Summary

Questo documento tratta l'economia ecologica, analizzando l'economia come sistema aperto e complesso, considerando i flussi di materia ed energia. Viene descritto il concetto di "material throughput" e la dematerializzazione relativa, assoluta. Il documento analizza inoltre il paradosso di Jevons e le leggi dell'ecologia di B. Commoner.

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GRUPPO A 1. ECONOMIA COME SISTEMA APERTO Vedere l’economia come sistema aperto significa studiare l’economia anche dal punto di vista della materia e dell’energia. Questo perché la società e il sistema economico si influenzano reciprocamente e inoltre, sia la società che l’economia si tr...

GRUPPO A 1. ECONOMIA COME SISTEMA APERTO Vedere l’economia come sistema aperto significa studiare l’economia anche dal punto di vista della materia e dell’energia. Questo perché la società e il sistema economico si influenzano reciprocamente e inoltre, sia la società che l’economia si trovano all’interno dell’ambiente naturale che fornisce loro risorse naturali. Le risorse vengono prelevate dal sistema economico per essere utilizzate all’interno dei processi produttivi, poi, dopo essere state utilizzate, tornano all’ambiente naturale sottoforma di rifiuti ed emissioni. Oltre che alle risorse, l’ambiente naturale fornisce anche energia, che viene utilizzata all’interno del sistema e poi trasferita di nuovo all’ambiente sottoforma di calore dissipato. Uno dei primi tentativi di vedere l’economia come sistema aperto e complesso avvenne attraverso una disciplina chiamata “Industrial Ecology”, proprio in riferimento allo studio dei flussi di materia (poiché è necessario studiare anche gli scambi di materia che avvengono all’interno del sistema economico). 2. MATERIAL THROUGHPUT Il material throughput è il flusso di materia che passa nell’economia in un dato lasso di tempo, poiché nel sistema economico è necessario studiare non solo i flussi economici ma anche gli scambi di materia che avvengono. È necessario considerare le economie come degli organismi viventi che “mangiano” materia. L’idea generale è quella di andare a fare una vera e propria contabilità della materia e quindi andare a fare un bilancio considerando tutte le entrate e le uscite di materia dal sistema economico. Le entrate sono rappresentate dalle estrazioni di materia mentre le uscite sono rappresentate dalle fonti di inquinamento (solitamente sono maggiori le uscite rispetto alle entrate). Tra gli input, cioè le entrate, abbiamo: materia nazionale prelevata (combustibili fossili, minerali, biomasse), materia nazionale prelevate e non utilizzata, importazioni di materia (considerando anche i flussi indiretti associati alle importazioni). Gli input che entrano nel sistema economico in parte si accumulano come stock, mentre una parte viene riciclata. Tra gli output troviamo la restituzione all’ambiente di emissioni in aria, emissioni in acqua, discariche, usi dissipativi e perdite (sostanzialmente tutto ciò che torna all’ambiente sono rifiuti). Tra le uscite troviamo anche la materia nazionale prelevata e non utilizzata e le esportazioni (compresa l’associazione dei suoi flussi indiretti). 3. UNA DEMATERIALIZZAZIONE RELATIVA (RISPETTO AL PIL) E’ UNA BUONA NOTIZIA PER L’AMBIENTE? La dematerializzazione relativa si riferisce alla riduzione della quantità di risorse necessarie per far funzionare i processi economici. La riduzione di materia contribuisce ad aspetti positivi in termine di ambiente, ma è chiaro che dobbiamo vedere quanto questa quantità viene ridotta e soprattutto da quali paesi. Perché per migliorare la qualità dell’ambiente, la quantità di materia non deve essere ridotta da quei paesi poveri che la usano per vivere di giorno in giorno, ma deve essere ridotta dai paesi ricchi, con un alto Pil, che la usano non solo per sopravvivere ma anche per mandare avanti i processi produttivi delle imprese. Come per l’energia, si può calcolare l’intensità materiale rispetto al Pil ma ciò che otteniamo è un andamento decrescente perché il Pil dei paesi è cresciuto più in fretta rispetto ai flussi di materia. Per cui in termini di dematerializzazione, quella relativa contribuisce poco al miglioramento dell’ambiente in quanto dipende dalla ricchezza dei paesi e quindi da quanta materia usano. 4. DEMATERIALIZZAZIONE ASSOLUTA E RELATIVA Si può parlare di dematerializzazione nell’economia solo in termini relativi e non assoluti perché non c’è lo stesso uso di materia in tutti i paesi del mondo, però è chiaro che in termini di ambiente, è più significativo il volume assoluto di materia prime consumate e non il volume in rapporto al Pil. 5. INTENSITA’ ENERGETICA DEL PIL L’intensità energetica del Pil si riferisce a quanti Joule di energia abbiamo per dollaro. Nel corso del tempo il rapporto tra Pil ed energia si è ridotto anche grazie alle evoluzioni e alle nuove scoperte che sono state fatte. Se i trend nel tempo sono decrescenti significa che l’energia è migliorata e tanto maggiore è l’intensità tanto più siamo efficienti in termini di energia. 6. PARADOSSO DI JEVONS NEL 1865 Jevons lanciò un allarme dicendo che il carbone stava per finire, ovviamente si sbagliava perché non sapeva che nel tempo so sarebbero scoperte altre risorse come il petrolio e il gas naturale. Però è interessante il suo modo di ragionare perché diceva che se migliora l’efficienza nell’uso di una risorsa, allora aumenta la scala produttiva e questo farà aumentare la domanda di quella risorsa. E quindi è proprio per “risparmiare” quella risorsa che si avrà un uso eccessivo di quella stessa risorsa. Ad esempio, se i profitti del settore del carbone aumentano, il settore diventa più attrattivo, questo farà aumentare l’offerta di carbone e quindi diminuire il prezzo. Ma se il prezzo di carbone diminuisce allora ci saranno più persone che lo domanderanno, e se la domanda aumenta, aumenta anche l’uso del carbone. 7. RAPPORTO ENERGIA ENDO/ESO-SOMATICA NEI PAESI RICCHI E IN QUELLI POVERI L’energia endosomatica si riferisce all’uso di energia essenzialmente come cibo, mentre l’energia esosomatica si riferisce all’uso di energia come combustibile per cucinare e riscaldare e come forza per gli artefatti e le macchine prodotte dall’uomo. Il consumo di energia esosomatica cambia rispetto a quella endosomatica perché dipende dal consumo di un paese. Ovvero, varia in funzione alla povertà e alla ricchezza di un paese. Se consideriamo un paese povero, dove gli abitanti usano l’energia essenzialmente per cucinare, confezionare vestiti, riparare le loro case e allevare, questo consumerà poca energia esosomatica (ad esempio quando le persone si spostano con mezzi pubblici), e all’incirca sarà 10 GJ all’anno. Mentre un abitante di un paese ricco, consuma 28GJ all’anno di energia esosomatica solo per spostare l’auto da e verso l’ufficio. Capiamo quindi che il consumo di energia, oltre a essere cambiato rispetto a quello di molti anni fa, dipende non sono dal clima o dalla struttura produttiva di un paese, ma anche dallo stile di vita delle persone. Nei paesi poveri le priorità e i bisogni sono molti diversi da quelli di un paese ricco, e quindi sarà diverso anche il consumo di energia che utilizzano per soddisfarli. 8. CURVA DI KUZNETS AMBIENTALE Intorno agli anni ’90 Kuznets propose una relazione (a forma di U rovesciata) che legasse il reddito pro-capite e la disuguaglianza. L’idea di questa relazione e della forma che assumeva era che: lungo i processi di sviluppo di un paese la disuguaglianza aumenta e poi, superata una certa soglia, un aumento del reddito pro-capite faccia diminuire la disuguaglianza tra i redditi. Alcuni economisti iniziano a pensare che lo stesso ragionamento possa valere anche per il degrado ambientale: per bassi livelli di reddito medio, un aumento del reddito provoca un peggioramento della qualità ambientale, ma quando poi i paesi diventano abbastanza ricchi, allora, un ulteriore aumento di reddito fa diminuire il degrado ambientale. Secondo la curva di Kuznets quando il reddito aumenta, il danno ambientale aumenta e poi superata una certa soglia si appiattisce e inizia a decrescere. Questo fenomeno è dovuto a 3 effetti: 1) SCALA: quando un paese cresce aumenta la dimensione dell’economia e quindi c’è sicuramente un peggioramento della qualità ambientale. 2) COMPOSIZIONE: cambiamenti strutturali nella società; quando passiamo dall’agricoltura all’industria la qualità ambientale peggiora ma quando passiamo dall’industria ai servizi allora la qualità ambientale migliora (perché magari l prodotto è un software). 3) TECNICA: si verifica uno sviluppo tecnologico che potrebbe aiutare nell’adozione di tecnologie più rispettose per l’ambiente. In realtà però i risultati empirici non confermarono queste ipotesi perché negli studi vennero utilizzati indicatori diversi e presi in considerazione paesi diversi (come gli “outliers” ovvero paesi eccezione che difficilmente possono essere imitati da altri paesi, come il Katar che basa la sua economia sull’estrazione del petrolio). Inoltre Stern disse anche che forse a livello locale/nazionale la curva di Kuznets potrebbe anche verificarsi, ma a livello globale no perché se tutti crescono, si determinano conseguenze nel medio-lungo termine che fanno peggiorare la situazione ambientale a livello globale. C’è poi il problema di capire cosa succede se ci trovassimo di fronte a dei vincoli ecosistemici. Potrebbe accadere che se il degrado ambientale supera una certo livello si creano dei danni estremamente irreversibili. Quindi l’idea è che dobbiamo costruire delle “gallerie” sotto la curva in modo tale che paesi in via di sviluppo, durante la crescita, peggiorino la qualità ambientale, e che poi, data una certa soglia, ci sia questa galleria che porti direttamente i paesi ad un livello di sviluppo tale da far migliorare la qualità ambientale. 9. PRINCIPIO DI PODOLINSKY Negli anni ’80 Podolinsky tratta l’energia studiando l’economia come un sistema di conversioni energetiche. Il punto di partenza di questo studio fu il fatto che il lavoro aumenta la produttività della terra e va a sviluppare una sorta di teoria del valore-uomo, ovvero misura il valore in termini di lavoro. Sosteneva che una calorie di lavoro, portava ad un aumento della biomassa pari a 20-40 calorie, inoltre era noto che il lavoro di un uomo fosse 1/5 rispetto all’energia assoluta. Se consideriamo un rapporto pari a 1/10 poiché non tutti lavorano per la società, la minima produttività energetica del lavoro umano per la sussistenza di una società è 10:1. La teoria di Podolinsky venne utilizzata da Rappaport per studiare la cosiddetta “economia del maiali” (comportamenti rituali in una popolazione della Nuova Guinea). Secondo Rappaport questa società si avvicinava ai limiti di sussistenza definiti da Podolinsky, e quindi poteva essere studiata rispetto a: 1) Al problema del reperimento dei mezzi per allevare maiali 2) Al problema della scelta dell’allocazione delle risorse in un’economia senza prezzi Rappaport si chiedeva come faceva una società così povera di energia e di mezzi a permettersi di allevare maiali, poiché allevare maiali voleva dire vivere nel lusso dato che c’era bisogno di molta energia. 10. I LEGGE DELL’ECOLOGIA DI B.COMMONER La prima legge dell’ecologia dice che: “ogni cosa è connessa con ogni altra cosa”. Questo indebolisce l’aspetto delle esternalità, perché tutto è connesso a tutto, mentre secondo le esternalità se io provoco un danno questo ricade solo su un soggetto. Questo significa che la natura è un reticolo complesso e ogni sua parte è collegata con le altre. Commoner mette a confronto l’ecosfera con la tecnosfera (sfera dell’uomo) dicendo che i prodotti dell’uomo (pieni di fertilizzanti) non si adattano all’ambiente come il pesce (che invece è proprio un elemento dell’ecosfera). 11. II LEGGE DELL’ECOLOGIA DI B.COMMONER La seconda legge dell’ecologia dice che: “tutto deve andare da qualche parte”, ovvero i cicli della natura sono chiusi. In natura non esiste il concetto di rifiuto: la natura non spreca e non produce rifiuti, tutto va da qualche parte e viene usato per le fasi successive. Al contrario invece dei cicli dell’uomo che invece sono lineari e producono rifiuti e quindi inquinamento. 