Neurofisiologia: Memoria a Lungo Termine - Riassunto PDF
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Questo documento fornisce una panoramica della memoria a lungo termine, includendo la sua classificazione in memoria dichiarativa ed implicita, e descrive le diverse forme di memoria come la memoria episodica e semantica. Il documento esplora l'apprendimento associativo e non associativo, così come il ruolo del lobo temporale mediale e dell'ippocampo nella codifica della memoria episodica. Utilizza esempi e studi di caso per illustrare i concetti.
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La memoria a lungo termine:definizione,classificazione e descrizione delle forme principali(memoria dichiarativa: episodica,semantica autobiografica;memoria non dichiarativa:procedurale ,priming , condizionamento) L'apprendimento è il processo di acquisizione di nuove informazioni e il risultato de...
La memoria a lungo termine:definizione,classificazione e descrizione delle forme principali(memoria dichiarativa: episodica,semantica autobiografica;memoria non dichiarativa:procedurale ,priming , condizionamento) L'apprendimento è il processo di acquisizione di nuove informazioni e il risultato dell'apprendimento è la memoria;si può verificare da una sola esposizione o dalla ripetuta ripetizione dell'informazione (manteniamo alcune informazioni per un breve tempo mentre altre durano tutta la vita.)LA MEMORIA A BREVE TERMINE:Memoria sensoriale:molto breve,misurata in intervalli variabili tra millisecondi e secondi.Memoria di lavoro e memoria a breve termine:durano da secondi a minuti. MEMORIA A LUNGO TERMINE con cui si intende la capacità di trattenere per una durata di tempo significativa(giorni,mesi o anni) un'informazione. I teorici hanno individuato 2 suddivisioni principali di questa memoria: - *Memoria dichiarativa*:memoria cosciente per i fatti appresi(memoria semantica)sia per eventi che abbiamo vissuto(memoria episodica). - *Memoria non dichiarativa:*memoria non cosciente spesso espressa attraverso l'esecuzione di procedure(memoria procedurale). Per quanto riguarda le basi neurali della memoria è importante sapere che le evidenze ci giungono dal caso di H.M.,un paziente al quale vennero asportati entrambi i lobi temporali mediali con l'intento di curare l'epilessia. Nonostante l'epilessia in questo modo venne curata, la rimozione di queste aree comportò un'amnesia retrograda,ossia l'incapacità di generare nuove tracce a lungo termine successivamente alla lesione. Questo permette di comprendere che la memoria dichiarativa dipende dal lobo temporale mediale, mentre quella non dichiarativa, essendo intatta in H.M. è dipendente da altre strutture come i gangli della base, il cervelletto,l'amigdala e la neocorteccia. MEMORIA DICHIARATIVA: è legata alla dimensione della consapevolezza ma può essere studiata anche negli animali.(memoria per gli eventi,per i fatti personali e non). È la memoria che serve a ricordare in modo consapevole eventi vissuti personalmente e fatti condivisi con altri; a volte infatti è considerata come una memoria esplicita. Può essere ulteriormente suddivisa in: -Memoria episodica:contiene tracce di eventi di cui la persona ha fatto esperienza e include le informazioni riguardo ciò che è accaduto,con chi,dove e quando, ovvero un apprendimento associativo di questi riferiti ad un singolo episodio e il suo contesto. I ricordi episodici includono sempre il sé come l'agente o il destinatario di qualche azione. È inoltre suddivisa anche in reminiscenza e familiarità:il primo processo si riferisce ai ricordi di un evento passato che includono associazioni specifiche e dettagli del contesto,mentre il secondo concerne la sensazione di aver vissuto un episodio passato, anche se non ricordiamo associazioni specifiche o dettagli particolari di dove e quando potrebbe essere accaduto. -Memoria semantica: conoscenza oggettiva di natura fattuale e NON include il contesto nel quale è stata appresa. È una memoria che riflette la conoscenza fatti e concetti che è totalmente differente dal nostro ricordo degli eventi delle nostre vite. Durante lo sviluppo queste due memorie appaiono a diverse età e diversi sistemi sottocorticali potrebbero supportare queste due differenti versioni della memoria dichiarativa a lungo termine.\ L'insieme dei ricordi degli eventi della nostra vita rappresentati dalla memoria autobiografica,ovvero una sorta di fusione di queste due memorie. MEMORIA NON DICHIARATIVA:non può essere verbalmente dichiarata ma si esprime attraverso una prestazione. È nota anche come memoria implicita perché è una conoscenza di cui non siamo coscienti. Si divide in: Memoria procedurale:è richiesta per compiti che richiedono l'apprendimento di abilità motorie(andare in bicicletta)o abilità cognitive(leggere). Questa memoria dipende da una lunga e ripetuta esperienza. I sistemi cerebrali che supportano questa memoria sono i circuiti dei gangli corticobasali,fondamentali per l'apprendimento. Un test tipico è il compito con tempi di reazione seriali,in cui i partecipanti posizionano una mano su 4 tasti e devono premere quello corrispondente a una delle 4 luci illuminate;queste luci possono accendersi in maniera casuale oppure in maniera pseudocasuale(il soggetto crede sia sempre casuale ma in realtá è una sequenza molto complessa e ripetitiva). Con il tempo i soggetti sani rispondono in modo migliore e veloce ad entrambe le sequenze riportando che queste ultime sono del tutto casuali,sono quindi ignari della presenza di uno schema eppure hanno appreso la tecnica. Pazienti come H.M. presentano una memoria procedurale intatta,per cui questo apprendimento è indipendente dalle regioni coinvolte nella memoria episodica; sembra invece che pazienti con problemi ai gangli della base presentino prestazioni inferiori in compiti di memoria procedurale,come nel caso di soggetti con morbo di Parkinson e corea di Huntington. Priming: (facilitazione). È un cambiamento nella risposta ad uno stimolo.o nella capacità di identificarlo,dovuto ad una procedura di esposizione a quello stimolo. Può essere: -PERCETTIVO: si verifica all'interno del sistema di rappresentazione percettiva(PRS) in cui la struttura e la forma degli oggetti e delle parole posso essere innescate dalle nostre precedenti esperienze e a seconda dello stimolo,gli effetti persistono per alcune ore o mesi. Sembrerebbe però che in pazienti come H.M. questo tipo di priming sia intatto,dunque non sembra dipendere dal lobo temporale mediale.Il priming percettivo si può vedere anche con stimoli non verbali come immagini,forme o volti. In un altro esperimento ai soggetti venivano prima presentate delle parole e successivamente veniva chiesto loro di completare alcune parole(mostrate in modo frammentato);questi frammenti possono riguardare parole già viste oppure parole nuove. I soggetti sono più veloci nel completare correttamente i frammenti di parole già viste, mostrando così l'effetto di priming:beneficiano del fatto sì aver visto prima le parole anche se non sono consapevoli di averlo fatto. La durata del tempo,dopo l'esposizione ad uno stimolo,che può influenzare le prestazioni successive dipende dallo stimolo in diversi studi iniziali gli effetti priming alle parole scomparivano nel giro di due ore mentre altri studi hanno osservato effetti che duravano da pochi giorni ad una settimana o alcune settimane. Effetti di priming sono molto più duraturi, nel caso in cui gli stimoli erano costruiti da immagini, sono stati riscontati in maniera affidabile fino a 48 settimane dopo l'esposizione. Il priming percettivo,inoltre, può essere deficitario in assenza di danni alla memoria esplicita:questo completa il quadro di doppia dissociazione tra i sistemi per la memoria dichiarativa e per quella non dichiarativa. -CONCETTUALE: non dura altrettanto al lungo; In questo caso i soggetti tendono a rispondere in ,odo veloce a domande di cultura generale se sono state precedentemente esposte a quel concetto.si differenzia dalla memoria dichiarativa in quanto è inconscio e non influenzato da lesioni al lobo temporale mediale ma piuttosto da lesioni alle regioni temporali laterali e prefrontali. Nella malattia di Alzheimer questo tipo di priming appare intatto inizialmente, quando l'area coinvolta è solo il lobo temporale mediale,successivamente però, con il progredire della malattia la patologia si estende anche alle neocortecce laterali temporali,parietali e frontali,compromettendo anche questo. -SEMANTICO: in cui il *prime e il target* sono parole diverse appartenenti alla stessa categoria semantica.(esempio prime:cane e target:osso).Dura solo pochi secondi e al teoria che ne spiega il meccanismo si basa sul presupposto che la memoria semantica sia organizzata in reti associative. Tuttavia in una metanalisi condotta su 26 studi è emersa un'evidenza significativa dell'effetto di priming semantico ma nessuna evidenza rispetto al priming basato esclusivamente sull'associazione ponendo il dubbio se il priming semantico e quello concettuale siano sostanzialmente differenti. Condizionamento classico Nel condizionamento classico troviamo uno stimolo condizionato(SC) che viene accoppiato ad uno stimolo incondizionato(SI)divenendone associato. Successivamente lo stimolo condizionato è in grado di evocare una risposta condizionata(RC)simile a quella tipicamente provocata dallo stimolo incondizionato(risposta incondizionata RI). Prima del condizionamento,la campana non era associata al cibo e non provocava salivazione. Dopo il condizionamento,nel quale la campana e il cibo erano stati accoppiati,la campana(SC) provocava sempre la salivazione anche in assenza di cibo(RC). Ci sono due forme di condizionamento classico: il condizionamento ritardato in cui SI viene presentato quando è ancora presente lo SC. Condizionamento della traccia in cui c'è un gap temporale e quindi è necessaria una traccia menemonica perché si crei un'associazione tra SC e SI. Un danno all'ippocampo sembrerebbe creare deficit solo nel caso di quest' ultimo. Apprendimento non associativo: non implica l'associazione tra due stimoli per evocare un cambiamento comportamentale ma coinvolge forme di apprendimento semplici come l'abituazione(la risposta ad uno stimolo ripetuto diminuisce nel tempo) o la sensibilizzazione(in cui la risposta aumenta in seguito a ripetute presentazioni dello stimolo). L'apprendimento non associativo coinvolge le vie sensoriali e senso motorie(riflesse). 2.Ruolo dell 'ippocampo e del lobo temporale mediale nei processi di codifica della memoria episodica. La memoria episodica ci consente di immagazzinare e richiamare eventi vissuti in prima persona. Tipicamente viene suddivisa in memoria basata sulla "reminescenza",cioè la memoria caratterizzata dalla vividezza e accuratezza del ricordo collocato nel suo contesto spazio-temporale,e sulla "familiarità", la sensazione di aver fatto esperienza di un evento,anche se non se ne ricordano con precisione dettagli contestuali e altre associazioni specifiche. Nella fase di codifica, l'informazione relativa ad un evento specifico viene convertita in modo rapido e automatico in una nuova traccia mnestica che inizialmente è labile e suscettibile a decadimento. Alcune tracce mnestiche vanno incontro ad un processo di consolidamento che promuove il rafforzamento della memoria e la sua integrazione nelle reti di conoscenza pregressa(schemi). Il lobo temporale mediale (MTL) svolge un ruolo essenziale nella codifica episodica. Anatomicamente il lobo temporale mediale include l'ippocampo(HPC) e il giro paraippocampale; quest' ultimo comprende anteriormente le cortecce entorinale(EC) e peririnale(PRC) e posteriormente la corteccia paraippocampale(PHC). Il lobo temporale mediale e la corteccia sono in continuo e reciproco scambio di segnali;'informazione altamente processata che rappresenta l'esperienza corrente viene trasmessa alle alla corteccia peririnale e paraippocampale ,poi alla corteccia entorinale,per convergere finalmente nell'ippocampo: qui l'elaborazione procede a step successivi. Le due diverse strutture del lobo temporale mediale svolgono differenti funzioni: la corteccia peririnale PRC è coinvolta nella rappresentazione compressa,astratta e invariante degli item (oggetti,persone,ecc)infatti riceve la maggior parte dei suoi input dalla via visiva ventrale che è implicita nella costruzione delle forme e nel riconoscimento degli oggetti. La corteccia paraippocampale PHC,invece, riceve soprattutto dalla via visiva dorsale(implicata nella codifica del movimento e dello spazio), ed è principalmente coinvolta nelle rappresentazioni delle relazioni spaziali e delle scene. L'ippocampo integra due tipologie di informazione,legando insieme item e contesto(relational coding) e rappresenta la scena intera nel suo complesso. Quest'abilitá rende l'ippocampo una struttura ideale per mediare processi di memoria relazionale,capaci di integrare informazioni su tempo,luogo,oggetti e persone. *Diversi tipi di informazioni provenienti da tutta la corteccia convergono nelle regioni del lobo temporale mediale che circondano l'ippocampo ma non tutti decorrono attraverso le stesse strutture:infatti le informazioni relative al cosa decorrono attraverso la corteccia peririnale (porzione anteriore paraippocampale) mentre le informazioni sul dove decorrono sulla parte posteriore. Entrambe le informazioni convergono solo quando si trovano all'interno dell'ippocampo. Secondo Il **modello della giunzione degli item con i loro contesti(BIC)** l'ippocampo è in grado di mettere in relazione vari tipi di informazioni relative a qualcosa incontrato da un individuo(memoria relazionale). In questo modello quindi la corteccia peririnale è sufficiente per riconoscere che qualcosa è familiare ma per riconoscere l'intero episodio è necessario l'ippocampo che è in grado appunto di legare tra loro le informazioni. L'evidenza derivante dalla fMRI suggerisce che l'ippocampo è coinvolto nella codifica e nel recupero delle memorie episodiche ricordate mentre le aree al di fuori dell'ippocampo come la corteccia peririnale PRN sostengono il riconoscimento basato sulla familiarità.