Idrologia - Banca Dati - Corretto PDF
Document Details
Uploaded by IndustriousViolin2054
Unipa
Valerio Leonardo Noto
Tags
Summary
This document appears to be study material or notes about hydrology, covering topics such as the hydrological cycle, basins, and related concepts. It includes chapters and sections on various hydrological topics.
Full Transcript
PRINCIPALI ARGOMENTI DOMANDE A RISPOSTA MULTIPLA – IDROLOGIA (9 CFU) Prof. Ing. Valerio Leonardo Noto Cap. 1 – L’idrologia e il ciclo idrologico (Guardare dispensa da pag. 1 a pag. 13 parte I) L’acqua è così suddivisa: oceani e mari oltre il 97%...
PRINCIPALI ARGOMENTI DOMANDE A RISPOSTA MULTIPLA – IDROLOGIA (9 CFU) Prof. Ing. Valerio Leonardo Noto Cap. 1 – L’idrologia e il ciclo idrologico (Guardare dispensa da pag. 1 a pag. 13 parte I) L’acqua è così suddivisa: oceani e mari oltre il 97%, ghiacciai circa il 2,4%, acque superficiali e sotterranee 1% e acqua presente nel pianeta sotto forma di vapore circa lo 0,03%. I fenomeni costituenti il ciclo idrologico sono: precipitazione, intercettazione, fusione del manto nevoso, evapotraspirazione, deflusso superficiale, infiltrazione, percolazione, drenaggio, deflusso ipodermico e deflusso di falda. Il 90% dell’acqua atmosferica proviene dall’evaporazione, mentre il 10% dalla traspirazione. Un sistema idrologico è definito come un volume delimitato nello spazio, che riceve acqua in input e la rilascia in output dopo che essa è stata soggetta ad una serie di processi. L’atmosfera contiene meno di una frazione su 100.000 del volume di acqua disponibile sul pianeta. Il tempo di residenza di una molecola d’acqua nel volume concettuale che rappresenta l’atmosfera è di circa 8 giorni. Esiste una differenza di 5 ordini di grandezza tra l’acqua in atmosfera e l’acqua sugli oceani. Negli oceani inoltre si ha minore precipitazione e maggiore evaporazione (sulla terra invece avviene l’evento opposto). Il deflusso superficiale è influenzato da: caratteristiche geografiche e morfologiche, geologia e idrografia, vegetazione e clima. L’infiltrazione è il processo per cui l’acqua della superficie entra nel terreno per forza gravitazionale e capillare. Il tasso di infiltrazione definisce la quantità di acqua che rimane sulla superficie e quanta ne penetra. Dipende dalle caratteristiche fisiche del terreno, dalla temperatura, dal contenuto di acqua e dalla densità e durata dell’evento meteorico. La capacità di infiltrazione rappresenta la massima quantità di acqua che può infiltrarsi nel terreno in un certo intervallo di tempo. La velocità di infiltrazione è la quantità di acqua che penetra nel terreno nell’unità di tempo. La capacità di infiltrazione è una grandezza non costante che dipende dalla tessitura e dalla porosità del terreno, dalla copertura vegetale, dalla conduttività idraulica e dal contenuto di acqua. 1 Cap. 2 – Il bacino idrografico e i relativi indici morfometrici (Guardare appunti da pag. 9 a pag. 11) Si definisce bacino idrografico o imbrifero il luogo dei punti della superficie terrestre che raccoglie le acque che giungendo in superficie giungono alla sezione di chiusura. Lo spartiacque individua il luogo dei punti da cui hanno origine le linee di massima pendenza che finiscono per raggiungere la sezione di chiusura e si traccia in base alle isoipse. Nella delimitazione del bacino si hanno: punti di vetta (punti di massima quota), punti di sella (compresi tra due rilievi adiacenti) e ai punti di conca (quota della sezione di chiusura). Il diagramma cartesiano della curva ipsografica ha in ordinata la quota riferita alla sezione di chiusura e in ascissa l’area del bacino che si trova al di sopra di tale quota. Il rilievo è la differenza tra la quota del punto più elevato dello spartiacque e la quota della sezione di chiusura. L’altezza media del bacino coincide con la linea di compenso della curva ipsografica. La curva ipsometrica rappresenta la distribuzione areale dell’altitudine del