, succede che il peso del corpo che si scarica sul femore e che da esso successivamente si scarica sulla tibia, non è distribuito equamente. Se il ginocchio è in asse, la parte mediale della tibia riceve lo stesso peso della parte laterale. Se il ginocchio non è in asse, nel caso del valgismo, la parte laterale del ginocchio riceve più peso rispetto a quella mediale, invece di lavorare tutte e due nello stesso modo, una parte lavora di più dell’altra e pertanto si consuma maggiormente da un lato, perciò questo soggetto avrà più precocemente l’artrosi sulla porzione esterna del piatto tibiale. Nel secondo soggetto (varismo), oltre certi gradi avviene l’esatto contrario del primo, ossia il peso del femore si scarica soprattutto Figura 5 internamente al ginocchio e quindi fatto 100 il peso che si scarica dal femore sulla tibia, se io ho un femore con un angolo corretto, le due parti della tibia si distribuiscono il peso e quindi fatte a metà, ognuna sopporterà il 50% del peso; dunque, in tale maniera si rovineranno in egual modo entrambi i lati della tibia; ma molto più lentamente. Se invece l’articolazione è soggetta a degli squilibri, cioè in un punto c’è più peso che in un altro, il punto in cui c’è più peso si rovina prima. Pertanto, in un soggetto in cui è presente un grosso varismo o valgismo bisognerà intervenire. Tale situazione viene considerata patologica, quando l’asse che passa tra l’articolazione coxo-femorale e l’articolazione della caviglia non riesce a passare per l’articolazione del ginocchio. Il valgismo è più facile che si verifichi nelle femmine, mentre il varismo è più probabile che si verifichi nei maschi. Questo perché nella femmina, il femore deve abbracciare un bacino più largo e più corto, mentre nei maschi il femore deve abbracciare il bacino che è più alto ma più stretto. Quindi nelle femmine, il femore compie un angolo maggiore, mentre nei maschi esso compirà un angolo minore. Il varismo ed il valgismo fisiologici devono però rimanere entro certi limiti. Se il soggetto che sia maschio o femmina abbia solo ad una gamba un problema di questo tipo, mentre l’altra non presenta alcuna variazione, si possono verificare oltre ai problemi del ginocchio, anche il fenomeno della scoliosi. Questo accade perché i due arti non avranno la stessa lunghezza, per cui il bacino che è simmetrico si abbasserà un po’ dal lato del valgismo del ginocchio e quindi anziché essere in asse sarà inclinato da una parte. Ciò accade anche nel caso in cui il soggetto abbia un piede piatto rispetto all’altro, poiché in tale situazione esso ci farà abbassare l’arco plantare e quindi farà variare l’asse del bacino. Se il bacino è deviato per poter restare diritti la nostra colonna effettua una controcurva, poiché uno dei compiti principali che la colonna deve effettuare è quello di mantenere la nostra testa diritta, in modo che il piano passante per i nostri occhi guardi verso l’orizzonte. Questo è un punto di riferimento intrinseco per il nostro cervello e per la nostra vista; perciò, per tenere dritta la testa la nostra colonna farà una contro curva cioè effettuerà delle curve che si vedono sul piano frontale. Normalmente, se si osserva uno scheletro sul piano frontale, la colonna vertebrale è praticamente rettilinea (anche se in realtà fa una piccola curva che abbraccia il cuore). Un bambino può avere una scoliosi dalla nascita, ed essa può aggravarsi con la crescita, perché ha delle vertebre che si sviluppano male. Esistono anche scoliosi che non dipendono dalle vertebre, per esempio, se si ha un arto più corto dell’altro per via di un ginocchio valgo o un piede piatto, (un arto è considerato più corto dell’altro se la loro differenza di lunghezza supera i due centimetri), si può avere una scoliosi funzionale o reattiva. Se si portano dei carichi sempre sulla stessa spalla, la colonna per mantenersi dritta dovrà assumere delle posizioni scorrette e quando si toglie il peso, la postura scorretta rimane. Se si guarda un soggetto secondo un piano sagittale, cioè guardandolo di fianco, si può osservare come è posizionato normalmente