Economia e Misurazione Aziendale 2024-2025 PDF

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This document is a textbook on business management and corporate strategy. It details various topics such as stakeholder management, cost analysis, and business structures.

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Economia e Misurazione Aziendale Armida Patrini 2024-2025 3.4 La rilevanza degli stakeholder.... 24 3.5 La gestione strategica degli stak...

Economia e Misurazione Aziendale Armida Patrini 2024-2025 3.4 La rilevanza degli stakeholder.... 24 3.5 La gestione strategica degli stakeholder 26 4 L’impresa e le sue attività 27 4.1 Le Combinazioni Economiche Generali 27 Contents 4.2 Le coordinazioni economiche parziali 4.2.1 Progettazione dell’Assetto is- 27 tituzionale........... 28 4.2.2 L’Organizzazione....... 28 4.2.3 La Rilevazione......... 29 4.2.4 La Gestione: il centro I L’impresa e i suoi attori: management dell’attività economica.... 29 e creazione di valore sostenibile 5 4.3 I profili reddituale e finanziario delle gestioni................. 32 1 Management e modelli d’impresa 6 4.4 Le Aree d’affari............ 33 1.1 Le imprese moderne.......... 6 4.4.1 Poste Italiane......... 33 1.2 Modelli d’impresa........... 8 4.4.2 Matrice delle combinazioni 1.3 Breve excursus storico........ 11 economiche per coordi- 2 Sostenibilità 12 nazioni e per combinazioni parziali............. 34 2.1 Lo sviluppo sostenibile........ 12 2.2 Le pressioni per un impresa sostenibile 13 2.2.1 La lotta al cambiamento cli- II Condizioni di economicità: il bilan- matico e le strategie di decar- cio di esercizio 35 bonizzazione......... 14 2.2.2 L’economia circolare, la blue 5 Il bilancio di esercizio 36 economy e la digitalizzazione 14 5.1 Le esigenze di rappresentazione 2.3 Sostenibilità aziendale e valore condi- dell’economicità............ 36 viso................... 15 5.2 Il modello del bilancio di esercizio.. 36 2.4 Sostenibilità e performance economiche 16 5.3 Il significato delle rilevazioni IVA 2.5 Sostenibilità e partnership...... 17 lungo la filiera............. 38 3 Teoria d’impresa e gestione degli stake- 5.4 Dismissione immobilizzazioni materi- holder 19 ali e immateriali............ 39 3.1 La teoria di creazione del valore... 19 5.4.1 Trattamento contabile delle 3.2 La teoria degli stakeholder...... 19 immobilizzazioni....... 39 3.3 La descrizione del sistema degli stake- 5.4.2 La dismissione delle immobi- holder.................. 21 lizzazioni........... 40 3.3.1 Gli stakeholder interni.... 21 3.3.2 GLi stakeholder esterni pri- 6 Riclassificazioni e indici di bilancio 42 mari (competitivi)....... 22 6.1 Le riclassificazioni di bilancio..... 42 3.3.3 Gli stakeholder esterni secon- 6.1.1 La riclassficazione dello Stato dari............... 23 patrimoniale.......... 42 3.3.4 Gli stakeholder esterni secon- 6.1.2 La riclassificazione del Conto dari non competitivi..... 24 economico........... 43 2 CONTENTS CONTENTS 6.2 L’analisi della redditività, della solvi- 9.3 Strumenti per l’analisi strategica a liv- bilità e della liquidità mediante i ello corporate............. 72 quozienti di bilancio.......... 45 9.4 Pianificazione strategica e controllo 6.2.1 Equilibrio finanziario di breve direzionale............... 75 e di lungo periodo...... 45 9.5 Applicazioni ed esempi........ 76 6.2.2 Equilibrio reddituale..... 47 9.5.1 Il settore del trasporto aereo. 6.2.3 La leva finanziaria...... 49 Analisi quantitativa...... 76 9.5.2 Settore Pasta......... 77 9.5.3 Nestle............. 77 III Condizioni di economicità: modelli quantitativi per le decisioni 51 10 Strategie competitive 78 10.1 Strategia e vantaggio competitivo.. 78 7 Le scelte di struttura dei costi 52 10.2 Risorse come fonti del vantaggio com- 7.1 Le determinanti del risultaot economico 52 petitivo................. 81 7.2 L’analisi costi-volumi-risultati.... 53 10.2.1 La resource-based view.... 81 7.2.1 I costi fissi e i costi variabili. 54 10.2.2 Risorse e vendite: valore e 7.2.2 Il punto di pareggio (BEP).. 54 scarsità............ 82 7.2.3 Il punto di equilibrio reddituale 57 10.2.3 La sostenibilità del vantaggio competitivo: i meccanismi di 7.2.4 La valutazione del grado di isolamento e la capacità di rischio operativo....... 57 sfruttamento delle risorse.. 82 8 Le scelte di dimensionamento 60 10.3 Competenze dinamiche come fonti 8.1 Introduzione al concetto di economie 60 del vantaggio competitivo...... 84 10.4 Il valore competitivo del capitale in- 8.2 Il dimensionamento della capacità tangibile................ 84 produttiva............... 60 8.2.1 Economie di saturazione (o 11 Gestione strategica in contesti dinamici 86 di volume, o di assorbimento 11.1 Il modello del ciclo di vita....... 86 della CP)............ 