Farmacologia 2024 Parziale 1 PDF
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These are notes for a pharmacology course. The notes include definitions and classifications of drugs. Includes "effects of drugs" and "placebo" examples.
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FARMACOLOGIA (01-10) La farmacologia è la disciplina che studia l'effetto dei farmaci sull'organismo, sia sano che malato. Si divide in diverse branche: ▪ Farmacologia molecolare: Studia l'effetto dei far...
FARMACOLOGIA (01-10) La farmacologia è la disciplina che studia l'effetto dei farmaci sull'organismo, sia sano che malato. Si divide in diverse branche: ▪ Farmacologia molecolare: Studia l'effetto dei farmaci a livello cellulare e molecolare. ▪ Farmacologia clinica: Analizza l'effetto dei farmaci sulle popolazioni. ▪ Farmacologia ambientale (tossicologia): Si occupa dell'effetto delle sostanze tossiche sull'ambiente e sugli organismi viventi. ▪ Farmacognosia: Studia le sostanze di origine naturale (droghe), le cataloga e ne descrive le proprietà farmacologiche. La farmacologia si suddivide in due aree principali: ▪ Farmacocinetica: Studio di come il corpo assorbe, distribuisce, metabolizza ed elimina i farmaci. ▪ Farmacodinamica: Studio dell'effetto del farmaco sul corpo, inclusi i recettori e i meccanismi di azione sui diversi sistemi dell'organismo. DEFINIZIONI CHIAVE: ▪ Farmaco o droga: Sostanza diversa dai nutrienti capace di influenzare la fisiologia o la fisiopatologia dell'organismo. ▪ Veleno o droga: Sostanza che, come i farmaci a concentrazioni elevate, può produrre effetti negativi sull'organismo. ▪ Principio attivo: Molecola specifica responsabile dell'effetto terapeutico, tossico o benefico del farmaco. ▪ Medicinale: Preparazione contenente uno o più principi attivi, oltre a sostanze come eccipienti, stabilizzanti, solventi. ▪ Specialità/preparazione farmaceutica: Nome commerciale con cui un principio attivo è venduto. Le differenze possono riguardare la farmacocinetica, con variazioni nell'intensità e nella rapidità d'azione del farmaco. CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI: I farmaci possono essere classificati sulla base di diverse caratteristiche: ▪ Origine: Vegetale, sintetica, ecc. ▪ Sistema anatomico: Sistema su cui agiscono (es. cardiovascolare, nervoso). ▪ Meccanismo d'azione: Modalità con cui il farmaco esercita il suo effetto. ▪ Legalità: Farmaci da banco, farmaci prescrivibili, farmaci illegali. Scopi dell'uso dei farmaci: ▪ Terapeutico: Sintomatico o curativo, agisce sui sintomi o sull’origine della patologia (es. farmaci eziologici o sostitutivi come l'insulina). ▪ Profilattico: Prevenzione di malattie (es. vaccini, anticoncezionali, anestetici). ▪ Diagnostico: Utilizzato per eseguire diagnosi (es. mezzi di contrasto). ▪ Ricreazionale: Utilizzo a fini di svago e non terapeutici (es. droghe d'abuso). ▪ Compassionevole: Farmaci non ancora approvati, in fase di test, somministrati in condizioni particolari per la loro provata efficacia. (04-10) EFFETTI DEI FARMACI Quando si considera l'effetto di un farmaco, si devono valutare tutti gli effetti, sia quelli desiderati che indesiderati: 1. Effetti terapeutici: o Effetto benefico atteso, indipendentemente dal contesto (terapeutico, ricreazionale, profilattico). o Esclusi abusi intenzionali. 2. Effetti collaterali: o Effetti non ricercati, ma non necessariamente tossici. o Derivano dall'azione specifica del farmaco sulla fisiologia dell'organismo (es. sonnolenza da antistaminico). o Sono generalmente legati al loro stesso meccanismo d'azione, che difficilmente è assolutamente specifico contro il proprio target. o Possono verificarsi alle dosi terapeutiche normali o, più frequentemente, in caso di sovradosaggio. In individui particolarmente sensibili, possono avvenire anche a dosaggi inferiori a quelli standard. 3. Effetti tossici: o Effetti dannosi, legati o meno al meccanismo d'azione del farmaco. o Spesso indicati come reazioni avverse ai farmaci. Variabili che Influenzano l'Effetto dei Farmaci L'effetto dei farmaci può variare in base a diverse variabili: 1. Regime di somministrazione: o Effetti acuti o cronici, a seconda del periodo e delle modalità di somministrazione. 2. Correlazione temporale: o Effetti pronti (entro 20 min - 4h) o ritardati. 3. Tipologia di effetto: o Diretti o indiretti (es. atropina, azione indiretta: cicloplegica). Effetto Placebo Il placebo è una sostanza priva di principi attivi o effetti biologici specifici, come una pillola di zucchero o una soluzione salina, che però può produrre effetti terapeutici percepibili e misurabili. Questo fenomeno si basa sulla suggestione psicologica dell’individuo, il quale si aspetta un miglioramento delle sue condizioni di salute semplicemente perché crede di aver assunto un farmaco attivo. L'effetto placebo è influenzato da vari fattori, tra cui: Aspettative del paziente: maggiore è la convinzione che il trattamento funzionerà, più forte sarà l’effetto placebo. Relazione medico-paziente: un’interazione positiva e fiduciosa può potenziare l’effetto placebo. Contesto di somministrazione: l'ambiente e il modo in cui il trattamento viene presentato influenzano la percezione del paziente. In ambito clinico, l'effetto placebo è utilizzato nei trial clinici come controllo per valutare l'efficacia reale di nuovi farmaci rispetto alla risposta psicologica indotta dall'aspettativa di trattamento. Sebbene il placebo non curi la malattia in sé, può ridurre sintomi soggettivi come il dolore, l'ansia o l'insonnia, dimostrando quanto la mente possa influenzare la percezione del corpo. PROFILO DEI FARMACI Il profilo di un farmaco include una valutazione oggettiva della sua efficacia e sicurezza: Efficacia: capacità di produrre l'effetto desiderato, si riscontra dunque un’effettiva modifica delle funzioni fisiologiche da parte del farmaco. Sicurezza: valutazione del rischio associato al farmaco (grado di tossicità, effetti collaterali). Il bilancio rischio-beneficio è un parametro fondamentale e può variare a seconda delle condizioni specifiche dell’individuo. Ad esempio, farmaci con effetti collaterali significativi possono essere considerati accettabili in situazioni estreme, come l’uso di allucinogeni in caso di fallimento di terapie convenzionali. Caratteristiche del Farmaco Ideale Il farmaco ideale dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche: Basso rapporto costo/beneficio. Meccanismo d'azione specifico e selettivo. Azione reversibile, che dipendente dal tipo di legame instaurato con il target. Somministrazione semplice. Assenza di interazioni con altri farmaci. Attività a basse dosi con tossicità trascurabile. Stabilità chimica, per evitare la necessità di dosi più elevate. Economicità. Dose di un farmaco (07-10) La dose di un farmaco è la quantità di principio attivo somministrata per raggiungere, a livello del sito target, una concentrazione tale da produrre gli effetti fisiologici desiderati per un tempo sufficiente. L’efficacia di una dose tiene conto di diverse interazioni, in particolare la concentrazione residua attiva dipende dai processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione. La dose può variare anche a seconda della forma farmaceutica (capsula, compressa, sciroppo, soluzione, ecc.). FARMACOCINETICA E BIODISPONIBILITÀ La farmacocinetica studia il percorso che il farmaco deve