Istologia PDF - Lezioni 1 e 2 - Prof.ssa De Matte

Summary

These notes from a histology class cover introductory concepts of histology and embryology. The document discusses the origin of the human body from a single cell/zygote, cellular division, differentiation, development, stem cells, tissue formation, and control of cellular differentiation. It includes definitions of cell types, including totipotent, pluripotent, multipotent, and unipotent. The content covers various aspects of cell function and development processes.

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ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI LEZIONE 1, 8/10/2024 INTRODUZIONE ALL’ISTOLOGIA D EMBRIOLOGIA L’istologia si occupa dello studio e dell’analisi dei tessuti che nel loro complesso si aggregano ad altri tessuti pe...

ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI LEZIONE 1, 8/10/2024 INTRODUZIONE ALL’ISTOLOGIA D EMBRIOLOGIA L’istologia si occupa dello studio e dell’analisi dei tessuti che nel loro complesso si aggregano ad altri tessuti per andare a costituire gli organi, gli organi a loro volta vanno a costituire gli apparati e ogni apparato va a costituire un intero organismo. Da quale cellula abbiamo origine? La cellula da cui ha origine il corpo umano è un’unica cellula detta zigote, la quale è una cellula diploide che ha origine dalla fusione del gamete maschile con il gamete femminile Uno degli eventi fondamentali dello sviluppo è la divisione cellulare o proliferazione cellulare, che avviene attraverso uno dei due processi fondamentali, mitosi o meiosi. Una proliferazione cellulare non sarebbe sufficiente a creare organi e tessuti, per questo motivo ci saranno altri eventi fondamentali nell’ambito dello sviluppo. Man a mano che queste cellule crescono bisogna creare altre cellule diverse tra loro, cellule differenziate, specializzate a svolgere una precisa funzione. L’insieme di queste cellule differenziate formerà i tessuti, gli organi e infine gli apparati. Durante lo sviluppo, oltre l’acquisizione di specifiche caratteristiche, devono quindi avvenire anche altri eventi chiave: La morfogenesi, ovvero le cellule differenziate dovranno raggrupparsi tra loro in modo tale da consentire la formazione di organi che hanno una specifica morfologia. L’apoptosi, cioè morte programmata che andrà ad eliminare strutture non necessarie. Spesso, con il termine “sviluppo” si intende la fase di crescita di un organismo che va dallo zigote fino alla nascita. Ma in realtà, la proliferazione e il differenziamento, non si bloccano alla nascita, piuttosto continuano per l’intera durata della vita, anche in età adulta e in età senile. Il differenziamento cellulare si realizza attraverso un’espressione specifica di gruppi di geni in diversi tipi cellulari differenziati. Tutte le cellule originano dallo zigote e quindi hanno tutte lo stesso contenuto di DNA; tuttavia, nel momento in cui si vanno a differenziare esprimono gruppi di geni diversi, in maniera selettiva da tipo cellulare a tipo cellulare. Il concetto di differenziamento si riferisce al fatto che attraverso questa diversa espressione genica, le cellule differenziate acquisiscono specifiche caratteristiche; l’insieme di queste specifiche caratteristiche viene chiamato fenotipo e sono caratteristiche morfologiche, biochimiche e funzionali: Una caratteristica morfologica riguarda la forma di una cellula Una caratteristica biochimica fa riferimento alle specifiche molecole organiche che vengono prodotte dalle specifiche cellule differenziata Una caratteristica funzionale fa riferimento al fatto che il differenziamento avviene in modo tale che una specifica cellula sia fatta e composta nel modo più adatto per 1 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Da quali cellule hanno origine i tipi cellulari differenziati dei nostri tessuti? I tipi cellulari differenziati dei nostri tessuti hanno origine dalla cellula staminale, presente soprattutto durante lo sviluppo embrionale, ma anche nell’individuo adulto. Le cellule staminali sono cellule non differenziate, sono in grado di dividersi originando cellule uguali a sé stesse, ma hanno anche la capacità di originare un’altra cellula diversa, attuando un percorso differenziativo. Hanno la capacità di dividersi e di autorinnovarsi (self-renewall) senza differenziarsi. Dalle staminali possono originare cellule (cellule progenitrici) che si differenziano andando a costituire diversi tipi cellulari differenziati dei tessuti. TOTIPOTENTI Sono in grado di dare origine a tutti i tipi di cellule presenti in un essere vivente (morula) PLURIPOTENTI Generano tutti i tipi di cellule ma non l’interno organismo (blastocisti) MULTIPOTENTI Possono differenziarsi in numerosi ma limitati tipi cellulari UNIPOTENTI Originano un singolo tipo cellulre LEZIONE 2, 9/10/2024 CELLULE STAMINALI Sia le multipotenti che le unipotenti le troviamo durante le fasi più avanzate dello sviluppo embrionale, ma anche nell’individuo adulto. Nell’individuo adulto troviamo solo cellule unipotenti e multipotenti per l’omeostasi tissutale. Queste cellule sono anche fondamentali per la riparazione dei tessuti che vengono danneggiati a seguito di traumi o ferite. In base alla capacità di rinnovamento li possiamo dividere in diverse categorie: Tessuti in continuo rinnovamento (labili) le cellule staminali si rinnovano in continuazione e vanno a sostituire le cellule che muoiono (epidermide) Tessuti potenzialmente rinnovabili (stabili), non sono in continua moltiplicazione ma si riattivano se c’è un danno particolarmente esteso Tessuti che non hanno capacità di rinnovamento (perenni) dove il tessuto non ha capacità rigenerativa. 2 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Un aspetto che qualche anno fa è stato rivisto è come fossero le cellule a livello epatico: all’inizio si pensava che le cellule del fegato differenziate durante un danno si riattivassero, entrassero in mitosi e sostituissero le cellule morte; in realtà poi si è capito che non abbiamo un unico tipo di cellule anche a livello epatico, ma che esistono altre classi di cellule come le staminali, che possono differenziare in epatociti quando c’è necessità di rinnovamento. Differenziamento cellulare Il differenziamento di una cellula avviene tramite una serie di step intermedi che portano ad ottenere la cellula differenziata a partire da una staminale. Il primo stadio è la determinazione cellulare in cui la cellula non ancora differenziata diventa destinata solo ad alcuni tipi di differenziamento (committed cell). Attraverso stadi successivi diventa una cellula differenziata acquisendo quindi le caratteristiche tipiche del fenotipo di una cellula differenziata. In ogni tappa di questi step avviene l’espressione genica di un pacchetto di geni che in ogni cellula è diverso. Regolazione del differenziamento cellulare A regolare il differenziamento della cellula staminale è tutta una serie complessa di segnali che la cellula riceve dall’ambiente esterno. Questi segnali altro non sono che delle proteine, che andando ad interagire con molecole presenti sulla membrana della cellula, dette recettori per fattori, vanno a effettuare una regolazione. L’interazione tra il recettore e il segnale determina una variazione nel comportamento della cellula. Il comportamento finale di una cellula deriva dall’insieme dei segnali con cui essa interagisce. Abbiamo due fattori fondamentali: uno controlla il comportamento della cellula e uno è il recettore di tale fattore. Il riconoscimento tra recettore e molecola è specifico, uno per ciascun fattore. Esempi di fattori: - Fattori di crescita come FGF e TGF - Fattori differenziativi come TGF e BMP - Fattori che regolano la morte cellulare - Fattori che regolano la migrazione Una stessa molecola segnale può indurre processi cellulari diversi. Questo dipende dalla tipologia di recettore con cui la molecola segnale viene a contatto. Questo conferma indirettamente il concetto di espressione genica, in quanto il recettore viene espresso sempre tramite una riproduzione genica, come tutte le molecole di ciascuna cellula. 3 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Le molecole segnale possono essere: prodotte all’interno delle cellule che si stanno differenziando, questo processo prende il nome di controllo tramite auto differenziamento. prodotte e liberate nell’ambiente esterno così da andare a regolare l’attività delle cellule che stanno fuori; questo processo prende il nome di induzione molecolare. Induzione molecolare Nel caso dell’induzione il tessuto che produce le molecole che vanno a regolare l’attività di altre cellule è chiamato tessuto induttore, mentre le cellule del tessuto che devono cambiare comportamento sono dette tessuto ricevente. La capacità di un gruppo di cellule di rispondere a un segnale, chiamata competenza, dipende dal fatto che quelle cellule abbiano i recettori in grado di interagire con il segnale. Questi segnali molecolari sono essenziali per il processo dell’induzione. Le interazioni che possono andare a influenzare il comportamento di altre cellule vengono suddivise in paracrine o iuxtracrine: - paracrine: una molecola prodotta di allontana legandosi alla membrana di un’altra cellula modificando il comportamento. esempi di fattori paracrini: fattori di crescita fibroblastici FGF che ha la capacità di influenzare la formazione di vasi, la crescita di neuroni… - iuxtacrino: prevedono molecole che non possono diffondere liberamente nell’ambiente extracellulare, ma sono fisse. Nonostante ciò, mantengono comunque la capacità di influenzare il comportamento di altre cellule e comprendono diverse tipologie di molecole in grado di farlo: o ligandi, molecole della matrice extracellulare che interagiscono con i loro recettori posti sulle membrane cellulari o proteine di superficie, presenti sulle membrane di alcune cellule. Quando due cellule si toccano, una ha sulla membrana la molecola segnale e l’altra ha il suo recettore, esempio via di segnalazione di Noch o molecole di segnale diffondono da una cellula all’altra attraverso il citoplasma, tramite delle giunzioni cellulari del tipo GAP. CLASSIFICAZIONE DEI TESSUTI Ci sono 4 grandi categorie di tessuti: - epiteliale - connettivo - muscolare - nervoso Ci sono solo 4 tessuti per così tanti sistemi perché gli organi sono fatti di più tessuti. Comunque, in alcuni casi un organo può essere prevalentemente costituito da un tipo di tessuto. 