Economia Politica e Informazione - Nicolini PDF

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HardierSheep4404

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Università di Pavia

Nicolini

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economia politica crescita economica reddito pro capite disuguaglianze

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Questo documento fornisce una panoramica di concetti fondamentali di economia politica, con particolare riguardo a come si è evoluto il reddito pro capite e le disuguaglianze tra i paesi a partire dal 1800, inclusi esempi come l'Italia e la Cina. Presenta il concetto di scala logaritmica come metodo per analizzare l'andamento della crescita economica. Il documento illustra anche importanti concetti relativi al PIL e alla sua applicazione per confrontare il tenore di vita.

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Capitolo1 RIVOLUZIONE CAPITALISTA Fino al 1800-1850 era tutto piatto, le differenze tra paesi erano uguali a 0 e i livelli erano stabili. A un certo punto alcuni paesi hanno iniziato a crescere prima di altri, es. l’India ha iniziato dopo. Dal 1800 si notano delle differenz...

Capitolo1 RIVOLUZIONE CAPITALISTA Fino al 1800-1850 era tutto piatto, le differenze tra paesi erano uguali a 0 e i livelli erano stabili. A un certo punto alcuni paesi hanno iniziato a crescere prima di altri, es. l’India ha iniziato dopo. Dal 1800 si notano delle differenze nel reddito pro-capite ma alcuni paesi come il Regno Unito, è decollato prima degli altri. Dalla Seconda guerra mondiale in poi anche l’Italia ha avuto un boom, dove il pro-capite (ovvero la ricchezza media del paese) è cresciuta molto). Come l’Italia, anche il Giappone ha iniziato a crescere ma a cause delle guerre ha rallentato il processo e quando si è ripreso ha iniziato a crescere moltissimo. I paesi si dividono in quelli che hanno sperimentato un alto tasso di crescita fin da subito e quelli che invece hanno iniziato a crescere in maniera più sostenuta in periodi recenti. Ad esempio, l’India ha un PIL pro-capite che aumenta nei decenni; la Cina ha iniziato un po’ prima e i suoi livelli di reddito pro-capite sono un po' più alti e il reddito medio di un cinese è il doppio del reddito medio di un indiano. Significati grafico Abbiamo avuto secoli a crescita 0, fino al 1800 non è cambiato niente; il reddito medio era sempre quello e c’era poca disparità. Quando è partita la crescita i tassi sono schizzati verso l’alto, vuol dire che abbiamo avuto paesi con una crescita economica molto elevata. Questi sono i livelli di reddito, per capire i tassi di crescita si utilizza sull’asse verticale una scala differente. In questo grafico si usa la scala lineare (vuol dire che ogni trattino equidistante corrisponde a un aumento costante), ma se usassimo sull’asse verticale una scala logaritmica riusciremmo a vedere in modo più ravvicinato i tassi di crescita. In questo modo l’aumento sull’asse orizzontale non è più costante (l’aumento tra 1000 e 2000 è più o meno equidistante all’aumento tra 2000 e 5000, l’aumento tra 5 e 10.000 è equidistante all’aumento tra 10 e 20.000); perciò accade che quando si raggruppa da 5000 a 10.000 e da 10.000 a 20.000 usando la scala logaritmica o una scala sull’asse verticale in cui a ogni intervallo non corrisponde una variazione costante ma un rapporto costante (es. ogni volta che si raddoppia e le variazioni schizzano verso l’alto vengono schiacciate per risultare più leggibili). Esempio: l’Italia nel Cinquecento aveva un reddito pro-capite, che era il doppio di quello del Regno Unito, grazie al Rinascimento. Ma ad un certo punto il Regno Unito ha superato l’Italia, intorno al 1750, questo grazie alla Rivoluzione industriale. Quindi, 1 un’organizzazione della produzione differente ha permesso di ottenere tassi di crescita più sostenuti per un periodo prolungato.  La scala logaritmica ci fornisce una pendenza che corrisponde ai tassi di crescita, sono delle linee che uniscono i punti di diverse osservazioni del reddito pro-capite  Scala lineare è come siamo abituati a vedere i dati CAPITALISMO E TENORE DI VITA A partire dal XVIII secolo, la crescita del tenore di vita è diventata una caratteristica permanente della vita economica in molti paesi. Il nuovo modo di organizzare l’attività economica, lo sviluppo tecnologico e la specializzazione produttiva hanno aumentato la quantità di produzione realizzabile in una giornata di lavoro, vuol dire che ora in un’ora di lavoro riusciamo a produrre di più di quello che producevamo prima dell’arrivo del motore a scoppio o della macchina a vapore. Produttività del lavoro= prodotto realizzato/unità di tempo Disuguaglianze Per capire le disuguaglianze dobbiamo osservare i grafici che ci fanno vedere com’è la distribuzione del reddito tra paesi e all’interno di essi. Asse orizzontale: paesi ordinati per reddito Ampiezza barra: dimensione popolazione Paesi rossi: basso reddito nel 1980 Paesi verdi: alto reddito nel 1980 Nei grafici precedenti andavamo a vedere solo il reddito medio, ma qua ci viene fornita la distribuzione del reddito all’interno dei paesi. Ci dice quanto è pronunciata la disuguaglianza di reddito all’interno dei paesi. Esempio: il reddito dell’India, osservando i grafici, sta crescendo: questo perché solo alcuni stanno diventano molto ricchi e la maggioranza rimane povera? Oppure sta crescendo in una maniera per cui tante persone stanno uscendo dalla povertà? Tramite l’asse tridimensionale, in questo grafico, noi possiamo osservare la distribuzione del reddito. Per dare tutte queste info in modo sintetico di solito si prendono le informazioni sul reddito e poi si calcola qual è il reddito medio (es. il 10% più povero della popolazione, per il secondo 10% più povero e così via fino ad arrivare al top 10%. In questo modo abbiano dieci decili, ordiniamo i redditi all’interno di una popolazione dal più basso al più alto). Mediana: lascia 50% popolazione da una parte e il 50% dall’altra, molto vicina alla media ma non esatta. Quartile: dividono in quattro quarti la popolazione, corrisponde al 25% della popolazione Decile: corrisponde al 10% della popolazione. Si divide in quote di popolazione equamente abitate, se in Italia ci sono 56 milioni di abitanti il primo decile corrisponde ai più poveri mentre l’ultimo ai più ricchi. In tanti paesi del 1980 (guardando il grafico) l’ultimo decile svetta. Dieci anni dopo, la Cina si è spostata a destra vuol dire che molta meno gente è relativamente meno povera. 2 Mentre alcuni dei paesi che nel 1980 era gialli, sono finiti a sinistra piuttosto in fondo. Questo dimostra che la crescita non è automatica e garantita per tutti. Confrontando i dati del 1980 con quelli del 2014 si può notare che alcuni paesi tra i più poveri al mondo si sono spostati in situazioni di medio-alto reddito (come la Cina, l’India, l’Indonesia). Possiamo vedere che: a. Ci sono paesi poveri che sono cresciuti molto; b. Che i paesi verdi nel 1980 ora hanno un reddito medio che è più basso di quello della Cina c. La Cina del 2014 ha l’ultimo scalino molto alto (sarebbe il 10%), perciò sta crescendo tanto e sta portando fuori dalla povertà molti individui però allo stesso tempo sta crescendo tanto e sta portando fuori dalla povertà molti individui però allo stesso temo sta crescendo la disuguaglianza all’interno del paese In generale i gradini più ampi, rispetto a quelli più bassi, si sono allontanati e vuol dire che all’interno dei paesi è aumentata la disuguaglianza. C’è una forte disuguaglianza tra il top 10% dei più ricchi e il bottom 10% dei più poveri, un modo per capire e quantificare rapidamente si deve usare il rapporto detto novanta su dieci (90% top; 10% bottom). Se ci concentriamo sul grafico del 2014, saltano agli occhi alcuni fatti stilizzati: 1. In ciascun paese i ricchi hanno molto più dei poveri. Possiamo usare il rapporto tra l’altezza delle barre sul retro (ricchi) e di fronte (poveri) come una misura di disuguaglianza in un paese. Anche in un paese relativamente egualitario come la Norvegia, il rapporto ricchi/poveri è pari a 5,4; il top 10% della popolazione norvegese guadagna 5 volte di più rispetto al bottom 10%. Negli Stati Uniti, dove si riscontra una grande disuguaglianza, è 16 e addirittura in Botswana è 145. La disuguaglianza nei paesi più poveri è più difficile da vedere nel grafico, ma è presente: il rapporto ricchi/poveri è 22 in Nigeria e 20 in India. 2. Enorme differenza tra paesi. Il reddito medio in Norvegia è 19 volte il reddito medio in Nigeria. Il 10% più povero in Norvegia ha un reddito che è più del doppio del reddito medio del 10% più ricco in Nigeria. 3. Le differenze di reddito tra paesi si sono molto accentuate col passare del tempo. 4. I paesi che sono decollati prima sono ricchi. I rapporti di forza sono cambiati poco nel tempo, con alcune, notevoli, eccezioni. Una misura del tenore di vita Per confrontare il tenore di vita di ciascun paese, usiamo una misura chiamata PIL pro capite.  Le persone ottengono il loro reddito dalla produzione e dalla vendita di beni e servizi. 3  Prodotto Interno Lordo (PIL) = il valore di mercato della produzione di beni finali e servizi di un’economia in un certo arco temporale (solitamente un anno). PIL pro capite = PIL / popolazione. - Attenzione: il PIL non è l’unica misura possibile e non è infallibile. Reddito e benessere  I grafici che abbiamo visto finora si basano sul reddito pro capite, che a sua volta è un buon proxy per il reddito disponibile. Reddito disponibile = reddito - tasse + trasferimenti. - Abbiamo usato il reddito pro capite per fotografare il tenore di vita delle persone che vivono in un certo paese in un certo periodo. - Il reddito ha un impatto decisivo sul benessere perché ci consente di acquistare i beni e servizi di cui abbiamo bisogno o che desideriamo, ma molti aspetti del nostro benessere non dipendono da ciò che possiamo acquistare. Per esempio, il reddito disponibile non considera: A. La qualità del nostro ambiente sociale e fisico, come la nostra rete di amicizie e l’aria pulita; B. Il tempo libero che abbiamo a disposizione per riposarci e godere della compagnia delle persone cui teniamo; C. I beni e servizi che non acquistiamo, come le cure sanitarie e l’istruzione quando queste sono fornite dallo Stato; D. I beni e servizi prodotti all’interno della famiglia CRESCITA Confrontare il reddito in momenti diversi e tra paesi diversi Per poter confrontare il reddito di paesi diversi e/o in momenti diversi, bisogna risolvere tre problemi: 1. Separare ciò che vogliamo misurare — le variazioni o le differenze nelle quantità di beni e servizi — da ciò che non è rilevante per il confronto, in particolare le variazioni nei prezzi degli stessi beni e servizi. 2. Quando confrontiamo la produzione in un paese in due momenti diversi nel tempo, è necessario tener conto delle variazioni nei prezzi intercorse nel frattempo. 