rilievo. Si ha una pendenza della curva ipsografica di tipo convesso in profondi solchi di erosione e una curva di tipo concavo per un bacino con pendenze ridotte. L’indice di maturità di un bacino rileva l’attività erosiva di un bacino. Se IM > 0,6 il bacino è giovane, se 0,4 < IM < 0,6 il bacino è maturo e se IM < 0,4 il bacino è senile. Il metodo di Alvard-Horton consiste nel misurare la lunghezza totale L delle curve di livello di assegnata equidistanza ΔH con la seguente relazione: 𝛥𝐻 𝐿 𝑝𝑚 = 𝐴 La pendenza media è definita come la pendenza della retta di compenso del profilo longitudinale del corso d’acqua principale. Le sorgenti (modello di Horton-Strahler) sono i punti della rete posti a monte in cui non confluiscono altri rami. Ω è l’ordine del bacino ed è il ramo di ordine massimo della rete. La prima legge di Horton riguarda il numero di canali e individua nella successione del numero di canali una serie geometrica inversa, in cui l’ultimo termine è unitario. Riguarda il rapporto di biforcazione. La seconda legge di Horton riguarda le lunghezze dei canali e individua nella successione della lunghezza media dei canali una serie geometrica in cui il primo termine è pari alla lunghezza media dei canali del primo ordine. Riguarda il rapporto delle lunghezze. La terza e la quarta legge di Horton riguardano rispettivamente la pendenza media dei canali e le aree drenate. I valori RB sono compresi tra 3 e 5, quelli RL ed RS tra 1,5 e 3,5 e quelli di RA tra 3 e 6. Le giunzioni (modello di Shreve) sono quei punti in cui due segmenti si uniscono dando luogo ad un unico ramo 2 La magnitudine della rete, µ, è il numero complessivo di sorgenti. Il diametro λ è la distanza topologica massima; esso costituisce l’equivalente topologico della lunghezza dell’asta principale, L. Il numero complessivo di rami è: 2µ − 1 Il coefficiente di forma α lega la relazione potenziale tra lunghezza dell’asta principale ed area del bacino ed è pari a: ln 𝜆 𝛼= ln(2µ) La funzione di larghezza è la successione dei rami ad ogni livello di biforcazione i e si indica con N(i). La formula di Gray e la formula di Mesa e Gupta sono delle formule che mettono in relazione che la lunghezza principale è pari ad una relazione di potenza dell’area del bacino. Entrambi le formule sono espresse in miglia. Il tempo di corrivazione è il tempo che una goccia d’acqua impiega per raggiungere la sezione di chiusura del bacino a partire dal punto più idraulicamente lontano da essa. La formula più usata per il tempo di corrivazione è la formula di Giandotti, il cui tempo è misurato in ore. 4 √𝐴 + 1,5 𝐿 𝑡𝑐 = 0,8 √𝐻𝑚 Il tempo di ritardo di un bacino è l’intervallo di tempo che separa il baricentro dello ietogramma di pioggia netta dal baricentro dell’idrogramma del deflusso superficiale. Cap. 3 – Le misure di precipitazione e portata (Guardare appunti da pag. 12 a pag. 15) Le microgocce che costituiscono le nubi hanno un raggio compreso tra i 5 e i 10 mm, mentre i nuclei di aggregazione costituiti da pulviscolo atmosferico sono dell’ordine di 2 mm. Si distinguono tre tipi di precipitazioni: piogge orografiche (quando una massa di aria incontra un rilievo e si eleva lungo le superfici di esso), piogge cicloniche (costituite da cicloni frontali che si verificano con qualsiasi tipo di pressione barometrica e non frontali dall’innalzamento di masse di aria calda sopra masse di aria fredda) e piogge convettive (legate all’innalzamento di masse di aria calda rispetto a quelle circostanti). Le masse di aria umida che salgono rapidamente in verticale fino a 8.000 m di quota prendono il nome di cumuli. Una precipitazione è caratterizzata da: altezza, durata e intensità. L’intensità di pioggia istantanea è il limite a cui tende l’intensità media quando la durata tende a 0. L’effetto splash si verifica quando l’acqua è deviata dalla direzione del vento. 