4 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI TECNICHE ISTOLOGICHE L’occhio umano ha un potere risolutivo, ossia la capacità di distinguere due punti vicini e distinti, pari a circa 0.1 mm. Dunque, non è possibile distinguere e visualizzare tutte le strutture di dimensioni inferiori. Le cellule dei tessuti umani hanno dimensioni medie di 20-30 m, per visualizzarle risulta quindi necessario utilizzare strumenti che consentano un ingrandimento delle immagini. Lo strumento per eccellenza è il microscopio ottico, il quale ha un potere risolutivo di circa 0.2 m. Non possiamo però avvalerci solo di quello ottico che, sebbene ci permetta di vedere tessuti e cellule, non ci dà la possibilità di andare a visualizzare l’interno delle cellule. Per questo utilizziamo dei microscopi che permettono degli ingrandimenti maggiori che sono i microscopi elettronici. Microscopio ottico Alla base vi è un supporto, lo stativo. Vi sono poi una lampada, che emette luce bianca, e un condensatore, che serve a raccogliere i raggi e a concentrarli sul campione da osservare. C’è poi un vetrino istologico, che viene appoggiato e fissato su un supporto, il tavolo. Inoltre, vi sono le lenti che consentono allo strumento di aumentare il potere risolutivo chiamate obiettivi. Ci sono anche delle viti e, infine, la lente oculare. Nel microscopio ottico sono presenti più obbiettivi perché ognuno di questi è una lente che consente una certa tipologia di ingrandimento, mentre la lente oculare è l’unica che consente un ingrandimento di 10 volte. Potere risolutivo: determina il massimo livello di dettaglio che si può ottenere nell’immagine. 5 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Per il microscopio ottico, avendo =500 nm, ha un limite di risoluzione di 0.2 m=200 nm. Per il microscopio elettronico, avendo =0.005 nm, ha un limite di risoluzione di 0.002 nm (teorico); il reale limite di risoluzione è pari a 0.1-0.2 nm. Minore è il limite di risoluzione, maggiore è la capacità di ingrandimento che possiamo ottenere mantenendo la capacità risolutiva. Nel microscopio elettronico il limite di risoluzione è molto più piccolo, questo perché al posto della luce bianca vi è un fascio di elettroni. L’ingrandimento per il microscopio ottico è in genere equivalente al massimo a 1500 volte e l’ingrandimento totale che si ottiene è dato dalla moltiplicazione dell’ingrandimento dato dalla lente obbiettivo e dall’ingrandimento dato dalla lente oculare. LEZIONE 3, 10/10/2024 PREPARAZIONE DEI TESSUTI ISTOLOGICI I campioni analizzati devono subire uno specifico processo preparativo a partire da quando il tessuto viene prelevato dall’organo. Questi passaggi includono: 1. Prelievo dell’organo 2. Fissazione 3. Inclusione (paraffina) 4. Taglio (microtomo) 5. Colorazione 1. Prelievo Il primo intervento da portare avanti è quello che mira a mantenere l’integrità dei tessuti. 2. Fissazione Lo scopo della fissazione è preservare la struttura e la composizione organizzativa e chimica delle cellule, evitandone la morte e i danni dopo l’asportazione dalla sua sede normale. Durante il trattamento chimico, si immerge il frammento del tessuto in una soluzione contenente dei fissativi. Tra i fissativi più comuni abbiamo le soluzioni formate da aldeidi, in genere formaldeide o glutaraldeide; le soluzioni di alcool, le soluzioni contenenti dei sali, come il cloruro di mercurio o il tetrossido di osmio. In alternativa si utilizzano delle miscele, come le miscele di Bouin e di Zenker. In alternativa esiste anche un trattamento fisico. Consiste nel congelare in maniera veloce e rapida il frammento in esame. Non tutte le cellule e non tutti i tessuti, infatti, si fissano in maniera corretta con tutti i tipi di fissativi: è quindi importante, prima di condurre un’analisi, assicurarsi di star utilizzando il fissativo adeguato. Il procedimento della fissazione deve essere effettuato in tempi rapidi dall’isolamento del frammento di tessuto. 6 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI 3. Inclusione La maggior parte dei tessuti biologici sono molli. Un passaggio fondamentale per procedere alla preparazione del campione prevede infatti che la struttura prelevata venga indurita, in questo modo non si deformerà al momento del taglio. Campione viene indurito due metodologie. La prima prevede che il frammento venga congelato, mentre la seconda che sia inglobato nella paraffina. Per procedere all’inclusione in paraffina il nostro campione viene messo all’interno di barattolini che contengono il fissativo o delle soluzioni di alcool a concentrazione via via crescente che mi permetteranno di disidratarlo e inserirlo all’interno del solvente della paraffina. A questo punto si passa all’utilizzo di un solvente della paraffina, lo xilolo o il benzolo e solo dopo questo passaggio può avvenire l’inclusione in paraffina. Riportando poi il tutto a temperatura ambiente, la paraffina solidifica e ingloba il campione andando a penetrare all’interno del tessuto stesso. Quando per fissare usiamo invece il congelamento, la temperatura molto bassa è sufficiente ad indurire il campione. 4. Taglio La parte del taglio è fondamentale, proprio perché la luce del microscopio può attraversare solo materiale di spessore ridotto. Le sezioni istologiche in genere hanno uno spessore tra i 3 e i 10 micron. Il campione incluso in paraffina viene tagliato al microtomo. Se il campione è congelato bisogna usare il criostato. Il criostato spesso va a ridurre quelle che sono le anomalie del tessuto, note come artefatti, prodotte dalla procedura. 5. Colorazione Per evidenziare meglio nei tessuti le componenti cellulari le sezioni vengono successivamente colorate con dei coloranti. Striscio di sangue L’eccezione a questa procedura appena descritta è rappresentata dal sangue. La goccia di sangue viene appoggiata su un lato del vetrino, a questo punto con un vetrino identico si fa una strisciata della goccia sul primo vetrino. 7 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Gli artefatti L'istologia e i campioni istologici possono dare origine a una serie di artefatti. Questi artefatti possono essere legati a diversi fattori: - la fissazione non è avvenuta nella maniera corretta o il fissativo che abbiamo scelto non è quello più adatto a quello specifico tessuto - un eccessivo riscaldamento della paraffina - durante la procedura del taglio è stato danneggiato il tessuto Anche il modo in cui andiamo a tagliare il campione può andare ad influenzarne l’osservazione. I coloranti I coloranti si vanno a legare componenti del tessuto. La maggior parte dei coloranti hanno la proprietà di comportarsi come molecole acide o basiche. I coloranti basici rilasciano ioni OH- , si caricano positivamente e andranno a legare molecole nelle quali prevalgono cariche negative; i coloranti acidi che rilasciano protoni H+ avranno carica negativa e andranno a legare molecole cariche positivamente. Le molecole che hanno carica negativa e che si legano a coloranti basici vengono chiamate molecole basofile, viceversa le molecole acidofile sono cariche positivamente e vanno a legarsi a coloranti acidi. I coloranti basici più comuni sono: ematossilina, blu di toluidina e blu di metilene e vanno a colorare molecole negative, tra cui le principali sono gli acidi nucleici; DNA, RNA e GAG. I coloranti acidi più comuni sono: eosina, fucsina acida. Questi coloranti vanno a colorare prevalentemente le proteine citoplasmatiche o della matrice extracellulare. Ematossilina, colorazione blu scuro/rosso, ed eosina, colorazione rosa/arancio, vengono spesso usate insieme perché ci permettono di visualizzare globalmente il tessuto. Nella foto a fianco, la Nella foto a fianco, sezione è stata colorata l’ematossilina viene solo con l'emotossilina, abbinata anche infatti si possono vedere all’eosina; il solo i nuclei delle cellule, contrasto aumenta mentre il citoplasma non e si distinguono è colorato meglio le varie parti del tessuto. 