Summary

This document provides a detailed explanation of epithelial tissues. It covers different types of epithelial tissues, such as simple and stratified squamous, cuboidal, and columnar epithelia, and describes their characteristics, functions, and locations in the body. The document also explains the structural and functional polarities of epithelial cells. It concludes with a detailed explanation of the different types of epithelial tissues.

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Tessuto epiteliale (epidermide) Deriva da tutti e tre i foglietti germinativi (ectoderma, il più superficiale, il mesoderma, e l’endoderma, il più profondo), ed è presente in tutto il nostro organismo. Ha diverse funzioni: - Rivestimento, come la pelle, - Ghiandolare, le ghiandole che han...

Tessuto epiteliale (epidermide) Deriva da tutti e tre i foglietti germinativi (ectoderma, il più superficiale, il mesoderma, e l’endoderma, il più profondo), ed è presente in tutto il nostro organismo. Ha diverse funzioni: - Rivestimento, come la pelle, - Ghiandolare, le ghiandole che hanno derivazione diversa, - Sensoriale, per registrare e trasmettere stimoli. Ectoderma: epiteli della pelle e dei suoi derivati ghiandolari, del canale orale, nasale e anale. Endoderma: epiteli del tratto digerente, del sistema respiratorio, della vescica urinaria, del fegato, della cistifellea, pancreas, e altre ghiandole associate all'apparato digerente. Per far si che il raggruppamento in tessuti avvenga sono necessarie due condizioni strutturali: - La presenza di un supporto a cui aggrapparsi, ovvero la lamina basale - La possibilità di unirsi tra loro grazie alle giunzioni, cioè strutture traverso il quale le cellule possono comunicare. I tessuti epiteliali: sono costituiti da cellule che stanno fra loro a stretto contatto non sono direttamente vascolarizzati poggiano su una membrana basale che li separa dal tessuto connettivo Le cellule epiteliali sono piccole e unite da una membrana basale sotto al quale c’è uno strato di tessuto connettivo. I vasi del tessuto connettivo sono utili perché danno nutrimento. L’epidermide e il derma insieme formano la pelle. Nel derma ci sono i vasi sanguigni, e tramite i capillari fornisce nutrimento alle cellule riprodotte. L’epidermide con una ferita si rovina e se non ci fosse il derma non riuscirebbe a riprodursi. 1 Il nostro apparato gastrointestinale è formato da 4 strati, il primo è la mucosa, ovvero il tessuto epiteliale, il secondo è il tessuto connettivale che è il tessuto sottomucoso, poi vi è il tessuto muscolare e poi il tessuto sieroso che è il peritoneo. La mucosa orale, dello stomaco non è vascolarizzata, non è sanguina, e non sente dolore perché non è innervata. In base alla derivazione della lesione si può dire se il paziente è curabile o meno, più la lesione è profonda nella sottomucosa meno sarà curabile. I tessuti epiteliali hanno questa funzione di barriera. Sono superficiali ed esposti, sempre a contatto con l’ambiente esterno o con l’interiorità del corpo che formato una barriera di demarcazione. Sono o lamine o ammassi solidi (ghiandole esocrine o endocrine). Tra le cellule c’è una scarsa matrice cellulare, materiale extra cellulare, formato da proteine e questa scarsità determina: - resistenza meccanica trascurabile; - mancanza di una propria vascolarizzazione, che se fosse presente, rovinerebbe la funzione di barriera e la compattezza del tessuto. Vi sono alcune sottili terminazioni nervose. Il tessuto epiteliale è sottoposto a una continua usura, le sue cellule si rigenerano anche se con una velocità diversa in base alla localizzazione, es. tessuto intestinale 2-3 giorni; pelle 20-30 giorni. Le cellule staminali indifferenziate per mitosi asimmetrica generano nuove cellule staminali e nuove cellule differenziate andando a sostituire quelle rovinate. Il tessuto epiteliale è definito “ad elevato tardore”, ovvero che è capace di rigenerarsi in tutto il corso della vita. Le principali funzioni: - barriera, tessuto del fronte; - protezione degli organi e tessuti sottostanti; - scambio e trasporto di sostanze (es. tessuto dell’apparato gastro-intestinale assorbimento sostanze nutritive); - secrezione specializzata (ghiandole salivari, pancreas); - captazione di stimoli di varia natura (es. epitelio sensoriale dell’occhio, dell’orecchio, ecc.). La cellula epiteliale è formata da: - superficie libera (apicale), non è attaccata a nessuna cellula, rivolta verso l’alto o a contatto con l’esterno o la cavità di un organo interno; - superficie laterale, a contatto con altre cellule; - basale, poggia sulla membrana basale. 2 Una proprietà fondamentale degli epiteli e delle cellule epiteliali è la polarità: - morfologica, - funzionale. Si può definire polarizzata una cellula in cui la porzione basale è diversa da quella apicale; in molte cellule epiteliali la superficie libera differisce dalla superficie rivolta verso il connettivo per una diversa specializzazione. Le specializzazioni si differenziano tra la parte apicale e la parte basale. Nella parte apicale, superficie libera, le specializzazioni sono rappresentate dalla presenza di ciglia, microvilli e stereo ciglia (hanno la funzione di amplificare la superficie perché tra le funzioni del tessuto epiteliale c’è quella dell’assorbimento, quindi fanno assorbire meglio, amplificano il potere di assorbimento). Microvilli: espansioni citoplasmatiche di forma cilindrica che sporgono dalla superficie libera; essi vanno a formare l'orletto a spazzola delle cellule epiteliali a funzione assorbente; sorretti da citoscheletro. Es. epitelio intestinali o secernenti. Ciglia e flagelli: processi cellulari mobili dotati di una struttura interna idonea alla contrattilità. In sezione trasversale appaiono costituiti da una coppia di microtubuli centrali e nove coppie di microtubuli periferiche avvolte dal plasmalemma. Sono mobili. Es. vie aeree e vie genitali femminili: trachea con ciglia, che con movimento oscillatorio, allontanano gli agenti patogeni; spostamento del fluido secreto nelle vie genitali. Stereo ciglia: si localizzano sulla superficie, per esempio, del dotto; coinvolte nei processi di secrezione e riassorbimento del liquido che accompagna gli spermatozoi. Le cellule epiteliali sono separate tra loro da un sottile interstizio occupato da glicosoamminoglicani e glicoproteine (glicocalice) e sono connessi da apparati di giunzione distribuiti lungo le membrane plasmatiche affrontate e in rapporto con il citoscheletro. Al fine di preservare l'integrità meccanica del tessuto, tutte le cellule epiteliali (tessuto molto resistente privo di vascolarizzazione) devono rimanere attaccate le une alle altre: - Diffuso ripiegamento delle membrane cellulari, rafforza l’adesione; - Giunzioni intercellulari, specializzazione membrana plasmatica. Meccanismi di connessione: - meccanico: perché servono a conferire resistenza; - funzionale: perché avviene lo scambio di info e sostanze. Sulla superficie laterale delle cellule, vi sono tre tipi di giunzioni: - giunzioni strette/occludenti: garantiscono il controllo della permeabilità intestinale impedendo la diffusione delle sostanze extra cellulari all’interno della cellula e la migrazione delle proteine di membrana; 3 - giunzioni ancoranti/fasce aderenti: favoriscono l’unione delle cellule, la funzione meccanica; - giunzioni comunicanti/serrate: consentono il passaggio di piccole molecole di nutrimento o di informazioni. Giunzione occludente Giunzione ancorante Giunzione comunicante Nella parte basale, la membrana basale, è una struttura specializzata prodotta da cellule epiteliali e connettivali, costituita da tre stati: - lamina lucida/rara, a contatto con la membrana plasmatica tramite ponti molecolari formati da proteine; - lamina densa, formata da molecole di matrice extra cellulare: - lamina reticolare, si connette al tessuto connettivo formata da fibre di collagene di primo e settimo tipo. Tutte le cellule sono costituite da membrana, nucleo con materiale genetico e citoplasma; all’interno del citoplasma c’è il citoscheletro. Il citoscheletro è formato da una ricca rete di filamenti proteici citoplasmatici: - microfilamenti: nelle cellule assorbenti sono presenti nella zona apicale; - tono filamenti; - microtubuli. Se gli organuli servono per produrre i segnali di comunicazione tra una cellula e l’altra, il citoscheletro serve per conferire elasticità al tessuto. Il tessuto epiteliale comprende tre sottotipi funzionali: - Epiteli di rivestimento: costituiti da lamine cellulari poste a rivestire la superficie esterna dell’organismo e/o le cavità interne degli organi; - Epiteli ghiandolari: costituiti da elementi secernenti; - Epiteli sensoriali: specializzati nella captazione di vari stimoli. 4 EPITELI DI RIVESTIMENTO Agli epiteli di rivestimento spettano le funzioni di protezione, scambio e trasporto di sostanze. La classificazione viene fatta in base a due criteri: - Il numero degli strati; - La morfologia cellulare. Si parla di epiteli semplici nel caso in cui le cellule sono disposte in un unico strato. Sono coinvolti nel trasporto dei materiali. Si parla di epiteli composti quando le cellule sono disposte in due o più strati hanno la funzione principalmente di protezione e di resistenza alle abrasioni. Prendendo in considerazione la morfologia cellulare gli epiteli vengono detti: - Pavimentosi o squamosi: quando sono costituiti da cellule appiattite dove il parametro è dimensionalmente meno rilevante; - Cubici: quando le cellule presentano parametri dimensionali che si equivalgono; - Cilindrici: quando le cellule presentano come parametro prevalentemente l’altezza. Gli epiteli pavimentosi semplici sono formati da un singolo strato di cellule appiattite. Si tratta di epiteli molto sottili e delicati che risultano essere particolarmente adatti per lo scambio di sostanze. Comprendono: - Mesoteli: che delimitano la cavità corporee; - Endoteli: localizzati all’interno di cuore e vasi sanguigni; - Epitelio alveolare; - Epitelio della capsula di Bowman (rene). Gli epiteli pavimentosi stratificati sono gli epiteli più robusti ed esposti a sollecitazioni meccaniche severe. Le cellule degli strati superficiali vengono eliminate man mano che procede la divisione delle cellule degli strati profondi. Gli epiteli pavimentosi stratificati possono essere di due tipi cheratinizzati e non cheratinizzati. L'epitelio pavimentoso stratificato cheratinizzato costituisce l’epidermide ed è caratterizzato dalla presenza di cellule prive di nucleo e di organuli citoplasmatici, trasformate in squame cornee per la presenza di filamenti di cheratina che le induriscono e le rendono impermeabili all’acqua L'epitelio pavimentoso stratificato non cheratinizzato è composto da più strati di cellule ed è in contatto con la membrana basale. Questo epitelio costituisce il rivestimento interno della cavità orale, faringe, esofago, corde vocali e vagina. 5 Gli epiteli cubici e cilindrici semplici sono costituiti da un singolo strato di cellule cubiche o cilindriche e rivestono gli organi e condotti escretori, sono ottimi per l’assorbimento e per la secrezione. L'epitelio cubico semplice riveste i dotti di molte delle ghiandole esocrine e le ovaie. L'epitelio cilindrico semplice riveste i dotti efferenti dei testicoli, l’utero e i piccoli bronchi. L'epitelio cubico stratificato possiede solo un paio di strati cellulari e riveste i dotti di alcune ghiandole esocrine. L'epitelio cilindrico stratificato è composto da più strati di cellule. È localizzato solo in alcuni limitati distretti corporei, come nella congiuntiva dell’occhio. Epiteli con caratteristiche peculiari sono l’epitelio di transizione e l’epitelio pseudostratificato. Nell’epitelio di transizione la morfologia cellulare sia il numero degli strati variano al variare del “grado di riempimento” dell’organo di appartenenza. Nell’epitelio pseudostratificato si osservano più file di nuclei a diversa altezza. Tutte le cellule sono a contatto con la membrana basale, ma non tutte arrivano a contatto con il lume, essendo di diversa altezza. L'epitelio pseudostratificato contribuisce a formare le tonache mucose dell’apparato respiratorio (nasale, faringea, tracheale, bronchiale). 