il ginocchio, quando il soggetto sta in piedi. Le donne hanno i legamenti un po’ più elastici e più distendibili rispetto al maschio, questo perché tutti i tessuti femminili sono sensibili agli estrogeni e questi ultimi tendono a rendere meno rigidi i tendini e le fasce e soprattutto i legamenti. Ciò è utile soprattutto durante la fase del travaglio, infatti se i legamenti non cedessero di un paio di centimetri, considerando che il canale del parto è 10x11x12 cm, il feto non passerebbe. Questo fa sì che nelle femmine se si osserva il soggetto in piedi con le spalle contro il muro, il ginocchio sembra spostarsi all’indietro, assumendo il nome di ginocchio recurvato; nei maschi più facilmente si trova una situazione in cui non si riesce a distendere completamente il ginocchio (ginocchio rigido). Questo accade perché loro hanno una muscolatura più potente, specialmente nella parte posteriore della coscia, e quindi tale muscolatura tende a tirare il bacino verso il basso, facendogli assumere una posizione sbagliata rispetto alla postura normale. A seconda della posizione del ginocchio, il bacino ruota in avanti o indietro e questo fa sì che la nostra colonna vertebrale lombare sia più o meno arcuata e quindi questo ci porta ad avere una colonna troppo dritta che schiaccia i dischi intervertebrali o una colonna troppo curva che schiaccia i dischi intervertebrali e scarica male il peso. Guardando di fronte e di profilo un soggetto è possibile farci un'idea dell'eventuale presenza di problemi derivanti da un uso funzionalmente scorretto del proprio corpo o se tali problemi derivano dalla nascita. Poi a parte questo, si può anche osservare il colore della pelle, e quindi nel caso in cui il soggetto presenti una colorazione gialla si può pensare alla presenza dell’ittero, se ha delle macchie o delle chiazze, se la peluria Figura 6 è distribuita normalmente, se ha delle zone adipose. IL BARICENTRO CORPOREO L’asse verticale di riferimento longitudinale, guardandolo frontalmente, divide il corpo in due parti simmetriche, se si considera la superficie esterna. Proiettando quest’asse verso terra, se il paziente ha un equilibrio perfetto, guardandolo lateralmente potremmo notare come la proiezione dell’asse passa esattamente attraverso il meato acustico esterno, il dente dell’epistrofeo (seconda vertebra cervicale) che delinea il centro dell’articolazione tra il cranio e la colonna vertebrale, il passaggio tra le vertebre cervicali e le dorsali, il passaggio tra le dorsali e le lombari, passa al centro delle ossa del bacino in cui c’è un punto che corrisponde al baricentro corporeo, passa per l’articolazione dell’anca, passa in mezzo all’articolazione del ginocchio e in mezzo all’articolazione tibiotarsica. Figura 7 Questa è una postura corretta in quanto qualunque sia il carico, naturale o artificiale, che le articolazioni di questo corpo ricevono, esso sarà equamente distribuito su tutta la superficie e la colonna potrà svolgere il suo lavoro di sostegno del peso nel migliore dei modi e senza schiacciarsi. Se, al contrario, il paziente presenta dei dismorfismi della colonna e quindi ad esempio presenta una spalla più alta dell’altra, e di conseguenza è affetto da scoliosi, ciò vorrà significare che un lato di quel soggetto riceve più carico e l’altro ne riceve meno, per cui ci saranno delle compensazioni. Il baricentro è un punto artificiale che ci serve alla statica ed alla dinamica. Mentre stiamo in piedi anche se ondeggiamo con il nostro corpo, non cadiamo. È più facile stare in piedi senza cadere se si mantengono i piedi leggermente allargati, perché per poter restare in piedi è necessario che quando ci muoviamo ed oscilliamo, il baricentro (che è quel punto che si può immaginare mandando una perpendicolare sul pavimento) resti all’interno del piano di appoggio dei piedi, composto dai piedi stessi più da tutta la superficie in mezzo. Nell’eventualità che nel compiere quel determinato movimento, il nostro baricentro esca dalla base di appoggio, si cadrebbe. È per questo motivo che gli anziani, per poter avere una sicurezza maggiore