8 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Nell’immagine a fianco è riportato un altro esempio di una tipica colorazione: la colorazione di Azan-Mallory. Le fibre collagene (componenti tipici dei tessuti connettivi) vengono evidenziate e colorate in azzurro-verde, mentre il citoplasma delle cellule viene colorato in rosa e i nuclei in rosso. Esistono anche delle tecniche che ci permettono di avere informazioni più dettagliate di un tessuto, parliamo in questo caso delle tecniche di immunoistochimica o di immunofluorescenza, entrambe basate sullo stesso principio di base. Ci sono anche delle tecniche: ad esempio se noi vogliamo mettere in evidenza all’interno di un tessuto i lipidi, si utilizzano coloranti come il Sudan nero e il Sudan III. Se si vogliono identificare dei carboidrati si possono eseguire una serie di passaggi che prendono il nome di reazione Acido-Periodico di Shiff (PAS), che si coloreranno di rosso. Altra reazione specifica è la reazione di Feulgen, che va a colorare di rosso il DNA. Immunoistochimica e immunofluorescenza Attraverso l’immunofluorescenza (IF) e l’immunoistochimica (IIC) si ha la possibilità di localizzare all’interno delle cellule dei tessuti, specifiche proteine o specifici polisaccaridi che si vogliono marcare, per vederli meglio al microscopio. Il principio che sta alla base di queste tecniche è il riconoscimento fra un antigene (molecola che vogliamo evidenziare a microscopio) e un anticorpo (proteina capace di riconoscere in maniera selettiva e specifica l’antigene). Ogni proteina lega il suo anticorpo. Nel caso dell'immunofluorescenza gli anticorpi sono legati a delle sostanze fluorescenti e per essere visualizzate necessitano di un microscopico a fluorescenza. Nel coso dell'immunoistochimica, gli anticorpi sono legati a degli enzimi, che consentiranno di identificare il punto della cellula o della sezione dove si è legato l’anticorpo, l’osservazione in questo caso richiede un microscopio ottico. Nell’immunoistochimica l’anticorpo si lega ad un enzima, l’enzima può essere una perossidasi o una fosfatasi. Esistono due sottotipi di IIC, ma gli enzimi rimangono gli stessi per entrambi: immunoistochimica diretta immunoistochimica indiretta 9 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Diretta Nella prima, come si può vedere dall’immagine, l’anticorpo che lega l’antigene è altamente specifico per esso ed è chiamato anticorpo primario. All’anticorpo si lega un enzima, che può essere una perossidasi o una fosfatasi. All’enzima si legherà successivamente un substrato incolore, che attraverso la reazione enzimatica verrà trasformato in prodotto colorato. (“substrato → prodotto colorato”). Nell’IIC, il processo di colorazione si svolge immergendo le sezioni istologiche, contenenti l’antigene, in una soluzione contenente l’anticorpo primario-enzima e successivamente, in una soluzione contenente il substrato dell’enzima associato all’anticorpo stesso. Nella prima fase gli antigeni presenti nella sezione sono incolori, nella seconda appaiono invece colorati grazie alla presenza del substrato. Indiretta Qui l’enzima è associato all’anticorpo secondario. Successivamente il complesso anticorpo secondario-enzima si legherà al complesso anticorpo primario-antigene, andando a innescare le reazioni sopra descritte. L’antigene A è la molecola di nostro interesse nella sezione istologica. Gli anticorpi primari (verdi) si legano all’antigene. L’anticorpo secondario (rosso) è associato al marcatore (è l’enzima col substrato). Questa è una sezione di cervelletto in cui si vuole evidenziare con immunoistochimica, la presenza di una fosfolipasi specifica (rosso/marrone), l’enzima degradante i fosfolipidi. Quello che si nota è che la proteina non viene espressa allo stesso modo in tutte le zone del tessuto, ci sono zone dove è più espressa, alter in cui quasi non lo è. In questi punti si era realizzato il legame tra l’antigene e l’anticorpo. 10 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Fluorescenza Una sostanza è fluorescente nel momento in cui, se colpita da una luce di una certa lunghezza d’onda, emette luce di una lunghezza d’onda maggiore nel visibile. Nell’immagine sono indicati diversi fluorocromi. Ad esempio, si nota come il fluorocromo eccitato dalla luce verde farà vedere nel campione una luce gialla. Un fluorocromo molto utilizzato è il DAPI, un colorante usato in fluorescenza per colorare i nuclei, che da violetto emette luce blu. Si può utilizzare questo metodo solo se abbiamo a disposizione un microscopio a fluorescenza. Il microscopio a fluorescenza Tramite il microscopio a fluorescenza, insieme ad alcuni filtri, c’è la possibilità di far arrivare tra la luce visibile solo raggi, che vadano a colpire il campione, di una certa lunghezza d’onda. I filtri ci permettono di selezionare la lunghezza d’onda che va a colpire il fluorocromo, e anche la lunghezza d’onda della luce emessa dallo stesso. Immagine a microscopio a fluorescenza, ci sono le cellule in blu colorate col DAPI, in verde si evidenziano i filamenti citoscheletrici (actina). 11 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Il microscopio elettronico La microscopia elettronica è molto utile se si vuole vedere le parti interne delle cellule che con il microscopio ottico non si notano. Come sorgente di luce in quello elettronico abbiamo un filamento di tungsteno che, riscaldato, emette un fascio di elettroni. Gli elettroni colpiranno il vetrino e verranno deviati in maniera diversa in base alle diverse parti del campione. Alcuni riusciranno ad attraversare la sezione e andranno poi a colpire uno schermo fluorescente, dando origine a delle aree chiare nell’immagine; altri non attraverseranno la sezione perché verranno altamente deviati, quelle zone appariranno scure nell’immagine. POTERE RISOLUTIVO Il microscopio elettronico consente di osservare strutture molto più piccole perché ha un limite di risoluzione molto più basso rispetto a quello del microscopio ottico ed una possibilità di ingrandimento estremamente più alta. La lunghezza d’onda del fascio di elettroni è molto più piccola rispetto a quella della luce del microscopio ottico, vale 0.005 nm (nell’ottico era 500 nm). Il limite di risoluzione risulta essere quindi di 0.002 nm. (ottico → 200 nm). Questo è in realtà un numero teorico, il valore effettivo è un po’ più alto, circa 0.1 o 0.2 nm. L’ingrandimento massimo arriva fino a 2 milioni di volte, anche se solitamente vengono utilizzati ingrandimenti inferiori. Limite di risoluzione più basso → potere risolutivo più alto In questa immagine viene messa a confronto una sezione di cellule epatiche viste al MO e al ME. Nella foto di sinistra si riesce ad indentificare solo il nucleo e il citoplasma. A destra, invece, è presente un’immagine molto più dettagliata. Le strutture rotondeggianti sono mitocondri. In alto il reticolo endoplasmatico. Sparsi nel citoplasma i granuli di glicogeno (palline nero scuro fra i mitocondri). Si intravede una parte del nucleo, in cui la cromatina è molto despiralizzata. Ciò che vediamo con il microscopio ottico con il termine “struttura”, mentre a ciò che vediamo con il microscopio elettronico con il termine “ultrastruttura”. 12 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI In questa immagine di microscopia elettronica abbiamo un ingrandimento maggiore del citoplasma, dove troviamo dei tubuli di reticolo endoplasmatico rugoso, perché sulla superficie presenta dei “puntini scuri” che corrispondono ai ribosomi. In questa immagine si vedono invece i mitocondri, un organello formato da una membrana interna e una esterna. La membrana interna si ripiega su sé stessa tante volte originando delle creste mitocondriali, visualizzabili solo in microscopia elettronica così come tutta la struttura. Visualizzarli è molto importante perché se sofferenti possono evidenziare alcune specifiche patologie. LEZIONE 4, 14/10/2024 IL TESSUTO EPITELIALE Si individuano 3 tipologie di tessuto epiteliale: - Di rivestimento, riveste tutte le superfici del nostro corpo - Ghiandolare, composto da cellule che hanno la funzione di secernere un prodotto; - Sensoriale, formato da cellule specializzate che percepiscono stimoli esterni Origine embrionale Tutti gli epiteli hanno origine dai tre foglietti embrionali che si formano nelle prime fasi dello sviluppo: - Ectoderma: deriva l’epidermide, la cornea, la mucosa della bocca e dell’ano e le ghiandole cutanee. - Mesoderma: deriva il rivestimento dei vasi sanguigni (endotelio) e delle membrane sierose (mesotelio), quindi la pleura, il pericardio sieroso, il peritoneo, il perimetrio - Endoderma: rivestimento del canale respiratorio e del tubo digerente, fegato e pancreas, tiroide, le tonsille, il timo, le paratiroidi. 