*Una convincente conferma arriva da studi sperimentateli di risonanza magnetica funzionale fMRI che hanno utilizzato il paradigma della memoria successiva per indagare l'attività cerebrale durante la codifica espisodica degli item che sono poi correttamente ricordati in un successo test di richiamo; uno di questi studi effettuato da *Ranganath*, ai partecipanti nello scanner veniva presentata una serie di parole ,e per ogni parola era chiesto loro di dare un giudizio che ,in funzione del colore della parola ,poteva riguardare la tipologia (animato/inanimato) o la dimensione(grande/piccolo). Più tardi,fuori dallo scanner ai partecipanti veniva mostrata un'altra lista(contenente parole vecchie e nuove), veniva chiesto di indicare se e con quanta sicurezza riconoscevano le parole come già viste nella lista precedente; inoltre dovevano dire con quale colore le parole erano state presentate(memoria della fonte del ricordo). Le aree cerebrale in cui l'attivitá in fase di codifica correlata con il ricordo corretto delle parole nella fase di richiamo (reminiscenza) erano l'ippocampo posteriore,il giro fusiforme e la corteccia paraippocampale PHC posteriore. Alcune regioni del giro paraippocampale anteriore,corrispondenti alla corteccia PERIRINALE PRC erano invece attive nella codifica di parole che poi venivano riconosciute con un basso grado di certezza (familiarità)in questo caso l'ippocampo non mostrava aumento dell'attività nella fase di codifica. La codifica di nuove esperienze può generare rappresentazioni multiple di un determinato evento, cioè memorie espidoche caratterizzate da livelli di risoluzione diversi e basate su correlati neurali distinti. Memorie contesto specifiche diventi particolari ,che descrivono a grana fine e particolari vividi e accurati dell'episodio coesistono e interagiscono con memorie per generali e sommarie, descrizioni a grana piu\' grossa dell\'evento(gist memories), che eleantengono gli elementi centrali ma non i dettagli periferici dell\'evento; queste due rappresentazion sono mediate rispettattivamente dall\'ippocampo posteriore e anteriore. E interessante sottolineare che codifichiamo e apprendiamo nuove informazioni anche in base alle nostre esperienze pregresse. La corteccia pretroniale mediale(mPFC) influenza l\'interpretazione degli eventi in fase di codifica. Si e VISTO, infatti, che durante la codifica di nuove informazioni che sono congruenti con schemi di conoscenze preesistenti, l\'attivazione della corteccia frontale mediale(mPFC) e i suo grado di connettività funzionale con il lobo temporale mediale(MTL) Sono elevati e questo si associa ad un incremento di richiamo amnestico. **IL sistema di memoria del lobo temporale mediale è formato dall'ippocampo e dalle cortecce enterorinale/peririnale e corteccia paraippocampale all'interno dei lobi temporali.** **La formazione di nuove memorie dichiarativa dipende dal LOBO TEMPORALE MEDIALE che comprende IPPOCAMPO E AMIGDALA.** Possiamo individuare 5 aree corticali coinvolte nell'elaborazione delle emozioni. 1.L'amigdala è responsabile della detezione rapida di stimoli personalmente salienti (avversivi o piacevoli), innesca risposte coordinate somato-viscerali, neurocognitive e comportamentali, rappresentate come core affect, indice momentaneo della qualità delle nostre interazioni attuale col mondo. 2.Lo striato ventrale (nucleo accumbens) segnala gli stimoli incentivanti (primari e secondari), è coinvolto nell'apprendimento per rinforzo (segnala la previsione di gratificazione e l'errore di previsione del reward). 3.L'insula riguarda la consapevolezza degli stati viscerali. Presenta un gradiente funzionale postero-anteriore con cui effettua una progressiva integrazione dei segnali interocettivi con quelli esterocettivi e del sé autobiografico, da cui emerge la rappresentazione del sé materiale senziente (come mi sento adesso). 4.Il cingolo anteriore ricopre funzioni diverse, molte delle quali interessano la sfera affettiva (consapevolezza degli stati emozionali e del dolore). La sua porzione antero-dorsale svolge anche funzioni più ''cognitive'', quali l'elaborazione e la risoluzione di informazioni ambigue e conflittuali fra loro e il monitoraggio degli errori. Possiede proiezioni discendenti su strutture profonde che controllano le funzioni fisiologiche (amigdala, ipotalamo, sostanza grigia periacqueduttale). 5.La corteccia prefrontale ventro-mediale/orbito-frontale rappresenta il significato affettivo degli stimoli, integrando segnali riguardanti le caratteristiche edoniche o avversive intrinseche con informazioni concettuali e astratte (dalla corteccia prefrontale laterale) relative alle nostre conoscenze e convinzioni, alle norme sociali, agli obiettivi a breve e lungo termine. Insieme ai nodi del default mode network costruisce i modelli interni del sé e delle sue interazioni col mondo secondo punti di vista e scale temporali diversi, i concetti con cui categorizziamo le diverse istanze emozionali a partire dal core affect. In collaborazione con il central executive network. 3.Ruolo delle cortecce frontali e parietali nella codifica e nel recupero mnestico Attraverso delle metaanilisi della letteratura sulle neuroimmagini e'stato riscontrato che la corteccia frontale(PFC) sinistra è spesso coinvolta nella codifica episodica delle informazioni, mentre la corteccia frontale destra e'attiva durante i recupero specifico. *Kelley e colleghi* sostengono che la lateralizzazione dell\'attività della corteccia frontale (PFC) durante il recupero della memoria a lungo termine è legata più alla natura del materiale da elaborare che alla distinzione tra codifica e recupero; sembrerebbe infatti che sia la codifica semantica sia il suo recupero coinvolgono la corteccia frontale sinistra compresa l'area di Broca e la regione ventrolaterale. Questa lateralizzazione in favore dell'emisfero sinistro per le informazioni semantiche permane indipendentemente dal fatto che i ricordi da recuperare siano oggettio o parole. Tutto ciò suggerisce che l'emisfero sinistro sia maggiormente coinvolto nei processi di codifica linguistica delle rappresentazioni e la corteccia frontale destra sia più coinvolta nella memoria per le informazioni spaziali o legate all'oggetto. Nel 2011 in Corea del sud venne fatta una metanalisi su 74 studi fMRI che hanno coinvolto la memoria successiva sia la successiva dimenticanza o entrambi i fenomeni gli effetti della memoria successiva (SM) sono associati principalmente a 5 regioni neurali: corteccia frontale inferiore sinistra(IFC) ,corteccia fusiforme bilaterale, formazione ippocampale bilaterale,corteccia premotoria bilaterale (PMC) e corteccia parietale posteriore bilaterale (PPC). Alcune di queste aree risultano più attive per stimoli visivi piuttosto che verbali e viceversa. Per quanto riguarda il recupero è possibile vedere come il pattern di attivazione (effetto del recupero riuscito)si estenda su ampie regioni della corteccia frontale e parietale;quest'ultim ben nota per il suo ruolo nell' attenzione ma è importante anche per la memoria in quanto lesioni nelle regioni mediale del lobo parietale causano amnesia retrograda e anterograda,tenendo conto che è una delle prime aree che subisce cambiamenti patologici nei pazienti con Alzheimer. La corteccia retrospinale(RSC)che si trova nella regione mediale del lobo parietale è interconnessa con la corteccia paraippocampale ed entrambe sono collegate con regioni simili nell'ippocampo posteriore, con il subiculum,con il talamo anteriore e con il network di default;parallelamente la corteccia peririnale mostra un pattern di connettività completamente diverso con l'ippocampo anteriore,l'amigdala,la corteccia ventrale teporopolare e la corteccia orbito frontale laterale. *Ranganath e Ritchey :*Tutte queste aree vengono suddivise in due sistemi principali: -sistema temporale anteriore(AT) che include la corteccia peririnale e le sue connessioni. Questo sistema risulta essenziale per attribuire il significato alle entità che vediamo,la capacità di distinguere gli oggetti della corteccia peririnale è condivisa con le operazioni dalle altre strutture di questo sistema come ad esempio con la corteccia temporopolare è possibile categorizzare semanticamente gli oggetti e se ci fosse un deficit in quest'area avremmo una demenza semantica. La connessione tra corteccia peririnale e l'amigdala permettono di riconoscere il valore saliente di un oggetto e l'insieme di tutte queste connessioni ci permettono di dare un significato complessivo ad un determinato oggetto. Ne deriva così una memoria basata sulla familiarità perché richiama informazioni inerenti all'oggetto,utili a dargli un significato. -sistema mediale posteriore(PM)che comprende tutte le aree connesse alla corteccia paraippocampale e alla corteccia retrospleniale (RSC). Questo sistema è direttamente coinvolto nel recupero di memorie episodiche e anche in altre funzioni come la navigazione spaziale di fatti permettendo all'individuo di orientarsi e agire nello spazio e nel tempo in quella determinata situazione. Queste due sistemi interagiscono al fine di integrare le operazioni permettendo l'integrazione delle informazioni relative ad oggetti e alle relazioni spaziali(evidenze di questo derivano da pazienti con Alzheimer che comporta un'alterazione della memoria episodica , associabile a deficit di aree coinvolte nel sistema PM; mentre dal lato opposto pazienti affetti da demenza semantica, caratterizzata da perdita di conoscenza degli oggetti,mostrano danni ai lobi temporali anteriori. 