61 11.1.1 Fase di introduzione: nascita. 86 8.2.2 Economie di scala....... 62 11.1.2 Fase di sviluppo: crescita... 88 8.3 Le scelte legate alla produzione cumu- 11.1.3 Fase di maturità........ 88 lata (di durata)............. 65 11.1.4 Fase di declino e di crisi... 90 8.3.1 Le economie di apprendimento 65 11.2 La dinamica degli stakeholder nel ci- 8.4 Le strategie di replicazione...... 68 clo di vita dell’impresa........ 95 12 Governance 97 IV Le scelte dei top manager: la ges- 12.1 Forme giuridiche d’impresa...... 97 tione strategica, operativa e la corporate 12.2 Assetti proprietari e tipologia di con- governance. 69 trollo dell’impresa........... 98 12.2.1 Le strutture proprietarie chiuse 99 9 Analisi strategica e ambiente competitivo 70 12.2.2 Strutture proprietarie con- 9.1 La strategia d’impresa......... 70 centrate............ 100 9.1.1 I vari livelli di strategia.... 71 12.2.3 Strutture proprietarie fram- 9.1.2 La formulazione delle strategie 71 mentate o ad azionario diffuso 100 9.2 L’analisi strategica dell’ambiente es- 12.3 Modelli di corporate governance... 101 terno.................. 72 12.3.1 Modello tradizionale..... 101 3 CONTENTS CONTENTS 12.3.2 Modello dualistico...... 102 13.5 Struttura organizzativa........ 109 12.3.3 Modello monistico...... 102 13.5.1 Struttura elementare (semplice) 109 12.4 Strumenti interni di corporate gover- 13.5.2 Struttura funzionale (pura).. 110 nance.................. 103 13.5.3 Struttura divisionale (pura). 112 12.5 Strumenti esterni di corporate gover- 13.5.4 Strutture miste (in parte fun- nance.................. 105 zionali e in parte divisionali). 113 13 Direzione e organizzazione 107 13.5.5 Struttura matriciale...... 114 13.1 La direzione d’impresa........ 107 13.5.6 Altre forme.......... 115 13.2 Stili di leadership nella direzione 13.6 Gestione del personale........ 116 d’impresa................ 107 13.7 L’information technology nella ges- 13.3 La cultura d’impresa.......... 108 tione dell’impresa (funzione sistemi 13.4 Organizzazione............ 108 informativi).............. 117 4 Part I L’impresa e i suoi attori: management e creazione di valore sostenibile 5 Chapter 1 Management e modelli d’impresa 1.1 Le imprese moderne L’attività economica consiste nelle operazioni di produzione e di consumo dei beni economici. Tale attività si svolge attraverso diverse operazioni, tra le quali quele di trasformazione tecnica, sia per la produzione che per il consumo. Queste operazioni si configurano come operazioni di trasformazione fisica, spaziale e logica di materie prime per le imprese manifatturiere. Definita l’attività economica, analizziamo i concetti di produzione economica, di beni e di redditi. Tutte le imprese svolgono attività di produzione economica, ovvero tutte le attività svolte da una impresa sono attività di produzione economica. Non tutte le imprese, però, attuano produzione di beni (merci o servizi). Comunque, svolta la produzione economica non è il fine dell’impresa, bensì la funzione caratteristica che svolge nelle economie di mercato. Il fine dell’impresa, invece, è la produzione di remunerazioni, in particolare del lavoro e del capitale di rischio. Quindi, ricapitolando, il fine dell’impresa è la produzione di redditi e la produzione economica è il mezzo per ottenere tali redditi. Se, all’inizio, l’impresa moderna era incentrata sulla produzione di fabbrica ed era un modo di organizzare la trasformazione fisica di materie nella maniera più efficiente, nel tempo è diventata un’organizzazione com- plessa che svolge una pluralità di attività e che intrattiene con l’ambiente relazioni articolate che vanno molto al di là del mero scambio di merci. Questo processo opera su risorse che possono essere materiali (materie prime, impianti, macchinari), immateriali (conoscenze tecnologiche e scientifiche, commerciali, organizza- tive), umane (dipendenti, collaboratori o fornitori di servizio), finanziarie (o di capitali) (risorse monetarie, credito, fiducia nei rapporti finanziari). Tali risorse, opportunamente aggregate, modificate e trasferite da un luogo all’altro, generano valore quando il prodotto che si ottiene ha un valore di mercato superiore a quello delle risorse stesse. Il prodotto è a sua volta una risorsa in quanto entrerà nei processi produttivi di altre imprese, oppure andrà a dare utilità ai consumatori finali. L’impresa dunque può essere definita come un istituto economico e sociale che trasforma risorse (input) in beni (prodotti e servizi) che hanno un valore di scambio sul mercato superiore a quello delle risorse di partenza. Le condizioni primarie di produzione sono il lavoro e il capitale risparmio (o di rischio). Essa ruota intorno al concetto di creazione di ricchezza: il maggior valore derivante dal processo di aggregazione, modifica e trasferimento di risorse in prodotti. 