attraversare per raggiungere il target. La biodisponibilità si riferisce alla frazione di farmaco che raggiunge la circolazione sistemica dopo la somministrazione, disponibile per interagire con il sito d'azione. Quando la biodisponibilità è del 100%, significa che la quantità di farmaco somministrata è interamente presente al sito attivo, si tiene conto della concentrazione ematica. Tuttavia, non è sempre così: il metabolismo può ridurre la concentrazione del farmaco attivo. La modalità di somministrazione incide fortemente sulla biodisponibilità. Ad esempio, farmaci somministrati per via orale devono passare attraverso il tratto gastrointestinale e il fegato, subendo un metabolismo (metabolismo di primo passaggio), che può ridurne la biodisponibilità, una modalità di somministrazione alternativa, come quella endovenosa bypassa invece la circolazione portale, portando a una biodisponibilità maggiore, in questo caso pari al 100%. In pratica: un principio attivo assorbito nello stomaco viene assorbito al 70%. Una quota di questo (circa il 10%) viene metabolizzata e disattivata dal fegato prima di essere introdotta nel circolo sistemico, un fenomeno noto come effetto del primo passaggio o eliminazione presistemica. Di regola, l’eliminazione presistemica è saturabile; questo permette di somministrare per via orale anche farmaci che subiscano un pesante effetto di primo passaggio, a patto di aumentare notevolmente il dosaggio o di assumere il farmaco dopo i pasti, quando i sistemi di trasporto sono saturati dal carico alimentare. Si noti che però la biodisponibilità del farmaco sarà necessariamente meno prevedibile Il fegato ha il compito di rendere la molecola farmaceutica più idrofila possibile per facilitarne l'eliminazione tramite le urine. La somministrazione sublinguale, come quella endovenosa, evita l’assorbimento e il metabolismo epatico, risultando in una biodisponibilità simile. Fattori che influenzano la Biodisponibilità La biodisponibilità è rappresentata graficamente dall'area sotto la curva concentrazione ematica/tempo. Oltre alla modalità di somministrazione, la biodisponibilità è influenzata dalla natura della formulazione farmaceutica, dalla solubilità e dalla stabilità chimica del farmaco. Un'eccezione riguarda gli anticorpi monoclonali (mABs), che sono proteine, le quali vengono denaturate dal pH acido dello stomaco. Nei neonati, tuttavia, l’assorbimento delle immunoglobuline derivanti dal latte materno, avviene tramite trasporto recettore-mediato (nFcRn, Neonatal fragment crystallizable receptor) o tramite trasporto paracellulare, ciò affinché le proteine siano protette dall’ambiente gastrico e possano attraversare barriere biologiche altrimenti inaccessibili. Due farmaci con la stessa biodisponibilità, sicurezza, efficacia e via di somministrazione sono detti bioequivalenti. Ad esempio, un farmaco generico e il suo equivalente sono bioequivalenti. Un biosimilare, invece è un farmaco biotecnologico approvato che ha dimostrato di essere altamente simile a un farmaco biotecnologico già esistente, anche se non identico, in termini di struttura e funzione o di organismo attraverso il quale viene prodotto. INTERAZIONI TRA FARMACI Le interazioni tra farmaci sono importanti perché spesso i pazienti seguono terapie con più farmaci. Queste interazioni possono aumentare o diminuire l'efficacia del farmaco o causare effetti collaterali. Possono essere sia un fenomeno ricercato deliberatamente (es. terapie di associazione) oppure involontario, provocando effetti farmacologici indesiderati o l’insuccesso della terapia. I meccanismi di interazione sono classificati in: 1. Chimico-fisica o farmaceutica: inattivazione, incompatibilità o interferenza chimica. 2. Farmacocinetica: interferenza nei processi di assorbimento, metabolismo o eliminazione Esempi includono: o Chelazione: alcuni farmaci possono legarsi a minerali come calcio o ferro nel tratto digestivo, riducendo il loro assorbimento. o Induzione o inibizione enzimatica: alcuni farmaci possono accelerare il metabolismo di altri farmaci, riducendone l’efficacia o viceversa. 3. Farmacodinamica: i due meccanismi d'azione interferiscono tra loro: Tipologie di Effetti di Interazione L'effetto dell'interazione può essere di diversi tipi, distinguiamo principalmente: Interferenze positive ▪ Sommazione: due farmaci con meccanismi d'azione diversi sommano i loro effetti. Ad esempio, la fenilefrina (decongestionante) e i FANS agiscono indipendentemente ma i loro effetti si sommano. ▪ Addizione: due farmaci con lo stesso meccanismo amplificano l'effetto. Esempio: cortisone e chetoprofene (entrambi antinfiammatori). ▪ Potenziamento: un farmaco B migliora l'effetto di un farmaco A, come la penicillina con un inibitore delle beta-lattamasi, che impedisce la degradazione della penicillina da parte dei batteri, aumentandone l'efficacia. ▪ Sinergismo: l'effetto di entrambi i farmaci viene potenziato: l'effetto combinato di due farmaci è maggiore della somma dei loro effetti individuali Esempio: sinergismo tra anestetico locale e vasocostrittore. Interferenze negative ▪ Antagonismo fisiologico: i farmaci attivano sistemi opposti nel corpo. Esempio: somministrazione di noradrenalina per contrastare lo shock anafilattico. ▪ Antagonismo recettoriale: farmaci che competono per lo stesso recettore. Un esempio è l'uso di antidoti per trattare crisi acute da sovradosaggio (=overdose), come il naloxone per l'overdose da oppiacei, che agisce spiazzando (=sostituendosi totalmente) gli oppiacei dai loro recettori. ▪ Degradazione: il farmaco B interferisce con i processi farmacocinetici del farmaco A, riducendone l'efficacia. ▪ Neutralizzazione: inattivazione chimico-fisica che porta all’insuccesso della terapia. Interazioni nell'Assorbimento Le interazioni possono influenzare la velocità o l’entità dell’assorbimento, per esempio: o farmaci antiemetici accelerano il transito gastrico, aumentando l'assorbimento di farmaci come il paracetamolo. o anticolinergici rallentano il transito gastrico, riducendo l’assorbimento di altri farmaci. o Purganti in terapia cronica impediscono che le altre sostanze vengano assorbite efficacemente. Interazioni nei Siti di Distribuzione e Deposito (08-10) Le interazioni possono avvenire anche nei siti di distribuzione e deposito dei farmaci, a causa della competizione con le proteine plasmatiche o con i siti di legame tissutali: o Spiazzamento dalle proteine plasmatiche. o Accumulo tissutale: alcuni farmaci, come i metaboliti del THC, si accumulano nel tessuto adiposo e vengono rilasciati lentamente nel tempo, alterando la distribuzione del farmaco, o anche il piombo che si accumula nel tessuto osseo. o Alterazioni della flora batterica intestinale, il microbiota intestinale ha numerose funzioni, tra cui la produzione di vitamina K, coinvolta nei processi di coagulazione. Gli antibiotici possono potenziare l'effetto degli anticoagulanti, diminuendo la produzione di vitamina K da parte dei batteri intestinali. o Induzione enzimatica, il farmaco induttore determina un aumento della trascrizione genica e della sintesi di particolari enzimi detti xenosensori come il CYP450, volti a metabolizzare sostanze esogene (=xenobiotici). Un induttore può stimolare sia il proprio metabolismo sia quello di altre sostanze. Le principali conseguenze dell'induzione di tali enzimi includono la riduzione dell'efficacia