quando camminano, usano i bastoni, poiché in questo modo si aumenta la superficie di appoggio e quindi ci si può spostare più liberamente perché il baricentro in questo caso può ondeggiare in un’area maggiore. Ogni volta che la postura si distacca dai movimenti regolari, il nostro corpo effettua delle compensazioni osteo- muscolari per far sì che il nostro baricentro resti nella base d’appoggio dei nostri piedi. Compensazione significa che, se magari abbiamo una colonna vertebrale che pende verso un lato per poterci raddrizzare, mandiamo in ipertono tutti i muscoli dell’altro lato, per cui da un lato avremo una tonicità maggiore, mentre dall’altro lato i muscoli saranno più allungati. Questo non va bene in quanto la maggiore tonicità schiaccia maggiormente le articolazioni rispetto a quelle dell’altro lato creando delle compensazioni abnormi. Se si ha una scoliosi molto grave, la gabbia toracica avrà una capacità di espansione non simmetrica e quindi il soggetto invece di avere due polmoni che funzionano bene ne ha uno che funziona iper-espanso e l’altro che funziona compresso ed il cuore di mezzo non ha una grande vita anche se per fortuna è protetto dal pericardio. LA RADIOGRAFIA In queste immagini (vedi figura 8) si osserva una radiografia di un arto superiore che è stata fatta mettendo un soggetto in una posizione frontale o dorsale ma sicuramente sono state fatte secondo un piano coronale. Siccome in una posizione naturale, le due ossa sono incrociate, il radiologo avrà chiesto al soggetto di mettere la mano in posizione anatomica di riferimento. Quindi questo ci dimostra che se voglio fare uno studio per osservare tutto l’arco superiore, mi dovrò ricordare di assumere una certa posizione, però magari se volessi andare a studiare la mano la poggerei sul tavolino radiologico, in cui da sopra arrivano i raggi X, mentre sotto c’è uno schermo che si impressiona. È chiaro che per vedere lo studio della mano non mi basta mettere il paziente in questa posizione, ma devo mettere la mano con il palmo aperto in modo da poter vedere tutte le ossa del polso che sono 8, disposte in due file, una prossimale perché è più vicina all’asse del corpo e una distale perché è più lontana. Solo in questo caso vedrò bene le sue caratteristiche e pertanto sarà possibile vedere se c’è una frattura o se c’è qualcosa di anormale. Per esempio, si può osservare l’osso pisiforme che serve a Figura 8 dare spessore alla mano, in modo che quando appoggiamo il palmo della mano per terra e ci poggiamo sopra non schiacciamo le arterie, le vene, i tendini dei muscoli ed i nervi che passano qui in quanto si grazie ad essa ed alla sua conformazione si forma una specie di tunnel che prenderà il nome di tunnel carpale. Nel caso in cui si dovesse verificare un’infiammazione o se si dovesse appiattire o ancora se ci dovesse essere una frattura tali strutture verrebbero schiacciate causando un problema. Nella radiografia, il medico può chiedere delle coordinate precise, ora un bravo radiologo sa che se il medico cerca una struttura dello scafoide farà un certo tipo di proiezioni, ma questo perché l’immagine radiografica deve rispondere a certe caratteristiche in modo tale che il medico guardando la lastra possa compararle con quelle che sono le sue conoscenze anatomiche e quindi riuscendo a vedere l’interno del paziente senza farlo a pezzi. Nella radiografia c’è una sorgente di raggi X che attraversa il paziente (immaginiamo che egli stia in piedi), fino ad arrivare ad uno schermo dotato di una pellicola radiografica che può essere impressionata dai raggi X; quindi, dalle radiazioni ionizzanti potenzialmente cancerogene perché mutagene che attraversando il corpo vanno ad impressionare la lastra. Più un tessuto è denso meno i raggi X lo attraversano; quindi, immaginiamo che questi raggi X attraversando un corpo vengano schermati dall’osso e non schermati affatto dall’aria che sta nei polmoni. Ne risulta che l’osso schermerà i raggi X e proietterà una specie di ombra sulla pellicola che c’è dietro, mentre l’aria non schermerà niente ed i raggi X arriveranno