3. Quando confrontiamo la produzione tra due paesi nello stesso momento, è necessario tener conto delle differenze nei prezzi tra i due paesi. PIL nominale e PIL reale PIL nominale = Σi pi qi dove: = 1, 2, …, sono i beni scambiati nell’economia i è il prezzo del bene i e i la sua quantità scambiata. Il PIL nominale si riferisce al valore nominale della moneta che può fruttare perché c’è l’inflazione. Il PIL reale (si parla di beni reali, fisici), invece, dà una misura della quantità di beni e servizi acquistati, indipendentemente dal loro prezzo. Se confrontiamo l’economia in due anni successivi, e se tutte le quantità restano immutate mentre i prezzi aumentano — diciamo — del 2% da un anno all’altro, allora il PIL nominale sarà cresciuto del 2% mentre il PIL reale sarà rimasto invariato. L’economia non è cresciuta. Per capire cosa succede al PIL reale, iniziamo selezionando un anno base, per esempio l’anno 2010. Definiamo poi il PIL reale usando i prezzi del 2010: in quell’anno esso sarà dunque uguale al PIL nominale. Esempio: confronto PIL del 2020 con quello del 2010: PIL nominale del 2020 = Σi pi qi = 10 mele + 10 pere + 30 banane x i prezzi del 2010 Ma quali sono i prezzi del 2010? Si usa un indicatore del livello dei prezzi nei vari anni, è uno strumento che usiamo per eseguire queste conversioni. Supponiamo che il nostro livello di prezzi del 2010 ci suggerisce che il prezzo delle mele era 1, delle pere 1 e delle banane 1.5 è P2010= 10x1 + 20x1 + 30x1.5. Questa misura è il PIL che abbiamo prodotto 4 nel 2020 ma espresso con i prezzi di un altro anno. Se si tengono dei prezzi fissi per un certo anno base e cambiamo solo le quantità, si capisce quanto l’economia è cresciuta in termini reali. Se, invece, si confronta il PIL nominale del 2020 con quello di 2 anni fa non riusciremmo a capire quanto sia cresciuta l’economia perché c’è in mezzo l’effetto di variazione dei prezzi. Se, usando i prezzi dell’anno base, il PIL è cresciuto, possiamo dedurre che il PIL reale è aumentato. PIL nominale sono i dati che vengono presentati al telegiornale, ma se vogliamo fare dei confronti si devono prendere dei prezzi fissi di un anno base, ovvero si guarda il PIL reale o PIL a prezzi costanti. Parità del potere d’acquisto Per fare un confronto tra Italia e Cina, o Italia e India, conta che ci sono livelli di prezzi differenti. In media, in India i prezzi sono più bassi rispetto all’Italia. Questo significa che se guadagno 1000€ in Italia posso permettermi un certo paniere di beni di consumo, ma se li guadagno in India potrò permettermi certamente più cose. Significa che, siccome il livello dei prezzi è differente, e sono espressi in valute differenti, in India sarò abbastanza ricca mentre in Italia con la stessa cifra non sono messa male ma nemmeno troppo bene. Come possiamo fare questi confronti? Dobbiamo tenere conto del potere d’acquisto, ossia l’idea è che la stessa quantità di denaro in paesi differenti con diversi livelli di prezzi può comprare diversi panieri di beni. Che cos’è la parità di potere d’acquisto? La parità di potere d’acquisto (PPP, Purchaising Power Parity) è l’indice che usiamo per confrontare la qualità della vita tra paesi diversi. L'idea è confrontare la qualità della vita dei paesi, in termini di beni cosa mi posso permettere in un mese in due paesi differenti. La parità del potere d’acquisto tiene conto del fatto che ci sono livelli differenti di prezzo in paesi diversi. Se guardiamo solo i prezzi nominali non facciamo un confronto corretto. Nel fare dei confronti tra paesi dobbiamo correggere per la parità del potere d’acquisto. Il tasso di crescita è la variazione del PIL (y) rispetto al livello iniziale del PIL. Quando guardiamo i dati con la scala logaritmica quello che notiamo sull’asse verticale sono variazioni in termini di rapporti; per esempio, uno scatto significa che la variabile raddoppia e ci permette di vedere i tassi di crescita nel grafico. Un concetto di cui si parla in economia è quello di convergenza tra paesi: partendo da un grafico possiamo notare come in un certo lasso di tempo, i paesi che hanno cominciato tardi il processo di crescita e sono arrivati più tardi (Cina e India) stanno crescendo più velocemente delle economie tradizionali (Italia, Regno Unito), porta a una convergenza dei paesi più poveri on un PIL pro capite che stanno recuperano velocemente. Progresso tecnico La tecnica è come noi trasformiamo gli input in un prodotto che è output. La tecnologia è il modo in cui assembliamo gli input (lavoro L, capitale K) e combinati possono dare un output. Il progresso tecnico è il fatto che cambia la tecnologia, e con l’evoluzione delle tecniche otteniamo più output (y) a parità di input. La tecnologia ci permette di produrre di più a parità di input utilizzati. Con la Rivoluzione industriale abbiamo dato inizio alla rivoluzione tecnologica permanente, perché a partire dalla rivoluzione industriale questo progresso tecnologico non si è più arrestato, ma è andato aumentando. Per fare degli esempi, possiamo analizzare la produttività del lavoro nella produzione di illuminazione. Sull'asse orizzontale abbiamo gli anni che consideriamo e sull’asse verticale abbiamo l’emissione della luce misurata in lumen. Il nostro output è la luce diviso per il lavoro; quindi, sull’asse verticale abbiamo una misura di produttività del lavoro nell’ambito della produzione della luce. Fino al 1800 la produttività era bassissima perché si faceva luce con le candele, ma a partire dal 1840 abbiamo l’evoluzione tecnologica e con un’ora di lavoro si potevano produrre tantissima luce (o tantissimi strumenti per avere luce). 5 Trasmissione delle informazioni Un altro esempio è la velocità di trasmissione delle informazioni. Questa è stata lentissima per secoli perché si andava a cavallo da un post all’altro, ma a partire dall’Ottocento i tempi si sono accorciati prima con l’introduzione del telefono, poi della televisione e infine di internet oggi possiamo avere le informazioni in maniera quasi istantanea. La crescita, quindi, a partire dall’Ottocento è stata velocissima; ci sono però delle conseguenze. Le conseguenze per l’ambiente La conseguenza è il costo ambientale; è vero che è cresciuta la ricchezza ma anche l’uso di risorse naturale e l’inquinamento. Abbiamo effetti sia globali (climate change), sia locali (inquinamento nei fiumi). Il grafico ci mostra come a partire dagli anni 1960-70 la deviazione è diventata incredibilmente positiva, questo perché il progresso economico comporta costi ambientali. Il progresso tecnologico così come ha portato un aumento del reddito degli individui, allo stesso modo può essere usato per risolvere i problemi ambientali. Un aumento della produttività significa diminuire l’uso delle risorse e quindi se aumentiamo la produttività con l’uso delle nuove tecnologie possiamo anche fare dei beni che usano meno risorse (lampadine a risparmio energetico); oppure possiamo produrre beni in maniera più efficienti e diminuire gli input di produzione (energie rinnovabili). Il progresso tecnologico ci ha portato ad avere problemi consistenti di inquinamento, ma può anche essere la soluzione del problema mandando la ricerca in questa direzione. CAPITALISMO E ISTITUZIONI Sistema economico e istituzioni Il capitalismo è un sistema economico che ha delle istituzioni che lo governano. Un sistema economico è il modo in cui organizziamo la produzione e la distribuzione di beni e servizi nell’economia complessivamente. Non esiste solo il capitalismo, abbiamo avuto economie a pianificazione controllate (Russia), il feudalesimo o la schiavitù. Il capitalismo è il sistema oggigiorno predominante a livello mondiale. Le istituzioni si possono definire come le leggi e le regole informali che disciplinano le relazioni sociali tra le persone e tra le persone e l’ambiente (le regole del gioco), sono quindi le regole in cui ci muoviamo per definire contratti di lavoro o definire che pagare se si produce inquinamento. Le istituzioni possono essere le leggi (prodotte dal Governo/Parlamento), ma anche regole informali (regole non codificate). Quali sono i fattori cardine che caratterizzano il capitalismo? La principale forma di organizzazione è l’impresa, nella quale i proprietari privati di beni capitali impiegano 6 forza lavoro per produrre beni e servizi da vendere sul mercato con un prezzo, con lo scopo di trarne un profitto. I concetti chiave sono quindi: - Proprietà privata - Esistenza di mercati - Esistenza di imprese che si muovono in questi mercati I beni capitali sono i macchinari usati nelle istituzioni, sono input durevoli (ad eccezione della forza lavoro) che vengono usati nei processi produttivi (macchinari, stabilimenti), con l’esclusione di alcuni input essenziali che non possono essere di proprietà privata come l’acqua, l’aria, o il sapere, che vengono usati in processi produttivi a costo zero per l’utente. Nell'impresa si combinano beni capitali e forza lavoro, i proprietari di un’impresa assumono dei lavoratori che prestano i loro servizi di lavoro dietro un pagamento per la produzione di beni che vengono venduti su un mercato. La proprietà privata può essere attribuita ad un individuo, una famiglia, un’impresa. Ci sono beni a cui attribuiamo un valore che non sono oggetto di proprietà privata: si pensi all’aria che respiriamo. Un individuo dispone di un bene in maniera privata se può escludere gli altri del consumo. Io posso beneficiarne o scambiarlo con altri. L'aria, per esempio, è un bene pubblico e non è considerabile proprietà privata, non prevede l’esclusione degli altri per il suo utilizzo. La proprietà privata ha bisogno della protezione di leggi e istituzioni. Leggi che conferiscono al possessore di un bene il diritto di trarne beneficio, di venderlo e quello di escludere gli altri dal suo utilizzo. Un mercato è un modo in cui le persone possono scambiarsi beni e servizi attraverso scambi che: sono reciproci (al contrario dei regali), avvengono volontariamente e non c’è coercizione ma avviene per mutuo beneficio (al contrario del furto), il quale è spesso impersonale (al contrario degli scambi tra amici o familiari), per cui non si viene guidati dalla conoscenza personale con cui avviene la transazione. L’impresa è un’attività economica basata sulla proprietà dei mezzi di produzione e organizzata al fine della produzione e scambio di beni e servizi, con lo scopo ultimo della massimizzazione del profitto. Il mercato del lavoro è un mercato nel quale i datori di lavoro offrono un salario a chi è disposto a lavorare alle loro dipendenze. In quanto domandano lavoro, i datori di lavoro rappresentano il lato domanda, mentre i lavoratori rappresentano il lato offerta di questo mercato, perché possiamo offrire il nostro tempo per il lavoro. Vantaggi della specializzazione Una delle caratteristiche del sistema di organizzazione capitalistico è la specializzazione. La specializzazione comporta un aumento della produttività del lavoro, perché consente di concentrare i mezzi produttivi e le abilità su un insieme limitato di attività. Si permette la specializzazione perché esistono mercati che permettono lo scambio, io posso specializzarmi in qualcosa e offrire la mia abilità dietro remunerazione, questo mi permette di acquistare beni che non devo produrmi da solo. Noi ci specializziamo per fare un determinato lavoro che ci permette di avere un salario con cui possiamo comprare beni. La specializzazione è un aspetto cruciale della nostra organizzazione economica; faccio solo una cosa con il tempo migliorerò e avrò un aumento della produttività del lavoro; quindi, concentro le mie capacità nel fare un lavoro. Con la specializzazione si può:  Acquisire una maggiore abilità nel produrre attraverso il learning by doing (letteralmente: “imparare facendo”) → se sono un idraulico, la prima volta che riparerò uno scarico devo capire come si fa, alla centesima volta so farlo a occhi chiusi. Uno diventa più capace perché facendo la stessa cosa impara a farla meglio.  