del farmaco, a causa della sua più rapida biotrasformazione, o l'aumento della sua tossicità, come risultato di una maggiore concentrazione dei suoi metaboliti attivi. L'induzione enzimatica non si manifesta né scompare rapidamente, essendo un fenomeno di adattamento metabolico dell'organismo. Per esempio, nel trattamento dell'ittero, vengono somministrati barbiturici (sostanza inducente), che accelerando il metabolismo, favoriscono l'eliminazione dell'eccesso di bilirubina dall'organismo; l’induzione enzimatica, dunque, può essere utilizzata a scopo terapeutico. La farmaco-tolleranza si verifica quando l'organismo non risponde più alla dose di farmaco che precedentemente era efficace. Uno dei meccanismi della farmaco-tolleranza è dovuto all'esposizione cronica a una sostanza: l'organismo modifica il suo corredo enzimatico (mediante induzione enzimatica) per eliminarla, rendendo necessario aumentare la dose del farmaco. Questi meccanismi sono regolati dai xenosensori. o Inibizione enzimatica, l'inibizione enzimatica determina un blocco parziale o totale dell'attività di un enzima, per cui composti metabolizzati attraverso quella via enzimatica saranno eliminati più lentamente, con conseguente persistenza dell'effetto farmacologico fino alla possibile comparsa di reazioni tossiche. L'inibizione enzimatica, invece, si manifesta immediatamente. FATTORI CHE INFLUENZANO L'EFFICACIA E LA TOSSICITÀ DI UN FARMACO 1. Vie di somministrazione o Le vie di somministrazione rappresentano le modalità con cui il farmaco entra in contatto con l'organismo. L'organismo possiede delle barriere nei confronti delle sostanze esogene come il tratto gastrointestinale, la cute e le vie respiratorie. A seconda della via di somministrazione cambia la biodisponibilità del farmaco e, di conseguenza, la dose necessaria. Generalmente, una sostanza, a parità di dose, è più efficace se somministrata per via endovenosa. 2. Durata dell'esposizione o L'efficacia e la tossicità dipendono dalla durata dell'esposizione a un farmaco, che può essere: Acuta: singola somministrazione o esposizione di breve durata. Subacuta: esposizione inferiore a un mese. Subcronica: esposizione da uno a tre mesi. Cronica: esposizione superiore a tre mesi. Anche il tipo di effetto biologico può variare in base alla durata dell'esposizione. Per esempio: il benzene ha un effetto neurotossico in caso di esposizione acuta, mentre in esposizione cronica può causare leucemia. 3. Cinetica di esposizione: Emivita o L'emivita è il tempo necessario per eliminare il 50% della sostanza nel plasma. L'emivita tiene conto dei processi di metabolismo, assorbimento, distribuzione e deposito. o Vengono considerati parametri come il volume di distribuzione (Vd, quantità di farmaco assente dal sangue) e la clearance (Cl, volume di plasma filtrato dai glomeruli nell'unità di tempo, che dà informazioni sulla quantità di farmaco eliminato). Il calcolo dell’emivita è fondamentale per stabilire l’intervallo di assunzione per mantenere concentrazioni di principio attivo nel plasma adeguate. 𝑉𝑑 𝑉𝑑 o Formula dell'emivita: 𝑇12 = 0.693 ∙ o 𝑇12 = log2 𝐶𝑙 𝐶𝑙 ASSORBIMENTO Come detto, la farmacocinetica studia i processi a cui va incontro un farmaco dal momento dell'assunzione, includendo assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione. Caratteristiche chimico-fisiche dei farmaci Le sostanze devono superare numerose membrane prima di raggiungere l’organo bersaglio. La capacità di attraversare le membrane cellulari è fondamentale per l'efficacia di un farmaco, questa dipende da alcune caratteristiche che includono. ▪ Caratteristiche chimico-fisiche della sostanza (PM, carica elettrica, solubilità, stato fisico e stabilità). ▪ Caratteristiche dell’esposizione (vie di somministrazione, superficie assorbente –pH, flusso ematico, presenza altre sostanze) ▪ Coefficiente di ripartizione P (rapporto tra la frazione di farmaco nella fase oleosa rispetto alla fase acquosa), che dipende dal pH (pH sangue e liquidi interstiziali = 7.4 pH intracellulare = 7.2). È un parametro che permette di valutare il grado di idrofilia/lipofilia di una sostanza chimica. Tale rapporto è >1 per le sostanze lipofile e 42 L: il farmaco si concentra in uno o più tessuti (formando un deposito). Legame con le proteine plasmatiche: la quantità di farmaco legato alle proteine dipende da: o Affinità del farmaco per i siti di legame delle proteine. o Concentrazione delle proteine plasmatiche disponibili per il legame. Questo legame è reversibile, saturabile e aspecifico. Il grado di legame di un farmaco è espresso dal rapporto tra concentrazione del farmaco legato e concentrazione totale nel plasma. La quota libera è biologicamente attiva, poiché può raggiungere i tessuti, mentre la quota legata funge da deposito circolante. Quest'ultima riduce l'intensità dell'effetto del farmaco ma ne prolunga la durata, allungando anche l'emivita poiché il farmaco legato non viene eliminato rapidamente. Competizione e spiazzamento I fenomeni di competizione e spiazzamento delle proteine plasmatiche possono diventare clinicamente rilevanti: Le proteine plasmatiche più importanti per l’interazione con gli xenobiotici sono l’albumina (se sono acidi), l’ 1-glicoproteina acida (se basici), l’ 2 macroglobulina. Il legame alle proteine plasmatiche non è selettivo, quindi è facile che, nel caso in cui vengano somministrati due o più sostanze contemporaneamente, si verifichino fenomeni di competizione per il legame ad uno stesso sito. Questo può determinare variazioni importanti nei livelli di sostanza libera che può raggiungere la concentrazione tossica. ▪ Il Vd è ridotto e il farmaco si trova principalmente nel sangue. ▪ La sostanza spiazzata era legata per il 90% e la sostanza spiazzante ha un’elevata affinità per il legame. Accumulo di farmaci nei tessut i ▪ Gli xenobiotici liposolubili si accumulano rapidamente nel tessuto adiposo, tanto che l’aumento della concentrazione dello xenobiotico può derivare da un rapido dimagrimento. ▪ Composti come alogeni, stronzio e piombo si accumulano nel tessuto osseo: Pb non è tossico per le ossa, mentre è noto che lo Sr radioattivo sia in grado di causare osteosarcomi e altri tumori. Il processo di accumulo è reversibile ma spesso molto lungo. ▪ Fegato e reni, grazie al loro alto grado di perfusione (o grazie alla presenza di proteine particolari come la ligandina nel fegato), sono gli organi che concentrano la maggiore quantità di xenobiotici La distribuzione del farmaco dipende anche da: Perfusione dei tessuti: tessuti ben irrorati o poco irrorati. superficie dei tessuti. Condizioni del paziente. Quindi fattori come età, stato di gravidanza, patologie. ELIMINAZIONE (18-10) Le principali vie di escrezione includono urine, sudore, escrezioni biliari, feci, lacrime, saliva, capelli e latte materno. Ogni via ha meccanismi e fattori specifici che determinano il modo in cui le sostanze vengono eliminate dall'organismo. ESCREZIONE RENALE Il rene è un organo altamente vascolarizzato: attraverso di esso passano circa 1,2 litri di sangue al minuto, ovvero il 22% della gittata cardiaca. Il principio di funzionamento del rene è la filtrazione poco selettiva di grossi volumi di liquido plasmatico seguita dal riassorbimento più selettivo di circa il 99% dell’acqua filtrata e di parte dei relativi soluti. La funzionalità renale, valutata anche tramite