6 CHAPTER 1. MANAGEMENT E MODELLI D’IMPRESA 1.1. LE IMPRESE MODERNE Per dare un’immagine concreta di tale processo, si consideri un’impresa che produce piastrelle di ceramica. Per arrivare al prodotto finale delle piastrelle, essa dovrà impiegare una serie di risorse (input) acquistate dall’esterno, quali materie prime e alcuni servizi. Tali risorse esterne, nel momento in cui sono acquistate sul mercato, manifestano il loro valore di scambio con un prezzo. Il produttore userà anche risorse interne come il lavoro di operai e impiegati e macchinari di proprietà. La risorsa lavoro (come le materie prime) è acquistata sul mercato, anche se con contratti particolari, che prevedono un rapporto prolungato. Il valore della risorsa è dato dal prezzo necessario per acquisirla: salari e stipendi. Impianti e macchinari sono anch’essi acquistati sul mercato ma, in quanto beni a lungo ciclo di utilizzo, il costo che immettono nel processo è dato dall’ammortamento, ossia da una quota del costo d’acquisto commisurata al "consumo" del bene che si realizza in un singolo esercizio. Inoltre, per acquisire le risorse sia interne che esterne l’impresa avrà bisogno di risorse finanziarie, ossia di capitali resi disponibili dall’imprenditore o da soggetti terzi, come banche o altri finanziatori. Questi fondi hanno un costo, in quanto l’impresa dovrà remunerarli. Infine qualunque impresa gode di alcune risorse pubbliche, rese disponibili dallo Stato o dagli enti locali (come le strade, l’acqua, il sistema giudiziario e la sicurezza pubblica). Spesso queste risorse non hanno un costo monetario esplicito, ma di fatto l’impresa le remunera sottoponendosi ai tributi, così che il loro valore può essere misurato dalle tasse e dalle imposte pagate sul reddito e sulle altre basi di imposizione. A fronte di tali costi vi sono i ricavi che il produttore ottiene dalla vendita delle piastrelle, ossia il valore di mercato dell’output. Tale valore sarà commisurato all’utilità che i clienti traggono dal prodotto. La tabella sotto riassume proprio questo, con una sorta di conto economico stilizzato nel quale si evi- denzia il parallelo tra risorse acquistate o cedute e costi e ricavi dell’impresa. La ricchezza «residuale» viene denominata profitto. Viene generalmente attribuita in ricompensa all’imprenditore/azionisti. Questa trasformazione di risorse non implica necessariamente e automaticamente la creazione di ric- chezza. In questo contesto si inserisce il tuolo dell’imprenditore che deve trovare soluzioni organizzative, tecniche, finanziarie, commerciali che permettano di conseguire un margine positivo fra ricavi e costi. Inoltre l’impresa vive attraverso il contributo di numerosi soggetti, all’interno e all’esterno dei confini organizzativi, e gli obiettivi di questi soggetti non sono mai del tutto allineati, anzi possono essere spesso in conflitto. Dunque la capacità di creare ricchezza richiede la costruzione di rapporti positivi con gli stake- holder, ossia con tutti i soggetti che hanno verso l’impresa una posizione di interesse, e quindi una capacità di influenza (come azionisti, colloboratori, fornitori, clienti, finanziatori, sistema pubblico ecc.) 7 CHAPTER 1. MANAGEMENT E MODELLI D’IMPRESA 1.2. MODELLI D’IMPRESA 1.2 Modelli d’impresa Per impresa artigiana si intende abitualmente un’entità contraddistinta dall’organizzazione della produzione per mestieri, in cui ogni dipendente possiede una specifica professionalità, in genere manuale, e dall’artigianilità delle strutture e dei processi decisionali, nel senso di assenza di metodi formali e strutturati. Da una prospettiva dimensionale, si considerano convenzionalmente artigiane le imprese con meno di 10 dipendenti. Per quanto riguarda i tratti qualitativi dei processi e dell’organizzazione, l’impresa artigiana sussiste quando sono presenti le seguenti condizioni: modalità artigiana della produzione, scarsa strutturazione dell’organizzazione, mancanza di standardizzazione nei processi decisionali, nessun potere di mercato e nei confronti dei finanziatori. Nei fatti, al crescere della dimensione dell’impresa, i processi produttivi diven- tano più articolati e complessi, assumendo sempre più la connotazione di produzione industriale; ne con- segue che la classificazione per categorie dimensionali assume un rilievo anche concettuale, poiché aiuta a distinguere criticità e modalità di funzionamento. I parametri quantitativi che ci permettono di distinguere le piccole e medie imprese (PMI) dalle grandi sono quattro: 1. Capitale investito. La validità di tale parametro ha numerose limitazioni: non tiene conto della la- vorazione effettuata dall’impresa (es: automazione), di eventuali beni in locazione o in locazione fi- nanziaria con facoltà di riscatto (leasing) e dell’eventuale appartenenza ad un gruppo. 