4.Consolidamento della memoria:definizione,teorie del consolidamento mnestico,meccanismi neurali alla base del consolidamento mnestico. Il consolidamento è un processo che fissa una memoria nel tempo in seguito alla sua prima acquisizione; i processi di consolidamento possono avvenire sia a livello cellulare che a livello sistemico. Il consolidamento sistemico avviene in virtù del fatto che le sinapsi cambiano, questo richiede molto tempo (giorni, mesi, anni) e coinvolge dei processi riorganizzativi tramite i quali la traccia, che inizialmente dipende dall'ippocampo, piano piano diventa rappresentata in altre strutture e indipendente da esso. Esistono 2 principali teorie del consolidamento sistemico: -La prima è la teoria del consolidamento standard (SCT), essa nasce sulla base di evidenze relative alle lesioni ippocampali: una lesione/asportazione dei lobi temporali, che contengono l'ippocampo, genera un'amnesia retrograda, la quale però presenta un limite temporale, ossia i ricordi recenti vengono danneggiati, mentre quelli più remoti permangono. La SCT afferma allora che l'ippocampo svolge una funzione integrativa solo temporaneamente, cioè esso permette una codifica, una ritenzione e un recupero, fino a quando la traccia non viene consolidata, a quel punto la ritenzione e il recupero sono supportati dall'attivazione di insiemi neuronali neocorticali, diventando funzioni indipendenti dall'ippocampo. Per cui nonostante il danno a lobo temporale mediale(MTL), il soggetto è in grado di richiamare alla memoria eventi remoti in quanto il recupero è supportato dalla neocorteccia e non più dall'ippocampo. Significa che si perdono le memorie recenti perché esse non sono state consolidate in corteccia, ma sono invece ancora dipendenti dall'ippocampo. Questa prima teoria presenta però dei limiti, ad esempio non è chiara la questione del gradiente temporale (eventi remoti sono ricordati meglio di quelli recenti), questo aspetto sembrerebbe appartenere alle memorie semantiche, ma non a quelle episodiche che, a causa della lesione, possono essere totalmente compromesse; la SCT non tiene conto di questo e non fa distinzione tra i due tipi di memorie. -La seconda teoria è quella della traccia multipla (MTT), essa afferma che le memorie episodiche sono sempre dipendenti dall'ippocampo e ogni volta che andiamo a riattivare una traccia mnestica generiamo nuovi indici, nuove tracce, producendo così rappresentazioni multiple di quella memoria; man mano che il tempo passa è probabile che siano stati eseguiti vari richiami e che sia stata riattivata una determinata memoria, generando tracce multiple della stessa. Più una memoria episodica è remota allora e più tempo si ha per generare tracce multiple di essa; questo spiegherebbe come si riescono a salvare memorie remote ma non recenti: se la memoria è remota con molta probabilità sono state generate più tracce nel corso del tempo attraverso i vari richiami ed essendovi più tracce vi è la possibilità che alcune di esse si siano salvate dalla lesione. È importante sapere che quando si rievoca un determinato episodio vi sono dei neuroni della corteccia che si attivano in tutte le tracce multiple, questi rappresentano le regolarità statistiche comuni alle differenti rievocazioni o tra le esperienze simili; questo permette la formazione di un network corticale di una memoria che non è più episodica in quanto si perdono i dettagli contestuali, per cui essa diventa semantica e schematica. Questo cambiamento qualitativo della memoria è accompagnato da quello dei substrati neurali. Un limite che viene riscontrato è quello per cui questa teoria non pone ulteriori differenze tra memoria semantica ed episodica: la memoria episodica presenta infatti diversi livelli di risoluzione per uno stesso evento che hanno correlati neurali differenti. Il dettaglio contesto specifico è la descrizione dettagliata di un evento, il gist è la ricostruzione non dettagliata, ma sommaria, dell'evento e del suo contesto, lo schema è la rete associativa di conoscenza derivata da più esperienze simili che permette di fare previsioni e comprendere quel determinato contesto, infine la semantica è un'estrazione dello schema che si riferisce al significato concettuale dell'evento. Va specificato poi che esistono differenze nell'organizzazione funzionale tra la parte posteriore e anteriore dell'ippocampo: la parte posteriore è coinvolta nell'elaborazione di rappresentazioni dettagliate, mentre la parte anteriore elabora una rappresentazione più sommaria. -La terza teoria è quella della trasformazione delle tracce (TTT), essa si basa sulla seconda teoria ma adotta una visione più dinamica, in cui le diverse rappresentazioni precedentemente elencate sono attive e agiscono dinamicamente l'una con l'altra, nonostante siano correlate a substrati differenti. Si è visto come i ricordi dettagliati con il tempo si trasformino in varianti dell'originale e tendano a conservare caratteristiche essenziali e schematiche, ebbene, quando parliamo di schemi ci riferiamo ad un fenomeno psichico importante che si aggiorna costantemente grazie ai processi di apprendimento. Questo meccanismo è supportato dalla corteccia prefrontale centro mediale(vmPFC) che ha il compito di legare insieme ciò che è comune ad esperienze simili, generando e implementando gli schemi; non agisce da sola ma è connessa con l'ippocampo anteriore, mettendo insieme le informazioni contestuali globali con le conoscenze generali e generando gli schemi. Secondo questa teoria gli schemi sono importanti sia in fase di codifica, perché consentono di anticipare e interpretare gli eventi al momento della codifica, sia in fase di recupero, in quanto lo schema può permettere di monitorare la ricerca mnemonica affinché sia coerente con gli obiettivi dell'attività.Un ultimo aspetto da prendere in considerazione è l'esistenza di 2 aspetti tipici della memoria. Quando richiamiamo una memoria essa è labile, ossia vulnerabile a nuove informazioni, ad interferenze o ad arricchimenti, questa sua vulnerabilità è fondamentale affinché sia aggiornabile. Si parla quindi di "integrazione della memoria" quando vi è una riattivazione durante una determinata esperienza, e di "consolidamento" nel momento in cui essa è vulnerabile e soggetta a modificazioni. Il consolidamento è quindi un processo che non ha mai fine, ma è sempre soggetto a modificazioni plastiche, per questo il termine più corretto è quello di "trasformazione". 5.Le emozioni: definizione; categorizzazione delle emozioni (emozioni di base, emozioni complesse, teorie dimensionali, teorie costruttiviste); teorie sulla generazione delle emozioni. Quando parliamo di emozioni ci riferiamo alle risposte automatiche e coordinate dei sistemi fisiologici, cognitivi e motivazionali che in maniere integrata regolano le funzioni dell'organismo al fine di garantire controllo omeostatico e adattamento ambientale. Esistono tre teorie in merito all\'organizzazione e alla correlazione delle emozioni. Le teorie categoriali sono quelle che ritengono che ogni emozione sia un\'entità discreta indipendente e distinguono un numero finito di emozioni di base, diverse da quelle che vengono definite \"emozioni complesse\". Negli anni 60 Paul Ekman postulò che rabbia, tristezza, gioia, paura, disgusto e sorpresa costituissero sei emozioni di base, innate, conservate nella filogenesi, universali (identiche nelle diverse culture), e che ciascuna emozione di base avesse una specifica espressione che la rappresenta. Le emozioni complesse sono quelle apprese, plasmate da fattori sociali e culturali, in genere espresse da combinazioni di schemi di risposta che caratterizzano le emozioni di base e risultano essere influenzate dallo sviluppo del linguaggio ed emergono relativamente tardi nel bambino. Le emozioni complesse sono più difficili sia da studiare che da categorizzare rispetto a quelle basi, per diversi motivi: perchè le caratteristiche esteriori delle espressioni sono molto sottili, perchè il contesto è più variabile e perchè le differenze interculturali sono più rilevanti. Secondo questa teoria vi è una visione locazionista delle emozioni per cui le categorie emozionali diverse si associano specificamente all'attivazione di aree cerebrali distinte: amigdala: paura / insula: disgusto / cort. orbito-frontale: rabbia / cingolo anteriore e ventrale: tristezza. Dagli studi del gruppo Barrett sull'universalità delle emozioni sembra però che la percezione delle emozioni sia tutt'altro che universale e trans-culturale. Spesso ciò che si vede è attribuito a 'comportamenti' più che a stati mentali! Inoltre, grazie alla metanalisi che ha compreso studi di neuroimaging che affrontano lo studio delle emozioni in una logica locazionista, ha rilevato che le differenti emozioni di base comportano l'attivazione delle stesse aree cerebrali. Dati che suggeriscono che le emozioni umane non sono entità psichiche distinte, ma derivano dall'attività di un network neurale comune. Le emozioni indicano un insieme di modificazioni cognitive, affettive, fisiologiche e motorio-3 che derivano dalla valutazione consapevole o inconsapevole di uno stimolo emotigeno, il quale può essere interno o esterno all'individuo, che viene valutato mediante una scala di valenza soggettiva, cioè può essere positivo o negativo, all'interno di un particolare contesto. Molti studi riportano che i processi emozionali sono intrecciati con altre funzioni mentali, di conseguenza essi coinvolgono diverse parti del sistema nervoso come il sistema sensoriale, il sistema mnemonico e il sistema nervoso autonomo. Nel tentativo di chiarificare il concetto di "emozione" i ricercatori si sono concentrati su 4 principali categorie: emozioni di base, emozioni complesse, teorie dimensionali e teorie costruttiviste. -La teoria categoriale è molto diffusa ed afferma che le emozioni siano entità neuropsichiche distinte, stereotipate, universali e transculturali, e che ciascuna di esse si basi su circuiti neurali distinti e dedicati. Questa teoria prevede quindi l'esistenza di emozioni di base, un insieme di emozioni ristretto, generalmente 6 (rabbia, paura, tristezza, disgusto, gioia e sorpresa), con caratteristiche uniche, condivise da tutti e plasmate dall'evoluzione, le quali si riflettono nelle espressioni facciali. Se quanto affermato è vero allora una determinata emozione dovrebbe presentare sempre la stessa reazione fisiologica. In un esperimento i partecipanti venivano esposti ad un particolare clima emotivo e successivamente veniva chiesto loro di colorare delle siluette di corpi in base alle aree che percepivano più o meno attive di fronte a quello stimolo; i risultati mostrarono che i partecipanti tendevano a colorare parti del corpo uguali in risposta ad una certa emozione;l'esperimento veniva ripetuto anche tramite sistemi di valutazione oggettivi, ossia si registravano i loro parametri fisiologici dopo la presentazione di un determinato clima emotivo; quello che emerse fu che ognuno dei parametri si modifica contemporaneamente di fronte alla medesima emozione.Secondo questi teorici dalla modificazione fisiologica è possibile risalire all'emozione e dunque esiste davvero un certo grado di stereotipia e ripetitività. Contrariamente a questo però altri studi hanno dimostrato che non esiste la transculturalità delle emozioni. Prendendo in esame una popolazione della Namibia veniva chiesto a questi soggetti di classificare dei volti in base all'emozione espressa e ciò che emerse fu che gli individui tendevano a ricondurre la mimica del viso non all'emozione ma ad uno stato comportamentale; l'espressione quindi non ci dice tutto e la transculturalità sembra non esistere. Le emozioni complesse differiscono da quelle primarie e fanno riferimento invece a combinazioni di emozioni di base, alcune delle quali possono essere apprese culturalmente o socialmente, e possono essere identificate quando evolvono come sentimenti di lunga durata (cioè tendono a durare di più rispetto alle altre, anche per mesi, anni, ecc.). -Teoria dimensionale:i sostenitori di questa teoria parlano dell'esistenza di un continuum che permette il passaggio graduale da un'emozione all'altra, senza distinzioni nette tra di esse; si tratta di un modello circonflesso in cui è possibile osservare variazioni graduali lungo due assi: l'asse della valenza, il quale indica se l'emozione esperita è positiva o negativa, cioè attribuisce un valore ad uno stato emotivo, e l'asse dell'eccitazione/arousal, che fa riferimento allo stato di attivazione del soggetto. I due assi si incrociano sul punto zero, che corrisponde all'assenza di entrambi gli aspetti. -La teoria costruttivista sembra contrapporsi in modo netto a quella categoriale, affermando che le emozioni umane non sono fenomeni che hanno delle proprie basi biologiche e innate, ma sono il prodotto di un processo di costruzione attiva da parte del cervello che, categorizzando lo stato affettivo grezzo sulla base del contesto e dell'esperienza, contemporaneamente la genera. Etichettare l'emozione significa utilizzare degli schemi concettuali che permettono di modificare e dare una forma allo stato emozionale: l'emozione esiste così solo nel momento stesso in cui viene concettualizzato lo stato organismico globale. I due elementi psicologici fondamentali coinvolti in questo processo sono 2, da un lato c'è il core affect system che coincide con quegli stati affettivi grezzi esperiti dall'organismo in relazione al contesto di cui si sta facendo esperienza, la sua funzione è quella di integrare le informazioni interne omeostatiche del corpo con quelle esterne al fine di produrre uno stato mentale affettivo per navigare nello spazio; dall'altro lato vi è il sistema concettuale in grado di categorizzare il core affect system con lo scopo di generare l'emozione. In merito alle