Valorizzazione delle diversità di abilità o di condizioni ambientali (es. la qualità dei terreni) → è possibile per cui se io mi specializzo in quello che so fare veramente ho una remunerazione che riconosce la mia abilità e posso permettermi un bene per cui non ho abilità 7  Economie di scala: all’aumentare della quantità prodotta, il costo per produrre ciascuna unità può risultare inferiore riducendosi (settori con grande scala produttiva: settore automobilismo). La specializzazione funziona solo se c’è un modo per acquistare gli altri beni di cui ciascuno ha bisogno, quindi se ci sono mercati funzionanti. Se non ci sono mercati funzionanti, io posso comunque specializzarmi, ma se poi non vengo pagato per il mio lavoro o vengo pagato ma non riesco a comprare altri beni le cose non funzionano e devo tornare a una economia di sussistenza. La specializzazione ci piace ma solo se il mercato funziona e ognuno può scambiare le proprie abilità. Per questa ragione, la specializzazione, detta anche divisione del lavoro, pone alla società un problema: la redistribuzione di beni e servizi prodotti da chi li produce a chi li consuma. A tal fine, i sistemi misti (in cui l’azione dell’impresa capitalista è completata da quella delle istituzioni pubbliche) usano:  I mercati  L’eventuale intervento redistributore dello Stato. Abbiamo detto ci sono i mercati, ma può esserci anche un intervento redistributivo quindi anche nel nostro sistema capitalistico non è tutto un agire privato mercato, abbiamo uno Stato che fornisce una serie di servizi e che opera come redistribuire di risorse; abbiamo detto che il reddito disponibile è il reddito che ci rimane dopo le tasse dei trasferimenti, ricordiamoci che comunque esiste un ruolo per lo Stato nella ridistribuzione delle risorse non è tutto nel nostro sistema economico affidato solamente ai mercati. VANTAGGIO ASSOLUTO VS. VANTAGGIO COMPARATO Vantaggio assoluto e vantaggio comparato che cosa significa? Guardiamola così, si suppone che abbiamo due Paesi che possono essere Italia e Haiti, l'Italia è più brava a produrre sia i macchinari che il vino perché ha una tecnologia superiore, ha risorse naturali superiori e migliori per produrre sia macchinari che il vino. Haiti non ha un forte settore industriale e non ha clima adatto per la produzione di vino. L'Italia ha un vantaggio assoluto, perché è più efficiente e usa meno risorse per produrre sia i macchinari che il vino. Il vantaggio assoluto si ha quando per ottenere un prodotto uso meno input. Quando parliamo di vantaggio comparato però quello che facciamo è andare a guardare in termini relativi. Che cosa significa guardare in termini relativi? Noi possiamo immaginare che l'Italia sia più brava e più efficiente nel produrre entrambi i beni, ma se supponiamo che esistano soltanto questi due settori e supponiamo che esistano soltanto Haiti e l'Italia nel mondo, come facciamo? Haiti non produce nulla e l’Italia produce tutto? Non è così che funzionano le cose; Haiti produrrà qualcosa e anche l’Italia produrrà qualcosa; quello che conviene è che ognuno si specializzi nella cosa che sa fare meglio. Ognuno si specializzerà in un'industria per scambiare i beni con l’altro Paese; se l’Italia, è più efficiente nella produzione di macchinati perché ha più ingegneri e conoscenza, è uno spreco di risorse mettere gli ingegneri a zappare le viti per ottenere il vino. Noi andiamo quindi a vedere in termini relativi. Se anche un Paese ha il vantaggio assoluto in entrambe le cose conviene specializzarsi questa è la cosa importante da tenere presente. Facciamo un esempio con delle persone: supponiamo che abbiamo bisogno di due attività una è la cucina e l’altro l’idraulico. Sicuramente non posso mettermi a fare l'idraulico; mettiamo che siamo io e il signor Pino, probabilmente Pino se la cava un pochino meglio di me con il pappagallo e i vari strumenti dell'idraulico e quindi deciderà di specializzarsi in quell'attività e io mi specializzerò invece in attività di cuoca e apro un ristorante. Se anche il signor Pino fosse uno chef, comunque, nell'economia globale di questo mondo in cui siamo noi due conviene che lui faccia l'idraulico perché io sicuramente non posso fare l'idraulico. L'idea è questa, se anche Pino è una persona molto talentuosa non ha senso e non è benefico, nei termini dell'economia complessiva, senso che io faccia la cuoca e che lui faccio l'idraulico. 8 Correlazione vs. Rapporto causale In generale, dobbiamo distinguere quando c’è una correlazione e quando c’è un rapporto causale, ossia una cosa causa l’altro. Se riusciamo a capire che X causa Y, allora possiamo implementare delle politiche pubbliche che ci fanno ottenere Y; se non riusciamo a capire se c’è un nesso di causalità ma è solo una conseguenza (quando c’è X, c’è Y) non possiamo determinare se una politica pubblica è efficace o meno. Il tipo esempio di correlazione, che difficilmente ha un rapporto causale, è Nicholas Cage. Secondo un grafico che riporta il numero di film in cui Nicholas Cage appare nel tempo e il numero di persone che sono annegate cadendo in una piscina possiamo notare che le due serie sono abbastanza vicine e hanno una correlazione molto alta (66%), non pensiamo che sia Nicholas Cage o i suoi film a far cadere la gente in piscina e annegare. È un esempio che una correlazione non significa necessariamente un nesso causale; si usano diversi metodi per cercare di distinguere quella che è una correlazione da quella che è il vero nesso di causa tra due eventi. Ci serve capire la causalità perché ci permette di comprendere i fenomeni economici e comprendere gli eventi di politica. Capitalismo e democrazia Il capitalismo è un sistema economico e la democrazia è un sistema politico; spesso quello che abbiamo è che dove c’è capitalismo c’è democrazia, ma non è detto che sia sempre così. Il capitalismo è presente in regimi autoritari, ma possiamo avere anche molte situazioni in cui non è chiara (Vietnam: economia comunista, anche se inseriti in un sistema capitalistico globale). Capitolo 2 PROGRESSO TECNICO, CRESCITA E DEMOGRAFIA I modelli Modello economico: si concentra su quegli aspetti rilevanti ai fini del nostro quesito di ricerca. Se vogliamo capire come funziona un mercato, nel modello lasceremo perdere tutto quello che non ci serve. I modelli descrivono come gli agenti interagiscono per raggiungere un equilibrio, l’equilibrio del modello è ciò che succede se lasciamo gli agenti liberi di agire e interagire tra di loro nel sistema economico. In genere, si studia cosa succede se ci spostiamo fuori dall’equilibrio o se c’è uno shock che va a cambiare il nostro equilibrio. Equilibrio Equilibrio: è la situazione che tende a perpetuarsi. Abbiamo in mente equilibri stabili nei modelli e tutto tende a convergere verso una determinata situazione. L'equilibrio si perpetua a meno che non ci siano shock esterni che lo alterano (shock esogeno). Quando parliamo di shock e di equilibri usiamo l’espressione ceteris paribus che significa “a parità di altre condizioni mantenendo tutto il resto uguale”. Si usa l’espressione quando c’è uno shock al modello e vogliamo capire come un’influenza cambia il mercato del lavoro; quindi, vogliamo analizzare uno shock alla volta mantenendo il resto costante. Incentivo: sono quelli che ci spingono a fare le cose. È un riconoscimento che ci spinge a fare una certa cosa. Possono essere monetari (pago per fare qualcosa), possono essere anche non monetari ma posso farlo per valori morali o altruismo (non butto la carta per terra). 9 Rendita economica: otteniamo rendita quando compiendo un’azione otteniamo un beneficio maggiore compiendo la sua alternativa. Noi abbiamo due scelte A e B: se scegliamo A abbiamo una rendita e la rendita si ha quando il beneficio che abbiamo con A è maggiore di quello che avremmo con B (opzione di riserva). Capitolo 3 SCARSITÀ, LAVORO E SCELTA Contesto Partiamo dal fatto che abbiamo risorse limitate per ottenere i nostri obiettivi (anche il tempo è scarso) e ogni volta dobbiamo fare delle scelte. Quando vogliamo raggiungere un obiettivo dobbiamo cercare di risparmiare il più possibile le nostre risorse e c’è sempre una possibile alternativa che non stiamo percorrendo, quella è il nostro costo opportunità. Il costo opportunità è, quindi, il costo che ci viene dal fatto di non sfruttare un’alternativa. Quello che dobbiamo fare è presentare un modello di decisione di nostra scelta in condizioni di scarsità. La scelta da cui partiamo è la scelta di quanto tempo lavorare e quanto tempo vogliamo avere libero. Ricordiamo che il lavoro è un input di produzione, che il progresso tecnologico ha aumentato la produttività del lavoro e che vogliamo capire come questo ha influenzato la qualità della vita. Si mescolano due approcci: una macro e uno micro. Approccio macro: reddito e ore lavorate in paesi nel corso di più di un secolo (1887- 2000). Sull'asse orizzontale abbiamo PIL pro capite e sull’asse verticale abbiamo le ore di lavoro lavorate in un anno. Vediamo che all’inizio si lavoravano tante ore a fronte di un reddito abbastanza basso e poi tendenzialmente tutti i paesi sono andate in una direzione di meno ore lavorate con un reddito più alto. Notiamo che ci sono ampie disparità tra Stati Uniti e Olanda e Francia. C'è una tendenza generale, dato dallo sviluppo tecnologico, perché maggiore tecnologia ci permette di lavorare meno e guadagnare di più, ma non c’è un unico equilibrio. Negli Stati Uniti guadagnano di più, ma lavorano anche di più; mentre in Olanda e Francia lavorano circa 1500 ore all’anno mentre negli Stati Uniti 2000. In questo grafico affrontiamo la questione in maniera differente. Sull'asse orizzontale abbiamo il tempo libero e sull’asse verticale il PIL pro capite (che tiene conto della parità del potere d’acquisto). Notiamo che ci sono paesi con uno stesso numero di ore di tempo libero, nonostante i redditi diversi (Polonia, Slovacchia e Stati Uniti). Mentre in alcuni paesi con redditi simili possiamo notare come alcuni lavorino tanto e abbiano poco tempo libero, e altri lavorino meno e hanno più tempo libero. Diverse combinazioni sono possibili in base ai differenti equilibri a seconda dei paesi. 10 Cosa ci spiega questi diversi equilibri? Parte della storia ci mostra come il ruolo delle diverse istituzioni sia cruciale, quindi, per esempio, le diverse condizioni di salario vs. tempo libero nei diversi paesi. Reddito e ore di lavoro lavorate (1870-2000) Questo capitolo ci dà la formalizzazione che ci permette di analizzare le condizioni di scelta degli individui in un modo di pensare economico; l’obiettivo è capire come si eseguono delle scelte in condizioni di scarsità (ad esempio, scegliere quanto lavorare e quanto non, implica a livello aggregato di un paese, che si possano avere determinate condizioni di ore lavorate e di reddito percepito – lavorando di più, si gode di un reddito più alto). In genere, disponiamo di risorse limitate per realizzare i nostri obiettivi. Lavorare per raggiungere un determinato obiettivo implica dedicare meno tempo e risorse ad altri obiettivi. Per raggiungere un obiettivo, si sostiene un costo opportunità. Cosa altro avremmo potuto ottenere dedicando tempo e risorse ad altri obiettivi? Il costo opportunità è il costo derivante dal mancato sfruttamento di un’opportunità. Ogni scelta comporta un costo opportunità, che è misurato dal valore della migliore alternativa tralasciata. In altri termini, il costo opportunità è il sacrificio che un agente deve compiere per effettuare una determinata scelta. Il modello di decisione in condizione di scarsità può essere applicato alla scelta di quanto tempo lavorare, quando l’alternativa è fra avere un reddito più alto (e consumare di più) e disporre di più tempo libero. Il lavoro è un input per la produzione di beni e servizi. Le nuove tecnologie aumentano la produttività del lavoro. Qual è l’effetto sulla qualità della vita? Quali sono le conseguenze sulla scelta tra lavoro e tempo libero dei lavoratori?  