Funzionamento degli Ecosistemi PDF

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This document provides an overview of the functioning of ecosystems, focusing on the life cycles of marine organisms and the ecological strategies they employ. It details the stages of ontogeny in a species, starting from zygotes to mature individuals.

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Funzionamento degli Ecosistemi Capitoli 7 Argomenti Ecologia larvale, strategie vitali Ti è chiaro? ⋅˚₊‧ଳ ‧₊˚ ⋅ Processi intraspecifici ⋆˙⟡ Cosa sono i cicli vitali e cosa rappresentano?...

Funzionamento degli Ecosistemi Capitoli 7 Argomenti Ecologia larvale, strategie vitali Ti è chiaro? ⋅˚₊‧ଳ ‧₊˚ ⋅ Processi intraspecifici ⋆˙⟡ Cosa sono i cicli vitali e cosa rappresentano? Il ciclo vitale è l’insieme delle tappe della vita di un organismo, ovvero tutti gli stadi ontogenetici di una specie, dalloo zigote all’individuo sessualmente maturo. I cicli vitali degli organismi marini rappresentano un capitolo fondamentale delle conoscenze di base di un biologo marino. Infatti, non è possibile comprendere il funzionamento degli ecosistemi marini senza lo studio di strategie, dei cicli vitali e delle funzioni delle specie. ⋆˙⟡ Quale può essere un esempio dell’importanza di conoscere i cicli vitali delle specie? Sicuramente, un esempio sono gli cnidari, poiché presentano cicli vitali molto differenti, in cui gli organismi hanno morfologie completamente diverse nei diversi stadi del ciclo vitale. Le quattro classi che compongono questo phylum (Antozoi, Cubozoi, Scifozoi e Idrozoi) possono presentare tre distinte tipologie di ciclo biologico: Funzionamento degli Ecosistemi 1 1. Ciclo vitale completamente pelagico (stadio di medusa). 2. Ciclo pelagico e bentonico (stadi polipo e medusa). 3. Ciclo vitale completamente bentonico (stadio di polipo). I tratti del ciclo vitale di un organismo sono: Differenziazione; Sviluppo; Crescita; Riproduzione; Queste 4 componenti si associanoo alle fasi principali della vita: La differenziazione e lo sviluppo si riferiscono alle fasi embrionale e larvale. La crescita si riferisce alla forma giovanile e alla produzione fino al raggiungimento della maturazione sessuale. ⋆˙⟡ Che cosa è la storia vitale? La storia vitale è l’analisi quantitativa del ciclo vitale di una specie mediante parametri quali fecondità, fertilità, tasso di natalità e reclutamento. Funzionamento degli Ecosistemi 2 La storia vitale prende in considerazione numerosi aspetti, quali: La quantità di uova prodotte da un organismo nel corso di un singolo evento riproduttivo. Quante uova arrivano a schiudersi. Quani cicli riproduttivi si verificano nel corso di un anno. La durata dello sviluppo embionale. Quale è la percentuale di sopravvivenza diogni embione. La durata dello sviluppo larvale. L’ecologia delle larve e di cosa si nutrono e quante ne sopravvivono/arrivano a insediarsi. Quanto dura la fase postlarvale. Quale è il tasso di mortalità della vita postlarvale dopo che le larve si sono insediate, hanno metamorfosato e si sono trasformate in giovanili. Quanto dura la vita di una specie e i fattori che ne determinano mortalità o successo del reclutamento. ⋆˙⟡ La riproduzione negli organismi marini può essere… Sessuale, attraverso la produzione di due gameti che si fondono in uno zigote. Asessuale, attraverso meccanismi che danno origine a nuovi individui senza ricombinazione genica. Però! Molti organismi marini attuano entrambe le strategie riproduttive. Funzionamento degli Ecosistemi 3 Riproduzione Sessuale Riproduzione Asessuale Incrementa la diversità grazie allo scambio genico tra due individui e Avviene con tempistiche più brevi e quindi, riduce allo stesso tempo i possibili in caso di una risorsa temporaneamente effetti negativi del “collo di bottiglia” abbondante, gli organismi possono (ovvero una scarsa diversità generica produrre grandi popolazioni in poco tempo intra-specifica, con conseguente per poterla sfruttare al meglio. rischio di incapacità di far fronte a condizioni ambientali anomale). È dominante negli ambienti più stabili, caratterizzati da specie altamente Di contro, però, l’unica fonte di diversità competititve ed è molto dispendiosa genetica è la mutazione genica che avviene dal punto di vista energetico, acausa con basse frequenze della ricerca del partner e del corteggiamento A seconda delle modalità di riproduzione, le specie possono dividersi in: Gonocoriche, che possono produrre solo spermi o uova. Sono la maggioranza. Anellidi e molluschi marini sono prevalentemente gonocorici, contrariamente a quanto avviene per gli stessi gruppi in ambiente terrestre o di acqua dolce. Ermafrodite, che possono produrre gameti di entrambi i sessi. Possono presentare entrambi i sessi contemporaneamente oppure essere prima di un sesso e poi nell’altro. In questo caso gli ermafroditi possono essere distinti in: Proteroginici, se sono prima femmine e in più tarda età maschi. Proterandrici, se sono prima maschi e poi diventanoo femmine Funzionamento degli Ecosistemi 4 ⋆˙⟡ Lo sviluppo del nuovo organismo può essere indiretto o diretto… Lo sviluppo diretto degli organismi passano attraverso le tre fasi di embrione, giovanile e adulto (maturo sesssualmente). Nello sviluppo indiretto l’embrione passa alla fase larvale che subisce delle metamorfosi che lo portano alla fase adulta. ⋆˙⟡ Cosa è la fecondazione? La fecondazione è la fusione di due gameti e può essere: Fecondazione esterna (i gameti sono rilasciati nell’acqua): è comune in ambiente marino, soprattutto nelle specie sessili o poco mobili. Gli svantaggi sono un alto costo energetico e un alto rischio di insuccesso. Fecondazione interna (i gameti maschili sono - direttamente o indirettamente - introdotti nell’apparato riproduttore femminile): - ⟢ Ecologia Larvale ⋆˙⟡ Che cosa è una larva? La larva è uno stadio del ciclo vitale che presenta caratteristiche morfologiche, fisiologiche ed ecologiche molto diverse rispetto all’adulto. GLi organismi, spesso, preferiscono insediare le larve laddove ci sono già degli adulti poiché così hanno maggiori probabilità di sopravvivenza. Funzionamento degli Ecosistemi 5 ⋆˙⟡ Quali sono i tipi di cicli vitali? I cicli vitali possono essere complessi, ovvero prevedere uno o più stadi larvali intermedi che occupano un ambiente che è sostanzialmente differente da quello dell’adulto. Distinguiamo 4 tipi principali di ciclo vitale: 1. MEROPLACNTONICO, quando la fase larvale è svolta nel comparto planctonico. 2. MEROBENTONICO, quando la fase larvale è svolta nel comparto bentonico. 3. OLOPLANCTONICO, quando tutto il ciclo vitale è svolto nella colonna d’acqua. 4. OLOBENTONICO, quando tutto il ciclo vitale è svolto nel comparto bentonico. Esempio sugli cnidari della classe degli scifozoi: Si riproducono sia per via sessuale sia asessuale e possono essere definiti merobentonici, poiché spendono parte della loro vita in ambiente bentonico e danno vita poi a individui adulti plantonici (in grado di riprodursi sessualmente). Nella fase bentonica (sessile) l’individuo si accresce e si riproduce per via asesuata attraverso la strobilazione, ovvero la segmentazione del polipo e il successivo distacco di una porzione del polipo dotato di corona di tentacoli, che diventerà a sua volta il corpo della medusa planctonica. Nella fase pelagica, la medusa si riproduce invece per via sessuale, mediante l’emissione dei gameti che si Funzionamento degli Ecosistemi 6 uniscono in acqua, sviluppando una larva (planula) che poi si insedia sul fondo dando vita a una nuova colonia. Fai conto che: Quello che ci permette di discriminare gli organismi fra le due categorie “meroplanctonica” e “merobentonica” è il comparto in cui si sviluppa lo stadio larvale: negli scifozoi e nei policheti, il ciclo citale si svolge in due fasi distinte e in due ambienti differenti (bentonico e plantonico. Negli scifozoi (merobentonici) la fase larvale è ebentonica e quella adulta si svolge in acqua (allo stato medusoide), mentre nei policheti (meroplanctonici) la fase larvale è planctonica e quella adulta si svolge nel sedimento. ⋆˙⟡ Gli organismi mostrano diverse tipologie larvali Gli cnidari producono una planula. I policheti una trocofora. I lofoforati ne producono una detta actinotroca. I briozoi il cifonauta. I nemertini producono il polidium. I tunellari la larva di Muller. Tuttavia, taxa differenti possono produrre tipologie simili di larve. Per esempio, alcuni bivalvi producono un veliger, come alcuni anellidi. Funzionamento degli Ecosistemi 7 ⟢ Startegie vitali ⋆˙⟡ Cosa è la plasticità genotipica? La plasticità genotipica è lo studio della proprietà di un genotipo di produrre differenti fenotipi quando esso viene esposto ad ambienti diversi (plasticità fenotipica). Rappresenta un tema centrale della moderna ecologia evolutiva, o ecologia darwiniana. ⋆˙⟡ Cosa implica la plasticità genotipica? Fa sì che, per esempio, la stessa specie non necessariamente abbia lo stesso momento riproduttivo ovuque, lo stesso numero di uova ed embrioni, ecc. ⋆˙⟡ A cosa serve studiare le affinità e le differenze tra i vari tratti del ciclo vitale di diversi organsimi? Lo studio delle affinità e delle differenze tra i vari tratti del ciclo vitale di diversi organismi ha permesso di riconoscere dei modelli ricorrenti di sviluppo a cui è stato dato il nome di strategie vitale r e K (anche detti da Fachaul “diagrammi vitali”). ⋆˙⟡ Quali sono le strategie vitali? In linea di massima le strategie vitali vengono divise in 2 grandi categorie: La strategia K. La strategia r. k è la carrying capacity, cioè il valore massimo di crescita di una popolazione descritta da una curva sigmoide: Funzionamento degli Ecosistemi 8 dN/dT = rN(k − N/k) Se superiamo la soglia di k andiamo incontro a processi di interazione competitiva intraspecifica che riduce il potenziale biotico e riproduttivo r, mentre la cruva di crescita esponenziale descritta da: dN/dt = rN vede lo sviluppo esponenziale di questa popolazione in condizioni non limitanti in funzione del potenziale biotico. ⋆˙⟡ Quali sono le differenze tra le strategie K e r? In tabella, ecco un riassunto: STRATEGIA K STRATEGIA r Ambiente prevedibile - stabile imprevedibile - instabile Numero di riproduzioni poche molte Crescita lenta veloce Sforzo riproduttivo elevato basso Mortalità bassa elevata SviluppoTaglia adulto lento rapido Taglia adulto grande piccola Taglia piccoli grande piccola Cure parentali presenti assenti Taglia popolazione stabile variabile Capacità competitiva alta bassa IMPORTANTE: non tutte le specie possono essere divise in questi due raggruppamenti. Possiamo infatti avere gli stessi gruppi tassonomici che presentano specie a strategia r e specie a strategia K. Funzionamento degli Ecosistemi 9 Le due strategie sono condizioni estreme che in realtà non di verificano mai: si presentano più spesso le forme intemedie. Esempio: Le specie, nell’adozione di queste strategie, mostrano una notevole plasticità. Alcune possono essere: Semelpare, con unico evento riproduttivo durante il ciclo vitale, tipico nei salmonii e nelle anguille catadrome. Iteropare, specie che possono avere diversi eventi riproduttivi durante la vita, ma nell’ambito delle specie particolarmente evolute ci può essere una certa plasticità in alcuni casi e avere più eventi riproduttivi nell’arco del ciclo vitale piuttosto che averne uno solo. ⋆˙⟡ Quale altra classifica può descrivere le larve? Le strategie K e r si attuano anche attraverso diverse caratteristiche del cicloo vitale e di stadi larvali. Possiamo classficare le larve in due grandi categorie: Lecitotrofiche (le larve utilizzano le risorse derivanti dal vitello e sono quindi in grado di sopravvivere senza doversi alimentare immediatamente) Funzionamento degli Ecosistemi 10 Le larve lecitotrofiche, contando solo sulle loro riserve iniziali, conducono una vita pelagica relativamente breve (la durata della fase è dell’ordine di ore o al massimo di qualche giorno), nascono da uova di grandi dimensioni e solitamente poco numerose (a causa del dispendio energetico dato dall’accumulo del vitello di cuid evono nutrirsi). Ne consegue che queste larve hanno un modesto o discreto potenziale di dispersione, infatti spesso tornano a colonizzare arre parentali. Planctotrofiche (in grado di alimentarsi fin da subito di altri organismi fito- e/o zooplanctonici) Le larve planctontrofiche vengono invece prodotte in grande numero, sono a vita lunga (la durata di questa fase è di qualche settimana), hanno una notevole capacità di dispersione ma sono soggette a un alto tasso di mortalità (tipicamente meno dell’1% arriva alla metamorfosi). Oltre alle larve planctotrofiche in senso stretto, ci sono le larve telepatiche (sempre pelagiche e planctotrofiche) che possono arrivare fino a tre mesi di vita: questo consente loro un grande potenziale di dispersione, ma sono soggette anche ad una elevata mortalità. ⟢ Ecologia del rifornimento larvale (SUPPLY SIDE ECOLOGY) La dispersione gioca un ruolo cruciale nell’ecologia e nell’evoluzione degli organismi e ciò è particplarmente vero nei sistemi marini, in cui molti animali mostrano stadi bentonici e planctonici nel loro ciclo vitale. ⋆˙⟡ Che cosa è la supply side ecology? Funzionamento degli Ecosistemi 11 Tradotta come “Ecologia del rifornimento laterale”, riconosce il ruolo fondamentale che gli input larvali giocano nel determinare la dimensione delle popolazioni locali adulte. Ciascuna situazione ambientale è infatti il risultato del reclutamento di larve che arrivano da altrove. RICORDA: lo studio della biologia larvale, dell’apporto di larve da altre località, ecc… permette di comprendere a fondo lo sviluppo delle biocenosi. Il rifornimento lateriale è un meccanismo mediante il quale gli stadi larvali giovanili si spostano dalle zone in cui si sono originati (zone sorgenti) verso zone differenti. Se in queste nuove zone le reclute sono in grado di accrescersi, di diventare adulti e riprodursi, queste aree diventeranno a loro volta nuove zone sorgente. Nel caso in cui invece le larve giungano in aree dove non riescono a crecsere e riprodursi, queste zone verranno definite “sink area” o “aree di perdità”. In queste zone non si avrà più possibilità di dare luogo a nuove generazioni. ⋆˙⟡ Cosa è una comunità? Una data comunità è il risultato di una storia di continua ricolonizzazione in seguito alla morte degli adulti. ⟢ Forme di resistenza e Benthic-Pelagic Coupling Gli stati di resistenza (resting stages) e le cisti di organismi marini sono la risposta fisiologica a condizioni ambientali avverse. Funzionamento degli Ecosistemi 12 ⋆˙⟡ Da cosa sono prodotti i stadi di resistenza? Gli stadi di resistenza sono prodotti da una grande varietà di organismi marini, dalle microalghe ai crostacei e ai policheti. Si tratta di una modalità di sospensione temporanea dalla vita attiva che permette di superare momenti critici. In natura gli organismi affrontano queste condizioni con 2 processi diversi: Ovvero il ritardo nello sviluppo dovuto a un’immediata risposta allo stress ambientale. Se un organismo va in quiescemza, le La quiescenza condizioni di riattivazione dipendono direttamente dalle condizioni ambientali: quando queste sono nuovamente favoravoli lo sviluppo inizia immediatamente. Ovvero l’interruzione dello sviluppo biologico che viene “programmata” dal genoma e sospende il ciclo vitale di un organismo anche in presenza di condizioni ambientali favorevoli. La diapausa Lo sviluppo può riprendere solo dopo il completamento di un periodo refrattario di sospensione e se le condizioni ambientali sono andatte. ⋆˙⟡ Come sono fatti gli stadi di resistenza? Gli stadi di resistenza e le cisti sono spesso di forma sferica e hanno caratteristiche di elevata robustezza. Sono di solito riverstite da una parete molto resistente e in molti casi sono ricoperte da aculei e protuberanze che dovrebbero scoraggiare l’ingetsione da parte di eventuali predatori. ⋆˙⟡ Come si identificano le forme di resistenza? L’identificazione di molte forme di resistenza è ancora incerta e anche l’analisi molecolare è resa complicata dalla difficoltà nell’estrarre e amplificare il DNA contenuto all’interno della ciste. La certezza dell’identificazione spesso si ottiene solo dalla schiusa della ciste e dallo sviluppo dell’organismo. Funzionamento degli Ecosistemi 13 ⋆˙⟡ Quando gli organismi sviluppano forme di resistenza? In condizioni ambientali sfavorevoli, molti organismi marini in stadio attivo possono incestarsi o sviluppare una forma di resistenza, ma in alcuni casi possono produrre anche uova di resistenza, ovvero uova che anche quando sono rilasciate non si sviluppano immediatamente, ma solo dopo aver superato un periodo di quiescenza. ⋆˙⟡ Come si comportano le forma di resistenza? Le forme di resistenza sono inerti e si comportano come particelle di sedimento che vengono depositate sul fondo del mare. I siti di accumulo preferenziali sono quelli dove si trovano le particelle inerti conn caratteristiche analoghe. Nei sedimenti possono Funzionamento degli Ecosistemi 14 quindi