Gastroenterologia 2021-2022 PDF

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Lezione di Gastroenterologia 2022. L'articolo spiega l'epidemiologia, la diagnosi, il monitoraggio e la terapia in gastroenterologia. Copre anche l'apparato digerente, inclusi gli organi e le loro funzioni. Sono inclusi questionari di apprendimento.

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LEZIONE 1 (01/03/2022) L’epidemiologia non è solamente un esercizio mnemonico bensì è utile per poter identificare a priori la probabilità di contrarre quella malattia, è fondamentale sapere quali siano le cause di una patologia e di un singolo sintomo, per fare una diagnosi diffe renziale. L’esame...

LEZIONE 1 (01/03/2022) L’epidemiologia non è solamente un esercizio mnemonico bensì è utile per poter identificare a priori la probabilità di contrarre quella malattia, è fondamentale sapere quali siano le cause di una patologia e di un singolo sintomo, per fare una diagnosi diffe renziale. L’esame diagnostico è una “domanda” finalizzata ad ottenere una “risposta”. Es. melena= feci scure per un sanguinamento gastroenterico alto, non posso partire dal prescrivere una TAC perché non so cosa cercare, bisogna prima osservare una serie di segni clinici e verificarne la presenza, in base a quello si può decidere ad esempio di prescrivere una gastroscopia urgente entro 24 ore o meno. La compliance del paziente deve essere motivata dal medico altrimenti il paziente non seguirà la terapia, se necessario bisogna coinvolgere la famiglia. (Es. pz con epatopatia alcolica hanno bisogno di un sostegno) Problem solving: 1) Diagnosi 2) Monitoraggio 3) Terapia 4) Educazione paziente/famiglia Es. Caso di un paziente con lesione focale epatica. Un’ ecografia, una TAC o una risonanza possono essere utili per valutare una serie di possibili diagnosi e comprendere se la lesione è benigna o maligna, se non riuscissi a determinarlo farei ulteriori esami, ad esempio biopsia. In base a questo devo definire monitoraggio (cioè ogni quanto tempo voglio rivalutare il paziente; es. angioma è una lesione benigna, dunque, bisogna monitorare una volta all’anno, se questo però è più grande di 4 cm bisogna chiedere l’intervento di un chirurgo per la sua eradicazione). Successivamente si definisce la terapia ed eventualmente si coinvolge la famiglia. Primi 20 min di lezione→ un po’ random: il tirocinio ha come obiettivo quello di farci sviluppare la capacità di problem solving ed un atteggiamento professionale e anche d i farci imparare a comunicare con pz e colleghi. La capacità di PROBLEM SOLVING si raggiunge grazie a 4 pilastri fondamentali: diagnosi – monitoraggio pz (tra quanto lo voglio rivedere) – terapia – strategie per coinvolgere pz e la sua famiglia nel processo di diagnosi/ cura. Per la comunicazione è importante la tecnica SBAR: Situation (cosa sta succedendo al pz in questo momento: qual è il problema principale del pz e farne una breve descrizione (anche del pz)) – Background – Assessment – Recommendation. È necessario controllare sempre la reale situazione del paziente per poter esprimere suggerimenti e provvedimenti. Es. Vedere la melena personalmente o venirne solo a conoscenza sulla base di quanto riferito dal paziente (o dall’infermiere), non è la stessa cosa. Se il segno è documentato dal medico, incrementa del 25% la probabilità che quello sia di origine gastrointestinale superiore. Sul DIR ci sono dei video brevi ben fatti per ricordarci l’aspetto anatomico degli organi di cui parleremo. [Lei ovviamente dice che è meglio usare un testo (Harrison) o quello che hanno mandato sul gruppo (Unigastro, Malattie dell’apparato digerente) perché dice che in passato tutti studiavano solo sulle slides e poi non sapevano parlare (eh beh)] Esame: scritto→ 15 domande per materia caso clinico diagnosi e terapia (sufficienza con il 60% di ogni materia) + orale→ caso clinico che dobbiamo cercare di risolvere a livello diagnostico, di monitoraggio e terapia. L’esame viene fatto sul dir, avremo a disposizione 25 min per m ateria e sarà necessario raggiungere almeno il 60% del punteggio. Un punteggio più basso può essere tollerato in una sola materia, purchè la media totale dei voti dei 4 moduli sia superiore o pari al 60%. Caso clinico Ha una lieve anemia microcitica e la ferritina è bassa. Questo paziente ha alcuni red flags che ci permettono di pensare di prescrivere una gastroscopia ovvero melena, più di 55 anni, calo ponderale non intenzionale, anemia.L’unico sintomo che di per sé non ci permette di trarre questa conclusione è la stipsi, questo sintomo non è sufficiente per prescrivere una esofagogastroduodenoscopia. Caso clinico: I sintomi più importanti sono l’alterazione asintomatica della biochimica epatica che può essere definita cronica poiché dura da 9 mesi. L’unico sintomo è la secchezza della mucosa orale e congiuntivale (sindrome di Sjogren). All’esame visivo non ci sono segni cutanei di epatopatia (spider naevi, ittero, fegato ingrandito…), non c’è splenomegalia, non ha ascite e non ha edemi declivi. Gli esami dimostrano alterazioni delle transaminasi e colestasi in più la paziente ha osteoporosi (che in realtà è più una osteopenia). La prima cosa da chiedere è una ecografia epatica ma non avendo bilirubina aumentata non ci aspettiamo colestasi. Questa paziente soffre di colangite biliare primitiva, una malattia colestatica che si associa a sindrome di Sjogren. APPARATO DIGERENTE L’apparato digerente si estende dalla bocca fino all’ano ed è costituito da numerosi organi. Sfinteri specializzati fissano la compartimentalizzazione dell’intestino e separano i diversi organi. Tale apparato assolve a due funzioni principali: assimila i nutrienti ed elimina i rifiuti. Dall’esofago al crasso, la parete del tubo digerente è organizzata in 4 strati distinti (fig 1): Mucosa: rappresenta la barriera al contenuto luminale e la sede per il trasferimento di nutrienti e liquidi; Sottomucosa: contiene il Sistema Nervoso Enterico; Tonaca muscolare: in associazione con il Sistema Nervoso Enterico, media la propulsione del contenuto luminale da una regione alla successiva; Sierosa. La suddivisione in questi 4 strati è una caratteristica che va tenuta bene a mente perché serve a stadiare i tumori del tubo digerente (interessamento solo della mucosa/ sottomucosa/ ecc....) e anche alcune malattie infiammatorie. ESOFAGO (figura 2) L’esofago ha una parte cervicale, una toracica (epibronchiale e ipobronchiale) e una addominale, rappresenta il primo tratto dell’apparato digerente e svolge le funzioni di: Propulsione del bolo alimentare nello stomaco; Protezione dall’assorbimento attraverso la mucosa, che rappresenta una vera e propria barriera. Il transito del bolo attraverso l’esofago richiede pochisecondi. Lo sfintere esofageo inferiore previene il reflusso orale del contenuto gastrico. STOMACO (figura 3) Si divide in tre parti: fondo (deposito), corpo (con piccola e grande curvatura) e antro (prepilorico di transito verso duodeno). Si costituisce di diverse cellule, posizionate in zone diverse: Cellule G: producono gastrina e si trovano prevalentemente nell’antro; Cellule parietali: contengono le ghiandole ossintiche, le quali producono acido cloridrico e fattore intrinseco. Si localizzano nel fondo e nel corpo gastrico; Cellule principali: producono pepsinogeno, poi trasformato in pepsina, necessaria alla digestione del cibo. La parte prossimale dello stomaco ha essenzialmente la funzione di deposito, mentre quella distale fa progredire il cibo residuo attraversoil piloro. La barriera mucosale (prodotta al di sopra delle cellule della parete gastrica e costituita da muco e bicarbonati) agisce da barriera chimico-fisica all’ambiente acido creato dalle cellule parietali. Funzioni: Miscelare il bolo alimentare con acido cloridrico e pepsina; Secernere il fattore intrinseco che serve per l’assorbimento di vitamina B12. Transito: da minuti ad alcune ore. INTESTINO TENUE (figura 4) Qui vi giunge il cibo triturato proveniente dallo stomaco e questo si miscela al succo pancreatico e alla bile nel duodeno. La maggior parte dell’assorbimento dei nutrienti avviene nell’intestino tenue. La mucosa intestinale, con i villi, costituisce la massima superficie di assorbimento ed è corredata da enzimi specializzati e trasportatori. Nel complesso, è un tubo di 2-3 cm di diametro ma lungo fino a 4 m nel vivente (6-7 m nel cadavere, perché è più distendibile a causa della perdita di tono delle cellule muscolari). Dunque, le funzioni principali del tenue sono: Digestione degli alimenti; Assorbimento di nutrienti, incluse le vitamine. Il duodeno e il digiuno contribuiscono all’assorbimento di carboidrati, amminoacidi, lipidi, ferro, calcio e liquidi; l’ileo, invece, assorbe sali biliari, vitamina B12, elettroliti e acqua. Il transito lungo l’intestino tenue richiede da minuti ad alcune ore. INTESTINO CRASSO (figura 5) La mucosa del colon disidrata le feci, riducendo i volumi giornalieri nell’ileo da 1000 -1500 mL a 100-200 mL, espulsi poi dal retto. Le funzioni dell’intestino crasso, dunque, sono: Riassorbimento di acqua; Produzione e assorbimento di vitamine: i batteri intestinali sintetizzano la vitamina K2; Immagazzinamento ed eliminazione delle feci. All’interno dell’intestino esiste il cosiddetto microbioma, ovvero l’insieme dei microrganismi simbiotici di circa 500-1000 specie, per lo più batteri. Questi ultimi assolvono a funzioni di disgregazione di sostanze, quali i carboidrati indigeriti, acidi grassi a catena corta e cellulosa. Il microbioma, inoltre, svolge funzioni di modulazione dell’attività immune e fisiologica; lo si sta studiando sempre di più perché le sue alterazioni sembrano implicate nella patogenesi di molte patologie (anche solo il diabete); è importantissimo e inizia a formarsi già durante la vita fetale. Il mancato allattamento e l’assunzione di molti antibiotici nell’infanzia sembrano essere fattori predisponenti per lo sviluppo di alcune malattie, proprio perché sono fattori che vanno ad alterare il microbioma. Transito: più di 1 giorno nella maggior parte degli individui. La figura 6 rappresenta il tragitto del bolo alimentare nel tubo digerente. Nell’intestino tenue arrivano 9L di liquidi e cibo, qui vengono riassorbiti fino ad un contenuto di 150 ml ?1500 mL. Successivamente vengono disidratati nel crasso per essere eliminati come feci. PANCREAS (figura 7) Il pancreas è una ghiandola sia endocrina che esocrina. La sua testa si appoggia sulla C duodenale e con essa condivide la vascolarizzazione. ❖ Nella sua attività endocrina, produce insulina e altri ormoni. ❖ Nella sua attività esocrina, produce diversi enzimi (20 circa) che nel complesso prendono il nome di succo pancreatico, di cui i più importanti sono amilasi e lipasi. Dalla produzione dell’amilasi dipende la digestione degli alimenti; la lipasi ha invece il compito specifico di migliorare la digestione dei cibi grassi. Anche chimotripsina, ribonucleasi e desossiribonucleasi compongono il succo pancreatico. La secrezione di succo pancreatico è data anche dall’arrivo del contenuto gastrico al duodeno. Funzioni: Secrezione di enzimi per la digestione di carboidrati, proteine e lipidi; Secrezione di bicarbonato per ottimizzare il pH (e inattivare l’HCl presente nel materiale che proviene dallo stomaco) e serve anche per l’attivazione enzimatica (anche perché impedisce l’inattivazione enzimatica che si potrebbe avere appunto a pH acido). Funzione endocrina, come sopra accennato FEGATO (figura 8 e 9) Il fegato è una ghiandola fondamentale per il metabolismo umano ed è la più grande del nostro organismo. Esso è collegato all’apparato digerente e svolge numerose funzioni, non