2. Numero di addetti. Semplice da determinare, stessi limiti di prima ma utile se usato in modo comple- mentare al capitale investito. 3. Fatturato. L’indice più immediato, ma anche il meno corretto, in quanto non misura la dimensione di aziende dotate di differenti gradi di integrazione verticale(i.e. come un’azienda controlla diverse fasi della propria catena di produzione e distribuzione) e operanti in settori disomogenei (es. gioielli in oro e beni di largo consumo). 4. Valore aggiunto. Teoricamente il più valido ma pone difficoltà sul metodo per calcolarlo poiché numerosi voci presentano una certa ambiguità e risentono di stime e congetture contabili (es: ammortamenti). Per quanto rigurda innvece le caratteristiche qualitative, la più evidente è la disponibilità di risorse (finanziarie). Bisogna poi considerare i meccanismi operativi e la struttura organizzativa caratterizzanti il governo delle PMI, ovvero il ruolo della centralità, della gerarchia e delle strutture di controllo nella determinazione dei rapporti intra e interaziendali. Va anche considerata la dimensione fisica degli impianti, la numerosità degli addetti impiegati e il numero di transazioni effettuate. Un’ulteriore caratteristica consiste nella forma delle scelte strategiche e, più precisamente, nel loro spettro di azione, nel loro orizzonte temporale, nel loro con- tenuto e nel rapporto con l’ambiente competitivo circostante. Un’ultima connotazione fondamentale delle PMI è data dalla flessibilità, intesa non solo come variabile produttiva, ma anche come intima caratteristica della formula imprenditoriale che consente di affrontare efficacemente il dinamismo ambientale. Al crescere delle dimensioni dell’impresa, si nota una più articolata strutturazione organizzativa, un mag- giore potere di mercato e un più agevolo accesso alle risorse finanziarie e umane. Con grande impresa si in- tende un’entità aziendale con un numero di addetti superiore alle 250 unità. La fisionomia della grande impresa è riassumibile in alcuni aspetti fondamentali, soggetti comunque a rapide variazioni in rapporto all’evoluzione 8 CHAPTER 1. MANAGEMENT E MODELLI D’IMPRESA 1.2. MODELLI D’IMPRESA ambientale. Innanzitutto, il controllo è detenuto dalla direzione del consiglio di amministrazione, che si inte- gra con i principali manager. Questo assetto organizzativo consente un approccio coordinato nella gestione delle operazioni aziendali, con il management che si occupa della gestione quotidiana dell’azienda. Inoltre, una grande impresa mira a raggiungere l’indipendenza finanziaria e ad una più generale autonomia decision- ale, cercando di prendere decisioni senza eccessive influenze esterne. Assume particolare rilievo il fenomeno dei gruppi aziendali: l’appartenenza ad un gruppo produce effetti sotto il profilo sia dimensionale sia imprenditoriale. Con il termine gruppo di imprese si fa riferimento ad un insieme di società giuridicamente distinte, connesse da significativi legami azionari che complessivamente consentono il controllo stabile di tutte le attività, ovvero ne facilitano e garantiscono il coordinamento. Nei gruppi di imprese, quindi, il soggetto economico estende il proprio potere di controllo e di governo sulle varie unità produttive, sebbene queste ultime siano dotate di autonomia operativa (almeno apparente e/o formale). Di conseguenza, la normativa esistente impone, ai gruppi di imprese, di redigere non solo un bilancio individuale delle singole società, ma anche un bilancio consolidato, cioè un bilancio di esercizio che consideri gli scambi del gruppo nel suo complesso, effettuati con attori esterni, non appartenenti al gruppo. In linea di massima, l’identificazione pratica di un gruppo verte sul rispetto dei seguenti requisiti: si deve essere in presenza dell’azione di più unità decisionali giuridicamente distinte; il gruppo deve essere un integratore: esso deve configurarsi come insieme sistemico di imprese caratter- izzato da coesione e legami strutturali che hanno le loro radici nella società madre (società che possiede azioni o quote di maggioranza)/soggetto economico di indirizzo e coordinamento; tale soggetto economico attua l’indirizzo e il coordinamento tramite legami azionari; esso deve assicurare un controllo strategico, sviluppando sinergie, definendo obiettivi comuni e con- trollandone il conseguimento; ci deve essere unificazione dei processi decisionale e fusione dei capitali. I gruppi possono presentare caratteristiche molto differenziate: Una distinzione importante fa riferimento all’esistenza o meno di una holding capogruppo. Da questo punto di vista, i gruppi di imprese possono venire distinti in gerarchici/associativi e in non-conglomerali/conglomerali. I gruppi gerarchici sono caratterizzati da una configurazione piramidale che fa capo ad una società holding, sede del controllo di tutte le attività. Un esempio di questo è il gruppo DeAgostini. Questa è una holding finanziaria che è una holding con business prevalente (IGT, azienza quotata a Wall Street operante nel business del gaming), ma è anche presente con diverse partecipazioni nei settori della comunicazione televisiva, dell’editoria e della gestione del risparmio. 