Per la maggior parte dei paesi, la qualità della vita è aumentata notevolmente dal 1870;  La produttività del lavoro è aumentata drasticamente;  La durata di una giornata lavorativa è andata progressivamente riducendosi (perché?);  Ma ci sono differenze nella distribuzione del reddito e del tempo libero tra i paesi (perché?); Un modello per spiegare le differenze In molti paesi vi è stato un drastico miglioramento delle condizioni di vita dal 1870 a oggi. 11 Tuttavia, in alcuni di essi le persone hanno continuato a lavorare duramente come prima consumando di più, mentre in altri è aumentato il tempo libero. Perché? Proveremo a dare una risposta a questa domanda studiando un problema economico fondamentale — quello della scarsità — ovvero il modo in cui effettuiamo le nostre scelte quando non possiamo avere tutto ciò che vorremmo, ad esempio sia il tempo libero sia i beni di consumo. ESEMPIO: VOTO E ORE DI STUDIO Questo è uno studio eseguito da degli psicologi: hanno visto che gli studenti che studiavano poco avevano un voto medio di 3.36, chi studiava meno aveva un voto medio più basso. Come studenti, ogni giorno fate una scelta: quante ore studiare. Lo studio trova una debole correlazione positiva tra voto e tempo di studio (debole perché la differenza di media non è tanta). Ma questo è un ottimo esempio del perché bisogna stare attenti quando si fa l’ipotesi di ceteris paribus (ossia “a parità di altre condizioni”): fare un’analisi di ceteris paribus significa andare a controllare per tutta una serie di fattori che possono influenzare la qualità del tempo intrapreso per studiare. La scelta dipende da tanti fattori: quanto vi piace studiare, le vostre competenze, cosa fanno i vostri colleghi, l’ambiente in cui studiate (per esempio, biblioteca vs. luogo affollato). Se andiamo a controllare per il tipo di ambiente di studio: Se l’ambiente di studio è adatto, chi studia di più ottiene un voto superiore, ma studiare tanto ripaga anche chi lo fa in un ambiente poco adatto. Questa relazione non era chiara finché non abbiamo considerato l’ambiente di studio. Ceteris paribus, sulla base dell’evidenza empirica assumiamo una relazione positiva tra i voti e le ore di studio. Funzione di produzione La funzione di produzione mostra come gli input (per esempio il lavoro) possono essere trasformati in output (per es., beni e servizi), tenendo costanti tutti gli altri fattori della produzione e gli elementi che possono influenzarla (per es., l’ambiente in cui si svolge). Qui, la funzione di produzione illustra come la quantità di tempo dedicato a studiare (il suo input di lavoro) si traduca in un voto finale (il suo output). 12 Possiamo calcolare la produttività media dello studente. Se studia 4 ore al giorno, conseguirà un voto pari a 50. La produttività media, quanto in media un’ora di studio al giorno permette di ottenere in termini di voto, è 50/4 = 12,5. Nella figura, la produttività media corrisponde all’inclinazione della retta che collega il punto della curva che corrisponde a quattro ore di studio (il punto A) con l’origine degli assi. In ogni punto sulla funzione di produzione, la produttività marginale è l’aumento del voto che si ottiene studiando un’ora in più. Esso corrisponde all’inclinazione della funzione di produzione. La funzione di produzione diventa tanto più piatta quanto più ore egli passa studiando. Significa che la produttività marginale di un’ora addizionale di studio è decrescente quando ci si muove lungo la curva. Il modello si basa sull’idea che un’ora addizionale di studio aiuti molto se uno sta studiando poco, ma faccia molto meno se uno sta già studiando tanto. Cosa ci racconta la funzione di produzione? 1. Prodotto marginale La variazione dell’output causata dall’uso di una unità addizionale di input (misurato in un ogni dato punto della “scala produttiva e tenendo costanti tutti gli altri input e le condizioni della produzione) 2. Prodotto medio Quantità di output realizzata in media per ogni unità di input utilizzata. 13 Il prodotto marginale dello studio Il prodotto marginale dello studio è decrescente! Anche il prodotto medio. Ok studiare di più, ma senza esagerare. Le preferenze Con una funzione di produzione come quella illustrata finora, quante ore sceglie di studiare lo studente? La risposta dipende dalle sue preferenze → Il modo in cui ordiniamo tra loro un insieme di possibili esiti, in base al fatto che li riteniamo più o meno desiderabili. Se per lo studente l’unica cosa importante è il voto, studierà 15 ore. Se per lo studente contano anche altre cose, si pone un trade-off. Le curve di indifferenza mostrano tutte le combinazioni di voto e tempo libero che garantiscono allo studente la stessa soddisfazione. Per ogni possibile scelta, esiste un insieme di curve di indifferenza, a ciascuna delle quali corrisponde un certo livello di soddisfazione. Più ci si allontana dall’origine degli assi e più è alta la soddisfazione. Non tutte le combinazioni che lo studente potrebbe desiderare sono realizzabili. Curve di indifferenza La scelta dipende dalle preferenze. La curva di indifferenza mostra tutte le combinazioni di beni che danno all’individuo la stessa utilità (soddisfazione). La pendenza della curva di indifferenza è il tasso marginale di sostituzione e rappresenta le scelte che fronteggia l’individuo. 14 Guardiamo meglio il grafico per capire la scelta: il punto A è superiore al punto B, perché corrisponde a una maggiore quantità di tempo libero a parità di voto. Ma tra A e D, quale punto sceglierà lo studente? La soddisfazione è la stessa, perché entrambi i punti si trovano sulla medesima curva di indifferenza. Quanti punti si è disposti a sacrificare per avere un’ora di tempo libero in più? Quanto tempo libero si è disposti a sacrificare per avere un voto migliore? Riepilogo sulle curve di indifferenza Le curve di indifferenza sono inclinate negativamente. Curve di indifferenza più alte sono associate a livelli più elevati di utilità. Man mano che ci allontaniamo dall’origine, più in alto e più a destra nel grafico, passiamo a combinazioni con una maggiore quantità di entrambi i beni. Le curve di indifferenza solitamente sono “lisce”: significa che piccoli cambiamenti delle quantità di beni non provocano grandi cambiamenti nell’utilità. Le curve di indifferenza non si incrociano. Man mano che ci spostiamo verso destra lungo una curva di indifferenza la pendenza si riduce (la curva diventa più piatta). Utilità marginale decrescente Abbiamo disegnato le curve di indifferenza via via più piatte perché sembra ragionevole presumere che maggiore è il tempo libero a disposizione dello studente, e quindi più basso il suo voto finale, minore sarà la sua disponibilità a sacrificare ulteriori punti di voto finale in cambio di tempo libero; il suo saggio marginale di sostituzione sarà cioè più basso. Più abbiamo di un bene, e più siamo disposti a sacrificarne una quota per avere un po’ di più di un altro bene. L’utilità di una unità addizionale di tale bene sovrabbondante è via via più bassa. Costo opportunità Le scelte sono limitate da vincoli e implicano dei trade off (alternative). Nell’esempio dello studio, l’alternativa è tra voti più alti e più tempo libero. Quando si considera il costo dell’azione A teniamo conto del fatto che se scegliamo A non possiamo scegliere B. Quindi, non ottenere B diventa parte del costo di ottenere A. Parliamo appunto di costo opportunità, ovvero rinuncia all’opportunità di ottenere B. Il costo opportunità di un’azione è il beneficio netto che si potrebbe trarre dall’azione alternativa più conveniente. La frontiera delle possibilità produttive La frontiera delle possibilità mostra il massimo output ottenibile data una certa quantità di input (nel caso in cui questi siano combinati nel migliore dei modi possibili). Il tasso marginale di trasformazione è la pendenza della frontiera delle possibilità e rappresenta i trade-off che dobbiamo affrontare ogni giorno (più tempo libero o voti più alti?). 15 PRENDERE DECISIONI IN CONDIZIONI DI SCARSITÀ La scelta vincolata La figura nella prossima slide mette insieme la frontiera delle possibilità e le curve di indifferenza. Ricordiamo che le curve di indifferenza indicano le preferenze dello studente, e la loro inclinazione rappresenta il modo in cui egli valuta l’alternativa (il trade off) che ha di fronte. La frontiera delle possibilità è il vincolo alla sua scelta, e la relativa inclinazione mostra il trade off al quale egli è costretto nel compierla. La migliore delle situazioni possibili si avrà nel punto in cui il prezzo relativo delle due alternative (la quantità di uno dei due beni cui lo studente è costretto a rinunciare per avere una unità dell’altro) coincide esattamente con il modo in cui lo studente valuta un bene rispetto all’altro. In tale punto, il saggio marginale di sostituzione (SMS) è uguale al saggio marginale di trasformazione (SMT). Come abbiamo detto, il SMS è la pendenza della curva di indifferenza. Il SMT è la pendenza della frontiera delle possibilità. Sul grafico, dov’è che sono uguali? Nel punto di tangenza. 16 LE CONSEGUENZE DEL PROGRESSO TECNOLOGICO Ottimizzazione vincolata Applichiamo ora il modello di scelta vincolata a un agricoltore autosufficiente che deve scegliere quante ore lavorare. Ipotizziamo che produca il grano che mangia senza venderlo o acquistarlo da altri. Se producesse troppo poco grano, morirebbe di fame. L’agricoltore affronta un problema di scarsità: deve scegliere tra consumo di grano e consumo di tempo libero. Per capire la sua scelta, e come essa sia influenzata dal progresso tecnico, abbiamo bisogno di un modello che rappresenti le sue preferenze e la sua funzione di produzione. Un miglioramento tecnologico consente di produrre più grano con la stessa quantità di lavoro (o la stessa quantità di grano con minore lavoro). La produttività marginale è più alta e PF new è più ripida. Dal punto di vista del consumatore è possibile consumare la stessa quantità di grano aumentando il tempo libero. O consumare più grano con lo stesso tempo libero. Si è alzata la frontiera (a dx). Aggiungendo alla frontiera delle possibilità (la figura a dx nella slide precedente) le curve di indifferenza, possiamo rappresentare graficamente la scelta ottimale dell’agricoltore. Questo è il punto di tangenza nel quale i due trade-off si bilanciano: nel quale cioè il saggio marginale di sostituzione fra grano e tempo libero (la pendenza della curva di indifferenza) è uguale al saggio marginale di trasformazione (la pendenza della frontiera delle possibilità). Che succede quando cambia la frontiera delle possibilità? Il progresso tecnologico consente di consumare di più e avere più tempo libero. La scelta della combinazione preferita di consumo/tempo libero dipende dalle preferenze e dalla volontà di sostituire un bene con un altro (consumare di più sacrificando del tempo libero, o lavorare di meno sacrificando un po’ di consumo). 