3 Si definisce altezza di precipitazione l’altezza della lama d’acqua che coprirebbe una superficie orizzontale qualora tutta l’acqua fosse trattenuta da tale superficie durante tale intervallo da formare uno spessore uniforme. La durata di precipitazione è il tempo tra l’inizio e la fine di un evento. L’intensità è l’altezza di precipitazione caduta nell’unità di tempo. Si definisce afflusso il volume di pioggia Wp che in un certo intervallo di tempo è piovuto su tutto il bacino diviso per la superficie S del bacino stesso: 𝑊𝑝 𝑊𝑠 = 𝑆 La bocca del pluviometro deve essere orizzontale. L’altezza di precipitazione diminuisce al diminuire del diametro della bocca del pluviometro. Il Servizio Idrografico Italiano ha adottato pluviometri con una bocca di 0,357 m di diametro; così ad ogni litro di acqua raccolta corrispondono 10 mm di pioggia. Lo strumento inoltre va posizionato a 1,50 m dal suolo in un luogo aperto, lontano da edifici e alberi. Se la lettura dei pluviometri avviene per intervalli molto lunghi si parla di pluviometri totalizzatori. Il pluviografo consente il tracciamento in un diagramma delle altezza di pioggia cumulata in funzione del tempo. I pluviografi più diffusi sono quelli a vaschetta basculante. Nei pluviografi ad impulso l’intero spostamento della punta scrivente dalla posizione inferiore del tamburo rotante a quella superiore corrisponde a 10 mm di precipitazione in 50 scatti in cui in ciascuno scatto si hanno 0,2 mm. Il deflusso è il volume d’acqua Wd che in un certo intervallo di tempo ha attraversato la sezione di chiusura del bacino, diviso per la superficie S del bacino: 𝑊𝑑 𝐷= 𝑆 Le misure indirette di portata avvengono tramite la misura del tirante idrico mentre indirette tramite misura della velocità. In una data sezione del corso d’acqua esiste una relazione biunivoca tra portate e livelli, descritta tramite la scala delle portate che è una relazione non lineare tra altezza idrica e portata. Il livello idrometrico è definito come l’elevazione della superficie dell’acqua al di sopra di un piano quotato di riferimento. La misura dell’idrometro viene eseguita una volta al giorno alle ore 12. Il legame tra tirante idrico e portata è espresso mediante una relazione di potenza in cui a e b sono due coefficienti: 𝑄 = 𝑎 ℎ𝑏 Le misure correntometriche comportano il campionamento tramite correntometri della velocità della corrente in più punti della sezione liquida di un corso d’acqua, che integrati consentono di ottenere un valore medio della velocità. Quindi tramite una misura puntuale della velocità si costruisce il solido di portata. 4 I regimi pluviometrici sono quattro: continentale, marittimo, subcontinentale e submarittimo. Il regime continentale presenta dei periodi di magra nella stagione invernale e un periodo piovoso nella stagione estiva. Il suo opposto è il regime marittimo. Il regime sublitoraneo appenninico mostra un massimo nella stagione autunnale e primaverile, mentre il regime sublitoraneo alpino mostra un massimo nella stagione primaverile. Il coefficiente di deflusso assume valori di 0,8 per bacini alpini, 0,6 per bacini dell’appennino centrale e 0,4 per quelli meridionali e nelle isole. I regimi fluviali sono: regime glaciale, pluviale e nivo-pluviale. Il regime glaciale presenta un periodo di magra nei mesi invernali e un aumento della portata nella stagione primaverile. Si definisce curva di durata di una portata Q, l’intervallo di tempo in cui le portate naturali di un corso d’acqua vengono eguagliate o superate. Possono essere intese come curve di frequenza. La portata corrispondente all’ascissa “91 giorni”, indica la portata del 25% eguagliata o superata e si chiama portata di piena ordinaria. La portata corrispondente all’ascissa “182 giorni”, indica la portata del 50% eguagliata o superata e si chiama portata di piena semipermanente. La portata corrispondente all’ascissa “274 giorni”, indica la portata del 25% eguagliata o superata e si chiama portata di magra ordinaria. La portata media annua, o modulo del corso d’acqua è