6 Tessuto epiteliale ghiandolare Buona parte dell’attività secernente nel nostro organismo è affidata agli epiteli ghiandolari, che si organizzano in organi secernenti, detti ghiandole, specializzati nella produzione e secrezione di sostanze che svolgono una varietà di funzioni biologiche nell’organismo. La secrezione è un processo molto complesso e articolato che comporta la sintesi, l’elaborazione, l’accumulo e l’esocitosi di un prodotto in grado di svolgere una funzione biologica. È un processo attivo che richiede energia sotto forma di ATP. In base alle caratteristiche morfo-funzionali e alla destinazione del loro secreto, le ghiandole vengono classificate in esocrine ed endocrine. Le ghiandole esocrine agiscono localmente, sono provviste di dotti escretori e le secrezioni sono riversate all’esterno dell’organismo o all’interno di un organo cavo, chiamato lume. Le ghiandole endocrine sono prive di dotti escretori, le secrezioni (ormoni) vengono riversate nel liquido interstiziale e quindi nel flusso sanguigno ed agiscono a distanza su organi “bersaglio”. Ogni ghiandola prende origine da un epitelio di rivestimento: una proliferazione cellulare locale dà origine ad un agglomerato di cellule (zaffo epiteliale), che si approfonda nel connettivo sottostante. Nel caso delle ghiandole esocrine, lo zaffo non perde la connessione con l’epitelio d’origine e tale connessione si trasformerà nel dotto escretore. La connessione zaffo/epitelio di rivestimento viene persa nelle ghiandole endocrine, per cui l’agglomerato cellulare residuo viene diffusamente vascolarizzato per convogliare il secreto nel circolo sanguigno. Le grosse ghiandole multicellulari sono ricoperte da una capsula connettivale da cui si dipartono dei sepimenti o setti connettivali che suddividono l’organo in tante concamerazioni chiamati lobi e lobuli. Le unità secretorie costituiscono il parenchima ghiandolare. Il connettivo, che penetra nel parenchima e ne costituisce il supporto meccanico e trofico rappresenta lo stroma ghiandolare. Ghiandole esocrine Nelle ghiandole esocrine più complesse le cellule della parte terminale dello zaffo, che invadono il connettivo, si differenziano in cellule secernenti, andando a costituire il cosiddetto adenomero (porzione secernete della ghiandola). Le cellule comprese tra adenomero ed epitelio di rivestimento danno origine al dotto escretore. La classificazione delle ghiandole esocrine può essere effettuata in base a diversi criteri morfo- funzionali: - Numero di cellule che costituiscono la ghiandola: ghiandole unicellulari e pluricellulari; - Forma dell’adenomero: ghiandole tubolari, acinose e alveolari; - Tipo di dotti: ghiandole semplici, ramificate e composte; - Modalità di secrezione: ghiandole merocrine, apocrine e olocrine; - Tipo di secreto: ghiandole sierose, mucose e miste. Le ghiandole esocrine unicellulari rappresentano l’esempio più semplice di ghiandola esocrina e sono costituite da cellule isolate accolte in seno all’epitelio di rivestimento. Uno degli esempi più 7 classici è rappresentato dalle cellule caliciformi mucipare che si trovano intercalate tra le cellule epiteliali di rivestimento che delimitano il tratto digerente ed alcune porzioni del tratto respiratorio. Le ghiandole esocrine pluricellulari sono costituite da più elementi secernenti. Queste ghiandole vengono detto intraparietali, quando sono comprese nella parete dell’organo all’interno del quale riversano il secreto ed extraparietali, se si sviluppano al di fuori dell’organo cavo a cui sono connesse. In base alla struttura delle unità secernenti le ghiandole pluricellulari si suddividono in: - Tubolari: gli adenomeri hanno forma allungata in sezione longitudinale, con un lume interno visibile circondato da cellule di forma per lo più cubica o cilindrica; - Acinose: gli adenomeri hanno forma sferica, il lume è circondato da cellule di forma piramidale; - Alveolari: gli adenomeri hanno forma sferica con un ampio lume centrale delimitato da cellule di forma cubica. In base al tipo di dotti, le ghiandole si differenziano in: - Semplici: un solo adenomero ed un singolo dotto escretore (ghiandole sudoripare e intestinali); - Ramificate: unico dotto che fa capo a più adenomeri (ghiandole sebacee); - Composte: più adenomeri e più dotti escretori (ghiandola mammaria). In base alle modalità di secrezione, le ghiandole esocrine si suddividono in: - Merocrine: quando il secreto è rilasciato mediante esocitosi; - Apocrine: quando la parte apicale del citoplasma viene rilasciata insieme alle vescicole di secrezione; - Olocrine: quando le cellule secernenti maturano e muoiono, diventando esse stesse il prodotto di secrezione. 8 In base alla natura del loro secreto le ghiandole esocrine si definiscono: - Sierose: se elaborano un secreto acquoso, fluido, ricco di enzimi; - Mucose: se elaborano un secreto denso, ricco di glicoproteine che costituisce il muco; - Miste: se costituite da adenomeri che producono muco e adenomeri che producono materiale sieroso. A questi tipi di secreto vanno aggiunti altri tipi di secreto quali: - Sebo: prodotto dalle ghiandole sebacee, ricco di acidi grassi e trigliceridi; - Sudore: prodotto dalle ghiandole sudoripare, ricco di acqua e sali minerali; - Lacrime: prodotte dalle ghiandole lacrimali, ricche di acqua e contenenti in minore quantità le proteine. I testicoli provvedono alla formazione dei gameti maschili e alla produzione di testosterone, che controlla lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari maschili. Le ovaie provvedono alla formazione dei gameti femminili e alla produzione di estrogeni e progesterone: i primi controllano lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari femminili, il secondo prepara l’utero a un’eventuale gravidanza e le mammelle ad un eventuale lattazione. Nell'uomo viene prodotto dalle cellule interstiziali di Leydig anche progesterone, la cui concentrazione è molto importante perché è stato scoperto che inibisce la caduta dei capelli e l’ipertrofia della prostata, mentre ad alte dosi può sopprimere la produzione di androgeni portando ad atrofia dei testicoli e della prostata. Ghiandole endocrine Le ghiandole endocrine non hanno azione locale, ma sistemica. Questo è dovuto alla liberazione di un prodotto di secrezione, chiamato ormone, in grado di raggiungere attraverso il circolo sanguigno i diversi distretti anatomici irrorati, localizzati anche a distanza dagli elementi secernenti. Il prodotto ormonale potrà esplicare la sua azione solo su cellule bersaglio, dotate cioè di recettori specifici per quel determinato ormone. Nel suo insieme, il sistema endocrino è costituito da ghiandole e cellule deputate alla produzione di ormoni. L'attività del sistema endocrino è fortemente correlata a quella del sistema nervoso. Tra i due sistemi esiste un’importante connessione anatomica e funzionale, rappresentata dall’ipotalamo, il che giustifica l’utilizzo del termine sistema neuroendocrino. Sono stati individuati dei criteri di classificazione in base ai seguenti parametri: - Numero di elementi secernenti: ghiandole unicellulari e pluricellulari; - Strutture: a nidi e cordoni, a follicoli, a isolotti, interstiziali; - Caratteristiche chimiche degli ormoni prodotti: a secrezione steroidea e non steroidea; - Derivazione embriologica. Le ghiandole unicellulari sono disperse in tessuti epiteliali di rivestimento o ghiandolari esocrini localizzati negli apparati digerente, respiratorio ed urogenitale (sistema endocrino diffuso). Le ghiandole pluricellulari sono dei veri e propri organi facenti parte del sistema endocrino e comprendono: ipofisi ed epifisi, tiroide, le 4 paratiroidi, timo, surrene, pancreas, ovaie, testicoli, placenta. Le ghiandole pluricellulari possono essere quindi distinte, in base alla struttura, in ghiandole a nidi, cordoni, follicoli, isolotti e interstiziali. 9 I nidi sono degli aggregati cellulari di forma circolare che non presentano un lume centrale né un orientamento concentrico delle cellule, ma sono circondati da una ricca rete di capillari. I cordoni sono invece costituiti da file di cellule endocrine intervallate a capillari sottili e dilatati, chiamati sinusoidi. L’ormone da secernere viene immagazzinato nelle cellule e viene rilasciato in seguito all’arrivo di un segnale specifico. Nelle ghiandole di tipo follicolare le cellule costituiscono la parete di strutture rotondeggianti, chiamate follicoli, contenenti una cavità all’interno nella quale si riversa e si accumula il prodotto di secrezione. Quando arriva un segnale di rilascio, l’ormone viene riassorbito dalle cellule follicolari e liberato nel liquido interstiziale per poi passare nel torrente circolatorio. Tra le ghiandole organizzate ad isolotti va citato il pancreas endocrino, in cui le cellule secernenti ormoni si dispongono in cordoni raggruppati in strutture circolari intercalate alle restanti e prevalenti strutture del pancreas esocrino. Le ghiandole di tipo interstiziale sono invece rappresentate dalle gonadi maschili e femminili. Rispetto alla natura chimica del prodotto di secrezione, le ghiandole endocrine possono dirsi a secrezione steroidea o non steroidea. Le uniche ghiandole secernenti ormoni steroidei sono il surrene e le gonadi. Tutte le altre ghiandole secernono ormoni non steroidei. In relazione alla loro natura chimica, gli ormoni hanno diversi meccanismi di azione. Gli ormoni peptidici e/o proteici si legano a recettori proteici di membrana. Le proteine recettoriali sono localizzate sulla superficie esterna della membrana e sono in grado di riconoscere molecole informative presenti nello spazio extracellulare legandosi ad esse (ligandi). A differenza degli ormoni peptidici e/o proteici, gli ormoni steroidei, essendo solubili nei fosfolipidi di membrana, attraversano con facilità la membrana cellulare, ma per espletare la loro azione richiedono la presenza di un recettore proteico citoplasmatico che veicoli l’ormone nel nucleo, dove esso potrà interagire con il suo gene bersaglio. Per quanto concerne l’embriogenesi, le ghiandole endocrine possono derivare da: - Ectoderma di rivestimento o dall’ectoderma neurale; - Mesoderma: come nel caso di rene e gonadi; - Endoderma: come nel caso della tiroide, paratiroidi, timo, fegato e pancreas. Il prodotto di secrezione delle cellule bersaglio sono gli ormoni. La risposta della cellula bersaglio porta: - Aumento del ritmo della divisione cellulare - Attivazione o disattivazione di specifici geni - Modifica della velocità di alcune reazioni metaboliche - Variazione della permeabilità cellulare Un esempio di feedback negativo comprende l’ipotalamo, che ha un'azione inibitoria nei confronti delle tropine e dell’ormone. Feedback positivo contrazioni uterine aumentano le contrazioni dell’utero 10 Ipotalamo L’ipotalamo è l’organo di connessione tra il sistema nervoso centrale e il sistema endocrino. Ipotalamo e ipofisi formano un sistema integrato di tipo neuroendocrino, definito sistema o asse ipotalamo-ipofisario, in cui le cellule neuroendocrine dell’ipotalamo secernono peptidi che agiscono sulle cellule secernenti dell’adenoipofisi regolandone l’attività. Tra gli ormoni secreti dell’ipotalamo vanno menzionati: - GnRH: è l’ormone di rilascio per le due gonadotropine ipofisarie LH e FSH; - TRH: è l’ormone di rilascio per la tireotropina ipofisaria TSH; - GHRH: è l’ormone di rilascio per l’ormone della crescita ipofisario GH; - CRH: è l’ormone di rilascio per gli ormoni ipofisari come corticotropina, ACTH e MSH, - Dopamina: inibente il rilascio dell’ormone prolattina da parte dell’adenoipofisi; - Somatostatina: inibente il rilascio degli ormoni ipofisari GH