solo utili alla digestione degli alimenti. Le sue funzioni riguardano: Metabolismo glucidico (può fare da deposito di glucosio, trasformandolo in glicogeno, da utilizzare nelle condizioni di digiuno); Sintesi proteica e lipogenesi; Produzione di sali biliari (sia dagli epatociti che in parte dai colangiociti), utili nell’assorbimento dei grassi; Difesa dell’organismo; Eliminazione e metabolismo di sostanze tossiche (es. farmaci). SISTEMA BILIARE (figura 10) Il sistema biliare è composto da quegli organi e condotti (dotti biliari, colecisti, dotti pancreatici e strutture connesse) che sono coinvolti nella produzione e nel trasporto della bile. Il sistema inizia dal dotto epatico destro e sinistro del fegato→ dotto epatico comune→ (colecisti→) via biliare comune→ duodeno ( la bile giunge nel duodeno, dove servirà per l’assorbimento dei grassi e delle vitamine liposolubili). SINTOMI E SEGNI DELLE MALATTIA GASTROINTESTINALI SINTOMI DI MALATTIA GASTROINTESTINALE Di ciascuno di questi sintomi, è importante conoscerne definizione, incidenza, prevalenza, cause, fattori di rischio, diagnosi e prognosi (se applicabile). I sintomi di patologia gastrointestinale sono: Dolore addominale Disfagia Nausea e vomito Diarrea Stipsi Incontinenza fecale Sanguinamento gastrointestinale Prurito Molti di questi sintomi sono comuni a diverse patologie gastrointestinali (ma non solo, perché alcuni sintomi di pertinenza GI possono anche essere la manifestazione di una malattia non propriamente a genesi di questo apparato). SEGNI DI MALATTIA GASTROINTESTINALE Non sempre questi segni sono direttamente correlati all’apparato gastroenterico (figura 11). Essi comprendono: Cute: pallore (è segno di sanguinamento, in anemizzazione da cancro del colon o da ulcera), ittero (anche delle sclere, è segno di malattia epatica o di ostruzione dei dotti biliari), lesioni da grattamento (in genere associate a prurito), eritema palmare (che in genere è un segno di epatopatia avanzata, spesso in epatopatie alcoliche), spider naevi (piccole dilatazioni di capillari, a ragno, che si trovano in genere sul tronco ma possono colpire qualunque distretto cutaneo) e caput medusae (rappresentazione in sede periombelicale della dilatazione di alcune vene che si vede sulla superficie cutanea ed è segno di ipertensione portale, quindi in genere è segno di patologie epatiche avanzate, come la cirrosi); Mucose: aftosi (in malattie infiammatorie intestinali), disidratazione (in diarree profuse), pallore (segno di sanguinamento, anemie); Apparato muscolo-scheletrico: sarcopenia (tipico di epatopatia avanzata, ma anche di malattie da malassorbimento severe; è sempre un segno prognostico negativo in tutte le patologie perché il muscolo ha un ruolo fondamentale nel metabolismo ad esempio glucidico e attiva diverse vie metaboliche); Addome: è la tomba del medico perché quando c’è un problema addominale, le cause possono essere molteplici; possiamo avere distensione addominale (da occlusione intestinale neoplastica o ascite, ma anche da meteorismo), peritonismo, peristalsi metallica (occlusione intestinale meccanica), assenza di peristalsi(ileo paralitico), epatomegalia (epatopatie), splenomegalia (epatopatia cronica avanzata), ascite. ANAMNESI Importanti nell’anamnesi sono: il sintomo principale (come è? Come è comparso? Dove è localizzato? Come varia nel tempo? Ci sono strategie che lo mitigano ad esempio un f armaco o una posizione o la correlazione con pasto e digiuno): Chief complaint (CC) o sintomo che ha portato al ricovero, quindi il problema principale: es. dolore addominale; questo CC va descritto in tutti quelli che sono i suoi particolari, cioè: localizzazione, esordio, tipo di dolore, severità, durata, con cosa si risolve, da co sa è alleviato e cosa lo scatena. Tutti questi elementi sono elementi che dobbiamo cercare di reperire quando interroghiamo il pz. HPI (History of the present illness) o storia della malattia attuale: si devono evidenziare elementi quali sede, qualità (trafittivo, colico), severità (scala VAS da 1 a 10), durata nel tempo, andamento nel tempo (continuo, remittente, quante volte insorge nella giornata/settimana), contesto (es. in clinostatismo, ortostatismo, attività fisica), fattori allevianti o scatenanti (digiuno, assunzione di cibi), segni e sintomi associati; ROS (review of systems): è importante una ricerca sistematica della sintomatologia per organo, che il paziente non riferirebbe se non sottoposto a domanda precisa. Bisogna avere bene in mente tutti i sintomi associati al sintomo principale esposto dal paziente; PFSH o anamnesi patologia remota, familiare e sociale. Bisogna calare il pz nella sua realtà: uno stesso dolore (uguale per sede, gravità, severità) ha delle possibili diagnosi differenziali diverse se pz è giovane/ anziano/ con comorbidità/ con famigliarità. Con l’anamnesi si fa il 40% della diagnosi. In particolare, per quanto riguarda il distretto Gastrointestinale, la ROS prevede: o Dolore addominale o Calo ponderale non intenzionale o Difficoltà nella deglutizione (solidi vs liquidi) o Cattiva digestione / sazietà precoce o Gonfiore addominale, meteorismo o Crampi addominali o Alterazioni dell’appetito verso l’anoressia / rifiuto del cibo o Nausea / vomito o Diarrea / stipsi, meteorismo o Vomito di sangue (ematemesi) o Feci picee (melena) o Passaggio di sangue rosso vivo dal retto (ematochèzia) o Desiderio illusorio di defecare (tenesmo) o Modifiche del colorito cutaneo (vedi immagine con indicazioni delle varie lesioni cutanee, lei ha citato il segno di Cullun e Grey-Turner) Domande che possono essere poste in questo senso al paziente sono: Le capita di avere cattiva digestione, bruciore al petto, difficoltà a mandar giù il cibo? Le capita di sentirsi precocemente sazio, dopo aver mangiato? La sua maniera di andare di corpo (per colore e/o consistenza delle feci, per n. di evacuazioni) è cambiata? Ha mai visto sangue o muco nelle feci? Le ha mai viste nere, come il carbone? Hanno cambiato odore? Ha perso peso (non di proposito, per dieta) negli ultimi tempi, ad es. negli ultimi sei mesi? Ha dolore o gonfiore addominale? Le capita di avere nausea o vomito? Ha mai vomitato sangue o materiale nerastro, come fondo di caffè? Si è mai visto la pelle o gli occhi gialli? Ha mai avuto prurito? ESAME OBIETTIVO In seguito, è importante un buon esame clinico del paziente (si rimanda a semeiotica medica e ai video presenti su DIR riguardo dolore addominale ed EO della milza). Ricordare IPPA da semeiotica (in Ispezione valutare sempre simmetria ed eventuale presenza di masse). Importante non dimenticare anche i segni superficiali, fondamentali per la diagnosi differenziale (rivedi fig. 11). DOLORE ADDOMINALE Prima di tutto, è importante definirne la sede, secondo i 4 quadranti addominali (destro/sinistro - inferiore/superiore) o le 9 regioni (ipocondrio destro, epigastrio, ipocondrio sinistro, fianco o regione lombare destro, regione ombelicale, fianco o regione lombare sinistra, regione iliaca destra, ipogastrio, regione iliaca sinistra, vedi figura 12). Il dolore addominale è una delle più comuni cause di ricovero ospedaliero. Esso può essere secondario sia a condizioni croniche e benigne, sia essere sintomo di una condizione acuta, talora con immediato pericolo di vita (es. addome acuto in perforazione intestinale). Può essere causato sia da patologie del tratto GI sia da patologie del tratto genito-urinario (es. colica renale), del torace (es. infarto, con dolore epigastrico) o della colonna. Il dolore può avere due caratteristiche principali: Viscerale: è generalmente localizzato in sede centrale, con carattere vago; Parietale: è localizzato e specificamente descritto dal paziente. Le cause più comuni sono patologie non organiche ma funzionali, cioè la dispepsia funzionale e la sindrome del colon irritabile. In tabella (figura 13), sono indicate tutte le cause possibili (diagnosi differenziale). Si nota che molte di queste patologie sono infiammatorie, mentre le restanti (ostruzione intestinale, ostruzione del coledoco, calcolosi renale e malattie vascolari) sono non infiammatorie. La diagnosi differenziale del dolore addominale va valutata anche in base alla sede (figura 14): Ipocondrio destro: calcolosi vie biliari, colica renale dx, diverticolite del colon destro, epatite; Epigastrio: IMA, ulcera peptica, pancreatite, problemi delle vie biliari; Ipocondrio sinistro: trauma splenico, colica renale sx, diverticolite del colon sinistro; Regione ombelicale/ipogastrio: IBD, ostruzione, ischemia intestinale, appendicite, sindrome dell’intestino irritabile, aneurisma aortico e gastroenterite; Fossa iliaca destra: appendicite, problema ovarico, PID (malattia infiammatoria pelvica), gravidanza ectopica; Fossa iliaca sinistra: ovaio, PID (malattia infiammatoria pelvica), gravidanza ectopica. Altri elementi costitutivi del dolore addominale sono: Durata: o Mesi, anni (quindi cronico): malattia funzionale (es. IBS); o Minuti, ore, giorni: patologie con esordio acuto, come appendicite, aneurisma aorta addominale, diverticolite, calcolosi biliare; o Primo episodio o ricorrente? Peritonismo: segno di alterazione del peritoneo, come può avvenire in perforazione intestinale (è un segno di emergenza,); Segni di instabilità emodinamica come ipotensione (ortostatica e non): può essere da emorragie GI ancora non manifestatesi con espulsione di sangue (es. ancora non c’è stata melena); sepsi (es. perforazione di diverticolo); Distensione addominale: a causa di aria (meteorismo) o acqua (peritonite batterica spontanea del cirrotico). DISFAGIA La disfagia è una difficoltà o ritardo nel preparare/effettuare il passaggio di cibi solidi o liquidi dal cavo orale all’esofago (disfagia alta) o dall’esofago allo stomaco (disfagia bassa). È quindi la difficoltà a deglutire. Essa differisce da: Odinofagia: dolore durante la deglutizione; Globo faringeo: sensazione dolorosa di corpo estraneo in gola. Inoltre, la disfagia alta o orofaringea consiste in un alterato inizio della deglutizione (“ha difficoltà a cominciare la deglutizione?”), mentre nella disfagia bassa, il paziente avverte il cibo “bloccato” nel torace. La deglutizione è un meccanismo estremamente complesso, è una sequenza motoria che prevede la coordinazione di muscoli anche involontari (per esempio la chiusura della via respiratoria) che in alcune situazioni può venire alterato: può dipendere da patologie organiche a carico dell’esofago, dell’orofaringe, o da patologie non proprie dell’esofago, ma motorie (o del SN o miogene). Le fasi della deglutizione sono (figura 15): “POPE” 1. Preparatoria: si hanno automaticamente insalivazione e masticazione del cibo, ovvero preparazione del cibo per una deglutizione sicura. Appena avviene l’inserimento di cibo, le labbra si chiudono e i denti cominciano a triturare il cibo, che viene mischiato alla saliva anche grazie ai movimenti della lingua, formando quindi il bolo alimentare; se non c’è una corretta miscela del cibo con la saliva si può incorrere in una disfagia alta, perché un bolo di eccessive dimensioni (raggiunte perché il paziente non l’ha ben triturato) si può bloccare. 