accumularsi delle “banche” di cisti e forme di resistenza, pronte a svilupparsi in condizioni ambientali favorevoli. ⋆˙⟡ Cosa si intende con accoppiamento bento-pelagico? Si parla di accoppiamento bento-pelagico (BENTHIC- PELAGIC COUPLING) quando ci si riferisce al contributo di organismi, come le forme di resistenza, che dal benthos vengono “rilasciati” nella colonna d’acqua, portando a vere e proprie esplosioni (bloom) che sono generalmente imprevedibili proprio perché prima del loro sviluppo questi organismi erano assenti in colonna d’acqua. Questa è una delle ragioni pricnipali del fatto che le specie planctoniche apparentemente scompaiono e riappaiono nell’ambiente marino. In molti casi semplicemente si incistano e sospendono la loro vita attiva. Le loro popolazioni attive sono periodicamnete rifornite con propaguli e cisti chise dal fondo del mare. Questo processo, che dipende da uno scambio tra plancton e benthos, aumenta la persistenza degli organismi marini nel tempo. ⋆˙⟡ Quali sono i fattori che condizionano le forme di resistenza? Il trasporto operato dalle correnti determina la distribuzione delle forme di resistenza nei sedimenti. L’infossamento delle forme di resistenza all’interno del sedimento e i processi di predazione bentonica sul merobenthos. Funzionamento degli Ecosistemi 15 Alcuni animali con specifiche strutture boccali riescono a nutrirsi di queste cisti. Per esempio i Nematodi, i tardigradi e altri roagnismi, possono perforare le cellule e succhiarne il contenuto. Una volta nei sedimenti, quindi, i resting stages possono rappresentare anche una fonte di cibo per i deposivori bentonici. ⋆˙⟡ Quali implicazioni dal punto di vista dello scambio genico possono avere le forme di resistenza? Beh, per esempio, sono state osservate cisti di crostacei che si sono sviluppate a distanza di centinaia di anni dalla loro riproduzione, nonostante il ciclo vitale delle specie coinvolte sia di poche settimane. AL momento della schiusa vengono in contatto con organismi prodotti centinaia di generazioni dopo di loro. L’incrocio tra questi organismi può essere importante nel caso si fossero verificati processi di deriva genetica e in particolare di bottle neck. Bottle neck: questo fenomeno è una tipologia di deriva genetica in cui la popolazione si contrae drasticamente in termini numerici in maniera indipendente dalla selezione naturale. La dinamica di queste componenti è ancora poco studiata ma appare probabile che possa essere ben rappresentata dal modello con un andamento a “dente di sega”, con periodi in cui la popolazione è soggetta a una forte selezione naturale, con brusca diminuzione delle abbondanze, seguita da un Funzionamento degli Ecosistemi 16 incremento di taglia della popolazione (flush) e poi nuovi decrementi improvvisi (crash). Gli organismi sopravvissuti costituiranno i fondatori delle successive popolazioni. ⟢ Produzione Primaria Le cellule richiedono energia per il loro metabolismo. Per ottenere l’energia, possono farlo attraverso tre vie metaboliche: Chemioorganotrofica, quando gli organismi ottengono energua dai composti organici. Chemiolitotrofica, quando vengono utilizzati composti inorganici. Fototrofica, in cui il flusso di elettroni è innescato dalla luce. ⋆˙⟡ Cosa è la produzione primaria? La produzione primaria è il complesso dei processi attraverso i quali il carbonio inorganico è trasformato in materiale organico cellulare ed è il meccanismo fondamentale con cui funzionano i processi ecosistemici. La produzione primaria può essere di 2 tipi: 1. Fototrofica (quando utilizza la luce come fonte di energia). 2. Chemioautotrofica (quando si utilizza il potenziale energetico di legami chimici). In entrambi i casi la base per la produzione di materia organica è l’anidride carbonica. ⋆˙⟡ Quali sono i produttori primari? Funzionamento degli Ecosistemi 17 Possiamo distinguere i produttori primari in: Organismi che utilizzano energia luminosa per sintetizzare sostanze organiche partendo da composti inorganici semplici (fotosintesi). L’energia luminosa viene captata da pigmenti FOTOAUTOTROFI fotosintetici contentuti nei cloroplasti, nel caso di piante e alghe unicellulari, o sparsi nel citoplasma, nel caso di cianobatteri e fotobatteri. La sintesi delle sostanze organiche viene ricaricata da processi di ossidazione di sostanze inorganiche. La CHEMIOAUTOTROFI chemiosintesi è svolta esclusivamente da procarioti, in particolare dagli Archea, che utilizzano composti inorganici e CO₂ per produrre energia. Nota: negli ambienti marini la produzione primaria deriva solo al 50-60% dai processi fotosintetici, poiché il contributo dei processi di chemiosintesi è notevole. ⋆˙⟡ Come può essere quantificata la produzione primaria? La produzione primaria può essere quantificata come la quantità totale di materia organica 8o di carbonio organico) prodotta per unità di area o di volume e per unità di tempo. Operativamente la produzione primaria viene espressa in unità di massa (grammi, moli) di carbonio fissato dai produttori primari presenti per unità di area (dm², m²) o unità di volume (dm³, m³) nell’unità di tempo )ora, giorno, anno). ⋆˙⟡ Riciclo di energia e materia Gli ecosistemi presenti sulla terra e gli oceani sono molto efficienti nel ricienti nel riciclo di energia e materia. La produzione primaria annua netta degli ecosistemi terrestri è di crica 56 Pg C anno^(-1) e una piccola parte del carbonio fissato è riciclato nei sistemi terrestri ed esportato agli oceani tramite i fiumi. Funzionamento degli Ecosistemi 18 Quasi tutta la produzione primaria marina netta viene riciclata mentre una porzione pari a circa 1% è seppellita nei sedimenti marini. Anche se gli organismi eterotrofi sono molto efficienti nel riciclare la sostanza organica non possono utilizzarla tutta poiché in parte deviata in metaboliti come l’ammonio e, in presenza di condizioni, anossiche in sostanze ridotte quali il solfuro. Questi composti inorganici ridotti sono utilizzati dagli organismi chemioautotrofi per ottenere l’energia per la fissazione del carbonio inorganico. ⟢ Produzione Primaria Chemiosintetica in Mare Il metabolismo chemiolitotrofo (che solitamente coinvolge processi respiratori aerobici ma utilizza una risorsa energetica inorganica piuttosto che una organica) è stato riscontrato solo nei procarioti che, infatti, mostrano un’elevata plasticità metabolica, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di conservazione dell’energia. ⋆˙⟡ Quali sono i meccanismi di conservazione dell’energia? I meccanismi di conservazione dell’energia conosciuti sono due: 1. Respirazione. 2. Fermentazione. ⋆˙⟡ In che cosa risiede la diversità metabolica dei procarioti? La diversità metabolica dei procarioti risiede nella capacità di utilizzare differenti donatori e accettori di elettroni nella respirazione. ⋆˙⟡ Quali sono i composti organici utilizzati? Funzionamento degli Ecosistemi 19 Lo spettro dei differenti composti utilizzati è abbastanza ampio )es: acido solfidrico, ferro e ammoniaca), ma, come regola, un procariote è specializzato nell’utilizzo di un relativo gruppo di composti inorganici. Il vantaggio di questo metabolismo chemiolitotrofo è che la competizione con i chemioorganotrofi è esclusa. Inoltre, molti dei composti inorganici ossidati sono attualmente i prodotti di scarto del metabolismo chemioorganotrofico: questi organismi hanno quindi sviluppato strategie per sfruttare le risorse che per molti organismi risultano essere inutilizzabili. ⋆˙⟡ Quali sono i procarioti che mostrano la più grande diversità nei meccanismi di produzione dell’energia? Sono i Proteobacteria. Questi possono infatti essere: Fototrofici. Chemiolitotrofici. Chemioorganotrofici. All’interno di questo phylum, troviamo: Batteri fototrofici purpurei (che possono utilizzare o meno il solfuro di idrogeno come donatore di elettroni). Batteri nitrificanti (capaci di crescere chemiolitotroficamente in presenza di composti ridotti dell’azoto). Batteri solfuro- e ferro-ossidanti con metabolismo chemiolitotrofico (divisi in due ampie classi ecologiche: quelli che vivono a pH neutro e quelli che vivono a pH acido). Batteri idrogeno-ossidanti. Funzionamento degli Ecosistemi 20 Batteri metanotrofi e metilotrofi (che utilizzano metano e pochi altri composti a un atomo di carbonio come donatori di elettroni per la produzione di energia e come sola fonte di carbonio come donatori di elettroni per la produzione di energia e come sola fonte di carbonio). Batteri acido acetici (capaci di ossidare l’alcool e gli zuccheri