e TSH. L'ipotalamo è inoltre il responsabile della secrezione di due ormoni da parte di due gruppi di neuroni chiamati nuclei sopraottico e paraventricolare. I neuroni del nucleo sopraottico secernono ADH, ormone antidiuretico che agisce a livello dei dotti collettori renali favorendo il riassorbimento di acqua e di conseguenza regolando il volume del plasma sanguigno e la pressione arteriosa. I neuroni del nucleo paraventricolare secernono ossitocina, che nella femmina è coinvolta nell’induzione del parto e della secrezione di latte. Nel maschio una serie di risultati preclinici suggerisce un ruolo dell’ossitocina nel controllare la prima parte del riflesso eiaculatorio. Ipofisi L'ipofisi è una ghiandola endocrina, che si trova nella sella turcica dello sfenoide, cui spetta il compito di coordinare l’attività di molte altre ghiandole facenti parte del sistema endocrino. L'ipofisi secerne ben nove ormoni diversi coinvolti nel controllo della tiroide, surreni e gonadi e di una serie di processi fondamentali per la vita. L'ipofisi è anatomicamente suddivisa in due porzioni principali (l’ipofisi anteriore e l’ipofisi posteriore) unite tra loro da una sottile porzione intermedia e connesse all’ipotalamo mediante il peduncolo ipofisario. L'ipofisi anteriore (adenoipofisi) è di natura epiteliale, mentre, l’ipofisi posteriore (neuroipofisi) è di natura nervosa. La connessione tra ipotalamo e ipofisi è sia di tipo anatomico che funzionale essendo presente il cosiddetto sistema portale ipotalamo-ipofisario di connessione vascolare e ormonale. Gli ormoni prodotti da neuroni ipotalamici vengono liberati nei capillari a livello del peduncolo ipofisario; quindi, trasportati dalle vene portali ipofisarie all’adenoipofisi dove si forma un secondo letto capillare, a livello del quale gli ormoni possono influenzare le cellule dell’adenoipofisi grazie al rallentamento del circolo. A livello della neuroipofisi arrivano i cosiddetti tratti ipotalamici ovvero fasci di assoni amilenici die neuroni ipotalamici neurosecernenti dei nuclei sopraottico e paraventricolare che vanno ad immettere in circolo gli ormoni ADH e ossitocina in un territorio privo di barriera emato- encefalica. Quindi la neuroipofisi non è la sede di produzione ormonale ma è la sede in cui avviene l’immissione in circolo di ormoni secreti da neuroni ipotalamici. Istologicamente, la neuroipofisi è 11 costituita da una rete di fibre nervose (assoni mielinici) e da cellule gliali di sostegno chiamate pituiciti. Le cellule dell’adenoipofisi si possono distinguere in popolazioni di cellule acidofile, basofile e cromofobe. Si è visto che le cellule acidofile sono costituite dalle cellule somatotrope secernenti l’ormone somatotropo (GH) e dalle cellule mammotrope secernenti prolattina (PRL). Le cellule basofile comprendono le cellule gonadotrope secernenti l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH), le cellule corticotrope secernenti l’ormone adrenocorticotropo (ACTH). Le cellule cromofobe sono considerate cellule quiescenti o indifferenziate o cellule secernenti ACTH. In sintesi, le cellule dell’adenoipofisi secernono due tipi di ormoni: - ormoni ad azione diretta: GH o STH, PRL e MSH; - ormoni trofici: ACTH, TSH, FSH e LH. Le azioni svolte dagli ormoni ipofisari sono le seguenti: - GH o STH: serve alla deposizione del calcio nel tessuto osseo, alla proliferazione dei condroblasti a livello delle metafisi delle ossa lunghe, al processo di sintesi proteica e all’aumento della massa muscolare; - PRL: è l’ormone che, nella donna, garantisce lo sviluppo mammario in età puberale e assicura il processo di lattazione nella fase successiva al parto; - MSH: è l’ormone che agisce sui melanociti della pelle, per regolarne la pigmentazione. - ACTH: è l’ormone che stimola la corticale del surrene a secernere glucocorticoidi (cortisolo); - TSH: è l’ormone che stimola l’attività ormonale della tiroide; - Gonadotropine LH e FSH: sono gli ormoni che, nell’uomo, promuovono la spermatogenesi e controllano la produzione degli ormoni sessuali da parte dei testicoli, mentre nella donna regolano la maturazione dei follicoli e la secrezione di ormoni da parte delle ovaie; 12 Epifisi Nel 1958 fu scoperto che l’epifisi produce, solo in assenza di luce, un importante ormone, la melatonina, una proteina sintetizzata a partire dal triptofano, precursore anche del neurotrasmettitore serotonina, che incide sullo sviluppo sessuale degli individui e ne regola il ritmo sonno-veglia. Infatti, alla melatonina è stata attribuita anche un’azione inibente sul rilascio ipofisario di gonadotropine e ormone della crescita e tumori dell’epifisi sono stati associati a pubertà precoce. Un suo malfunzionamento può influire negativamente sul sistema immunitario e cardiovascolare, nonché diminuire la vitalità fisica. L'epifisi, contrariamente alle altre ghiandole endocrine, non è sotto il controllo di fattori di rilascio o inibizione provenienti dalla circolazione sanguigna, ma sotto quello del sistema nervoso simpatico in risposta alla cui stimolazione verrebbe inibita la secrezione di melatonina. Si può quindi considerare come un trasduttore neuroendocrino che converte impulsi nervosi in variazioni della secrezione ormonale. Istologicamente, l’epifisi ha un parenchima organizzato in cordoni e con due tipi di cellule: i pinealociti e le cellule interstiziali. I pinealociti o cellule parenchimali sono deputati alla sintesi di melatonina producono, inoltre, una matrice proteica che va incontro a calcificazione. Col passare degli anni a partire dalla pubertà si accumulano nell’epifisi concrezioni calcaree denominate acervuli. Le cellule interstiziali formano lo stroma ghiandolare e sono costituite da cellule gliali modificate con funzioni di supporto trofico. Tiroide La tiroide ha una forma a H o a farfalla essendo costituita da due lobi connessi attraverso un istmo mediano. Come tutti gli organi pieni o parenchimatosi, la tiroide è provvista di una capsula connettivale che invia in profondità setti di tessuto connettivo che suddividono l’organo in lobuli e offrono passaggio a vasi e nervi. Il parenchima ghiandolare è organizzato in follicoli tiroidei, vescicole chiuse di forma rotondeggiante contenenti colloide che rappresenta una forma di deposito degli ormoni tiroidei. Tali ormoni vengono immagazzinati per un tempo variabile nell’interno dei follicoli, per passare gradualmente in circolo in quantità proporzionata alle esigenze dell’organismo. I follicoli normalmente hanno dimensioni e aspetto diverso in relazione al loro momento funzionale: quelli più grandi hanno molto colloide accumulata al loro interno e un epitelio piuttosto schiacciato essendo in fase di quiescenza; i più piccoli hanno meno colloide e un epitelio più alto perché attivi nella sintesi o nella scissione della tireoglobulina (glicoproteina che sequestra all’interno della colloide lo iodio legato agli ormoni tiroidei). La parete dei follicoli è formata da un epitelio cubico costituito da tireociti tra cui sono intercalate cellule C. Attorno ai follicoli è presente una ricca rete di capillari fenestrati all’interno dei quali riversare il secreto e da cui attingere i substrati e i segnali ormonali per la sintesi degli ormoni tiroidei. 13 I tireociti hanno la capacità di sintetizzare nel RER la tireoglobulina, captare attivamente ioni ioduro dal sangue e ossidarli a iodio molecolare sul versante interno del follicolo, quindi, legarlo ai residui della tireoglobulina per dare luogo alla formazione di molecole di monoiodotirosina e diiodotirosina dalla cui fusione deriveranno la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). L'ormone T3 è così chiamato perché contiene tre atomi di iodio, mentre il T4 ne contiene quattro. In risposta al TSH ipofisario i tireociti emettono pseudopodi che consentono l’inglobamento di gocciole di colloide contenente tireoglobulina che viene degradata nelle sue componenti non iodate da enzimi proteolitici di natura lisosomiale in maniera da liberare gli ormoni steroidei. Entrambi gli ormoni sono liposolubili e vengono trasportati attivamente nelle cellule dove si legano a recettori nucleari. L'ormone prodotto dalle cellule C è la tireocalcitonina che, insieme al suo antagonista paratormone, regola i livelli plasmatici del calcio e il processo di mineralizzazione e rimodellamento osseo. Attraverso i suoi ormoni, la tiroide regola i seguenti processi: - Il metabolismo corporeo; - Lo sviluppo scheletrico e cerebrale, a partire dalla vita fetale; - La sintesi proteica; - Lo sviluppo della pelle, dell’apparato pilifero e degli organi genitali; - La frequenza e la forza di contrazione del cuore; - La temperatura corporea; - L'ematopoiesi. Poiché la tiroide funzioni correttamente è molto importante l’assunzione di iodio. Se lo iodio è insufficiente e si determina una condizione di ipotiroidismo, la ghiandola aumenta di dimensioni formando il cosiddetto gozzo nel tentativo di compensarne la carenza. Questa forma patologica porta al cretinismo. Il gozzo può essere però causato anche da una condizione opposta di ipertiroidismo, che si verifica quando la tiroide sintetizza ormoni in eccesso. Paratiroidi Le paratiroidi sono generalmente di numero 4. Queste piccole ghiandole sono organizzate in cordoni circondati da una rete di sinusoidi. La popolazione cellulare più numerosa è rappresentata dalle: - cellule principali: ricche di glicogeno e granuli secretori contenenti paratormone (PTH). Queste cellule sono in grado di legare il calcio ematico a livello del recettore di membrana provocando il blocco della secrezione di PTH; - Cellule ossifile: hanno un citoplasma più acidofilo rispetto alle cellule principali. Le cellule ossifile compaiono nel bambino di 5-6 anni di età e aumentano di numero con il progredire dell’età senza tuttavia senza mai raggiungere quello delle cellule principali. Oltre alle cellule ossifile tipiche, sono state descritte anche cellule ossifile di transizione e cellule ossifile in degenerazione. 14 Nel corso dell’evoluzione le paratiroidi hanno acquisito grande importanza per i mammiferi diventando i principali regolatori del calcio sierico. Il paratormone è un ormone peptidico che viene secreto in risposta a bassi livelli di calcio: per riportali alla norma esso agisce a livello osseo, favorendo il riassorbimento di calcio da parte degli osteoclasti, e a livello renale, riducendo la secrezione urinaria di calcio e inducendo la produzione di calcitriolo che facilita l’assorbimento intestinale di calcio. La vitamina D ha un ruolo importante per lo sviluppo dell’osso e della dentizione. L'importanza del paratormone si evince facilmente analizzando il ruolo metabolico del calcio che è coinvolto in numerosi processi quali la trasmissione dell’impulso nervoso, la contrazione muscolare, la coagulazione del sangue, l’adesione cellulare e il funzionamento di alcuni ormoni ed enzimi. Di conseguenza, la concentrazione del calcio nel sangue (calcemia) deve rimanere relativamente costante. Quando la concentrazione di calcio nel sangue diminuisce (ipocalcemia), le ossa rilasciano il minerale, aumenta l’assorbimento intestinale dello stesso e diminuisce la sua escrezione urinaria. Quando la calcemia sale eccessivamente (ipercalcemia), il calcio viene depositato nelle ossa, escreto con maggior facilità e assorbito in minor misura. L'ipocalcemia può essere asintomatica oppure può provocare crampi muscolari a livello del dorso e delle gambe a causa delle alterazioni del potenziale elettrico della membrana cellulare che portano ad un’aumentata eccitabilità neuromuscolare. L'ipocalcemia grave può causare tetania, laringospasmo o convulsioni generalizzate. La tetania è caratterizzata da sintomi sensitivi consistenti in parestesie delle labbra, della lingua e delle dita delle mani e dei piedi. Viceversa, l’ipercalcemia determina una riduzione dell’eccitabilità muscolare e nervosa oltre a nausea, vomito, stipsi, debolezza, perdita di appetito, dolori addominali e calcoli renali. Surrene Il surrene presenta una corticale di colorito giallastro per il contenuto in lipidi e una midollare di colorito rossastro per la presenza di numerose lacune vascolari. Il parenchima della parte corticale deriva dal mesoderma ed è organizzato in cordoni variamente disposti nelle tre diverse zone in cui viene suddivisa la corticale ovvero la zona glomerulare, la zona fascicolata e la zona reticolare. Nella zona glomerulare i corti cordoni sono ripiegati a gomitolo. Il loro prodotto è l’aldosterone ed è un ormone mineralcorticoide che viene sintetizzato a partire dal colesterolo sotto il controllo del sistema renina-angiotensina. L'azione dell’aldosterone consiste nello stimolare la ritenzione di sodio a livello de tubulo renale e, di conseguenza di acqua, e l’escrezione di potassio a livello dei dotti collettori determinando un effetto antidiuretico e il rialzo della pressione arteriosa e modificando la composizione in elettroliti dei liquidi corporei. La zona fascicolata è formata da cellule cubiche disposte in cordoni paralleli intercalati a una sottile rete di sinusoidi. A differenza delle cellule della zona reticolare, contengono un più elevato numero di gocciole lipidiche che tendono ad associarsi in cluster dando alle cellule un aspetto chiaro e schiumoso (spongiociti). 