2. Orale: si ha la spinta del bolo verso l’istmo delle fauci da parte della lingua ed elicitazione del riflesso deglutitorio; 3. Pharyngeal, Faringea: è la fase più delicata, poiché il cibo incrocia la via respiratoria. Questa fase non è volontaria (noi deglutiamo circa 600 volte al giorno perché la saliva viene continuamente prodotta) e quando si attiva, si ha un blocco transitorio della respirazione; il riflesso di deglutizione, attivato dal passaggio del bolo nella parte posteriore della bocca, fa si che esso prenda la via della faringe. Se ciò non accade e passa nella trachea, il paziente è in soffocamento (paziente si porta le mani al collo, non tossisce e non parla), quindi si deve intervenire con la manovra di Heimlich (figura 16). Il paziente deve essere leggermente abbassato in avanti; l’operatore, in piedi dietro al paziente, deve portare le sue braccia appena al di sotto dello stomaco del paziente (una mano a pugno) e fare un movimento rapido in senso supero-posteriore, in modo che ciò faccia fuoriuscire il bolo dalla trachea. Il soffocamento è una delle cause principali di morte in due fasce principali, ovvero tra 1-3 anni (perché i bambini tendono a ingerire di tutto) e oltre i 65 anni (possibili alterazioni del meccanismo della deglutizione, soprattutto in patologie neurologiche come Alzheimer e Parkinson; facilmente hanno polmoniti ab ingestis); 4. Esofagea: si ha apertura del UES e ulteriore progressione all’interno dell’esofago, grazie alla peristalsi, con rilasciamento successivo del LES e conseguente passaggio del bolo dall’esofago allo stomaco. La disfagia ha una prevalenza del 15-20% nei soggetti con più di 65 anni, raggiungendo il 50-60% nei residenti nelle case di riposo. Di questi, i pazienti che aspirano il cibo hanno il 45% di possibilità di andare incontro a morte ad un anno (principalmente per polmonite ab ingestis). Le cause di disfagia sono: Ostruzione meccanica, per anormalità strutturale: o Luminale: presenza di corpo estraneo o bolo di eccessive dimensioni; o Intrinseca: propria della parete; o Estrinseca: extraluminale; es. il gozzo tiroideo Difetto di controllo neuromotorio: o Neurogeno: correlato a patologie nervose, infatti la disfagia è un sintomo tipico delle malattie neurodegenerative (ictus, Parkinson, SLA...); paralisi lingua o compromissione del nervo 10°/11° o Miogeno: correlato a patologie muscolari (miastenia gravis, polimiosite o connettiviti). Nelle seguenti tabelle (che lei legge, quindi sono impo), si distinguono le cause specifiche di disfagia alta (figura 17) e bassa (figura 18): Diverticolo di Zenker = estroflessione sacciforme dell’esofago posteriore (sia mucosa che sottomucosa) attraverso muscolo cricofaringeo. Anello di shatzki= restringimento congenito dell’esofago distale, a livello del cardias. Per quanto riguarda la presentazione tipica della disfagia, si distingue tra: Orofaringea: il pz ha difficoltà ad iniziare la deglutizione; tosse, rigurgito dal naso, sensazione di soffocamento in conseguenza alla deglutizione. Elementi addizionali suggestivi di una patologia neurologica sono: disartria, diplopia, debolezza delle estre mità. Può essere meccanica, neurogena, miogena. Esofagea: il pz lamenta il blocco del cibo dopo che ha iniziato la deglutizione; sensazione di blocco nel torace, necessità di bere per cercare di favorire la progressione del cibo. Spesso il paziente ha già preso provvedimenti autonomamente (seguendo una dieta liquida o semiliquida). In particolare, per quanto riguarda la disfagia esofagea cronica, essa può essere: o Per cibi solidi e, a sua volta, si suddivide in: ▪ Intermittente: causata ad esempio dalla presenza di un anello esofageo in sede distale; ▪ Progressiva: causata da una stenosi su base peptica o da una neoplasia; o Per solidi e liquidi e, a sua volta, si suddivide in: ▪ Intermittente: causata da disturbi non specifici della motilità (DES); ▪ Progressiva: causata da acalasia o sclerodermia. Le domande che devono essere poste al paziente in anamnesi sono: Si ha disfagia per solidi, liquidi, o entrambi? Quando è cominciata, da quanto tempo dura? Sintomi costituzionali? Odinofagia associata? (farmaci, immunosoppressione) Sede Comorbilità La valutazione della disfagia può anche essere svolta dal logopedista al letto del paziente, attraverso uno screening cognitivo, esecuzione di ordini semplici e l’esame neuromotorio, il quale consiste nel test del bolo d’acqua (consiglia video a link (https://www.youtube.com/watch?v=x_sssJErd6U)). La valutazione strumentale della disfagia si basa su: Gastroscopia: in sospetto di causa meccanica (es. tumore esofago); Manometria o impedenzometria esofagea: in sospetto di causa neuromotoria; Videofluoroscopia (VFSS) e studio fibroendoscopico della deglutizione (FEES): di ambito specialistico. La prognosi dipende dalla tempestività della diagnosi e dalla possibilità di correggerne la/le causa/e. Ovviamente, sarà molto severa quando la disfagia è sintomo di un cancro invasivo dell’esofago. NAUSEA E VOMITO La nausea è uno stato di malessere caratterizzato da un senso di fastidio e di oppressione all’epigastrio, da propensione al vomito, disgusto e ripugnanza al cibo, e accompagnato da pallore, sudorazione, salivazione eccessiva, senso di vertigine, astenia. Il vomito è l’emissione rapida e forzata, dalla bocca, del contenuto gastrico (alimenti o altre sostanze ingerite, succhi gastrici, muco, sangue), come atto riflesso di difesa provocato da cause varie e determinato da contrazioni dei muscoli dell’addome e del diaframma, con chiusura della glottide e apertura del cardias, da spasmi del piloro e da contrazioni antiperistaltiche della parete gastrica. Lo stimolo emetico agisce su diversi siti: per esempio, l’emesi originata da cattivi odori origina nell’encefalo; nelle cinetosi e nei disordini dell’orecchio interno interviene la via labirintica; in caso di irritanti gastrici (es. cisplatino) interviene il nervo vago; gli stimoli emetici di origine ematogena sono quelli che portano a stimolazione della CTZ (mido llo posteriore): tossine batteriche, farmaci antineoplastici, uremia da IRC (figura 19); ovviamente ci possono essere stimoli presenti a livello gastrico (es. sovradistensione della cavità gastrica da sanguinamento/ ostruzione a valle, che può essere pilor ica ma anche un ileo paralitico che ha determinato un’ostruzione intestinale). Nausea e vomito si classificano, in base alla durata, in: acute: durata minore di una settimana; croniche: durata uguale o maggiore a un mese. Si classificano poi in base all’eziologia (figura 20; lei la legge tutta): attenzione, alla distinzione tra cause comuni e non. A causa gastrointestinale: ischemia o ostruzione intestinale, gastroenterite virale da norovirus nell’adulto (causa più comune e autolimitantesi), disordini motori o funzionali, appendicite, colecistite, ulcere, gastroparesi; A causa non gastrointestinale: farmaci (antiaritmici, antibiotici, antiepilettici, chemioterapici, FANS, digitale, oppiacei, terapia radiante), malattie del SNC (vertigine posizionale benigna, emicrania e cinetosi principalmente), patologie endocrine, infezioni (pielonefriti), metaboliche (chetoacidosi diabetica, gravidanza, uremia), IMA, nefrolitiasi, glaucoma. Presentazione clinica In figura 21 e 22 è riportata la presentazione clinica, la diagnosi che più si avvicina a quella presentazione clinica e le indagini suggerite per quel tipo di paziente. Dalle cause organiche di nausea e vomito (es. colecistite e gastroenterite) bisogna distinguere le cause funzionali (es. depressione e altri disordini psichiatrici come il disturbo di conversione). L’approccio a queste diagnosi sarà completamente diverso, in particolare: Il vomito a getto è caratteristico di disordini intracranici (aumento di pressione intracranica); Il rigurgito di cibo indigerito è tipico di acalasia, delle stenosi esofagee o diverticolo di Zenker; Il vomito prima di colazione o a digiuno è tipico della gravidanza, dell’abuso di alcol o dell’uremia; Il vomito post-prandiale è associato a disturbo psichiatrico (anoressia e bulimia). In anamnesi, è importante chiedere: Quando è cominciata, da quanto tempo dura? Fattori scatenanti la nausea e/o il vomito? Fattori che alleviano la nausea e/o il vomito? Cibo sospetto? Assunzione di farmaci? Recente chirurgia / radioterapia / chemioterapia? Comorbilità? Questo mi permette di contestualizzare il paziente e iniziare a fare ipotesi: l’assunzione di cibo sospetto mi fa pensare a gastroenterite virale o batterica, un paziente con IRC fa pensare che nausea e vomito siano dovuti a uremia, in un paziente diabetico penso che la neuropatia diabetica abbia causato una gastroparesi. Se l’insorgenza del vomito è acuta e la causa è chiara, la si tratta direttamente. Invece, se non si conosce la causa, bisogna chiedersi se ci sono sintomi di allarme come età > 50 anni, perdita di peso non intenzionale, disfagia progressiva, vomito persistente, sanguinamenti GI, storia familiare di neoplasie GI, stato mentale alterato, dolore addominale, vomito fecaloide, ematochezia, melena e deficit neurologici focali (* di fig. 23). Se essi sono presenti, bisogna eseguire una ROS molto accurata per identificare l’indagine strumentale migliore per proseguire nel percorso diagnostico. Lo stesso vale in caso di nausea cronica. Se i sintomi di allarme sopra elencati non sono presenti, si pensa ad u na nausea di tipo funzionale (figura 23). Sbobinatore: Cristina Della Ragione Revisore: Emanuele A. Dello Russo LEZIONE 2 GASTROENTEROLOGIA DEL 14/03/22 DIARREA La diarrea è l’emissione di feci liquide o semiliquide, che ha luogo solitamente in più scariche giornaliere ma è possibile anche un’unica evacuazione. Sovente è associata ad aumento di volume/peso delle feci. Non esistono dati affidabili su incidenza e prevalenza di diarrea. Tuttavia, nei paesi in via di sviluppo è un’importante causa di mortalità soprattutto infantile. Risulta essere seconda solo al dolore addominale per le richieste di valutazione gastroenterologica (GE). Diarrea, dunque, significa avere troppa acqua nelle feci. Se al tenue giungono 9-10 L di liquidi (di cui 2 L per assunzione diretta con cibo e liquidi, a cui si aggiungono saliva, succhi gastrici, succhi pancreatici, la bile e il succo enterico), essi vengono assorbiti per il 90% a livello di digiuno e ileo, poi il 90% della quantità restante è assorbita nel colon. Infatti, il contenuto normale di acqua nelle feci è di 50-100 mL, con un peso 200g/die. Figura 24 Per classificare le feci, si utilizza la Bristol Stool Scale, uno strumento medico- diagnostico, usato sia in ambito clinico che sperimentale, allo scopo di classificare in sette categorie distinte forma e consistenza delle feci umane (figura 25). Tale scala è stata sviluppata da Heaton e Lewis in Inghilterra nel 1997: tipo 1 (stipsi): feci caprine, grumi duri e separati tra loro, con forma di noci o nocciole (difficili da espellere); tipo 2 (stipsi): grumi duri e uniti tra loro, con aspetto di salsiccia; Figura 25 tipo 3 (normale): a forma di salsiccia con eventuali crepe in superficie; tipo 4 (normale): a forma di salsiccia o serpente, con superfici lisce e morbide. Sono espulse con facilità e lasciano una sensazione di completo svuotamento intestinale à sono le cosiddette “feci ideali”; tipo 5 (tendenza alla diarrea): frammenti morbidi e separati, con margini ben definiti e facili da evacuare; tipo 6 (diarrea lieve): pezzi flocculari o informi con bordi irregolari; tipo 7 (diarrea severa): acquose e liquide, senza parti solide. Si classifica la diarrea, in base a: Durata: oAcuta: dura da meno di 2 settimane; oPersistente o subacuta: dura da almeno 2-4 settimane; oCronica: dura da almeno 4 settimane e ciò si presenta nell’1-5% degli adulti e sovente è un enigma diagnostico. Specifiche caratteristiche (utilizzate principalmente per la diarrea cronica): o Osmotica (figura 26): tipica dell’intolleranza al lattosio, presenta volume 100-125 mOsm/kg. La molecola del lattosio è costituita da una molecola di D-galattosio e da una di D-glucosio unite da un legame glicosidico (acetalico) 1beta-4. Quando si ha un deficit di lattasi (enzima che scinde galattosio da glucosio), non è più possibile l’assorbimento