9 CHAPTER 1. MANAGEMENT E MODELLI D’IMPRESA 1.2. MODELLI D’IMPRESA I gruppi associativi invece sono costituiti da un insieme di imprese il cui potere è sostanzialmente equiva- lente, connesse da una serie di partecipazioni azionarie reciproche; il coordinamento delle attività non fa capo ad una holding ma è ottenuto mediante vari meccanismi di tipo formale e informale. Considerando ora la natura del business si distinguono gruppi conglomerali e non conglomerali. I gruppi non conglomerali si incentrano su un singolo settore di business o su ambiti di attività correlati, i gruppi con- glomerali operano in settori privi di significativi collegamenti di natura industriale. Questi gruppi possono essere industriali o finanziari, anche se, in genere, il coordinamento tra società operanti in settori privi di sig- nificativi collegamenti di natura industriale. I legami che strutturano un insieme di imprese possono essere, oltre che finanziari, anche economici o personali (parentela, amicizia). Ora concentriamoci sulle imprese quotate e non. Per impresa quotata si intende un’impresa che emette azioni (o titoli azionari) vendute a un pubblico indistinto di investitori e risparmiatori in un mercato regola- mentato. Le azioni sono titoli rappresentativi di quote di capitale della società; esse misurano la partecipazione del socio-investitore nella società. Con l’emissione di azioni, la società raccoglie capitale di rischio, e cede in cambio, agli azionisti-investitori, una serie di prerogative sul governo dell’impresa e sui risultati residuali (es: utili). Sebbene la quotazione consenta la raccolta di ulteriori capitali, essa ha l’effetto di aprire il controllo dell’impresa a nuovi investitori, diluendo il potere di influenza e controllo degli azionisti esistenti. Ne con- segue nei diversi Paesi, le società quotate nei mercati finanziari costituiscono una frazione piuttosto piccola in quanto non tutte le imprese, pur avendo i requisiti, optano per le quotazione; inoltre molte altre società non arrivano alla quotazione perché non soddisfano i requisiti dimensionali minimi o sostanziali imposti dalle Borse valori. In generale, la quotazione in Borsa si caratterizza per la volontarietà ed offre diverse opportunità strate- giche per un’impresa. Innanzitutto, consente di raccogliere capitale di rischio per finanziare lo sviluppo azien- dale, evitando di ricorrere al debito. Inoltre, facilita la crescita per linee esterne, agevolando acquisizioni e fusioni. La quotazione rende l’impresa più attrattiva per manager professionali, grazie a incentivi come le stock option. Aumenta anche la credibilità e lo standing aziendale, poiché la trasparenza richiesta migliora la reputazione verso investitori e partner. Infine, favorisce la spersonalizzazione dell’impresa, spostando la gestione da una logica personale a una più istituzionale. I principali fattori che invece scoraggiano la quotazione in borsa includono, innanzitutto, la volontà di mantenere un basso livello di trasparenza, evitando di divulgare informazioni sensibili. Inoltre, l’impegno a remunerare periodicamente gli azionisti può rappresentare un onere aggiuntivo per l’azienda. La quotazione espone anche l’impresa alla volatilità dei mercati finanziari, rendendola vulnerabile a fluttuazioni esterne. Le società quotate devono poi sottostare a provvedimenti disciplinari e sanzionatori da parte degli organismi di controllo. C’è anche il timore di perdere il controllo a causa di possibili takeover ostili, e infine la paura di affrontare il cambiamento, che può frenare il processo di quotazione. Diversamente dalle imprese quotate, le imprese non quotate sono gestite direttamente da proprietari (un individuo, una famiglia, o uno stretto gruppo di soci) che non desiderano approdare o quotarsi in un mercato finanziario. Questo tipo di imprese può rimanere chiuso o aprirsi ad investitori esterni, reperendo risorse finanziarie presso soggetti esterni specifici (persone, banche, fondi ecc.) senza ricorrere alla Borsa. Ciò è tipico delle PMI (anche di imprese di maggiori dimensioni, specie in Italia) o delle start-up. Si parla di imprese familiari nei casi in cui