i livelli di creatinina nel sangue, è un parametro fondamentale. In caso di insufficienza renale, infatti, la somministrazione di farmaci è controindicata. I capillari glomerulari sono altamente fenestrati (60-90 nm), e sono quindi caratterizzata da una permeabilità particolarmente elevata, il tasso di filtrazione glomerulare è di circa 130 ml/min : un farmaco che non venga riassorbito né secreto a livello tubulare, e non legato alle proteine plasmatiche, avrà pertanto una clearance renale di 130 ml/min.. ((Molte funzioni nel rene del neonato, non sono ancora sviluppate completamente)). o I farmaci legati alle proteine plasmatiche non passano questo filtro, ma possono essere comunque escreti in quanto soggetti a meccanismi di secrezione attiva mediata da trasportatori a livello del tubulo prossimale, e quindi sensibili a fenomeni di competizione. (l’esempio classico è quello del Probenecid, farmaco che compete per lo stesso trasportatore per la penicillina, questo essendo più affine al recettore impedisce alla penicillina di legarsi e rimane dunque in circolo non vendendo escreta, aumentandone l’emivita). o Tutti i farmaci sufficientemente lipofili e in grado di attraversare per diffusione passiva le membrane delle cellule tubulari sono riassorbiti passivamente e ritornano in circolo. Tendono a essere eliminate a concentrazioni simili a quelle presenti nel plasma. La loro eliminazione dipende soprattutto dal volume delle urine. o I composti con caratteristiche di idrofilia intermedie vengono parzialmente riassorbiti in funzione del loro grado di ionizzazione e del coefficiente di ripartizione o Le molecole cariche o con basso coefficiente di ripartizione, che non sono in grado di attraversare le membrane cellulari tubulari, sono escrete. o Acidi e basi, vengono escrete in maniera pH- dipendente Gli anticorpi monoclonali (mABs), essendo proteine, non vengono eliminati per via renale. La loro escrezione avviene tramite degradazione immunitaria o non immunitaria. I fattori che influenzano la loro eliminazione includono: ▪ le proprietà dell’antigene (solubile o di membrana, livello di espressione) ▪ l'interazione con altri farmaci, soprattutto quelli che influenzano il fattore C ▪ l’immunogenicità, dovuta alla presenza di glicosidi nelle proteine che possono essere riconosciuti come non-self, ▪ il "salvage pathway", meccanismo cruciale nella regolazione dell'emivita degli anticorpi monoclonali: il salvage pathway ne protegge una parte, prolungandone la presenza nel circolo sanguigno, influenzando la loro clearance e quindi la durata della loro attività terapeutica. La chiave del salvage pathway è il recettore FcRn (recettore neonatale per la porzione Fc degli anticorpi), che è responsabile della protezione degli anticorpi dalla degradazione lisosomiale. Questo meccanismo si verifica nel seguente modo: o Gli anticorpi entrano nelle cellule attraverso un processo di endocitosi, formando vescicole intracellulari (endosomi). o Una volta all'interno degli endosomi, il recettore FcRn si lega alla porzione Fc degli anticorpi monoclonali (ambiente acido). Il legame con il FcRn protegge l'anticorpo dalla degradazione lisosomiale, che è il destino tipico delle proteine endocitate. o Dopo essersi legati al FcRn, gli anticorpi vengono trasportati all'esterno della cellula attraverso un processo chiamato riciclo. Quando l'endosoma si fonde con la membrana cellulare e ritorna al circolo sanguigno. L’ambiente extracellulare basico (pH=7.4) provoca il rilascio della proteina che può quindi esercitare la sua funzione terapeutica. o Non tutti gli anticorpi legati a FcRn vengono riciclati. Alcuni vengono comunque indirizzati ai lisosomi e degradati, ma il salvage pathway riduce significativamente la quantità di anticorpi eliminati, aumentando la loro emivita. La prolungata emivita garantita da tale meccanismo riduce la necessità di somministrazioni frequenti. ESCREZIONE BILIARE La via biliare è la seconda principale via di escrezione, ma è più difficile da studiare rispetto alla via urinaria. Il fegato svolge due diverse importanti funzioni sui farmaci presenti nell’organismo: metabolismo ed escrezione. I due processi sono strettamente legati in quanto un importante processo metabolico operato dagli epatociti consiste nella coniugazione di farmaci (e composti chimici in generale) con gruppi polari, processo che accrescendo il peso molecolare e la polarità dei composti li rende più suscettibili alla escrezione attiva nella bile. I composti in arrivo dalla circolazione sistemica (arteria epatica e vena porta) raggiungono i seni epatici, questi essendo rivestiti da endotelio discontinuo, poroso, fenestrato e privo di membrana basale permettono l’ingresso nell’epatocita anche alle sostanze legate alle proteine plasmatiche. In sintesi, farmaci incapaci di passare la membrana cellulare qui possono venire trasportati molto efficientemente nella cellula epatica (anche attraverso sostanze endogene quali bilirubina e acidi biliari). dove ha luogo il metabolismo o la coniugazione. L’aggiunta di un gruppo polare, come l’acido glucuronico, aumenta l’escrezione; la coniugazione aumenta anche il peso molecolare del composto; anche questo aspetto favorisce l’escrezione, perché solo composti con peso molecolare superiore a 300-500 kDa vengono attivamente escreti nella bile. La bile è prodotta negli epatociti e la sua secrezione avviene tramite trasporto attivo. Non tutte le sostanze nella bile sono eliminate con le feci: molecole con un basso peso molecolare, in particolare PM < 325 kDa, possono essere riassorbite nell’intestino (particolarmente frequente per farmaci escreti dopo coniugazione con acido glucuronico, l’intestino scinde il coniugato) contribuendo al circolo enteroepatico. Questo circolo può mantenere il composto (esogeno o endogeno) nell’organismo finché esso non viene metabolizzato o escreto per via renale; questa possibilità di ricircolo è essenziale per evitare la deplezione continua di sostanze quali acidi biliari, vitamine D e B n, acido folico ed estrogeni. Le sostanze estranee all’organismo sono classificate in tre categorie in base al rapporto tra la loro concentrazione nella bile e nel plasma: ▪ Classe A: sostanze con un rapporto vicino a 1 (sodio, potassio, glucosio, mercurio, tallio, cesio, cobalto). ▪ Classe B: sostanze con un rapporto > 1 (bilirubina, acidi biliari, piombo, tossine). Necessitano di trasportatori per il trasporto contro gradiente di concentrazione. ▪ Classe C: sostanze con un rapporto < 1 (insulina, albumina, zinco, ferro, oro, cromo). La via biliare elimina anche il 3% delle IgA, oltre a sostanze legate alle proteine plasmatiche o all’acido glucuronico. Non esiste una regola generale che stabilisca quale via di eliminazione un farmaco prediliga; essa varia da sostanza a sostanza. L’induzione di enzimi di fase II, come con il trattamento con fenobarbital, può aumentare la capacità del fegato di eliminare xenobiotici o loro metaboliti accelerando la produzione di bile. ((Il sistema di eliminazione attraverso la bile non è ancora sviluppato nei neonati)) Escrezione tramite saliva e feci L’eliminazione attraverso la saliva è marginale, mentre la bile è la principale fonte di xenobiotici escreti nelle feci. Alcune sostanze ingerite possono essere escrete per via fecale senza essere assorbite. Queste vie, tuttavia, sono difficilmente quantificabili. Escrezione