direttamente sullo schermo. A questo punto, siccome la pellicola si sviluppa rispetto allo schermo che viene ionizzato, avremo un’immagine in cui la parte ossea che ha schermato non ha impressionato la lastra e quindi la lastra rimane nera ma diventa bianca sul negativo. Alla luce di ciò, si può affermare che più i tessuti sono duri più li vedremo bianchi, al contrario, più sono pieni d’aria, o tessuti come il fegato, più li vedremo neri. Questo fenomeno assume rispettivamente il nome di radio trasparenza per il bianco e di radioopacità per il nero. Perciò quando su una lastra vediamo bianco stiamo guardando il tessuto più duro. L’area cardiaca verrà vista ai raggi X come dei toni di grigio per cui non si ha una bella definizione radiografica; perciò, se un soggetto si rompe una gamba si farà una radiografia, ma se il soggetto ha problemi al fegato si farà una risonanza magnetica perché è un sistema che vede meglio i tessuti molli in quanto si basa su principi diversi. Se ad esempio il soggetto ha una frattura al ginocchio, si effettuerà sia una radiografia sia una risonanza in modo da poter vedere bene se ci sono delle lesioni dei menischi o delle parti interne dell’articolazione. Se è un processo osseo e si vuole vedere bene cosa succede bisogna fare una tac, mentre se sono situazioni in cui centra l’emodinamica si può fare una risonanza con il metodo di contrasto. Comunque sia fatta la tecnica ci arriva un’immagine che noi dobbiamo riportare mentalmente a quelle che sono le strutture che ci aspetteremmo nel paziente e quelle che sono le strutture che non ci aspetteremmo. Inoltre, le lastre possono essere sovraesposte se c’è troppa energia e diventa tutto trasparente, o sottoesposte se c’è poca energia; per cui l’energia deve essere quella giusta (vedi immagine 9). La lastra è una somma di immagini, cioè tutti i piani infiniti coronali in cui il nostro corpo può essere tagliato, vengono schiacciati in un'unica immagine per cui vedremo tutte le strutture schiacciate le une sulle altre. Ad esempio, come si può vedere dalla figura 9, si dovrà riconoscere sia le coste che l’area cardiaca che a seconda di come il fascio viene collimato, potranno essere più o meno a fuoco. Questo fenomeno si chiama stratigrafia radiografica. Chiaramente, possiamo studiare la morfologia ossea, possiamo vedere se per caso c’è una frattura oppure si possono svolgere degli studi sulla simmetria ossea, su Figura 9 come è messa la colonna vertebrale ecc. o studi sulla posizione del cuore. Per poter compiere quest’ultimo studio, si effettua il telecuore, cioè una semplice proiezione anteroposteriore, che ci consente di andare a vedere quanto è grande il cuore. In questo caso, però, il radiologo deve stare attento a quanto distante tiene il paziente rispetto alla piastra, poiché se allontanassimo il paziente dallo schermo, mentre il tubo è posizionato davanti al paziente, i raggi non saranno perfettamente paralleli e quindi si apriranno come un cono e l’immagine del cuore che viene proiettata indietro sarà ingrandita. Per tal motivo, ci sono degli artefatti tecnici che un buon radiologo conosce ed evita in modo da fornire al medico il risultato di quanto richiesto in maniera corretta. Figura 10 Come è possibile vedere dalla figura 10.a, la sutura coronale del cranio è posta tra il frontale e le ossa parietali e questo è il piano frontale o coronale, il piano sagittale passa per la sutura sagittale del cranio; il piano trasversale (figura 10.b), invece, non passa attraverso delle suture fisiche del cranio, ma è utile in alcune operazioni per aprire la scatola cranica. In questi casi i medici effettuano lo scallottamento, cioè quando in autopsia vanno ad estrarre l’encefalo, effettuano un taglio posteriormente sotto il cuoio cappelluto, lo ribaltano in avanti e poi con una sega circolare fanno un taglio trasversale per aprire la scatola cranica. In posizione normale, cioè quando siamo in piedi, la base cranica non è posizionata perfettamente di piatto, cioè non è parallela al pavimento, ma è inclinata. Questo perché all’interno ha una fossa cranica