una famiglia è proprietaria della società, occupando, in genere, anche le posizioni manageriali, direttamente o attraverso persone legate alla famiglia da relazioni di fiducia. In particolare, per impresa familiare si intende una impresa in cui una o due famiglie detengono una 10 CHAPTER 1. MANAGEMENT E MODELLI D’IMPRESA 1.3. BREVE EXCURSUS STORICO quota del capitale di rischio sufficiente ad assicurarne il controllo (tipicamente la maggioranza assoluta 50% + 1). Solitamente non è mai facile distinguere i confini della famiglia da quelli dell’impresa, in quanto c’è un forte grado di sovrapposizione tra il patrimonio aziendale e quello familiare. L’evoluzione di questo tipo di impresa è fortemente influenzata dalle dinamiche familiari. Le imprese familiari presentano elementi di complessità: se nelle imprese di ogni tipo la proprietà è uno degli attori che, ovviamente, influenza la strategia dell’azienda, nelle aziende familiari il legame tra proprietà e strategia assume un carattere molto forte. Tale legame è sia positivo che negativo: da un lato, si assiste spesso ad un livello di commitment molto elevato della famiglia nei confronti dell’azienda; dall’altro possono verificarsi atteggiamenti di chiusura di fronte ad esigenze aziendali (come ingresso di nuovi soci). Il coinvolgimento della famiglia porta ad una scarsa managerializzazione, dato che molte di queste im- prese non ricorrono a manager esterni, preferendo affidare i ruoli chiave ai membri della famiglia, anche quando mancano competenze specifiche. Un altro carattere tipico è quello relativo ai processi di ricambio generazionale, soprattutto nei casi in cui i proprietari hanno responsabilità manageriali o imprenditoriali. Un ultima peculiarità è il legame del tutto particolare che le aziende familiari hanno con la comunità locale del territorio in cui sono nate e si sono sviluppate. Questo tipo di aziende rappresenta la spina dorsale dell’economia italiana (es: Ferrero). 1.3 Breve excursus storico L’impresa, come la conosciamo oggi, è una realtà economica relativamente recente, il cui sviluppo ha se- guito un’evoluzione complessa e stratificata. Prima della seconda metà del XVIII secolo, nell’epoca pre- contemporanea, l’economia si basava principalmente su agricoltura, autoconsumo, commercio e artigianato. Quest’ultimo era caratterizzato da una produzione altamente specializzata, basata sull’esperienza piuttosto che su approcci scientifici, e spesso coinvolgeva nuclei familiari estesi. La rivoluzione industriale, a partire dalla seconda metà del ‘700, segnò una svolta fondamentale. L’introduzione della meccanizzazione portò alla standardizzazione dei prodotti e a un maggiore impiego di macchinari, che incrementò l’intensità di capitale, riducendo i costi variabili a fronte di un aumento dei costi fissi, come quelli legati agli impianti. Questa trasformazione diede impulso a una forte crescita della produttività, sia tecnolog- ica che del lavoro, favorendo lo sviluppo esponenziale dei mercati e la diffusione di nuove forme giuridiche, come le società di capitali a responsabilità limitata. All’inizio del XX secolo, si sviluppò un approccio più scientifico alla gestione delle imprese, influenzato da teorie come l’organizzazione scientifica del lavoro di Taylor (1911). L’aumento della dimensione e della complessità delle imprese portò alla prevalenza degli assetti manageriali e alla crescente importanza delle funzioni economico-organizzative. L’evoluzione del sistema economico si è distinta per due caratteristiche fondamentali: la stratificazione e l’integrazione. La stratificazione significa che le nuove realtà economiche, come le grandi imprese industriali, non hanno eliminato le forme preesistenti, come l’artigianato, ma si sono aggiunte a esse. L’integrazione, invece, si riferisce al fatto che le nuove tecnologie introdotte con l’industrializzazione hanno influenzato e migliorato anche i settori economici tradizionali, come l’agricoltura e l’artigianato. 11 Chapter 2 Sostenibilità L’attuale stato dell’economia globale ci sollecita a trovare soluzioni che rendano il nostro sistema socio- economico più sostenibile, in grado di soddisfare i bisogni delle persone e preservare il pianeta. L’impresa sostenibile non è solo una rivisitazione degli obiettivi di impresa, è profondamente diversa poiché diversa è la mentalità con cui prima si concepisce e poi si agisce per la generazione di valore. Essa è innanzitutto la forza che spinge il capitalismo a riorientarsi ed assume la scarsità e il valore delle risorse naturali come un vincolo proprio e non solo come qualcosa che riguarda lontanamente tutto il sistema economico. Si pone dunque una questione di consapevolezza e conoscenza delle classi dirigenti, partendo da una fondamentale constatazione: questo concetto di sviluppo non è affatto in decrescita, ma esattamente il contrario. Infatti, l’attenzione e l’interesse verso l’impatto ambientale dei prodotti e delle azioni dell’uomo sono in crescita esponenziale e non solo nelle società avanzate. Da questa sensibilità nasce una nuova economia colma di opportunità per le imprese che, se non clte, possono pregiudicare il successo nel mercato. 