13 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI 1. TESSUTO EPITELIALE DI RIVESTIMENTO Localizzazione Il tessuto epiteliale di rivestimento ricopre la parte più esterna del corpo. La cute è costituita da due tipi di tessuti: il tessuto epiteliale che si chiama epidermide e il tessuto connettivo sottostante, derma. Si trova inoltre a rivestire la superficie delle cavità che comunicano con l’esterno (l’intestino, esofago). Forma il primo strato di tutte le mucose (a contatto con il lume). Caratteristiche generali Il tessuto epiteliale è costituito da cellule a stretto contatto unite da delle zone specializzate chiamate giunzioni intercellulari. Altra caratteristica del tessuto epiteliale è quella di non contenere vasi sanguigni. Il fatto che le cellule siano così attaccate fa in modo la matrice extracellulare sia quasi assente. Le cellule vengono nutrite da dei vasi sanguigni che non trovano locazione nell’epidermide ma nel tessuto sottostante, ovvero un tessuto connettivo. Funzioni Protezione Assorbimento e trasporto Secrezione: Naturalmente non tutti gli epiteli di rivestimento hanno tutte queste funzioni, ogni parte poi si specializza in qualcosa. È quindi importante comprendere che alle diverse funzioni svolte dagli epiteli corrispondono diverse caratteristiche strutturali e ultrastrutturali. Strutturali, caratteristiche osservate a microscopio ottico mediante le classiche sezioni istologiche Sovrastrutturali, caratteristiche che evidenziamo solo a microscopio elettronico o con altre tecniche. Le funzioni dell’epitelio sono dovute alle caratteristiche dell’epitelio stesso (morfologia → funzione), le caratteristiche possono essere: - L’organizzazione delle cellule fra di loro - La forma e la dimensione delle cellule - Specifiche caratteristiche citologiche che le cellule possono presentare 14 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Organizzazione delle cellule Per quanto riguarda l’organizzazione si distingue l’epitelio in: - Semplice: costituito da un solo strato di cellule strettamente ravvicinate tra loro - Composto o pluristratificato: costituito da più strati di cellule ravvicinate In generale, l’epitelio semplice svolgerà le funzioni di assorbimento o trasporto mentre quello composto svolgerà funzioni di protezione. In realtà l’epitelio può essere pseudostratificato, in cui lo strato è unico ma le cellule si dispongono in modo tale da sembrare pluristratificato, ma anche di transizione. Forma e dimensioni delle cellule In base alla forma, le cellule di un epitelio semplice possono disporsi e comporre un tessuto: - Pavimentoso o squamoso: un solo strato sottile di cellule appiattite con nucleo centrale; adibito alla diffusione di sostanze o alla filtrazione - Cubici o isoprismatico: unico strato di cellule cubiche con nucleo centrale sferico; adibito all’assorbimento o alla secrezione di sostanze - Cilindrico o batiprismatico: unico strato di cellule colonnari con nucleo ovale nella zona base. Quando andiamo a guardare degli epiteli composti, per la classificazione, si fa riferimento allo strato più superficiale. In alcuni casi sono presenti specializzazioni della superficie: - Apicale: con la presenza di microvilli e ciglia - Laterale o basale: con differenze nei complessi di giunzioni Il citoscheletro Nel citoscheletro sono presenti tre tipologie differenti di filamenti: Microtubuli: formati da tubulina (25 nm) Microfilamenti: formati da actina (6 nm) Filamenti intermedi: formati da proteine diverse in base al tessuto. Ad esempio, negli epiteli è la cheratina (10 nm). 15 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Polarità delle cellule epiteliali Le cellule epiteliali sono delle cellule che presentano polarità. Ogni porzione della membrana di una cellula è a contatto con strutture diverse. La membrana apicale, quindi la parte superficiale, è a contatto direttamente con l’esterno (ad esempio nell’epidermide) o col lume (negli organi cavi), la membrana laterale è a strettissimo contatto con le cellule adiacenti, e infine la membrana basale è a contatto con il tessuto connettivo sottostante a quello epiteliale. Ognuna di queste zone presenta delle strutture specifiche che consentono nella porzione basale a aderire al tessuto sottostante, nelle membrane laterali a aderire alle cellule vicine o a svolgere eventuali funzioni nella membrana apicale. LE SPECIALIZZAZIONI DELLA MEMBRANA LATERALE: GIUNZIONI CELLULARI A livello della membrana laterale sono presenti giunzioni cellulari che hanno come funzione quella di consentire la stretta adesione tra una cellula epiteliale e l’altra. Dal punto di vista funzionale queste sono suddivisibili in: Giunzioni occludenti: (giunzioni strette, zonula occludens, tight junction) Giunzioni ancoranti: a loro volta divise in due sottocategorie: o Giunzioni aderenti (o zonula adherens) o Desmosomi (o macula adherens) Giunzioni comunicanti (o giunzione serrata, gap junction) GIUNZIONI OCCLUDENTI Tra due cellule epiteliali troviamo delle regioni dove le membrane cellulari sono attaccate. Hanno la funzione di costituire un sigillo tra le due cellule che impedisce il passaggio di sostanze tra le due cellule. Pertanto, se all’esterno si trova del materiale extracellulare questo materiale non si può diffondere liberamente negli spazi tra le due cellule. La porzione apicale prende il nome di zona o dominio apicale delle cellule, la porzione sottostante si chiamerà zona o dominio baso laterale. 16 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI È osservabile solo al microscopio elettronico, lo spazio tra una giunzione e l’altra corrisponde generalmente a 0,1/0,3 m. Nei punti di fusione si trovano delle zone globulari presenti dove le due membrane si accollano. Le proteine che vanno a costituire le giunzioni occludenti sono di due categorie: − Occludine − Claudine Dalle giunzioni diverse molecole non possono passare; possono passare soltanto piccole molecole, in particolare ioni, ma non macromolecole. Funzione Le funzioni delle giunzioni occludenti sono principalmente due: - Impedire il passaggio di sostanze o di macromolecole - Impedire la diffusione delle proteine presenti nella membrana extracellulare anche nelle altre parti della membrana. Localizzazione Queste giunzioni sono concentrate in alcuni particolari epiteli con funzione assorbente (epitelio intestinale) o secernente (epitelio ghiandolare). Si trovano inoltre in alcune cellule endoteliali nei capillari del sistema nervoso centrale, formando la barriera ematoencefalica che previene il passaggio di molecole dal sangue. Queste giunzioni si trovano poi in una particolare tipologia di cellule chiamate cellule del Sertoli, localizzate a livello del testicolo dove andranno a costituire una barriera ematotesticolare. 17 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI GIUNZIONI ANCORANTI Le giunzioni ancoranti hanno il compito di fornire un sostegno meccanico alle cellule e ai punti di contatto tra esse. Inoltre, tende ad impedire il distacco di due cellule legate mediante questo tipo di giunzione. Si dividono in due tipologie: - Giunzioni aderenti (o zonula adherens): sono formate da una componente intracellulare rappresentata dai filamenti di actina, che si unisce a delle proteine strutturali di membrana (caderine) creando un contatto tra un cellula e l’altra. Costituiscono una sorta di cintura che consente l’adesione con le cellule attigue. - Desmosomi (macula adherens): conferiscono un’elevata resistenza meccanica al tessuto. In ultrastruttura, nella zona corrispondente alla zonula adherens, si trova un piccolo spazio tra le cellule, laddove si trovano le proteine che si agganciano le une rispetto alle altre. Al di sotto si trovano piccoli granuli che rappresentano dei filamenti di actina che si vanno a concentrare a livello della zona. Il desmosoma è più facilmente riconoscibile, si trova del materiale granulo filamentoso di filamenti intermedi. Inoltre, è presente una zona molto scura chiamata placca densa citoplasmatica. Zonula adherens Le proteine costitutive fondamentali di questa zona sono le caderine le cui hanno una porzione all’interno della cellula e una all’esterno. Quest’ultima porzione, chiamata anche dominio extracellulare, interagisce con un dominio analogo presente sulla cellula adiacente. Le caderine vengono aiutate nell’adesione ai componenti del citoscheletro da altre proteine, le catenine. Desmosomi Sono caratterizzati dalle caderine desmosomiali, ma all’interno presentano una concentrazione di filamenti intermedi, formati da cheratina. Ad esse si legano i filamenti intermedi tramite delle proteine di ancoraggio, la placoglobina e la desmoplachina. Sono localizzati in epiteli sottoposti a stress meccanico (epidermide) dove garantiscono il mantenimento dell’integrità tissutale, ma anche nel tessuto muscolare cardiaco in cui i filamenti intermedi, a differenza dell’epidermide in cui sono di cheratina, sono costituiti da desmina (tipica del tessuto muscolare). 18 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Complesso di giunzione In molti epiteli semplici si possono trovare tutte le giunzioni precedentemente descritte. Nella porzione apicale si trova la giunzione occludente, a cui segue la giunzione aderente a cui seguono poi alcuni desmosomi. GIUNZIONI COMUNICANTI Mettono in comunicazione il citoplasma di una cellula con quello di una cellula adiacente. Attraverso dei canali che mettono in comunicazione le cellule possono passare piccole molecole, in particolare ioni, che diffondono liberamente seguendo il gradiente di concentrazione. Al microscopio elettronico è una zona apparentemente scura che presenta un sottilissimo spazio formato da canali proteici. Ingrandendo l’immagine sono visibili dei granuli a livello delle membrane. Questi sono piccoli canali transmembrana chiamati connessoni. Le proteine che costituiscono queste giunzioni sono le connessine. È proprio la composizione che influenza il tipo o la dimensione delle molecole che possono attraversare la giunzione, ci sono infatti alcune connessine che determinano la formazione di un polo più stretto, altre un polo più largo. (6 connessine= 1 connessone) In generale possono passare ioni, nucleotidi, in generale molecole che siano di peso molecolare inferiore ai 1000 Dalton. In alcune condizioni questi connessoni possono chiudersi a seguito di variazioni importanti di pH o di ioni calcio. La cellula, infatti, per vivere deve mantenere un pH costante, nel caso di perturbazioni i connessoni si chiudono in modo tale da far morire solo quella cellula specifica rispetto a quelle adiacenti. Le giunzioni comunicanti si trovano a livello dell’epitelio intestinale e nei tessuti che presentano cellule eccitabili elettricamente come quello nervoso e muscolare. 