teorie sulla generazione delle emozioni la maggior parte di esse concordano sul fatto che esse si compongano di 3 aspetti fondamentali: risposta fisiologica, risposta comportamentale ed esperienza soggettiva. Ciò su cui non concordano gli autori sono invece i meccanismi sottostanti e le loro cause. -La teoria delle emozioni di *James-Lange* propone che le emozioni sono il risultato percettivo del feedback viscerosomatico delle risposte corporee a uno stimolo emotigeno, cioè di fronte allo stimolo i nostri organi di senso si attivano e mandano le informazioni alla corteccia, la quale le invia ai muscoli e alle viscere, essi a loro volta mandano l'informazione di nuovo in corteccia e lo stimolo diventa così percepito emotivamente. Secondo questa teoria allora non è possibile provare un'emozione senza prima percepire una risposta fisiologica. Sono molte le critiche rivolte a questa prima teoria, di fatti due autori mossero due importanti accuse contro questi autori, affermando che, in primo luogo, le risposte fisiologiche non sono suffcientemente differenziate (alcune emozioni possono condividere le stesse risposte fisiologiche), in secondo luogo non è vero che non è possibile provare un'emozione in assenza di risposte fisiologiche. -La teoria delle emozioni di *Cannon-Bard* ipotizza l'esistenza simultanea delle emozioni e delle reazioni fisiologiche: il talamo processa lo stimolo emotivo e manda le informazioni contemporaneamente alla neocorteccia e all'ipotalamo, il quale produce la risposta periferica. Questi autori credevano che la neocorteccia provocasse l'emozione, mentre l'ipotalamo creasse la risposta fisiologica e comportamentale. -La teoria della valutazione delle emozioni sostiene che l'emozione dipenda dalla valutazione soggettiva,conscia o inconscia dello stimolo;si tratta cioè di una risposta al calcolo del rapporto tra costi e benefici in una data situazione e questa valutazione cognitiva avviene prima della risposta emotiva. -La teoria della valutazione cognitiva dell'arousal di *Singer-Schacter* condivide l'idea secondo cui la percezione del cambiamento fisiologico coincida con l'emozione e che le emozioni siano troppe per poter differenziare un pattern di attivazione per ciascuna di esse; l'idea di base è che affinché un'emozione sia identificata è necessario prima fare esperienza dell'arousal emozionale e poi del ragionamento. -La teoria della via lenta e della via veloce di *LeDoux* avanza l'ipotesi per cui gli esseri umani hanno due sistemi emotivi che agiscono in parallelo: uno riguarda le risposte emotive, formatosi grazie all'evoluzione permette di rispondere velocemente allo scopo di sopravvivere e riprodursi, l'altro invece ha lo scopo di produrre risposte più lente e accurate ed è responsabile delle emozioni consapevoli. Dunque questa teoria differenzia rispettivamente tra l'individuazione e la risposta alla minaccia e la generazione consapevole del sentimento. -L'approccio della psicologia evoluzionista(*Tobby*)teorizza che le emozioni siano un programma che dirige i sottoprogrammi cognitivi e le loro interazioni, per cui un'emozione non è riducibile agli effetti che questa ha sulla fisiologia, sui comportamenti, sulle valutazioni e stati d'animo. -Teoria del processamento gerarchico di *Panksepp* le emozioni sono soggette a un sistema di controllo con elaborazione gerarchica nel senso che sono elaborate in 3 modi differenti: vi sono le emozioni di base che nascono dalle antiche reti neurali subcorticali, ci sono quelle di secondo ordine che nascono dal condizionamento e infine il terzo ordine viene elaborato dalla cognizione. Un'ultima teoria sostiene che uno stimolo emotivo attivi uno stato del SNC che, a sua volta, attiva simultaneamente più sistemi producendo risposte separate (sentimenti, comportamento, reazione psicofisiologica e cambiamenti cognitivi). 6.I substrati neurobiologici coinvolti nell'elaborazione delle emozioni Dato che non esiste un accordo su che cosa sia un'emozione risulta difficile identificarne le basi neurali. Molti studi riferiscono che i processi emozionali sono intrecciati con diverse altre funzioni mentali, di conseguenza le nostre emozioni coinvolgono diverse parti del sistema nervoso. Quando le nostre emozioni sono prodotte da uno stimolo esterno il nostro sistema sensoriale gioca un ruolo fondamentale, invece quando lo stimolo è interno risulta coinvolto il sistema mnemonico. Le componenti fisiologiche delle emozioni che producono reazioni fisiche attivano il sistema nervoso autonomo, il quale si compone del sistema simpatico e parasimpatico che lavorano insieme al fine di garantire l'omeostasi; il sistema nervoso autunomo è regolato dall'ipotalamo, il quale controlla il rilascio di ormoni attraverso l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. L'arousal è parte fondamentale di molte teorie emozionali e il sistema di attivazione è regolato dal sistema reticolare attivatore, che si compone di neuroni che vanno dal tronco dell'encefalo alla corteccia, attraverso i nuclei intralaminari rostrali e talamici. Già in passato si è cercato di individuare le aree coinvolte nell'elaborazione delle emozioni, il primo fu *Papez* che propose il "circuito di Papez", secondo cui le risposte emotive coinvolgevano una rete di strutture cerebrali di cui fanno parte l'ipotalamo, il giro del cingolo e l'ippocampo. *MacLean* in passato ipotizzò che il cervello umano avesse 3 regioni sviluppatesi gradualmente nel corso dell'evoluzione, secondo lui i sistemi più antichi sono posti mediamente e causalmente, mentre quelli più recenti si trovano lateralmente e sulle estremità; secondo lui quelli più antichi erano responsabili delle emozioni sociali primarie. Successivamente utilizzò l'espressione di "sistema limbico" per descrivere il complesso circuito neurale coinvolto nell'elaborazione delle emozioni; questo sistema forma un perimetro intorno al corpo calloso e, oltre a comprendere le strutture che compongono il circuito di Papez, include parte della superficie mediale della corteccia, alcuni nuclei subcorticali, porzioni dei gangli della base, l'amigdala e la corteccia orbitofrontale. Ancora oggi gli studi includono riferimenti al sistema limbico per riferirsi alle basi neurali delle emozioni, tuttavia ad oggi è risaputo che questa descrizione ha delle inesattezze, cioè molte strutture elencate non fanno realmente parte di questo circuito: ad esempio l'ippocampo, nonostante giochi un ruolo importante nell'apprendimento emotivo, è maggiormente coinvolto nei processi di memoria. Questi primi tentativi di identificare i correlati neurali delle emozioni utilizzano un approccio localizzazionista, nel senso che tendono a vedere l'emozione come un concetto unitario che può essere localizzato in un circuito specifico, le ricerche di oggi invece sono diventate più complesse, di fatti gli studiosi hanno identificato una rete interconnessa coinvolta nell'analisi degli stati emotivi che comprende: il talamo, la corteccia somatosensoriale, le cortecce sensoriali di ordine superiore, l'amigdala, l'insula, lo striato ventrale, la corteccia prefrontale mediale. Il caso di S.M., un soggetto con danno bilaterale all'amigdala che provocò in lui un deficit nel riconoscimento della paura, supporta l'idea secondo cui non esiste un singolo circuito emotivo, ma, a seconda del contesto emotivo, si attivano differenti sistemi neurali. È necessario sapere allora che non esistono circuiti specifici per le varie emozioni, ma, al contrario, esistono diverse regioni che compongono dei network multifunzionali e, in base al modo in cui queste aree interagiscono tra di loro nel circuito, determinano un risultato diverso, cioè fanno emergere fenomeni psichici distinti. Esistono vari network alla base delle emozioni, uno tra questi è il network di salienza. Esso è attivato da stimoli ed eventi che sono percepiti come salienti, esso è fondamentale per l'elaborazione del core affect e partecipa alla generazione di molti stati neuropsicologici come la detenzione rapida di stimoli salienti, l'interiezione, il dolore, gli affetti e le emozioni, l'attenzione emotiva, l'empatia, la presa di decisioni, l'elaborazione di informazioni conflittuali e il monitoraggio dell'errore. Le strutture che compongono questo network sono l'amigdala, il nucleo striato ventrale, la corteccia dell'insula e la corteccia cingolata anteriore. Per quanto concerne l'amigdala essa è una piccola struttura situata nel lobo temporale mediale costituita da vari nuclei interconnessi, il nucleo basolaterale è in grado di ricevere segnali interocettivi dal corpo al fine di regolare il nostro organismo e l'omeostasi, ma anche di tipo esterocettivo, cioè informazioni relative al mondo che provengono dalla corteccia, e una volta ricevute queste afferenze il nucleo centrale può generare a sua volta degli output per comunicare con altre strutture, ad esempio con l'ipotalamo, la sostanza grigia periacqueduttale, il sistema neurovegetativo, ecc. Dunque l'amigdala riceve e proietta informazioni ovunque, per questo motivo fa parte di più network. Sembrerebbe che l'amigdala si componga di due vie importanti: da un lato abbiamo la via bassa, che parte dal talamo e trasmette un'informazione sensoriale grossolana in 15/20 msec non filtrata dalla corteccia, per cui inconsapevole, dall'altro vi è una via alta che parte dalla corteccia somatosensoriale ed elabora le informazioni in modo raffinato e consapevole. Quindi la via bassa permette la detenzione rapida degli stimoli salienti, cioè permette all'amigdala di ricevere informazioni rapidamente, in modo da prepararla a rispondere immediatamente se le informazioni che successivamente arrivano dalla corteccia, cioè dalla via alta, confermano la prima analisi; la coesistenza di queste due vie ha quindi un grande valore adattativo.L'amigdala si attiva maggiormente quando non siamo consapevoli dello stimolo, in un esperimento infatti si è visto che, mostrando in modo subliminale volti sorridenti o impauriti, le scelte comportamentali dei partecipanti erano influenzate da queste immagini, per cui il network di salienza si attiva anche quando non ne siamo consapevoli. Un'altra regione importante nell'elaborazione delle emozioni è l'insula, altro nodo importante del network di salienza, essa si divide in 3 porzioni: posteriore, media e anteriore, che svolgono funzioni differenti. La parte posteriore riceve informazioni interocettive relativi ai livelli omeostatici e, dopo averli mappati, li trasmette alla parte media, questa le integra assieme alle informazioni esterocettive (relative ai sensi) e propriocettive (relative al movimento), producendo una rappresentazione del corpo e dell'ambiente a livello corticale, infine tutto questo arriva alla parte anteriore, che integra queste con le informazioni provenienti dalla corteccia prefrontale, relative al sé autobiografico; si ottiene così una rappresentazione consapevole degli stati corporei e affettivi in relazione all'ambiente ("sé senziente"). È possibile osservare come l'insù anteriore infatti sia quasi sempre coinvolta nelle sensazioni interocettive proprio perché monitora lo stato senziente, ad esempio appare molto attiva nei task relativi al dolore. Altra area rilevante e coinvolta in questo network è il cingolo anteriore, una parte della corteccia cingolata che possiede connessioni con strutture importanti che parlano con il corpo, come l'amigdala, l'ipotalamo e la sostanza grigia periacqueduttale, al fine di regolarne l'attività, questo fa sì che abbia una rilevanza viscero motoria; è in grado di connettere le risposte corporee a quelle cognitive e affettive, cioè fa sì che il corpo adotti quelle risposte che sono le più utili a sostenere un certo comportamento. Questa regione si divide a sua volta in altre sottoregioni: la parte antero-dorsale svolge funzioni relative alla consapevolezza degli stati affettivi e corporei, ma anche funzioni cognitive, la parte antero-rostrale (divisa a sua volta in pregenuale e subgenuale) svolge invece funzioni relative alla consapevolezza degli stati emozionali e del dolore. Attraverso un'immagine di overlap è stato possibile osservare come il cingolo anteriore dorsale svolga diverse funzioni in condizioni diverse, che però sono accomunate dal fatto di segnalare possibili situazioni minacciose, guidando così il nostro comportamento adattivo. 