12. III LEGGE DELL’ECOLOGIA DI B.COMMONER La terza legge dell’ecologia dice che: “la natura è l’unica a saper il fatto suo”. Commoner osserva che l’ecosistema è coerente: i suoi numerosi componenti sono compatibili l’uno con l’altro e con l’insieme. Questo è il risultato di un processo lunghissimo (tempo biologico) perché la natura è conservativa, ovvero produce innovazioni n po’ alla volta e quelle che non sono compatibili con la natura stessa vengono scartate. L’uomo invece procede con cambiamenti rapidi e non si preoccupa se i nuovi prodotti sono compatibili con il resto. 13. IV LEGGE DELL’ECOLOGIA DI B.COMMONER La quarta legge dell’ecologia dice che: “non esistono pasti gratuiti”. Il tema è che, senza accorgesene, ci stiamo indebitando con la natura che prima o poi ci presenterà il conto. La natura non ci da niente gratis (al contrario di quello che pensiamo) e prima o poi ne pagheremo le conseguenze perché gli errori non possono essere cancellati. 14. HANPP =Human Appropriation of Net Primary Product (appropriazione umana del prodotto netto primario). Dall’HANPP possiamo definire la NPP (Net Primary Product), ovvero l’ammontare di energia che i produttori primari (vegetali) rendono disponibile per le altre specie viventi. Si stima che l’uomo si appropri del 40% del NPP. Ma allora questo significa che l’NPP EFFETTIVO è minore dell’NPP POTENZIALE, proprio a causa delle interferenze dell’uomo (con le sue interferenze fa si che i produttori primari producano meno rispetto a quello che potrebbero produrre in assenza di attività antropiche). L’influenza dell’umo riduce l’NPP POTENZIALE+HARVES (raccolto, ciò che l’uomo usa). ESEMPIO: NPP POTENZIALE=100 NPP=60 HARVEST=30 100-60=40 Ma siccome l’uomo raccoglie anche 30, allora: HANPP=40+30=70 ---70% appropriazione umana della natura 15. MFA (MATERIAL FLOW ANALYSIS) Nel sistema economico è necessario studiare non solo i flussi economici ma anche gli scambi di materia che avvengono, perché dobbiamo considerare le economie come degli organismi viventi che “mangiano” materia. L’idea generale è quella di andare a fare una vera e propria contabilità della materia e quindi andare a fare un bilancio considerando tutte le entrate e le uscite di materia dal sistema economico. Le entrate sono rappresentate dalle estrazioni di materia mentre le uscite sono rappresentate dalle fonti di inquinamento (solitamente sono maggiori le uscite rispetto alle entrate). Tra gli input, cioè le entrate, abbiamo: materia nazionale prelevata (combustibili fossili, minerali, biomasse), materia nazionale prelevate e non utilizzata, importazioni di materia (considerando anche i flussi indiretti associati alle importazioni). Gli input che entrano nel sistema economico in parte si accumulano come stock, mentre una parte viene riciclata. Tra gli output troviamo la restituzione all’ambiente di emissioni in aria, emissioni in acqua, discariche, usi dissipativi e perdite (sostanzialmente tutto ciò che torna all’ambiente sono rifiuti). Tra le uscite troviamo anche la materia nazionale prelevata e non utilizzata e le esportazioni (compresa l’associazione dei suoi flussi indiretti). 16. FLUSSI DI MATERIA NASCOSTI (HIDDEN FLOWS) L’Hidden Meterial Flows è una parte del fabbisogno totale di materia che non entra mai nel circuito economico, sono flussi di materia nascosti e sono quindi anche i più difficili da stimare. Si distinguono in: 1) FLUSSI AUSILIARI: materia che è necessario rimuovere dall’ambiente naturale per estrarre ciò che desideriamo. È il materiale di scarto che deve essere separato rispetto al prodotto che intendiamo realizzare. Ad esempio la porzione di materiale che viene lavorata e scartata per concentrare il minerale. 2) FLUSSI SCAVATI/DISTURBATI: materia che deve essere rimossa per consentire l’accesso ad una serie di materiali. Si tratta di un materiale spostato o disturbato per ottenere una risorsa naturale o mantenere/ottenere infrastrutture. Ad esempio il sovraccarico che deve essere rimosso per consentire l’accesso ad un giacimento minerario. I flussi nascosti sono stati calcolati per sei categorie di flussi materiali: combustibili fossili, metalli e materiali industriali, materiali da costruzione, risorse naturali rinnovabili, creazione e manutenzione di infrastrutture, erosione del suolo. 17. TOTAL MATERIAL REQUIREMENT (TMR) Il fabbisogno di materiale totale è la somma dell’input di materiale totale e dei flussi di materiale nascosti (o indiretti), comprese le alterazioni deliberate dal paesaggio. Solitamente si riferisce all’intera economia e deve comprendere sia le risorse naturali nazionali sia quelle importate. Questo indicatore non misura l’impatto dei materiali (tossici o non tossici) ma serve a dare un’idea di quello che è il peso associato all’estrazione e all’uso di risorse naturali. 18. DOMESTIC MATERIAL CONSUPTION (DMC) E DIRECT MATERIAL INPUT (DMI) Il domestic material consuption è il fabbisogno di materia usato all’interno di un paese in termini produttivi. DMC= ESTRAZIONI DOMESTICHE+ IMPORTAZIONI- ESPORTAZIONI Il direct material input è invece dato dalla somma delle estrazioni domestiche e delle importazioni, e rappresenta gli input di materia diretti. 19. ANELLI DI RETROAZIONE E CAUSAZIONE CIRCOLARE CUMOLATIVA Quando parliamo di interazione uomo-ambiente dobbiamo aver chiaro il concetto di sistema, cioè un’entità composta da elementi legati tra di loro da un insieme di relazioni. E quindi quando parliamo di sistema, dobbiamo considerare anche i meccanismi di retroazione, ovvero dei circuiti/anelli capaci di autoregolare il sistema, quindi capire come ciascun elemento influenza l’altro. Un anello di retroazione è quindi un circuito in grado di valutare le caratteristiche dell’effetto prodotto da un processo e sulla base di questo, inviare delle informazioni ai fattori iniziali in modo che si modifichino per variare l’effetto in uscita. Gli anelli di retroazione all’interno di un sistema possono essere positivi o negativi, e l’economista Myrdal, chiama i feedback positivi “cumulative circular causation”, ovvero causazione circolare cumolativa. Studia la causazione circolare cumulativa prendendo in considerazione i paesi poco sviluppati e osserva che: poiché c’è uno scarso controllo della natalità e pochi morti, si verifica un rapido aumento della popolazione. Questo aumento della popolazione in alcuni casi fa aumentare la povertà rurale e questo provoca la necessità di braccia per lavorare. Questo sollecita ancora l’aumento della popolazione e al tempo stesso provoca una pressione sulle risorse naturali, così che la povertà peggiora. E quindi capiamo che si innesca un circolo esplosivo che alla fine consiste in un aumento dell’urbanizzazione (facendo così nascere gli slumus, cioè centri urbani degradati). 20. RETROAZIONE POSITIVA Gli anelli a retroazione positiva tendono ad amplificare lo scostamento dell’effetto in uscita dal suo valore normale. Sono i così detti meccanismi “esplosivi”, ad esempio la corsa agli armamenti (se io mi armo allora il paese nemico si arma e allora io mi armo ancora di più e così via). 21. ANELLI A RETROAZIONE NEGATIVA Gli anelli a retroazione negativa tendono a mantenere costanti i valori in uscita. Ad esempio la sudorazione o i brividi per mantenere una temperatura corporea costante. 22. OMEOSTASI L’omeostasi è la tendenza di un sistema stabile a preservare nel proprio stato stazionario dinamico, anche in presenza di perturbazioni. È il mantenimento di un sistema nello stesso stato. 23. MITO DI PROMETEO Prometeo= colui che riflette prima Prometeo rubò il fuoco agli dei per darlo al genere umano e la sua azione rappresenta l’origine della condizione esistenziale umana. Nella cultura occidentale può essere considerato un simbolo di ribellione e di sfida alle autorità o alle imposizioni. Il mito di Prometeo ci insegna che gli uomini non possono vivere senza le arti meccaniche. Il mito di Prometeo si lega al caso del Mississipi, dove gli interventi dell’uomo hanno causate un maggior degrado ambientale, invece di migliorare la situazione. Una della cause dei fallimenti della noosfera è stato l’ottimismo tecnologico: durante la ricerca di soluzioni per proteggere i raccolti e le abitazioni che sorgevano lungo il etto del fiume, gli argini e le altre opere si sono rivelate insufficienti e hanno condotto a interventi sempre più costosi rispetto palle attese. 24. BAYOU Il Bayou è un ecosistema tipico del delta del Mississipi in Louisiana, nel corso della storia il Mississipi ha cambiato spesso il suo corso: nel 1000 AC il fiume attraversava il Bayou Teche, poi nel 800 AC si spostò verso est, nel 200 DC il corso principale si spostò nel Bayou Lafourche e nel 1000 DC il fiume raggiunge il suo letto attuale. Il caso del Missisipi è utile per comprendere il degrado ambientale e il ruolo che l’uomo ha nel determinare il degrado. Perché nel corso dei secoli, i popoli francesi (che prima erano nomadi) hanno iniziato a stanziarsi lungo il letto del fiume e così facendo, hanno iniziato a modificare il territorio, iniziando principalmente a praticare l’agricoltura. Ma, siccome ci si trovava lungo il fiume, c’era bisogno di proteggere i raccolti dalle possibili esondazioni del fiume e così si iniziò a costruire argini per proteggere campi e abitazioni. La costruzione di argini provoca una causazione circolare cumulativa perché aumenta il senso della sicurezza, allora aumenta la domanda di terre coltivabili, aumentano le iniziative di difesa, aumentano gli insediamenti, aumentano gli interventi di protezione… Nel 1858 venne fatta una legge sulle alluvioni, legge che prevedeva la vendita di terre demaniali ai privati in modo da finanziare gli interventi di protezione. Questo fa aumentare la domanda di terre coltivabili e quindi alla fine i proventi della vendita erano solo sufficienti a proteggere le aree che già erano in mano ai privati. Vengono così attuate delle strategie di controllo come quella di Guglielmini (teoria della meccanica dei fluidi) con l’obiettivo di alzare gli argini e sbarrare i rami laterali in modo tale che il fiume si potesse scavare il letto da solo. In realtà poi questo non si verificò e la situazione peggiorò ulteriolmente: l’autodrenaggio del fiume non funzionava e il letto del fiume invece che abbassare si alzava. Nel 1928 il governo federale stanzia 300 milioni di dollari per la protezione dalle esondazioni del fiume. Questo comportò un ulteriore aumento della popolazione, attratta da: 1) Possibilità di coltivare soia 2) Rapida crescita del settore del petrolio e del gas naturale (per le imprese il Mississippi era una fonte di acqua dolce a buon mercato, veniva utilizzato come via di comunicazione ed era visto come un facile mezzo per disfarsi di rifiuti chimici). Il fallimento degli interventi dell’uomo si lega al fallimento della noosfera nel comprendere o nell’accettare la realtà biofisica del delta del fiume. Il fallimento della noosfera è dovuto ad atteggiamenti assunti dall’uomo nell’affrontare il problema: 1) Miopia spaziale e temporale, che spiega la tendenza da applicare modelli astratti con pochi legami con l’ambiente 2) Ottimismo tecnologico, incapacità di effettuare delle stime 3) la regolazione delle acqua influenza molte attività economiche e perciò si sviluppano gli interessi costituiti (conflitto di interessi tra i vari stekeholders) 4) l’intervento pubblico è guidato da interessi economici e politici a breve termine (la scala temporale dell’uomo è breve mentre quella della natura è molto lunga e quindi incompatibile con i piani politici) 5) illusione che le conseguenze delle azioni siano lontane nel tempo 6) atteggiamento aggressivo e di dominio (la regolazione delle acqua viene vista come una lotta contro la natura). 