dei due zuccheri semplici, con conseguente carico osmotico e fermentazione batterica a livello del colon, con produzione di metano e CO2. Tale deficit colpisce i ¾ della popolazione non caucasica e il 5-10% (lei dice 5- 30%) della popolazione degli Stati Uniti. A volte, l’intolleranza può essere temporanea, come in seguito a severe gastroenteriti (per difetto della mucosa intestinale). Figura 26 o Secretoria: tipica del Colera (figura 27), diarrea acquosa e profusa di diversi litri (porta a disidratazione e disturbi elettrolitici severi), non cessa con il digiuno e presenta gap osmotico 45 anni. Se presenti, essi indirizzano verso ulteriori indagini come emocromo, biochimica, coprocoltura e ricerca di parassiti. Figura 30 Importante è la prima distinzione tra diarrea acuta infettiva o non infettiva. Seguo poi l’algoritmo in figura 31. Se la diarrea non è infettiva la valuto e faccio eventualmente esami di secondo livello (se sono presenti sintomi d’allarme); Se la diarrea è infettiva somministro fluidi ed elettroliti. Se lieve, si osserva puramente il paziente fino alla risoluzione, ma, se persiste, si vanno a fare esami microbiologici sulle feci. Se severa e accompagnata a febbre tratto i sintomi con antidiarroici e faccio la ricerca del patogeno (coprocoltura) à terapia mirata. Se non trovo il patogeno il trattamento è empirico. Figura 31 STIPSI Si definisce stipsi una condizione con meno di tre evacuazioni alla settimana, può includere altri aspetti come evacuazione estremamente difficoltosa e feci di tipo 1 o 2 sulla scala di Bristol. Si tratta quindi di defecazione non soddisfacente, caratterizzata da evacuazioni non frequenti e/o passaggio difficoltoso delle feci per almeno tre mesi. Ha una prevalenza tra 2-25% (media 15%), aumenta con l’età, più comune nelle femmine. Altri fattori associati: etnia non caucasica, basso livello di attività fisica, di reddito e di scolarizzazione. Si classifica in: Primaria (idiopatica): ha insorgenza graduale, tipicamente autogestita per un certo tempo con lassativi o altre forme di trattamento. Non si ha calo ponderale e il dolore è alleviato dalla defecazione. No sintomi d’allarme; Secondaria: si caratterizza da un corredo di sintomi della patologia sottostante (ipotiroidismo, cancro, morbo di Parkinson ecc.). Cause di stipsi vanno anche ricercate considerando la tempistica di presentazione di questo sintomo (acuta o cronica: > 3 mesi) (figura 32). Una stipsi di insorgenza recente in una persona adulta, prima in apparente buona salute, che racconta anche di essere dimagrito/a è un sintomo d’allarme, perché potrebbe essere un segno di una neoplasia. NB nell’anamnesi fisiologica è importante chiedere informazioni riguardo all’alvo. Osservo le cause nella tabella sottostante. Figura 32 Meccanismi alla base della stipsi (figura 33) La normale progressione del contenuto intestinale si avvale di contrazioni segmentanti e contrazioni propagate, che fanno progredire il materiale fecale attraverso il lume intestinale verso l’organo emuntorio, che è l’ano. Rilasciando la fionda pubo-rettale, si abbassa la giunzione ano- rettale, favorendo un gradiente pressorio positivo per l’emissione delle feci oltre il perineo posteriore, attraverso il canale anale. Questa viene denominata normale fase espulsiva. Nel Morbo di Parkinson non vi è una normale progressione del contenuto intestinale e non vi è neanche una normale fase espulsiva. Figura 33 Stipsi primaria (stipsi cronica funzionale) si ha in quei pz che hanno stipsi cronica ma non hanno i criteri per una definizione di sindrome dell’intestino irritabile; si diagnostica secondo i criteri diagnostici Roma IV: Devono sussistere almeno due tra: o Sforzo evacuativo o Feci dure o bozzolute (Bristol 1-2) o Sensazione di evacuazione incompleta o Sensazione di ostruzione/blocco anorettale o Il paziente deve aiutarsi con manovre manuali (digitali) per facilitare l’evacuazione o < 3 evacuazioni settimanali Feci molli raramente senza uso di lassativi Criteri insufficienti per diagnosticare IBS Questi criteri devono essere presenti in almeno 1/4 delle defecazioni degli ultimi 3 mesi, con sintomi insorti almeno sei mesi prima della diagnosi. La diagnosi differenziale di stipsi secondaria comprende (figura 34): Figura 34 All’anamnesi in caso di stipsi, è importante domandare: Frequenza delle defecazioni? Consistenza delle feci? Quando è cominciata, da quanto tempo dura? Dieta povera di fibre? Idratazione giornaliera? Sintomi costituzionali? Comorbidità La diagnosi di stipsi si svolge a partire da anamnesi ed EO (figura 35). Figura 35 Se non sono presenti sintomi e segni d’allarme, non sono necessarie ulteriori indagini e si può fare diagnosi di stipsi funzionale cronica (Roma IV); Se sono presenti sintomi e segni d’allarme, si può trattare di una stipsi primaria o secondaria. Se si sospetta stipsi primaria, si devono eseguire studio del transito nel colon e lo studio della sinergia defecatoria. Se questi esami sono normali, si deve trattare il paziente come affetto da una IBS. Deve essere valutata anche la presenza di una patologia sistemica (figura 36). Se essa è presente, si tratta la sua causa; se essa non è presente, si ricerca la presenza di impaccamento fecale a livello del retto (tramite TC), con conseguente rimozione meccanica. Nella figura 37 TAC con retto estremamente dilatato per fecaloma (importante quantità di feci disidratate). Se l’impaccamento non è presente, si distingue in base al transito: Normale: si aumentano i liquidi, attività fisica e assunzione di fibre (20 g/die), oltre che somministrare emollienti e lassativi; Rallentato: si aumentano i liquidi, attività fisica e assunzione di fibre (20 g/die), oltre che somministrare emollienti e lassativi; Defecazione dissinergica:. Ai svolgono biofeedback, terapia fisica e psicoterapia. Figura 36 Figura 37 INCONTINENZA FECALE Consiste nella perdita del controllo volontario della defecazione. L’età dell’individuo incide sulla defecazione umana, con ampi margini di elasticità negli effetti soggettivamente prodotti, sia in età neonatale che in età geriatria. Nella prima, deve ancora completarsi lo sviluppo delle muscolature intestinali e degli sfinteri, mentre contemporaneamente inizia l’acquisizione della propiocezione specifica. In pratica, il bambino deve anche apprendere come gestire la continenza governando gli sfinteri. Essendoci ampia variabilità nei tempi di maturazione, si indica la pubertà come stagione di completamento dell’acquisizione della tecnica defecatoria. Nell’anziano, invece, la perdita di tono muscolare agisce negativamente sulla capacità di propulsione peristaltica in genere, oltre che di espulsione rettale in particolare. La severità di tale condizione è determinata da frequenza, volume e consistenza delle feci. I due sottotipi principali di incontinenza fecale sono: Da urgenza Passiva Figura 38 Prevalenza: l’incontinenza fecale colpisce fino al 35% dei degenti in casa di riposo e fino al 70% degli anziani ospedalizzati. Inoltre, più del 13% degli ultra 60enni ha almeno due episodi mensili. Determina costi sostanziali per pazienti per anno (circa 4110US$). La defecazione dipende da un controllo nervoso (figura 38), infatti i requisiti per una normale continenza fecale sono: Sensibilità di ano e retto normali; Sfinteri anale interno ed esterno normali: lo sfintere anale interno è composto da muscolatura liscia ed è responsabile del mantenimento del tono a riposo. Lo sfintere esterno è composto da muscolatura striata e mantiene la continenza durante l’urgenza o in occasione di aumenti della pressione addominale (es. esercizio); Muscolo puborettale intatto: esso forma una fionda (sling) intorno al retto, creando un angolo tra retto e parte superiore dell’ano di 110° (angolo anorettale), in modo tale che il materiale fecale contenuto nel retto non passi nell’ano; Retto sufficientemente compliante; Normale stato cognitivo; (Feci formate). Le cause di incontinenza fecale sono: Disturbi strutturali: come debolezza dello sfintere anale esterno; Demenza: disturbi neurologici (es. per mancanza di motivazione); Disturbi funzionali neuromuscolari che si distinguono in: o Iposensibilità del retto à si ha impaccamento fecale à rilassamento dello sfintere anale interno; se perdita di sensibilità anale à mancata contrattura dello sfintere anale esterno; o Ipersensibilità del retto à si ha ridotta compliance rettale à mancata continenza, in particolare di feci liquide. La diagnosi differenziale si basa su (figura 39): Figura 39 Esame obiettivo In presenza di incontinenza fecale va fatto un attento EO del retto con ispezione del materiale fecale, ricerca di cicatrici, macerazione della cute e prolasso. Si valutano, inoltre, il riflesso anale e il tono dello sfintere, sia a riposo che sotto contrazione (si chiede al paziente di stringere). Se la ridotta consistenza delle feci è considerata un elemento importante, bisogna valutato il paziente come se avesse diarrea e non incontinenza fecale à eseguire colonscopia, valutare presenza di diabete, ipertiroidismo. In assenza di diarrea, invece, si devono eseguire indagini come: Manometria anorettale; Ecoendoscopia; Altre indagini superspecialistiche, come la defecografia. La terapia si basa su: Educazione all’igiene e alla defecazione preventiva; Somministrazione di loperamide (Imodium) se presente diarrea; Terapia di biofeedback: consiste nel condizionamento operativo e si basa sul principio che qualunque funzione abitualmente involontaria dell’organismo possa essere controllata dalla volontà, se è monitorata e portata a conoscenza dell’individuo; Chirurgia. Questi ultimi due punti sono di ambito specialistico. SANGUINAMENTO GASTROINTESTINALE Cause di sanguinamento sono (figure 40): Ulcera Esofagite Varici Lesioni vascolari Neoplasie Diverticoli Emorroidi Fissurazioni IBS Coliti infettive Figura 40 PRURITO È una particolare sensazione cutanea che induce a grattarsi, provocata da cause diverse, sia esterne (fisiche, chimiche, parassitarie) sia interne (tossiche, nervose, medicamentose), oppure sintomo di determinate malattie cutanee, o da cause indeterminate (p. essenziale o primitivo o, con una qualificazione lat., sine materia). Il prurito essenziale è classico di patologie gastrointestinali (es. ittero.) Cause di prurito e ittero ostruttivo (figura 41) Figura 41 SUMMARY Per tutti i sintomi gastrointestinali descritti fino ad ora: Anamnesi focalizzata à ROS estesa Dolore addominale: sede, durata, peritonismo, ipotensione Disfagia: alta, bassa; meccanica, neuromuscolare Diarrea: acuta, cronica (>4 settimane), caratteristiche Stipsi: primaria, secondaria Incontinenza fecale: anamnesi, EO EMORRAGIE DIGESTIVE Caso clinico Mario Bianchi, 58 anni, camionista, si presenta in Pronto Soccorso per comparsa da alcuni giorni di astenia intensa, capogiri e instabilità posturale; riferisce di aver avuto tre episodi di emissione di feci picee (nere come il carbone, indice di un’emorragia intestinale detta melena, dovuta ad un sanguinamento digestivo alto dove l’emoglobina per effetto dell’HCl viene trasformata e assume questo colore), maleodoranti. EO: obeso peso kg 98, statura 168 cm. PA 80/40 mmHg, tachicardico FC 112 bpm, FR 20 atti/min, SpO2 91% in A/A. La valutazione dell’apparato cutaneo e mucoso evidenzia pallore cutaneo, ittero sclerale, spider naevi ed eritema palmare. Fegato con margine inferiore palpabile a 4 cm sotto l’AC, consistenza aumentata, splenomegalia ed edemi declivi. Tenete ben in conto tutti questi dati anamnestici e clinici che riprenderemo alla fine per discutere gli aspetti salienti. L’emorragia digestiva è qualunque episodio di sanguinamento che abbia origine dal tubo