7.Interazione tra emozioni e processi cognitivi: influenze delle emozioni su apprendimento e memoria Le emozioni influenzano tutte le fasi del processo mnestico, di fatti tendiamo a ricordare eventi significativi quando sono emotivamente salienti. Nella codifica la percezione e l'attenzione si focalizzano sulle informazioni emotivamente rilevanti e possono quindi promuovere in modo preferenziale la codifica dell'informazione emotiva, saliente; contrariamente una minore attenzione viene diretta verso le informazioni periferiche. Quindi durante la codifica gli aspetti emotivi centrali di una scena sono ben memorizzati mentre i dettagli possono essere trascurati. Nel paradigma di memoria successiva è possibile osservare come ci si ricordi meglio le immagini che hanno una connotazione affettiva rispetto a quelle neutre e, dal punto di vista neurale, durante la codifica c'è un aumento di attività dell'amigdala, dell'ippocampo e della corteccia entorinale quando si osservano immagini connotate affettivamente, producendo un aumento della capacità di ricordarle successivamente, cioè più aumenta la loro attività e più i soggetti ricordano le immagini salienti. Ma anche informazioni non immediatamente salienti possono essere connotate come rilevanti se informazioni successive correlate ad esse sono associate ad una risposta emotiva, agendo retroattivamente. Nel richiamo l'emozione può aumentare il senso soggettivo della precisione del ricordo, cioè aumenta la fiducia che abbiamo nella veridicità dei nostri ricordi, tuttavia la memoria di eventi emotivamente rilevanti tende a deteriorarsi in maniera simile a quella di eventi neutrali. Dal punto di vista neurale la certezza per ricordi neutri correla con aumento dell'attività dell'ippocampo e della corteccia paraippocampale, mentre la certezza soggettiva per ricordi salienti correla con l'aumento dell'attività dell'amigdala. Esistono due tipologie di apprendimento, implicito ed esplicito. Nella sindrome di Korsakov, in cui il soggetto presenta un'amnesia anterograda, si ha una lesione dell'ippocampo, per cui esso non è più in grado di apprendere in modo esplicito, ma, al contrario, può operare un apprendimento implicito, cioè non è consapevole di apprendere qualcosa ma il suo comportamento viene modificato dalle esperienze che fa, assumerà dunque dei comportamenti corretti in determinate circostanze. Se invece un soggetto presentasse una lesione all'amigdala, questo implicherebbe il contrario, ossia che il soggetto mantiene un apprendimento esplicito, rinunciando a quello implicito, quindi ricorda ciò che apprende ma non è in grado di mettere in atto un comportamento corretto. Vi è allora una dissociazione delle funzioni in base al tipo di area lesionata. -In un paradigma di insegnamento della paura(*Phelps*), in cui lo stimolo incondizionato è di natura avversiva, questo appare evidente: il danno all'amigdala compromette le risposte condizionate di paura, bloccando la capacità di acquisire ed esprimere una risposta condizionata a uno stimolo neutro che sia accoppiato a uno stimolo incondizionato avversivo, dunque questi soggetti hanno appreso che lo stimolo è associato ad un evento avversivo, ma non riescono a mostrare una risposta condizionata indiretta. In un esperimento viene presentato ai soggetti un quadrato blu (stimolo neutro) assieme ad uno stimolo doloroso (scossa), di conseguenza esso diventa uno stimolo condizionato, per cui predirà l'arrivo di qualcosa di negativo; è possibile allora osservare l'aumento della conduttanza cutanea, vi è stata cioè un'attivazione del sistema nervoso ortosimpatico, significa che il condizionamento ha avuto successo in quanto è possibile osservare una risposta corporea (l'amigdala è arrivata ad attivare il talamo, la sostanza grigia periacqueduttale, i nuclei del tronco dell'encefalo, i quali permettono la risposta dei visceri). Il soggetto con amigdala lesionata, quando prende la scossa ha una risposta emozionale monitorata dal parametro della conduttanza cutanea, mediato da un aumento del tono ortosimpatico, ma quando vede il quadrato blu non ha nessun tipo di manifestazione corporea, cioè non ha appreso implicitamente che quello stimolo predice l'arrivo della scossa. Di fatti questi individui appaiono sorpresi di non aver mostrato cambiamenti a livello cutaneo dopo la presentazione del quadrato blu in quanto consapevoli dell'arrivo della scossa, dimostrando così una dissociazione tra conoscenza esplicita e risposta condizionata. La corteccia non può dunque generare cambiamenti fisiologici normalmente associati alla paura in assenza di legame tra l'amigdala e le sue connessioni mesencefaliche. Ma la memoria esplicita degli eventi dipende anche dall'ippocampo. Nello stesso paradigma i soggetti con ippocampo lesionato, diversamente dai primi, mostrano una normale risposta di conduttanza cutanea al quadrato blu, manifestando l'acquisizione della risposta condizionata, mostrando però l'assenza di consapevolezza quando veniva chiesto loro cosa fosse accaduto, cioè erano inconsapevoli dell'associazione tra gli stimoli. Tutto questo mette in evidenza come l'amigdala sia necessaria per l'espressione implicita dell'apprendimento emotivo, ma non per i processi di apprendimento e memoria delle emozioni, l'ippocampo invece è necessario per acquisire la conoscenza esplicita delle proprietà emozionali di uno stimolo. È interessante allora indagare meglio il ruolo dell'amigdala sull'apprendimento esplicito. Proponendo lo stesso paradigma in cui però, dopo l'associazione tra il quadrato e la scossa, non veniva somministrata quest'ultima e dunque non vi era un rinforzo diretto, si nota che i pazienti con danni all'amigdala apprendono e riferiscono esplicitamente che alcune presentazioni del quadrato potrebbero presentarsi assieme alla scossa, tuttavia non hanno mostrato nessuna reazione di paura di fronte al quadrato blu. Questo in contrapposizione con ciò che accade nei soggetti di controllo che invece manifestano un aumento della conduttanza cutanea dopo lo stimolo condizionato, correlata all'attività dell'amigdala. Dunque, nonostante l'apprendimento esplicito dipenda dall'ippocampo, l'amigdala appare comunque importante per l'espressione di una risposta di paura e tende ad adattarsi ai cambiamenti di rinforzo nel tempo piuttosto che alle istruzioni esplicite. Gli studi riportano che l'amigdala può essere influenzata da una rappresentazione ippocampo-dipendente delle proprietà emotive degli stimoli, ma può accadere l'opposto e cioè può l'amigdala influenzare l'attività dell'ippocampo, ossia il ricordo emotivo di un evento? Nel compito del labirinto d'acqua di *Morris* un topo viene inserito in una vasca piena d'acqua all'interno della quale si trovano dei riferimenti spaziali che permettono di orientarsi e trovare la piattaforma dove riposarsi; dopo varie ripetizioni l'animale impiega sempre meno tempo e diventa più abile nella performance. Si riscontra che una lesione all'amigdala non causa deficit di apprendimento, ma, se venisse indotto nel ratto uno stato di arousal (es. stress fisico) allora esso, in circostanze normali, apprenderà meglio il compito, ma se invece causassimo una lesione all'amigdala questo bloccherebbe il potenziamento della memoria prodotto dall'arousal (e non l'acquisizione della memoria).Questo evidenzia il fatto che l'amigdala svolge una funzione modulatoria non sull'apprendimento del compito ma rispetto al ricordo del compito e inoltre quest'azione modulatoria fa aumentare la durata della ritenzione, intensificando il consolidamento ippocampale. Inoltre l'arousal può modificare la velocità con cui dimentichiamo: gli eventi attivanti non vengono dimenticati con la stessa rapidità degli eventi non attivanti, ma se i soggetti presentano un danno all'amigdala allora dimenticano alla stessa velocità entrambi i tipi di eventi, indicando così che l'amigdala è capace di modulare il consolidamento ippocampale per gli eventi ad alto contenuto di arousal. Un ultimo aspetto riguarda lo stress, sembrerebbe che lo stress acuto possa facilitare la memoria in quanto la quantità di cortisolo rilasciata durante il condizionamento della paura è in grado di prevedere quanto efficacemente il ricordo della paura sarà stato memorizzato il giorno successivo(*LaBar*); allo stesso modo però lo stress cronico può compromettere le prestazioni di memoria a causa di un elevato rilascio di ormoni dello stress che agiscono sull'ippocampo(*Sapolky*) Ma il ruolo dell'amigdala in questa compromissione non risulta ancora del tutto chiaro. 8.Interazione tra emozioni e processi cognitivi: influenze delle emozioni su percezione, attenzione, processi decisionali Alcuni studi si sono concentrati sugli effetti dell'emozione su alcuni processi cognitivi. Per studiare questo viene proposto il paradigma del blink attentivo, in cui al soggetto vengono presentati in rapida successione una serie di stimoli ed egli deve identificarne due in particolare che hanno caratteristiche distintive rispetto agli altri (target T1 e T2, che ad esempio corrispondono a due parole colorate in blu); se T2 appare subito dopo T1 (dopo 200-500 ms) il soggetto non riesce ad elaborarlo perché il cervello sta ancora processando il primo, al contrario, se appare dopo un intervallo maggiore riesce senza problemi; ciò rappresenta un limite dell'attenzione umana. Ciò che però è interessante notare è che se dopo T1 presentiamo un T2 con un contenuto emotivo il cervello riesce a superare il blink attentivo ed elabora lo stimolo anche quando l'intervallo temporale è ristretto; ciò dimostra che questo fenomeno viene modificato dalla natura emotiva dello stimolo; è diverso però quando vi è una lesione dell'amigdala, questi soggetti infatti continuano a mostrare il solito limite attentivo. L'amigdala dunque gioca un ruolo cruciale innalzando i livelli della nostra attenzione verso gli stimoli emotigeni presenti: sembrerebbe che all'inizio dell'elaborazione percettiva dello stimolo l'amigdala riceva input sul suo significato emotivo e, attraverso proiezioni alle regioni corticali sensoriali, moduli i processi attenzionali e percettivi. Si è notato che l'associazione tra queste regioni è maggiore quando gli stimoli emotivi vengono presentati in maniera subliminale piuttosto che elaborati consapevolmente. Inoltre l'amigdala tende ad elaborare in maniera prioritaria gli stimoli negativi, come paura e disgusto, ma si attiva anche in presenza di stimoli positivi; alcuni dati indicano poi che la novità dello stimolo sia una caratteristica che attiva quest'area indipendentemente da altre proprietà affettive, come la valenza e l'arousal. Sembrerebbe inoltre che le emozioni e la percezione siano aspetti complementari in quanto l'amigdala è in connessione con le varie stazioni dei sistemi percettivi. Prendendo in considerazione 2 gruppi di soggetti, uno con lesioni ippocampali e uno con lesioni sia all'amigdala che all'ippocampo, mostriamo loro delle immagini di edifici e di volti; ciò che vediamo è che di fronte ai volti si attiva maggiormente il giro fusiforme in entrambi e, partendo da questo, successivamente si mostrano volti impauriti e volti neutri: confrontando i due gruppi emerge che i soggetti che non hanno un danno all'amigdala manifestano una maggiore attività del giro fusiforme di fronte ai volti impauriti, mentre questo non accade nei soggetti con l'amigdala lesionata; individui con un'amigdala sana hanno un giro fusiforme che privilegia informazioni relative ai volti impauriti, cioè uno stimolo emotivamente carico riceve maggiore attenzione e priorità nell'elaborazione percettiva rispetto ad uno neutro. Si ha dunque una modulazione sull'elaborazione percettiva (sistemi percettivi sensoriali) da parte del network di salienza (amigdala). Ciò indica la nostra capacità di mostrare una maggiore consapevolezza e attenzione per gli stimoli emotivamente salienti. L'amigdala risulta cruciale nella capacità di far emergere alla consapevolezza uno stimolo emotivo a cui non si prestava attenzione, fornendo un feedback alle cortecce sensoriali primarie in modo da influenzare l'elaborazione percettiva. L'emozione è inoltre parte integrante del processo decisionale, cioè oltre a basarci su principi logici di analisi dei costi e dei benefici, decidiamo anche sulla base delle nostre emozioni. Talvolta infatti le emozioni portano le persone a prendere decisioni non ottimali e irrazionali, l'idea che l'emozione e la ragione siano scindibili nel cervello e competano per il controllo del comportamento è chiamata "teoria dei due sistemi": ovviamente emozione e ragione non sono separabili ma, anzi, l'emozione modula i processi cognitivi come la