per esalazione L’escrezione per esalazione segue le stesse regole dell’assorbimento per via inalatoria. Le sostanze sono eliminate in modo inversamente proporzionale al loro assorbimento. L'eliminazione dipende principalmente dalla solubilità e dalla pressione parziale, ma anche le sostanze liposolubili possono essere esalate. Alcuni composti come il THC o gli anestetici si accumulano nei tessuti adiposi e vengono eliminati gradualmente tramite esalazione, anche nel giro di diversi giorni. ▪ sostanze scarsamente solubili nel sangue, eliminate più lentamente, velocità limitata dalla perfusione polmonare, ▪ sostanze relativamente solubili nel sangue, eliminate più rapidamente, velocità limitata dalla frequenza respiratoria. Escrezione tramite latte L’escrezione tramite il latte, pur essendo spesso trascurata, può essere significativa. Il latte è più grasso (soprattutto il colostro, fondamentale nelle prime fasi di sviluppo del neonato) e leggermente più acido (pH= 7.1) rispetto al sangue. La distribuzione avviene principalmente per diffusione passiva. Le sostanze lipofile e gli acidi in forma indissociata tendono ad accumularsi nel latte (per le molecole cariche si parla di intrappolamento ionico). Inquinanti atmosferici, sostanze disperse nel terreno o ingerite da animali, come metalli pesanti (es. piombo), possono essere eliminate tramite il latte, sostituendosi al calcio. Esempi di farmaci escreti nel latte materno sono paracetamolo, ibuprofene, ac. acetilsalicilico, caffeina, etanolo, morfina, nicotina, THC. CLEARANCE E CINETICHE DI ELIMINAZIONE La clearance rappresenta il volume di sangue virtualmente ripulito nell’unità di tempo dai processi di eliminazione (ml/min) di tutti i distretti, non solo a livello renale. La clearance è uno dei quattro principali parametri farmacocinetici, insieme a biodisponibilità, volume di distribuzione ed emivita. La concentrazione plasmatica del farmaco nel tempo segue due fasi: distribuzione (curva più ripida) ed eliminazione (curva meno ripida). La clearance può essere vista anche sotto un aspetto “d’organo”, cioè in funzione dell’eliminazione di farmaco prodotta da un organo specifico. Quest’ultimo approccio presenta il grosso vantaggio di poter fare delle considerazioni sugli effetti che alterazioni funzionali dell’organo, e quindi adattare il regime terapeutico alle condizioni fisiopatologiche dell’individuo. La clearance non può essere superiore al flusso plasmatico dell’organo ripulente. In altre parole, la clearance massima teorica di un organo è data dal suo flusso plasmatico; nel caso del rene e del fegato questo valore è di 650 e 800 ml/min rispettivamente. Le cinetiche di eliminazione si dividono in: ▪ Cinetica di ordine I: Nell’unità di tempo viene assorbita, metabolizzata o escreta una percentuale costante di xenobiotico, che è proporzionale alla quantità che resta da assorbire. Si ottiene una curva esponenziale. L’emivita è costante e indipendente dalla dose somministrata. La maggior parte dei farmaci segue questo modello. ▪ Cinetica di ordine 0: Nell’unità di tempo viene assorbita, metabolizzata o escreta una quantità costante di xenobiotico, la quale dipende dalla disponibilità dei siti di trasporto, distribuzione, metabolizzazione o escrezione. La curva è lineare e questo tipo di cinetica si osserva con alte dosi di farmaci o con alcuni anticorpi monoclonali. In questo caso l’emivita della sostanza è dipendente dalla sua concentrazione. L’eliminazione è influenzata dal regime di somministrazione (dose singola, somministrazioni ripetute, infusione continua) e dal fenomeno di wash-out, periodo necessario affinché il farmaco venga completamente eliminato dall'organismo dopo la sospensione della somministrazione. BIOTRASFORMAZIONE (21-10) Sebbene la lipofilia e l’assenza di cariche elettriche facilitino l’assorbimento dei farmaci a livello cutaneo, polmonare e gastrointestinale poiché permettono il raggiungimento dei siti di azione all’interno della cellula mediante il passaggio attraverso le membrane, queste caratteristiche ostacolano l’eliminazione. È quindi necessario che l’organismo provveda a una modificazione della loro struttura. Questo processo di biotrasformazione ha lo scopo di trasformare le sostanze estranee in composti più polari e più idrosolubili, e biologicamente inerti, aumentandone l’escrezione. Vi è la possibilità che un farmaco non sia di per sé attivo e che lo diventi solo dopo la sua biotrasformazione. In questo caso le biotrasformazioni prendono il nome di bioattivazioni e il farmaco viene definito pro-farmaco (es. levodopa). Questi processi coinvolgono soprattutto gli epatociti, che possiedono il corredo enzimatico più ricco. Variabilità nei meccanismi di biotrasformazione I meccanismi di biotrasformazione sono speciespecifici: non sempre i meccanismi di biotrasformazione degli animali su cui il farmaco è testato sono gli stessi nell’uomo. Può capitare che alcuni effetti osservati sull'animale non si verificano nell'uomo e viceversa. In questi casi si ripetono gli studi preclinici sul metabolita umano responsabile dell’effetto avverso, in particolare se ne studia la tossicità (MIST, Metabolites in safety testing). Inoltre, i meccanismi variano a seconda del soggetto, influenzati da fattori come sesso, ambiente, etnia e interazioni tra farmaci. Anche epigenetica e induzione enzimatica possono influire. Non tutti i farmaci subiscono biotrasformazione: alcuni vengono eliminati nella loro forma originaria o subiscono solo la fase I. Le REAZIONI ENZIMATICHE di biotrasformazione sono generalmente suddivise in due fasi: ▪ Fase I: dette anche reazioni di funzionalizzazione, hanno la finalità di inserire nel substrato gruppi funzionali adatti alle reazioni di fase II, fra questi: -OH, -COOH , -SH , -NH2. Le reazioni della fase II usano questi gruppi funzionali come un “terminale” per la coniugazione con molecole endogene. Le reazioni coinvolte includono ossidazione, riduzione, idrolisi, idratazione, deaminazione e idrossilazioni (alifatiche e aromatiche). ▪ Fase II: dette reazioni di coniugazione, prevedono l'aggiunta di molecole endogene (come acido glucuronico, solfati, glutatione, metilazione, acetilazione) a gruppi funzionali. È attraverso la fase II che la molecola aumenta il suo peso molecolare e modifica le sue caratteristiche di liposolubilità e di ionizzazione al pH fisiologico dell’organismo, caratteristiche cruciali nell’eliminazione. Quando si generano composti reattivi durante la fase I (tipicamente elettrofili), la fase II li trasforma ulteriormente per limitarne la tossicità, che dipende dal tempo che intercorre tra la formazione e la trasformazione dei composti stessi. I principali sistemi enzimatici coinvolti nella biotrasformazione includono: ▪ Enzimi microsomiali epatici per ossidazione e coniugazione, ▪ Enzimi microsomiali ubiquitari presenti in altri tessuti, che catalizzano reazioni differenti, ▪ Reazioni ossidative principalmente catalizzate dal citocromo P450 (CYP), dalle monoossigenasi contenenti flavine (FMO) e dalle epossido-idrolasi (EI), oltre a reazioni mitocondriali altamente selettive. CITOCROMO P450: presente nel reticolo endoplasmatico, è cruciale per il metabolismo delle sostanze endogene (ormoni steroidei, acidi grassi, prostaglandine, acidi biliari e proteine liposolubili) e esogene, in particolare rappresenta il principale sistema enzimatico