anteriore, una fossa cranica media e una fossa cranica posteriore che sono posizionate su tre livelli diversi e questi tre livelli sono come una gradinata e quindi non sono messi in piano; pertanto se volessimo fare una stratigrafia per andare a studiare la base cranica perché ad esempio, dobbiamo verificare l’eventuale presenza di un adenoma ipofisario, non possiamo fare un piano perfettamente orizzontale, in quanto esso non ci farebbe vedere bene la base cranica. Per tal motivo, sono stati ideati dei particolari piani di riferimento che il radiologo usa, come il piano di Francoforte (figura 10.c), in cui rispetto al piano orizzontale si effettua una rotazione di 19 gradi in modo poter vedere al meglio la base cranica. Esistono proiezioni specifiche anche per poter osservare le cavità orbitarie, così come esistono proiezioni specifiche per la spalla, in quanto l’articolazione scapolo-omerale si vede meglio se ci si sposta ad angoli; quindi, il soggetto viene messo in modo da evidenziare la struttura che vogliamo vedere. Per cui se in questo caso, assumendo quelle particolari angolazioni nella radiografia, viene male lo sterno non ci importa, perché siamo focalizzati sull’articolazione scapolo-omerale. Per quanto riguarda la tomografia computerizzata, convenzione è che guardando il paziente si effettuino delle sezioni caudo-craniali; però, dall’immagine che ne risulta (figura 11.d) è come se si stesse guardando il paziente dai piedi in su. Figura 11 I PUNTI DI REPERE: I punti di repere sono tantissimi e sono quei punti in cui una struttura ossea sporge al di sotto della nostra pelle, ad esempio nel bacino questi punti sono importanti, l’osso che sentiamo sporgere è la cresta iliaca che ha davanti una spina iliaca antero-superiore. Se abbiamo un paziente dritto davanti a noi e poniamo i due pollici sulla spina iliaca antero- superiore, se notiamo che i due pollici sono ad un’altezza diversa, vorrà dire che egli avrà una distrofia del bacino oppure una gamba più corta dell’altra. Tutto quello che sporge, fondamentalmente è un punto di rilievo e quindi di repere. Particolarmente importanti sono la linea delle spinose che è tutta la linea identificata dai processi spinosi delle vertebre sottopelle, questi si possono contare. La parte più sporgente dietro al collo è l’apice della settima vertebra cervicale, da questa si possono poi contare tutte le altre escluse quelle sopra. Contando i processi spinosi possiamo poi andare a contare lateralmente gli spazi intercostali e così via. A livello della faccia mediale della gamba, sentiamo una porzione piatta che è il piatto tibiale, cioè un punto in cui spingendo con le dita, si può vedere se il soggetto ha un edema in quanto, in quel punto, sotto la pelle è immediatamente presente l’osso; pertanto, se si accumula del liquido, spingendo con il pollice Figura 12 rimane una specie di fossa che si chiama fovea, segno della presenza di liquido in eccesso. In tutti gli altri posti non è possibile osservarlo in quanto, ad esempio, se spingiamo sul polso c’è sempre tanta acqua. Guardando dorsalmente il soggetto, posso trovare ad esempio nella cervicale la vertebra prominente (la settima cervicale) che ci consente di contare le altre, oppure sentendo le scapole, in cui c’è la sporgenza della spina della scapola, l’orizzontale che passa attraverso le due spine della scapola è la vertebra T3; quindi, se dobbiamo andare a contare le vertebre toraciche invece di partire dalla settima cervicale, possiamo partire da questa. Le coste della gabbia toracica, si possono toccare tutte ad eccezione di quelle fluttuanti che sono difficili da seguire, a questo livello troviamo la transizione tra le vertebre toraciche e quelle lombari. La cresta iliaca davanti termina con il processo spinoso superiore e antero-superiore, posteriormente crea un'altra spina che è quella postero-superiore; tra queste due spine si trova una zona che è la faccia posteriore del sacro sulla quale si inseriscono tantissimi fogli di connettivo molto consistente che danno poi origine a fasci muscolari che vanno fino alla colonna vertebrale