15 Le cellule della zona fascicolata secernono ormoni glucocorticoidi sotto il controllo dell’ACTH. Il principale ormone, ovvero il cortisolo, viene secreto in risposta a stress fisici o psichici, rappresentando quindi per l’organismo un mezzo fondamentale per l’adattamento allo stress. Questa classe di ormoni ha effetti sul metabolismo degli zuccheri favorendo la sintesi di glucosio a partire da substrati non carboidratici come gli amminoacidi. Gli effetti a livello a cutaneo ed osseo sono essenzialmente catabolici. A livello cardiovascolare aumentano il tono vasale e la gittata cardiaca e a livello del sistema immunitario hanno effetti antinfiammatori riducendo la risposta umorale e cellulare. Nella zona reticolare le cellule producono ormoni androgeni quali DHEA e DHEAS e l’androstenedione, che vengono convertiti al di fuori del surrene in testosterone ed estrogeni. Nei soggetti di DHEA solfato sono più elevate, quelle di DHEA invece non mostrano significative differenze fra i due sessi. Il DEHA sembra essere coinvolto in numerose funzioni biologiche, tra le quali ricordiamo la regolazione e la stimolazione delle funzioni sessuali, la produzione di mielina. A differenza della corticale, il parenchima della midollare è organizzato in nidi e cordoni di cellule basofile alternati ad ampie lacune vascolari. Le cellule sono chiamate feocromociti perché contengono granuli capaci di precipitare i sali di cromo assumendo una colorazione bruna e sono innervate da fibre simpatiche pregangliari colinergiche. La derivazione embriologica delle creste neurali giustifica la diversa struttura della midollare e la diversa natura degli ormoni prodotti che non sono steroidei, come nel caso della corticale, ma catecolamine ovvero composti chimici derivati dall’amminoacido tirosina chiamati adrenalina e noradrenalina che vengono definiti ormoni dello stress perché quando rilasciate in modo massivo mettono l’organismo in condizioni di rispondere a situazioni di emergenza aumentando il flusso sanguigno a cuore e polmoni, accelerando il battito cardiaco. In particolare, l’adrenalina riduce l’attività contrattile delle cellule mioepiteliali delle ghiandole salivari e la dismissione di saliva, mentre aumenta il rilascio di sudore per favorire la termoregolazione. In sintesi, in virtù degli ormoni prodotti i surreni sono coinvolti in processi e meccanismi quali: - La risposta acuta agli eventi stressanti e improvvisi; - Lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari nell’uomo; - Il desiderio sessuale nella donna; - Il controllo della pressione arteriosa; - Il mantenimento dei livelli di sodio e potassio nel sangue; - Il controllo della frequenza cardiaca. 16 Tessuto connettivo Il tessuto connettivo è costituito da cellule piccole e poco numerose, di forma varia, disperse in un’abbondante matrice extracellulare che le cellule stesse sintetizzano e secernono, il tessuto connettivo è ricco di nervi e vasi attraverso cui media lo scambio di nutrienti tra i diversi tessuti ed il sistema circolatorio. Il termine “connettivo” si riferisce a due tipi di connessione: - Connessione meccanica: consente di ancorare tessuti fra loro o di sostenere e proteggere gli organi; - Connessione funzionale: consente e facilita il transito di sostanze e/o di cellule. Tutte le tipologie di tessuto connettivo derivano dal mesoderma. Il mesoderma è il foglietto embrionale intermedio che dà origine al mesenchima. Alla famiglia di cellule di derivazione mesenchimale appartengono: - Fibroblasti, macrofagi, mastociti e adipociti; - Globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e cellule staminali emopoietiche; - Condroblasti; - Osteoblasti. Le principali funzioni dei tessuti connettivi si possono così riassumere: - Collegamento tra tessuti; - Demarcazione e separazione; - Sostegno; - Riserva/trofismo; - Isolamento/ammortizzamento; - Trasporto/trofismo; - Difesa/protezione; - Riparazione. I tessuti connettivi risultano costituiti da due componenti strutturali comuni, presenti in diverse proporzioni nei diversi sottotipi: - Matrice extracellulare; - Cellule: sintetizzano e secernono la matrice. 1 A sua volta la matrice comprende delle strutture proteiche filamentose, chiamate fibre e una sostanza fondamentale o sostanza amorfa. Le fibre sono strutture proteiche extracellulari che conferiscono alla matrice extracellulare resistenza meccanica ed elasticità. Tre sono i tipi principali di fibre: - Fibre collagene; - Fibre reticolari; - Fibre elastiche. Le fibre collagene sono in grado di resistere specificamente alle sollecitazioni di trazione. Se osservate a fresco, le fibre collagene hanno un colorito biancastro e vengono pertanto dette fibre bianche. Le fibre collagene vengono assemblate nell’ambiente extracellulare a partire da una proteina, chiamata tropocollagene, che viene sintetizzata dai fibroblasti dei connettivi propriamente detti o da altre cellule tessuto-specifiche. Le molecole di tropocollagene interagiscono lateralmente tra loro mediante legami crociati covalenti intermolecolari. Deficit di enzimi coinvolti nella formazione di legami crociati stabili determinano anomalie nell’assemblaggio delle fibrille collagene. Nell'organismo umano sono stati individuati più di 25 tipi di collagene. Il collagene di tipo I forma fibre abbastanza spesse nel connettivo propriamente detto, nell’osso e nel dente. Il collagene di tipo II è esclusivo della cartilaginea ed elastica. Il collagene di tipo III forma le fibre reticolari. Il collagene di tipo IV costituisce la tipica intelaiatura della membrana basale. Il collagene di tipo VII forma piccoli aggregati, noti come fibrille di ancoraggio, fra la membrana basale e le fibre sottostanti di collagene I e III. Le fibre reticolari si localizzano attorno ai vasi e formano reti delicate tra tessuti o all’interno di organi parenchimatosi, creando una complessa struttura tridimensionale. Sistemi di colture in vitro e studi morfogenetici hanno dimostrato che le fibre reticolari compaiono precocemente, per poi “maturare” nelle fibre collagene tipiche. Le fibre elastiche sono formate dalle proteine elastina e fibrillina e sono particolarmente abbondanti nella matrice extracellulare di alcuni distretti corporei a cui conferiscono proprietà di allungamento e di ritorno elastico. Sono fibre che si deformano come un elastico quando sollecitate per poi tornare istantaneamente alla forma e lunghezza iniziali una volta cessata la sollecitazione. La sostanza fondamentale occupa gli spazi compresi tra le cellule e le fibre e consistente in prevalenza di tre gruppi di molecole: - Glicosamminoglicani; - Proteoglicani; - Glicoproteine. I glicosamminoglicani (GAG) grazie alla presenza di gruppi anionici hanno la capacità di legare enormi quantità di acqua, rendendo gelatinosa e viscosa la sostanza amorfa. L'acido ialuronico è il GAG più diffuso nei tessuti adulti. I GAG possono essere presenti nella sostanza fondamentale in forma monomerica o associati a un core proteico a formare proteoglicani. 2 I proteoglicani possono associarsi a all’acido ialuronico per formare grossi complessi che richiamando al loro interno grandi quantità di acqua, conferiscono alla matrice extracellulare una notevole resistenza alla compressione. In virtù dell’elevato peso molecolare, si oppongono al movimento di microrganismi e cellule metastatiche. Un altro componente della sostanza fondamentale è rappresentato dalle glicoproteine. Si tratta di proteine adesive che possiedono dei siti di legame per facilitare l’attacco delle cellule alla matrice extracellulare. In generale si tratta di grosse molecole specifiche per i diversi tessuti connettivi, quali la fibronectina e la laminina nei connettivi propriamente detti, la condronectina nel tessuto cartilagineo e l’osteonectina e l’osteocalcina nel tessuto osseo. In base alla funzione, i tessuti connettivi possono essere classificati in: - Tessuti connettivi propriamente detti; - Tessuti connettivi di sostegno; - Tessuti connettivi con funzione trofica. 3 TESSUTO CONNETTIVO PROPRIAMENTE DETTI I tessuti connettivi propriamente detti comprendono tipologie lasse e dense. Un connettivo di tipo lasso è permeabile ed è la sede privilegiata di meccanismi di difesa. Un connettivo di tipo denso è in grado di opporre notevole resistenza alle sollecitazioni meccaniche. Ai connettivi lassi appartengono: - Mesenchima; - Tessuto mucoso; - Tessuto fibrillare lasso; - Tessuto reticolare. Dei connettivi densi fanno parte: - Tessuto fibrillare denso regolare; - Tessuto fibrillare denso irregolare: suddiviso in collageno ed elastico. Mesenchima Il mesenchima è il tessuto connettivo embrionale che provvede al collegamento tra i diversi tessuti presenti nell’embrione e nel feto è costituito da cellule mesenchimali dotate di forma irregolare separate da un’abbondante matrice ricca di sostanza amorfa e povera di fibre. Tessuto connettivo mucoso Il tessuto connettivo mucoso è un tipo di connettivo lasso che si trova esclusivamente nel cordone ombelicale. È detto anche gelatina di Wharton ed è costituito da fibroblasti, macrofagi e numerose cellule staminali di tipo mesenchimale. Una forma di tessuto mucoso maturo è rappresentata dalla polpa dentaria contenuta nella cavità pulpare del dente. 4 Tessuto connettivo fibrillare lasso Il tessuto connettivo fibrillare lasso è detto anche tessuto areolare e rappresenta il più diffuso tessuto di riempimento. È localizzato al di sotto delle membrane basali su cui poggiano gli epiteli, costituendone il relativo supporto e apportando sostanze nutritive ed ossigeno di cui le cellule epiteliali hanno bisogno. Si localizza al di sotto del derma cutaneo formando il tessuto sottocutaneo, forma le tonache mucosa e sottomucosa degli organi cavi e lo stroma degli organi ghiandolari. Tessuto connettivo reticolare Il tessuto connettivo reticolare è caratterizzato da una sostanza fondamentale lassa. Le principali cellule sono le cellule reticolari. Il tessuto reticolare forma una delicata impalcatura all’interno degli organi parenchimatosi (linfonodi, midollo osseo) e contribuisce alla formazione delle membrane basali. Costituisce la componente reticolare della parete dei capillari sanguigni. Tessuto connettivo fibrillare denso Il tipo cellulare prevalente è rappresentato da fibrociti che si dispongono negli interstizi tra le abbondanti fibre. La disposizione e l’orientamento dei fasci di fibre. La disposizione e l’orientamento dei fasci rendono questo tessuto molto resistente alla trazione. In base allo specifico orientamento delle fibre si distinguono due varietà di connettivo fibrillare denso: regolare e irregolare. 