ossidativo per gli xenobiotici. Le reazioni di ossidazione richiedono la presenza di ossigeno molecolare, di NADPH e del sistema ad attività ossidante rappresentato da due enzimi accoppiati, la NADPH citocromo P450 reduttasi e il citocromo P450. L’insieme di questi enzimi è contenuto nella matrice fosfolipidica del reticolo endoplasmatico. Il substrato (RH) si lega alla forma ossidata del citocromo P450 (Fe3+) per formare un complesso enzima- substrato. Il citocromo viene quindi ridotto allo stato di Fe2+ per acquisizione di un elettrone messo a disposizione dalla flavoproteina NADPH citocromo P450 reduttasi. Il complesso substrato-citocromo ridotto incorpora una molecola di ossigeno, cui fa seguito l ’acquisizione di un altro elettrone, che proviene dal NADPH tramite la NADPH citocromo P450 reduttasi con, infine, a formazione di un substrato ossidato e di acqua. A seguito di numerosi studi si è giunti a identificare l ’esistenza di una superfamiglia genica del citocromo P450 (CYP) che comprende diverse famiglie ciascuna composta da numerose sottofamiglie. L’attuale nomenclatura della superfamiglia del citocromo P450 prevede la sigla CYP seguita da un numero arabo (identifica la famiglia), da una lettera alfabetica maiuscola (indica la sottofamiglia) e da un numero arabo (specifica l’isoforma), spesso questi sottotipi sono caratterizzati da un’elevata percentuale di omologia di sequenza. Nell’uomo, sono presenti 18 famiglie geniche. Quest’esplosione di geni è riconducibile evolutivamente all’esposizione degli animali ad un elevato numero di sostanze esogene L'isoforma CYP3A4 metabolizza circa il 60% dei farmaci ed è altamente espressa (circa il 28% del CYP450 totale). La funzionalità del CYP450 può essere ridotta da antibiotici, antifungini, antidepressivi o da prodotti alimentari come la bioflavonoidi del succo di pompelmo, la curcumina o il tè verde. Fattori che possono modificare l'espressione di questi enzimi sono: ▪ Mutazioni genetiche, ▪ Influenze ambientali, ▪ Età, sesso, ▪ Dieta, ▪ Funzionalità epatica (condizionata da digiuno, epatiti, tumori). Reazioni di fase II - Coniugazione Le reazioni di fase II, chiamate anche reazioni di coniugazione, non includono tutte necessariamente processi di coniugazione. Il meccanismo di reazione prevede il consumo di energia sottoforma di ATP ▪ La reazione più comune è la coniugazione con acido glucuronico (o glicuronoconiugazione), che forma legami con ossigeno, azoto, zolfo (raramente con carbonio). L’acido glucuronico deriva dall'ossidazione del gruppo alcolico primario del D-glucosio a gruppo carbossilico. I substrati endogeni di tale reazione includono bilirubina e ormoni steroidei o tiroidei. L’enzima che catalizza questa reazione è la UDP-glicuroniltransferasi (UGT). Diversamente da altri enzimi della fase II che sono prevalentemente citosolici, questa attività enzimatica è localizzata soprattutto nel RE delle cellule di numerosi tessuti, soprattutto quello epatico. I prodotti della glicuronoconiugnazione a basso peso molecolare (PM< 250kDa) vengono eliminati attraverso le urine, quelli ad alto peso molecolare (PM> 350kDa) attraverso la bile. glucuronico che si trova in forma ionica di carbossile a pH fisiologico, oltre a conferire idrosolubilità al complesso, consente il riconoscimento da parte dei carriers a livello biliare e renale ▪ Coniugazione con glutatione: Il glutatione è un tripeptide formato da glicina, acido glutammico e cisteina, ed è considerato uno dei più importanti composti dell’organismo per la sua capacità di rimuovere i composti elettrofili potenzialmente tossici. La reazione è condotta dalla glutatione-S- transferasi (GSH), al livello del citoplasma o del RE delle cellule di diversi tessuti, soprattutto quelle del sangue, del fegato, dell’intestino e del rene. I composti che si formano sono tioesteri derivanti dall’attacco nucleofilo dell’anione tiolato del GSH (GS-) a un atomo elettrofilo presente nella struttura dello xenobiotico. Un esempio è il caso del paracetamolo: In dosi terapeutiche, il metabolita tossico N-acetil-para- benzochinone viene coniugato con il glutatione dal GSH ed eliminato come acido mercapturico. Dosi elevate (superiori a 4g/die) possono invece causare epatotossicità e necrosi epatica, evitabile, se effettuata tempestivamente, con una somministrazione di cisteina. L’intossicazione da paracetamolo è tra le principali cause del trapianto di fegato. ▪ Solfatazione:Il processo dà luogo in genere a un estere dell’acido solforico altamente idrosolubile. La reazione è catalizzata dalle solfotransferasi (SULT), enzimi solubili presenti solo nel citosol delle cellule parenchimali di fegato, rene, intestino e polmone. ▪ Metilazione: Le metilazioni sono reazioni prevalentemente indirizzate alla metabolizzazione dei composti endogeni; tuttavia, alcuni farmaci possono essere metilati, generalmente si tratta di farmaci precursori delle catecolamine. Le metilazioni tendono a mascherare i gruppi funzionali dei substrati, diminuendone l’idrosolubilità e la capacità di subire ulteriori processi coniugativi, non favorendone quindi l’escrezione. La metilazione dell’ossigeno è catalizzata da diversi enzimi detti phenol-O- metiltransferasi (POMT) e catecol-Ometiltransferas (COMPT). Il gruppo metilico viene trasferito all’ossigeno degli alcoli, all’azoto dei gruppi amminici o ai gruppi tiolici delle sostanze solforate per mezzo delle transferasi da un cofattore ad alta energia, la S-adenosilmetionina (SAM),che si trasforma in S-adenosilomocisteina. Microbiota Il microbiota ha una potenziale capacità di biotrasformazione maggiore di quella epatica, ma è altamente selettivo e varia a seconda di età, dieta, e stile di vita. Induzione enzimatica L’induzione di enzimi di biotrasformazione è un processo adattativo recettore-mediato, che consente di aumentare la velocità di eliminazione di xenobiotici in situazioni in cui il livello di esposizione alla sostanza è particolarmente elevato. L’induzione e può causare un aumento della velocità del metabolismo dei farmaci con conseguente diminuzione dei loro effetti (fenomeno della tolleranza di tipo farmacocinetico). Un esempio è l’inibizione del CYP34A da parte del succo di pompelmo. Alcuni metaboliti conservano attività biologica simile a quella delle molecole originali, come il diazepam che genera o oxazepam (un quarto di quella del diazepam) o nordiazepam.