digerente. Si classifica in: Acuta Cronica E sulla base della sede di sanguinamento: Dal tratto GI superiore à a monte del legamento di Treitz Dal tratto GI inferiore à a valle del legamento di Treitz Il legamento di Treitz è una benderella fibro-muscolare che si fissa sulla crux diaframmatica destra e permette di sospendere la flessura duodeno-digiunale, mentre la C duodenale accoglie la testa del pancreas. La sua parte superiore è legata alla crux diaframmatica destra mentre l’estremità inferiore si attacca all’estremità inferiore della flessura duodeno-digiunale. Questa benderella contiene fibre muscolari striate nella parte superiore, fibre elastiche nella parte centrale e fibre muscolari non striate nella parte inferiore. L’emorragia digestiva può anche essere di origine oscura, di cui non sappiamo quale possa essere stata la sede del sanguinamento (in genere, comunque, dal piccolo intestino) e che persiste o ricorre senza che sia visibile la fonte di sanguinamento o che sia possibile verificarla dopo aver eseguito indagini endoscopiche (gastroscopia e ileocolonscopia) e radiologiche. Le linee guida dell’American College of Gastroenterology del 2015 suggeriscono di utilizzare il termine emorragia digestiva di origine oscura solo dopo valutazione completa di tutto il tratto GI superiore con una gastroscopia sia tutto di tutto il tratto GI inferiore con una ileocolonscopia, ma anche dopo aver valutato tutto l’intestino, incluso il tenue, che può essere esaminato tramite enteroscopia con videocapsula (VCE: il pz ingerisce una videocapsula che registra il suo percorso all’interno dell’intestino tenue, con la quale si può ad es. vedere un’angiodisplasia che sta sanguinando), enteroscopia profonda a doppio pallone o infine imaging radiologico. L’emorragia di origine oscura persiste o ricorre senza che sia evidente la fonte e non si riesce ad identificare la sede nonostante le tecniche d’indagine descritte dalle linee guida. Spesso in questi casi si sospetta un’origine dal piccolo intestino. Un’emorragia digestiva può essere: manifesta: il sanguinamento si presenta con ematemesi, melena, ematochezia o proctorragia occulta: il sanguinamento non è evidente ma il pz si anemizza. Si rilevano tracce solo mediante la ricerca di sangue occulto fecale. Quindi ad es. una emorragia può essere oscura ed occulta ma anche oscura e manifesta. Incidenza: Tratto superiore: 60-100 casi per 100,000 per anno Tratto inferiore: 30-40 casi per 100,000 per anno Mortalità: 8-10% (dipende dalla causa, dalla sede del sanguinamento ma anche dalle comorbilità) Anziano, comorbilità: 10-14% (è superiore) Pz cirrotico con sanguinamento da varici esofagee (con ematemesi, melena): 20% a sei settimane Dal tratto inferiore: 30 quando c’è un sanguinamento perché durante un sanguinamento aumentano in modo molto importante i prodotti azotati e quindi l’azotemia (azoto ureico o BUN) soprattutto perché a livello renale se c’è una deplezione di volume c’è anche una riduzione del filtrato. L’aumento > 30 è più tipico del tratto GI superiore perché il sanguinamento superiore generalmente è più massivo rispetto a quello del tratto GI inferiore. Valori superiori a 10 di LR+ configurano un test con ottima probabilità di confermare la diagnosi (emorragia dal tratto GI superiore), valori tra 5-10 discreta buona, < 5 non è un test così utile. Inoltre, l’incidenza di emorragie dal tratto GI inferiore aumenta con l’età ed è maggiore nel sesso maschile rispetto al femminile. In un pz maschio che riferisce feci picee ma che ha 85 anni è in realtà più verosimile che abbia un’emorragia dal tratto GI inferiore che non da quello superiore. Invece una pz di 40 anni che assume FANS e che presenta feci picee molto probabilmente avrà un’emorragia dal tratto GI superiore. Figura 2 Figura 3 Le cause di emorragia del tratto GI superiore sono diverse: (vedi fig.2 e 3) Ulcera peptica: è la causa di quasi il 50% delle emorragie del tratto GI superiore. In genere è da Helicobacter Pylori o FANS. Gastrite erosiva (1/5) Esofagite 15% Angiodiplasie Lesione di Mallory Weiss: è un’esulcerazione della mucosa dell’esofago distale e dello stomaco prossimale causata da vomito, conati, singhiozzo o sforzi. Neoplasie Varici esofagee: rottura in pz con ipertensione portale (es. epatopatici). Lesione di Dielafoy: una malformazione vascolare che è rappresentata dalla presenza di vasi insolitamente grandi nella sottomucosa che sono riscontrati sulla superficie della mucosa gastrica lungo la piccola curvatura; ad un certo punto erodono la mucosa e sanguinano. Sono comunque molto rare. Figura 4 Figura 5 Le cause di emorragia del tratto GI inferiore sono diverse: (vedi fig. 4 e 5) Malattia diverticolare: è la causa più comune anche se solo il 3% dei pz con malattia diverticolare andrà incontro a sanguinamento. Considerata però l’altissima prevalenza nella popolazione della malattia diverticolare, questa rimane la causa principale di sanguinamento dal tratto GI inferiore. Patologie ano-rettali benigne Malattie infiammatorie intestinali (IBD) o infettive (coliti) Neoplasie Polipi Angiodisplasie: malformazionie/dilatazione dei vasi che vanno incontro a sanguinamento. La causa più frequente (80%) di sanguinamento occulto e di origine oscura sono le angiodisplasie. (vedi fig.6) Complicanze post-endoscopiche e post-chirurgiche Ischemia Radiazioni (colite da raggi) Sconosciuta (23%) Figura 6 Diagnosi differenziale tra sanguinamento digestivo superiore, inferiore o occulto. Ci sono delle caratteristiche salienti di cui si deve tener presente quando interroghiamo il pz con l’anamnesi. Emorragia digestiva del tratto superiore: ulcera peptica (si ha una storia precedente di ulcera peptica, infezione da Helicobacter Pylori, assunzione di FANS), Mallory-Weiss (storia precedente di vomito), varici esofagee (storia di epatopatia) Emorragia digestiva del tratto inferiore: diverticolosi (causa più comune di emorragia massiva nell’anziano), ragadi (con storia di dolore alla defecazione e sanguinamento modesto), emorroidi (di solito non dolore ma solo sanguinamento). Origine nel piccolo intestino: da sospettare se EGDS e colonscopia sono negative. EMORRAGIE DEL TRATTO DIGESTIVO SUPERIORE L’ulcera peptica è un difetto della parete dello stomaco o del duodeno che interessa mucosa, muscolaris mucosae e anche in parte la sottomucosa e consiste in una perdita di parete con formazione di una sorta di “cratere” che costituisce la base dell’ulcera. In questa immagine endoscopica vediamo un trombo con una parte ulcerata e un vaso. Rischio di risanguinamento: massimo nei malati con sanguinamento attivo; comunque alto (50% circa) in presenza di vaso visibile all’endoscopia. (vedi fig.7) Figura 7 L’endoscopista durante l’esaminazione dell’ulcera definisce il grado dell’ulcerazione utilizzando la classificazione di Forrest (1974): delle ulcere sanguinanti sulla base dell’aspetto endoscopico permette una stratificazione dei pz sulla base del rischio di sanguinamento e di mortalità. Le ulcere sanguinanti sono divise in sei classi sulla base dell’aspetto della lesione dell’endoscopia. Le 6 classi sono: Ia: sanguinamento a getto con probabilità di risanguinamento del 55% e di mortalità del 11% Ib: sanguinamento a nappo con probabilità si risanguinamento del 55% e di mortalità del 11% IIa: vaso visibile sul fondo dell’ulcera con probabilità di risanguinamento 43% e di mortalità del 11% IIb: coagulo adeso al fondo dell’ulcera con probabilità di risanguinamento del 22% e di mortalità del 7% IIc: ematina sul fondo dell’ulcera con probabilità di risanguinamento del 10% e di mortalità del 3% III: ulcera con fondo fibrinoso con probabilità di risanguinamento del 5% e di mortalità del 2% Questa classificazione serve a definire come gestire il paziente nelle ore successive al sanguinamento. Le prime tre classi hanno bisogno di emostasi endoscopica e monitoraggio intensivo per l’elevato rischio di risanguinare; il pz deve avere un acceso venoso per infusione di liquidi, emotrasfusione e ricoverato in terapia intensiva o sub intensiva. Le ulcere di classe IIb e IIc necessitano comunque di un ricovero. Per l’ulcera di classe III si può fare terapia a domicilio con degli inibitori di pompa protonica. Ovviamente bisogna comunque valutare la clinica del pz. La gastrite acuta erosiva è più comunemente dovuta a FANS, alcol e stress. È la seconda causa di emorragia gastrointestinale. In genere, FANS e alcol causano lesioni autolimitanti, mentre la gastrite acuta erosiva da stress si verifica in condizioni gravi di vero stress per l’organismo, come traumi, grandi interventi chirurgici, ustioni estese, sepsi, shock. L’esofagite è una infiammazione della mucosa dell’esofago che in genere è preceduta da una storia di GERD(malattia da reflusso gastro-esofageo). Spesso il reflusso determina una esofagite che talora può sanguinare. La sindrome di Mallory-Weiss è una lacerazione alla giunzione gastroesofagea causata da sforzi di conati di vomito, da singhiozzi. Talora può sanguinare e viene trattata con elettrocoagulazione. La lesione di Dielafoy è una malformazione arteriolare aggettante nel lume senza ulcerazione della mucosa circostante. Può sanguinare e anche in questo caso il trattamento endoscopico è necessario per limitare e cessare il sanguinamento a getto. Si fa scleroterapia accompagnata da un successo del 95%, mentre la terapia chirurgica trova indicazione solo dopo il fallimento della terapia endoscopica. I fattori di rischio delle emorragie de tratto digestivo superiore che non siano da varici esofagee sono indicati in tabella. (vedi fig.8). Il rischio ovviamente aumenta se sono presenti più fattori (es. pz che assume clopidogrel per cardiopatia ischemica e FANS per artrite reumatoide). In epidemiologia l’odds ratio è la misura dell’associazione tra due fattori, in questo caso tra un fattore di rischio e una malattia. Il calcolo prevede il confronto tra la frequenza della comparsa dell’evento rispettivamente nei soggetti esposti o non esposti ai fattori di rischio. Utilizzato negli studi retrospettivi ove non è necessaria la raccolta dei dati nel tempo. Significa che chi assume aspirina ha 50% (1.5) in più la probabilità di avere sanguinamento. Importanza dell’anamnesi: il rischio aumenta se il pz assume determinati farmaci. Figura 8 Le varici esofagee sono una complicanza dell’ipertensione portale che si instaura nel pz cirrotico. L’ipertensione portale è un incremento della pressione a livello del sistema portale della vena porta, che vi può essere per presenza ad es. di cirrosi epatica oppure per la presenza di una trombosi dei vasi splancnici o della vena porta o anche in pz con sindromi mieloproliferative. Questo incremento di pressione fa si che si creino dei circoli collaterali per fare in modo che il sangue prenda delle vie diverse per superare il fegato o l’ostacolo (cioè il vaso trombizzato). I circoli collaterali possono essere diversi: vene esofagee, vene gastriche, vene spleniche (con comparsa di splenomegalia, cioè la milza si ingrossa per l’aumentato apporto di sangue), ricanalizzazione della vena ombelicale oppure il caput medusae (ricanalizzazione del circolo sottocutaneo). Le varici esofagee sono dilatazioni venose importanti delle vene esofagee perché c’è un passaggio di una maggiore quantità di sangue. Incidenza annuale di sanguinamento da varici esofagee nei cirrotici: 5-15%. Il rischio di sanguinamento dipende dall’entità dell’ipertensione portale, dalla presenza endoscopica di “segni rossi” a livello delle varici e anche dalla grandezza delle varici, che vengono definite endoscopicamente piccole, medie o grandi (F1, F2 o F3). I segni rossi sono i punti in cui il vaso è molto dilatato e la mucosa è molto sottile e dove quindi è anche più facile che vi sia la rottura della varice. La rottura è un evento con mortalità elevata pari a 20% nelle settimane successive al sanguinamento. EMORRAGIE DEL TRATTO DIGESTIVO INFERIORE La causa più frequente sono i diverticoli, ovvero dilatazioni sacciformi della parete intestinale, che vanno incontro ad infiammazione e possono per questo sanguinare. Sono piccoli sacchettini sulla parete intestinale. Nella diagnosi della emorragia digestiva bisogna porsi tre obiettivi: 1. stabilire la severità dell’emorragia (dipende dall’entità della perdita ematica e dalla presenza di segni clinici secondari di sanguinamento). La cosa più importante è stabilizzare il pz da un punto di vista emodinamico con liquidi, quando si ha l’emocromo si fa richiesta di emotrasfusione. Il livello target dell’Hb è 7-9 g/dL (se si parte da un valore molto basso e.g. 5 g/dL). Se il pz ha una cardiopatia ischemica allora potrebbe essere più alto intorno a 9. 