5 Tessuto connettivo denso regolare Nel tessuto connettivo denso regolare i fasci di fibre collagene possono decorrere parallelamente fra loro (a fasci paralleli) o incrociandosi (a fasci incrociati). Nel connettivo denso a fasci paralleli le fibre sono strettamente impacchettate e allineate lungo linee di trazione. La particolare resistenza alle forze di trazione rende questo tessuto adatto a formare i tendini, legamenti e aponeurosi (collegamento tra i muscoli). Nel connettivo denso a fasci incrociati i fasci di fibre formano lamelle sovrapposte l’una all’altra incrociandosi ad angolo retto. Tale orientamento determina la trasparenza della cornea. Tessuto connettivo denso irregolare Il connettivo denso irregolare comprende il connettivo collageno ed elastico. Nel connettivo collageno le fibre più abbondanti sono collagene. Questo tipo di connettivo è localizzato nel derma cutaneo, nelle guaine di tendini, muscoli e nervi, nel periostio e nelle capsule esterne di numerosi organi. Il connettivo elastico è costituito prevalentemente da grossi fasci di fibre elastiche intercalati a fibre collagene. Nel momento di applicazione di forza traente, le fibre elastiche si estendono per poi riprendere le dimensioni originarie al cessare della forza. Per queste caratteristiche il tessuto connettivo elastico è presente nelle pareti dei vasi sanguigni e in particolare delle arterie di grosso calibro, nei tendini, nei legamenti vocali e nei legamenti gialli della colonna vertebrale. 6 Tessuto elastico Questo tipo tessuto è sottile, fino a 1 nm, è meno ondeggiato del collagene. Ha una colorazione gialla, infatti richiede tecniche particolari di colorazione. È organizzato in fibre o in fogli discontinui. Si trova principalmente nelle corde vocali, nell’altra e nell’arteria polmonare, nei bronchi e nei polmoni, nella pelle e in alcune cartilagini. Tessuto connettivo adiposo Il tessuto adiposo viene classificato in due tipi a seconda degli adipociti che lo compongono. - Bianco o uniloculareBianco o uniloculare 20% del peso corporeo uomo, 25% donna (riserva energetica) - Bruno o multiloculareBruno o multiloculare. Molto specializzato. Piccole quantità nell’adulto (riserva termica) Tessuto connettivo adiposo bianco È formto da trigliceridi accumulati nel citoplasma, sono privi di vescicole e il nucleo è spostato lateralmente. Si riva sotto la pelle, attorno ai reni e nelle ossa dell’adulto. Tessuto adiposo bruno Ha un colorito rosso-bruno, è formato da cellule adipose multiloculari ed è ricco di capillari, di mitocondri e di vescicole. Si trovano nelle ascelle e nel mediastino. 7 TESSUTI CONNETTIVI DI SOSTEGNO Tessuto cartilagineo Nell'embrione umano l’istogenesi della cartilagine inizia durante la V settimana di vita per differenziamento delle cellule mesenchimali che retraggono i loro prolungamenti e assumono i caratteri di cellule condroprogenitrici. Queste cellule si aggregano nei centri di condrificazione e divenute condroblasti iniziano a produrre fibre collagene rimanendo isolate all’interno di spazi della matrice chiamate lacune. Quando l’attività biosintetica del condroblasto diminuisce, la cellula prende il nome di condrocito. In una cartilagine matura le cellule singole sono rare, essendo invece presenti raggruppamenti di cellule, detti gruppi isogeni così definiti perché derivati dalla mitosi di un’unica cellula. Oltre alle cellule già menzionate nella cartilagine sono reperibili cellule con funzioni fagocitarie chiamate condroclasti. Nel tessuto cartilagineo, oltre alla componente cellulare è presente un’abbondante matrice extracellulare costituita a sua volta da due componenti: - Componente fibrillare; - Sostanza amorfa. La componente fibrillare è rappresentata da fibre collagene ed elastiche. Le fibre sono immerse in un’abbondante sostanza amorfa costituita da glicoproteine specifiche e da proteoglicani ricchi di GAG solforati, che conferiscono solidità alla matrice. Nonostante la consistenza solida, la cartilagine è molto flessibile ed elastica ed ha un contenuto di acqua pari al 60/80% in volume. Nel tessuto cartilagineo le cellule ricevono le sostanze nutritive dei vasi dei tessuti connettivi circostanti per diffusione attraverso la matrice extracellulare. La nutrizione della cartilagine avviene attraverso i tessuti connettivi circostanti ed in particolare attraverso i tessuti connettivi circostanti ed in particolare attraverso i vasi del pericondrio. Il pericondrio è un involucro di tessuto connettivo fibrillare denso che ricopre la cartilagine. È costituito da: - Uno strato esterno ricco di fibre collagene, detto strato fibroso; - Uno strato interno, detto strato condrogenico, ricco di cellule differenziate che possono differenziarsi in condroblasti in grado di secernere matrice extracellulare. Nelle cartilagini articolari, prive di pericondrio, il nutrimento arriva dal vicino tessuto osseo o dal liquido sinoviale contenuto all’interno della cavità articolare e prodotto dalla membrana sinoviale. Essendo prive di pericondrio e quindi non essendo capaci di attività riparative, le cartilagini articolari sono le prime ad andare incontro al processo di usura e degenerazione noto come artrosi. 8 La cartilagine può accrescersi dall’interno oltre che per apposizione dall’esterno. Man mano che le cellule di un gruppo isogeno producono matrice tendono a separarsi tra di loro, formando lacune separate e contribuendo all’aumento di volume della cartilagine. Nell'individuo adulto la cartilagine è localizzata solo in alcune sedi: - Naso; - Orecchio esterno; - Trachea; - Bronchi; - Coste; - Superfici articolari, - Sinfisi pubica; - Dischi intervertebrali; - Menischi articolari. Esistono tre diversi tipi di cartilagine: - Cartilagine ialina; - Cartilagine elastica; - Cartilagine fibrosa. Cartilagine ialinica La cartilagine ialina viene così definita perché ha un colore bianco- bluastro. La cartilagine ialina ha una consistenza solida, è relativamente elastica. Nell'embrione e nel feto quasi tutto lo scheletro è costituito da cartilagine ialina, che sarà poi sostituita da tessuto osseo mediante il processo di ossificazione condrale. Ad ossificazione completata la cartilagine ialina rimane localizzata nell’apparato respiratorio, a livello dell’inserzione delle coste sullo sterno e sulle superfici articolari delle ossa. Questo tipo di cartilagine è simile ad un cuscinetto ammortizzatore che permette lo scorrimento delle superfici scheletriche impegnate nelle articolazioni mobili (diartrosi). I condrociti hanno forma e disposizione condizionate dalle sollecitazioni meccaniche, risultando perciò distribuiti in diversi strati: - Strato tangenziale: zona superficiale. Sono disposti a contatto con la cavità articolare; - Strato intermedio: zona mediana. Si dispongono ad arco con convessità rivolta verso la superficie; - Strato radiale: zona profonda. Sono orientati perpendicolarmente rispetto all’osso. 9 Cartilagine elastica La cartilagine elastica è localizzata nel padiglione auricolare, nel meato acustico esterno, nella tuba uditiva e nella laringe. Tra le cartilagini della laringe va menzionata l’epiglottide. Inoltre, grazie alle vibrazioni delle cartilagini elastiche della laringe si realizza la fonazione. La cartilagine elastica osservata a fresco è giallastra, flessibile ed elastica grazie alla presenza di numerose fibre elastiche e poche fibre collagene. Cartilagine fibrosa La cartilagine fibrosa è presente a livello dei menischi articolari, dei dischi intervertebrali, della zona di inserzione dei tendini sulle ossa e della sinfisi pubica. Nei dischi intervertebrali la cartilagine fibrosa si localizza nell’anello fibroso periferico. In caso di ernia del disco, l’anello fibroso fissurato lascia erniare il nucleo polposo nel canale vertebrale, dove è possibile la compressione delle radici dei nervi spinali. La cartilagine fibrosa è una forma di transizione tra il connettivo denso e la cartilagine: la diagnosi differenziale tra i due tessuti si basa sulla forma delle cellule, che sono rotondeggianti e più voluminose dei fibroblasti/fibrociti del tessuto connettivo. 10 Tessuto osseo Il tessuto osseo è riccamente vascolarizzato e in grado di rinnovarsi continuamente. Grazie alla sua durezza, il tessuto osseo è il maggior costituente delle ossa. La resistenza alle forze di compressione, trazione e torsione, unite al modesto peso, rendono l’osso il materiale ideale per costruire lo scheletro. Le ossa sono molto leggere a causa della sua architettura interna che impiega osso compatto più pesante solo nei punti maggiormente sollecitati, mentre nelle zone profonde meno sollecitate è alleggerita da cavità da varia ampiezza contenenti il midollo osseo. Le ossa danno attacco ai muscoli tramite le inserzioni tendinee e fungono da leva per permettere il movimento articolare. Le ossa rappresentano una preziosa miniera di sali minerali, immagazzinando il 99% del calcio corporeo sottoforma di fosfati e carbonati. Grazie al processo di rimodellamento osseo il calcio viene continuamente deposto e mobilizzato dalle ossa, in maniera che la sua concentrazione ematica si mantenga costante (omeostasi). L'osso consta di componenti organiche quali cellule e fibre collagene immerse in una miscela di proteine, glicoproteine, proteoglicani e lipidi. Le cellule che compongono il tessuto osseo sono le cellule osteoprogenitrici, osteoblasti e osteociti, che responsabili della produzione della matrice ossea, e gli osteoblasi che servono per il riassorbimento della matrice ossea. Le cellule osteoprogenitrici sono localizzate nello strato interno del periostio e nei canali di Havers. Sono cellule staminali, fusate o appiattite, simili ai comuni fibroblasti. Gli osteoblasti si trovano nelle parti ossee di neosintesi. Sono cellule cuboidi, disposte in strati, partecipano alla formazione dell’osso con la produzione della matrice ossea. Gli osteociti sono cellule presenti nell’osso maturo. Sono essenzialmente osteoblasti che dopo aver elaborato la sostanza ossea rimangono imprigionati nelle lacune ossee. Gli osteoclasti sono responsabili del riassorbimento dell’osso e possiedono recettori per la calcitonina e per il fattore stimolante rilasciato dagli osteoblasti sotto controllo del PTH. Derivano dai monociti. Altro elemento che costituisce il tessuto connettivo osseo sono le fibre. Sono strutture costituite da singole unità definite fibrille (spesse circa 800-1000 A) che formano un fascio che forma la fibra. Le fibrille collagene sono disposte parallelamente fra di loro a formare lunghi fasci. Sono presenti poi sali di calcio. Il calcio si trova sotto forma di Fosfato tricalcico. Questo sale viene depositato sotto forma di cristalli di idrossiapatite. Sono presenti altri sali quali: - Carbonato di calcio (componente del marmo) - Fluoruro di calcio (importante anche nei denti). Il tessuto osseo è tessuto vivo. Al microscopio si può osservare il tessuto osseo in due modi: - Metodo di Decalcificazione - Metodo di Usura 11 La componente minerale viene eliminata. La componente inorganica viene preservata. Struttura lamellare L’osservazione al microscopio di un osso dimostra la presenza di lamelle disposte parallelamente tra loro e orientate in vario modo. Ciascuna lamella non è altro che uno strato di matrice extracellulare che mostra una componente minerale che le conferisce notevole durezza. Al confine tra una lamella e l’altra si trovano gli osteociti, le cellule mature dell’osso derivate dagli osteoblasti. Gli osteoblasti sono le cellule responsabili della produzione della matrice ossea. Essi secernono inizialmente una matrice non calcificata (osteoide) contenente le sole componenti organiche, per poi avviare il processo di mineralizzazione, rimanendo di conseguenza intrappolati nella matrice sotto forma di osteociti quiescenti. Questi risiedono in cavità dette lacune, da cui si dipartono sottili tunnel, chiamati