calcolata come l’ordinata di compenso della curva delle durate. Nella prima parte degli annali si riferisce a termometria, pluviometria e meteorologia. La tabella 3 della prima parte degli annuali riporta le precipitazioni di massima intensità. Questi dati vengono costruiti per le linee segnalatrici di probabilità pluviometrica. La parte seconda degli annali riguarda dati idrometrici, portate e bilanci idrologici, trasporto torbido ecc… Cap 5 – Il suolo e il processo di infiltrazione (Guardare dispensa da pag. 1 a pag. 32 parte II) Con il termine “deflusso superficiale” si intende quella parte di precipitazione meteorica, che non infiltrandosi scorre sulla superficie del versante fino al raggiungimento della sezione di chiusura del bacino. Il deflusso è nel saturo quando tutti i vuoti sono occupati dall’acqua mentre è nell’insaturo quando tutti i vuoti sono occupati dall’aria. Meinzer schematizza quattro regioni: zona dell’acqua nel suolo (ha uno spessore che dipende dal tipo di suolo e di superficie ed è satura solo nei periodi umidi), zona vadose (è una zona insatura tranne che nei periodi di precipitazioni intense), zona dell’acqua capillare (è posizionata negli strati profondi insaturi) e zona dell’acquifero. Il suolo è un sistema aperto, eterogeneo, polifasico e disperso. 5 La porosità n è il rapporto tra il volume dei vuoti e il volume totale; varia da 0,4 – 0,7 per argille in cui vi sono pochi pori ma piccoli a valori di 0,25 – 0,4 in sabbia e ghiaia in cui si hanno dei pori più grandi ma sono in minor quantità. Il triangolo tessiturale del terreno elaborato dall’USDA dipende dalla permeabilità, composizione granulometrica e capacità di ritenzione idrica. La velocità di acqua che si muove all’interno del suolo è trascurabile (energia cinetica) mentre bisogna considerare le forze a cui è soggetta l’acqua all’interno dei pori del terreno (energia potenziale). Il minimo lavoro che bisogna compiere, per quantità unitaria di acqua, per estrarre isotermicamente e reversibilmente una quantità di acqua senza soluti dal suolo e trasformarla in acqua libera ad una certa quota prende il nome di potenziale totale. Il potenziale matriciale è l’energia che serve a vincere le forze di capillarità e di adsorbimento; esso è negativo. Se la pressione di capillarità è maggiore, maggiore sarà il raggio di curvatura e di conseguenza maggiore il potenziale. Se il suolo è saturo si ha solo un potenziale piezometrico ma non un potenziale matriciale (la cosa è inversa nel caso di suolo insaturo). Il potenziale idraulico è la somma tra il potenziale di pressione e il potenziale gravitazionale: 𝐻 = 𝑍 + ℎ Per un dato valore di contenuto di acqua, il potenziale capillare è più basso in terreni a granulometria fina e viceversa aumenta in terreni a granulometria grossa. Il processo di isteresi è dovuto alla diversa dimensione dei pori e all’aria intrappolata nei pori non conduttivi. Nella curva di ritenzione, la curva di essicamento va da contenuti idrici maggiori a minori (viceversa nel caso di bagnamento). Il θr ha il massimo valore di potenziale matriciale in valore assoluto. Il minore è θs. L’acqua si trova nella curva di ritenzione ripartita in: acqua di percolazione (tra umidità a saturazione e quella di campo) acqua disponibile (tra umidità di campo e avvizzimento) e acqua non disponibile (tra umidità di avvizzimento e residua). Le piante agrarie hanno dei valori compresi tra i – 15 e i – 25 bar dove si verifica l’avvizzimento. Il suolo saturo è governato dalla legge di Darcy (forze di gravità e di capillarità). Il suolo insaturo è governato dall’equazione di Richards (forze di gravità, capillarità e resistenza viscosa). La conducibilità idraulica aumenta all’aumentare dell’umidità. I profili di umidità sono: zona satura, zona di transizione, zona di trasmissione e fronte di infiltrazione. Il modello di Horton valuta la velocità con cui l’acqua si infiltra nel terreno in funzione delle caratteristiche dei suoli e della posizione dinamica delle falde acquifere. Nell’equazione k è una costante di riduzione della velocità della capacità di infiltrazione. Eagleson ha dimostrato che l’equazione di Horton rappresenta la soluzione all’equazione di Richards nel caso di diffusività costante. 