25. SISTEMA COMPLESSO Un sistema complesso è un sistema dinamico composto da vari sottoinsiemi che interagiscono tra di loro. L’economia è un sistema aperto e complesso poiché interagisce co l’ambiente esterno per ottenere e scartare i flussi di materia necessari per i processi produttivi; che a sua volta fa parte di un sistama complesso che è l’ambiente naturale. La società e l’economia sono sottoinsiemi dell’ambiente naturale, e quindi quando si va ad analizzare il sistema economico, dobbiamo considerare anche tutti gli altri sistemi entro cui si muove in sistema produttivo. Dobbiamo prendere in considerazione l’entrata di materia e l’uscita di materiali, l’entrata di energia e l’uscita di energia degradata e le interazioni tra economia e società (le norme, la cultura, la conoscenza). La società influenza e determina quello che viene scambiato sul mercato, definisce quelli che sono i comportamenti ammissibili e non in ambito economico. 26. LA LEGGE DELLA TERMODINAMICA La legge della termodinamica definisce l’equilibrio termodinamico, ovvero lo stato in cui da un punto all’altro del sistema non ci sono differenze di temperatura, di pressione, di concentrazione. Non è quindi possibile alcuna trasformazione, non c’è vita e quindi l’entropia è massima. L’entropia è una grandezza che viene utilizzata come misura del disordine presente in un sistema. È una funzione di stato di un sistema termodinamico che definisce l’entità della degradazione di energia. I legge della termodinamica: l’energia chimica contenuta in un pezzo di carbone è energia libera perché l’uomo può trasformarla in calore o in lavoro meccanico. Quando un pezzo di carbone brucia la sua energia non ne risulta né aumentata né diminuita. II legge della termodinamica: afferma che l’entropia (cioè l’ammontare di energia legata) di un sistema chiuso, aumenta ininterrottamente. Ovvero che l’ordine di un sistema si muta costantemente in disordine. Le trasformazioni entropiche sono irreversibili e la legge dell’entropia è freccia del tempo. 27. SISTEMA CHIUSO Un sistema chiuso scambia energia ma non scambia materia 28. SISTEMA ISOLATO Un sistema isolato non scambia né materia né energia, infatti nei sistemi isolati ogni trasformazione spontanea comporta un aumento di entropia. Ogni trasformazione spontanea avviene con il passaggio da forme più concentrate a più disperse di energia. Georgescu infatti dice che grazie alla alla legge dell’entropia possiamo fare il bagno: l’acqua calda si mescola con quella fredda. 29. SISTEMA APERTO Un sistema aperto scambia materia e anche energia 30. POST-NORMAL SCIENCE La post normal science deriva da uno dei concetti fondamentali di vedere la realtà come insieme di sistemi, ovvero l’idea della partecipazione di tutti (questo è un requisito essenziale di un nuovo modo di concepire la scienza). La post-normal science suggerisce delle soluzioni di fronte a dei problemi post- normali. Ad esempio se abbiamo i seguenti problemi: si richiedono decisioni urgenti, si hanno delle gravi incertezze, i problemi avvengono in sistemi complessi, gli interessi sono alti e inoltre sia i fatti che i valori possono essere discussi; la scienza post-normale suggerisce determinati comportamenti: l’importante non è la verità ma la qualità del processo decisionale, è necessario essere consapevoli delle incertezze e comunicarle, è necessario un processo partecipativo in cui si includano tutte le possibili prospettive, dobbiamo estendere le opinioni di pari e in generale bisogna estendere la situazione. 31. INCERTEZZA COGNITIVA RADICALE L’incertezza cognitiva radicale si riferisce all’impossibilità dell’uomo di sapere ne dettaglio determinate situazioni. Ad esempio per quanto riguarda il caos e le catastrofi, l’uomo non può prevedere nel dettagli cosa accadrà e dove accadrà. E come il detto dell’effetto farfalla: può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas? Oppure quando ci fu l’invenzione delle tastiere: le segretarie utilizzando la tastiera erano molto più lente rispetto a prima perché erano abituate a scrivere a mano. GRUPPO B 32. FALL-OUT RADIOATTIVO E PRIMAVERA SILENZIOSA 1945: bombardamento atomico nelle città di Hiroshima e Nagasaki Nel 1947 ricominciano gli esperimenti nucleari a cielo aperto e il tema del nucleare sciocca molto l’opinione pubblica. Nel 1954 un esperimento americano nell’Oceano Pacifico (Dragone Fortunato) contamina un peschereccio giapponese: da questo momento in poi si scatenano i movimenti contro i pericoli del nucleare. Nel 1956, nel Regno Unito si crea la prima centrale nucleare commerciale caratterizzata da norme di qualità e sicurezza scadenti: questo genera l’illusione dell’elettricità a basso costo. C’è infatti un trade-off: se utilizzo norme di sicurezza e qualità scadenti, il costo che sostengo è basso e questo fa si che l’elettricità costi poco, ma allo stesso tempo, ad una qualità e sicurezza scadente corrisponde un’elettricità scadente e soprattutto pericolosa. Negli anni successivi viene firmata una moratoria contro gli esperimenti a cielo aperto. Nel 1962 Rachel Carson, una biologa marina, denuncia l’uso di insetticidi clorurati, persistenti e non biodegradabili, attraverso il suo libro “Silent Spring”. Questo libro è una tappa molto importante per l’ambientalismo e venne chiamato così perché, a causa dell’uso di insetticidi, la primavera sarà silenziosa perché gli uccellini moriranno e non canteranno più. Carson accusa i pesticidi come il DDT di procurare gravi danni all’ambiente e all’uomo: si diffondono in tutto l’ambiente e provocano la morte di uccelli e la nascita di tumori. Tra gli aspetti che più colpiscono di questo libro c’è sicuramente il fatto che si dica che l’incertezza viene usata come scusa, perché secondo il nostro approccio scientifico “le cose non esistono finchè non ne proviamo l’esistenza”. Attribuiamo importanza solo alle cose che vediamo, mentre ciò che non vediamo tendiamo a sottovalutarlo. Un altro aspetto rilevante del libro è che viene detto che noi non siamo esterni alla natura. La natura è i nostro ambiente e considerarci separati da lei è illusorio. Un ulteriore aspetto è che dobbiamo porci il problema di studiare i sistemi e non fare analisi parziali. Dobbiamo andare a studiare le intersezioni dinamiche tra le varie sfere. 33. IPAT L’impatto ambientale (I) può essere scomposto in tre variabili: I=P*A*T Dove P è una variabile di scala, come la popolazione; A è l’affluence ovvero la ricchezza, come ad esempio il Pil pro capite; T è l’impatto della tecnologia per unità di Pil (tanto maggiore è T tanto più è inquinante la tecnologia). Questa formula è conosciuta come formula di Ehrlich e fu ripresa anche da Commoner. La formula ci dice appunto che gli impatti sull’ambiente dipendono dalla popolazione, dal benessere/ricchezza di quella popolazione e dallo sviluppo tecnologico. 34. LIMITS TO GROWTH Nel 1972 venne pubblicato il libro “Limits To Growth” che esponeva gli esperimenti calcolati da Meadows. Questi esperimenti presentavano in forma grafica i principi indicati da Commoner. Lo scopo principale del progetto era lo studio, nel contesto mondiale, dell’interdipendenza e delle interazioni di cinque fattori critici: aumento della popolazione, produzione di alimenti, industrializzazione, esaurimento della risorse naturali e inquinamento. La finalità non era quella di stabilire dei valori precisi ma ottenere dei trend delle variabili considerate. Si diceva che, l’alleviamento della povertà attraverso la ridistribuzione comporta conflitti sociali se la produzione totale è costante; se invece la produzione totale cresce nel tempo, allora la sorte dei poveri può essere migliorata senza la ridistribuzione. Il metodo utilizzato per questi esperimenti è quello dei sistemi che vengono poi risolti attraverso una simulazione: si fanno dei possibili scenari e ci si chiede ad esempio cosa potrebbe succedere se i trend continuassero così come li abbiamo osservati fino ad ora. Quello che emerge è che a un certo punto, se questi trend continuano, il sistema collassa. Perciò gli autori del libro lanciano un invito ad intervenire per frenare la crescita materiale e lasciare più spazio alla qualità della vita, per evitare la rottura dei limiti naturali ed arrivare ad una catastrofe naturale. L’inquinamento e la finitezza delle risorse sono il vero limite alla crescita: ci sono tempi e spazi per poter intervenire, ma ogni ritardo, richiederà interventi più dolorosi e diminuirà la probabilità di raggiungere l’obiettivo. A questo libro e a tutte queste considerazioni vennero fatte moltissime critiche, perché secondo molti c’era poca raffinatezza nel modello ma soprattutto l’ipotesi di una tecnologia costante nel tempo toglieva significatività ai risultati, perché la tecnologia cambia e si evolve continuamente (a questa critica si potrebbe rispondere dicendo che l’obiettivo alla fine era solo quello di fare uno scenario). Alla fine però, i trend proposti non furono poi così diversi da quelli che effettivamente si verificarono. Inoltre in questo libro si esaminava anche il tema dei rifiuti, che però a quel tempo venne sottovalutato. 35. RAPPORTO BRUNDTLAND Il rapporto di Brundtland venne chiamo così per richiamare il nome della prima ministra norvegese (Harlem Brundtland) che, negli anni ’80 presiedeva la Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo. Nel 1987, la Commissione, attraverso il rapporto “Our Common Future” fece entrare la nozione di “sviluppo sostenibile” parte del linguaggio comune e chiese agli enti governativi e alle grandi organizzazioni di perseguire e promuove uno sviluppo in grado di conciliare la dimensione economica con quella sociale e ambientale (quindi si riconosce che l’attività economica non è distaccata dall’ambiente). Solo così lo sviluppo potrà assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Il sistema economico deve quindi riuscire a soddisfare i bisogni della popolazione mondiale, aumentando il tenore di vita dei paesi del terzo mondo e ridurre le interazioni tra sistema produttivo e ambientale. C’è quindi un focus sul bisogno dell’essere umano. Il compito di Brundtland era quello di valutare e affrontare la crescente preoccupazione per il deterioramento dell’ambiente umano e delle risorse naturali, con conseguenze negative sullo sviluppo economico e sociale. Nella definizione di sviluppo sostenibile ci sono due concetti chiave: - Il concetto di “bisogni”, in particolari quelli essenziali dei poveri a cui dobbiamo dare priorità - L’idea che esistono delle limitazioni imposte dallo stato della tecnologia e dell’organizzazione sociale nella soddisfazione dei bisogni presenti e futuri. In sostanza, il rapporto di Brundtland: - Ha accettato che la crescita economica è necessaria per migliorare la sorte dei poveri - Ha riconosciuto che gli ecosistemi sono già stressati, perciò una maggiore crescita economica danneggerà ulteriormente tali sistemi, compromettendo le future attività economiche. Capiamo quindi che c’è un dilemma: alleviare la povertà attuale comporta il rischio di creare povertà futura. Lo sviluppo sostenibile è ciò che il rapporto di Brundtland offre come via d’uscita a questo dilemma. 36. AGENDA XXI L’agenda 21 è un piano delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Si suddivide in 4 parti: 1) La dimensione economica sociale (come rendere sostenibile i processi di crescita nei diversi Stati) 2) La conservazione e la gestione delle risorse naturali al fine dello sviluppo (la tutela degli ecosistemi e la promozione di metodi per la salvaguardia ambientale) 3) Il ruolo dei principali gruppi (è necessario il contributo di tutto gli stakeholders per raggiungere l’obiettivo della sostenibilità) 4) I mezzi di esecuzione del programma (si analizzano gli strumenti necessari per perseguire gli obiettivi) L’Agenda si fonda su 3 principi: 1) Nessuna scelta può essere sostenibile se non è legalmente condivisa. Le scelte potranno essere attuate e sostenute solo se tutti gli stakeholders partecipano attivamente. 