17 REDDITO ED EFFETTI DI SOSTITUZIONE Il vincolo di bilancio Ipotizziamo che la nostra spesa (per il consumo di cibo, alloggio, e altri beni e servizi), non possa superare i nostri guadagni (ad esempio perché non possiamo prendere denaro a prestito). Se indichiamo con w il salario orario, e con t il numero di ore di tempo libero al giorno, le ore di lavoro sono (24− ), e il livello massimo dei nostri consumi, c, è dato: = (24− ) Questa equazione è il vincolo di bilancio, che mostra quanto possiamo permetterci di acquistare. Unendo i punti corrispondenti ai valori indicati nella tabella, otteniamo una linea retta inclinata negativamente: questa è la rappresentazione grafica del vincolo di bilancio, la cui equazione è la seguente: = 15∙(24− ) I vincoli di bilancio sono la frontiera delle possibilità per le scelte di consumo. La pendenza del vincolo di bilancio corrisponde al salario. La scelta ottimale si realizza dove la pendenza della curva di indifferenza (SMS) eguaglia il salario, che dal punto di vista del consumatore è il tasso marginale di trasformazione (SMT). Effetto reddito ed effetto sostituzione Variazioni del salario cambiano la pendenza del vincolo di bilancio (MRT). Considerate un aumento del salario. Ha due effetti:  Aumenta i guadagni complessivi, a parità di ore di lavorate (effetto reddito);  Aumenta il costo opportunità del tempo libero (effetto sostituzione). 18 Effetto reddito Effetto reddito → La variazione nella scelta ottimale che si verifica quando cambia il reddito, a parità di costo opportunità (espresso, nel grafico, dalla pendenza del vincolo di bilancio). Un aumento del salario comporta un reddito per ora di lavoro più alto → si determina un incentivo a diminuire le ore di lavoro. Effetto sostituzione Effetto sostituzione → Il cambiamento nella scelta ottimale che si verifica quando varia il costo opportunità in corrispondenza del nuovo livello di utilità. Un aumento del salario aumenta il costo opportunità del tempo libero → si ha un incentivo ad aumentare le ore di lavoro. Effetto complessivo sull’offerta di lavoro Effetto complessivo sulle ore di tempo libero domandate dal lavoratore/consumatore → Effetto reddito + Effetto sostituzione. L’effetto reddito è positivo: aumentano le ore di tempo libero (perché per ottenere lo stesso salario è sufficiente lavorare meno). L’effetto sostituzione è negativo: aumenta il costo opportunità del tempo libero e quindi si ha un incentivo a lavorare di più: diminuiscono le ore di tempo libero. 19 In presenza di curve di indifferenza della tipica forma convessa, è probabile che l’effetto sostituzione sia sempre negativo: con un costo opportunità del tempo libero più elevato sceglieremo sempre un punto sulla curva di indifferenza con un più elevato SMS, ossia una combinazione con meno tempo libero (e più consumo). L’effetto complessivo di un aumento salariale dipende dalla somma dell’effetto reddito e dell’effetto di sostituzione. Nella figura precedente, l’effetto di sostituzione negativo è maggiore dell’effetto reddito positivo, per cui l’ammontare di tempo libero si riduce. APPLICAZIONE AL CAMBIAMENTO TECNOLOGICO La tecnologia permette di produrre di più, aumentano i salari e cambia l’inclinazione del vincolo di bilancio che diventa più ripida. C’è stato un forte effetto reddito (per ogni ora guadagniamo di più e quindi abbiamo un incentivo a più tempo libero). C’è anche però un effetto sostituzione che riporta un po’ verso sinistra. La variazione totale è data dalla freccia verde. Abbiamo diversi Paesi che decidono di avere più o meno tempo libero e disponibilità di consumo. Le differenze nelle ore che vengono lavorate sono spiegate anche nelle differenze di preferenze tra consumo e tempo libero. Queste derivano da fattori culturali (norme sociali), istituzionali (limiti di legge sulle ore di lavoro) o sociali (mantenere un livello di vita simile a quello dei vicini, non meno). Il modello è buono ma non è completamente realistico: le persone non calcolano davvero i propri SMS e SMT. La maggior parte delle persone inoltre non può scegliere il proprio orario di lavoro (esclusi lavori a cottimo). Tuttavia, è comunque una buona approssimazione che in maniera sintetica ci spiega come si decide quanto lavorare e quanto tempo libero tenere: nel tempo, le persone imparano quale combinazione di ore di lavoro e tempo libero soddisfa meglio i loro bisogni. Le ore di lavoro possono cambiare per fattori culturali (differenze nelle preferenze tra diversi paesi), istituzionali e politici (si tratta di scelte «indirette» da parte dei lavoratori/consumatori: differenze nelle legislazioni, nella forza contrattuale e negli obiettivi dei sindacati). Il modello aiuta comunque a comprendere dei fenomeni reali senza costruire una modellizzazione troppo complessa: le preferenze e gli effetti reddito e sostituzione aiutano a spiegare le differenze nelle ore lavorate e nel tempo. Una certa mancanza di realismo è quindi una caratteristica intenzionale di un modello, non un suo difetto, in quanto i modelli ci aiutano a “vedere meglio guardando meno cose”. Riassumendo abbiamo considerato: 1. Semplice modello di scelta in condizioni di scarsità → Le curve di indifferenza rappresentano le preferenze. La frontiera delle possibilità rappresenta i vincoli alla scelta. La scelta che massimizza l’utilità si verifica dove MRS = MRT. 20 2. Uso del modello per spiegare gli effetti del progresso tecnologico sull’offerta di lavoro → Effetto complessivo = Effetto reddito + Effetto sostituzione. Limiti del modello: omette alcuni fattori importanti. Capitolo 4 LE INTERAZIONI SOCIALI I modelli che abbiamo visto finora non dipendono dalle decisioni altrui, e in generale dalle interazioni con gli altri. Persone motivate solo dalla soddisfazione del proprio interesse possono produrre risultati che beneficiano la società intera (pensate per esempio all’imprenditorialità e l’innovazione). Tuttavia, la tendenza a fare il proprio interesse può anche essere dannosa per la società. Un freno ai comportamenti auto interessati può essere posto, in nome dell’interesse generale, sia dallo Stato (imponendo limiti alle azioni permesse) sia dagli altri individui coinvolti nell’interazione (punendo le azioni che portano a esiti indesiderabili). I dilemmi sociali Per capire queste dinamiche si usa lo strumento della teoria dei giochi per modellizzare le interazioni sociali e spiegare i «dilemmi sociali». Il dilemma sociale è una situazione in cui le azioni intraprese da individui «auto interessati» si traducono in un risultato socialmente sub-ottimale (non ottimale), cioè che comporta un benessere sociale inferiore a quello che si potrebbe raggiungere se le persone tenessero conto delle conseguenze delle proprie azioni per la collettività (per esempio, uso di combustibili fossili e cambiamento climatico). I dilemmi sociali si verificano quando le persone non tengono pienamente conto delle conseguenze delle proprie azioni sugli altri. In economia, si dice che le persone non «internalizzano» nel loro processo decisionale i costi e i benefici sociali delle proprie azioni. Esempi di questi fenomeni sono:  La tragedia delle risorse comuni → le risorse comuni sono spesso oggetto di ipersfruttamento (come l’atmosfera terrestre o le riserve ittiche).  Free riding (scroccone) → quando una sola persona, o gruppo di persone, sopporta il costo di una scelta e tutti gli altri beneficiano delle sue conseguenze (es una persona prende appunti e tutti gli altri usano i suoi senza sforzi). L’altruismo, più in generale le norme sociali e le politiche pubbliche aiutano a risolvere i dilemmi sociali. I concetti sviluppati nell’ambito della teoria dei giochi possono essere utilizzati per studiare le interazioni sociali. TEORIA DEI GIOCHI: CONCETTI DI BASE Interazioni sociali e strategiche Interazione sociale → situazioni che vedono coinvolti due o più individui e in cui le azioni di ciascuno influenzano sia il proprio risultato sia quello ottenuto dagli altri. Interazione strategica → un’interazione sociale in cui le persone sono consapevoli dell’effetto delle proprie azioni sugli altri. Strategia → l’azione o la sequenza di azioni che una persona intraprende nel corso di una interazione sociale, cioè quando è consapevole della reciproca dipendenza che intercorre tra le sue decisioni e le scelte altrui. I risultati 21 dell’interazione non dipendono solo dalle azioni di quell’individuo, ma anche dalle azioni degli altri. I giochi I modelli di interazione strategica sono detti giochi. La teoria dei giochi studia i contesti caratterizzati da interazione sociale strategica. Si hanno:  Giocatori → le persone coinvolte nell’interazione  Strategie disponibili → le azioni che ogni giocatore può intraprendere  Informazione → ciò che sanno i giocatori quando fanno le loro scelte  Payoffs → i risultati di ogni possibile combinazione di azioni ESEMPIO: SCELTA DELLA COLTIVAZIONE Due agricoltori devono decidere in quale coltivazione specializzarsi: il terreno di Anil è più adatto alla coltivazione di manioca, mentre quello di Bala è più adatto al riso. Possono interagire una volta soltanto (one-shot game): - Giocatori → Anil e Bala - Strategie possibili → Riso o manioca - Informazione → Ciascun agricoltore non sa cosa sceglie l’altro. Scelgono in modo indipendente, cioè senza accordarsi tra loro - Payoffs → dipendono dai prezzi di mercato e dalla qualità della terra. Entrambi gli agricoltori vendono il proprio raccolto, qualunque esso sia, al mercato di un villaggio vicino. Minore è la quantità di riso portata al mercato, maggiore sarà il suo prezzo; discorso analogo vale per la manioca La figura illustra l’interazione tra i due agricoltori mediante un modello che chiamiamo gioco. Le possibili scelte di Anil corrispondono alle righe della tabella; quelle di Bala corrispondono alle colonne. Diremo che Anil è il giocatore di riga, mentre Bala è la giocatrice di colonna. Quando un’interazione viene rappresentata mediante una tabella, occorre pensare a ogni casella come al risultato di una situazione ipotetica. I payoff (numeri nella tabella) corrispondono ai redditi che Anil e Bala riceverebbero se fossero scelte le azioni indicate nella riga e nella colonna corrispondenti. I redditi individuali dipendono dai prezzi di mercato, che a loro volta dipendono dalle decisioni dei due agricoltori (il prezzo di ciascuna coltura diminuisce quando essa è offerta sul mercato in maniera sovrabbondante). Scelta ottimale - Risposta migliore → la strategia che comporta il payoff più alto data la strategia giocata dall’altro giocatore. - Strategia dominante → la risposta migliore a tutte le strategie che potrebbe giocare l’altro giocatore (non sempre esiste, ma quando c’è è ragionevole predire che questa sarà la scelta di gioco). - Equilibrio in strategie dominanti → Il risultato di un gioco in cui ognuno gioca la strategia dominante. Risposta migliore: se Bala coltiva riso, la migliore risposta di Anil è coltivare manioca. Strategia dominante: La strategia dominante di Anil è coltivare manioca (qualunque cosa faccia Bala). La strategia dominante di Bala è coltivare riso. Equilibrio di strategie dominanti 22 Quando Anil e Bala giocano entrambi la propria strategia dominante, il risultato è che Anil coltiva manioca e Bala il riso. Se, in un gioco a due giocatori, ciascuno dei due ha una strategia dominante, allora il gioco possiede un equilibrio in strategie dominanti. Poiché sia Anil sia Bala hanno una strategia dominante, la loro scelta non è influenzata da ciò che ciascuno dei due si aspetta che l’altro faccia. Nonostante la scelta di quale pianta coltivare non dipenda da ciò che fanno gli altri, il payoff che ciascun giocatore riceve dipende però dalla decisione dell’altro giocatore. Se ad esempio Anil giocasse la sua strategia dominante (manioca), sarebbe meglio per lui che anche Bala giocasse la sua strategia dominante (riso). Nell’esempio, l’equilibrio in strategie dominanti corrisponde al risultato che ciascun giocatore avrebbe scelto se avesse avuto la possibilità di coordinare le proprie decisioni con l’altro (per giusta divisione del mercato e giusto utilizzo del terreno). Questo è il motivo per cui parliamo di “gioco della mano invisibile”: sebbene ciascun giocatore persegua il proprio interesse in modo indipendente dall’altro, i due sono guidati (come da una mano invisibile) verso un risultato che è nell’interesse di entrambi raggiungere. I problemi economici reali non sono mai così semplici, ma la logica di base è la stessa. Il perseguimento del proprio interesse personale senza riguardo per l’interesse altrui può a volte portare a risultati socialmente desiderabili. Esistono tuttavia anche molti casi in cui il perseguimento del proprio interesse personale porta a esiti che nessun giocatore ha interesse a raggiungere, si tratta del gioco del dilemma del prigioniero. Equilibrio di Nash Un set di strategie (una per giocatore) tale che la strategia di ciascun giocatore è la risposta migliore alla strategia scelta da ogni altro. In un equilibrio di Nash, nessun giocatore ha incentivo a deviare unilateralmente. In un gioco potrebbe esserci più di un equilibrio di Nash. I DILEMMI SOCIALI Terminator e il dilemma del prigioniero Nuovo problema: Anil e Bala devono eliminare i parassiti che minacciano di distruggere le colture. Le strategie possibili sono: - Un pesticida chimico a buon mercato chiamato Terminator, che uccide i parassiti nel raggio di chilometri ma penetra nella falda acquifera che entrambi utilizzano e la inquina. - Una tecnica di controllo integrata (Integrated Pest Control, IPC), che consiste nell’introdurre nel campo degli insetti che si nutrono dei parassiti, che è meno dirompente nel suo effetto. 