2. identificare la fonte per effettuare anche una terapia endoscopica 3. valutare la comorbidità per ottenere un indice prognostico In anamnesi bisogna sempre indagare: Farmaci à Aspirina, FANS, anticoagulanti, antiaggreganti Caratteristiche delle feci Radioterapia, chirurgia addominale, malattie vascolari, diabete Comorbidità à soprattutto epatopatia o altre malattie vascolari All’esame obiettivo indagare se sono presenti: Segni di deplezione di volume Obiettività addominale Esplorazione rettale à ci permette di capire dall’aspetto delle feci quale indagine endoscopica effettuare (che in caso di emorragia acuta deve essere effettuata entro 24h!) Revisione dei sistemi che vi aiuti a capire quali sono le comorbidità Esami ematochimici: Emocromo à per vedere se il pz si è anemizzato. Nelle prime fasi non ci aiuta molto l’ematocrito perché non c’è una vera riduzione perché viene perso tutto il sangue, sia la componente liquida che quella corpuscolata. Solo dopo alcune ore (48/72 ore) si può vedere riduzione dell’ematocrito perché la deplezione di volume viene compensata dall’aumento della parte liquida e a questo punto l’ematocrito si riduce. Molto importante inizialmente osservare l’emoglobina, che cala subito. L’ematocrito è un buon indicatore di una perdita ematica cronica. BUN, creatinina (se il rapporto tra BUN e creatinina è superiore a 30 si configura un quadro possibile di emorragia) Biochimica epatica Coagulazione completa per escludere una coagulopatia Emogasanalisi arteriosa (EGA): con i lattati vediamo se l’ipotensione ha determinato una sofferenza dei tessuti, vediamo quale grado di ischemia il sanguinamento e quindi l’anemia ha determinato negli organi. Una volta stabilizzato il pz si eseguono indagini endoscopiche per definire la fonte del sanguinamento: Esofagogastroduodenoscopia (EGDS) à tratto GI superiore Ileocolonscopia à parte terminale dell’ileo e tutto il colon Se le precedenti risultano negative: Enteroscopia con videocapsula (VCE), di valenza diagnostica Enteroscopia con doppio pallone (DBE): in sedazione completa, con scopo terapeutico. Se non si trova la fonte del sanguinamento allora: Angiografia, per vedere ad esempio se ci sono delle perdite a livello del distretto gastroduodenale. Esami radiologici per l’intestino tenue: quali enterografia mediante tomografia computerizzata (entero-TC), enterografia mediante risonanza magnetica (entero-RMN) ed ecografia delle anse intestinali. Consentono lo studio della parete, ma non della mucosa. Effettuare un’enteroscopia con videocapsula d’urgenza non è sempre possibile, a causa ad esempio della presenza importante di feci. Per poter effettuare un’endoscopia dobbiamo prima di tutto escludere che il paziente abbia delle condizioni che possano causare la ritenzione della videocapsula. Ad oggi si può utilizzare ad esempio una videocapsula particolare, che sia in grado di autodistruggersi (digerirsi) all’interno dell’intestin. Ad esempio, nel morbo di Crohn dobbiamo escludere che ci sia una stenosi importante, perché altrimenti la capsula che noi andiamo ad inserire viene ritenuta e quindi rischiamo poi di doverla andare a recuperare. [descrizione tecnica della capsula poco comprensibile], normalmente la videocapsula che è un dispositivo tecnologico, verrà poi espulsa dal paziente con le feci. Se abbiamo la necessità di effettuare una biopsia bisogna, invece, affidarsi ad un’endoscopia con doppio pallone. Si tratta di un dispositivo che contiene alla propria estremità due palloncini che vengono alternativamente gonfiati e sgonfiati, permettendo all’endoscopio di progredire all’interno dell’intestino. LINEE GUIDA DELLA SOCIETA’ INGLESE DI GASTROENTEROLOGIA (2019) Per quanto riguarda la gestione del pz con emorragia digestiva superiore: 1. Va fatto un management pre-endoscopico, che significa: 1. Valutare il compenso di circolo e l’instabilità emodinamica del pz. 2. Mettere in atto delle trasfusioni se il pz ha un Hb < 7 g/dL. 3. Ottenere delle robuste vie endovenose periferiche perché in attesa che arrivi il sangue richiesto al centro trasfusionale il pz dovrà essere supportato con liquidi, anche a velocità importante per evitare che il pz si ipotenda per la deplezione di volume. 2. Poi va fatta una valutazione endoscopica entro 24h 3. Eventuale trattamento endoscopico 4. Management post-endoscopico: 1. Trattamento del pz sulla base della causa del sanguinamento: es. pz con ulcera o gastrite dovranno essere trattati con PPI ad alto dosaggio, anche per via EV (si arriva anche a 240mg/giorno di omeprazolo). Mentre pz con varici esofagee dovranno essere trattati con farmaci vasoattivi che riducano la possibilità di sanguinamento. È possibile fare uno screening di quelle lesioni che potrebbero andare incontro a sanguinamento: Ulcera peptica: nessuno screening applicabile. Però possiamo ad es. consigliare di non assumere FANS. Varici esofagee: nel contesto della cirrosi si fa screening con EGDS con intervallo 1-3 anni, in funzione del compenso della cirrosi, e ad ogni episodio di scompenso, che significa anche un importante aumento di ipertensione portale e la possibilità che si formino varici grosse. Sulla base della presenza o meno delle varici va fatta una prevenzione primaria che per varici grosse è la legatura in modo che si limiti il sanguinamento, oppure una terapia con beta-bloccante non selettivo per ridurre l’ipertensione portale e quindi ridurre il sanguinamento. La prevenzione primaria per quanto riguarda l’ulcera peptica è l’utilizzo di PPI se si devono utilizzare FANS o aspirina in pz anziani, mentre nei pz che hanno Helicobacter Pylori si fa una terapia di eradicazione. Se sono presenti varici di grosse dimensioni con segni endoscopici che predicano un sanguinamento (segni rossi) vanno legate. La prevenzione secondaria è la prevenzione della recidiva del sanguinamento: PPI per via EV in pazienti con ulcera peptica e segni di alto rischio di risanguinamento secondo Forrest. Vasopressina, terlipressina, somatostatina, octreotide (farmaci vasoattivi che vengono dati per 72/96h e hanno l’obiettivo di ridurre il sanguinamento) nel controllo dell’emorragia da varici esofagee in cui il rischio di recidiva è piuttosto alto. Prognosi Per quanto riguarda emorragie del tratto GI superiore nell’80% si interrompono, ma nel 20% possono avere una recidiva ed essere causa di morte nel 8-10% dei casi. Per definire il tipo di gestione (ospedaliera o meno) e per stimare la severità dell’emorragia si utilizza il Glasgow-Blatchford Bleeding Score, che mette insieme sia score clinici (sesso del pz, FC, presenza di melena o sincope legata all’ipotensione, storia di malattia epatica o cardiopatia) sia parametri all’arrivo del pz (Hb, azotemia, pressione sistolica iniziale): Score < 1 (o = a 1) à ad esempio paziente con 10 di Hb che la settimana precedente aveva 14, ma con nessuna comorbidità, no tachicardico, no ipoteso, maschio à ci consente di gestire il pz con una terapia domiciliare e continuare a monitorarlo ambulatoriamente. Score > 2 (o = a 2) à è già severo. se < 4, potremmo considerare di fare una gastroscopia già in giornata, massimo nelle 48h. Se score > 4 bisogna attivarsi immediatamente, effettuando una gastroscopia nelle 6-12h. Se il paziente quindi presenta ematemesi, è necessario effettuare un’endoscopia il prima possibile, ma come prima cosa va stabilizzato dal punto di vista emodinamico, somministrando liquidi, ed eventualmente vanno protette le vie aeree anche con intubazione. Per un pz maschio cirrotico con melena, tachicardico, con 8 g/dL di Hb lo score può arrivare anche a 16 o 18. In funzione della severità dell’emorragia del tratto GI inferiore può essere: Massiva: paziente anziano, con multiple comorbilità, presentazione con ematochèzia (= passaggio di sangue rosso vivo), emodinamicamente instabile. Le cause più comuni sono la diverticolosi e l’angiodisplasia. Mortalità fino al 21%. Moderata: non si tratta di un pz anziano, si ha ematochèzia o più raramente feci di colore rosso bruno (ma non presenza di sangue rosso vivo), sono pz emodinamicamente stabili. Le cause possono essere: anorettali, congenite, infiammatorie, neoplastiche. Occulta: non si tratta di un pz anziano, si manifesta con anemia microcitica. Le cause molteplici sono congenite, infiammatorie, neoplastiche. La severità dell’emorragia è ancora minore e il rischio di mortalità pure. Esiste anche il punteggio di Rockall, utile nella predizione di mortalità nei pz che hanno una emorragia digestiva, prima di effettuare l’endoscopia GI superiore e dopo: è basato su età del pz, presenza di ipotensione, tachicardia e sulla presenza o meno di comorbidità. Basandoci su questi tre fattori viene dato un punteggio prima della endoscopia gastrointestinale superiore; dopo l’esecuzione dell’esame viene aggiunto un punteggio basato sulla diagnosi endoscopica e sui segni di recente sanguinamento. Un punteggio cumulativo maggiore di 8 prevede una mortalità del 40%. (vedi fig.9) Figura 9 In conclusione, le emorragie digestive: Si manifestano come ematemesi, melena, ematochèzia, proctorragia Melena, età 30 sono più suggestivi di un’emorragia digestiva del tratto GI superiore In acuto il pz va trattato con robuste vie venose, infusione di liquidi, emotrasfusione (se Hb < 7 g/dl) EGDS se il sospetto è emorragia digestiva del tratto superiore (entro 24 h) Molti sanguinamenti si interrompono spontaneamente (ma possono recidivare) Caso clinico di inizio lezione Si deve tener conto dei sintomi descritti dal pz e si deve fare un rapido riassunto. Spesso più sintomi configurano una malattia. Si devono conoscere i sintomi della maggior parte delle patologie così da poter fare le possibili diagnosi. C’è un quadro di melena che può far pensare a una emorragia del GI superiore. Se non vediamo direttamente le feci non siamo così sicuri che sia melena. Si sente stanco con capogiri e qualche volta non riesce a stare in piedi: questi sono segni clinici secondari di sanguinamento. A questo punto si deve chiedere: se prende aspirina, FANS, anticoagulanti, fa consumo di alcol, soffre di epatopatia, se ha comorbidità. All’esame obiettivo si deve valutare se sono presenti segni di deplezione di volume, valutare l’obiettività addominale e fare l’esplorazione rettale. Era un pz obeso e ipoteso, tachicardico con saturazione di ossigeno in aria ambiente ai limiti inferiori. Ha, quindi, dei segni di deplezione di volume. In più c’è ittero, spider naevi, eritema palmare che sono segni clinici di epatopatia avanzata e ipertensione portale con epatomegalia e splenomegalia. Sospettiamo che abbia avuto un sanguinamento da varici esofagee. Innanzitutto, cerchiamo di fare una diagnosi clinica: emocromo, BUN, creatinina, biochimica epatica, coagulazione e EGA. Bisogna proporre il posizionamento di catetere venoso per infusione di liquidi anche rapidamente e monitoraggio parametri attraverso pressione, frequenza e saturazione. Una volta stabilizzato da punto di vista emodinamico si richiede una EGDS per scoprire la causa. Sbobinatore: Chiara De Paoli Revisore: Edoardo Tacchi LEZIONE 3 GASTROENTEROLOGIA (15/03/22) CONTINUAZIONE SULLE EMORRAGIE DIGESTIVE In caso di emorragia digestiva è necessario fare assesment, ovvero stabilire la severità dell’emorra- gia (dipende dall’entità della perdita ematica e dalla presenza di segni clinici secondari di sanguina- mento) e successivamente stabilire un monitoraggio sulla base dei dati rilevati come prima misura- zione. Se il paziente è normoteso e non tachicardico, si instaura un monitoraggio meno stretto ri- spetto a quello per un paziente tachicardico. Sicuramente è necessario posizionare due accessi venosi robusti e, se necessario, anche un catetere venoso centrale. Successivamente, si può in- staurare una terapia con le cannule nasali o con una posologia che corregga l’insufficienza respira- toria (nel caso in cui il paziente abbia maggiore difficoltà a respirare), basandosi sulla misurazione della saturazione periferica ma anche sull’emogas analisi arteriosa. Il paziente va intubato solo se ha avuto ematemesi e si pensa ci sia un rischio di inalazione. Non va dato nessun farmaco per OS al paziente e soprattutto va instaurata un’iniezione per via endovenosa di soluzione fisiologica o ringer lattato. Il target dell’emoglobina in corso di una emorragia digestiva deve essere 7 g/dL, quindi se il paziente ha valori più bassi (5-6 g/dL, ma a volte anche 4 g/dL) è necessario chiedere delle unità di sangue al centro trasfusionale. Nel caso il paziente non avesse instabilità emodinamica, ad esempio ha Hb pari a 9 g/dL, si può attendere ad effettuare l’emotrasfusione. Questo è molto impor- tante per i pazienti cirrotici che hanno sanguinamento da varici, perché se ad essi vengono sommi- nistrate emotrasfusioni il sanguinamento peggiora. Ci sono delle eccezioni, come ad esempio il pa- ziente anziano con una nota cardiopatia ischemica (la settimana prima aveva Hb pari a 9 g/dL e adesso pari a 7 g/dL) a cui si può effettuare l’emotrasfusione anche se il livello di emoglobina non è pari a 7 g/dL, perché si può avere ischemia da discrepanza anche nel corso del sanguinamento. Domanda Facendo tirocinio nel reparto di chirurgia, c’era una paziente anziana con Hb bassa ma non hanno effettuato una trasfusione. è sbagliato? No, non è sbagliato. Questa situazione è molto difficile per il medico e infatti in ospedale esiste apposta un ufficio preposto a gestire questi aspetti etici e medico-legali. Nel caso in cui la trasfusione fosse ritenuta necessaria per salvare la vita del paziente, è possibile effettuarla a meno che non ci siano parenti/tutori con un documento attestante il consenso negato per le trasfusioni. In altre situa- zioni dove non c’è un pericolo immediato di vita, bisogna rispettare il volere dei pazienti e quindi bisogna sostenere il paziente con liquidi e, nel caso in cui la pressione scenda, può essere valutato l’utilizzo di vasopressori. Come sapete per la trasfusione ci vuole il consenso informato del paziente, ma in una situazione di immediato pericolo di vita si può bypassare questo step, quando il paziente non è in grado di darci il consenso. In tutte le altre situazioni è necessario chiedere il consenso, almeno ai parenti/tutori nel caso in cui il paziente non sia in grado di darlo. Linee guida della società inglese di gastroenterologia (2019) Per quanto riguarda la gestione del pz con emorragia digestiva superiore, è necessario: 1. fare un management pre-endoscopico, che significa: - Valutare il compenso di circolo e l’instabilità emodinamica del pz. - Mettere in atto delle trasfusioni se il pz ha un Hb < 7 g/dL. - Ottenere delle robuste vie endovenose periferiche perché in attesa che arrivi il sangue richie- sto al centro trasfusionale il pz dovrà essere supportato con liquidi, anche a velocità impor- tante per evitare che il pz si ipotenda per la deplezione di volume. 2. Poi va fatta una valutazione endoscopica entro 24h, che deve essere effettuata prettamente dall’endoscopista, che deve decidere come trattare l’eventuale sanguinamento; 3. Eventuale trattamento endoscopico, mediante l’uso di diverse metodiche in base alla causa del sanguinamento (colle, adrenalina, ecc.); 4. Management post-endoscopico: - Trattamento del pz sulla base della causa del sanguinamento: o un paziente con ulcera o gastrite dovrà essere trattato con PPI ad alto dosaggio per almeno 72 ore, anche per via EV (si arriva anche a 240mg/giorno di omeprazolo); o un paziente con varici esofagee dovrà essere trattato con farmaci vasoattivi che riducano la possibilità di sanguinamento. In questo caso è necessario anche stabilire una terapia profilattica con antibiotici, come ad esempio 1 g di ceftriaxone per via endovenosa. Poi bisogna anche reintrodurre tutte le terapie che il paziente seguiva prima del sanguina- mento, ma che sono necessarie e salvavita per il paziente, come ad esempio una terapia anticoagulante, basandosi sui rischi/benefici in quel momento. - in alcuni casi è possibile fare uno screening, per fare una sorta di prevenzione, di quelle lesioni che potrebbero andare incontro a sanguinamento: o Ulcera peptica: non esiste alcuno screening applicabile, però possiamo consigliare di non assumere FANS. o Varici esofagee: nel contesto della cirrosi si fa screening con EGDS con intervallo 1-3 anni, in funzione del compenso della cirrosi, e ad ogni episodio di scompenso, che signi- fica anche un importante aumento di ipertensione portale e la possibilità che si formino varici grosse. La prevenzione primaria per quanto riguarda l’ulcera peptica è l’utilizzo di PPI se si devono utilizzare FANS o aspirina in pz anziani con età superiore ai 65 anni, mentre nei pz che hanno un’infezione da Helicobacter Pylori si fa una terapia di eradicazione. Se sono presenti varici di grosse dimensioni con segni endoscopici che predicano un san- guinamento (segni rossi) va effettuata la legatura endoscopica delle varici associata o meno all’utilizzo di beta-bloccanti non selettivi, come ad esempio il propanololo. La prevenzione secondaria è la prevenzione della recidiva del sanguinamento: o PPI per via EV in pazienti con ulcera peptica e segni di alto rischio di risanguinamento; o vasopressina, terlipressina, somatostatina, octreotide (farmaci vasoattivi che vengono dati per 72/96h e hanno l’obiettivo di ridurre il sanguinamento) nel controllo dell’emorragia da varici esofagee in cui il rischio di recidiva è piuttosto alto. Prognosi Per quanto riguarda emorragie del tratto GI superiore nell’80% si interrompono, ma nel 20% possono avere una recidiva ed essere causa di morte nel 8-10% dei casi. Ci sono degli score per calcolare la mortalità dei pazienti con sanguinamento, che si basano su notizie cliniche (età, presenza di shock, tachicardia/ipotensione, presenza di comorbidità). Ovvia- mente, se il paziente è anziano, ipoteso e tachicardico, il rischio di mortalità è decisamente aumen- tato rispetto ad un paziente giovane ed emodinamicamente stabile. Glasgow- Blatchford Bleeding Score (NON E‘ STATA SPIEGATA) Per definire il tipo di gestione (ospedaliera o meno) e per stimare la severità dell’emorragia si utilizza il Glasgow-Blatchford Bleeding Score, che mette insieme sia score clinici (sesso del pz, FC, pre- senza di melena o sincope legata all’ipotensione, storia di malattia epatica o cardiopatia) sia para- metri all’arrivo del pz (Hb, azotemia, pressione sistolica iniziale): - Score < 1 (o = a 1) pz con nessuna comorbidità, no tachicardico, no ipoteso, maschio ci consente di gestire il pz con una terapia domiciliare. - Score > 2 (o = a 2) è già severo - Per un pz maschio cirrotico con melena, tachicardico, con 8 g/dL di Hb lo score può arrivare anche a 16 o 18. In funzione della severità dell’emorragia del tratto GI inferiore può essere: - Massiva: paziente anziano, con multiple comorbilità, presentazione con ematochèzia (= pas- saggio di sangue rosso vivo), emodinamicamente instabile. Le cause più comuni sono la diver- ticolosi e l’angiodisplasia. Mortalità fino al 21%. - Moderata: non si tratta di un pz anziano, si ha ematochèzia o più raramente feci di colore rosso bruno (ma non presenza di sangue rosso vivo), sono pz emodinamicamente stabili. Le cause possono essere: anorettali, congenite, infiammatorie, neoplastiche. - Occulta: non si tratta di un pz anziano, si manifesta con anemia microcitica. Le cause molteplici sono congenite, infiammatorie, neoplastiche. La severità dell’emorragia è ancora minore e il ri- schio di mortalità pure. Punteggio di Rockall Esiste anche il punteggio di Rockall, utile nella predizione di mortalità nei pz che hanno una emorragia digestiva, prima di ef- fettuare l’endoscopia GI superiore e dopo: è basato su età del pz, presenza di ipoten- sione, tachicardia e sulla presenza o meno di comorbidità. Basandoci su questi tre fat- tori viene dato un punteggio prima della en- doscopia gastrointestinale superiore; dopo l’esecuzione dell’esame viene aggiunto un punteggio basato sulla diagnosi endosco- pica e sui segni di recente sanguinamento. Un punteggio cumulativo maggiore di 8 (insufficienza renale, diagnosi di cancro durante l’endosco- pia, presenza di sangue nel tratto gastrointestinale) prevede una mortalità del 40%. (vedi fig.9) In conclusione, le emorragie digestive: - si manifestano come ematemesi, melena, ematochèzia, proctorragia, ma in alcuni casi possono anche essere non manifeste e in questo caso vengono definite occulte; - ci sono dei fattori che aiutano a predire il punto di origine del sanguinamento: o melena, età 30 sono più suggestivi di un’emorragia digestiva del tratto GI superiore; - in acuto il pz va trattato con robuste vie venose, infusione di liquidi, emotrasfusione (se Hb < 7 g/dl), ossigenoterapia se necessaria e vasopressori; - va fatto l’EGDS se il sospetto è emorragia digestiva del tratto superiore. Andrebbe effettuata entro 24 h, ma il timing di questa procedura dipende anche dalle condizioni del paziente. - Molti sanguinamenti si interrompono spontaneamente, ma possono recidivare. Conclusione del caso clinico della lezione precedente Mario Bianchi, 58 anni, camionista, si presenta in Pronto Soccorso per comparsa da alcuni giorni di astenia intensa, capogiri e instabilità posturale; riferisce di aver avuto tre episodi di emissione di feci picee, maleodoranti. EO: obeso peso kg 98, statura 168 cm. PA 80/40 mmHg, tachicardico FC 112 bpm, FR 20 atti/min, SpO2 91% in A/A. La valutazione dell’apparato cutaneo e mucoso evidenzia pallore cutaneo, ittero sclerale, spider naevi ed eritema palmare. Fegato con margine inferiore palpabile a 4 cm sotto l’AC, consistenza aumentata, splenomegalia ed edemi declivi. Tenete ben in conto tutti questi dati anamnestici e clinici che riprenderemo alla fine per discutere gli aspetti salienti. Si deve tener conto dei sintomi descritti dal pz e si deve fare un rapido riassunto. Spesso più sintomi configurano una malattia. Si devono conoscere i sintomi della maggior parte delle patologie così da poter fare le possibili diagnosi. C’è un quadro di melena che può far pensare a una emorragia del GI superiore, anche se non vediamo direttamente le feci e quindi non siamo così sicuri che sia melena. Si sente stanco con capogiri e qualche volta non riesce a stare in piedi, che sono segni clinici secondari di sanguina- mento. A questo punto si deve chiedere al paziente: se prende