ad acidi organici). Batteri azoto-fissatori aerobici. Batteri solfato- e zolfoo riduttori (che sono responsabili della decomposizione di più del 90% della materia organica nei sedimenti marini costieri). ⟢ Produzione Primaria Fotosintetica ⋆˙⟡ Dove avvengono principalmente i processi di produzione primaria? I processi di produzione primaria si attuano principalmente nello strato della colonna d’acqua che corrisponde alla zona eufotica che normalmente è lo strato delimitato inferiormente dalla profondità alla quale si misura l’1% dell’irradianza superficiale). ⋆˙⟡ A cosa sono legati dunque i processi di formazione della materia organica primaria? I processi di formazione della materia organica primaria sono conseguentemente legati anche alla stagionalità dei processi di produzione primaria. ⋆˙⟡ Quali sono le caratteristiche dei produttori primari? Funzionamento degli Ecosistemi 21 I produttori primari (fanerogame, macroalghe, organismi fitoplanctonici, cianobatteri e proclorofite) possiedono pigmenti che li rendono autotrofi, ovvero capaci di organicare le sostanze minerali, costituendo il primo e il principale anello della catena alimentare (da qui il nome di produttori primari). Grazie alla fotosintesi gli organsismi sono in grado di sintetizzare composti organici a elevato contenuto energetico (carboidrati) a partire di composti inorganici utilizzando la luce come fonte di energia per fissare il carbonio. ⋆˙⟡ Cosa è la fotosintesi? La fotosintesi è un processo molto complesso che comprende diversi passaggi che fanno capo a due serie di reazioni: le cosidette “fase luminosa” e “fase oscura”. Prevede la cattura dei fotoni da parte dei pigmenti fotosintetici con Fase Luminosa la produzione di energia sottoforma di ATP e di un forte riducente. Gli ATP svengono poi utilizzati nella seconda serie di reazioni per Fase Oscura didurre l’anidride carbonica in molecole organiche complesse. Tuttavia, la sintesi delle proteine, deglii acidi nucleici e di molte altre molecole organiche è necessaria la presenza di altri elementi, fra cui l’azoto e il fosforo, che sono assunti dall’ambietne e utilizzati nei processi anabolici della cellula, che li organica utilizzandoli per esigenze energetiche e plastiche. ⋆˙⟡ Quali sono i fattori che influenzano la produzione primaria? I fattori che influenzano la produzione primaria sono: 1. L’intensità della luce. Funzionamento degli Ecosistemi 22 2. La disponibilità di nutrienti. 3. La turbolenza e il rimescolamento delle acque. 4. Il pascolo (razing). 5. Le infezioni virali. ⋆˙⟡ Ricorda che: L’intensità della radiazione luminosa e la durata del periodo di luce sono i fattori che giocano un ruolo chiave nel regolare la produzione primaria in mare. L’energia luminosa totale che arriva sulla superficie del mare, il 15% viene “perso” per riflessione e diffusione a opera di particelle che si trovano sulla superficie stessa, la porzione restante viene gradualmente assorbita lungo la colonna d’acqua, creando microclimi di assorbimento. Non tutta la radiazione solare è usata nel processo fotosintetico, la componenti dell’ultravioletto è infatti subito assorbita dall’acqua mentre l’energia utile per la fotosintesi è quella con una lunghezza d’onda compresa tra circa 400 e 720 nm (corrispondente al campo del visibile)l definita come P.A.R. (”photosynthetically available radiation”). La zonazione verticale del fitoplancton è condizionata dalla penetrazione della luce: gruppi fitoplanctonici diversi usano lunghezze d’onda specidiche e fotosintetizzano a intensità di luce diverse, disponendosi quindi in zone differenti della colonna d’acqua. Si originano così migrazioni verticali di fitoplancton dovute ai cambiamenti di P.A.R. Funzionamento degli Ecosistemi 23 ⋆˙⟡ Da cosa dipende la quantità di luce assorbita dal mare? La quantità di luce che viene assorbita dal mare dipende da tre fattori: 1. La latutudine (alle maggiori latitudini si ha una minore intensità luminosa). 2. Copertura (il vapore acqueo delle nubi assorbe la luce diminuendo così l’intensità della luce che arriva al mare). 3. Stagionalità (in base alla quale varia il fotoperiodo). IMPORTANTE: non esiste una proporzionalità diretta tra fotosintesi (P) e intensità luminosa (I). Eccessive intensità luminose possono anche portare a una fotoinibizione dell’attività fotosintetica (a causa dii alterazioni fisiologiche, quali per esempio il raggrinzimento dei cloroplasti). La curva fotosintesi/luce (a destra), mette in evidenza li effetti delle diverse intensità di luce sulla fotosintesi: La fotosintesi aumenta con l’aumento dell’intensità della luce sino a un valore asintotico dove il Pmax, invece, risente sistema raggiunge la molto dei fattori saturazione e al quale si ambientali (bassa ha il massimo di temperatura, carenza di fotosintesi possibile nutrienti). (Pmax). Funzionamento degli Ecosistemi 24 La pendenza iniziale della curva (descritta dalla retta alfa) rappresenta l’efficienza fotosintetica, ovvero l’efficienza di utilizzo della luce. L’inclinazione iniziale della curva è funzione della reazione luminosa della fotosintesi (non è condizionata da fattori ambientali). IMPORTANTE: le alghe, a seconda delle specie, si possono comportare in maniera diversa rispetto all’illuminazione, dal momento che ogni specie ha il suo massimo di attività fotosintetica in corrispondenza di determinate lunghezze d’onda e che tale processo viene inibito, o quanto meno viene notevolmente rallentato, da lunghezze d’onda non adatte. Funzionamento degli Ecosistemi 25 La variazione stagionale dell’intensità luminosa influenza anche il tasso di cresicta dei diversi gruppi produttori primari. Il tasso di crescita può rappresentare una misura della capacità di fotosintesi di un gruppo specifico: a basse intensità si ha il massimo di produzione per i cianobatteri. Il tasso di fotosintesi tende a diminuire con la profondità, ma spesso si possono avere massimi Altri fattori da cui di produzione primaria dipende la produzione sub-superficiali dovuti primaria sono la all’effetto di temperatura e il pH fotoinibizione della luce (agiscono negli strati più principalmente sul superficiali. metabolismo del Al di sotto del picco di fitoplancton). fotosintesi sub-superficiale, i valori di produzione tendono a diminuire esponenzialmente insieme Funzionamento degli Ecosistemi 26 alla diminuzione dell’intensità luminosa, fino a giungere a un punto nel quale i processi di produzione eguagliano, in media nell’arco delle 24 ore, quelli di respirazione. Si definisce così la profondità di compensazione. Profondità di compensazione: al di sotto di questa quota il processo fotosintetico può continuare, ma con un bilancio negativo. La profondità di compensazione segna il limite inferiore della zona fotica. Scendendo ulteriormente in profondità si arriva alla profondità critica, dove la quantità complessiva di ossigeno consumato lungo la colonna d’acqua fino a quella prodondità compensa tutto l’ossigeno prodotto negli strati superficiali. Funzionamento degli Ecosistemi 27 ⋆˙⟡ Il pH del mare Anche se l’acqua di mare è un mezzo con un forte potere tampone, lungo le aree costiere può subire variazioni da cui il fitoplancton non ha difese. Oltre a questi fattori fisico- chimici, che agiscono sempre in maniera interdipendente gli uni dagli altri, bisogna considerare anche quelli biologici, in altre parole i rapporti di vario genere (trofici, fisici, ecc) che intercorrono tra gli organismi della stessa biocenosi. Se è vero, infatti, che in estate la biomassa fitoplanctonica è, in genere, inferiore a quella che si riscontra in inverno. è anche vero che proprio in questa stagione si ha il massimo sviluppo dello zooplancton che, con il suo pascolo, contribuisce in maniera diretta a limitare lo sviluppo fitoplanctonico. ⋆˙⟡ Quali sono i nutrienti determinanti per la crescita cellulare e per la fotosintesi? L’azoto (N, sotto forma di ammoniaca e nitrati). Il fosforo (P, sotto forma di ortofosfati) L’acqua. L’anidrite carbonica. ⋆˙⟡ Che cosa è la formula di Redfield? La formula di Redfield (C₁₀₆H₂₆₃O₁₁₀N₁₆P₁) indica che la produzione di 1 mole di sostanza organica richiede 1 mole di fosfato, 16 di azoto e 106 di carbonio. È dunque evidente che le cellule algali devono trovare nell’ambiente le sostanze di cui necessitano in quantità sufficiente, anche se la loro ocncentrazione non è mai omogenea. Funzionamento degli Ecosistemi 28 Inoltre, dal rapporto di Redfield appare evidente che il fosforo è per eccellenza il fattore limitante della produzione primaria: essendo il suo rapporto atomico con l’azoto di 16:1, è necessaria la presenza di un atomo ddi fosforo per organicare 16 atomi fi azoto. Pertanto, anche se si hanno a disposizione grandi quantitativi di azoto, una carenza di fosforo limita la fotosintesi, pvvero la produzione primaria di sostanza organica. ⋆˙⟡ Quando ci sono le condizioni per la crescita planctonica? Quando i valori di disponibilità dei nutrienti, e in particolare di N e P, si allontanano significativamente dal rapporto di Redfield (N:P=16) si possono avere condizioni limitanti per la crescita planctonica. Quando l’azoto diventa limitante (N:P16, per esempio con valori di 30 e 60), si parla di fosforo- limitazione. ⋆˙⟡ Quali sono le fonti di azoto? Le fonti di N sono principalmente ammoniaca e nitrati. Nella zona eufotica è disponibile l’ammoniaca (azoto nella forma ridotta), derivante dall’escrezione degli organismi, i nitrati (azoto in forma ossidata) sono invece presenti negli strati profondi della colonna d’acqua, dove i nutrienti vengono rigenerati a opera della componente batterica mediante la remineralizzazione. Funzionamento degli Ecosistemi 29 L’azoto utilizzato dal fitoplancton può avere quindi origine autoctona (solitamente in forma ridotta NH₄+) o alloctona (solitamente in forma ossidata NO₃-). I nitrati possono essere riportati in superficie delle acque profonde (come avviene nei fenomeni di upwelling, per esempio) o arrivare da terra tramite fiumi o attraverso l’apporto dell’uomo. I nitrati vengono immessi principalmente nel sistema eufotico dal rimescolamento delle acque. La quantità di produzione primaria derivante dalla forma ossidata dell’azoto e dalla fissazione dell’azoto atmosferico (N₂) è la produzione nuova. La quantità di produzione primaria derivante dalla forma ridotta (e quindi derivanti da processi di “riciclo” dei nutrienti) viene indicata come produzione rigenerata. ⋆˙⟡ Dove è ridotta la produzione primaria? Nelle zone in cui la disponibilità di N e P è bassa (regioni oligotrofiche), la produzione primaria è ridotta e spesso dominata da processi di azotofissazione (N₂) da parte dei cianobatteri che sono favoriti da queste condizioni. La fissazione di N₂ aumenta il rapporto N:P della sostanza organica a valori che sono al di sopra del rapporto di Redfield. I tassi globali di fissazione N₂ non sono però sufficienti a bilanciare le perdite di N fissato mediante processi quali anammoz e denitrificazione. Di conseguenza, l’oceano è soggetto ad una diminuzione del rapporto N:P al di sotto del rapporto Redfield. ⋆˙⟡ Dove aumenta la produzione primaria? Funzionamento degli Ecosistemi 30 Nelle zone in cui la produzione dipende anche dall’azotofissazione, come ambiente oceanico aperto, i valori di produzione sono molto bassi a causa della bassa efficienza dell’utilizzo del N₂ (triplo legame covalente da rompere con grandi costi energetici), mentre dove sono disponibili alte concentrazioni di nutrienti (come nelle aree di upwelling), la produzione primaria è elevatissima. Questo fa sì che le aree di upwelling contribuiscano per circa l 50% alla produzione primaria globale. ⋆˙⟡ Cosa altro contribuisce alla produzione di materia organica in mare? 1. Ambiente estuario (fiumi): contribuisce hai processi di produzione primaria come produzione nuova e porta arricchimento al sistema. 2. Deposizione atmosferica: diventa importante soprattutto negli ambienti marini più oligotrofici, dove la limitata disponibilità di nutrienti inorganici si associa a processi di limitata produzione primaria. Alcuni autori, per esempio, hanno studiato l’importanza della deposizione atmosferica sia di frazioni umide che secche (come per esempio la sabbia sahariana nel Mediterraneo) e hanno valutato che questa contribuisce significativamente ai processi di produzione della materia organica in mare. ⋆˙⟡ Come contribuisce l’azoto N? Gli input di azoto in mare contribuiscono alla fissazione di CO₂ e all’aumento di produzione primaria, mentre li apporti atmosferici contribuiscono alla produzione nuoca negli ambienti oceanici. Funzionamento degli Ecosistemi 31 Deposizione atmosferica di N nel 2-4 g C m² anno ⁻ ¹ Mediterraneo Deposizione atmosferica di fosforo 1 g C m² anno ⁻ ¹ Nota: alcuni eventi episodici di bloom fitoplanctonico possono essere innescati dalla deposizione atmosferica, non solo per il contributo di azoto e fosforo, ma anche per il contributo di ferro che, in alcuni casi, può diventare un elemento limitante per la produzione primaria. È stato anche ipotizzato un link causale (un legame diretto) fra bloom episodico e forzanti specifiche atmosferiche e oceanografiche. La diversa distribuzione dei nutrienti può essere causata anche dall’apporto fluviale lungo le coste, oltre che dall’upwelling e dal downwelling (che, rispettivamente, arricchiscono e impoveriscono la colonna d’acqua di ossigeno e nutrienti. ⋆˙⟡ Un importante aspetto che regola stagionalmente i processi di produzione primaria è l’effetto di stabilizzazione e destabilizzazione delle acque superficiali. Questo effetto è legato alla formazione del termoclino primaverile e alla sua rottura a opera delle mareggiate. Con l’arrivo della primavera, aumentando la quantità di luce, Primavera comincia a stabilizzarsi la colonna d’acqua in condizioni di luce ideali per la fotosintesi clorofiliana. Tuttavia, in estate la forte stabilizzazione della colonna d’acqua operata dal termoclino porta a una progressiva siminuzione delle Estate concentrazioni di nutrienti che si associa a un aumento della prodondità di rimescolamento che impedisce la risalita di nutrienti nuovi per alimentare la produzione primaria. Autunno L’avvento delle mareggiate autunnali rompe la stratificazione della colonna d’acqua e permette il rimescolamento, con un nuovo Funzionamento degli Ecosistemi 32 apporto di nutrienti remineralizzati durante l’estate e conseguente nuova fioritura fitoplanctonica. Ne consegue che questo ciclo stagionale, tipico delle medie latitudini, permette di avere nell’arco dell’anno due fioriture fitoplanctoniche: la prima in primavera e la seconda, generalmente di minore entità, in autunno. ⋆˙⟡ Altri parametri da considerare nell’ambito della produzione primaria: Competizione (può essere inter- e intra- specifica) L’effetto di grazing da parte dello zooplancton. Esempio: In molte aree il pascolo da parte dei copepodi e di altre componenti dello zooplancton è in grado di determinare un effetto top down, ovvero di controllo predatorio sull’abbondanza delle prede, in questo caso il fitoplancton. In alcuni sistemi lo zooplancton può arrivare a consumare giornalmente il 30-50% dell’abbondanza fitoplanctonica. ⟢ Chi sono i Produttori Primari? Nell’ambiente marino la produzione primaria è in gran parte dovuta al fitoplancton. Ma questo cambia a seconda di dove ci troviamo. Infatti: Negli oceani aperti è soprattutto il fitoplancton, poiché la frazione pico e nanoplanctonica è più abbondnate e ha più alta efficienza fotosintetica. Nelle acque costiere, invece, la comunità fitoplanctonica è tipicamente dominata da microfitoplancton le cui abbondanze possono variare anche di molto nel corso dell’anno. ⋆˙⟡ Non è solo la componente planctonica a contribuire… Funzionamento degli Ecosistemi 33 Anche la componente fitoplanctonica contribuisce. Per esempio, le fanerogame possono arrivare a contribuire fino al 12% della produzionenetta oceanica globale. Anche il microfitobenthos può contribuire in maniera significativa nella produzione primaria, sopratutto in acque poco profonde e negli ambienti intertidali, dove spesso rappresentano i produttori primari dominanti, con valori di produzione primaria che possono uguagliare o superare quelli del fitoplancton. Anche le macroalghe svolgono un ruolo determinante nei processi di produzione primaria costiera, specialmente in aree con fondali rocciosi dove rappresentano la componente dominante fino a 10-20 m di profondità. ⟢ Produzione secondaria La sostanza organica prodotta dai vegetali e dai batteri vegetali e dai batteri fotosintetici e chemiosintetici viene utilizzata dagli animali erbivori o da batterivori per la formazione di tessuto animale. Il flusso di energia che viene incanalato nella biomassa di organismi eterotrofi viene indicato come produzione secondaria lorda e la produzione lorda diminuita delle prerdite dovute alla respirazione e all’escrezione viene denominata produzione secondaria netta. Quindi: La produzione secondaria, anche chiamata produttività secondaria, in biologia indica la velocità di immagazzinamento dell'energia da parte degli eterotrofi al netto di ciò che viene utilizzato per il mantenimento delle funzioni metaboliche. ⋆˙⟡ A chi è riferita la produzione secondaria? Funzionamento degli Ecosistemi 34 La produzione secondatia è sempre riferita ai consumatori eterotrofi. ⋆˙⟡ Come viene misurata la produzione secondaria? Come la produzione primaria, la produzione secondaria è una misura di massa per unità di volume in unità di tempo. Viene espressa quindi come una variazione di biomassa nel tempo, ma non è facile da calcolare, soprattutto se si tiene conto delle componenti più piccole come i batteri. ⋆˙⟡ Da cosa dipende la produzione secondaria? 