23 Se solo uno dei due scegliesse Terminator, il danno ambientale rimarrebbe contenuto entro livelli accettabili. L’utilizzatore di Terminator risparmierebbe e godrebbe del fatto che l’altro usa un sistema più ecocompatibile. Ma se entrambi usassero Terminator, la contaminazione dell’acqua diverrebbe un problema serio, tale da rendere necessario l’acquisto di un costoso sistema di filtraggio dell’acqua. Sia Anil sia Bala conoscono le conseguenze delle loro azioni: entrambi sanno che il payoff di ciascuno (il guadagno che otterranno dal raccolto, al netto dei costi derivanti dalla strategia di controllo dei parassiti e dall’eventuale installazione del sistema di filtraggio dell’acqua) dipenderà anche dalla decisione dell’altro. Siamo dunque di fronte a un caso di interazione strategica. Le strategie dominanti di Anil: - se Bala sceglie l’IPC, per Anil è ottimale usare Terminator, che elimina i parassiti a basso costo senza contaminare in modo grave le falde acquifere. - se Bala sceglie Terminator, per Anil è ottimale fare lo stesso: l’IPC, oltre ad essere più costoso, non porterebbe infatti ad alcun risultato, poiché il pesticida chimico di Bala ucciderebbe anche gli insetti benefici. Per Anil, Terminator è la strategia dominante. Idem per Bala, come si vede dalla matrice dei payoff. Anil e Bala finiscono in un equilibrio di Nash dominato da un altro equilibrio (l’equilibrio in strategie dominanti). Non è l'equilibrio ottimale, lo sarebbe se i due si coordinassero e scegliessero entrambi l’IPC (avrebbero ottenuto un payoff più elevato). Ma perché si chiama dilemma del prigioniero? Il nome del gioco deriva da una storia di fantasia nella quale le due partecipanti al gioco, Thelma e Louise, sono state arrestate con l’accusa di aver commesso un crimine. Le loro possibili strategie consistono: - nell’accusare la complice del crimine commesso (accusa) - oppure negare tutto (nega). Se entrambe negano, entrambe saranno rilasciate dopo un breve periodo di detenzione. Se una delle due accusa l’altra mentre l’altra nega, l’accusatrice verrà scarcerata immediatamente, ma l’accusata sarà condannata a dieci anni di carcere. Se entrambe si accusano a vicenda, entrambe verranno condannate ma, quale premio per la loro collaborazione, gli anni di carcere sono ridotti a cinque. Di nuovo, tutti i giocatori possiedono una strategia dominante (in questo caso, “accusa”). Ma quando tale strategia viene scelta da entrambi, l’esito a cui si giunge è peggiore di quello che si sarebbe ottenuto se avessero agito diversamente (scegliendo “nega”). Ora, si tratta di un esempio ipotetico. Ma nella vita reale si determinano spesso situazioni in cui, se tutti cooperassero, si raggiungerebbe un equilibrio migliore. Eppure, gli incentivi portano spesso i «giocatori» a defezionare. 24 Cooperazione vs. Defezione Nei modelli economici, la strategia mutualmente vantaggiosa (in Thelma & Louis, “nega”) viene generalmente indicata come “cooperazione”, mentre la strategia dominante è nota come “defezione”. La scelta di cooperare non implica tuttavia che i giocatori si riuniscano per discutere il da farsi; essa corrisponde a ciò che i due otterrebbero se potessero mettersi d’accordo per raggiungere il miglior risultato possibile. Le regole del gioco però prevedono quasi sempre che ciascun giocatore decida la propria strategia autonomamente e indipendentemente dall’altro. In effetti è in questo modo che avviene la maggior parte delle transazioni nel mondo reale. Perché si finisce in equilibri dominati? 1. Nessuno dei giocatori assegna alcun valore al payoff dell’altro giocatore, così da tenere conto delle ripercussioni che le proprie azioni possono avere sull’altro (gli agenti non tengono conto delle esternalità). 2. Non è contemplata la possibilità di far pagare all’agricoltore che utilizza l’insetticida i danni cagionati ad altri soggetti (non ci sono mezzi per costringere o incentivare i giocatori a internalizzare le esternalità, cioè non ci sono istituzioni). 3. I giocatori non hanno la possibilità di accordarsi sul da farsi (cioè non sono contemplate interazioni all’infuori del contesto strategico; per esempio, una chiacchierata): se fossero in grado di farlo, potrebbero semplicemente decidere di escludere Terminator e utilizzare entrambi l’IPC. Quando, in aula o negli esperimenti di laboratorio, si chiede agli studenti di giocare un dilemma del prigioniero una sola volta (one shot), non è raro osservare (anche quando sono in gioco somme di denaro considerevoli) che la metà o più dei partecipanti scelga la cooperazione invece della defezione, anche quando le strategie dominanti imporrebbero di scegliere la defezione a giocatori interessati esclusivamente al proprio payoff monetario. Le persone cooperano più spesso di quanto vorrebbe la teoria, si tratta di altruismo. L’ALTRUISMO Preferenze sociali: l’altruismo Se un individuo è disposto a sostenere un costo pur di aiutare un’altra persona, si dice che egli ha preferenze altruistiche. In questo caso, le persone tengono conto del «costo sociale» delle proprie azioni. Pertanto, si comportano come se aggiungessero tale costo al proprio vincolo di bilancio, e compiono le scelte massimizzanti compatibili con esso. Nell’esempio, Anil sarebbe disposto a rinunciare a un’unità del proprio payoff pur di non imporre a Bala un costo pari a due unità di payoff. Per Anil, il costo opportunità di scegliere l’IPC a fronte della scelta di Bala di usare l’IPC sarebbe infatti pari a uno (è pari cioè al payoff a cui Anil rinuncerebbe non utilizzando Terminator); Anil agirebbe dunque altruisticamente, sostenendo un costo pur di aumentare di due unità il benessere di Bala. Preferenze altruistiche nel dilemma del prigioniero Nel gioco di Anil e Bala, l’interazione conduceva a un esito sfavorevole anche perché nessuno dei due teneva conto dei costi imposti all’altro con le proprie azioni. La scelta di combattere i parassiti con il Terminator rappresentava un comportamento da free rider nei confronti di chi si fosse impegnato a evitare l’inquinamento delle falde acquifere utilizzando l’IPC. Ma il risultato si modifica se ipotizziamo che esistano strumenti per ottenere il risarcimento dei danni. 25 BENI PUBBLICI, OPPORTUNISMO E GIOCHI RIPETUTI Il problema del free riding Se le persone si occupano una dell’altra, i dilemmi sociali sono più facili da risolvere. Molti agricoltori del Sud-est asiatico usano sistemi di irrigazione condivisi. Ciascun impianto richiede una costante manutenzione e nuovi investimenti, i cui benefici vanno a vantaggio dell’intera comunità. Ogni agricoltore deve decidere quanto contribuire sapendo che, in mancanza di un suo contributo volontario, altri dovrebbero comunque svolgere il lavoro (tutti hanno un incentivo a non contribuire, ovvero al free riding, facendo spendere soldi agli altri ma approfittando comunque dell'irrigazione). Supponiamo che quattro agricoltori debbano decidere se contribuire o meno alla manutenzione dell’impianto di irrigazione. Per ciascun giocatore, il costo di contribuire al progetto è pari a 10 $. Quando un agricoltore contribuisce, per effetto dell’irrigazione ciascuno dei quattro beneficia di un aumento del raccolto pari a 8 $. Diremo che il contributo al progetto di irrigazione è un bene pubblico, perché quando un individuo sostiene il costo per la sua fornitura tutti ne traggono vantaggio. Bene pubblico → bene il cui consumo da parte di un individuo non ne impedisce il consumo da parte di altri individui, perché quando un individuo sostiene il costo per la sua fornitura tutti ne traggono vantaggio. I beni pubblici sono non escludibili e non rivali. Consideriamo ora la decisione che deve prendere Kim, uno dei quattro agricoltori. La figura mostra come la sua decisione dipenda dal suo guadagno totale, ma anche dal numero di agricoltori che decidono di contribuire alla manutenzione dell’impianto. Il gioco del bene pubblico Siamo di fronte a una versione del dilemma del prigioniero con più di due giocatori: il gioco del bene pubblico. Se gli agricoltori sono interessati unicamente al proprio payoff monetario, nell’equilibrio in strategie dominanti nessuno contribuisce e il payoff di tutti è zero. D’altra parte, se tutti contribuissero, ciascuno otterrebbe un payoff pari a 22 $. Ciascun giocatore trarrebbe dunque beneficio dalla cooperazione di tutti, ma starebbe meglio agendo da free rider, indipendentemente da quello che fanno gli altri. Se, ad esempio, due degli altri agricoltori contribuissero, Kim riceverebbe un beneficio pari a 8 $ dal contributo di ciascuno di essi. Se Kim non contribuisse, il suo payoff totale, rappresentato in rosso, sarebbe pari a 16 $. Se decidesse di contribuire, ciascun giocatore (Kim inclusa) riceverebbe un beneficio addizionale pari a 8 $. Contribuire al progetto le costerebbe però 10 $; il suo payoff totale, rappresentato in blu, sarebbe quindi pari a 14 $. L’altruismo potrebbe aiutare a risolvere il problema: se Kim tenesse in considerazione il benessere degli altri agricoltori, potrebbe voler contribuire al progetto di irrigazione. Ma quando un gioco del bene pubblico coinvolge un gran numero di persone, la probabilità 26 che l’altruismo sia sufficiente a sostenere un risultato mutuamente vantaggioso è molto più bassa. Si ricade così in problemi di coordinamento. I giochi ripetuti Le preferenze sociali forniscono una parziale spiegazione del perché le comunità evitino di incorrere in tragedie dei beni comuni. Vi sono però anche altri modi per scoraggiare i comportamenti opportunistici. Comportarsi da free rider, sfruttando opportunisticamente gli sforzi degli altri membri della comunità, non è necessariamente indolore. Se le interazioni sociali sono durature, anziché one-shot, la reputazione conta. La ripetizione di un gioco nel tempo può cambiare l’esito dell’interazione. Immaginiamo che Bala giochi IPC. Anil potrebbe pensare: - Se Bala oggi gioca IPC, allora forse lo farà anche in futuro. Quindi posso scegliere anche io IPC senza timore che lei cambi idea → si va verso un equilibrio più alto. - Oppure: se Bala gioca IPC, a me nell’immediato conviene giocare Terminator. Ma se Bala se ne accorge