e fino alla gabbia toracica e nel caso dei grandi dorsali fino all’omero. Quindi in questo punto troveremo una grossa losanga connettivale che fa da punto di inserzione a tutta la muscolatura che poi ci consentirà di compiere l’estensione dorsale della colonna, oppure consentirà di muoverla in senso laterale. Nella zona lombo/sacrale, un punto molto importante che si può osservare nei soggetti è il rombo di Michaelis, che in passato svolgeva un ruolo molto fondamentale nel consentire ai ginecologi ed alle ostetriche di capire quanto la donna gravida avesse il bacino abbastanza grande, proporzionato e simmetrico, in modo da poter Figura 13 predire l’assenza di problemi nel parto. Siccome il bacino, se asimmetrico, schiaccia gli spazi attraverso cui il feto deve passare, bisognava fare una previsione riguardante alla capacità del corpo di quella donna di far passare il bambino attraverso il bacino; infatti, se esso era troppo piccolo e questa losanga era troppo piccola il bambino non sarebbe riuscito a passarvici attraverso. Un tempo, alcune decine di anni fa, se c’erano problemi di parto, il bacino della donna si segava, si salvava il bambino e la madre purtroppo moriva. Quindi questa losanga è formata da una striscia orizzontale che va Figura 14 sulle spine iliache postero-superiori, sulla 5° vertebra lombare e l’ultimo apice della linea delle spinose sull’osso sacro. Su questo punto si potevano facilmente prendere le misure e tirar fuori una losanga che in qualche caso è un quadrilatero ed in altri casi ha la forma di un aquilone e quindi nel primo caso evidentemente il bacino è più stretto ed il soggetto è un po’ più longilineo; nel secondo caso e quindi se tale punto è un po’ più quadrato, il parto sarà più facile in quanto i fianchi larghi consentiranno al feto di passare con meno problemi e con meno travaglio. Nelle femmine i legamenti sono meno potenti, ma sono presenti in grande quantità nel bacino, dove inoltre sono molto consistenti, nelle fasi terminali della gravidanza il pattern ormonale fa sì che ci sia una ritenzione idrica e ciò consente a quest’ultimi, in presenza dell’aumento degli ormoni, di divenire più elastici e quindi di cedere maggiormente facilitando il parto. In questa situazione, la misurazione del rombo di Michaelis cambia e ciò significa che il bacino si sta allentando, consentendo ad esempio, alla sinfisi pubica, anteriormente, di guadagnare circa 2 cm di spazio. Se non ci fosse quel cuscinetto che sensibile al progesterone si rigonfia d’acqua; il bacino non si rigonfierebbe. Dunque, semplicemente monitorando o guardando la forma di quella zona, l’ostetrica poteva predire se ci sarebbero stati o meno problemi. Il rombo di Michaelis è posizionato in una zona visibile ad occhio nudo, indipendentemente da quanto uno possa essere più o meno sovrappeso. Questo perché qui è presente una fascia connettivale che dà intersezione ai muscoli del dorso, che si àncora fortemente sulla struttura ossea sottostante e quindi superficialmente si riesce a vedere molto bene la sua forma. Infatti, non essendoci muscoli qui in mezzo, ma solo il connettivo in molte fasce che darà poi origine ai tendini dei muscoli, questa struttura ossea è sottoposta ad una trazione intensa e per tal motivo il connettivo è adeso al sottocutaneo, facendola sporgere sotto la pelle. Basandosi sui punti di repere i medici, ed in particolare i clinici, hanno dato origine a diverse linee, come ad esempio la linea sternale, poi margino-sternale, poi para-sternale e così via. Nel punto in cui c’è la clavicola è presente la linea emiclaveare che ci può servire a trovare l’itto cardiaco tra il quarto ed il quinto spazio intercostale, a partire dalla fossetta del giugolo sotto la quale c’è il secondo spazio intercostale. Queste linee ci servono poiché quando dobbiamo fare una cartella clinica, andrà indicata la zona interessata utilizzando la terminologia appropriata ed in modo da poter dare delle coordinate topografiche. LE PROPORZIONI DEL CORPO UMANO Nell’embrione la metà dell’altezza è formata dalla testa, questo perché comunque l’encefalo