canalicoli che accolgono i prolungamenti citoplasmatici degli osteociti che entrano in rapporto con l’endostio per scambiarsi nutrienti e molecole segnale. Il tessuto osseo si può quindi definire lamellare, quando la matrice ossea si dispone a costituire lamelle, o fibroso non lamellare, nel caso in cui nella struttura non sono presenti lamelle ossee. Tessuto osseo lamellare: costituisce lo scheletro definitivo dei mammiferi adulti e presenta fibre collagene disposte parallelamente in lamelle stratificate e osteociti tra una lamella e l’altra; Tessuto osseo fibroso non lamellare: è costituito da fibre collagene raggruppate in grossi fasci paralleli o intrecciati, tra i quali sono compresi gli osteociti. Nell'uomo, questo tipo di tessuto costituisce tutti gli elementi scheletrici del feto e viene sostituito, nei primi anni di vita, dal tessuto osseo lamellare. Le lamelle ossee formano quattro tipi diversi di sistemi: - Il sistema circonferenziale esterno: le lamelle formano strati circolari nella parte più periferica della diafisi e ancorano il periostio all’osso con le perforanti di Sharpey; - Gli osteoni: costituiti da lamelle disposte in maniera concentrica attorno ad una cavità vascolare detta canale di Havers. L'osteone rappresenta l’unità strutturale dell’osso compatto. Ogni canale di Havers contiene fibre nervose e vasi sanguigni associati a tessuto connettivo. I canali di Havers di osteoni adiacenti sono collegati fra loro da canali trasversali od obliqui, detti canali di Volkmann; - Il sistema delle lamelle: le lamelle sono orientate in tutte le direzioni e rappresentano residui di osteoni riassorbiti durante il processo di rimodellamento osseo; - Il sistema circonferenziale interno: delimitante la cavità midollare centrale. I sistemi lamellari dell’osso spugnoso formano semplici trabecole. Ogni trabecola è rivestita da endostio ed è costituita da osteociti e lamelle parallele addossate le une alle altre. Le trabecole sono orientate in maniera irregolare, delimitando un labirinto di cavità intercomunicanti occupate da midollo osseo. Nell'osso spugnoso non sono presenti sistemi haversiani e le trabecole non sono attraversate da vasi sanguigni, che sono invece presenti nelle cavità midollari. 12 Le ossa vengono classificate in base alla loro forma: ossa lunghe, ossa corte e ossa piatte. In un osso lungo le epifisi sono costituite da tessuto spugnoso, mentre la diafisi è costituita da tessuto compatto. Osso compatto e osso spungoso L'osso presenta 2 strutture: compatto e spugnoso. L'osso compatto appare come una massa densa e omogenea priva di cavità macroscopicamente visibili. È molto più resistete alla compressione in senso longitudinale. Si definisce osso spugno un osso di aspetto poroso che presenta delle cavità contenenti midollo osseo emopoietico. È presente dove le forze vengon applicate da varie direzioni. La superficie esterna non articolare delle ossa è ricoperta dal periostio, tessuto connettivo fibrillare denso non calcificato e riccamente vascolarizzato che si inserisce sull’osso tramite fibre collagene perforanti dette fibre di Sharpey. Il periostio appare costituito da uno strato esterno fibroso ricco di fibre e vasi sanguigni e povero di cellule e da uno strato più profondo a contatto con l’osso, detto strato osteogenico di Ollier, contenente cellule con potenzialità osteogeniche (cellule osteoprogenitrici). L’endostio è un sottile strato cellulare incompleto. contiene cellule epiteliali, osteoblasti, preosteoblasti, osteoclasti. Riveste le trabecole dell’osso spugnoso, le cavità midollari, i canali di Havers e i canali di Volkmann, e ha proprietà osteogeniche. Mineralizzazione dell’osso Dopo la secrezione di osteoide da parte degli osteoblasti, si realizza la deposizione di cristalli di idrossiapatite, regolarmente allineati fra le fibre collagene. La matrice calcificata conferisce durezza all’osso Ossificazione Il processo di formazione dell’osso (ossificazione) consiste nella sostituzione di tessuti connettivi preesistenti con tessuto osseo e può avvenire sia a partire da tessuto connettivo mesenchimale (ossificazione diretta/membranosa), che da tessuto cartilagineo (ossificazione indiretta/condrale). 13 I due processi avvengono in modo parallelo e presentano in ogni caso quattro fasi in comune: 1. Formazione iniziale dell’embrione e nel feto, 2. Crescita 3. Ricostruzione 4. Riparazione e fratture. Ossificazione diretta/membranosa L'ossificazione diretta avviene a partire dai centri di ossificazione che compaiono nel mesenchima. Nei centri di ossificazione si sviluppa una ricca rete vascolare e si addensano le cellule mesenchimali, che inizialmente proliferano per poi differenziarsi in cellule osteoprogenitrici, che a loro volta diventano osteoblasti secernenti. Gli osteoblasti secernono matrice organica (osteoide) e se ne circondano, rimanendo intrappolati al suo interno come osteociti. L'osso neoformato è di tipo fibroso ed è organizzato in trabecole circondate il mesenchima vascolarizzato (osso spugnoso). Via via che la disposizione di matrice ossea procede l’osso neoformato si accresce in spessore per apposizione di nuova matrice ossea. Sulla loro superficie sono rinvenibili numerosi osteoclasti, derivati dai preosteoclasti circolanti, che erodono l’osso, contribuendo al rimodellamento del primitivo tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate in tessuto osseo lamellare definitivo. Laddove l’osso dovrà rimanere spugnoso, le trabecole assumeranno un’organizzazione di tipo lamellare e andranno a circoscrivere spazi midollari. Laddove dovrà formarsi osso compatto, le trabecole si ispessiranno, colmando gli spazi vascolari e disponendosi in modo più regolare fino ad organizzarsi nei vari sistemi lamellari. Sulla superficie dell’osso neoformato il mesenchima si addenserà a formare il periostio. Una variante dell’ossificazione diretta è considerata l’ossificazione mantellare che avviene a livello del corpo della mandibola. La peculiarità di questa di ossificazione è che l’osso in formazione si modella attorno ad un abbozzo cartilagineo detto cartilagine di Meckel. Tale abbozzo cartilagineo ha la funzione di induttore del differenziamento in senso osteogenico del mesenchima circostante. 14 Ossificazione indiretta L'ossificazione indiretta è tipica delle ossa lunghe e brevi e richiede la presenza di un abbozzo di cartilagine ialina. Nelle ossa lunghe, i primi segni di ossificazione (centri primari) compaiono nella parte centrale della diafisi. I condrociti dell’abbozzo cartilagineo diventano ipertrofici e inducono il differenziamento di cellule del pericondrio in cellule osteoprogenitrici e quindi in osteoblasti, i quali depositano un sottile manicotto osseo nella zona centrale della diafisi. In seguito, andando incontro a morte programmata lasciano liberi degli spazi che potranno essere occupati da osteoblasti, capillari e tessuto emopoietico e rilasciano dei fattori che provocheranno la mineralizzazione della matrice cartilaginea su cui gli osteoblasti depositeranno matrice ossea. Contemporaneamente avviene il processo di riassorbimento della matrice calcificata ad opera di condroclasti. La diafisi si accresce in lunghezza attorno al sottile collare osseo neoformato si organizza il periostio. Man mano che a livello diafisario si forma l’osso spugnoso primitivo, a livello epifisario compaiono i centri di ossificazione secondaria. I condrociti proliferano, si ipertrofizzano e vanno incontro ad apoptosi. Inizia quindi la deposizione di matrice ossea sui residui di cartilagine epifisaria calcificata che rimane all’interno delle trabecole ossee neoformate. Prima ancora che l’ossificazione primaria si terminata, inizia un processo detto di ossificazione secondaria, che consiste nella progressiva distruzione del tessuto osseo primitivo parte degli osteoclasti e la contemporanea sostituzione con tessuto osseo lamellare. 15 Il sangue Può essere definito un connettivo specializzato composto da: - parte corpuscolata: i globuli rossi o eritrociti, i globuli bianchi o leucociti, le piastrine o trombociti - parte fluida: il plasma Le sue funzioni sono: - Trasporta gas disciolti, sostanze nutritive, prodotti del catabolismo - Trasporta enzimi e ormoni a specifici tessuti-bersaglio - Regola pH e composizione elettrolitica dei liquidi interstiziali - Riduce la perdita di liquidi attraverso lesioni di vasi e di altri tessuti (emostasi) - Difende il corpo dalle tossine e dai patogeni - Contribuisce a regolare la temperatura corporea Il sangue è un fluido viscoso dal colore rosso bruno e pH 7.4. La volemia si modifica in base all’età. Il sangue circola in un sistema di canali chiusi, i vasi sanguigni, spinto da un organo propulsore, il cuore, ed è il veicolo ideale per il trasporto di sostanze. Il sangue è costituito da cellule e matrice extracellulare. A differenza degli altri tessuti connettivi, la matrice extracellulare, che viene detta plasma, è di natura liquida e non contiene fibre ma proteine disciolte in soluzione. Nel plasma sono sospese le cellule del sangue, che vengono dette elementi figuranti o corpuscolati comprendono: - Eritrociti o globuli rossi - Leucociti o globuli bianchi; - Piastrine o trombociti. 16 Le funzioni principali del sangue comprendono: - Il trasporto di sostanze nutritive dal tratto gastrointestinale alle cellule di tutto l’organismo; - Il trasporto di gas respiratori nel distretto polmonare e a tutte le cellule dell’organismo; - Il trasporto al rene dei prodotti di rifiuto rimossi dai vari distretti corporei; - La regolazione del pH e della temperatura corporea; - Il mantenimento della pressione osmotica dei liquidi tessutali; - La difesa da tossine e patogeni. È necessario che l’organismo provveda continuamente alla rimozione di cellule danneggiate e alla loro sostituzione. L'emopoiesi si realizza grazie alla proliferazione e al differenziamento di cellule staminali che danno origine alle diverse linee cellulari all’interno di specifici organi ematopoietici. L'emopoiesi ha luogo in diversi sedi nel corso della vita, iniziando durante la III settimana di sviluppo embrionale a livello del sacco vitellino, per poi avere luogo a livello epatico, splenico e midollare. Il midollo osseo con funzioni ematopoietiche viene detto midollo rosso ed è localizzato nell’adulto a livello delle ossa spugnose nonché nelle epifisi delle ossa lunghe, mentre in altre sedi viene sostituito da tessuto adiposo e viene pertanto chiamato midollo giallo. In caso di gravi emorragie il midollo giallo può riconvertirsi in midollo rosso e l’ematopoiesi riattivarsi anche nelle sedi di ematopoiesi extra midollare primitiva. Se si lascia sedimentare il sangue le diversi componenti si andranno a stratificare nella provetta formando un pellet solido e di colore rosso contenente i globuli rossi, un anello sottile e biancastro contenente i globuli bianchi e le piastrine e, al di sopra, un liquido giallo chiaro, il plasma, che corrisponde a circa 55% del volume della provetta. Il restante 45% del volume della provetta corrisponde alla componente cellulare del sangue e viene definito ematocrito. L'ematocrito esprime la quota percentuale di cellule ematiche sull’intero volume sanguigno. Lo “striscio”, una delle tecniche istologiche più diffuse, consente lo studio microscopico delle cellule del sangue e si distingue dal protocollo “generico” perché, ovviamente, non richiede il taglio del pezzo istologico. Il plasma è un liquido di colore giallastro costituito principalmente da acqua che provvede al trasporto di molecole organiche ed inorganiche, proteine e altri soluti. Le proteine plasmatiche sono rappresentate da albumine prodotte dagli epatociti e adibite al trasporto di ormoni steroidei e di lipidi. 