6 Il tempo di ponding tp è il tempo trascorso dall’inizio dell’evento meteorico e l’istante in cui l’acqua inizia ad accumularsi in superficie. L’appantanamento comincia quando l’intensità di pioggia raggiunge e supera la capacità di infiltrazione e il terreno si satura. Il tempo di shift, to, si utilizza per verificare che per ogni istante temporale il volume infiltrato non risulti maggiore di quello piovuto. Dunque si trasla l’asse dei tempi dall’origine della curva di infiltrazione. Cap. 6 – L’Evapotraspirazione (Guardare appunti da pag. 16 a pag. 21) La velocità di evaporazione E è la quantità di molecole che si muovono dallo strato superficiale verso gli strati superiori dell’aria. Ed è proporzionale alla differenza tra la pressione di vapore saturo dello strato superficiale e la pressione dello strato sovrastante. Il flusso di calore latente dipende da un gradiente di energia mentre il flusso di calore sensibile da un gradiente di temperatura. L’ABL (Atmospheric Boundary Layer) è una stratificazione dell’atmosfera estesa per 2-3 km che risponde rapidamente ai cambiamenti indotti dalla superficie terrestre. Nei profili logaritmici, mentre la velocità del vento ha un andamento crescente, quello dell’umidità dell’aria e della temperatura dell’aria diminuiscono con l’ABL. La media di radiazioni solari del sole alla terra è di 100 unità di cui 30 sono short – wave e sono riflesse dall’atmosfera e dalla superficie e 70 sono long-wave di cui 19 sono assorbite dall’atmosfera e 51 dalla superficie terrestre. L’ordine di grandezza della radiazione netta è 102 W/m2. L’albedo α dipende da: scabrezza della superficie, colore del suolo, inclinazione della radiazione incidente e umidità. La superficie terrestre è mediamente più calda dell’atmosfera pertanto il bilancio di energia ad onda lunga è negativo. L’energia solare extraterrestre serve a riscaldare la terra, per riscaldare tramite convezione la colonna di atmosfera e per far evaporare l’acqua. Nel bilancio energetico G è il flusso di conduzione al suolo, S è l’energia immagazzinata temporaneamente all’interno del volume, Ad è la perdita di energia associata al movimento orizzontale dell’aria (condizione tipo “oasi”) e P è l’energia assorbita dai processi biochimici che avvengono nelle piante. L’evapotraspirazione potenziale è definita come il tasso di evapotraspirazione che si avrebbe se ci riferissimo ad un suolo (nudo o vegetato) in grado di attingere un illimitato rifornimento di acqua nel suolo. Al diminuire dell’umidità del suolo, l’evapotraspirazione reale tende a diminuire sempre più ed è sempre minore di quella potenziale. Il rapporto di Bowen, β, è il rapporto tra il flusso di calore sensibile e quello latente. 7 L’ipotesi dell’equazione di Penman è di considerare la superficie evaporante in condizioni di saturazione. Nell’equazione il flusso di calore latente è una media pesata tra una componente energetica e una del potere asciugante dell’aria. Il massimo valore della resistenza aerodinamica si ha quando la velocità del vento è nulla. L’equazione di Pristley-Taylor tende a trascurare la parte aerodinamica e si applica per l’evaporazione da superficie idrica in condizioni di minima avvezione. Il metodo Thornwaite si basa sull’uso di una formula del calcolo dell’evapotraspirazione in una generica copertura vegetale. L’ ETp è espressa in cm/mese e vi è una relazione di potenza tra i parametri c ed a che sono funzione dell’indice termico annuale I. Se si ipotizza in un suolo nudo che l’umidità iniziale corrisponde alla capacità di campo, inizialmente essa procede molto velocemente in un tasso vicino a quella potenziale, si ha successivamente la