(emivita doppia rispetto al diazepam) La durata d’azione del diazepam dipende quindi da quale dei due composti viene generato dal corredo di enzimi del paziente Un altro esempio è la biotrasformazione della cocaina. Normalmente viene idrolizzata ad opera delle carbossil-esterasi, generando il metabolita inattivo benzoilecgonina; tuttavia, in presenza di etanolo (co- somministrazione) una porzione variabile di cocaina subisce trans-esterificazione dando origine a metanolo e cocaetilene. (emivita 150 min., 100 in più rispetto alla cocaina). Il cocaetilene potenzia l’effetto cardiotossico diretto della cocaina e indiretto dell’alcol, portando ad un aumento dell’incidenza di emergenze neurologiche e cardiache. FARMACODINAMICA (22-10) La farmacodinamica è una branca della farmacologia che si occupa di studiare i processi che si attivano nel nostro organismo a seguito dell’assunzione di un principio attivo. I farmaci agiscono su bersagli specifici, come canali, recettori, enzimi, ecc. In alternativa, l’attività del farmaco può derivare dalle sue caratteristiche chimiche, come per l’acqua ossigenata (effetto antisettico) o il bicarbonato (effetto antiacido). Recettori Un recettore è una proteina, predisposta a legarsi a sostanze endogene come ormoni o neurotrasmettitori che, formando il complesso con il farmaco, subisce modifiche conformazionali che attivano cascate intracellulari (trasduzione del segnale), producendo un effetto biologico. I legami tra farmaco e recettore sono deboli e dipendono dal moto browniano: a concentrazioni elevate, le molecole si spingono tra loro aumentando le possibilità di legame. È importante tuttavia ricordare che il farmaco interagire con macromolecole diverse dal suo “recettore” principale. Il modello che meglio spiega questo fenomeno prevede che i farmaci in questione abbiano un sito di legame altamente complementare (e quindi si leghino saldamente) su un recettore A. Su un recettore B tale sito è solo parzialmente complementare e il legame è più labile; l’attivazione del recettore può però diventare significativa se si aumenta la probabilità di interazione tra farmaco e recettore, cioè se si aumenta la concentrazione del farmaco. Quindi, la selettività di un farmaco nei confronti di sottotipi dello stesso recettore è anche funzione della sua concentrazione. Il legame farmaco-recettore può essere: - specifico, caratteristica determinata dalla selettività del recettore. La selettività può essere anche stereoisomerica (alcuni stereoisomeri di una molecola possono essere inattivi) e riguardare i sottotipi recettoriali, come nel caso dei recettori β-1, presenti nel tessuto cardiaco, e i β-2, localizzati nella muscolatura bronchiale. - saturabile, esiste un numero (N) finito di recettori espressi nella cellula, rilevabile attraverso una curva di saturazione del legame (plateau). - reversibile/irreversibile: Il fatto che farmaco e recettore siano tenuti uniti tra loro da forze chimiche deboli implica che nella maggior parte dei casi l’interazione è limitata nel tempo, e quindi reversibile. In caso di concentrazioni elevate di farmaco, il distacco del farmaco dal suo recettore non avviene e spesso si ha la formazione di legami covalenti, n questo caso l’interazione è irreversibile. L’efficacia di un farmaco si misura sulla base dell’effetto del legame con il ligando endogeno. Questo processo considera il recettore come un'unità, avente un unico sito di legame, e l’effetto risultante è proporzionale al numero dei recettori occupati. In un grafico effetto/concentrazione, si ottiene una curva (detta curva dose-risposta) che aumenta con la concentrazione del farmaco, fino a un plateau: a questo punto, l’effetto non cresce più, poiché i siti di legame sono saturati. CINETICA FARMACO-RECETTORE La cinetica di legame tra farmaco e recettore è simile alla cinetica enzimatica di Michaelis-Menten e viene studiata tramite studi di binding. Nel grafico effetto/concentrazione, il valore plateau rappresenta la Bmax, ovvero la concentrazione alla quale si ottiene l’effetto farmacologico massimo, indica la capacità intrinseca di un farmaco di generare un effetto. La Bmax è corrispondente alla densità dei siti, parametro che indica il numero massimo di siti di legame presenti per cellula e che può venir, appunto, espresso come una concentrazione.La costante di dissociazione, Kd, rappresenta la concentrazione di farmaco necessaria per ottenere il 50% dell’effetto massimo, e fornisce informazioni sull’affinità del farmaco per il recettore. Per esempio, un farmaco A con Kd pari a 1 µM ha un’affinità inferiore per il recettore rispetto a un farmaco B con Kd per lo stesso recettore di 1 nM: questi valori indicano infatti che per legare il 50% dei recettori con il farmaco A occorre una concentrazione mille volte superiore rispetto al farmaco B, questo significa che la probabilità che un complesso RX si formi sono, a parità di concentrazione, molto più elevate per il farmaco B. Negli studi farmacologici, l’Efficacia massimale (Emax) rappresenta la capacità intrinseca di un farmaco di innescare un effetto biologico. La potenza del farmaco si valuta in base alla concentrazione necessaria per ottenere il 50% dell’effetto biologico massimo EC50: un farmaco è più potente se raggiunge l’effetto con una concentrazione minore. Questo parametro riflette la Kd negli studi di binding. Down-regulation e desensibilizzazione Come detto l’efficacia del farmaco dipende anche dal numero di recettori disponibili, che può variare in condizioni patologiche o in presenza di alte concentrazioni di farmaco, causando desensibilizzazione. Questo fenomeno riduce l’attivazione della cascata intracellulare e quindi l’efficacia del farmaco, abbassando la Bmax. La desensibilizzazione può verificarsi anche per farmaci diversi che agiscono sullo stesso processo intracellulare. Agonisti e antagonisti Si definisce agonista un farmaco che si lega a un recettore in modo tale da generare una risposta biologica di per sé; generalmente, un agonista mima gli effetti di composti endogeni. Per antagonista in senso stretto, si intende un antagonista recettoriale, cioè un farmaco che, pur legandosi a un recettore, è incapace di produrre un effetto di per sé, ma inibisce (parzialmente o completamente, a seconda della concentrazione) l’effetto di un agonista che agisca attraverso lo stesso recettore. Il termine antagonista è spesso usato, in senso lato, anche per indicare un antagonista funzionale, di cui esistono due tipi: antagonista fisiologico, cioè un farmaco, o più precisamente un agonista, che produce un effetto contrario a quello di un altro farmaco, e quindi ne inibisce l’azione pur non interagendo con lo stesso recettore; antagonista indiretto, cioè un inibitore di una molecola intermedia nella cascata fra il recettore e il suo effetto finale. CLASSIFICAZIONE DEI RECETTORI (25-10) 1. RECETTORI DI MEMBRANA I recettori di membrana mediano il passaggio dell’informazione attraverso la membrana plasmatica, nell’uomo possono essere raggruppati in venti famiglie recettoriali distinguibili per struttura e funzione. Questi recettori rappresentano il target della maggior parte dei farmaci e li suddividiamo in due macrocategorie principali: recettori legati a canali ionici (ionotropici) e recettori legami a proteine G (metabotropici). L’attivazione di un recettore-canale comporta flussi ionici transmembrana e genera eventi rapidi e di breve durata, mentre l’attivazione di un recettore accoppiato a proteina G genera una risposta più lenta e di maggiore durata. La conoscenza dei tipi recettoriali presenti in una cellula è utile per prevedere quale sarà la sua risposta a un determinato neurotrasmettitore o farmaco. Allo stesso tempo è importante considerare che una singola cellula è spesso bersagliata da stimoli diversi e che l’espressione dei recettori può variare anche all’interno delle cellule di uno stesso tessuto. La risposta finale della cellula dipende quindi dai tipi di recettore che essa esprime e dalle interazioni (cross-talk) che possono aver luogo tra i vari recettori e i loro sistemi di trasduzione del segnale. ▪ Recettori Ionotropici Si tratta complessi macroproteici transmembranari che formano un canale ionico. Il legame con il ligando comporta una modifica conformazionale che apre il canale e permette il passaggio di ioni attraverso la membrana (= traduzione