19 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Le specializzazioni della membrana basale La membrana basale è lo strato compreso tra la superficie della cellula e il tessuto connettivo ed è priva di cellule. È composta da due lamine composte da molecole appartenenti a componenti di matrici extracellulari: - Lamina basale: zona più a contatto con le cellule epiteliali. È costituita da un reticolato costituita da collagene alla quale si abbinala laminina e una serie di proteoglicani. È molto utile per il supporto e compie il ruolo di barriera selettiva. - Lamina fibroreticolare: più profonda. È composta da vari tipi di collagene e la fibronectine facilita l’adesione tra la lamina basale ed il connettivo. Questa membrana ha la funzione di consentire l’adesione della cellula epiteliale al connettivo sottostante. Inoltre, qualora ci siano aventi che vanno a traumatizzare la superficie, la membrana basale regole la rigenerazione delle cellule epiteliali. Gli emidesmosomi consentono il collegamento delle cellule epiteliali alla membrana basale, garantendo l’ancoraggio del tessuto alla matrice extracellulare. Presentano come proteina transmembrana le integrine che interagiscono fuori membrana con il collagene e la laminina. Le specializzazioni della membrana apicale Microvilli Sono espansioni della membrana apicale e hanno forma digitiforme (1-2 m). A loro interno contengono filamenti di actina, per sostenere la struttura, legati tra loro alla membrana plasmatica dalla fimbrina. La loro funzione è quella di aumentare la superficie delle cellule. Sono localizzati a livello dell’epitelio intestinale e nei tubuli renali. Stereociglia Sono simili ai microvilli ma più lunghi (120 m). si localizzano nell’epitelio delle vie genitali maschili, nell’epididimo, dove possono svolgere una funzione assorbente e regolare la concentrazione del fluido spermatico. Si trovano anche in alcune zone a livello dell’orecchio con funzione sensoriale. Ciglia Si presentano come estroflessioni della membrana apicale (7-10 m). A loro interno contengono microtubuli di tubulina che consentono il sostegno e il movimento della struttura. Questi sono organizzati in 9 coppie periferiche e 1 centrale, con la differenza che i microtubuli delle coppie periferiche sono attaccati tra loro mentre quelli della coppia centrale sono separati. Questa disposizione è chiamata anche assonema. 20 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI LEZIONE 5, 16/10/2024 Movimento delle ciglia Per consentire il movimento delle ciglia sono presenti diverse proteine che si associano alla tubulina, in particolare la dineina e la nexina. - Dineina: costituisce una sorta di ponte tra coppie di microtubuli adiacenti e, muovendosi lungo questa struttura, ne causa il piegamento (proteine map motrici) - Nexina: collega i microtubuli di una stessa coppia così quando si piegano non si separano. Localizzazione delle ciglia Si trovano dove vi è la necessità di rimuovere del muco sulla superficie, come bronchi, alveoli polmonari o tube ovariche. 1.1. EPITELIO PAVIMENTOSO SEMPLICE L’epitelio pavimentoso semplice è costituito da un solo strato di cellule, per questo è il tessuto più adatto a funzioni di assorbimento o scambio. Le cellule sono strettamente adese e con nuclei appiattiti. In microscopia ottica, questo tipo di epitelio risulta essere composto da cellule combinate tra loro come le tessere di un mosaico ed unite da giunzioni aderenti: zonule adherens e desmosomi. Sono esempi di epitelio pavimentoso semplice: l’endotelio (tonaca intima dei vasi), il mesotelio (epitelio che forma le sierose, gli alveoli polmonari. Patologie Alterazioni dell’endotelio sono causa di varie patologie come trombosi o aterosclerosi: infatti, l’ispessimento dell’endotelio bloccherebbe il flusso sanguigno creando trombi. Perché l’ossigeno è grado di attraversare queste cellule? Perché è una molecola polare che può penetrare le membrana per gradiente di concertazione. 21 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Epitelio cilindrico semplice dell’intestino L’epitelio cilindrico semplice dell’intestino ha come funzione principale quella di assorbire i nutrienti. L’intestino è un organo cavo la cui parete interna si solleva a formare i villi intestinali, con lo scopo di aumentare globalmente la superficie dell’intestino per favorire il processo di assorbimento. Il tessuto epiteliale di rivestimento ha cellule strettamente ravvicinate tra loro, con il nucleo alla base, abbastanza alte e di forma cilindrica. Oltre che nel canale digerente, si localizza anche nei dotti escretori delle ghiandole e negli ovidotti. Il connettivo ha cellule separate tra loro, e questo è l’aspetto su cui fare attenzione per distinguerlo dall’epitelio. Caratteristica fondamentale è l’orletto a spazzola dove troviamo i microvilli ricchi di proteine. Fra le cellule è presente un complesso di giunzione in posizione apicale: giunzioni occludenti seguite da zonule adherens, desmosomi e giunzioni gap Correlazioni cliniche Alcuni batteri come Clostridium difficile producono delle tossine che vanno ad alterare le giunzioni occludenti. Tutto il sistema di regolazione, trasporto ed assorbimento selettivo viene alterato, quindi qualunque tipo di molecola attraversa la barriera dell’epitelio e va in circolo. Ciò comporta alterazioni con conseguenti infiammazioni del processo digestivo, diarrea, vomito, ed in alcuni casi morte per avvelenamento. Tuttavia, non esistono ancora antibiotici specifici per questo tipo di batteri. 1.2. Epitelio pseudostratificato ciliato delle vie respiratorie alte Caratterizzato da cellule di altezze diverse e con nuclei disposti ad altezze diverse, quindi ciò porta a pensare che ci siano più strati, ma in realtà ce n’è solo uno. Si definisce cigliato in quanto nella sua porzione apicale delle cellule sono presenti delle ciglia. Lo troviamo nella regione respiratoria del naso, trachea, bronchi. 22 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI 1.3. EPITELIO DI TRANSIZIONE L’epitelio di transizione è stratificato, e nel suo strato apicale sono presenti delle cellule tipicamente ricurve e per la maggior parte binucleate. Le sue cellule possono scivolare le une rispetto alle altre e ciò permette di aumentare la superficie rivestita. Quindi, nella conformazione rilassata (vescica vuota) le cellule sono disposte in più strati; nella conformazione stirata (vescica piena) formano un minor numero di strati. 1.4. EPITELIO COMPOSTO PAVIMENTOSO CHERATINIZZATO L’epitelio è costituito da più strati, le cellule apicali sono morte e generalmente anucleate. Sono ricche di filamenti intermedi di cheratina molto resistenti. Caratterizzano l’epidermide che può avere uno strato cheratinizzato di vario spessore in base alla zona in cui si trova: a livello della pianta del piede o del palmo della mano ad esempio è particolarmente spesso, mentre nella zona ascellare è più sottile. Strati dell’epidermide Dal basso, sopra il connettivo troviamo: Strato basale o germinativo: cellule di forma cubica, a contatto con la lamina basale Strato spinoso: cheratinociti uniti da desmosomi che si trovano tra le “spine” ovvero piccole espansioni della membrana Strato granuloso: costituito da 3-5 strati di cellule appiattite ricche di granuli basofili Strato corneo: cheratinociti differenziati senza nucleo, appiattiti e senza organelli Patologie che derivano da alterazioni strutturali delle proteine dei desmosomi Il pemfigo patologia autoimmune in cui vengono prodotti anticorpi contro le caderine Epidermiolisi bollosa causata da mutazioni dei geni delle caderine Melanociti Altri elementi cellulari nell’epidermide sono i melanociti che si trovano basalmente tra le cellule staminali. Hanno dei prolungamenti che trasferiranno progressivamente la melanina prodotta dai melanociti ai cheratinociti vicini. Derivano dalle creste neurali. La melanina viene prodotta in dei melanosomi mediante l’enzima tirosinasi. Cellule di Langherans Queste cellule si trovano in tutti gli strati dell’epidermide, soprattutto in quello spinoso. Hanno una tipica forma stellata con dei prolungamenti. Dotati di attività fagocitaria nei confronti di molecole estranee. Fanno parte dei monociti/macrofagi e derivano dalle cellule staminali del midollo osseo. 