2) Nel processo decisionale, gli aspetti ambientali, economici e sociali si devono integrare tra di loro 3) Le decisioni di politica ambientale devono essere delegate all’autorità competente di livello più basso. GRUPPO C 37. SOSTENIBILITA’ FORTE E DEBOLE La sostenibilità debole trae le proprie origini dall’economia neoclassica ed emerge dopo la pubblicazione del “Limits to growth” che mette tutti di fronte al problema dell’esauribilità delle risorse. Si inizia ad avere la consapevolezza che l’economia si basa su risorse non rinnovabili e ci iniziamo a chiedere come potremo continuare ad avere un certo livello di sviluppo se le risorse si esauriscono. I temi della sostenibilità debole sono principalmente due: la sostituzione tra capitale e risorse e il miglioramento della tecnologia. Secondo questo approccio la sostenibilità deriva da quanto si riescono a sostituire tra loro i fattori di produzione, ovvero quanto si riesce a sostituire le risorse con il capitale. Siccome le risorse vanno sempre a diminuire, secondo questo approccio, per risolvere il problema, basta aumentare il capitale per sostituirlo ad esse (l’idea ad esempio è che se distruggo una foresta, posso risolvere il problema costruendoci sopra una fabbrica). I problemi della sostenibilità debole però erano principalmente tre: 1) La natura non fornisce solo risorse ma anche altri servizi, ad esempio il supporto alla vita, il mantenimento delle atmosfere 2) Critica di Georgescu alla funzione di produzione; enfatizza la differenza tra FONDI e FLUSSI. I fondi sono elementi che forniscono servizi produttivi senza perdere le loro caratteristiche qualitative durante il processo produttivo (ad esempio un forno per fare il pane); i flussi sono invece materiali che sono trasformati da elementi di fondo e si esauriscono nel processo produttivo (ad esempio la farina per fare il pane) Quindi se io non ho più farina, posso usare un maggior numero di forni per continuare a produrre il pane? NO. 3) Differenze temporali, ovvero, viene usata la stessa scala temporale per due fenomeni che non si producono nello stesso tempo Tutti questi aspetti conducono gli economisti ad accantonare la sostenibilità debole ed accettare l’idea di sostenibilità forte, dove si riconosce che la natura non può essere sostituita con il capitale. La trasformazione di materiali n prodotti da parte di lavoro e capitale, tramite l’energia, consentono una limitata sostituzione del capitale naturale con il capitale manufatto. 38. SOSTITUIBILITA’ TRA CAPITALE ARTIFICIALE E CAPITALE NATURALE Il capitale naturale e quello artificiale non sono sostituibili a piacere. La natura biofisica del processo produttivo, ovvero la trasformazione di materiali in prodotti dagli agenti (lavoro e capitale), per mezzo dell’energia, consentono una limitata sostituzione del capitale naturale con il capitale manufatto. Se si sostituisse capitale naturale con capitale manufatto (distruggo una foresta e ci costruisco sopra una fabbrica), arriveremmo a livelli massimi di degrado ambientale. 39. REGOLA DI HARTWICK La regola di Hartwick si riconduce alla sostenibilità debole e dice che, quando non c’è crescita nella popolazione è sufficiente investire l’intero valore della rendita della risorsa in capitale riproducibile. Ovvero, richiede di applicare tutti i redditi derivanti dalla proprietà delle risorse naturali per accumulare capitale artificiale. VEDERE COME SI OTTIENE LA REGOLA DI HARTWICK NELLA PERTE DEGLI APPUNTI “SOSTENIBILITA’ PT3” 40. RISORSE RINNOVABILI E NON RINNOVABILI L’Economista Roegen inizia a far presente che lo sviluppo economico è basato su risorse non rinnovabili: questo significa che se sta aumentando il benessere/consumo della generazione attuale, poiché le risorse sono non rinnovabili, il benessere/consumo delle generazioni future diminuirà. Utilizzando risorse non rinnovabili si riduce la popolazione che nel complesso può essere sostenuta dal pianeta: aumentare l’uso delle risorse significa diminuire la permanenza dell’uomo sulla terra. La somma della popolazione per l’uso di risorse pro-capite è minore dello stock totale di risorse. Questo ci fa capire che la sostenibilità è una questione di prospettiva temporale. Secondo questo ragionamento sono sostenibili quelle società che si basano sulle risorse rinnovabili, ad esempio solo sul flusso di energia solare (come le società per- industriali). Dobbiamo quindi: preparare la transizione verso il solare, in modo che non si riducano i servizi energetici; minimizzare l’uso dei minerali non energetici; promuovere il riutilizzo e il riciclo e sostituire materiali scarsi con materiali abbondanti. Riguardo al riciclo dobbiamo stare attenti perché spesso è più costoso in termini energetici e materiali (inoltre non è risolutivo). Georgescu parla poi di “asimmetria della scarsità” dicendo che: -risorse non rinnovabilil’uomo ha un controllo quasi completo su queste risorse (potrebbe decidere di consumare anche tutto il carbone disponibile sulla terra oggi); il tasso di sfruttamento dei giacimenti può essere determinato a piacimento: la scarsità dipende esclusivamente dalla quantità strettamente limitata di energia/materia disponibile. -risorse rinnovabilil’uomo non ha nessun controllo sul flusso delle radiazioni solari (non può consumare oggi il flusso del futuro). Sebbene l’energia solare risulti disponibile in quantità praticamente illimitata, la sua accessibilità è limitata dai modi e dai tempi dell’irradiazione del globo terrestre (ovvero, l’energia solare non è scarsa ma dipende dalla nostra capacità di utilizzarla). 41. SVILUPPO SOSTENIBILE Lo sviluppo sostenibile deve assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione attuale senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Lo sviluppo sostenibile è quindi una multidimensionalità composta dalla dimensione economica, sociale e ambientale. Per rappresentare in maniera completa il concetto di sviluppo sostenibile viene utilizzata la rappresentazione ad uovo. La nozione di sviluppo sostenibile è entrata nel linguaggio comune con la pubblicazione, nel 1987, del rapporto “Our Common Future” da parte della Commissione Mondiale per L’Ambiente e lo Sviluppo, di cui a capo era la prima ministra norvegese Brundtland. 42. EQUITA’ INTER E INTRAGENERAZIONALE Attraverso la definizione di sviluppo sostenibile, si capisce che non deve esserci equità solo all’interno della generazione attuale, quindi facendo si che tutte le persone presenti adesso sulla terra abbiano la possibilità di soddisfare i propri bisogni; ma deve esserci equità anche intra-generazionale. C’è infatti un conflitto tra le generazioni attuali e quelle future per il soddisfacimento dei bisogni. (La parola bisogno è stata espulsa dai termini economici e ora si parla sempre di “preferenze”. Ma in realtà sono concetti molto diversi perché il bisogno si riferisce più ad una necessità che ad una preferenza). GRUPPO D 43. PER QUALI MOTIVI ASSEGNARE UN VALORE MONETARIO ALL’AMBIENTE NON E’ SUFFICIENTE A SALVAGUARDARE L’AMBIENTE? Nell’approccio a la Pigou, la politica ambientale deve determinare i livelli socialmente ottimi di inquinamento. Per questo motivo, secondo gli economisti, è necessario stimare il valore economico delle esternalità e cercano così di misurare le preferenze degli individui attraverso l’approccio monetario. Le diverse misure delle preferenze degli individui derivano dalla domanda che quell’individuo ha espresso nei confronti di un certo bene. Il problema però è che questo non è sufficiente per salvaguardare l’ambiente, perché la domanda di un bene dal parte di un individuo, dipende anche dal suo reddito. Se una persona è molto ricca, non cambierà facilmente la domanda di un bene rispetto al prezzo che gli viene assegnato. Se questo bene è particolarmente inquinante e gli viene perciò assegnato un prezzo molto alto, se io posso permettermelo lo stesso, lo domanderò senza problemi e continuerò perciò ad inquinare. 44. STANDARD (COMMAND E CONTROL) PREGI E DIFETTI Nel caso delle politiche di command e control, il regolatore pubblico stabilisce le regole di comportamento ( e le relative sanzioni) e poi ne controlla il rispetto. In questo modo si vietano alcune azioni, si stabiliscono le caratteristiche dei prodotti, si impone una certa etichettatura e si pongono dei limiti alle emissioni. Gran parte degli obblighi fissati dalla normativa vengono chiamati standard. Si stabiliscono dei limiti massimi di inquinamento oltre i quali si deve provvedere all’abbattimento. Gli standard, per funzionare, necessitano di adeguati controlli e sanzioni. Tra i principali problemi degli standard infatti abbiamo: 1) Costi del controllo per la pubblica amministrazione; più controlli ci sono e più costi sostiene la pubblica amministrazione 2) Problema del contezioso; la sanzione potrebbe essere troppo blanda, facile da raggiare e al soggetto potrebbe convenire non rispettarla 3) Problema della corruzione; se le sanzioni sono troppo elevate, aumenta la probabilità di corruzione (posso accordarmi con il controllore per pagare meno dando qualcosa anche a lui) Tra i difetti degli standard abbiamo che: - Non stimolano i produttori a ricercare tecnologie più “verdi”. Gli enti pubblici devono tenersi informati sulla continua evoluzione tecnologica e essere pronti a modificare gli standard - Standard troppo restrittivi possono causare costi eccessivi alle imprese e renderle meno competitive - In assenza di incertezza sono più costosi della tassa da un punto di vista del costo complessivo di abbattimento In sostanza quindi la fissazione degli standard rischia di essere troppo onerosa e poco efficace. Tanto più vengono fissati degli standard lontani dalla tecnologia e dalle condizioni di mercato, tanto più per il soggetto è oneroso rispettarli. Il command e control è efficace se c’è elevata probabilità di venire sanzionati se violiamo la norma (quindi vuol dire che ci sono controllo frequenti ma questo comporta un sostenimento di maggiori costi per la pubblica amministrazione) e se le sanzioni sono elevate (però questo comporta un aumento del contenzioso e della probabilità di corruzione). Il pregio degli standard è che impongono dei limiti massimi per l’inquinamento, che, se vengono rispettati, comportano al miglioramento del degrado ambientale. Infatti lo standard è uno strumento molto efficace nel caso in cui i danni all’ambiente siano molto gravi o irreversibili e inoltre è anche uno strumento socialmente più accettato (dagli ambientalisti, dai produttori, dai politici). Ci sono diversi tipi di standard che limitano determinate azioni: 1) Standard di emissione, stabiliscono la quantità massima consentita di sversamento per unità di materia in un corpo ricettore 2) Standard di qualità del corpo ricettore, stabiliscono la concentrazione massima di inquinanti nel corpo ricettore 3) Standard di processo, stabiliscono l’obbligo per i produttori di utilizzare determinate tecnologie 4) Standard di prodotto, norme che riguardano la qualità ambientale 45. RELAZIONE TRA STANDARD E SANZIONE Quando utilizziamo uno strumento di politica ambientale è necessario interrogarsi sulla capacità dello strumento di servire allo scopo, ovvero sulla sua efficacia (è ovviamente importante andare a valutare anche la sua efficienza). Ci chiediamo quindi se, in presenza di uno standard, al singolo convenga rispettarlo oppure no. Individuiamo: C= costo per rispettare la legge (se rispetto lo standard sostengo un costo C) S= sanzione che dovrei pagare se violo la legge (ha una certa probabilità p perché dipende dalla frequenza dei controlli) In base a questo abbiamo 3 diversi scenari: Gv=K ---guadagno netto dell’individuo se viola la norma ma non c’è la sanzione Gr=K-C ---guadagno netto dell’individuo se rispetta la norma (paga il costo) Gs=K-S ----guadagno netto dell’individuo se viola la norma e viene sanzionato È necessario che S SIA MAGGIORE DI C, altrimenti all’individuo conviene sempre violare. CONVIENE RISPETTARE LO STANDARD SE E SOLO SE: U(Gr) E’ MAGGIORE DI pxU(Gs)+(1-p)xU(gv) Ovvero se l’utilità del guadagno se rispetto la norma è maggiore della probabilità di essere sanzionati per l’utilità del guadagno se violo la norma più la probabilità di non essere sanzionati per l’utilità del guadagno se violo la norma e non vengo sanzionato. 