dall’inizio alla fine non è che cambi molto di dimensione, mentre per esempio la gabbia toracica cambia tantissimo; quindi, di fatto dovendo fare un progetto di corpo umano, l'embrione ed il feto comunque hanno una massa encefalica che resta costante. I bambini, a prima vista sembra che abbiano una testa grande, ma in realtà è il corpo che è piccolo. Infatti, se nell'embrione la testa è grande la metà della dimensione totale dell’embrione, già alla nascita la sua dimensione ha un rapporto con il resto del corpo di ¼ su circa 52 cm. Figura 15 In tutti i bambini piccoli, soprattutto nelle bambine, sembra che abbiano le ginocchia storte (varismo), esse si normalizzano andando verso la pubertà. Però è più facile che sembri che rimangano storte nelle femmine perché hanno il bacino più largo, se però tale fenomeno persiste bisogna andare a cercare di capire se magari c’è un piede piatto o una conformazione alterata che possa essere corretta con un po' di sport. Dopo la crescita, la lunghezza dei tendini e delle fasce che si stanno allungando, tirati dalla crescita dell’osso e dalla crescita dei muscoli, rimangono come sono; questo perché finiti gli ormoni della crescita il tendine non si allunga più. In alcuni casi è possibile quindi effettuare delle correzioni, come nel caso della scoliosi idiopatica di un certo grado, in cui possono essere effettuati degli esercizi contro curva in modo da far sviluppare le strutture con una certa lunghezza evitando, dunque, l’intervento. L’assetto delle gambe è importante, alla fine dello sviluppo nella media la testa rappresenta circa 1/8 del corpo. In base a queste proporzioni si può stabilire se un soggetto è armonico o non lo è. Se ad esempio, ha un arto superiore le cui dita arrivano a metà coscia, egli avrà un arto di dimensioni normali; se ha braccia corte, gambe corte e tronco normale sarà affetto da nanismo disarmonico. Le proporzioni di un corpo non si possono definire ma esistono delle tabelle che chiaramente devono essere riferite al periodo che andiamo a valutare. Inoltre, quando arriviamo a quelle che sono le proporzioni del corpo ideali (vedi figura 16), diciamo che la sinfisi pubica quindi il punto in cui le due ossa del bacino si uniscono è a circa metà dell’altezza quindi in un soggetto proporzionato vi aspettate che sia metà sopra e metà sotto la sinfisi pubica e questi sono più o meno i 2/5 sopra la clavicola, 1/5 che va al torace, 1/5 che è l’addome e metà e metà cioè la lunghezza tra la coxo-femorale e la tibia, dovrebbe essere uguale a quella tra la tibia ed il pavimento. Le dismetrie sono differenti tra uomo e donna in quanto i primi sono più alti e quindi questo rapporto è del 106%. Poiché ci sono delle variazioni per poter calcolare le dismetrie di un soggetto, si usano i percentili presenti in delle tabelle. Figura 16 LA TERMINOLOGIA DI MOVIMENTO Le terminologie di movimento ci servono per descrivere il movimento che effettuano le articolazioni. La flesso-estensione vuol dire fare un movimento angolare. Quando si flette il legame articolare, l’angolo diventa più acuto, quando lo si estende l’angolo diventa più ottuso. Essa deve avere un asse di movimento posto su un fulcro. Ad esempio, se io ho una freccia che mi entra nel gomito trasversalmente, l’angolo di flesso-estensione lo misuro rispetto alla freccia posta in quel modo; quindi, si evincono due piani, il piano dell’avambraccio che va verso il piano del braccio e c’è un punto di fulcro che è l’articolazione del gomito. Abduzione e adduzione è mi allontano e mi avvicino. Se ho una freccia che mi entra nella spalla, alzando il braccio sto compiendo il movimento di abduzione, se lo abbasso sto facendo l’opposto e quindi compio il movimento di adduzione. Nel primo caso l’angolo diventa più ottuso, mentre nel secondo l’angolo diventa più acuto. La rotazione può avvenire in intra o extra rotazione ed è il movimento che mi permette di girare il polso in dentro o in fuori; questo movimento si compirà quindi su un asse che è longitudinale rispetto all’arto. La prono-supinazione della mano, se intra ruotiamo l’avambraccio