23 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI 1.5. EPITELIO PAVIMENTOSO COMPOSTO NON CHERTINIZZATO Le cellule posseggono il nucleo, hanno meno cheratina rispetto a quello cheratinizzato. Si trova nelle zone del nostro corpo bagnate da fluidi (cavità orale, vagina…). A livello della cavità orale sono presenti delle zone che ospitano cellule specializzate che ci consentono di percepire il gusto, dette calici gustativi, inglobate nell’epitelio. LEZIONE 6, 17/10/2024 2. EPITELI GHIANDOLARI Gli epiteli ghiandolari sono così denominati per la presenza di ghiandole: cellule ravvicinate specializzate nella secrezione. Tipologie di ghiandole Ghiandole unicellulari: singole cellule sparse, con attività secernente Ghiandole pluricellulari: organi contenti aggregati di cellule secernenti Ghiandole esocrine ed endocrine Le due tipologie di epiteli ghiandolari sono: Ghiandole esocrine: mantengono una comunicazione con l’epitelio di rivestimento attraverso il dotto escretore dove scorrerà il secreto prodotto dall’adenomero (unità funzionale, porzione secernente) e viene riversato sulla superficie stessa dell’epitelio (pancreas, salivari) Ghiandole endocrine: perdono il contatto con l’epitelio di rivestimento ed il secreto della ghiandola viene raccolto e convogliato a destinazione tramite il sangue (ipofisi, tiroide, ovaio, isole pancreatiche di Langerhans) Nelle ghiandole si differenziano due porzioni: - Parenchima: insieme di tutte le cellule secernenti - Stroma: insieme dei tessuti che circondano gli adenomeri formato da connettivo e vasi 24 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Classificazione delle ghiandole esocrine Le ghiandole esocrine sono suddivide in ghiandole unicellulari e ghiandole pluricellulari o complesse. Le ghiandole pluricellulari possono essere classificate a loro volta in: - Topografici (basati sulla localizzazione ghiandolare): parietali se localizzate in organi cavi, extraparietali localizzate al di fuori dell’organo - Morfologici (basati su forma di adenomeri e dotti escretori): o Semplice: presenta un unico dotto non ramificato e un unico adenomero o Semplice ramificato: presenta un solo dotto con adenomeri ramificati o Composta: il dotto escretore e gli adenomeri presentano più ramificazioni o Ghiandole alveolari o Ghiandole acinose o Ghiandole tubulari o Ghiandole glomerulari - Criteri morfo-funzionali: in base alla modalità di secrezione o Merocrine: prodotto riversato all’esterno e la cellula secernente rimane integra o Apocrina: il secreto viene emesso dalla porzione apicale o Olocrina: secreto eliminato tutto dall’intera cellula, con perdita della stessa o Endocrina: entra nel sangue - Tipologia di secreto: o Mucose: secreto glicoproteico (muco). Le mucipare presentano nucleo appiattito alla base o Sierose: secreto di natura proteica. Nucleo tondeggiante, contengono molto RER. Nella porzione apicale troviamo granuli di zimogeno (contenenti il prodotto di secrezione) Esempi di ghiandole merocrine classificate in base alla natura del secreto: Sierose: pancreas, parotide. Mucose: ghiandole mucose della cavità orale, cellule mucipare. Miste: ghiandole salivari, sottolinguale, sottomandibolare. 25 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI L’immagine è una sezione di una ghiandola tubulo acinosa composta, che è la parotide (ghiandola salivare), che è stata colorata con l’ematossilina-eosina. In particolare, è possibile apprezzare gli adenomeri a forma di acino a secrezione sierosa, cioè le strutture circolari rosa che appaiono molto colorate a causa della presenza di un maggior numero di proteine rispetto a quelli mucosi. Inoltre, si possono osservare le sezioni trasversali dei dotti escretori, che presentano un lume (la parte bianca), che convoglia il secreto, contornato da uno strato di cellule più chiare (i cerchi con un lume bianco e una porzione di cellule più chiare). È mostrata la sezione di una ghiandola tubulo-acinosa composta a secrezione mista, la salivare sottomandibolare, in cui è possibile osservare gli adenomeri (le strutture circolari), che appaiono più chiarie con nuclei schiacciati alla base perché sono a secrezione mucosa. Si può anche apprezzare la sezione di un dotto escretore che si differenzia dagli adenomeri per via delle cellule che ne circondano il lume che presentano un nucleo più rotondo e sono più colorate. A circondare gli adenomeri, si osserva il tessuto connettivale (che va a costituire lo stroma) e, in esso, la presenza di fibre di collagene e di capillari (con funzione di nutrimento). N.B.: Circondati in verde, si hanno le semilune del Gianuzzi, cioè delle cellule a secrezione mucosa avvolte da cellule a secrezione sierosa (con un citoplasma molto colorato). LEZIONE 7, 21/10/2024 TESSUTO CONNETTIVO È caratterizzato da cellule non strettamente ravvicinate, non unite tra loro da giunzioni e distribuite in modo non uniforme. Sono separate dalla matrice extracellulare. Sono presenti vasi e capillari. Nella matrice è presente una componente fibrosa e una sostanza amorfa o fondamentale. Tutti i tessuti connettivi hanno origine dal mesoderma, il terzo foglietto embrionale, che proliferando dà origine al mesenchima. Le cellule mesenchimali sono caratterizzate da una forma irregolare allungata e sono cellule staminali pluripotenti, cioè sono in grado di differenziarsi in tutti i tipi cellulari dei vari tessuti connettivi. Possono originare fibroblasti, adipociti, condrociti, osteoblasti. Le cellule mesenchimali restano anche nell’individuo adulto come riserva di elementi staminali, in grado poi di differenziarsi in tipi cellulari specifici, qualora vi sia la necessità. Funzioni dei tessuti connettivi Funzioni di connessione o collegamento Funzione meccanica Funzione trofica o nutritizia: i vasi nutrono il tessuto stesso e altri, come quello epiteliale privo di vasi Funzione difensiva 26 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Il termine connessione è riferito a due tipi di connessione diversi: Connessione meccanica: ancoraggio dei tessuti fra loro, sostegno e protezione degli organi Connessione funzionale: basata sulla presenza di vasi sanguigni che consentono e facilitano il transito di sostanze nutritive e di elementi cellulari Categorie di tessuti connettivi I tessuti connettivi si distinguono in varie categorie: Propriamente detti: distinti in lasso (presenta poche fibre e molte cellule) e denso (presenta molte fibre e poche cellule) Liquidi (sangue e linfa) Di sostegno (cartilagine e tessuto osseo) Tessuti connettivi propriamente detti I tessuti connettivi propriamente detti sono composti da elementi cellulari e da un’abbondante matrice extracellulare composta da: - Sostanza fondamentale amorfa - Fibre immerse nella sostanza fondamentale (fibre collagene, rendono il tessuto connettivo resistente, reticolari e elastiche, rendono il tessuto elastico Composizione sostanza fondamentale amorfa Fibre collagene (collagene 1) Le fibre collagene sono costituite da una proteina, che è il collagene. Le fibre collagene sono strutture allungate di spessore da 1-12m. Sono costituite da una proteina base che è il tropocollagene, proteina fibrosa costituita da 3 catene polipeptidiche ed impacchettate formando una tripla elica. Ciascuna elica è ricca di aa (glicina, prolina, idrossiprolina, idrossilisina, fondamentale per formare legami idrogeno tra le catene). Le molecole di tropocollagene si organizzano longitudinalmente, testa-coda e parallelamente formando le microfibrille collagene (non sono allineate, viene sfasata di circa ¼ [70 nm su 300nm]. Oltre ai legami a idrogeno ci sono anche legami covalenti crociati tra le molecole di tropocollagene dovuti alla lisina. Tramite microscopio si può visionare tracciati di bande chiare e scure (periodicità assile del collagene). In quelle scure si ha poca sovrapposizione di tropocollagene rispetto alle chiare In sintesi, le fibre collagene si possono raggruppare formando tessuti maggiori (microfibrille [20-100nm] → fibrille [0.2-0.3 nm] → fibre [1- 12m] 27 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Fibre reticolari (collagene 3) Le fibre reticolare sono costituite da collagene e tropocollagene, ma con un diametro inferiore [0.5 m], e vanno a formare un reticolato che lascia molti spazi alla matrice amorfa. Sono meno resistenti in quanto più sottili delle fibre collagene, ma sono più flessibili. Queste fibre inoltre sono colorabili con dei coloranti che non colorano le fibre collagene e sono i Sali d’argento e PAS positive (rosso forte). Domanda: Perché le fibre reticolari sono colorabili anche con la colorazione PAS positive? Risposta: Dato che le fibre reticolari sono legate spesso a glicoproteine, questo fa sì che le fibre reticolari siano anche PAS positive perché le glicoproteine contengono una grande quantità di zuccheri che sono colorabili con la colorazione PAS. Tipologie di collagene I vari tipi di collagene si differenziano in base alle tre catene di aa che vanno a costituire la catena di tropocollagene. Collagene di tipo I: costituito da due catene 1 e una 2 e conferisce molta resistenza (ossa, cartilagine…) Collagene di tipo II: costituito da tre catene 1 ed è tipico della cartilagine ialina ed elastica Collagene di tipo III: costituito da tre catene 1 ed è tipico delle fibre reticolari Collagene di tipo IV: due catene 1 e due 2 ed è presente a livello della membrana basale. Ci sono anche altri tipi di collagene come quelli associati alle fibrille oppure collageni reticolari a livello della membrana basale. Sintesi di collagene Il tropocollagene ha origine da una molecola precursore, chiamata procollagene. Gli elementi cellulari che nel connettivo propriamente detto sintetizzano il collagene sono i fibroblasti. Il procollagene è costituito da 3 catene polipeptidiche che presentano nella zona ammino- terminale e carbossi-terminale dei peptidi. Questi peptidi terminali impediscono la formazione del tropocollagene. 