46. CONFRONTO TRA STANDARD ED IMPOSTE AMBIENTALI Nel caso dell’introduzione di un’imposta, l’impresa sceglie il livello di abbattimento di emissioni in modo da eguagliare il costo di abbattimento con l’imposta. Se mettiamo a confronto lo standard con l’imposta, possiamo dire utilizzare lo standard è più costoso perché si ha un costo di abbattimento maggiore per ottenere lo stesso livello di emissioni. Perché con lo standard i livelli di emissioni delle imprese devono essere uguali, ma le imprese non abbatteranno in modo da eguagliare i loro costi marginali, abbatteranno invece in base alle loro emissioni iniziali, e quindi è chiaro che, se un’impresa emette tanto, deve abbattere di più per poter arrivare al limite consentito dallo standard, e quindi sosterrà più costi di abbattimento, rispetto invece all’imposta che viene fatta pagare in base al livello di emissioni fatte. 47. CONFRONTO TRA IMPOSTE AMBIENTALI E PERMESSI NEGOZIABILI Poiché gli standard sono poco efficienti dal punto di vista dei costi e per le imposte è difficile stabilirne il livello opportuno, vengono introdotti i permessi negoziabili per superare queste difficoltà. Viene fissato un massimo quantitativo di emissioni consentite e questa quantità massima viene suddivisa in tanti titoli, che vengono collocati sul mercato e ai quali viene assegnato un prezzo. Attraverso questi titoli si dà la possibilità alle imprese di scambiarsi il diritto ad emettere: un’impresa potrebbe acquistare tutti i titoli sul mercato e quindi emettere da sola il massimo consentito, a patto che le altre (avendo venduto il loro diritto ad emettere), non emettano nessuna quantità. In questo modo l’impresa sceglie un livello di permessi negoziabili in modo da minimizzare la somma dei costi di abbattimento e spesa (o ricavo) per l’acquisto (o la vendita) dei permessi. Come per le imposte, l’impresa cerca di minimizzare il costo e così facendo, eguaglia il prezzo al costo. I problemi dei permessi negoziabili sono principalmente la scelta del criterio di assegnazione (onerosi o gratuiti) e la difficoltà della formazione di un mercato per questi permessi (perché sono strumenti di concorrenza). Se mettiamo a confronto i permessi con le imposte possiamo dire che a livello ambientale, sono più efficaci le imposte, perché spesso, nei permessi, non si raggiunge l’efficienza del costo e si rischia di spendere di più nel totale dei costi di abbattimento, inoltre spesso si trasformano in standard molto permissivi per le fonti inquinanti esistenti. 48. CONFRONTO TRA STANDARD E PERMESSI NEGOZIABILI In molti casi i premessi negoziabili si trasformano in standard, a causa della difficoltà della formazione di un mercato per i permessi. La realtà infatti ha insegnato che spesso coloro che possiedono permessi negoziabili tendono ad utilizzarlo come barriere all’entrata e strumenti di concorrenza. Nel mercato quindi non si forma un’offerta dei diritti e quindi non c’è nessun scambio di permessi e perciò non si raggiunge l’obiettivo dell’allocazione cost-effective. In questo caso i permessi negoziabili si trasformano in standard molto permessivi per le fonti inquinanti esistenti e ostacolano l’entrata di nuovi concorrenti sul mercato. 49. SE UN BENE E’ MOLTO INQUINANTE E LA SUA DOMANDA E’ MOLTO RIGIDA, L’INTRODUZIONE DI UN’IMPOSTA SI DIMOSTRERA’ EFFICACE NEL RIDURRE L’INQUINAMENTO DOVUTO AL CONSUMO DEL BENE? PERCHE’? Se la domanda di un bene molto inquinante è molto rigida, allora l’introduzione di un’imposta si dimostrerà inefficace per ridurre la produzione del bene inquinante. Questo perché il bene verrà domandato lo stesso e perciò l’onere della tassa ricade sui consumatori, in quanto rappresenterà di più uno strumento per raccogliere gettito. Il consumatore non può rinunciare a quel bene e quindi è disposto ad acquistarlo anche ad un prezzo più alto. Ad esempio succede se metto un’imposta sulla benzina: il suo prezzo aumenta ma i consumatori non possono rinunciarci e quindi saranno disposti a pagare di più, in questo caso l’imposta diventa una fonte di gettito per lo stato e non uno strumento per ridurre l’uso, e quindi l’inquinamento, di quel bene. VEDERE GRAFICI SULL’ELESTICITA’ DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA NELLA PARTE DEGLI APPUNTI “STRUMENTI DI POLITICA AMBIENTALE PT2” 50. ILLUSTRARE IL CONCETTO DI COSTO DI ABBATTIMENTO DELL’INQUINAMENTO Il costo di abbattimento è dato dalla somma dei mancati profitti e degli eventuali costi per ridurre le emissioni. Le emissioni si riducono solo riducendo le quantità prodotte (mancati profitti). Per quanto riguarda le imposte, l’impresa avrà l’obiettivo di eguagliare il valore dell’imposta al costo marginale di abbattimento e quindi, per ottenere un livello socialmente desiderabile di abbattimento, il regolatore deve fissare un livello di imposta tale da indurre le imprese ad effettuare il necessario abbattimento. 51. IN PRESENZA DI UNA TASSA SULLE EMISSIONI INQUINANTI, COME SI COMPORTA UN’IMPRESA NELLO STABILIRE QUANTE EMISSIONI ABBATTERE? “Abbattendo”, ovvero riducendo le emissioni, si pagano meno imposte, ma nello stesso tempo le misure anti-inquinamento sono costose e fanno sì che i profitti si riducano. C’è quindi un trade off. L’impresa paga delle imposte e spende per abbattere, il suo obiettivo è quindi quello di minimizzare la spesa di abbattimento. L’impresa vuole minimizzare MCA(A)+hE Dove MCA sono i costi marginali di abbattimento, h è l’imposta sulle emissioni ed E sono le emissioni. Per minimizzare il costo, deve essere soddisfatta la condizioni di primo ordine: derivata di MCA(A)+hE rispetto alle emissioni UGUALE A ZERO. Da questo ottengo MCA(A)+h, ovvero MCA(A)=h Il costo marginale di abbattimento deve essere uguale all’imposta, ovvero, per ottenere un livello socialmente desiderabile di inquinamento, il regolatore deve fissare un livello di imposta h tale da indurre le imprese ad effettuare il necessario abbattimento. 52. INEFFICACIA DELLE IMPOSTE IN CASO DI INFORMAZIONE INCOMPLETA SUI COSTI DI ABBATIMENTO Potrebbe succedere che il regolatore, per fissare una certa imposta h, stimi in maniera sbagliata i costi marginali che sostengono le imprese. Questo potrebbe essere un grave errore perché le imprese scelgono il livello di abbattimento ottimo in modo da eguagliare i costi marginali di abbattimento con il livello di imposta fissata. Se il regolatore stima dei costi marginali più bassi rispetto a quelli effettivamente sostenuti, le imprese, che invece tengono conto del loro costo effettivo, abbatteranno meno, perciò l’abbattimento totale sarà minore dell’abbattimento desiderato: questo significa che l’imposta è troppo bassa rispetto al necessario. Se invece il regolatore stima dei costi marginali più alti rispetto a quelli effettivi delle imprese, le imprese sarebbero troppo efficaci e si avvertirebbe un eccesso di abbattimento, che, dal punto di vista ambientale è ottimo, ma si rischi di far pagare alle imprese troppe tasse, mettendole in difficoltà. GRUPPO E-F 53. ALLOCAZIONE EFFICIENTE IN SENSO DI PARETO Per andare a valutare e fissare l’obiettivo di inquinamento ottimale, il soggetto di politica economica deve valutare se sussistono delle ragioni per intervenire in campo ambientale e, in caso affermativo, valutare gli obiettivi. La principale questione consiste nel definire le preferenze di una società, cioè i criteri in base ai quali giudica migliore un’alternativa rispetto ad un’altra. In alcuni casi è facile confrontare due alternative tramite il principio dell’efficienza paretiana. Dice che un’alternativa è preferibile all’altra quando almeno un individuo la preferisce mentre gli altri la pongono sullo stesso piano. Si ha efficienza paretiana quando ogni modifica all’allocazione dei fattori produttivi (capitale, persone, materie) che migliora la situazione di un agente economico, produce un peggioramento nella situazione di almeno un altro individuo. L’efficienza paretiana viene utilizzata per valutare le performance del mercato, in modo tale da dimostrare i “fallimenti”, cioè l’incapacità del mercato di raggiungere l’efficienza in determinate condizioni Sostanzialmente l’efficienza paretiana dice che non si può migliorare la condizione di un soggetto senza peggiorare la condizione di un altro. Questo concetto funziona però solo se i produttori pagano tutti i costi associati alla produzione. Ad esempio se un produttore di acciaio, per produrre “utilizza” anche aria pulita, ma non include il costo di utilizzare aria pulita nel calcolo dei suo profitti/perdite, il risultato è inefficiente. Perché lui produce acciaio fino a che il prezzo di vendita è superiore al costo sostenuto, ma questo significa che, in termini di inquinamento, alcuni beni possono essere prodotti anche se il loto costo, compreso il conseguente inquinamento, è maggiore del loro valore. 54. PRINCIPIO DI KALDOR-HICKS Il principio di Kaldor-Hicks dice che una modifica nell’allocazione delle risorse è migliore se i benefici ottenuti da alcune componenti superano le perdite di benessere subite da altre componenti, in modo che, dopo un’eventuale compensazione delle perdite, risulti ancora un incremento di benessere per almeno un individuo. In un sistema economico ideale le merci che valgono di più di quanto costa produrle, vengono prodotte, al contrario, quelle che valgono meno, no. Questo perché se un bene vale di più di quanto costa produrlo, il produttore riceve più di quanto paga e realizza un profitto; se il bene vale meno di quanto costa produrlo, esso subisce una perdita. Questo è inefficiente dal punto di vista dell’inquinamento, perché se il produttore, conta nei costi sostenuti anche quelli dovuti all’inquinamento che produce il suo bene, allora avrà incentivo a ridurre l’inquinamento in modo da sostenere meno costi; ma se il produttore, non conta i costi dovuti all’inquinamento, allora non avrà nessun incentivo a prevenirlo. Questo ci fa capire che il fatto che l’inquinamento sia un costo esterno determina sia un livello inefficientemente alto di produzione del bene, sia un livello inefficientemente basso del controllo dell’inquinamento. 55. ESTERNALITA’ Con il termine esternalità ci riferiamo ai costi sociali dovuti allo sfruttamento dell’ambiente. “Esterne” perché sono effetti esterni al soggetto decisionale, non rientrano nel calcolo privato, in quanto non sono oggetto di transazione (sono infatti esterne al mercato), ma che hanno ricadute su altri soggetti, imprese o consumatori. Le esternalità possono derivare dalla produzione o dal consumo. Si verificano quando un agente economico genera un danno (ma potrebbe essere anche un vantaggio) ad altri agenti economici. Il problema principale è che chi genera il danno non paga per quel danno. Il mercato, il cui obiettivo è la massimizzazione del beneficio privato, sistematicamente tenderà ad internalizzare i benefici ed esternalizzare i costi: da qui si crea l’incertezza della stima della valutazione dei danni (e quindi anche dei costi ambientali). 56. CHE COSA VUOL DIRE CHE IL SMT E’ MAGGIORE DEI SMS? Innanzi tutto diciamo che SMS è il saggio marginale di sostituzione ed è dato dal rapporto tra i prezzi di due beni; mentre il SMT è il saggio marginale di trasformazione ed è uguale al rapporto tra i costi marginali (sempre di due beni). Il rapporto tra i prezzi, ovvero il SMS indica quanto i consumatori siano disposti a scambiare i due beni tra di loro (ad esempio il rapporto 5:1 indica che i consumatori sono disposti a scambiare 1 unità di un bene con 5 unità dell’altro bene). Il rapporto tra i costi marginali, ovvero il SMT, ci dice come posso trasformare un bene con un altro, spostando i fattori produttivi da un settore ad un altro, ovvero è la frontiera tecnologica (indica se ci sono le possibilità tecniche per effettuare questo scambio). Una delle condizioni di efficienza dell’equilibrio economico generale è che SMS DEVE ESSERE UGUALE A SMT. In questo caso, se SMT è maggiore di SMS significa che, per raggiungere l’efficienza, si dovrà aumentare il prezzo di un bene e diminuire il prezzo dell’altro bene. Una soluzione efficiente potrebbe essere ottenuta inserendo una tassa (oppure obbligando le due imprese che producono una un bene e l’altra un altro, a fondersi). Sostanzialmente, quando SMT>SMS significa che si stanno producendo più quantità di beni rispetto a quelle richieste dal consumatore. 