1. Tassi di riproduzione e di accrescimento degli organismi. 2. Metabolismo. 3. Disponibilità alimentare e Legge di Liebig (o del minimo). 4. Accoppiamento spazio-temporale tra disponibilità di cibo e reclutamento della progenie. Mentre il primo fattore è intrinseco di ogni specie o popolazione, gli altri dipendono dall’ambiente esterno e costiruiscono i principali fattori di regolazione della produzione secondaria in mare. ⋆˙⟡ La maggior parte della variabilità che si riscontra fra i diversi oraganismi, incluse le variazioni delle caratteristiche del loro ciclo vitale e del ruolo ecologico, è vincolata dalla taglia corporea, della temperatura e dalla composizione chimica. Il metabolismo è una rete complessa di reazioni biochimiche catalizzate da enzimi che permettono alle concentrazioni dei substrati, dei prodotti e dei tassi di reazione di essere regolati. Funzionamento degli Ecosistemi 35 Il tasso metabolico (l’energia necessaria per svolgere le funzzioni vitali) è il tasso biologico fondamentale, poiché rappresenta l’assimilazione, la trasformazione e l’allocazione dell’energia negli organismi. Il tasso dei processi metabolici mostra imprevedibili variazioni fra gli organismi (terrestri e marini). Probabilmente queste variazioni sono dovute ai vincoli ambientali e alla limitazione delle risorse, anche se alcune teorie identificano, come causa principale di variabilità nei tassi metaboloci, la diversità dei ruoli ecologici degli organismi e le rispettive esigenze enrgetiche. ⋆˙⟡ Ma cosa è esattamente il metabolismo? Il metabolismo è un processo biologico in cui la temperatura gioca un ruolo fondamentale, soprattutto negli organismi pecilotermi. Per un eterotrofo, il tasso metabolico è uguale al tasso della respirazione, poiché gli eterotrofi ottengono energia dall’ossidazione dei composti organici come descritto dalla reazione: CH2 + O2 (energia) + CO2 + H2 O ​ ​ ​ ​ Per un autotrofo il tasso metabolico è uguale al tasso di fotosintesi, poiché la stessa Funzionamento degli Ecosistemi 36 reazione avviene in senso inverso utilizzando energia fornita dal sole per fissare carbonio. Ci sono varie teorie sul tasso metabolico: Alcuni sostengono che gli organismi vadano verso un comune tasso metabolico, correttoo in base alla massa e alla temperatura. Alcuni pensano che i pattern di metabolismo con il gradiente di profondità riflettano la domanda di energia per le interazioni preda-predatore e che tali interazioni siano dipendenti, principalmente, dalla visione e dalla luce. perciò, alcuni gruppi mostrano un marcato declino del metabolismo con la temperatura, mentre altri no. Le nostre conoscenze rimangono ancora limitate ma i continui progressi hanno permesso la cattura, il mantenimento in superficie e lo studio di un numero relativamente alto di organismi provenienti da ambienti profondi, anche se non siamo in grado di mantenere ancora in vita gli organismi che vivono al di sotto di 1000 m di profondità. Nota: gli organismi bentonici generalmente hanno tassi di consumo dell’energia che sono indipendenti dalla profondità. ⋆˙⟡ Quale è un fattore chiave che limita il metabolismo e il tasso di accrescimento degli organismi animali? È la disponibilità alimentare. Infatti: La limitazione di cibo è vista come il fattore principale determinante sul metabolismo degli ecosistemi profondi. Per questo, il metabolismo degli ambienti marini profondi Funzionamento degli Ecosistemi 37 viene universalmente e solitamente visto come molto basso e limitato dai fattori ambientali. Tuttavia, si tratta di un’ipotesi che non ha ancora un supporto sperimentale. La presenza di gruppi di animali con ampio range di tassi metabolici indipendente dalla profondità contrasta la teoria della limitazione di cibo negli ambienti profondi. ⋅˚₊‧ଳ ‧₊˚ ⋅ Processi Extraspecifici I processi extraspecifici sono quei processi che riguardano aspetti della ciclizzazione della materia organica e che non implicano il rapporto diretto tra specie, ma che includono, per esempio, il rapporto tra specie e la materia organica detriale (non vivente) presente nell’ambiente. ⟢ Materia organica e detrito in mare La maggior parte della materia organica in mare viene prodotta dall’attività biologica. ⋆˙⟡ Quali sono le fonti di materiale organico? 1. Produzione di essudati fitoplanctonici. 2. Lisi cellulare (ovvero rottura o la frammentazione degli organismi unicellulari dopo la morte per infezione virale - batteri e fitoplancton). Un ulteriore meccanismo di produzione della materia organica si ha durante il processo di pascolo: si parla di sloppy feeding per indicare l’azione di “biascico” dello zooplancton che, schiacciando il fitoplancton, anziché ingerirlo interamente, ne determina la fuoriuscita del contenuto cellulare. Funzionamento degli Ecosistemi 38 ⋆˙⟡ Cosa è il detrito? Il detrito è stato definito nel 1972 da wetzel e collaboratori come l’insieme delle perdite (inclusa egestione, escrezione, secrezione ecc) non predatorie di carbonio organico da ogni livello trofico o input da fonti esterne all’ecosistema che entrano e circolano nel sistema. Potremmo definire, in termini più generali, il detrito come ogni cosa organica e non vivente indipendentemente dalla sua taglia e composizione o origine. ⋆˙⟡ Perché il detrito è importante? Il detrito rappresenta un punto chiave dei cicli biogeochimici, ma una visione unicamente biogeochimica nasconde (o non mette sufficientemente in risalto) il suo importante ruolo nella rete trofica marina. La materia organica non è solo parte di un ciclo di remineralizzazione, o di produzione e degradazione, ma è parte di un processo più ampio di alimentazione di componenti fondamentali per il funzionamento dell’ambiente marino. I pool di detrito organico sono soggetti anche ad un trasporto di tipo passivo. Quindi sono, da un lato, utilizzati attivamente da parte degli organismi che operano un meccanismo di selezione (filtrazione), in parte possono essere intercettati mediante un meccanismo passivo. È un pool che gioca quindi un ruolo fondamentale anche eni processi di trasporto guidati dalle condizioni idrodinamiche. Detrito: ogni perdita di carbonio organico di tipo non predatorio che si verifica a ogni livello trofico e che include secrezione, escrezione, egestione e morte degli organismi Funzionamento degli Ecosistemi 39 viventi e comprende anche apporti da fonti esterne al sistema che entrano e circolano in esso. ⋆˙⟡ Quali ruoli svolge la componente microbiotica? Contribuire direttamente al valore nutrizionale del sedimento L’ipotesi che le componenti microbiotiche possano contribuire al valore nutrizionale del sedimento è stata avanzata all’inizio degli anni ottanta e ha trovato alcune conferme in studi successivi, ma di fatto è stata quasi accantonata negli ultimi anni. È stato visto che la componente microbica contribuisce in piccola parte alla richiesta nutrizionale complessiva degli organismi bentonici se non per alcune componenti specifiche, come quelle larvali e di piccolissime dimensioni. Fungere da catalizzatore Le componenti microbiche fungono da catalizzatori in quanto i batteri, processando la materia organica nei sedimenti, ne modificsno le caratteristiche qualitative rendendola più facilmente digeribile e fruibile da parte dei deposivori. In questo caso la presenza della componente microbica non andrebbe a influenzare la definizione di gruppo trofico detriatale, perché passerebbe in termini neutri come valore nutrizionale diretto, ma acquisterebbe un ruolo sostanziale per quanto riguarda il funzionamento del sistema mediando l’accessibilità del detrito ai consumatori planctonici e bentonici. ⋆˙⟡ Classificazione della materia organica in mare: Funzionamento degli Ecosistemi 40 La materia organica in mare può essere definita secondo 5 approcci diversi: 1. Natura: le componenti viventi della mteria organica rappresentano negli ecosistemi marini solo il 10% della materia organica totale, il che significa che il 90% della materia organica presente in mare è di tipo detriale. La componente vivente è per lo più rappresentata da procarioti, protozoi, fitoplancton e microzooplancton. Generalmente le componenti più grandi sono escluse, sia perché quantitativamente trascurabili, sia perché sono molto disperse: la classificazione è solo una convenzione, poiché sappiamo che anche un cadavere di balena può essere considerato organico. 