28 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Il processo inizia nel nucleo dove l’mRNA viene tradotto dai ribosomi collocati sul reticolo endoplasmatico ruvido, si instaura l’ossidrilazione (+OH) di proline e lisine mentre nel Golgi si verifica la glicosilazione (aggiunta gruppi glucidi), così le tre catene si assemblano formando la tripla elica di protocollagene. Quest’ultimo viene portato tramite vescicole dal Golgi alla membrana tramite esocitosi raggiungendo l’ambiente extracellulare dove si troveranno enzimi peptidasi formando tropocollagene. Le cellule che sintetizzano fibre collagene sono: - fibroblasti – nel tessuto connettivo propriamente detto - osteoblasti – nel tessuto osseo - condroblasti o condrociti – nella cartilagine Il processo di sintesi è: ribosomi → reticolo →vescicole→secrezione→taglio peptidi terminali →assemblaggio extracellulare Vitamina C nella sintesi del collagene La vitamina C è un cofattore per la sintesi di collagene che serve per l’attività degli enzimi che idrossilano la prolina e la lisina. In assenza di vitamina C gli enzimi non lavorano e quindi i gruppi OH non si attaccano e sono fondamentali per la formazione dei legami idrogeno che stabilizzano la molecola. Pertanto, in assenza di vitamina C si produce collagene debole → causa lo scorbuto, patologia che porta ad indebolimento del connettivo. Fibre elastiche Sono costituite da due proteine: l’elastina (che si aggrega per andare a formare il nucleo di elastina) e fibrillina (forma le microfibrille che si dispongono intorno al nucleo di elastina). Sono molto più sottili [0.2-1 m]. Nei preparati istologici le fibre elastiche si riescono a identificare usando il colorante orceina e la colorazione di Weigert (colorano di grigio, blu o nero). L’elastina deriva dalla tropoelastina → in stato di rilassamento le molecole sono raggomitolate e unite tra loro, mentre in caso di stiramento sono sempre legate ma sono stirate. Un aspetto fondamentale per quanto riguardo lo stiramento e il recupero della dimensione iniziale, sono i legami chimici tra le molecole di elastina, chiamati legami crociati tramite enzimi (delle ossidoreduttasi) nell’ambiente extracellulare, in particolare le lisilossidasi, che vanno a intervenire sulle lisine (amminoacidi). Le lisilossidasi formano gruppi aldeidici, delle strutture molto reattive che formano legami crociati (chiamati ponti) con altre molecole di lisina dando origine alla desmosina. 29 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Arteria elastica: 1-tonaca intima (endotelio e membrana basale; 2-tonaca media (connettivo elastico); 3-tonaca avventizia (connettivo denso regolare). Si possono osservare i nuclei dei fibroblasti (in viola scuro), le fibre collagene (in rosa), la sostanza fondamentale amorfa (negli spazi bianchi) e le fibre elastiche (in nero, in quanto colorate con un colorante specifico) che appaiono allungate. Sostanza fondamentale amorfa La sostanza fondamentale amorfa è la seconda componente della matrice extracellulare presente nei tessuti connettivi. La sostanza fondamentale amorfa è la seconda componente della matrice extracellulare presente nei tessuti connettivi. È composta da: - proteoglicani: costituiti da una parte centrale chiamata core proteico a cui si legano i GAG a livello di una serina; vengono sintetizzati nel RER e assemblati nel Golgi dove vengono aggiunti i GAG - glicoproteine - glicosamminoglicani (GAG): lunghe catene polisaccaride lineari composte dalla ripetizione di disaccaridi (costituito da amminozucchero che può essere un N-acetil- Glucosammina o N-Acetil-Galattosammina ed un acido uronico che può essere l’acido glucuronico o l’acido iduronico. In base alla tipologia di disaccaride si distinguono in: o acido ialuronico o dermatan solfato o condrotin solfato o eparina o cheratan solfato Sia i GAG che i proteoglicani, per la loro organizzazione e la loro composizione chimica, trattengono grandi quantità di acqua in quanto presentano cariche negative che richiamano quantità di acqua. Ha 3 principali funzioni: - meccanica: capacità di resistere a forze di compressione e conferisce un certo grado di deformabilità - nutritive: siccome la sostanza fondamentale è ricca di acqua, essa rappresenta l’ambiente acquoso nel quale possono viaggiare per diffusione molecole nutritizie. Il sangue giunge al livello del capillare con una certa forza pressoria che tende a spingere fuori sostanze (arterioso tramite pressione idrostatica, venoso oncotica +bassa) - Protettiva: consente alle cellule con funzione di difesa di spostarsi. 30 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI LEZIONE 8, 24/10/2024 La funzione dei GAG Sono fondamentali per l’attività nutritizia del tessuto connettivo. Il tessuto connettivo può cambiare la composizione dei glicosamminoglicani in funzione di segnali che le cellule ricevono e, quindi, possono modificare la loro attività sintetica. Anche la viscosità o la permeabilità può variare e quindi l’attività nutritizia può essere favorita o ostacolata. I GAG non sono solo componenti della matrice, senza alcun ruolo, ma vanno ad influenzare il comportamento cellulare: ad esempio, l’acido ialuronico interagisce con recettori presenti a livello della membrana delle cellule, come il CD44 (recettore specifico), e attiva delle vie di segnalazione cellulare. Inoltre, ci sono dei glicosamminoglicani che possono legare dei fattori di crescita. influenzandone la proliferazione quindi bloccandola o differenziamento (l’eparan solfato legato ad una proteina favorisce l’attività di uno specifico fattore di crescita FGF permettendo a esso di legarsi in maniera più stabile portando l’attivazione della via di trasduzione del segnale). I proteoglicani possono essere classificati in: - SLRP: piccole dimensioni, possiedono sequenze ripetute di leucina e regolano l’attività cellulare favorendo la formazione di fibre collagene (glicolina, biglicano, decorina) - Modulari, grossi proteoglicani: (versicano e aggrecano), formano grossi complessi con acido ialuronico - Di superficie cellulare: (sindecano, glucano), regolazione del comportamento cellulare Le glicoproteine Le funzioni principali sono favorire l’adesione delle cellule connettivali alla matrice, organizzazione spaziale e tridimensionale delle fibre collagene, accumulare e segregare fattori di crescita e attivare le vie di segnalazione intracellulare. Sono caratterizzate da una componente proteica, preponderante, rispetto a quella glucidica. →Sia tramite le glicoproteine, sia tramite proteoglicani e i componenti fibrosi, la matrice extracellulare comunica sempre strettamente con cellule e ne influenza il comportamento. Glicoproteina principali - Laminina: presente nella membrana basale, composta da catene proteiche α,β e γ formando una croce. Contiene delle zone chiamate domini che servono per legare le integrine della zona basale, il collagene. Il suo ruolo è quindi di collegare cellule epiteliali alla matrice - Fibronectina: è localizzata in matrice extracellulare costituita da due catene che si uniscono tramite legami chimici solfuro e presenta una regione di legame con le integrine garantendo l’adesione della cellula alla matrice. La differenza è che la fibronectina si trova nella matrice connettivale, mentre con la laminina nella membrana basale. 31 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Le cellule del tessuto connettivo Tutte le cellule facenti parte dei vari tipi di tessuto connettivo hanno origine dal mesoderma embrionale, il mesenchima. Possiamo dividerle in cellule: - Fisse: hanno origine e restano nel tessuto connettivo per tuta la loro vita o Fibroblasti o Cellule adipose - Cellule mobili: hanno origine e si differenziano nel midollo osseo, per poi usare il circolo sanguigno per raggiungere il connettivo. Le cellule staminali mesenchimali, grazie alla loro capacità differenziativa, vengono sfruttate nella medicina rigenerativa per riparare tessuti e organi danneggiati. Inoltre, hanno un ruolo importante nella modulazione dei processi infiammatori. Le cellule fisse Fibroblasti Sono più grandi e di forma allungata e producono proteoglicani, fibre collagene…La loro attività è molto intensa durante lo sviluppo e la crescita dell’individuo, ma si riduce in età adulta. I fibroblasti, comunque, si riattivano se si verificano dei danni in alcune sedi. Se il fibroblasto è più globoso nel momento in cui molto attivo, allora è più esteso il citoplasma, mentre, se è in uno stato di riposo, prende il nome di fibrocita. Adipociti Presenti all’interno del connettivo propriamente detto in piccoli gruppi andando a costituire il tessuto adiposo Le cellule mobili Macrofagi Sono cellule che giungono al sangue e derivano da monociti (non attivo, nucleo a forma di fagiolo). Fagocitano i residui di cellule morte e batteri. Possono avere nomi differenti, nel fegato sono dette cellule del Kupffer, nell’epidermide cellule di Langerhans. Sono anche definiti APC (antigen presentig cell), possono fagocitare esponendo sulla membrana cellulare dei frammenti peptidici dell’antigene per mediare la risposta dei linfociti T, partecipano ai processi infiammatori rilasciando fattori di crescita e citochine. Mastociti Presentano elementi di forma tondeggiante con un nucleo tondo e un citoplasma ricco di granuli contenenti istamina ed eparina. Favoriscono la degradazione della matrice extracellulare nell’ambito dei fenomeni allergici. Inoltre, per farsi spazio nella matrice utilizzano triptasi e chimasi che degradano le molecole. Linfociti, plasmacellule, istiociti 32 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI IL TESSUTO CONNETTIVO PROPRIEMANTE DETTO Il tessuto connettivo propriamente detto, è ubiquitario, quindi si trova in tutte le parti del corpo. Viene