2.1 Lo sviluppo sostenibile La definizione di sviluppo sostenibile è quella di sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Tale definizione racchiude in sè la consapevolezza della presenza di risorse naturali non illimitate e il richiamo all’assunzione di responsabilità e cautela nel loro sfruttamento. La sostenibilità ruota attorno a tre componenti fondamentali: sostenibilità economica: intesa come capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione; sostenibilità sociale: intesa come capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione, democrazia, giustizia) equamente distribuite per classe e genere; sostenibilità ambientale: intesa come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali. L’area risultante dall’intersezione delle tre componenti coincide idealmente con lo sviluppo sostenibile. Il concetto di sostenibilità d’impresa ha integrato la dimensione ambientale e quella etico-sociale con le esigenze di sviluppo competitivo e imprenditoriale della gestione d’impresa. In tale accezione più ampia, per garantire uno sviluppo sostenibile un’impresa deve perseguire contemporaneamente tre obiettivi differenti, secondo l’acronimo ESG: 1. una gestione efficiente delle risorse naturali e la loro rigenerazione (Environment); 12 CHAPTER 2. SOSTENIBILITÀ 2.2. LE PRESSIONI PER UN IMPRESA SOSTENIBILE 2. obiettivi di equità sociale, come pari opportunità per i dipendenti, pari qualità di vita e prosperità eco- nomica (Social); 3. una governance in grado di garantire il raggiungimento dei risultati di business (e degli investimenti in tecnologie) previsti dal management (Governance). L’agenda per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU è un significativo passo in avanti rispetto al concetto di sviluppo sostenibile. Si tratta di un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperita che identifica 17 obi- ettivi globali, i cosiddetti Sustainable Development Goals (SDGs), da raggiungere entro l’anno 2030. Tutti i paesi e gli individui sono chiamati a contribuire, unendo le proprie forze in un’ottica di collaborazione e di partnership. È quindi richiesto un ruolo attivo anche alle imprese, che con le proprie risorse e competenze possono incidere in maniera fondamentali sul raggiungimento di questi obiettivi globali. Dunque l’Agenda 2030 è in pratica una partnership tra imprese private, istituzioni pubbliche (nazionali e internazionali) e citta- dini, nata per rafforzare una strategia globale a sostegno della sostenibilità, in cui ognuno deve fare la propria parte: le istituzioni pubbliche devono attuare meccanismi di controllo e di regolamentazione sull’attività delle imprese e sostenere la ricerca e l’innovazione per la sostenibilità; le imprese devono sviluppare modelli di business e prodotti innovativi in grado di creare valore eco- nomico, ambientale e sociale; ma anche adottare modelli di governance effettivamente garanti di una visione di lungo periodo delle scelte aziendali; i cittadini con le loro scelte di consumo e di stile di vita devono supportare e rafforzare la transizione verso un modello di sviluppo più sostenibile. 2.2 Le pressioni per un impresa sostenibile La lotta al cambiamento climatico, inclusa la difesa della biodiversità, è particolarmente articolata e, pertanto, complessa. Si tratta di una sfida che può essere vinta solo tramite la collaborazione tra governi, aziende, società civile e istituzioni finanziarie di tutto il mondo. Le pressioni esterne sull’impresa tendono a moltiplicarsi. Nel 2019, 181 CEO nordamericani membri della Business Roundtable 1 , tra cui Jeff Bezos di Amazon, Tim Cook di Apple, Mary Barra di General Motors e Doug McMillon di Walmart, hanno firmato il nuovo Statement 1 La Business Roundtable è un’associazione di oltre 200 CEO delle principali aziende americane che ha l’obiettivo di promuovere politiche attive di sviluppo per la crescita delle aziende americane 13 CHAPTER 2. SOSTENIBILITÀ 2.2. LE PRESSIONI PER UN IMPRESA SOSTENIBILE on the Purpose of a Corporation. Questo documento evidenzia la centralità degli stakeholder, proponendo un approccio di lungo termine nei processi di creazione di valore, secondo il quale, accanto al profitto per gli azionisti, le imprese devono perseguire altri interessi: avere un purpose sostenibile per tutti gli stakeholder. Si tratta di un manifesto destinato a segnare un cambio di passo nel modo in cui i business leader e le imprese declinano le proprie finalità e responsabilità. Aggiungiamo a quanto detto un’altra evidenza. Dobbiamo sottolineare come un ruolo propulsivo impor- tante lo abbai giocato la generazione Z, che comincia ad avere prospettive differenti circa il futuro dell’economia e della società (es: Greta Thunberg). 