aspirina, FANS, anticoagulanti, fa consumo di alcol, soffre di epatopatia, se ha comorbidità. All’esame obiettivo si deve valutare se sono presenti segni di deplezione di volume, valutare l’obiet- tività addominale e fare l’esplorazione rettale. Come già detto nella lezione precedente, il paziente era obeso e ipoteso, tachicardico con satura- zione di ossigeno in aria ambiente ai limiti inferiori. Ha, quindi, dei segni di deplezione di volume. In più c’è ittero, spider naevi, eritema palmare che sono segni clinici di epatopatia avanzata e iper- tensione portale con epatomegalia e splenomegalia. Sospettiamo che abbia avuto un sanguina- mento da varici esofagee. Innanzitutto, per fare una diagnosi clinica di questo paziente, bisogna chiedere alcuni esami: emocromo (dà informazioni sui valori di Hb, dell’ematocrito, del numero di globuli bianchi, ecc.), valutazione della funzionalità renale (se facciamo un rapporto azotemia/creatinina e questo valore è superiore a 30, questo rende più suggestivo un sanguinamento digestivo superiore), BUN, creati- nina, biochimica epatica (perché nel paziente sospettiamo epatopatia cronica), coagulazione ed EGA. Successivamente, bisogna posizionare un catetere venoso per l’infusione di liquidi anche rapida- mente e monitoraggio dei parametri (pressione, frequenza e saturazione). Una volta stabilizzato da punto di vista emodinamico, si richiede una EGDS per scoprire la causa. Nel caso di questo paziente, il sanguinamento è dovuto ad una varice esofagea che nel corso dell’EGDS viene sottoposta a legatura endoscopica. TECNICHE DIAGNOSTICHE IN GASTROENTEROLOGIA (NON SPIEGATE) La prima parte riguarda gli esami endoscopici che si utilizzano per la diagnostica delle emorragie digestive. Con endoscopia si indica una tecnica diagnostica ma anche terapeutica che utilizza l’en- doscopio ovvero un tubo flessibile dotato di telecamera all’estremità che dà immagine sul monitor e serve per osservare tessuti che si possono raggiungere dall’esterno tramite strutture anatomiche. ESOFAGOGASTRODUODENOSCOPIA (EGDS) Nel caso dell’esofagogastroduodenoscopia viene fatto attra- verso la bocca. La EGDS è un esame di endoscopia digestiva in cui l’endoscopio viene inserito attraverso la bocca e guarda le alte vie digerenti ovvero l’esofago, lo stomaco e la parte pros- simale del duodeno. Oltre ad avere un intento diagnostico ha la possibilità di effettuare biopsie e quindi di fornire un esame isto- logico delle lesioni che vengono rilevate dall’esame, ma anche un utilizzo operativo nelle emorragie digestive o nel trattamento delle stenosi. L’endoscopio nella esofagogastroduodenoscopia possiede un tubo flessibile con diametro 4,9 mm, una lunghezza di 110 cm all’interno del quale può essere inserito lo strumento per le biopsie che ha un calibro di 2 mm. Possiede all’estremità una telecamera che permette di vedere l’immagine su un monitor. (vedi fig.10) Per eseguire l’esame il pz deve essere a digiuno dalla sera prima se l’esame viene effettuato al mattino, poiché valutando la cavità gastrica non ci possono essere sostanze nel piloro. Ci sono delle condizioni particolari, ad esempio quella di un pz che ha una emorragia massiva acuta e necessita, una volta stabilizzato, un controllo con l’endoscopia anche se non è digiuno. Indicazioni diagnostiche Le indicazioni diagnostiche sono: - Disfagia o odinofagia - Epigastralgia che persiste nonostante un ciclo di terapia appropriata - Dolore addominale nei quadranti superiori con altri segni o sintomi d’allarme (per es. anoressia o calo ponderale non intenzionale) oppure presenti in pazienti di età >45 anni - Sintomatologia da reflusso gastro-esofageo che persiste o recidiva nonostante terapia appro- priata - Vomito persistente da causa sconosciuta - Per la conferma e per una diagnosi istologica specifica di lesioni dimostrate radiologicamente (TC addome e RX): sospette lesioni neoplastiche, ulcera gastrica o esofagee, stenosi o ostru- zione del tratto digestivo superiore - In pazienti con sospetta ipertensione portale o cirrosi epatica per documentare o trattare le varici esofagee - Per valutare le lesioni acute dopo ingestione di caustici - Emorragie gastroenteriche: in pazienti con sanguinamento in atto o recente pregresso, per pre- sunte perdite croniche di sangue con sangue occulto fecale e per anemie sideropeniche quando il contesto clinico suggerisce una sorgente emorragica del tratto digestivo superiore o quando la colonscopia è negativa. - Le indicazioni di sorveglianza periodica: - Patologie a rischio di degenerazione maligna (per es. l'esofago di Barrett che è sostanzialmente precanceroso) Indicazioni operative Le indicazioni operative sono: - Trattamento di lesioni sanguinanti come ulcere, tumori, anomalie vascolari (con l'elettrocoagula- zione, l'heater probe, la fotocoagulazione laser, la terapia iniettiva) - Sclerosi o legatura delle varici - Rimozione di corpi estranei - Escissione di lesioni polipoidi - Impianto di sonde d'alimentazione o di drenaggio (perorale, gastrostomia percutanea endosco- pica (PEG) attraverso una stomia, ovvero una apertura della cute verso la parete gastrica con l’inserimento di un tubicino per alimentazione enterale in pz che soffrono di disfagia o siano impossibilitati ad alimentazione per via orale - Dilatazione di stenosi (per es. con i dilatatori a palloncino transendoscopici o con i dilatatori se- mirigidi su filo guida) - Trattamento dell'acalasia (con la tossina botulinica o la dilatazione pneumatica) - Trattamento palliativo di neoplasie stenosanti (con il laser o l'elettrocoagulazione multipolare o l'impianto di stent) Trattamento emorragie Il trattamento delle emorragie può avvenire mediante: - Terapia iniettiva con: adrenalina, polidocanolo, soluzione di NaCl, etanolo, trombina - Terapia termica con sonde a contatto: elettrocoagulazione monopolare, elettrocoagulazione bi- polare, heater probe oppure con sonde non a contatto: argon laser - Terapia topica: colla di fibrina, spray di trombina - Terapia meccanica: endoclips, legatura, palloni Controindicazioni - Quando i rischi per la salute o la vita stessa del paziente sono alti e sproporzionati agli eventuali benefici derivanti dalla procedura endoscopica. Ad esempio, pz non stabili emodinamicamente non possono essere sottoposti a EGDS, oppure pz con insufficienza respiratoria potrebbero avere delle complicanze - Quando non può essere ottenuta un'adeguata cooperazione o il consenso del paziente - Quando esiste o si sospetta la perforazione di un viscere Complicanze di EGDS operativa - Sanguinamento: immediato per mancata o insufficiente coagulazione dei vasi come nel caso di polipecomia di polipi gastrici; tardivo (dopo 5-15 gg) per caduta dell'escara (ad esempio dopo EBL legatura delle varici esofagee) - Perforazione: legata alla eccessiva coagulazione della parete o a resezione di un falso pedun- colo in caso di polipectomia PANCOLONSCOPIA È un esame endoscopico che permette la visualizzazione di tutto il colon attraverso l’introduzione del colonscopio attra- verso l’ano. Il pz viene messo in una posizione che favorisce l’entrata del colonscopio e operatore inserisce il colonscopio insufflando aria procedendo attraverso la visione di tutto l’inte- stino crasso. L’endoscopio che si utilizza ha un diametro di 12,9 mm, una lunghezza di 168 cm e un canale bioptico di diametro di 3,7mm. (vedi fig.11) La preparazione prevede una pulizia intestinale con lassativo il giorno prima dell’esame (richiamando acqua e sali minerali nel lume gastrointestinale, espleta un'azione di stimolazione meccanica della peristalsi). Su tutti i referti è presente uno score che valuta il grado di pulizia intestinale. È uno score che va da 0 a 6. È chiaro che un esame è adeguato se la pulizia è adeguata. Quanto più sono presenti residui di feci nel lume intestinale tanto meno sarà adeguato e diagnostico l’esame. È per questo che nei pz che abbiano stipsi anche inveterata, in vista di un esame del genere, vanno preparati con utilizzo di lassativi osmotici anche nella settimana precedente in modo che la pulizia intestinale sia comunque progressiva e non sia solamente affidata a quella del giorno precedente l’esame. Indicazioni diagnostiche Le indicazioni diagnostiche con anche valenza operativa sono: - Rettorragia - Emorragia digestiva occulta ossia la presenza di sangue fecale occulto - Mucorrea - Recente alterazione dell'alvo con sintomi d’allarme. Quindi il pz che normalmente aveva un alvo regolare e negli ultimi mesi è diventato stitico con calo ponderale non intenzionale e iporessia. Sono tutti sintomi che associati tra di loro fanno pensare a una patologia non benigna dell’inte- stino. - Anemia sideropenica nella quale abbiamo escluso altre cause di carenza marziale. - Conferma e biopsia di lesioni sospette che sono state segnalate a un esame TC addome o co- lonscopia virtuale - Stipsi (non la stipsi funzionale cronica). Indicazioni per sorveglianza periodica Le indicazioni per sorveglianza periodica sono: - Familiarità per cancro al colon ed età >50 anni - Malattie infiammatorie intestinali croniche - Pregressi interventi chirurgici per cancro del colon retto - Pregresse polipectomie - Poliposi familiare adenomatosa Indicazioni operative Le indicazioni operative sono: - Trattamento di lesioni sanguinanti come tumori, anomalie vascolari - Polipectomia la resezione di polipi intestinali - Dilatazione stenosi o mediante palloncino o mediante inserimento di protesi e di stent per esem- pio come trattamento palliativo in neoplasie inoperabili. Controindicazioni - Sospetta perforazione intestinale - Episodio di diverticolite acuta recente perché potrebbe esserci una perforazione da parte dell’esame stesso. va trattata con terapia medica e poi risolto l’evento acuto dopo si potrà fare l’esame. - Tutti quei casi in cui l'esito della colonscopia non modifica il trattamento del paziente. In generale quando si chiede un esame diagnostico dobbiamo sempre farci la domanda: il risultato dell’esa- mecambierà il mio atteggiamento terapeutico in quella condizione? Mi porterà alla diagnosi di una condizione che al momento non sono in grado di formulare? Se la risposta è positiva, c’è una indicazione a fare l’indagine diagnostica, se la risposta è negativa è inutile sottoporre il pz a un esame invasivo. - Occlusione intestinale (controindicazione relativa) Complicanze - Secondarie alla preparazione all’esame. Per esempio, la pulizia intestinale prevede che il pz assuma due litri di preparazione e vada incontro a una diarrea: questo perché vogliamo che l’intestino sia libero e pulito da feci ma possono verificarsi alterazioni idroelettrolitiche come ipokaliemia severa. In altri casi in pz con scompenso cardiaco potrebbe peggiorare la situazione cardiologia. - Secondarie alla sedazione: depressione respiratoria e alterazioni del ritmo cardiaco. - Secondarie all’esecuzione dell’esame: perforazione, lesioni del mesentere, ematomi della parete intestinale, distensione addominale e conseguente shock vagale perché l’endoscopio per poter avere una visione corretta insuffla aria. Complicanze della polipectomia endoscopica: - Sanguinamento: immediato per mancata o insufficiente coagulazione dei vasi, tardivo (dopo 5- 15 gg) per caduta dell'escara - Perforazione: legata alla eccessiva coagulazione della parete o a resezione di un falso pedun- colo ENTEROSCOPIA CON VIDEOCAPSULA L’enteroscopia con videocapsula (VCE) è un esame molto particolare che è stato realizzato per lo studio completo di tutta la superficie interna dell’intestino tenue che con difficoltà può essere ispe- zionato con endoscopi tradizionali. È stato sostanzialmente

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