distinto in: - Lasso, più diffuso, diviso in o Adiposo o Reticolare - Denso, che a sua volta di distingue in: o Irregolare o Regolare o Elastico Distinzione tra connettivo lasso e denso La distinzione tra lasso e denso si basa fondamentalmente sul fatto che il tessuto connettivo lasso contiene le fibre collagene più sottili e di meno, rispetto al denso. Essendo in minore quantità, è maggiore la quantità di sostanza amorfa. In quello denso prevalgono le fibre. Tessuto connettivo lasso In genere va a costituire un sottile strato di connettivo appena sotto gli epiteli e nelle tonache degli organi cavi. Va a costituire l’interno delle ghiandole a sostegno degli adenomeri. La funzione svolta è trofica, difensiva, di sostegno meccanico alle cellule. Si vedono le fibre collagene, con un diametro esile. I nuclei sono tanti, appartenenti a diversi elementi cellulari e sono presenti molti spazi bianchi, che in vivo sono occupati e rappresentano la sostanza fondamentale amorfa. Tessuto connettivo denso Nel tessuto connettivo denso è evidente la parte di fibre collagene preponderanti rispetto alla sostanza amorfa. La sezione si presenta quindi molto colorata. Troviamo solo i fibroblasti. Esistono due tipologie di connettivo denso: - Regolare: fibre organizzate in modo regolare. Lo troviamo nei tendini e nei legamenti - Irregolare: fibre meno stipate e fasci con orientamenti diversi - Elastico: presenta una grande quantità di fibre elastiche. Si trova nei legamenti delle vertebre, nelle corde vocali, nelle pareti dei grossi vasi. Ha una funzione meccanica, di sostegno e protettiva. 33 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Tessuto connettivo reticolare È una forma specializzata di connettivo lasso. Le fibre collagene sono costituite da collagene di tipo III, che intrecciate tra loro formano un reticolo. Gli unici tipi cellulari presenti sono fibroblasti e macrofagi. Le fibre reticolari sono colorabili con alcuni Sali, come i Sali d’argento Tessuto adiposo Il tessuto adiposo è formato da cellule chiamate adipociti, che hanno la funzione di accumulare grassi in vacuoli citoplasmatici. Esistono due tipi di tessuto adiposo: - Tessuto adiposo bianco o uniloculare - Tessuto adiposo bruno o multiloculare Tessuto adiposo bianco Gli adipociti che formano il tessuto adiposo bianco presentano all’interno del citoplasma un’unica grande goccia di materiale lipidico che sposta il nucleo, appiattendolo, in direzione eccentrica. Svolge funzioni di riserva energetica, isolamento termico, riempitivo e di protezione. Produce anche molecole di tipo ormonale che regolano il metabolismo dei lipidi dell’intero organismo: produce molecole come la leptina, che va ad influenzare anche a distanza altri organi (è legata ad esempio al senso di sazietà). Tessuto adiposo bruno Gli adipociti che formano il tessuto adiposo bruno presentano all’interno del citoplasma numerose gocce di materiale lipidico. Il nucleo risulta in posizione centrale, rotondo, il citoplasma è ben evidente. La sua funzione è quella di immagazzinare riserve dissipate in energia termica 34 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI LEZIONE 9, 29/10/2024 CORRELAZIONI CLINICHE Collagenopatie Malformazioni alla tripla elica del collagene specialmente a livello osseo per sostituzione della glicina con un altro amminoacido, derivante da mutazioni genetiche. Osteogenesi imperfetta Colpisce i bambini e dà fragilità alle ossa. Hanno grande difficoltà nello sviluppo dei denti ed articolazioni elastiche. È una mutazione che interessa la catena COL1A1 e COL1A2. Sindrome di Ehlers-Danlos È associata ad alterazioni del collagene I, III o V. Gli individui presentano un’eccessiva mobilità articolare e un’alterazione della cute che diventa molto elastica perché le fibre collagene danno meno resistenza. Elastinopatie Sono alterazioni che vanno ad interessare le fibre elastiche. Un esempio è la sindrome di Marfan, in cui si ha la mutazione della fibrillina. Gli individui hanno difficoltà motorie e di controllo nei movimenti. La problematica più importante riguarda l’alterazione dell’elasticità dei grossi vasi sanguigni come le arterie (rottura vaso aortico → morte). IL SANGUE Il sangue è l’unico tessuto connettivo liquido formato da: Globuli rossi o eritrociti o emazie PARTE CORPUSCOLARE Globuli bianchi o leucociti Piastrine o trombociti Plasma La somma della percentuale con la quale sono presenti normalmente i globuli rossi, globuli bianchi e piastrine va a costituire il valore ematocrito, che è la percentuale di elementi corpuscolati rispetto all’intera quantità di sangue. Nell’uomo adulto il volume di sangue è di 5/6 litri, ovvero circa il 7-8% di peso corporeo 35 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Composizione del plasma Il plasma contiene acqua al 90% e diverse tipologie di proteine che vanno a costituire circa il 9%. Circa l’1% è costituito da vitamine, ormoni e altri componenti organici (zuccheri, lipidi…), elettroliti. La proteina più presente è l’albumina ed è la proteina prodotta a livello epatico responsabile della pressione oncotica, fondamentale per l’equilibrio dello scambio di acqua e può trasportare ormoni. Le globuline rappresentano una grande quanta di proteine presenti nel plasma, e comprendono proteine con funzioni diverse: - Gamma globuline: anticorpi -  e -globuline: trasportatori di ioni (rame e ferro) Un’altra proteina importante è il fibrinogeno, prodotto a livello epatico ed endoteliale, usata nel sistema di coagulazione del sangue. Il siero è il plasma privato delle proteine che intervengono nella coagulazione Funzioni del sangue - Respiratoria: trasporta ossigeno e anidride carbonica - Nutritizia: trasporto di sostanze nutrienti - Escretrice: trasporto di cataboliti - Regolatoria: mantenimento dell’equilibrio osmotico dei liquidi tissutali e l’attività - Termoregolatoria: regolazione temperatura corporea - Difensiva: può essere specifica o aspecifica, migrazione dei linfociti nei vari distretti - Omeostasi: prevenire la perdita di sangue - Regolazione equilibrio acido-base Striscio di sangue La tecnica utilizzata è lo striscio di sangue, la goccia di sangue viene strisciata sul vetrino e qui rimangono le cellule che possono essere fissate e colorate. Per il sangue si utilizzano miscele di coloranti acidi o basici o che colorano molecole neutre. I nuclei delle cellule appaiono colorati di scuro. Gli eritrociti sono privi di nucleo, i leucociti li presentano. I piccoli puntini sono le piastrine (freccia). L’origine di tutti gli elementi cellulari del sangue è la cellula mesenchimale attiva nell’emopoiesi. 36 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI Elementi corpuscolati del sangue - Eritrociti: 5*106 - Linfociti: 7*103 - Piastrine: 3*105 GLOBULI ROSSI O ERITROCITI I globuli rossi sono cellule prive di nucleo e organelli citoplasmatici. Hanno una durata limitata, circa 120 giorni, e vengono eliminati a livello della milza. Hanno la forma di una lente biconcava. La forma è molto importante poiché il citoscheletro può mutare anche per entrare nei piccoli capillari. Hanno la funzione di trasportare ossigeno e anidride carbonica. Il citoscheletro è formato da actina e spectrina che formano un reticolo citoscheletrico al di sotto della membrana plasmatica. Queste proteine vanno ad ancorarsi alle proteine integrali (glicoforine e proteine della banda 3). Sono inoltre presenti delle proteine che fanno da legame che sono proteine banda 4.1 e anchirina che mediano il legame fra il reticolato citoplasmatico e le proteine integrali. Tutto questo permette di cambiare forma al globulo rosso Emoglobina Il citoplasma degli eritrociti è occupato prevalentemente da emoglobina, la proteina fondamentale con struttura quaternaria, 4 catene a 2 a 2 uguali. Ogni catena possiede un gruppo EME, un gruppo prostetico, cioè non proteico. Grazie al ferro contenuto riesce a trasportare i gas. I valori di emoglobina sono diversi da uomo e donna e devono essere mantenuti all’interno di un certo livello. In età pre-natale è presente più emoglobina di tipo F (fetale) perché trasporta più ossigeno ai tessuti. 37 ISTOLOGIA | prof.ssa MONICA DE MATTEI CORRELAZIONI CLINICHE Possono essere presenti delle condizioni di anemia. L’anemia è un termine generico che si riferisce alla ridotta quantità di emoglobina a livello ematico che in alcuni casi si associa ad una ridotta quantità di globuli rossi e quindi questo comporta minor ossigeno a livelli dei tessuti che causano un maggiore affaticamento. Possono esserci diverse cause come carenza di ferro o vitamine e questo è il caso di anemie transitorie che si possono curare con integrazioni. I casi più gravi sono: - Anemia falciforme: dovuta ad una mutazione genetica che va ad alterare la catena beta rendendo l’emoglobina a forma di falce (molto grave in omozigosi) - Talassemia: carenza di formazione di una o più catene di emoglobina - Sferocitosi ereditaria: anemia legata ad una alterazione della spectrina GLOBULI BIANCHI O LEUCOCITI Sono gli elementi incolori del sangue e hanno vita breve, in caso dei neutrofili, e vita lunga, nel caso dei linfociti. Si distinguono due grosse categorie: - Granulociti: presentano nel citoplasma dei granuli che contengono enzimi litici o Neutrofili: nucleo plurilobato, non si colorano, 65% o Basofili: nucleo di varie forme, si colorano con coloranti basici,

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