memoria e l'attenzione. *Damasio e colleghi* lavorarono su un caso importante è quello del paziente E.V.R., il quale presentava una lesione alla corteccia orbitofrontale; sottoposto a compiti di ragionamento sociale era in grado di generare soluzioni ai problemi, ma non era in grado di crearne una gerarchia basata sull'efficacia, prendendo così decisioni insoddisfacenti. In un esperimento viene misurata la risposta di conduttanza cutanea mentre i soggetti pescano delle carte a loro scelta da quattro mazzi. I partecipanti non sanno che due mazzi sono associati a vincite nette, cioè a piccole ricompense e a piccole perdite, mentre gli altri due mazzi sono associati a perdite nette, cioè possono ottenere ricompense o perdite elevate; i partecipanti devono capire mentre giocano che possono guadagnare più soldi scegliendo i mazzi associati alle piccole vincite. È stato riscontrato che i soggetti sani puntano in un modo che massimizza le vincite, al contrario pazienti con danno orbitofrontale non riescono a preferire il mazzo che dà luogo a vincite nette. Sulla base di ciò venne formulata l'ipotesi dei marcatori somatici" secondo cui l'informazione emotiva sotto forma di arousal fisiologico è necessaria per guidare i processi decisionali, cioè di fronte ad alcune decisioni è possibile mettere in atto una reazione emotiva che si manifesta attraverso i marcatori somatici del nostro corpo (variazioni fisiologiche dell'arousal). Le strutture orbitofrontali supportano l'apprendimento dell'associazione tra una situazione complessa e le variazioni somatiche di solito associate a quella situazione. Esistono due modi principali con cui le emozioni possono influenzare i processi decisionali: le influenze accidentali e le emozioni integrali. -Le influenze accidentali:lo stato emotivo attuale può influenzare accidentalmente la decisione; le sensazioni che esperiamo in merito ad uno stimolo e sensazioni che invece sono indipendenti da questo possono avere diversi ruoli nel processo decisionale, ad esempio possono agire come informazioni, come una moneta comune tra input e opzioni, focalizzare l'attenzione su nuove informazioni che possono poi guidare la decisione, oppure motivare la decisione ad adottare un comportamento di avvicinamento/allontanamento. Secondo il "modello della tendenza alla valutazione(ATE)" specifici stati affettivi danno origine a specifiche proprietà cognitive e motivazionali, producendo determinate tendenze d'azione. Sembrerebbe poi che lo stress acuto porti a una maggiore dipendenza da risposte predefinite o abituali, cioè esso interferisce con il funzionamento della corteccia prefrontale, la quale è necessaria per il controllo del comportamento, ma migliora l'attività dello striato; la prefrontale svolge un ruolo nelle decisioni orientate all'obiettivo, mentre lo striato è legato a scelte basate sulle abitudini; quindi lo stress acuto produce scelte orientate alle abitudini piuttosto che agli obiettivi questo spiega ad esempio perché sotto stressspesso si ritorni alle cattive abitudini come fumare. -L'emozioni integrali: la presa di decisione tiene conto della risposta emotiva suscitata da potenziali esiti, ad esempio tendiamo a dare maggior peso alle perdite che ai guadagni quando consideriamo possibili scelte. In compiti di gioco d'azzardo i livelli più elevati di conduttanza cutanea in risposta alle perdite rispetto ai guadagni erano legati a una maggiore avversione per le perdite e, nel caso dell'amigdala, veniva registrato l'aumento del segnale BOLD in relazione alle perdite rispetto ai guadagni; lesioni a quest'aria dimostrano invece una ridotta avversione alla perdita.Tutto ciò è coerente con il ruolo dell'amigdala nell'individuazione delle minacce, in quanto la possibilità di subire perdite è percepita come minaccia, inducendone l'evitamento. Quindi le emozioni hanno un impatto sulle nostre scelte, ma le scelte possono influenzare le nostre emozioni, un esempio riguarda la delusione e il rimpianto: proviamo rimpianto quando confrontiamo la scelta fatta con le alternative che avrebbero potuto portare a un esito migliore ed esperiamo la delusione di fronte ad un esito negativo inaspettato che sfugge al nostro controllo e alla nostra responsabilità. 9.Il controllo delle emozioni: processi coinvolti e strategie di regolazione; basi neurofisiologiche della regolazione delle emozioni La regolazione delle emozioni si riferisce ai processi che influenzano il tipo di emozioni che proviamo, quando le proviamo e come le esperiamo. I sistemi cerebrali che valutano il significato dello stimolo contribuiscono all'emozione e la valutazione coinvolge i processi attentivi e i processi che permettono di formulare un giudizio e di rispondere. Le strategie per regolare le emozioni possono influenzare uno di questi processi in modi diversi e i processi di regolazione possono intervenire a diversi livelli nel processo di generazione delle emozioni. È possibile distinguere due modalità attraverso cui avviene la regolazione emotiva: possiamo avere una -Regolazione implicita, caratterizzata dall'assenza di un'istruzione esplicita, è evocata automaticamente dallo stimolo e può avvenire senza consapevolezza (corrisponde ad esempio al processo di estinzione del condizionamento), in questo caso l'attività neurale è associata ad aree quali il cingolo anteriore ventrale e alla vmPFC; oppure possiamo osservare una -Regolazione esplicita, la quale richiede uno sforzo cosciente per iniziare ed è associata a un certo livello di consapevolezza (ad esempio coincide con la reinterpretazione/rielaborazione dello stimolo), qui le basi neurali coinvolte sono la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia prefrontale ventro laterale e la corteccia parietale, regioni che compongono il network esecutivo centrale. In sostanza le aree maggiormente coinvolte nell'abilità di regolare le emozioni risultano essere quelle prefrontali. *James Gross* ha proposto un modello nel quale ipotizza che "bloccare" un'emozione in momenti diversi del processo di generazione può produrre conseguenze diverse. Egli confrontò la rielaborazione (forma di regolazione emotiva focalizzata sull'antecedente) con la soppressione (forma di regolazione emotiva focalizzata sulla risposta). La prima è una strategia linguistico-cognitiva che reinterpreta uno stimolo emotivamente carico in termini non emozionali, la seconda invece è un meccanismo che permette di inibire l'espressione delle nostre emozioni durante una situazione emotivamente attivante. In un esperimento vennero mostrate ai partecipanti, in 3 condizioni differenti, un film che produceva disgusto: nella condizione di elaborazione essi dovevano mostrarsi distaccati, in quella di soppressione.Ciò che ne risulta è che sia la rielaborazione che la soppressione riducevano il comportamento espressivo, ma solo la rielaborazione riduceva l'esperienza di disgusto, mentre invece la soppressione aumentava l'attività del sistema simpatico implementando l'attivazione degli individui che perdurava fino a dopo la fine della proiezione del film. Quindi la rielaborazione consapevole riduce l'esperienza emozionale, supportando l'idea che le emozioni siano soggette ad un controllo cognitivo cosciente. *Ochsner:* dal punto di vista neurale usare la rielaborazione (regolazione esplicita) per ridurre le emozioni negative attiva in misura maggiore la PFC e riduce l'attività dell'amigdala, dunque la PFC è capace di modulare l'attività delle regioni sottocorticali. La rielaborazione positiva può migliorare mentalmente una situazione negativa, ma una rielaborazione negativa può andare a peggiorare mentalmente una situazione già negativa. Secondo l'ipotesi proposta quindi le regioni coinvolte nella rielaborazione, ossia la PFC, modulano l'attività delle regioni responsabili della rielaborazione delle qualità dello stimolo, cioè l'amigdala, in questo modo l'enfatizzazione cognitiva corrisponde ad una maggiore attività dell'amigdala, mentre la soppressione ad una diminuzione della sua attività. Tutto ciò viene dimostrato da un esperimento in cui venivano mostrate delle immagini non piacevoli ai soggetti ed essi avevano 3 possibilità: guardare senza far niente, immedesimarsi nella rappresentazione o lavorare cognitivamente in modo da sottrarsi alla valenza avversiva dello stimolo; ciò che emerge è che nell'ultima condizione i soggetti, attraverso una reinterpretazione, sono in grado di diminuire l'attivazione dell'amigdala, ciò rispetto alla situazione in cui devono immedesimarsi, che al contrario ne aumenta l'attività. Quindi più aumenta l'attività della PFC e più essa inibisce retroattivamente quella dell'amigdala. Quindi siamo in grado di regolare esplicitamente le emozioni grazie alla connessione tra la corteccia prefrontalee l'amigdala:al contrario,soggetti che hanno sperimentato un abuso infantile hanno una minore connessione tra queste due strutture, riportando di non essere capaci di regolare esplicitamente le emozioni e questo si associa con la presenza di disturbi comportamentali. Sembra che l'attività dell'amigdala cambi a seconda dello scopo della regolazione emotiva, cioè essa aumenta per accrescere le emozioni negative e diminuisce per ridurle; inoltre l'attività è maggiore quando gli obiettivi di elaborazione sono congruenti con la valutazione dello stimolo anziché con la valenza (positiva/negativa) affettiva dell'emozione. Il fatto che l'amigdala abbia un ruolo più flessibile nell'elaborazione della rilevanza dei vari stimoli in base agli scopi è noto come "flessibilità affettiva". Va sottolineata però anche l'importanza del contesto in cui uno stimolo viene presentato, infatti l'ambiente va a modulare il valore dello stimolo, esso rimane minaccioso in un determinato contesto ma può perdere questo valore affettivo se posto in una situazione diversa. Questo è evidente nella regolazione implicita delle emozioni dove si ha un'estinzione del condizionamento, cioè è possibile modificare il valore intrinseco dello stimolo in funzione del contesto in cui si presenta; le aree associate all'estinzione di un comportamento in funzione dell'ambiente che cambia sono l'ippocampo e la vmPFC. Questo fenomeno però non si verifica in soggetti che soffrono di un disturbo da stress post traumatico: indipendentemente dal contesto in cui lo stimolo avversivo viene presentato esso evoca nell'individuo la medesima risposta di paura, i soggetti dunque non sono in grado di imparare ad estinguere il condizionamento della paura e a regolare implicitamente le proprie emozioni. 10.Il sé: elaborazione autoreferenziale, percezione di sé, senso di appartenenza corporea Introduzione: Le neuroscienze cognitive sociali si occupano di comprendere in che modo funzioni cerebrali possano supportare i processi cognitivi alla base del comportamento sociale, sottolineando come i contesti sociali possano modificare il modo in cui pensiamo o agiamo. La percezione del sé è un processo cognitivo sociale unico, il nostro senso del sé si basa in parte sul notare la differenza tra la conoscenza di noi stessi e quella che abbiamo sulle peculiarità, i desideri e i pensieri delle altre persone. -Elaborazione autoreferenziale: secondo il modello di memoria dei livelli di elaborazione di *Craik* e *Lockhart* la profondità dell'elaborazione influisce profondamente sulla memorizzazione delle informazioni. Le informazioni elaborate in modo più significativo vengono ricordate meglio di quelle trattate più superficialmente. In un esperimento si notò come i soggetti fossero più inclini a ricordare una lisa di parole di cui avevano codificato il significato rispetto a quelle di cui avevano considerato solo il carattere topografico; similmente in un altro test le persone ricordavano meglio le informazioni elaborate in relazione a loro stesse. In quest'ultimo caso, il fatto che i soggetti tendano a ricordare meglio le informazioni elaborate in relazione al sé è noto come effetto autoreferenziale. Vengono proposte due ipotesi per spiegare ciò: la prima afferma che il sé sia dotato di elementi che permettono un'elaborazione delle info in una modalità diversa rispetto alle altre strutture cognitive; la seconda invece smentisce la prima riportando che semplicemente si ha una conoscenza maggiore del sé e che quindi vi sia una codifica più elaborata delle info che vi si riferiscono, potrebbe quindi derivarne una maggiore profondità di elaborazione. Studi di neuroimaging mostrano i sistemi neurali che sottostanno alla base di questo effetto di autoreferenzialità: sottoponendo i soggetti ad un esperimento, in cui essi dovevano giudicare degli aggettivi che descrivevano la personalità in tre condizioni differenti (in relazione al sé "questo tratto ti descrive?", nei confronti di un'altra persona "questo tratto descrive lui?", in relazione alla sua forma stampata "questa parola è presentata in lettere maiuscole?"), si è notato che i partecipanti erano maggiormente inclini a ricordare parole tratte dalla condizione del sé piuttosto che dalla formato di stampa. La corteccia prefrontale mediale era attivata in modo differente nella condizione del sé rispetto alle altre due condizioni. Le evidenze suggeriscono come l'elaborazione autoreferenziale sia più fortemente associata alle funzioni della mPFC rispetto all'elaborazione di info su persone che non conosciamo personalmente. *Raichle e Gusbard:* In condizioni di "cervello a riposo" è stato riscontrato che il nostro cervello continua ad essere impegnato in una serie di processi psicologici che descrivono una modalità funzionale cerebrale predefinita, detta "modalità di default"; i ricercatori hanno chiamato le regioni cerebrali che supportano questi processi "rete funzionale predefinita" (default network). Questa rete è costituita dalla mPFC, dal precuneo, dalla corteccia cingolata posteriore, dalla corteccia retrospleniale, dalla giunzione temporoparietale TPJ, dal lobo temporale mediale e dal lobulo parietale inferiore; essa quindi è molto più attiva quando siamo interiormente concentrati, impegnati in pensieri personali piuttosto che quando siamo impegnati in attività e compiti. Un aspetto interessante però è vedere come la mPFC in realtà sia meno disattivata quando svolgiamo compiti che coinvolgono l'autoreferenzialità. -Percezione di sé: molti studi dimostrano che le persone tendono molto spesso ad avere percezioni di sé non realisticamente positive, cioè le persone tendono a credere di avere più probabilità di altri di sperimentare eventi futuri positivi e meno probabilità di altri di sperimentare eventi futuri negativi. In un esperimento i soggetti dovevano produrre delle frasi autodescrittive; si notò come i soggetti tendevano a descriversi in maniera positiva e questo era correlato ad una maggiore attività della corteccia cingolata anteriore, dimostrando dunque come questa regione sia importante per distinguere le info positive relative al sé da quelle negative (responsabile della focalizzazione dell'attenzione su informazioni positive riguardo il sé). Una percezione accurata di sé è essenziale per un comportamento sociale corretto. I pazienti con danno alla corteccia orbitorfrontale mostrano una visione di sé stessi non realisticamente positiva, associata ad un comportamento sociale inadeguato. *Beer:* In un esperimento soggetti con questo tipo di lesione dovevano sottoporsi ad un'interazione sociale con uno sconosciuto, in cui esso poneva loro delle domande, dopodiché veniva mostrata loro la registrazione e dovevano valutare l'adeguatezza delle loro risposte; i risultati mostrano che i soggetti con questa lesione tendevano ad essere scortesi e che successivamente riportavano invece di aver svolto molto bene il compito. Ciò dimostra la corteccia orbitofrontale sia importante per una percezione del sé accurata e spontanea e come, anziché non essere a conoscenza delle norme sociali, soggetti con tale lesione non ne hanno consapevolezza. -Senso di appartenenza corporea: tutte le info relative al mondo le ricaviamo attraverso gli organi di senso che si trovano sul nostro corpo, senza dubitare del fatto che il corpo sia nostro. La maggior parte delle persone da per scontato il senso di appartenenza corporea e il senso di corrispondenza tra il sé e il corpo ("embodiment"), eppure queste certezze derivano da meccanismi cerebrali specifici che integrano informazioni sensoriali e corporee. Una regione coinvolta in questo processo è l'area extrastriata per il corpo, coinvolta nell'immaginare e nell'eseguire movimenti con il proprio corpo. Un'altra area importante è la giunzione temperoparietale TPJ, implicata nei processi legati al sé e nell'integrazione multisensoriale di info relative al corpo. Vi sono molte evidenze che sottolineano ciò, ad esempio in un esperimento ai soggetti veniva richiesto di compiere dei giudizi in merito ad una figura posta in un paesaggio, assumendo però il punto di vista della figura e quindi immaginare una prospettiva diversa dalla propria; si riscontrò un coinvolgimento di regioni vicine alla TPJ nel momento in cui i partecipanti modificavano la propria prospettiva egocentrica. Analogamente un neurologo *Blanke*, durante un intervento di epilessia, notò come la stimolazione di un'area prossima alla TPJ causò un'esperienza extracorporea nella paziente: un fenomeno di disincarnazione (OBE) si verifica quando una persona sembra essere vigile ma in realtà vede il proprio corpo e il mondo da una prospettiva esterna al proprio corpo fisico. La TPJ è quindi cruciale per mediare la sensazione di unità spaziale tra sé e corpo e per l'esperienza cosciente del sé. È bene sapere che possono esistere tre differenti esperienze visive illusorie del corpo, conosciute come "fenomeni autoscopici" (AP): le esperienze extracorporee, le allucinazioni autoscopiche e la doppia autoscopia; queste sono tutte associate a danni in diverse aree della TPJ. Le prime si generano conseguentemente ad un danno alla temporoparietale destra, le seconde dopo una lesione alla temporoccipitale destra e le ultime dopo un danno alla temporoparietale dell'emisfero sinistro. *Blanke:* questi fenomeni potrebbero essere il risultato di due forme di disgregazione: una all'interno dello spazio personale, causato da input sensoriali contrastanti, e l'altra tra lo spazio personale e quello extrapersonale, generato da un conflitto di tra informazioni visive e vestibolari. Un'elaborazione anormale in altre regioni del cervello provoca un gruppo di disturbi che coinvolgono solo parti del corpo ;esiste una sindrome denominata xenomelia,anche nota come disturbo dell'identità corporea, in cui gli individui con corpi sani riferiscono di non percepire come propri uno o più arti, desiderandone l'amputazione. *Ramachandran* :riscontrato che la stimolazione tattile dell'arto non produceva attività in una determinata regione, cioè nel lobulo parietale superiore destro (SPL): questa è la regione in cui convergono i segnali somatosensoriali, visivi e vestibolari, fondamentale per l'integrazione sensomotoria; l'assenza della sua attività suggerisce che l'arto non è stato integrato nella loro immagine corporea. Il senso di appartenenza corporea e di incarnazione non sono affatto banali;piuttosto sono necessari per un'integrazione efficace con il mondo e con le altre persone.La ricerca che coinvolge individui che soffrono di disturbi dell'embodiment e del senso di appartenenza corporea sta rivelando sempre più informazioni sui complessi processi neurali che contribuiscono a queste sensazioni basilari di sé. 11.Comprendere le azioni la mente degli altri: i correlati neurali della teoria della simulazione (o della condivisione dell'esperienza) e dell'empatia. Comprendere gli stati mentali degli altri: quando siamo impegnati in interazioni sociali complesse è molto importante comprendere lo stato mentale altrui e anticiparne i comportamenti. La nostra percezione degli altri non ha un accesso diretto ai loro stati mentali e fisiologici, al contrario, la nostra percezione sociale si basa su ciò che si vede o sente esternamente (espressioni facciali, movimenti corporei, vestiti, azioni e parole) e, partire da questi, siamo capaci di dedurre ciò che gli altri pensano e come si sentono. Non sempre operiamo inferenze corrette. L'accuratezza empatica è la capacità con cui una persona è in grado di dedurre correttamente i pensieri e i sentimenti un'altra. Per comprendere i pensieri degli altri è necessario tradurre ciò che si può osservare in qualcosa che non è possibile osservare. -La teoria della simulazione o ella condivisione dell'esperienza cerca di spiegare tutto ciò. Essa afferma che non c'è bisogno di una teoria elaborata sulla mente degli altri per inferire i loro pensieri e prevedere le loro azioni, ma semplicemente osservando il comportamento di qualcuno lo simuliamo e poi usiamo il nostro stato mentale prodotto in quella simulazione per predirne lo stato mentale. Possiamo inferire pensieri interni, desideri e sentimenti altrui anche senza vedere l'altro o solo avendo poche informazioni di una data situazione, semplicemente immaginandoci nella medesima circostanza.Questa teoria suggerisce che la mPFC sia coinvolta sia nella percezione del sé sia nella percezione degli altri in quanto la prima a volte viene utilizzata nella seconda. È stato ipotizzato che una regione della mPFC sia coinvolta sia quando si pensa a sé, sia quando si pensa a qualcuno che ci somiglia, ma non se si pensa a qualcuno di dissimile da noi. In un esperimento i partecipanti sottoposti alla fMRI leggevano le descrizioni di due persone: una condivideva lo stesso loro pensiero politico, l'altra no; successivamente rispondevano a delle domande sulle proprie preferenze. È stato riscontrato che la parte ventrale della mPFC aumentava la sua attività durante la percezione del sé e dispersione simili, invece la parte dorsale era attiva nella percezione di persone dissimili. Studi successivi riportano che questo dipenderebbe non tanto dalla somiglianza rispetto al sé, quanto piuttosto dal grado di relazione tra le due persone, cioè dalla familiarità, vicinanza, importanza emotiva, la conoscenza, ecc. Quindi la mPFC è importante nella capacità di pensare a sé stessi e agli altri quando vi è un processo psicologico comune alla base dei processi di pensiero.Molti ricercatori parlano di neuroni specchio, indicandoli come la base neurale di una rappresentazione condivisa e suggerendo che grazie alla loro attivazione l'azione dell'altro possa essere compresa.*Bonini:*attraverso lo studio dei singoli neuroni delle scimmie ha dichiarato che la previsione del movimento potrebbe avere ruoli differenti a seconda del contesto,nel preparare le prioprie reazioni in situazioni sociali. È stato possibile osservare l'esistenza di una rete di regioni corticali anatomicamente connesse che si attivano sia durante lo svolgimento di un'azione, sia durante l'osservazione della stessa azione compiuta da qualcun altro. Queste aree sono compatibili con la proposta di un sistema di neuroni specchio umano.Le regioni coinvolte sono: lobulo parietale inferiore rostrale, corteccia premotoria dorsale, corteccia frontale mediale, corteccia prefrontale ventrolaterale e il giro cingolato anteriore. (Negli esseri umani, la competenza sociale è facilitata dall'interferenza sugli stati mentali altrui e dall'attribuzione delle azioni degli altri alle loro credenze, obiettivi, desideri e sentimenti. Questa capacità prende il nome di teoria della mente o mentalizzazione. Essa suppone l'adozione di un atteggiamento intenzionale, che consiste nel supporre che gli altri siano agenti motivati a comportarsi in un modo coerente con il loro stato mentale attuale che può essere diverso dagli stati mentali propri. Negli anni '90 vennero scoperti i neuroni specchio all'interno della corteccia premotoria del cervello della scimmia macaco; si tratta di una classe di neuroni che si attivano selettivamente sia quando si compie un'azione in prima persona sia quando si osserva altri compiere l'azione. I neuroni specchio sono stati poi trovati anche in una regione rostrale della corteccia parietale inferiore che proietta all'area premotoria F5, implicando un sistema specchio frontoparietale. Molti ricercatori hanno cercato di comprendere l'importanza di queste aree cerebrali nei primati nella comprensione delle intenzioni altrui, nell'acquisizione del linguaggio e nell'empatia. Altri ricercatori che prediligono una prospettiva della cognizione maggiormente centrata sul corpo hanno proposto che i neuroni specchio siano un mezzo per la comprensione delle azioni sociali attraverso collegamenti percettivo-motori diretti. Le funzioni specchio contribuiscono a stabilire rappresentazioni condivise utilizzate per comprendere le azioni altrui, però la distinzione dell'esecuzione delle proprie azioni da quelle eseguite da altri implica altre capacità cognitive e meccanismi come l'abilità nell'adottare flessibilmente la prospettiva di un altro individuo e distinguere questa prospettiva dalla propria. Sicuramente la memoria gioca un ruolo