giocherà anche lui Terminator, e allora non mi conviene fare il free rider! Capitolo 5 LE ISTITUZIONI Le istituzioni, o regole del gioco Istituzioni o regole del gioco: insieme di regole scritte (leggi) e non scritte (usi e costumi, tradizioni, norme sociali) che regolano sia le interazioni tra gli individui di una collettività determinando obblighi, divieti e incentivi sia la ripartizione dei relativi risultati. Le regole del gioco influenzano il modo in cui il gioco viene giocato: quando cambiano le regole, cambia l’esito del gioco (per es., ripetizione del gioco). Le istituzioni, quindi, possono influenzare il risultato delle interazioni tra individui. Potere Stabilendo ciò che ciascuno può fare e come sono distribuiti i guadagni, le istituzioni determinano anche il potere degli individui coinvolti nell’interazione. Potere: capacità di un individuo di ottenere ciò che desidera quando questo contrasta con le intenzioni degli altri. Nei modelli economici il potere si esercita principalmente in due modi: 1. Fissando i termini dello scambio con offerte del tipo prendere-o-lasciare; 2. Imponendo o minacciando costi elevati alla controparte se questa non compie azioni che vanno a beneficio di colui che detiene il potere. Esempio: Supponiamo che il proponente ha tutto il potere negoziale e il rispondente abbia solo la possibilità di prendere atto e accettare quanto gli viene offerto (tratta degli schiavi, in passato, e traffico di esseri umani oggi). In una società democratica che adotta un sistema economico capitalista, le istituzioni servono anche a proteggere le persone dalla violenza e dalla coercizione, assicurando che la maggior parte delle interazioni economiche siano volontarie. Ma oggi sappiamo che non è così, altrimenti non avverrebbe lo sfruttamento della prostituzione. Ma in generale le istituzioni hanno il compito di gestire il potere e di evitare che ci siano persone poste in condizioni senza possibilità di scelta. VALUTARE LE REGOLE E I RISULTATI DEL GIOCO Efficienza paretiana Qualunque sia il gioco, abbiamo bisogno di strumenti di analisi che siano in grado sia di descrivere ciò che accade, sia di valutare il risultato dell’interazione - è migliore o peggiore delle possibili alternative? Il primo problema concerne fatti concreti; il secondo riguarda giudizi di valore. Pertanto, come facciamo a dire se una soluzione è migliore dell’altra? Dobbiamo distinguere due dimensioni differenti: 1) risultato efficiente (efficienza paretiana) da un punto di vista economico? 2) il risultato è giusto secondo i nostri criteri? 27  L’esito di una interazione economica è detto allocazione: ripartizione delle risorse di un sistema economico (non solo i beni materiali, anche il tempo, l’impegno, ecc.) tra i diversi usi e i diversi individui. Quali sono le possibili allocazioni nel caso di Anil e Bala? Riguardando il dilemma del prigioniero notiamo che vi sono diverse combinazioni di Terminator e IPC che danno differenti pay off. Un altro modo di rappresentarle è di mettere sull’asse orizzontale i pay off di Anil e sull’altro asse quello di Bala e poi rappresentiamo le 4 combinazioni su un piano cartesiano. Avremo: 1) il caso in cui entrambi prendono il 3 e lo chiamiamo I, I; 2) caso in cui Anil usa Terminator e Bala usa IPC → avremo 4 per Anil e 1 per Bala e lo chiamiamo T, I; 3) Bala usa Terminator e Anil usa IPC, avremo I, T; 4) infine, abbiamo il caso che corrisponde all’equilibrio in cui si finisce ma allo stesso tempo offre un pay off inferiore ad entrambi, ovvero entrambi usano Terminator → posizione 2,2 e si chiama TT. In questo modo abbiamo rappresentato il pay off di quanto sta bene Anil o Bala, ma come possiamo interpretare questi grafici? Tutto quello che si trova in alto a dx di ciascun punto, sono i punti che entrambi preferirebbero perché entrambi starebbero meglio. Se da T,T ci spostiamo a I,I si vede che entrambi stanno meglio. Quindi il rettangolo azzurro in alto a dx rappresenta le combinazioni che fanno stare meglio entrambi. Ogni volta che confrontiamo l’area in alto a dx con l’allocazione e con le altre allocazioni possibili possiamo stabilire un ranking tra le diverse allocazioni. In questo caso l’allocazione migliore è 3,3 (I,I) perché entrambe hanno un pay off migliore. Quindi I, I essendo preferito da entrambi corrisponde a una allocazione detta Pareto efficiente: ovvero nessuno può migliorare la propria condizione senza provocare un peggioramento della condizione di qualcun altro.  Criterio paretiano: un’allocazione è desiderabile se è efficiente in senso paretiano (o Pareto efficiente). Usiamo il criterio paretiano per confrontare le quattro allocazioni possibili nel gioco della disinfestazione. Un’allocazione Pareto efficiente è generalmente percepita come desiderabile e il concetto di efficienza paretiana è ampiamente diffuso in economia. Va tuttavia utilizzato con attenzione, tenendo conto delle seguenti considerazioni: a. Spesso più di una allocazione risulta essere Pareto efficiente b. Il criterio di Pareto non permette di stabilire quale, tra le allocazioni Pareto- efficienti, sia maggiormente desiderabile. Le allocazioni (I, I), (I, T) e (T, I), ad esempio, non sono Pareto ordinabili 28 c. Il fatto che un’allocazione sia Pareto-efficiente non implica che vi sia consenso tra gli agenti sulla sua realizzazione. L’allocazione ottenuta quando Anil utilizza IPC mentre Bala fa freeriding usando Terminator è Pareto-efficiente, ma potremmo pensare — e Anil con noi — che sia ingiusta d. L’efficienza paretiana non ha nulla a che vedere con la «giustizia» e. L’allocazione (T, I) è Pareto-efficiente, mentre (T, T) non lo è Il criterio di Pareto, tuttavia, non fornisce informazioni su quale tra esse sia la migliore. Equità sostanziale e procedurale La giustizia è un altro criterio per valutare le allocazioni. Equità sostanziale: criterio di valutazione della bontà di un esito sulla base delle sue caratteristiche, a prescindere da come è stato raggiunto. I giudizi di equità sostanziale si basano sull’analisi del livello di disuguaglianza che riguarda alcuni aspetti particolarmente rilevanti della vita. - Reddito: il corrispettivo in denaro (o in qualche forma equivalente) che ciascuno individuo può ottenere in base ai beni e ai servizi di mercato che ha a sua disposizione. - Felicità: gli economisti hanno sviluppato diversi indicatori per misurare il benessere individuale. - Libertà: la misura in cui si può scegliere di agire (o essere) senza limiti imposti dagli altri. Equità procedurale: misura di equità dei processi che ci hanno portato a una certa allocazione. L’equità procedurale può essere valutata in base a diversi criteri. a. La proprietà dei beni è stata acquisita attraverso scambi volontari e con mezzi legittimi? → Le azioni che hanno determinato l’allocazione sono dovute a libere scelte degli individui coinvolti, per esempio comprare o vendere beni di cui si è entrati in possesso tramite eredità, acquisto o proprio lavoro? Oppure sono frutto di frode o coercizione? b. Sono garantite uguali opportunità di accesso? → Le persone hanno avuto uguali opportunità di acquisire un’adeguata porzione della torta da dividere? O sono stati vittima di una qualche forma di discriminazione, o altro svantaggio, a causa della loro razza, sesso, gusti, genere, o stato familiare? c. Quanto il risultato è stato meritato? → Le regole del gioco che determinano l’allocazione tengono conto dell’impegno dell’individuo e del suo rispetto delle norme sociali? Gli economisti possono definire dei criteri su che cosa è equo o non equo ma la valutazione nel merito dipende da quelle che sono le istituzioni e la cultura di un paese.  Per rendere la società più equa, preferireste avere una maggiore uguaglianza in termini di reddito, felicità o libertà?  Secondo voi, da cosa dipende la distribuzione attuale di queste grandezze? È una questione di merito? O c’entra anche la fortuna? O una combinazione delle due?  Esiste qualcos’altro che dovrebbe essere distribuito in modo più eguale per ottenere una maggiore equità in questa società? L’approccio di John Rawls Imparzialità: l’equità dovrebbe applicarsi a tutti nello stesso modo. Per giudicare si deve seguire l’approccio di Rawls, ovvero si deve essere imparziali immaginando un velo di ignoranza. Dovremmo scegliere quale società vogliamo immaginandoci dietro un velo di ignoranza, cioè senza conoscere la posizione che occuperemmo. Potremmo essere maschi o femmine, in salute o malati, ricchi o poveri (o con genitori ricchi o poveri), in un gruppo etnico dominante o di minoranza e così via. Economia ed equità L’economia non è in grado di stabilire cosa sia giusto (cosa è giusto viene stabilito dalle Istituzioni), ma può chiarire: 29 1. In che modo le istituzioni possono influenzare l’eguaglianza. 2. I trade-off fra i vari profili di equità. Ad esempio, dobbiamo scendere a compromessi sull’uguaglianza del reddito se vogliamo anche uguaglianza delle opportunità? 3. Le politiche pubbliche per affrontare le problematiche collegate all’uguaglianza e alla disuguaglianza. ISTITUZIONI E DISUGUAGLIANZE Misurare la disuguaglianza Curva di Lorenz: mostra l’estensione delle disuguaglianze (nella distribuzione della risorsa) e consente di effettuare confronti tra diverse distribuzioni del reddito. Asse verticale: risorsa → quota cumulata di terra Asse orizzontale: popolazione → ordinata in base alle % di terra che possiede In questo grafico osserviamo un paese squilibrato, dove un 10% della popolazione ha tutta la terra e per questo la curva di Lorenz è molto schiacciata verso gli assi. Se, invece, ci trovassimo di fronte a una situazione dove il primo possiede un 1%, il secondo anche e così via saremmo su un percorso di perfetta uguaglianza della distribuzione della terra. Perfetta uguaglianza: corrisponde alla retta di 45° Perfetta disuguaglianza: angolo retto Curve al centro danno indicazioni sulla disuguaglianza nella distribuzione della terra o del reddito di un’economia L’altezza della curva in ciascun punto (e quindi il valore assunto sull’asse verticale) indica la frazione del reddito totale posseduta dalla corrispondente frazione di popolazione sull’asse orizzontale. Coefficiente di Gini: misura la disuguaglianza, approssimata come deviazione dalla curva di Lorenz che esprime uguaglianza perfetta. È il rapporto tra l’area A, compresa tra la curva di Lorenz e la linea di perfetta uguaglianza, e l’area (A+B), ovvero il triangolo sotto la bisettrice del primo quadrante. Il coefficiente di Gini varia tra 0 (uguaglianza perfetta) e 1 (massima disuguaglianza). Questo indicatore con un solo numero ci permette confrontare paesi diversi. 