transizione al secondo e terzo stadio quando il suolo non può fornire acqua e quindi il fenomeno è controllato dalla conduttività idraulica del suolo. L’evaporazione totale quindi tende a diminuire secondo una relazione quadratica fino a circa un terzo del tasso potenziale. La resistenza stomatale minima dipende dal rapporto tra la minima resistenza della pianta nel processo di traspirazione in condizioni ambientali e il LAI. Una pianta con una densità fogliare alta ha una resistenza più bassa e il potenziale idrico diminuisce. Per valori minori di quelli avvizzimento la pianta muore, mentre la situazione di benessere della pianta si ha tra il cr e il s. Cap. 7 – Le piene e i metodi per la loro stima (Guardare dispensa da pag. 75 a pag. 88 parte II) Per piena si intende il fenomeno di sopraelevamento della superficie libera dovuto all’aumento di portata causato generalmente da precipitazioni intense. Le piene si classificano in: piene naturali, piene naturali modificate e piene o disastri indotti dall’uomo. Nelle piene l’evapotraspirazione è trascurabile in quanto i flussi evapotraspirativi hanno velocità abbastanza contenute e non entrano in gioco come perdite e inoltre l’aumento di umidità del suolo durante gli eventi di pioggia riduce l’entità di questi flussi rispetto ai periodi di tempo secco. Per idrogramma si intende l’andamento temporale delle portate che transitano in un corso d’acqua. La forma più classica di un idrogramma è quella a campana con più colmi, nel quale si riconoscono un ramo ascendente che precede il colmo (fase di crescita o concentrazione), un colmo o talvolta un tratto orizzontale (fase di stanca), e un ramo susseguente al colmo (fase di esaurimento). Tra i procedimenti empirici per la separazione tra deflussi superficali e profondi si ha: tracciare sull’idrogramma una linea orizzontale che segna l’inizio del ramo di 8 concentrazione oppure la separazione con una retta congiungente dei punti dell’idrogramma sul ramo di concentrazione. L’andamento rettilineo della curva di esaurimento sul piano logaritmico è una relazione con un andamento esponenziale del tipo: 𝑄(𝑡) = 𝑄0 𝑒 𝑡/𝑘 Mentre i metodi diretti tramite tecniche di inferenza statistica, determinano legami sulla base dell’analisi delle informazioni idrometriche, i metodi indiretti tendono a ricostruire il legame a partire dall’informazione pluviometrica disponibile. Cap. 8 – Analisi di frequenza degli eventi estremi (Guardare appunti quaderno) Il tempo di ritorno è l’inverso della probabilità di superamento. 1 Formula del tempo di ritorno in funzione della cdf 𝑇 = 1−𝑃 Il tempo di ritorno è il numero di anni che in media separa il verificarsi di due eventi di intensità uguale o superiore a quella assegnata oppure il numero di anni in cui l’evento di intensità assegnata viene eguagliato o superato in media 1 volta. La parola chiave per il tempo di ritorno è in “media”. Il tempo di ritorno non è il numero di anni che separa due eventi di intensità eguale o superiore a quella assegnata. Per valutare il rischio idrologico intrinseco associato ad un certo evento, si calcola la probabilità che l’evento temibile si verifichi almeno una volta durante la vita presunta dell’opera. 1 𝑅𝑁 [𝑥(𝑇)] = 1 − (1 − )𝑁 𝑇 Distribuzione EV1 o di Gumbel: −𝑎(𝑥−𝑣) 𝐹 (𝑥 ) = 𝑒 −𝑒 Con α parametro di dispersione e v parametro di locazione. 1 𝑇 𝑥𝑇 = 𝑣 − ln [ln ] 𝑎 𝑇−1 Distribuzione EV2 o di Frechèt: 𝐹(𝑥) = exp (− 𝑥𝑜/𝑥) Con x0 parametro di scala e parametro di forma. 𝑇 1− 𝜃 𝑥𝑇 = 𝑥𝑜 (𝑙𝑛 ) 𝑇−1 Distribuzione EV3 o di Weibull: 𝑤− 𝑥 F(x) = exp(−( ))ᵝ 𝑤−𝜀 9 Con ω parametro di scala e ᵝ di forma La distribuzione non è applicabile nel settore dell’analisi di frequenza delle piene. La distribuzione GEV (Genaralized Extreme Value) mette insieme le precedenti distribuzioni. Per k< 0 la funzione è convessa, per k = 0 la funzione è una retta per k < 0 la funzione è concava. Inoltre per k> 0 si ha una distribuzione EV3, per k = 0 si ha una EV1 e per k