17 Eritrociti Gli eritrociti (globuli rossi) sono cellule altamente differenziate adibite al trasporto dei gas respiratori. Gli eritrociti sono privi di nucleo e di organuli citoplasmatici e per questo vengono definiti corpuscolati del sangue. Hanno forma di disco biconcavo del diametro e presentano un citoplasma acidofilo. Il citoplasma contiene una proteina acidofila che conferisce il colore rosso al sangue e che viene chiamata emoglobina. L'emoglobina è una molecola di medie dimensioni costituita da 4 catene polipeptidiche uguali a due a due, contenenti ciascuna al proprio interno una molecola con al centro un atomo di ferro capace di legare e rilasciare lentamente l’ossigeno. Grazie all’emoglobina i globuli rossi sono in grado di caricarsi di O2 a livello degli alveoli polmonari per poi rilasciarlo per diffusione a livello di tessuti e organi periferici. La forma a disco biconcavo fornisce una superficie di diffusione relativamente ampia e è dovuta alla presenza di un robusto citoscheletro di membrana che consente agli eritrociti di impilarsi all’interno di capillari anche più piccoli del proprio diametro. La membrana dei globuli rossi presenta inoltre delle glicoproteine e lipoproteine con funzione antigenica che determinano l’appartenenza di ciascun individuo a un diverso gruppo sanguigno. Gli eritrociti permangono in circolo per circa 4 mesi e vengono rimossi dal circolo dai macrofagi presenti a livello della milza e del fegato. La formazione degli eritrociti avviene nell’adulto nel midollo osseo. Leucociti I leucociti (globuli bianchi) sono deputati alla difesa dell’organismo contro l’attacco di agenti patogeni di varia natura. Tale compito viene espletato con modalità diverse: tramite fagocitosi e successiva lisi del patogeno (immunità aspecifica) o attraverso la produzione di molecole dirette contro bersagli specifici (immunità specifica). Un aumento patologico dei leucociti viene definito leucocitosi e si realizza in corso di infezioni batteriche più o meno gravi. La cosiddetta formula leucocitaria esprime il rapporto percentuale tra le singole classi di leucociti nel sangue periferico, dove normalmente sono più rappresentati i granulociti neutrofili rispetto ai linfociti. I globuli bianchi sono distinti in due categorie a seconda che siano provvisti o meno di grosse granulazioni citoplasmatiche: 1. Leucociti granulari I leucociti granulari vengono distinti in granulociti neutrofili, eosinofilo e basofili e vengono detti polimoformonucleati. I granulociti neutrofili hanno funzioni di difesa, essendo in grado di fagocitare batteri e sostanze estranee. Sono cellule che presentano un nucleo eterocromatico a banda o polilobato. Queste comprendono granuli primari azzurrofili, corrispondenti a lisosomi e contenenti enzimi idrolitici e granuli secondari contenenti enzimi e sostanze battericide come lisozima e fagocitina. 18 I granulociti eosinofili sono provvisti di un caratteristico nucleo bilobato e mostrano evidenti granuli citoplasmatici contenti proteine basiche. Fagocitano i complessi antigene-anticorpo o attaccano i parassiti che risultano sensibili alla proteina MBP contenuta nei loro granuli. I granulociti basofili presentano un nucleo polilobato. Vengono anche chiamati mastociti circolanti e come nei mastociti anche i granuli dei basofili contengono eparina e istamina. I granulociti basofili e mastociti possiedono inoltre dei recettori di membrana per le IgE prodotte dalle plasmacellule in seguito alla stimolazione dei linfociti B da parte di antigeni specifici chiamati allergeni. Un loro aumento si riscontra nelle patologie tumorali del midollo osseo. 2. Leucociti agranulari I leucociti agranulari comprendono monociti e linfociti. I monociti sono dei fagociti essendo in grado di fagocitare molti tipi di sostanze estranee. Sono i precursori dei macrofagi del tessuto connettivo. Il nucleo ha una caratteristica forma di ferro di cavallo o a fagiolo. I monociti maturi vengono immessi nel torrente circolatorio. Essi migrano nel tessuto connettivo, dove, dopo essersi trasformati in macrofagi. I macrofagi residenti si localizzano negli organi del cosiddetto sistema dei fagociti mononucleati, comprendenti fegato (cellule di Kupffer), polmone e milza (macrofagi alveolari e interstiziali), osso (osteoclasti) e sistema nervoso centrale (microglia). I linfociti sono in grado di riconoscere antigeni specifici (risposta immunitaria specifica). Sono cellule che popolano anche gli organi e i tessuti linfoidi, nonché la linfa. La linfa si forma per confluenza del liquido intercellulare e tessutale e si raccoglie nei capillari linfatici. Per l’origine e il ruolo svolto nell’ambito delle risposte immunitarie specifiche, i linfociti si distinguono in cellule B, T e NK (natural killer). I linfociti acquisita la competenza migrano nei linfonodi e nella milza, dove formano cloni di cellule identiche. Dopo la stimolazione mediante l’antigene proliferano e si differenziano in due popolazioni: - Cellule della memoria: non partecipano alla risposta immunitaria, ma rimangono nel clone e sono pronte a rispondere a quell’antigene; - Cellule effettrici: sono i linfociti immunocompetenti che possono essere classificate come Linfociti B e T. Linfociti B Si formano e divengono immunocompetenti nel midollo osseo, sono i linfociti responsabili della risposta immunitaria umorale. Si possono differenziare in plasmacellule e produrre anticorpi. Linfociti T Migrano dal midollo osseo al timo dove maturano. Costituiscono il sistema immunitario, con la risposta cellulo-mediata. Si suddividono in: - Linfociti T citotossici: contatto diretto ed uccisione delle cellule estranee o infette; - Linfociti T helper: inizio e sviluppo della risposta immunitaria; - Linfociti T suppressor: soppressione della rispsota immunitaria. 19 Natural Killer Sono in grado di uccidere le cellule estranee o trasformate senza l’intervento dei linfociti T. Piastrine Le piastrine non sono vere e proprie cellule, bensì frammenti cellulari. Esse rappresentano porzioni citoplasmatiche dei megacariociti. In ogni piastrina è osservabile una regione periferica chiara detta ialomero ed una regione centrale più scura detta granulomero. È evidente uno spesso rivestimento elettrodenso (glicocalice) costituito dai fattori piastrinici e plasmatici della coagulazione, un consistente apparato citoscheletrico costituito da microtubuli e microfilamenti. A contatto con il collagene esposto dalla lesione, le piastrine liberano sostanze vasocostrittive. Si agglutinano formando un tappo piastrinico. Il tappo piastrinico viene convertito in coagulo in seguito alla precipitazione di fibrinogeno in fibrina, formando una rete di filamenti che imbriglia piastrine, globuli rossi e altre cellule del sangue. L’ emopoiesi è il processo mediante il quale si sviluppano gli elementi figurati del sangue. Si divide in due fasi - Fase prenatale, formata a sua ora da tre fasi, 1. Fase mesoblastica, Mesoderma del sacco vitellino, seconda settimana vita intrauterina, le cellule mesenchimali si aggregano a formare isole sanguigne con eritrociti nucleati, 2. Fase splenica, Secondo trimestre, prosegue fino al termine della gravidanza, insieme a quella epatica, 3. Fase mieloide, Emopoiesi midollare. Inizia alla fine del secondo trimestre. Lo sviluppo del sistema scheletrico induce il midollo ad assumere ruolo predominante nella produzione delle cellule ematiche - Fase post-natale, Avviene quasi esclusivamente nel midollo osseo, Produzione continua di cellule ematiche da precursori staminali, Le cellule staminali vanno incontro a divisione e differenziamento, Ogni giorno più di 1011 cellule ematiche sono prodotte dal midollo. Midollo osseo Si trova nella cavità midollare ossa lunghe e tra le trabecole delle ossa spugnose Ha una consistenza gelatinosa, altamente vascolarizzato, separato dal tessuto osseo dall’endostio Rappresenta il 5% del peso corporeo Dal 5°mese è responsabile della produzione di tutte le cellule del sangue (Cellule Staminali Ematopoietiche pluripotenti) Maturazione dei linfociti B e formazione dei linfociti immaturi T. 20 Si divide tra: - Midollo Rosso, Nel neonato, ricco di eritrociti; nell’adulto presente nelle epifisi delle ossa lunga e nelle ossa spugnose (piatte e corte) - Midollo Giallo, Nelle diafisi delle ossa lunghe dopo i 20 anni. Accumulo di grasso che sostituisce i tessuti ematopoietici Cellule staminali emopoietiche pluripotenti Due tipi di staminali multipotenti, che origineranno le varie cellule progenitrici - CFU-S (Colony-Forming Unit-S), Precursore della linea mieloide (eritrociti, granulociti, monocti e piastrine) - CFU-Ly (Colony-Forming Unit-Ly), Precursore della linea linfoide (cellule B e T) Maturazione dei precursori è caratterizzata da: - Riduzione delle dimensioni - Scomparsa dei nucleoli - Addensamento della cromatina - Comparsa nel citoplasma delle caratteristiche della cellula matura (granuli) Tessuto linfoide È un tessuto connettivo reticolare Serve per la difesa dell’organismo: - Immunità naturale o innata; - Immunità acquisita o adattativa, Umorale o Cellulo mediata Gli organi linfoidi sono: - Organi capsulati (linfonodi, tonsille, timo, milza) - Tessuto linfodide diffuso, conglomerati di cellule linfoidi La linfa è un liquido drenato dagli spazi interstiziali e trasportato nei vasi linfatici, a fondo cieco. 21 Tessuto nervoso Il tessuto nervoso è parte integrante del sistema nervoso. Il tessuto nervoso è formato da miliardi di cellule, chiamate neuroni, assistite da cellule di supporto chiamate cellule gliali. Le complesse funzioni del sistema nervoso possono essere così sintetizzate: - Fornisce sensazioni sull’ambiente interno ed esterno; - Integra ed interpreta le informazioni sensoriali; - Risponde agli stimoli attivando gli organi effettori; - Coordina attività volontarie e involontarie; - È la sede di funzioni cognitive, emozioni, memoria... Il sistema nervoso è suddiviso in sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale occupa una posizione assiale e per tanto viene detto nevrasse, ed è costituito da organi quali l’encefalo e il midollo spinale. L'encefalo è raccolto in una sorta di guscio osseo ed è costituito da tre porzioni: cervello, cervelletto e tronco encefalico. Il midollo osseo è la porzione extracranica del sistema nervoso centrale, è accolto nel canale vertebrale formato dalla sovrapposizione delle vertebre della colonna, estendendosi fino al cono midollare a livello del tratto lombare della colonna vertebrale. Il midollo spinale collega il sistema nervoso centrale al sistema nervoso periferico tramite i nervi spinali. Il sistema nervoso periferico è posizionato al di fuori del nevrasse ed è costituito dai gangli cerebrospinali e dai nervi cranici e spinali. Dal punto di vista funzionale, il sistema nervoso periferico viene suddiviso in volontario o somatico e involontario o vegetativo o autonomo. Il sistema nervoso autonomo rappresenta la porzione del sistema nevoso periferico che innerva le ghiandole, la muscolatura cardiaca e quella liscia di organi, interessando le funzioni del corpo normalmente sotto controllo inconscio. Il sistema nervoso autonomo si divide in simpatico, parasimpatico e metasimpatico. Sia il sistema nervoso somatico che il sistema nervoso vegetativo vengono controllati e coordinati dal sistema nervoso centrale. Caratteristiche generali cellule nervose Le due tipologie cellulari che costituiscono il tessuto nervoso sono rappresentate da: - Neuroni: cellule eccitabili in grado di generare e trasmettere segnali elettrici in risposta ad uno stimolo; - Cellule gliali: classicamente considerate non eccitabili e di supporto ritenute coinvolte nel trasferimento di informazioni tra neuroni, nell’elaborazione delle informazioni e nell’apprendimento. 