il palmo della mano guarda per terra e questo si chiama pronazione; invece, il movimento opposto è la supinazione. La torsione è quando si gira la colonna vertebrale, ruotando le spalle in senso opposto al bacino. Questi movimenti delle articolazioni che hanno più libertà di movimento, si uniscono tra loro, per esempio prendiamo in considerazione la spalla e quindi la gleno-omerale; cioè l’omero che si appoggia contro la scapola. Se ho una freccia che mi entra nella spalla anteriormente, quindi in maniera sagittale, rispetto a questo asse si può compiere l’abduzione e l’adduzione; ma se io considero una freccia che mi entra trasversalmente, posso effettuare la flesso-estensione, dopo, posso fare un’intra-extra rotazione; se l’asse è un asse longitudinale, cioè una freccia che mi trapassa dall’alto in direzione del pavimento e rispetto a questo io posso ruotare l’omero in dentro o in fuori. Però posso fare ancora un quarto movimento, ovvero la circonduzione che può essere ampia o ridotta. Questo movimento lo si può fare perché la testa dell’omero è una sfera che si appoggia sulla cavità glenoidea che è una coppa e quindi la si può muovere in tutte le direzioni; ciò, ad esempio, non può essere fatto con il gomito. La forma dell’articolazione mi fornisce i gradi di movimento dell’articolazione stessa. Quindi se un’articolazione si trova su tre assi ha 4 gradi di libertà di movimento, man mano diminuiscono gli assi sui quali si muove, può arrivare ad avere un solo grado di libertà, quello della flesso-estensione per esempio. LA SUPERFICIE CORPOREA Se un oggetto è piccolo esso ha una piccola massa e una piccola superficie, man mano che l’oggetto cresce la massa aumenta, ma la superficie aumenta meno. Quindi di conseguenza perderà prima calore l’oggetto più piccolo, perché ha una piccola massa e una piccola superficie, ma la superficie è tanta rispetto alla massa. Quindi a parità di temperatura esterna un bambino sente più caldo rispetto ad un adulto per cui suderà di più e quindi rischia di diventare ipertermico. Lo stesso vale quando fa freddo, il bambino soffre di più il freddo pertanto bisognerà coprirlo maggiormente. Ad esempio, a parità di temperatura dell’acqua, tra un bambino ed un adulto che si sono immersi nello stesso momento sentirà per prima il freddo il bambino rispetto all’adulto. Quindi più grande è il corpo, in proporzione meno superficie ha, ed ha il vantaggio di trattenere meglio il Figura 17 caldo, ma ha lo svantaggio di eliminare più lentamente il calore. Considerando le ustioni, il 20% di superficie ustionata in un adulto può essere una condizione poco preoccupante, ma in un neonato tale condizione è più grave. Quindi nei neonati e nei bambini bisogna stare più attenti alla termoregolazione perché assorbono più calore e lo perdono più facilmente e a danni della superficie cutanea perché possono essere molto gravi. INDICE DI MASSA CORPOREO Esistono delle tabelle (vedi figura 18) che forniscono l'indice di massa corporea (BMI), ovvero un dato biometrico, ottenuto dal rapporto tra peso e quadrato dell'altezza di un individuo, che sono utilizzate come indicatori dello stato di peso forma di un individuo. La zona grigia si chiama zona di comfort i cui valori sono considerati normali. Se il valore del BMI sta sotto la zona grigia il paziente è sottopeso, mentre se tale valore sta sopra è sovrappeso oppure obeso. Il BMI tiene in considerazione il peso e l'altezza dell’individuo, ma senza considerare l'età, il sesso, e la forma fisica. Figura 18 In seguito al BMI si può effettuare la plicometria che consente di vedere se si hanno dei depositi di grasso superiori ai valori normali. Il deposito di grasso sottocutaneo è necessario per mantenere costante la glicemia nelle ore di digiuno. Bisogna inoltre ricordare che nel nostro corpo c’è una percentuale di grasso che non può essere persa (ad esempio il colesterolo delle membrane cellulari). Quindi per capire se un soggetto è sovrappeso, obeso, sottopeso o si trova nella zona di comfort non basta misurare il BMI ma bisogna anche prendere in considerazione tali fattori.