57. BENE PUBBLICO (IN ECONOMIA) I bene pubblici (puri) in economia, sono quei beni non escludibili e non rivali. Non escludibili significa che una persona non può essere esclusa dal consumo di quel bene; non rivalità significa che se io uso quel bene, poi quel bene potrà comunque essere utilizzato da qualcun altro. Ad esempio un faro sulla costa: non si riesce ad impedirne l’utilizzo da parte di una specifica nave e l’uso del faro da parte di una nave non riduce la disponibilità per le altre. Non rivalità e non escludibilità non si implicano a vicenda. Ci chiediamo quindi chi è che finanzia i beni pubblici: potremmo avere il Free Riding. Ovvero ci dice che è razionale non rivelare le proprie preferenze, impedendo alla contrattazione volontaria, il raggiungimento del massimo benessere sociale. Ad esempio se la luce dei lampioni verrebbe fatta pagare in base alle preferenze dei cittadini, un cittadino (sapendo che gli altri pagheranno per avere la luce), potrebbe dire di non volerla in modo da non sostenere costi ma ottenere comunque il quartiere illuminato (poiché gli altri cittadini preferiscono volerla e quindi sono disposti a pagarla). Invece la cosa migliore sarebbe indicare quanti soldi è disposto a pagare un individuo per avere quel bene. 58. INQUINAMENTO OTTIMALE Le esternalità negative fanno divergere il prezzo rispetto all’effettivo costo marginale: il prezzo dovrebbe invece eguagliare il costo per produrre un’unità aggiuntiva di bene. Se il prezzo e il costo marginale sono diversi tra loro, allora dobbiamo riallocare le risorse per rimediare alla perdita di benessere. L’idea è infatti che, sfruttando l’ambiente, otteniamo dei benefici (poiché otteniamo delle risorse) e in genere questo è un vantaggio, ma otteniamo anche degli svantaggi pubblici (se il privato inquina ci rimettono tutti). Dobbiamo quindi trovare un compromesso perché c’è un conflitto tra interessi privati e valori etico-sociali. Per trovare il compromesso, questo conflitto di interesse deve essere valutato in moneta. Per risolvere il problema delle esternalità negative possono essere prese in considerazione: gli strumenti fiscali (in particolare le imposte Pigouviane) oppure la definizione del sistema dei diritti di proprietà e libera contrattazione del mercato (teorema di Coase). 59. PERCHE’ IN PRESENZA DI ESTERNALITA’, IL MERCATO NON RAGGIUNGE SPONTANEAMENTE L’EFFICIENZA SOCIALE? Secondo gli economisti, il mercato non raggiunge spontaneamente l’efficienza sociale perché gli individui non pagano interamente per le loro azioni. Il mercato tende a massimizzare i benefici e esternalizzare i costi, in questo modo. Le esternalità non rientrano nel calcolo del costo privato, in quanto non sono oggetto di transazione (sono infatti esterne al mercato) e per questo, chi produce delle esternalità non paga per il danno che sta provocando e farà ricadere il danno su altri soggetti. 60. IMPOSTA PIGOUVIANA L’obiettivo delle imposte pigouviane è quello di internalizzare le esternalità (rendere i costi esterni una componente dei costi interni). È chiaro che non potrà essere fissata un livello qualsiasi di imposta, ma sarà fissata ad un livello da produrre un certo inquinamento che massimizza il benessere sociale: si fisserà un’imposta t per ogni unità di emissioni E (le imprese pagheranno imposte per un ammontare pari a txE). Il livello di imposta dipende dalla forma di un mercato: concorrenza perfetta o monopolio. 61. COME SI CALCOLA IN UN MERCATO DI CONCORRENZA PERFETTA L’IMPOSTA OTTIMALE? Per ogni livello di produzione stimiamo il corrispondente costo sociale (D), ovvero il costo dovuto alle emissioni: otteniamo così il “vero” costo marginale di un certo prodotto C’+D’, ovvero CMG+DMG. L’efficienza allocativa si ottiene quando P=CMG (ovvero quando il prezzo è uguale al costo marginale complessivo). Il regolatore fissa un’imposta t su una quantità di prodotto Q, in modo che Q scambiata realizzi l’efficienza allocativa (ovvero che si raggiunga P=CMG+DMG). Il livello di t dipende dal grado di concorrenza che prevale sul mercato. VEDERE COSA AVVIENE DAL PUNTO DI VISTA GRAFICO E DAL PUNTO DI VISTA ANALITICO NELLA PARTE DEGLI APPUNTI “ECONOMIA DELL’AMBIENTE PT2” 62. MOSTRARE CHE L’ALIQUOTA DI IMPOSTA PIGOUVIANA DEVE ESSERE PIU’ ELEVATE IN CONCORRENZA PERFETTA CHE IN MONOPOLIO Nel caso di concorrenza perfetta l’efficienza allocativa si realizza quando il prezzo del prodotto è uguale al costo marginale complessivo (compreso del danno sociale provocato), ovvero quando P=CMG+DMG Nel caso di monopolio, le imprese massimizzano i profitti: - Nel punto di massimo profitto vale CMG=RMG, che in presenza di imposta diventa RMG=CMG+t - RMG=P-Y (dove Y rappresenta l’extra profitto che le imprese riescono ad ottenere per mancanza di concorrenza, Y=0 in concorrenza perfetta) Quindi in questo caso ottengo che: CMG+t=P-Y, ovvero P=CMG+t+Y Se combino insieme concorrenza perfetta e monopolio ottengo: CMG+DMG=CMG+t+Y e quindi t=DMG-Y In concorrenza perfetta avrò t=DMG, quindi avrò un livello di imposte superiori rispetto al monopolio, perché le imprese sono tante e non raggiungono extra- profitti. 63. STANDARD E IMPOSTE PIGOUVIANE IN PRESENZA DI INFORMAZIONE INCOMPLETA SUI COSTI DI ABBATTIMENTO E DI EFFETTI SOGLIA SUL DANNO AMBIENTALE In caso di incertezza sui costi marginali di abbattimento, possiamo avere due casi: sovrastima/sottostima dei costi privati con danno marginale sociale molto elastico, oppure sovrastima/sottostima dei costi privati con danno marginale poco elastico. Sostanzialmente otterremo che: quando stimo in maniera errata i costi privati di abbattimento e la funzione di danno marginale privato è molto elastica, allora lo standard sarà più efficiente rispetto alle imposte, perché in entrambi avrò perdite di benessere, ma nel caso dello standard la perdita di benessere sarà minore rispetto a quella subita nel caso delle imposte. Se invece la funzione del danno marginale è poco elastica, allora sarà più efficiente l’imposta , perché avrò una perdita di benessere minore in quel caso rispetto allo standard. Nel caso invece ci siano incertezze sugli effetti soglia del danno, confrontando l’intervento co uno standard e con un’imposta, posso dire che è indifferente quali tra i due scegliere perché entrambi producono lo stesso errore, cioè la stessa perdita di benessere. VEDERE TUTTI I CASI DAL PUNTI DI VISTA GRAFICO NELLA PERTE DEGLI APPUNTI “ECONOMIA DELL’AMBIENTE PT3” 64. TEOREMA DI COASE Il teorema di Coase riguarda l’approccio ai diritti di proprietà. Quella di Coase è una scuola di pensiero che, per risolvere il problema delle esternalità, propone un intervento pubblico più limitato rispetto a quello che mira a fissare un’imposte o uno standard. Secondo Coase, poiché i problemi ambientali derivano dalle transazioni fisiche sul mercato, la soluzione è quella di definire dei diritti di proprietà sui beni ambientali e lasciare che sia la contrattazione privata a ridurre le esternalità. Chiunque sia la vittima che subisce il danno, si possono avere due tipi di soluzioni: 1) Colui che inquina potrebbe essere disposto a pagare una somma per compensare chi subisce il danno: in questo caso i diritti di proprietà sono affidati a chi subisce l’inquinamento 2) Colui che subisce il danno potrebbe essere disposto a pagare una certa somma all’inquinatore per limitare la sua attività: in questo caso i diritti di proprietà sono assegnati a colore che inquinano In questo caso quindi la contrattazione non la fa lo stato ma la fanno i due privati: ad esempio se abbiamo un depuratore e una cartiera e il diritto viene assegnato a chi subisce il danno (quindi in questo caso il depuratore perché viene inquinato dalla produzione della cartiera), la cartiera può acquistare il diritto di proprietà di usare l’acqua e a quel punto, il depuratore può chiedere alla cartiera di inquinare meno ottenendo in cambio una somma di denaro. Seguendo questo ragionamento capiamo quindi che c’è la sovranità del consumatore: si basa tutto sulle sue preferenze. Secondo Coase lo stato deve solo garantire che questi agenti abbiano la possibilità di scambiarsi diritti di proprietà. Secondo il suo approccio, l’esistenza di costi di transazione influenza la quantità dei beni scambiati sul mercato. Un altro aspetto da tenere in considerazione è il reddito delle persone: avere o meno il diritto ad inquinare influenza il reddito degli individui. Perciò, affinché il risultato sia unico, devo avere: assenza di costi di transazione e assenza di cambiamenti nel reddito. Una cosa certa nell’approccio di Coase è il raggiungimento dell’efficienza, proprio perché lo stato non interviene. Il teorema di Coase ha però dei limiti: - Presuppone relazioni semplici, che però sono poco frequenti nella realtà; è impossibile sapere chi è il danneggiato e quali sono i danni effettivi - L’ambiente è un bene pubblico e proprio per questo gode del principio della non rivalità e non escludibilità Nella realtà il teorema di Coase è quindi poco utile perché: c’è difficoltà ad assegnare i diritti di proprietà e ad individuare chi è l’inquinato e chi l’inquinante, c’è difficoltà a condurre trattative perché è prevedibile un comportamento da free-rider ecc. 65. PERCHE’ IL FREE-RIDING E’ RILEVANTE NELLA DISCUSSIONE DEL TEOREMA DI COASE? Il free-riding è rilevante nella discussione del teorema di Coase perché se si verifica questo comportamento, è difficile portare avanti delle contrattazioni per i diritti di proprietà tra una moltitudine di soggetti. Secondo il free-riding è razionale non rivelare le proprie preferenze, impedendo alla contrattazione volontaria, il raggiungimento del massimo benessere sociale. Ad esempio se la luce dei lampioni verrebbe fatta pagare in base alle preferenze dei cittadini, un cittadino (sapendo che gli altri pagheranno per avere la luce), potrebbe dire di non volerla in modo da non sostenere costi ma ottenere comunque il quartiere illuminato (poiché gli altri cittadini preferiscono volerla e quindi sono disposti a pagarla). Invece la cosa migliore sarebbe indicare quanti soldi è disposto a pagare un individuo per avere quel bene. GRUPPO G 66. VARIAZIONE EQUIVALENTE, SURPLUS DEL CONSUMATORE E VARIAZIONE COMPENSATIVA La variazione compensativa, la variazione equivalente e il surplus del consumatore sono tre indicatori di benessere del consumatore e sono alla base dei metodi di valutazione monetaria. Questi indicatori vengono utilizzati per misurare come varia il benessere del consumatore al variare del prezzo di un bene, quando invece vengono utilizzati nelle valutazioni di beni non di mercato allora consideriamo la variazione delle condizioni ambientali. Il surplus del consumatore è il “guadagno” in termini di denaro che il consumatore trae dall’acquisto di un bene. La variazione compensativa è la variazione del reddito che compensa, in termini di utilità, una variazione del prezzo di un bene. La variazione equivalente è la variazione del reddito, che equivale, in termini di utilità, all’aumento del prezzo di un bene. VEDERE I GRAFICI NELLA PARTE DEGLI APPUNTI “LA VALUTAZIONE MONETARIA PT1 67. DISPONIBILITA’ AD ACCETTARE E DISPONIBILITA’ A PAGARE La disponibilità a pagare definisce quanto sono disposto a pagare per evitare che il danno avvenga. Si collega alla variazione equivalente (sono disposto a cedere una parte del reddito per evitare che il prezzo aumenti). La disponibilità ad accettare definisce quanto voglio in compensazione per accettare che il danno avvenga. Si collega alla variazione compensativa (quanto voglio in più in termini monetari per accettare l’aumento del prezzo). Possiamo applicare questo concetto anche alla qualità dell’ambiente (anche se è un concetto astratto). Definiamo: M= reddito; Eo= livello iniziale di qualità del proprio ambiente; I=impatto ambientale Abbiamo due casi: 1) L’individuo è disposto ad accettare l’impatto ambientale solo se riceve una compensazione C tale che: U(M+C, Eo+I)=U(M, Eo)--- willingness to accept (WTA), (minima) disponibilità ad accettare il peggioramento ambientale (per i beni non di mercato si chiama surplus compensato) 2) L’individuo è disposto a pagare una certa somma P per evitare il danno tale che: U(M-P,Eo)=U(M,Eo) --willingness to pay (WTP), (massima) disponibilità a pagare per avere la stessa qualità ambientale (per i beni non di mercato si chiama surplus equivalente). 