importante in questo processo, in quanto la conoscenza preventiva dei tratti di personalità e dei modelli di risposta altrui in contesti simili, affina la propria interpretazione del contesto sociale e le possibili risposte da dare. Studi di neuroimmagine hanno confrontato l'assunzione della prospettiva in prima e in terza persona in diversi domini cognitivi, emozionali e motori. In altri studi ai partecipanti è stato chiesto di prendere in considerazione i punti di vista di diversi personaggi di storie o fumetti, di indovinare ciò che un avversario potrebbe fare durante un gioco interattivo; l'assunzione del punto di vista altrui provocava l'attività in una serie di regioni nel cervello che comprendono la corteccia frontale mesiale, la corteccia temporale polare, la corteccia parietale inferiore destra, la giunzione temporoparietale, il solco temporale superiore. La giunzione temporoparietale sembrerebbe maggiormente attiva nel caso di inferenze transitorie basate sul contesto in cui ci si trova, mentre la corteccia prefrontale mesiale sembra attivarsi di più nel caso di inferenze basate su caratteristiche più durate e di qualità così come durante i compiti generali di ragionamento rispetto ai compiti di valutazione sociale. Negli anni '70 alcuni studi indagarono la capacità di animali come gli scimpanzè di rappresentare e comprendere gli stati mentali dei propri conspecifici analogamente all'essere umano attraverso il superamento di compito di falsa credenza. Per comprendere le false credenze altrui, bisogna effettuare una distinzione fra la conoscenza sul vero stato delle cose e quello che un altro individuo crede falsamente che sia vero. I compiti erano di due tipi: i "compiti di cambio posizione" di un'oggetto e "compiti di contenuti inaspettati" che prevedono il cambio dell'oggetto stesso, e la persona che vedeva il cambiamento doveva indovinare quale oggetto avrebbe indicato l'altro individuo che non ha visto il cambiamento. Gli esseri umani sviluppano attribuzioni di false credenze a partire dai 4 anni circa, mentre i bambini autistici no. Non vi sono prove concrete che i bambini e le scimmie possano rappresentare esplicitamente i contenuti mentali di un'altra persona: questa capacità di rappresentarli, anche simbolicamente in un secondo momento, prende il nome di meta-rappresentazione e richiede un ulteriore sviluppo cognitivo, che è raro nei bambini impossibile nei primati non umani.) Empatia: è la nostra capacità di comprendere e rispondere alle esperienze affettive uniche di un'altra persona ed incarna la forte relazione tra la percezione del sé e quella degli altri; il primo processo dell'empatia è quello di assumere il punto di vista dell'altra persona. Il modello della percezione- azione dell'empatia presuppone che quando si percepisce stato mentale emotivo di un'altra persona si attivi lo stesso stato affettivo nell'osservatore. È stato ipotizzato che i neuroni specchio possano mediare un meccanismo fisiologico cruciale che ci permette di rappresentare lo stato interno del nostro corpo ("meccanismo della simulazione incarnata"). Affinché questo avvenga è necessario che vi sia un collegamento con le strutture dedicate all'elaborazione emotiva: vi sono evidenze che indicano un collegamento tra il sistema limbico e i neuroni specchio con l'insula. Ciò è dimostrato anche da un esperimento in cui soggetti che inalavano un odore disgustoso avevano siti dell'insula anteriore attivi come quando osservavano le espressioni facciali di disgusto in altre persone; lo stesso emerge su persone con lesioni in quest'area, ossia perdevano sia la capacità di riconoscere il disgusto dalle espressioni facciali altrui, sia nel provare meno disgusto di fronte a determinati scenari. Per cui l'insula appare importante per la capacità di sperimentare disgusto e per percepirlo negli altri; i neuroni specchio potrebbero essere il mezzo attraverso cui riconosciamo questa emozione. Similmente, in uno studio sul dolore si è visto come l'insula e il cingolato anteriore si attivano quando si prova dolore fisico su di sé e quando lo si percepisce negli altri. È interessante vedere come queste due regioni si attivino anche quando si assiste ad azioni immorali o ingiuste. \[...\] sono state trovate evidenze a favore del fatto che la parte sinistra del network composto dall'insula anteriore e corteccia cingolata anteriore media dolore e ingiustizia;la parte destra mostrava pattern di attività dipendenti dalla modalità che sono specifici per il dolore,disgusto e ingiustizia,ma anche per chi vive l'esperienza (se o altro).Si ipotizza che il network AI-mACC destro abbia un ruolo nel distinguere il sé dall'altro. Correlata alla teoria della mente c'è la comprensione degli stati emotivi altrui, ovvero l'empatia: la capacità di comprendere e di entrare in risonanza con l'esperienza emotiva di un altro che porta alla condivisione dei sentimenti di quella persona. In quanto una reazione comprensiva non comporta una condivisione di esperienze emotive, l'empatia si distingue dal costrutto di simpatia. Essa è inoltre caratterizzata da elementi sia automatici che controllati, e si basa su meccanismi cognitivi sociali di base e di elaborazione dell'emozione. Durante lo sviluppo. All'inizio i bambini imitano le emozioni facciali di base espresse dai genitori; poi intorno ai due anni emergono le prime distinzioni fra sé e l'altro e fra le emozioni sociali; i bambini iniziano ad esprimere preoccupazione comprensiva. Questi gesti da egocentrici (dare all'altro qualcosa che si ama) vanno ad essere indirizzarsi man indirizzati all'altro (dare all'altro qualcosa che lui stesso ama). Crescendo vengono trasmesse forme di empatia via via più complesse e secondo il modello di *Decety* una risposta empatica completa prevede il funzionamento coordinato di processi a quattro componenti. -La condivisione dell'emozione fra gli individui basata sull'associazione automatica fra azione e percezione e rappresentazioni emozionali e somatiche condivise, che a loro volta si basano sull'elaborazione della corteccia somatosensoriale dell'insula e della corteccia cingolata anteriore (le quali si pensa rappresentino uno stato di sentimenti condivisi con un altro individuo e promuovano la motivazione ad agire); -L'autoconsapevolezza e distinzione tra sé-altro processi che coinvolgono l'elaborazione nei lobi parietali, nella corteccia prefrontale e nell'insula. -La flessibilità mentale ovvero l'abilità di adottare la prospettiva di un altro individuo grazie all'attivazione di regioni prefrontali mesiali e dorsolaterali. -La regolazione delle emozioni agente sugli stati emotivi e somatici generati grazie ala coinvolgimento di meccanismi di controllo esecutivo nel cingolo anteriore laterale e nella corteccia prefrontale ventromesiale. 12.Comprendere le azioni e la mente degli altri: teoria della mente e correlati neurali della teoria dell'attribuzione di stati mentali. Comprendere gli stati mentali degli altri: quando siamo impegnati in interazioni sociali complesse è molto importante comprendere lo stato mentale altrui e anticiparne i comportamenti. La nostra percezione degli altri non ha un accesso diretto ai loro stati mentali e fisiologici, al contrario, la nostra percezione sociale si basa su ciò che si vede o sente esternamente (espressioni facciali, movimenti corporei, vestiti, azioni e parole) e, partire da questi, siamo capaci di dedurre ciò che gli altri pensano e come si sentono. Non sempre operiamo inferenze corrette. L'accuratezza empatica è la capacità con cui una persona è in grado di dedurre correttamente i pensieri e i sentimenti un'altra. Per comprendere i pensieri degli altri è necessario tradurre ciò che si può osservare in qualcosa che non è possibile osservare. (Scritto anche nella domanda precedente) La teoria della mente, nota anche come mentalizzazione, fa riferimento alla capacità di attribuire stati mentali a sé stessi e agli altri. Essa è importante per lo sviluppo e le interazioni sociali; sottintende la capacità di cooperare, empatizzare e anticipare correttamente il comportamento degli altri. *Premack e Woodruff:* hanno ipotizzato che gli umani attribuiscano molto spesso uno scopo o un'intenzione agli altri, seguiti subito dopo dall'attribuzione di pensieri e credenze. Sembrerebbe inoltre che bambini appena nati mostrino sin da subito un comportamento imitativo (es. imitano le espressioni facciali), questa capacità di innata di imitare automaticamente gli altri costituisce il fondamento per la teoria della mente e per la crescita della cognizione sociale. A dimostrazione di questo viene proposto un esperimento, il compito della falsa credenza di Sally-Annie,in cui partecipanti vedono una serie di disegni che raffigurano vari scenari, i quali coinvolgono due personaggi: Sally e Anne. La prima scena mostra Sally che ripone una biglia in un cestino e poi se ne va, successivamente Anne sposta la biglia in un cassetto e quando Sally rientra la domanda che viene posta è "dove cercherà la biglia?". Per rispondere correttamente i partecipanti devono tenere conto del punto di vista di Sally, la quale non è a conoscenza del comportamento di Anne, la risposta corretta quindi dovrebbe essere che la biglia si trova nel cestino, ma se i partecipanti non riescono a comprendere che Sally non condivide la loro conoscenza allora risponderanno di cercarla nel cassetto. Inizialmente questo compito appare difficile per bambini di 4 anni, probabilmente perché le abilità di controllo cognitivo non sono ancora ben sviluppate, così l'esperimento venne semplificato e quello che emerse fu che in realtà bambini di età inferiore ai 4 anni mostravano di possedere in modo innato la capacità di attribuire stati mentali. Quindi gli autori ritengono sia giusto affermare che la teoria della mente sia innata e automatica. I correlati neurali della teoria dell'attribuzione di stati mentali: a volte gli stati mentali non corrispondono ai loro segnali osservabili; la nostra vita è piena di situazioni in cui le persone tentano di nascondere i loro veri pensieri e sentimenti. È inoltre difficile creare esperimenti e compiti in grado di indagare quali regioni del cervello siano coinvolte quando qualcuno deduce stati mentali inosservabili sulla base di segnali osservabili. Sembrerebbe però che le regioni coinvolte in compiti in cui il soggetto svolge inferenze sui pensieri e sulle credenze degli altri siano: corteccia prefrontale mediale (mPFC), giunzione temporoparietale (TPJ), il solco temporale superiore (STS) e i poli temporali. Per confutare il coinvolgimento della mPFC è stato condotto un esperimento: i partecipanti osservavano immagini di persone associate a frasi sulla loro personalità; in un caso i soggetti dovevano ipotizzare e fare inferenza sulla personalità della persona in foto, in un altro dovevano ricordare l'ordine delle frasi inerenti ad un soggetto visto. In entrambi i casi i partecipanti pensavano ad altre persone ma solo nel primo caso pensavano agli stati interiori dei soggetti, di conseguenza si è visto che l'attivazione della mPFC era maggiore nel primo compito. Studi successivi però ci dicono che questo è valido solo se si tratta di esseri animati e non per oggetti inanimati. Similmente, per confutare il coinvolgimento della TPJ è stato proposto un esperimento in cui i soggetti erano esposti a racconti riguardanti false credenze e scenari di controllo che coinvolgevano falsità (che non avevano nulla a che fare con gli stati mentali altrui). Confrontando queste due condizioni emerse che la TPJ destra era più attiva nella prima condizione che coinvolgeva la teoria della mente: quest'area è associata alla capacità di ragionare e fare inferenze sugli stati mentali degli altri, ma non è associata a condizioni che riguardano informazioni sociali su altre persone (cioè è attiva solo nel caso in cui si è esposti a informazioni sugli stati mentali e non, ad esempio, per quelle relative alla loro vita). In realtà si è scoperto che la TPJ destra ha due regioni distinte, ossia una popolazione dei suoi neuroni si occupa della mentallizzazione, mentre un'altra del riorientamento dell'attenzione. Un altro aspetto importante è che i bambini sviluppano molto precocemente l'attenzione congiunta,ovvero la capacità di monitorare l'attenzione di un'altra persona. Uno dei modi più tipici in cui bambini controllano dove altre persone stiano dirigendo la loro attenzione è osservando la direzione del loro sguardo. Gli esseri umani sono gli unici primati che s