2. Taglia: la taglia della materia organica in mare viene distinta in particelle con dimensioni superiori (materia particellata) o inferiori (materia disciolta) a questa soglia dimensionale. 3. Origine: un’importante frazione della materia organica presente in mare viene apportata all’ambiente marino da fonti esterne e quindi possiamo classificare la materia organica derivante da fonti alloctone (prodotta dall’esterno del sistema) e derivante da fonti autoctone (prodotte all’interno del sistema). È impossibile dire quale delle due frazioni sia dominante all’interno di ogni ambiente, poiché il contributo alloctono è variabile sia nello spazio che nel tempo. È evidente che il contributo alloctono diminuisce progressivamente dalla costa verso il largo e che quindi gli ambienti di oceano aperto a distanza crescente dalla costa subiscono un apporto Funzionamento degli Ecosistemi 41 diretto minore delle componenti alloctone terrestri. Un’importante frazione di materia organica alloctona viene portata al mare dalle acque dolci, in particolare dagli apporti fluviali. Questi non sono solo fondamentali per i processi di arricchimento di nutrienti inorganici (che supportano la produzione primaria), ma portano direttamente in mare una grande quantità di materia organica, in particolare detriale, che viene poi processata e trasformata all’interno dell’ambiente marino. L’apporto fluviale diventa ovviamente ancor più determinante negli ambienti costieri di estuario e di delta dove, a fronte di un forte apporto di acque dolci, la modesta profondità media fa sì che l’usuale processo di arricchimento legato agli apporti fluviali diventi ancora più significativo. 4. Composizione; 5. Caratteristiche funzionali; 6. Valore trofico: intendiamo la qualità della materia organica ai fini del suo utilizzo come fonte nutrizionale per i consumatori. Nella POM le componenti fondamentali sono proteine, carboidrati, lipidi e acidi nucleici. La DOM è invece composta da una vasta gamma di componenti di peso molecolare variabile e include: virus, matrice gelatinosa, materiale organico colloidale, zuccheri disciolti e componenti aromatiche, aminoacidi liberi, RNA e DNA disciolti, acidi umici e vitamine. ⋆˙⟡ La diagenesi della materia organica Consiste in processi di trasformazione che avvengono sia in colonna d’acqua sia nei sedimenti, ma intensità, gradienti e Funzionamento degli Ecosistemi 42 processi sono molto più forti all’interno del comparto sedimentario piuttosto che in quello pelagico. ⟢ La materia organica disciolta in mare (DOM) La materia organica disciolta (DOM) è una delle riserve più ampie di carbonio organico nell’ambiente marino ⋆˙⟡ Da cosa è costituita la DOM? La DOM è costituita da una matrice gelatinosa, transparent exopolymeric particules (TEP), materia colloidale (COM), carboidrati disciolti (per esempio glucosio), composti aromatici (fenolo, ligninia, lipidi) e aminoacidi disciolti (DFA - dissolved free aminoacids), DNA e RNA disciolti, vitamine e infine acidi umici e fulvivi. Nell’ecosistema marino, il pool di DOM è prevalentemente autoctono, in quanto la fonte principale è rappresentata dai processi di escrezione ed essudazione da parte del fitoplancton, mentre gli apporti terrigeni (alloctoni) contribuiscono solo per circa il 10% su scala globale. La DOM è una componente particolarmente suscettibile alle trasformazioni, non solo ad opera delle attività biologiche, ma anche ad opera di processi fisici e meccanici. La DOM può essere trasformata da raggi ultravioletti: negli strati superficiali della colonna d’acqua i composti ad alto peso molecolare vengono scissi dai raggi ultravioletti in parte a basso peso molecolare (che è più refrattaria) e una parte ad un alto peso molecolaree (che è più labile). In questo modo, grazie ai raggi ultravoletti, la DOM viene in parte processata e resa parzialmente più biodisponibile all’attività eterotrofa dei batteri. Funzionamento degli Ecosistemi 43 La DOM contiene composti senza azoto, costituiti principalmente da carboidrati o prodotti derivati dalla decomposione, sia polimeri che monomeri e composti aromatici (fenoli, chinoni a basso peso molecolare, lignina che deriva da alcoli aromatici). I composti con azoto organico della DOM comprendono proteine e i loro prodotti derivati, acidi nucleici, vitamine e altri due composti di non sempre facile utilizzazione: la cartilagine, data dai vertebrati, associata a mucoproteine altamente refrattarie e la chitina (prodotta da invertebrati, in particolare crostacei importanti in termini di abbondanza e biomassa a tutte le profondità) ⋆˙⟡ Cosa possiamo dire sul DNA? Il DNA è stato semopre pensato come molecola della vita, tipicamente associato all’attività di sintesi e trasmissione dell’informazione genetica. La storia della visione del DNA ha seguito un percorso parallelo a quello della visione del detrito: si è sempre visto l’ambiente marino come un liquido in cui era immersa un’infinita quantità di organismi. Questo liquido è considerato ora un vero e proprio “brodo” organico in cui sono immersi gli organismi viventi. I pool di DNA nell’ambiente marino sono estremamente importanti, sia in senso trofico, sia nei processi biogeochimici. Il DNA può andare incontro a 4 processi principali: 1. Degradazione enzimatica o frammentazione meccanica, che porta alla progressiva liberazione di azoto, fosforo o nucleotidi. Il DNA è una molecola ad altissima qualità nutrizionale perché ricca in azoto ed è in assoluto la molecola più ricca in fosforo (rapporto 1:10 di fosforo organico). In questo senso, i processi degradativi Funzionamento degli Ecosistemi 44 del DNA negli ambienti profondi possono soddisfare fino al 50% della richiesta metabolica di fosforo organico da parte dei microorganismi e supporta una parte significativa di fosforo e azoto organici anche negli ambienti costieri. 2. Inattivazione, che si ha per via biologica. Una parte del DNA viene temporaneamente denaturata o trasformata, ma non viene degradata. L’inattivazione è uno dei meccanismi che può portare alla preservazionen del DNA all’interno dei meccanismi che può portare alla preservazione del DNA all’interno dei sedimenti e quindi a un suo potenzuale utilizzo come marcatore per ricostruzioni paleoecologiche. 3. Stabilizzazione: il DNA viene complessato si viene a legare per forze elettrostatiche deboli a matrici inorganiche e in questo modo viene stabilizzato, ovvero non reso suscettibile ad attacco enzimatico e può essere preservato nel tempo. Infatti, anche questo processo permette la conservazione del DNA antico. 4. Amplificazione (o potenziale trasformazione naturale): il DNA extracellulare può preservare parte dell’informazione genetica che può essere utilizzata da cellule batteriche competenti. Queste cellule importano al proprio interno l’informazione genetica che possono legare in modo stabile al loro cromosoma oppure amplificare mediante un vettore in modo tale da aumentare la loro plasticità funzionale, essere quindi in grado di avere il prodotto determinato dalla codificazione del gene che hanno incorporato. Funzionamento degli Ecosistemi 45 ⟢ L’accoppiamento pelago-bentonico (pelagic-benthic coupling) Nella stragrande maggioranza degli ambienti marini gli organismi vivono in assenza di luce, il che impedisce ogni forma di produzione primaria fotosintetica: ne consegue che il budget energetico (ovvero il bilancio tra quantità di produzione primaria e quantità di materia organica consumata per respirazione) è negativo. ⋆˙⟡ Dove è positivo il budget energetico? In genere, il bufget energetico è positivo negli ambienti costieri e di transizione, diminuisce e poi diventa negativo man mano che scendiamo in profondità. Tuttavia, esistono anche ambienti costieri e di transizione in cui il bilancio è negativo, poiché l’entità dei processi di respirazione supera quella dei processi di produzione. ⋆˙⟡ Com’è possibile l’esistenza di un sistema che vive consumando più di quello che produce? È possibile perché una gran parte del materiale che viene respirato (materia organica