68. METODO DEI COSTI DI VIAGGIO Il metodo dei costi di viaggio si basa sull’idea che un bene ambientale impatta molto quando gli individui supportano elevati costi per usufruirne/andare a visitarlo. Viene fatta una stima di una ipotetica domanda di accesso in quel bene (ad esempio l’accesso in un parco) prendendo in considerazione la zona di provenienza, gli abitanti il numero di visite per ciascuna zona, il costo della visita. Facendo una stima econometrica si ottiene la relazione tra la domanda (ovvero il numero di visite per mille abitanti, V) e il costo del viaggio C. In questo modo si può costruire la domanda aggregata rispetto ad un ipotetico prezzo di ingresso: ovvero ci immaginiamo di far pagare un prezzo per entrare (in questo caso) nel parco e ci chiediamo per quale prezzo nessuno va a visitare il parco. Dobbiamo quindi capire per quale prezzo V=0, cioè per quale livello di C si ottiene V=0. Però in questo caso, il prezzo dell’entrata è stato solo ipotizzato, in realtà il prezzo è nullo, ovvero VALORE= SURPLUS DEL CONSUMATORE (il valore che calcoliamo con il metodo del viaggio è uguale al surplus del consumatore). 69. METODO DEI PREZZI ENDONICI L’idea sulla quale si basa questo metodo è che il prezzo che un individuo è disposto a pagare per un bene dipende dall’insieme delle caratteristiche che questo possiede. Il prezzo di un bene infatti è influenzato da una serie di variabili (q): px= f(q1, q2, q3, …….., qn)--px=g(qe) dove qe è la variabile della “qualità ambientale” e dove si suppongono costanti tutte le variabili. VEDERE GRAFICI NELLA PARTE DEGLI APPUNTI “LA VALUTAZIONE MONETARIA PT1” 70. VALORE ECONOMICO TOTALE E VALUTAZIONE CONTINGENTE Con i metodi che analizzano il comportamento del consumatore rispetto ai beni di mercato, ovvero facendo un’analisi indiretta (metodo dei prezzi endonici, metodo dei costi di trasporto, spese difensive), si coglie il valore d’uso del bene ma non si colgono altri valori (ad esempio di eredità, di esistenza). Se volessimo fare una stima del valore economico totale, potremmo utilizzare i metodi che si basano sulle valutazioni delle preferenze espresse: ovvero utilizzare la valutazione contingente. Tramite la valutazione contingente andiamo a rilevare tramite interviste le disponibilità a pagare e le disponibilità ad accettare rispetto a cambiamenti dell’ambiente. 71. USO DEL TASSO DI SCONTO NELL’ANALISI COSTI-BENEFICI Il primo passo di questa analisi è quello di andare a valutare gli impatti e monetizzarli. Già questo però solleva dei problemi in quanto alcune grandezze di cui abbiamo bisogno derivano da dati di mercato e per cui sono già espresse in unità monetarie, mentre altre grandezze derivano da beni per i quali non esiste un mercato, ed è il caso dei “beni ambientali” (ad esempio l’aria pulita). Per poter confrontare due progetti dobbiamo: 1) Omogeneizzare gli importi dividendo ciascun termine per il fattore di sconto: (1+i)^t 2) Sommare gli importi scontatiottenendo così il VAN (VALORE ATTUALE NETTO) Quando i=0 vuol dire che non stiamo scontando. Per quanto riguarda il tasso di sconto, possiamo dire che un alto tasso favorisce progetti che hanno rendimenti immediati, mentre un basso tasso di interesse favorisce progetti che hanno rendimenti lontani nel tempo. Il tasso di sconto viene utilizzato principalmente per due ragioni: 1) COSTO OPPORTUNITA’ DEL CAPITALE: devo considerare il fatto che se usassi delle risorse oggi per un progetto, queste stesse risorse non posso utilizzarle di nuovo per un progetto domani. (se scelgo l’opzione A perdo l’opportunità di scegliere l’opzione B) 2) PREFERENZA TEMPORALE: può riguardare la “poca importanza” (preferisco avere l’uovo oggi invece che la gallina domani), può essere collegata anche al rischio di morte (oggi ci sono ma domani potrei non esserci più), può riguardare anche l’incertezza sull’entità costo/beneficio. Proprio per questo è importante fare una distinzione tra scelte private (individuali) e scelte pubbliche (collettive). Nelle scelte private è ammissibile fare una scelta per “pura impazienza”, ma il tema ambientale riguarda le scelte collettive della società (che decide anche per le generazioni future). Infatti, la principale preferenza temporale ammessa è l’utilità marginale decrescente rispetto al consumo: se io sono povero, consumare una verdura in più mi da un grande aumento di benessere, ma se io sono ricco, consumare una verdura in più aggiunge poco al mio livello attuale di benessere. Questo significa che posso applicare il ragionamento non sono all’interno della società ma anche tra generazioni diverse: se la generazione di domani starà molto meglio perché è avvenuta una crescita che ha fatto aumentare il benessere delle persone, allora è meglio che consumi un’unità di bene in più la generazione di oggi rispetto a quella di domani. Conclusione: l’analisi costi-benefici comporta una predominanza degli interessi attuali rispetto a quelli futuri. 72. TIR E VAN Il TIR e il VAN vengono utilizzati per effettuare l’analisi costi-benefici quando vogliamo confrontare tra loro due progetti per valutare quale sia il migliore da scegliere. Il VAN è il valore attuale netto, si ottiene sommando gli importi scontati e dipende quindi dal tasso al quale noi scontiamo (ovvero dalla i che sta al denominatore). Calcoliamo il valore attuale netto di ciascun progetto in funzione del tasso di interesse. Per poter scegliere tra due progetti però è importante definire anche il TIR, ovvero il tasso interno di rendimento. È un tasso implicito di rendimento del progetto, ed è il tasso che annulla il VAN. 73. CRITERI E DIMENSIONI Quando vogliamo effettuare una valutazione, la prima cosa da fare è quella di chiederci che cosa vogliamo osservare. C’è da dire che in questo caso la scienza non è neutrale, perché dobbiamo accettare la presenza della complessità sociale, ovvero che esistono differenti punti di vista da parte dei portatori di interesse e che ogni prospettiva ha dei legittimi motivi per essere sostenuta. Questo implica che una conseguenza fondamentale della complessità è che sistemi complessi non possono essere catturati in una singola dimensione o prospettiva. Questo invece è proprio quello che fa l’analisi monetaria: tenta di catturare in un’unica dimensione le varie descrizioni non equivalenti (mette insieme tutte le decisioni)ma più un indicatore è aggregato e più sarà imperfetto. Conoscere la somma di tutte le decisioni alla fine non serve a niente (da una parte semplifica l’analisi in quanto esistono moltissime decisioni, dall’altra la peggiora perché si perdono informazioni: c’è un trade off). Infatti uno dei principali metodi di valutazione è il Social Multicriterial Evalutation, dove la cosa più importante non è tanto il risultato ma la qualità del processo svolto. 74. MATRICE DEGLI IMPATTI Per facilitare l’analisi di valutazione possiamo costruire la matrice degli impatti, in cui sono presenti tutti i criteri e tutte le alternative possibili per ciascun criterio. L’obiettivo è quello di misurare le prestazioni (vantaggi e svantaggi) di ciascun’alternativa. L’approccio della matrice degli impatti vale su ogni scelta individuale e collettiva. 75. OUTRANKING MATRIX Per convertire il ranking nell’alternativa preferita dalla società esistono due metodi, uno di questi è il METODO DI CONDORCET. Questo è il metodo del “torneo”/confronto a coppie. Condorcet costruisce un outranking matrix (matrice dei confronti), che può essere scritta anche in termini percentuali per visualizzare più velocemente il risultato. Spesso il numero di indicatori a disposizione non è lo stesso per le diverse aree che abbiamo, possiamo decidere di attribuire a tutti i criteri lo stesso peso oppure dare un peso diverso a ciascun criterio. Il problema di questo metodo è il paradosso di Condorcet, ovvero, potremmo avere l’esistenza di un ciclo tra le alternative. Per risolvere questo problema potremmo utilizzare il metodo di Kemeny&Youg: propongono di presentare tutti i possibili ordinamenti e andare a calcolare il Kemeny Score per capire qual è l’alternativa più verosimile. Utilizzando questo metodo il ciclo prima o poi si spezza perché devo scartare sempre un’alternativa, ovvero devo considerare una relazione tra due alternative meno valida delle altre. 76. INCOMMENSURABILITA’ L’incommensurabilità impone di analizzare le diverse alternative sulla base di criteri multipli: ci dice infatti che è impossibile accumulare mele e pere sotto un unico indice valido per ogni scopo. Non si desidera un indice di preferenza tra le varie alternative, ma piuttosto una conoscenza delle diverse caratteristiche di ciascuna alternativa (caratteristiche di norma incommensurabili tra di loro). L’analisi consiste infatti nel processo di strutturazione del problema e nell’individuazione delle performance delle diverse alternative secondo i criteri scelti. 77. CONTA DI BORDA Dopo aver costruito la matrice degli impatti, possiamo effettuare l’analisi con il metodo di Borda (che poi sarebbe lo stesso metodo dell’analisi costi-benefici). Borda propone di attribuire dei punteggi ad ogni alternativa (diminuendo il punteggio mano a mano che riteniamo un’alternativa peggiore dell’altra). Si compiono due passaggi: 1) STANDARDIZZAZIONEsi standardizzano tutti i criteri in una stessa scelta 2) AGGREGAZIONEaggreghiamo le scelte e si dichiara vincitrice l’alternativa con il punteggio più alto. In realtà però i metodi più utilizzati sono quelli non compensativi dove il + e il – rappresentano la direzione dell’indicatore: se c’è + allora più l’indicatore è grande e meglio è (perché sono esternalità positive), se c’è il – allora l’indicatore più è grande e peggio è (ad esempio se parliamo di inquinamento). 78. VINCITORE DI CONDORCET Nel metodo di condorcet il vincitore è l’alternativa con il punteggio più alto, però potremmo trovarsi di fonte al problema della ciclicità delle alternative. Per risolvere questo problema potremmo utilizzare il metodo di Kemeny&Youg: propongono di presentare tutti i possibili ordinamenti e andare a calcolare il Kemeny Score per capire qual è l’alternativa più verosimile. Utilizzando questo metodo il ciclo prima o poi si spezza perché devo scartare sempre un’alternativa, ovvero devo considerare una relazione tra due alternative meno valida delle altre. Il vantaggio del metodo di Concert è che non ci obbliga a misurare i diversi criteri con la stessa unità di misura, lo svantaggio però è che non c’è certezza e non c’è oggettività. GRUPPO H 79. QUALI SONO I MOTIVI DEL DEGRADO AMBIENTALE NELLA VISIONE TRADIZIONALE DELL’ECONOMIA? Secondo la visione tradizionale dell’economia, la causa del degrado ambientale è dovuta alla mancanza di prezzi per i beni ambientali (in quanto beni liberi), e questa mancanza produce un uso eccessivo di essi. Secondo questa visione, per risolvere il problema dobbiamo: 1) Assegnare un valore monetario all’ambiente 2) Assegnare i diritti di proprietà dei beni ambientali il mercato e il sistema dei prezzi sono la via e lo strumento per risolvere la questione del degrado ambientale. 