30 Affrontare la disuguaglianza Cosa può fare un governo per affrontare la disuguaglianza? Si può avvalere di politiche redistributive che possono portare a una distribuzione più equa del reddito disponibile (esempio: spostare la curva A da una posizione più esterna a una più interna e quindi ridurre Gini). Bisogna confrontare il coefficiente di Gini non calcolato sul reddito di mercato (quello che viene dato in media agli individui) ma sul reddito disponibile (reddito che le persone possono utilizzare, dopo aver pagato le tasse, e tenendo conto che magari ci soni stati dei trasferimenti). Se andiamo a confrontare questi due redditi, possiamo vedere che in Italia le persone con un reddito molto basso vengono sostenute con il reddito di cittadinanza e le persone più ricche vengono tassate e ricevono meno trasferimenti. In generale, l’effetto è di spostare verso la linea a 45° verso la curva A. Le differenze tra paesi nelle disuguaglianze nella distribuzione del reddito disponibile dipendono dall’attuazione e dall’efficacia di tali politiche. Se andiamo a confrontare i coefficienti di Gini tra i redditi di mercato e quello disponibile, è interessante vedere che in molti Paesi scandinavi il coefficiente di Gini guardando il reddito disponibile è tra i più bassi → la distribuzione del reddito disponibile è tra le più eque. Questo perché le politiche di Governo sono rivolte a ridurre le disuguaglianze all’interno del Paese. In termini di disuguaglianza di reddito disponibile (la sommità dei rettangoli più in basso) le differenze tra paesi sono maggiori che in termini di disuguaglianza di reddito di mercato (la sommità dei rettangoli più in alto). ESEMPIO: OPERATION BARGA Prima del 1973, la distribuzione della terra nel Bengala occidentale era molto concentrata – pochi proprietari terrieri possedevano tutta la terra. Gli agricoltori davano metà del raccolto ai proprietari terrieri. Il 73% della popolazione rurale viveva in povertà nel 1973. 31 La riforma agraria permetteva agli agricoltori di tenere una quota maggiore del raccolto, e li proteggeva dal rischio di sfratto. Non è un cambiamento Pareto efficiente ma ha ridotto la disuguaglianza di reddito. Anche la motivazione dei lavoratori e la produttività agricola sono migliorate. Capitolo 7 L’IMPRESA E I CONSUMATORI Introduzione Perché ci interessa parlare di questo? Perché in base a come le imprese fanno le loro scelte, si implica il salario che riceviamo come lavoratori. Le imprese interagiscono con i lavoratori, e quindi spiega come si formano i salari (capitolo 9).  Altre decisioni fondamentali riguardano la fissazione dei prezzi dei prodotti e delle quantità da produrre.  In che modo la domanda e i costi di produzione influenzano tali decisioni?  In che modo le politiche economiche influenzano la divisione del surplus tra le imprese e i clienti? PRODUZIONE: CONCETTI CHIAVE Parliamo di grandi imprese, nel grafico vediamo il numero di addetti per una serie di grandi gruppi (Walmart, McDonalds), possiamo vedere come il mondo sia pieno di grandi imprese con molti lavoratori. Nei paesi sviluppati, la maggior parte dei lavoratori lavora in grandi imprese. Diventare una grande impresa dipende dal fatto che si produce un prodotto specifico e differenziato e dipende dal saper fissare i prezzi e le quantità. Le economie di scala Queste grandi imprese sono caratterizzate per la presenza di economie di scala. Si ha un’economia di scala quando i costi dell’impresa dipendono dalla sua scala di produzione e dal tipo di tecnologia produttiva che impiega. Le grandi imprese hanno costi inferiori rispetto alle imprese piccole, perché un grande gruppo beneficia dell’economia di scala:  Vantaggi tecnologici → aumentando la scala di produzione spesso è possibile utilizzare una minore quantità di fattori produttivi per unità di prodotto; per esempio, si pensi a quei prodotti che hanno bisogno di catene di montaggio. Le catene di montaggio sono molto costose da costruire, ma più unità produciamo, più riusciamo a spalmare il costo di quello che produciamo. 32  Vantaggi di costo → nelle imprese di maggiori dimensioni, i costi fissi (es.: costi per ricerca e sviluppo, spese pubblicitarie o per l’acquisizione di licenze e brevetti o altri diritti di proprietà intellettuale) incidono in misura minore sul costo unitario; se produciamo una quantità maggiore, riusciamo a produrre in maniera più conveniente. [Guardate l’esempio su dimensione e costo di una conduttura sul manuale.] I costi fissi si oppongono ai costi variabili, ossia i costi che dipendono in base al numero di beni prodotti. Inoltre, le imprese più grandi hanno un maggiore potere contrattuale e riescono ad acquistare i fattori produttivi e/o i beni intermedi a condizioni più favorevoli, riesce magari a stappare vantaggi contrattuali e salari più bassi ai propri lavoratori. Infine, dobbiamo tenere presente l’economia di rete.  Vantaggi dal lato della domanda, o economie di rete → i consumatori possono avere un incentivo ad acquistare un bene che è già ampiamente diffuso; quanto più è diffuso l’uso di un software, tanto più è utile per i consumatori acquistarlo. Per esempio, Microsoft e il fatto che tantissimi dispositivi utilizzano Microsoft fa in modo che ci sia un incentivo nel comprare un computer che adottano Microsoft, in modo da semplificare lo spostamento di file tra dispositivi. Economie di scala: quando, aumentando in una certa proporzione la quantità dei fattori di produzione, il prodotto aumenta più che proporzionalmente. Le economie di scala riducono il costo medio di produzione. Le grandi imprese soffrono anche di diseconomie di scala, per esempio: maggiore burocrazia dovuta all’alto numero di dipendenti, maggiori step di controllo che possono rallentare la produzione. Se gli input aumentano di una certa Allora la tecnologia è caratterizzata proporzione e l’output… da… Aumenta più che proporzionalmente Rendimenti crescenti Economie di scala Aumenta proporzionalmente Rendimenti di scala costanti Aumenta meno che proporzionalmente Rendimenti di scala discendenti Diseconomie di scala Abbiamo economie di scala o rendimenti crescenti quando, per esempio, aumentiamo il nostro lavoro e il capitale, e abbiamo un output (Y). Se raddoppiamo il lavoro e il capitale e otteniamo qualcosa che è due volte l’output, allora abbiamo rendimenti crescenti. [2y > f(2L, 2K) → raddoppiamo gli input, quadruplicano gli output] Se abbiamo rendimenti di scala costanti, succede che se abbiamo il nostro prodotto che è funzione di lavoro e capitale e raddoppiamo gli input, allora raddoppia anche l’output. [2y = f(2L, K) → raddoppiamo gli input e raddoppia l’output] Se abbiamo rendimenti discendenti, o diseconomie di scala, quello che succede è che con la nostra funzione, se raddoppiamo lavoro e capitale avremo un output che è minore del doppio. [2y < f(2L, 2K) → raddoppiano gli input, ma non riusciamo ad arrivare al doppio dell’output]. Funzioni di costo Per prendere decisioni sui prezzi e la produzione, i manager devono conoscere il costo di produzione. Le funzioni di costo mostrano come il costo totale di produzione varia con la quantità prodotta. 33 Nel disegnare i grafici, immaginiamo un'impresa automobilistica che produce automobili di lusso in quantità limitata e può fissare il prezzo che vuole. La funzione mostra un costo fisso, per produrre un’auto bisogna mettere in piedi una catena di costruzione; inoltre, all'aumentare della quantità prodotta aumentano i costi di produzione (costo dei lavoratori, degli input, dell’energia per far funzionare i macchinari). Dalla curva, vogliamo rappresentare la curva del costo medio. Costo medio (Average Cost, AC)  Maggiore è il numero delle automobili prodotte, maggiori sono i costi totali.  La parte superiore della figura mostra come variano i costi totali al variare della quantità Q prodotta su base giornaliera  C(Q) è la funzione di costo dell’impresa  Nella parte inferiore è rappresentata la curva del costo unitario o costo medio, ricavabile dalla funzione di costo. Nel nostro esempio, il costo medio in principio è alto per via dei costi fissi; man mano scende e poi risale per via delle diseconomie di scala. Ad un certo punto l’impresa diventa troppo grande e diventa meno efficiente nella produzione Costo medio (AC o CM): costo medio per unità prodotta  È calcolato come la pendenza del raggio che va dall’origine a un determinato punto della funzione di costo;  In questo esempio, il costo medio prima decresce (ci sono economie di scala), ma poi aumenta (per es., a causa del lavoro straordinario, della necessità di manutenzione dei macchinari, ecc.) Costo marginale (Marginal Cost, MC) Costo marginale (MC o CMg): l’effetto sul costo totale della produzione di una unità addizionale di output. In altri termini, spiega di quanto aumenta il costo in relazione all’aumento dell’output di una unità.  Il costo marginale varia con la quantità totale prodotta ed è calcolato come la pendenza della funzione (tangente) di costo in ogni suo punto In questo esempio, il costo marginale aumenta con la produzione 34 COSTO MARGINALE DI UN’AUTOMOBILE DI LUSSO Il fatto che il costo marginale aumenti, significa che avremo una retta crescente che rappresenta il costo marginale. Abbiamo due funzioni importanti per capire il costo di produzione: il costo medio (AC) e il costo marginale (MC) sempre crescente. Nel nostro esempio abbiamo due curve che si intersecano da qualche parte, c’è una proprietà che lega le due curve, ossia che l’intersezione è nel punto minimo. Relazione tra il costo marginale (CM) e il costo medio (AC) Se ci concentriamo sulla zona a sinistra, possiamo vedere come il nostro costo medio va riducendosi per via delle economie di scala, abbiamo un costo aggiuntivo positivo nel costruire le nostre auto, pertanto avremo un costo marginale che aumenta. Quindi il costo medio si riduce, ciò significa che i nostri costi fissi vengono spalmati su più unità di produzione. Il costo aggiuntivo di aggiungere un'auto in più, graficamente supera il costo medio; produrre un'auto in più ci costa di più rispetto e quindi rialziamo il costo medio. Sono proprietà sempre verificate, qualunque sia la forma della funzione di costo totale:  AC è decrescente per tutti i valori di Q per i quali AC è maggiore di MC.  AC è crescente per tutti i valori di Q per i quali AC è minore di MC.  La curva del costo marginale interseca sempre la curva del costo medio nel punto più basso. DECISIONI DI PREZZO E PRODUZIONE: MASSIMIZZAZIONE DEI PROFITTI Curva di domanda Per prendere decisioni sui prezzi e la produzione, i manager hanno bisogno di conoscere la domanda per i prodotti dell’impresa. 35 Curva di domanda → La curva di domanda è la relazione che indica la quantità di beni acquistati in corrispondenza di ciascun livello del prezzo. Tendenzialmente la curva di domanda sarà inclinata negativamente, perché se il prezzo è alto, vendo poco ma se il prezzo è basso vendo moltissimo.  Le imprese possono stimare la curva di domanda per i loro prodotti effettuando sondaggi di opinione, magari indagini campionarie, su un ampio numero di consumatori.  Se il prezzo scende, il numero di consumatori disposti a comprare sale, dunque la domanda aumenta  Le curve di domanda sono spesso rappresentate come delle rette, ma non è detto che lo siano.  Ciò che invece possiamo ragionevolmente attenderci è che la domanda abbia un andamento decrescente: se il prezzo sale, il numero di acquirenti tende a diminuire. La relazione tra prezzo e quantità viene talora indicata con l’espressione Legge di Domanda  L’impresa sceglie la combinazione di P e Q considerando sia la curva di domanda sia i costi di produzione, in modo da massimizzare il profitto. La domanda rappresenta tutte le combinazioni possibili di P e Q che garantiscono uno stesso profitto all’impresa e queste curve si chiamano curve di isoprofitto. Come si rappresentano le curve di isoprofitto? Il profitto è quello che otteniamo rispetto alle coperture deli costi e si calcola → Ricavi totali (ossia prezzo per quantità) - Costi totali  Nei costi economici includiamo il costo opportunità del capitale.  Le curve di isoprofitto, che sono come curve di indifferenza per le imprese, ma dipendono dai costi avranno una forma che richiama quella del costo medio; le curve mostrano le combinazioni di prezzo e quantità che forniscono lo stesso profitto. Il profitto possiamo anche definirlo come la quantità che moltiplica il prezzo meno il costo medio. La più bassa curva di isoprofitto che possiamo considerare per un'impresa è quella in

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