utilizzta per il consumo) non è stato prodotto in situ, ma c’è stato un export verso questo ambiente da un’area in cui c’è bilancio positivo. ⋆˙⟡ Cosa si intende per Pelagic-Benthic Coupling? Con il termine Pelagic-Benthic Coupling (o accoppiamento pelago-bentonico) identifichiamo quel processo di trasferimento di materia ed energia dalla colonna d’acqua al sedimento e quindi di rifornimento di energia agli organismi del benthos. La maggior parte delle risorse alimentari che arrivano agli organismi del fondo viene prodotta nella zona fotica (o nella zona costiera), dove si verificano le produzioni primarie, a Funzionamento degli Ecosistemi 46 seguito delle quali assistiamo al trasferimento di produzione primaria e alla sedimentazione particellare. La materia organica particellata, prodotta principalmente per fotosintesi, viene esportata dalla zona fotica e spesso raggiunge il fondo del mare sotto forma di particelle detritali. Questa materia organica che viene esportata rappresenta la maggiore sorgente alimentare del benthos e del più esteso degli ecosistemi marini: l’ambiente profondo. ⋆˙⟡ Cosa ci insegna il Pelagic-Benthic Coupling? Il pelagic-benthic Coupling ci insegna a guardare il funzionamento degli ecosistemi in maniera diversa. Quindi, secondo alcuni autori, la dieta di molti organismi, per esempio quella delle oloturie che negli ambienti abissali costituiscono la componente dominante del benthos, dipenderebbe in modo moltoo forte dell’apporto di alcuni pigmenti e di lipidi della colonna d’acqua, perché solo in certe condizioni questi organismi avrebbero la possibilità di investire in riproduzione. Faecal pellet: particelle fecali prodotte dallo zooplancton; sono costituite da una sacca polisaccarida che contiene, al suo interno, resti non interamente digeriti di organismi fitoplanctonici (come i frustoli delle diatomee) e resti di altre particelle organiche parzialmente degradate. ⋆˙⟡ Cosa è la Neve marina? Sono dei detriti, resti di alghe e plancton, che si depositano sul fondale: influiscono sul clima perché assorbono CO2. Fanno parte del particellato, sono appunto matrici amorfe e altamente eterogenee che sono presenti a tutte le profondità, ma che mostrano un ciclo di produzione e di aggregazione che varia su base interannuale che le vede in maggiore Funzionamento degli Ecosistemi 47 quantità a seguito dei bloom fitoplanctonici. Possono contribuire alla formazione di questi aggregati particelle organiche di diversa natura tra cui i fecal pellets e masse di sostanza organica collassata. Hanno una forma irregolare e possono anche arrivare a dimensioni di alcuni metri. FOCUS NEVE MARINA È stata fatta una classificazione dimensionale della neve marina ed è stata analizzata la composizione di ogni classe. Un esempio sono i fiocchi, ovvero strati fini lamellari con bordi irregolari che contengono carboidrati ma anche proteine, fortemente resistenti alla degradazione enzimatica e che hanno una emivita di alcuni mesi. Queste formazioni possono dare vita a veri e propri “sommergibili”, ovvero ammassi gelatinosi, ricchi di vita al loro interno, con forte liberazione di ossigeno durante il giorno grazie alla fotosintesi da parte del fitoplancton che tendono quindi a galleggiare e poi ad affondare durante la notte a causa del consumo di ossigeno. ᯓ★ Come si forma la mucillagine? Funzionamento degli Ecosistemi 48 Esistono diverse ipotesi sulla formazione delle mucillagini: sono state attribuite all’alterazione della disponibilità dei nutrienti o del loro rapporto stechiometrico che porta a un eccesso di produzione di mucopolisaccaridi, oppure potrebbero essere dovute ad un eccesso di produzione primaria non accompagnata dal pascolo zooplanctonico (quando il materiale disciolto e le particelle superano una certa abbondanza per litro, tendono ad aggregarsi e continuano a crecsere, aggregando il materiale con cui vengono a contatto). Una terza spiegazione è la produzione di muco da parte del fitoplancton per far fronte a un attacco da parte di batteri ed esoenzimi. Altre ipotesi prevedono l’infezione virale che determinerebbe la lisi di fitoplancton o di batteri o il disaccoppiamento del circuito microbico: la quantità di materiale disciolto non utilizzata dalla componente procariotica, rimane in eccesso nell’acqua e forma aggregati. Funzionamento degli Ecosistemi 49 Gli apporti di materia organica al fondo e il pelagic-benthis coupling sono meccanismi chiave per il funzionamento della maggior parte degli ecosistemi marini presenti sulla Terra, ma la periodicità e la variabilità di questi eventi rende non continuativo l’apporto di materia organica al fondo. La quantità di materia organica che attraversa la colonna d’acqua negli ambienti oceanici e costieri varia significativamente nel tempo. ⋆˙⟡ Il materiale detriale è tutto di origine marina? No, una grande parte del materiale detriale che arriva è di origine tererstre. Si tratta di foglie, tronchi e materiale eroso dalla cosra, trasportato dai fiumi o tramite la spiaggia, eroso dal mare e in alcuni casi da apporti eolici. Questa materia detriale viene frammentata e processata nel sistema costiero che rappresenta un ambito in cui le componenti sono ridotte in taglia e subiscono un processo denominato aging (invecchiamento). ⋆˙⟡ A cosa servono questi detriti? Questi due pool di detrito (autoctono dall’ambiente costiero e alloctono terrestre) sono in parte utilizzati dagli organismi planctonici e bentonici detritivori della piattafroma continentale, mentre un’altra parte di detrito viene esportata al di fuori di questo sistema. Il meccanismo con cui avviene il trasporto al di fuori della piattaforma continentale è abbastanza semplice. La piattaforma mostra una minima pendenza che agevola il processo di risospenzione del materiale depositato e porta le particelle che vengono sminuzzate verso il largo. Funzionamento degli Ecosistemi 50 ⋆˙⟡ Cosa è il bentho-pelagic coupling? Il bentho-pelagic couplin è il processo inverso del pelagic- benthic coupling. Si tratta dell’accoppiamento tra comparto bentonico e comparto pelagico che va in direzione opposta ed è dovuto al rilascio di materia organica o organismi dal sedimento alla colonna d’acqua. Per esempio, dobbiamo tenere in considerazione l’effetto degli eventi di risospensione che sono in grado di movimentare importanti quantità, sia di materiale minerale che organico che di organismi all’interno del benthic boundary layer. La risospensione è un processo molto importante per il rifornimento energetico degli organismi sospensivori. Attraverso la risospensione, una certa quantità di sostanza organica particellata “sequestrata” nell’ambiente sedimentario diventa nuovamente disponibile per i consumatori. La sostanza organica risospesa è di natura prevalentemente detriale, in quanto ha già subito dei processi degradativi, sia durante la discesa lungo la colonna d’acqua, sia dopo il processo di seppellimento (burial) ad opera degli organismi sospensivori e detritivori bentonici. ⋆˙⟡ Perché l’accoppiamento bentopelagico è importante? L’accoppiamento bentopelagico ha un ruolo importante anche per i cicli vitali di alcuni organismi. Esistono organismi marini che sviluppano stadi di resistenza, uova durature o cisti, che possono essere rilasciate dal comparto bentonico (dove gli organismi si erano incistati o si sviluppano a partire da uova durature) alla colonna d’acqua. Funzionamento degli Ecosistemi 51 In altri termini, i sediemnti non sono utili per la riproduzione di molti organismi, ma sono la base di partenza, sia di organismi merobentonici (copepodi, per esempio), sia per organismi (come la maggior parte del macrobenthos e del megabenthos) che producono larve meroplanctoniche. In entrambi i casi parliamo di un accoppiamento bento- pelagico, ovvero di un flusso di materia o organismi dal comparto bentonico al comparto planctonico. Queste dinamiche sono importanti non solo per i processi di reclutamento e sopravvivenza delle specie, ma anche per il funzionamento, anche da un punto di vista biogeochimico, degli ecosistemi planctonici. In conclusione, possiamo parlare di un’interazione fra colonna d’acqua e sediemnti di tipo biunivuco: se da un lato abbiamo un ruolo fondamentale nei processi di trasferimento di materia organica dalla colonna d’acqua ai sedimenti, dall’altro abbiamo un processo importante di trasferimento di materia, di nutrienti e di organismi dai sedimenti alla colonna d’acqua. Funzionamento degli Ecosistemi 52

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