80. CHE COSA STUDIA L’ECONOMIA ECOLOGICA L’economia ecologia studia le interrelazioni tra sistemi economici ed ecosistemici. Tra i principali temi dell’economia ecologica infatti troviamo: - Applicazioni delle nozioni ecologiche agli ecosistemi umani - Valutazione dei sistemi ambientali in termini monetari ma anche la discussione dell’incommensurabilità dei valori - Valutazione del rischio - Misurazione del capitale naturale e dibattito sul concetto di “debole” e “forte” - Equità e conflitti di distribuzione ecologica 81. PERCHE’ LA VISIONE DELL’ECONOMIA NEOCLASSICA E’ UNA VISIONE LIMITATA DEL PROCESSO ECONOMICO? La visione dell’economia neoclassica è una visione limitata del processo economico perché: 1) C’è piena fiducia dell’istruzione del mercato (il mercato può essere in grado di aggiustare) 2) Uso del riduzionismo monetario per attribuire un valore all’ambiente (si esprime tutto in euro) 3) Fiducia nel progresso tecnologico come strumento per risolvere (i prezzi segnalano la scarsità delle risorse e questo produce dei cambiamenti tecnologici che nel breve termine aggiustano le cose) 4) Convinzione di una buona sostituibilità tra capitale naturale e capitale manufatto 5) Scarsa attenzione alla dimensione bio-fisica 82. QUALI SONO LE CARATTERISTICHE ESSENZIALI DELL’ECONOMIA ECOLOGICA (VISIONE MINIMALE)? Secondo l’interpretazione minimale, lo scopo dell’economia ecologica è quello di integrare economia ed ecologia: la scienza economica deve essere più cosciente delle dipendenze e degli impatti ecologici e l’ecologia deve essere più sensibile alle dinamiche economiche. Le conseguenze di questo approccio sono: 1) INTERDISCIPLINARIETA’ i problemi ambientali non possono essere risolti solo dall’economista o solo dall’ambientalista, è necessaria una comunicazione tra le diverse discipline 2) PLURALISMO è necessario considerare le idee/opinioni di tutti Inoltre, secondo questa interpretazione, è necessario assumere un atteggiamento prudenziale (principio di precauzione). Possiamo avere due atteggiamenti: l’ottimismo tecnologico (crescita economica e fiducia nella tecnologia) tipico degli economisti e il pessimismo tecnologico (risorse limitate e fine della crescita) tipico degli ambientalisti. La contrapposizione tra ottimisti e pessimisti però non ha senso: meglio ragionare in termini di possibili scenari. 83. SECONDO ALCUNI, L’ECONOMIA ECOLOGICA DOVREBBE RIFIUTARE ALCUNE CARATTERISTICHE TIPICHE DELL’APPROCCIO DELL’ECONOMIA TRADIZIONALE, QUALI? Versioni più estese dell’economia ecologica (come quella di Munda), sottolineano la limitatezza dell’economia neo-classica che l’economia ecologica dovrebbe rifiutare, in quanto viene sottovalutata l’importanza dell’ambiente nel processo economico. L’economia deve infatti essere vista come sistema aperto e dobbiamo riconoscere i limiti imposti dall’ambiente naturale (in quanto esso supporta la vita). Il complesso ecologico deve essere interpretato come insieme di organizzazione, tecnologia, ambiente, popolazione e cultura. Dobbiamo considerare: - L’incommensurabilità, ovvero che no possiamo utilizzare per tutto la stessa unità di misura (contabilità dei flussi di materia, sostenibilità forte, importanza della scala/dimensione) - Istituzionalismo e complessità (le istituzioni sono importanti) - La scienza non è value free (la scienza parte da valori che ciascun studioso ha, ci sono sempre alla base dei presupposti/ipotesi) - Importanza della distribuzione e dei conflitti ecologico distributivi (conflitto tra le multinazionali e le popolazioni del sud del mondo, ad esempio lo sfruttamento delle risorse minerarie) GRUPPO I 84. RIASSUMERE BREVEMENTE IL CONTRIBUTO DI K.W KAPP E LA SUA RILEVANZA PER L’ECONOMIA ECOLOGICA Kapp è un economista tedesco. Nel 1950 inizia a rendersi conto dei costi sociali dell’impresa privata. Il concetto di base di Kapp è appunto quello dei costi sociali che solo erroneamente possono essere identificati con le esternalità. In Kapp, infatti, i costi sociali non corrispondono alle esternalità ma appartengono ad una categoria più ampia. Kapp critica molto le politiche di sviluppo tradizionali, e pone enfasi sul contesto istituzionale e le condizioni sociali, variabili fisiche e sociali, vincoli ambientali e sociali, bisogni umani fondamentali. Kapp è uno dei primi economisti che vive in una prospettiva istituzionalista ai problemi ambientali. Tra Kapp e l’economia ecologica ci sono delle relazioni, dice infatti che il degrado ambientale e i costi sociali devono essere considerati il risultato di un’interazione di più sistemi complessi. Secondo Kapp il degrado ambientale e la crescente scarsità delle risorse ci hanno finalmente fatto capire che la produzione (l’allocazione ecc) non avvengono in sistemi chiusi o semichiusi ma in sistemi sostanzialmente aperti. L’economia deve essere quindi vista come sistema aperto, dove entra materia ed energia: l’energia ci consente di utilizzare la materia, questo fa muovere l’economia ma fa peggiorare l’ambiente. Se consideriamo l’economia come sistema, i punti principali sono le interdipendenze tra gli elementi del sistema e gli anelli di retroazione (tutti gli strumenti che regolano). Questi anelli di retroazione generano una causazione cumulativa circolare, ovvero gli anelli di retroazione positiva: e questo è uno dei fattori che generano cambiamenti. In Kapp è centrale la nozione d’ambiente in cui vive l’uomo, e quindi include anche le relazioni sociali: e se allora un ambiente competitivo distrugge le relazioni sociali, per Kapp quello sarà un costo sociale. È chiaro che questi costi sono estremamente eterogenei tra di loro e non ha senso misurarli con la stessa unità di misura. Secondo Kapp, l’economia competitiva ha costi sociali pervasivi con effetti redistributivi, e la “socializzazione” è parte dei costi di produzione. Questo fa si che la riproduzione sociale (ovvero il nostro sviluppo sostenibile) e il benessere umano siano a rischio. Poiché Kapp si concentra molto sui bisogni fondamentali, sostiene che è necessario definire dei minimi esistenziali in modo quanto più obiettivo. L’idea di kapp è quella di minimizzare la sofferenza umana e secondo lui, vengono decisi dalla scienza, dall’etica (è una componente molto importante nel definire che cosa vuole una società) e dai processi democratici (interrelazioni sociali, partecipazione). Kapp critica molti economisti che separano la questione dello sviluppo dalla questione del degrado ambientale. Secondo lui, sviluppo economico, ambiente sociale e ambiente naturale non possono essere analizzati separatamente. È pericoloso considerare il degrado ambientale come un costo inevitabile dello sviluppo economico, poiché il degrado ambientale e i costi sociali hanno un effetto negativo sul processo dello sviluppo economico. Le politiche tradizionali sono perciò destinate al fallimento in quanto monodimensionali e debolmente legate al contesto locale. Riguardo a ciò che dice Kapp sui costi sociali possiamo quindi dire che: - Sono una critica del metodo e della teoria classica e neoclassica - Non sono piccole eccezioni alla regola ma sono fenomeni tipici (qui la prospettiva è che non ci sono eccezioni, ma le esternalità fanno parte della realtà in maniera tipica, ci sono sempre) - Si riferiscono alle conseguenze di attività produttive e decisioni politiche 85. RIASSUMERE BREVEMENTE QUANTO APPRESO SU GEORGESCU-ROEGEN Georgescu-Roegen è un economista rumeno, ha una prima formazione matematico- statistica. Nel 1927 inizia a parlare di Legge Dell’Entropia e filosofia della scienza. Sostiene in maniera esplicita che l’economia e la biologia sono molto simili tra loro e che in particolare vengono legate dalla legge dell’entropia. La legge dell’entropia è la sola legge naturale a riconoscere che anche l’universo materiale è soggetto a un cambiamento qualitativo irreversibile e ad un processo evolutivo. Georgescu è critico nei confronti della teoria meccanicistica perché i suoi strumenti permettono di descrivere la realtà solo dal punto di vista discreto e quantitativo. Ma invece il cambiamento che coinvolge le realtà biologiche e sociali, avviene in maniera qualitativa. Inizia infatti a parlare di realtà come processo: la cui rappresentazione deve considerare che i fenomeni si svolgano in continuità secondo una dimensione temporale che esprime un prima e un dopo. La legge dell’entropia rappresenta la legge evolutiva fondamentale che determinando il cambiamento qualitativo della realtà, struttura la temporalità di tutti i fenomeni. Una semplice definizione dell’entropia potrebbe essere: “una misura dell’energia non disponibile (l’energia infatti può essere disponibile/libera, non disponibile/legata, disponibile rispetto al lavoro) in un sistema termodinamico (abbiamo infatti tre tipi di sistemi fisici: aperto, chiuso, isolato). Georgescu va poi a criticare la funzione di produzione facendo una distinzione tra fondo e flusso. Secondo la teoria meccanicistica c’è perfetta sostituibilità tra elementi di fondo ed elementi di flusso, ma nella realtà non è così. Ad esempio, il carbone è un flusso perché cambia la sua qualità una volta che viene utilizzato, mentre il lavoratore è un fondo perché rimane qualitativamente lo stesso. Capitale e lavoro sono due elementi di fondo ed è difficile sostituire gli elementi di fondo con delle risorse (possiamo al massimo sostituire gli elementi di flusso tra di loro). Mentre gli economisti rimangono affascinati dalla meccanica e cercano di utilizzarla per rappresentare il sistema economico, Georgescu si scaglia contro questa rappresentazione di economia come sistema chiuso. Ovvero si scaglia contro il diagramma circolare, dicendo che questo tipo di rappresentazione non fa alcun riferimento al mondo là fuori: lo paragona al “pendolo senza fine”, ovvero come se fosse un pendolo in assenza di attrito, per enfatizzare il fatto che sembra che la materia non sia necessaria per far funzionare il processo. Per Georgescu infatti l’economia è un sistema termodinamico aperto rispetto all’ambiente: c’è scambio di materia ed energia. Uno dei passi fondamentali è proprio quello che dice che non possiamo parlare di economia ma dobbiamo parlare di processo economico, che consiste in un degrado di materia ed energia. Paragona il sistema economico all’organismo biologico: come l’organismo biologico si mantiene in vita cibandosi, anche il sistema economico mantiene le proprie strutture e attiva i processi interni sfruttando le risorse di bassa entropia ambientale. Georgescu sostiene che il degrado di materia ed energia è provocato dal godimento della vita. Il tema principale diventa quindi quello di chiederci qual è la connessione tra il degrado di materia (che poi diventa scarto) e il godimento della vita. Georgescu dice che questo collegamento non è poi così stretto: noi possiamo vivere bene anche riducendo gli scarti. Non è detto che il presupposto per avere una vita felice sia aumentare in maniera indefinita la produzione degli scarti. E allora ci chiediamo: quanto è necessario il degrado della materia ai fini del benessere della vita? La proposta politica di Georgescu fu quella di cambiare la scala dei valori e agire sulla domanda, dobbiamo essere disposti a cambiare le nostre preferenze. Tutti i temi espressi da Georgescu possono essere riassunti nel Programma Bioeconomico Minimale: 1) No produzione di tutti i mezzi bellici (armamenti)secondo Georgescu produrre armamenti crea disordine (perché sono un mezzo per distruggere) 2) Aiuto ai Paesi in via di Sviluppocercare di ridurre la disuguaglianza tra i vari paesi del mondo 3) Riduzione della popolazione a livello compatibile con l’agricoltura biologica 4) Regolamentazione degli sprechi energetici 5) Dobbiamo curarci dalla passione morbosa per i beni di lusso 6) Dobbiamo liberarci dalla moda (è un crimine bioeconomico)l’idea è quindi quella di risparmiare materia ed energia e usare quella che abbiamo. Lo sviluppo tecnologico deve essere usato bene per aiutarci a ridurre l’uso dei combustibili fossili senza ridurre il benessere della vita. Tutto dovrebbe essere orientato a una vita condotta senza sprechi. Deve aumentare la nostra capacità di catturare energia solare. 7) Progettazione (e domanda) di beni più durevoli e riparabili 8) Dobbiamo curarci della “circumdrome del rasoio” (ovvero il fatto dell’arricchirsi per arricchirsi per arricchirsi……) Un prerequisito importante per una buona vita è una quantità considerevole di tempo libero trascorso in modo intelligente. Georgescu distingue i concetti aritmomorfici da quelli dialettici: -concetti aritmomorficiconcetti discreti, ovvero rigorosamente delimitati e definiti; i concetti aritmomorfici sono nettamente distinti tra loro (ad esempio i concetti dialettici) -concetti dialetticisono concetti i cui confini semantici non sono rigidamente determinati. Ad esempio il concetto di democrazia perché non è univoco e possiamo attribuirgli diverse definizioni. Ai concetti dialettici non si può applicare il “principio di non contraddizione”: dice che è impossibile che un predicato appartenga e non appartenga al me

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