1 I neuroni sono specializzati nella comunicazione. Hanno diverse proprietà elettriche e chimiche: - Eccitabilità: capacità di reagire agli stimoli; - Conduttività: capacità di trasmettere l’eccitazione ad altre cellule. Le cellule gliali circondano i neuroni, costituendo un involucro fisico e provvedendo al rifornimento di materiali nutritizi, all’isolamento dei neuroni ed alla fagocitosi di cellule morte e microrganismi invasori. Il quadro che emerge conferma che i messaggi hanno origine nei neuroni, che poi usano le sinapsi per comunicarli ad altri neuroni. Sarebbe però la glia a svolgere il ruolo di “controllore” generale, in grado di regolare quali messaggi debbano essere effettivamente inviati e con quale tempistica. Struttura di un neurone Le componenti strutturali di un neurone multipolare sono rappresentate da un corpo cellulare, detto anche soma o pirenoforo e da due tipi di prolungamenti che vengono emessi dai due poli opposti del corpo cellulare: i dendriti (generalmente corti) e l’assone (sottile e molto lungo). I dendriti si considerano la parte ricettiva che capta segnali in ingresso che si propagano verso il soma, mentre l’assone si considera la porzione capace di generare e propagare segnali di uscita che si allontanano dal soma. In realtà, la corrente elettrica si può propagare indifferentemente in tutte le direzioni, ma è la sinapsi, ovvero la zona di contatto tra neuroni, che stabilisce la direzione che deve seguire l’informazione. Il corpo cellulare del neurone contiene il nucleo e il citoplasma, detto pericarion, con i vari organuli. Il nucleo è voluminoso, generalmente unico, centrale e di forma sferica, contiene una cromatina finemente dispersa e poco colorabile (euocromatina) e un nucleolo evidente e ben colorabile. Il pericarion appare al microscpio ottico con un aspetto screziato, dovuto alla presenza di zolle fortemente basofile chiamate sostanza tigroide o zolle di Nissl. Al microscopio elettronico le zolle appaiono costituite da pacchetti di cisterne di reticolo endoplasmatico ruvido e poliribosomi, indicativi di un elevato livello di sintesi proteica. Il reticolo endoplasmatico liscio è abbondante ed esteso anche nei dendriti e nell’assone, mentre l’apparato di Golgi è particolarmente sviluppato e localizzato attorno al nucleo. Otre numerosi lisosomi e mitocondri sia il pirenoforo che i prolungamenti dendritici e assonici contengono un robusto citoscheletro, che conferisce al neurone la sua tipica forma e che risulta costituito da neurofilamenti, neurotubuli e microfilamenti. I prolungamenti del corpo cellulare, dendriti e assone, possono essere studiati mediante la colorazione istologica di Golgi chiamata reazione nera per il colore nero conferito alle diverse componenti strutturali del neurone. Mediante questa tecnica si identificano differenti tipi di neuroni e si comprese che i neuroni interagiscono tra loro non per continuità, bensì per contiguità attraverso le sinapsi. 2 L'esame al microscopio elettronico dimostra che i dendriti si possono considerare a tutti gli effetti prolungamenti citoplasmatici del corpo cellulare. I dendriti a differenza dell’assone non possiedono rivestimenti particolari. Tutta la loro superficie è cosparsa di numerose e piccole estroflessioni simili a gemme chiamate spine, a livello delle quali entrano in rapporto gli assoni o con altri dendriti. L'assone è un processo citoplasmatico che può raggiungere fino ad un metro di lunghezza è rivestito da una guaina mielinica. L'assone ha origine da una protuberanza del soma, detta monticolo o cono assonico. La membrana plasmatica che delimita l’assone viene detta assolemma, mentre il citoplasma dell’assone viene denominato assoplasma. L'assoplasma presenta un consistente citoscheletro, numerosi mitocondri e un REL ben organizzato, ma è privo di ribosomi e di RER. L'assenza di RER e ribosomi fa sì che l’assone sia dipendente metabolicamente dal corpo cellulare, i cui organuli sono necessari per sintetizzare le componenti citoscheletriche e di membrana nonché i neuromediatori o neurotrasmettitori presenti a livello delle terminazioni sinaptiche dell’assone stesso. Il rifornimento di materiali a livello del terminale assonico può avvenire grazie al continuo flusso di molecole, vescicole e organuli lungo i microtuboli dell’assone. Questo particolare tipo di trasporto su binari prende il nome di flusso assonico e si realizza con due diverse velocità. Il flusso assonico lento consente il trasporto in senso anterogrado (verso la terminazione assonica) di pezzi di ricambio per il citoscheletro e proteine del citosol. Il flusso assonico rapido avviene in senso sia anterogrado che retrogrado, cioè in direzione del corpo cellulare. Nel flusso rapido anterogrado il movimento del materiale lungo i binari avviene grazie a una proteina motrice chiamata chinesina, che aggancia e trasporta in direzione dell’estremità + del microtubulo rivolta verso l’estremità dell’assone; nel flusso rapido retrogrado la proteina motrice che consente il movimento di organuli e vescicole verso l’estremità del microtubulo si chiama dineina. 3 Distinzione del neurone I neuroni si diversificano per forma, dimensioni e altre caratteristiche morfo-funzionali. Il soma dei neuroni può essere piriforme o fusiforme o avere forma di piramide o di stella. Prendendo in considerazione il numero e le modalità di ramificazione dei loro prolungamenti i neuroni sono stati classificati come: - Anassonici: presentano molteplici dendriti ma sono privi di assone; - Unipolari: presentano un unico prolungamento di tipo assonico. In questo caso il soma rappresenta la parte ricettiva della cellula; - Bipolari: presentano un assone e un solo dendrite. I due prolungamenti si dipartono dagli antipodi del soma; - Pseudounipolari: sembrano presentare un solo tipo di prolungamento. Derivano da un neurone bipolare i cui prolungamenti si fondono durante lo sviluppo per formare un unico prolungamento, che dopo un breve tratto si biforca in T in un ramo diretto alla periferia, dove riceve gli stimoli sensitivi e in un ramo diretto al SNC; - Multipolari: presentano un assone e molteplici dendriti. Un'altra classificazione morfologica distingue i neuroni in base alla lunghezza dell’assone in: - Neuroni del I tipo di Golgi: in queste cellule l’assone, molto lungo abbandona la sostanza grigia, entrando a far parte dei nervi periferici e dei tratti dell’encefalo e del midollo spinale; - Neuroni del II tipo di Golgi: in questi piccoli neuroni l’assone è corto e ramificato nella sostanza grigia, da cui non fuoriesce. Questa classificazione è stata rimpiazzata da un’altra più recente in neuroni di proiezione (comunicazione a lunga distanza) e di circuito locale (comunicazione a breve distanza). In base alla funzione e alla direzione di propagazione dell’impulso nervoso è possibile individuare i neuroni di tre tipi: - Neuroni sensitivi o afferenti: raccolgono le informazioni dall’esterno o dall’interno del corpo e le trasportano al SNC. Le fibre nervose composte da assoni di questo tipo di neuroni sono chiamate afferenti. È bene precisare che si intende per fibra nervosa l’assone ricoperto dai suoi involucri di tipo gliale; - Neuroni motori o efferenti: emanano impulsi di tipo motorio che viaggiano dalla sostanza grigia del SNC agli organi della periferia corporea attraverso fibre nervose efferenti. In ambito neuroanatomico si tende a distinguerli in somatomotori e visceroeffettori. I primi innervano i muscoli scheletrici i secondi danno origine a fibre dette visceroeffettrici, meglio definibili come pregangliari, poiché fanno sempre capo ad un secondo neurone localizzato in un ganglio simpatico o parasimpatico, da cui origina la fibra postgangliare; - interneuroni o neuroni intercalari o di associazione: risiedono all'interno del SNC e sono i più numerosi. I neuroni a specchio sono una classe di neuroni che si attivano selettivamente sia quando si compie un'azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri. In quest'ultimo caso, i neuroni dell'osservatore “rispecchiano” ciò che avviene nella mente del soggetto osservato, come se fosse l'osservatore stesso a compiere l'azione. 4 La guaina mulini a è formata da: - cellule gliali, nel sistema nervoso centrale; - Cellule di Schwann, nel sistema nervoso periferico. Cellule gliali Nel sistema nervoso centrale le cellule gliali circondano una gran parte di corpi neuronali, assoni e dendriti, creando il microambiente ideale per l'attività neuronale e formando con i processi neuronali una fitta rete di interconnessioni paragonabile a una matassa intricata, chiamata neutropilo. Sono stati identificati diverse tipologie di cellule gliali nel SNC e SNP, tutte derivanti dall’ectoderma neuronale quale ad eccezione di microgliociti, anche detti cellule di microglia. Dall'ectoderma del tubo neurale derivano: - Astrociti; - Oligodendrociti; - Ependimociti. Dall'ectoderma della cresta neurale derivano: - le cellule satelliti; - le cellule di Schwann, se parliamo del sistema nervoso periferico. Gli astrociti sono le cellule capaci di riparare i danni tessutali e promuovendola sopravvivenza dei neuroni. Esistono due tipi di astrociti: gli astrociti protplasmatici hanno corti prolungamenti e sono localizzati nella sostanza grigia; gli astrociti fibrosi si trovano nella sostanza bianca e sono caratterizzati da prolungamenti lunghi e sottili. Entrambi i tipi hanno il compito di regolare la composizione del fluido interstiziale e entrando in intimo rapporto con la parete dei vasi sanguigni, partecipano alla formazione della cosiddetta barriera emato-encefalica. La barriera emato-encefalica ha lo scopo di impedire il passaggio di molecole idrofile e ad alto peso molecolare, microbi, farmaci e sostanze potenzialmente interferenti con la cosiddetta funzione neurale. Al contrario, ioni, piccole molecole che dispongono di specifici carrier, come gli zuccheri, possono attraversare liberamente la membrana emato-encefalica. Gli oligodendrociti si distinguono dagli astrociti per la mancanza di prolungamenti cellulari ed i piedi terminali. Sono presenti sia nella sostanza grigia che nella sostanza bianca del SNC, ove hanno il compito di circondare gli assoni con la loro membrana formando un involucro multilamellare, chiamato guaina mielinica, che ha la funzione di isolare gli assoni e favorire la propagazione dei segnali elettrici. Le cellule ependimali, chiamate anche ependimociti si trattano di cellule con morfologia epiteliale che hanno il compito di produrre emettere in movimento il liquido cefalo rachidiano o liquor, un filtrato plasmatico che circola all'interno di tutte le cavità del SNC e nello spazio subaracnoideo. 5 Esso funge da cuscinetto idraulico che ammortizza gli urti degli organi del SNC contro gli involucri ossei e che permette di controllare le modificazioni dell'ambiente interno. Alle cellule ependimali è stata recentemente attribuito alla funzione di cellule staminali del tessuto nervoso. Le cellule di microglia sono piccole cellule dotate di sottili prolungamenti che prendono contatto con i corpi dei neuroni e i capillari sanguigni. Le cellule di microglia sono dotate di proprietà fagocitarie e provvedono alla rimozione di detriti neuronali o di cellule ematiche che stravasano in caso di lesioni del SNC. Si ritiene che esse contribuiscano, insieme agli astrociti, ai processi di riparazione tessutale mediante la formazione di un tessuto cicatriziale di natura gliale. Le cellule satelliti circondano i corpi cellulari nei gangli sensitivi cerebrospinali del SNP, fornendo supporto e sostanze nutritizie ai neuroni gangliari e pseudounipolari. Le cellule di Schwann formano la guaina mielinica degli assoni del SNP, ma rivestendo solo un tratto di un singolo assone. Le cellule di Schwann hanno anche un'attività fagocitaria ed eliminano i residui cellulari, permettendo la ricrescita degli assoni del SNP. In caso di lesione di un assone del SNP, la porzione avale della lesione degenera perché perde il contatto con il soma virgola che invece rimane integro, pur presentando dei segni di sofferenza cellulare. Fibra nervosa L'insieme dell’assone e dei suoi involucri gliali costituisce la fibra nervosa. Le fibre nervose sono strutture di collegamento tra le varie parti del sistema nervos

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