segnale), passaggio che avviene secondo gradiente di concentrazione. Il trasferimento di ioni modifica il potenziale di membrana e può determinare un’iper-polarizzazione o una de-polarizzazione, una cellula de-polarizzata è più sensibile agli stimoli. I farmaci che agiscono su questi recettori possono colpire sia siti ortosterici, dove si lega il ligando endogeno (da “sito giusto”), sia siti allosterici, diversi da quelli di legame del ligando endogeno (da “sito altro”). Le benzodiazepine sono esempi di farmaci che agiscono come potenziatori allosterici positivi (PAM) su recettori GABA: aumentano il tempo di apertura del canale, potenziando così l'azione del GABA, e sono comunemente usate per trattare i disturbi d'ansia. Le benzodiazepine hanno antagonisti specifici, mentre i barbiturici, pur essendo anch'essi PAM, agiscono in modo diverso, aumentando la probabilità di apertura dei canali piuttosto che il tempo di apertura. A differenza delle benzodiazepine, i barbiturici non hanno antagonisti. Esistono alcuni recettori ionotropici detti transient potential receptors (trp) il cui sito di legame e ligando endogeno sono intracellulari; spesso si tratta di meccanocettori o termocettori. ▪ Recettori Metabotropici I recettori accoppiati alle proteine G esplicano il loro effetto attraverso delle particolari strutture indicate come (Gp), sono formati da un’unica catena polipeptidica che attraversa sette volte la membrana plasmatica (chiamati anche 7TM receptors). Le proteine G sono proteine trasduttrici del segnale iniziato dal legame farmaco-recettore e sono associate a un enzima effettore; l’enzima effettore produce una serie di molecole (secondi messaggeri) provocando un’amplificazione del segnale e un effetto cellulare. Strutturalmente queste proteine sono costituite da tre subunità ( e ), la subunità è in grado di legare e idrolizzare il GTP. Il legame del ligando (che avviene solitamente alo livello della terza od della quarta catena) induce un cambiamento conformazionale che si propaga a tutte le catene e aumenta l’affinità per la proteina G che viene attivata: la subunità α si separa dal dimero e . Le due porzioni subiscono due destini differenti: mentre il dimero va ad interagire con dei canali ionici, modulandone l’attività, la subunità α interagisce con secondi messaggeri all’interno di cascate del segnale. L’attività di queste proteine è finemente controllata, non esistono ad oggi, tuttavia, farmaci capaci di interagire direttamente con tali proteine bypassando i relativi recettori. In particolare, le proteine RGS (Regulators of Gprotein Signaling) promuovono l’idrolisi del GTP operato dalla Gα e agiscono come «off switch» del segnale. Esistono diversi sottotipi di Gp in base all’attività della subunità : I secondi messaggeri sono invece divisi principalmente in apolari (es. DAG), polari (es. cAMP, cGMP, Ca2+, IP3) e gas. (( si è recentemente scoperto che il secondo messaggero β- arrestina, convolto nel processo di inibizione della AMPciclico fosfodiesterasi da parte si molecole come e la caffeina, sia coinvolto nei processi di internalizzazione dei recettori, un processo che ha la funzione di diminuire il numero di recettori che possono legarsi al ligando, senza però distruggere il recettore stesso )) Tra i recettori metabotropici distinguiamo inoltre: o Recettori con attività guanilato ciclasica, sono recettori presenti sulla membrana cellulare che una volta attivati da ligando producono GMP ciclico (cGMP). Ne esistono due isoforme: GC solubile (sGC) target del NO con funzione di vasodilatatore, e di membrana (pGC) target del peptide natriuretico atriale, con funzioni di regolazione dell’attività cardiaca. cGMP regola l’attività di diverse proteine, in particolare delle PKG (proteina chinasi G-dipendente) e i canali CNG, resposabili dell’attività della muscolatura liscia. o Recettori per le proteine stimolanti Gαq, queste proteine possono interagire con le fosfolipasi C (PLC), enzima che idrolizza lipidi e genera ulteriori secondi messaggeri come il triacilglicerolo (DAG), il quale: possiede un proprio recettore sul RE IP3 che diffonde e regola i livelli di Ca2+ intracellulari e attiva la PKC (proteina chinasi Ca-dipendente) Si è scoperto che esistono dei ligandi che non hanno solo la capacità di attivare questi pathway legati alla proteina G ma sono anche in grado di attivare tutta un’altra serie di segnali intracellulari dipendenti dal tipo di legando o dal recettore stesso, esiste quindi una selettività funzionale, è il caso dei biased ligand or receptor: il termine si riferisce alla capacità di un ligando o di un recettore di favorire una specifica via di segnalazione rispetto ad altre, tra quelle normalmente attivabili da quel recettore. In pratica, invece di attivare tutte le vie di segnalazione collegate al recettore, il ligando o il recettore "biassed" (letteralmente "orientato") seleziona in modo preferenziale solo alcune di esse. La discriminante per alcuni recettori può essere anche la concentrazione, per esempio il THC. 2. RECETTORI INTRACELLULARI I recettori intracellulari, oltre a differire biologicamente da quelli di membrana, presentano un’azione temporale diversa. Un esempio è il recettore dei glucocorticoidi, ormoni responsabili del metabolismo glucidico, che legandosi a recettori intracellulari provocano effetti in ore o giorni. Esempi: Recettore nicotinico per l’acetilcolina: situato nella placca neuromuscolare, è un recettore canale. L’interazione con l’acetilcolina provoca un cambiamento conformazionale che apre il canale, permettendo l’ingresso degli ioni in pochi millisecondi. Recettore muscarinico per l’acetilcolina: associato a una proteina G, la cui attivazione porta al distacco della subunità gamma. Questa attivazione è in grado di avviare meccanismi che si manifestano in alcuni minuti e durano diverse ore. Si tratta di proteine citosolubili capaci di legare il DNA modulando la trascrizione genica. Fino a oggi sono stati identificati circa 52 recettori raggruppati seconda la IUPHAR in 18 famiglie. Circa la metà di questi recettori sono in realtà “orfani”, cioè non se ne conosce né il ligando né la funzione, la restante metà comprende importanti recettori per ormoni sessuali, tiroidei, glucocorticoidi, mineralcorticoidi, vitamine D e A e per i proliferatori dei perossisomi (PPAR). In assenza di ligando, il recettore è presente nel citoplasma o nel nucleo in forma inattiva; lo stato quiescente è mantenuto dall’interazione con proteine inibitorie specifiche, per lo più della classe delle heat shock proteins (hsp). Il legame dell’ormone, o di un farmaco agonista, produce un cambiamento conformazionale tale da dissociare il recettore dalle hsp e consentire la dimerizzazione del complesso recettoriale e, se nel citoplasma, il suo trasferimento nel nucleo. Qui si associa a sequenze specifiche presenti nei promotori di alcuni geni sensibili, la cui trascrizione viene così regolata in funzione della presenza del ligando. Un altro esempio è il recettore per la TCDD (TetraCloroDibenzo-p-Diossina), diossina prodotta dagli scarichi industriali, dagli inceneritori di rifiuti e dagli scarichi delle macchine, classificata come carcinogeno di gruppo 1. La molecola ha un’alta affinità per i recettori degli idrocarburi arilici (AhR) e la sua esposizione induce la sindrome da immunodeficienza chimica. Rivedremo l’argomento in tossicologia.