2.2.1 La lotta al cambiamento climatico e le strategie di decarbonizzazione Con un’iniziativa eccezionale, mai avvenuta prima, nel 2021 oltre 200 riviste mediche di tutto il mondo hanno pubblicato un appello ai leader mondiali per chiedere un’azione contro il cambiamento climatico che protegga la salute dei cittadini. Ma di cosa si tratta di preciso? Per cambiamento climatico si intende "qualsiasi cambiamento di clima, attribuito direttamente o indi- rettamente ad attività umane, che altera la composizione dell’atmosfera mondiale e si aggiunge alla variabilità naturale del clima osservata in periodi di tempo comparabili". Alcuni esempi di cambiamenti climatici sono il riscaldamento/raffreddamento globale o la modifica dei regimi delle precipitazioni. La comunità internazionale si è interrogata a lungo su come contrastare la serietà degli impatti dei cambia- menti climatici e ridurne le conseguenze più gravi, spesso a danno di nazioni più povere che hanno contribuito in misura minima a generarli. L’iniziativa più rilevante in campo ambientale è l’Accordo di Parigi, stipulato nel 2015, tra i Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Esso stabilisce un piano globale per limitare l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C e pros- eguendo per ridurlo a 1,5°C. Da questo accordo derivano nuovi obblighi anche per le molte aziende che vi hanno aderito volontariamente. Diversi studi indicano che, nonostante tutto, le emissioni di gas serra sono in costante serra sono in costante crescita e non si registrano segnali di rallentamento o inversione di tendenza. È dunque necessaria un’azione collettiva e rigorosa, estesa a livello globale, per evitare ulteriori peggioramenti, anche perché altri fenomeni (come ondate calore o inondazioni) possono ancora essere mitigati con tagli immediati alle emis- sioni. Il tema è particolarmente complesso perché richiede la collaborazione di tutti i paesi e di tutti i soggetti coinvolti, con esigenze spesso contrastanti, dalla propensione a una maggiore industrializzazione dei paesi meno sviluppati alla tutela dei posti di lavoro e alla suddivisione degli inevitabili costi, legati alla transizione energetica verso fonti di energia più sostenibili. In estrema sintesi, le imprese devono integrare la sostenibilità nei loro piani aziendali con strategie di decarbonizzazione del proprio business (bisognerà ridurre emissioni di anidride carbonica del 55% entro 2030). 2.2.2 L’economia circolare, la blue economy e la digitalizzazione L’Economia circolare è nuovo modo di pensare al modello di sviluppo attuale, coniugando innovazione, competitività e sostenibilità. L’idea è «non sprecare», trovando modi per ridare vita a scarti di produzione, prodotti obsoleti o rifiuti. Si possono così contenere i costi di gestione degli smaltimenti e simultaneamente ridurre i costi di acquisto per chi recupera semilavorati, prodotti o rifiuti. Nel 2020, la Commissione europea ha definito il Piano d’azione dell’UE per l’economia circolare, uno dei pilastri del Green Deal europeo2. L’obiettivo 2 Il Green Deal europeo, lanciato ufficialmente dalla Commissione Europea a fine 2019, è una strategia volta a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, riducendo le emissioni di gas serra, promuovendo l’energia pulita e l’economia circolare, e tutelando la biodiversità. 14 CHAPTER 2. SOSTENIBILITÀ 2.3. SOSTENIBILITÀ AZIENDALE E VALORE CONDIVISO è rendere i prodotti più sostenibili e sviluppare filiere sempre più circolari in alcuni settori strategici (fonti rinnovabili, mobilità elettrica, stoccaggio, manifattura); ciò favorirebbe anche sinergie tra attori e settori (es: elettricità e trasporti) accelerando la crescita economica e la sostenibilità ambientale dell’intero continente. La blue economy è un modello di sviluppo economico sostenibile, orientato a rivoluzionare l’attuale sistema produttivo, azzerando le emissioni inquinanti, attraverso l’innovazione tecnologica (mentre la green economy cerca di ridurle, questa cerca di azzerarle). La blue economy si rivolge, in particolare, al mondo dei mari e degli oceani e alle attività economiche ad esso associate, che rivestono un ruolo primario nella lotta al cambiamento climatico. Lo sviluppo della digitalizzazione e delle nuove tecnologie ha trasformato i modelli di business, ren- dendo la digital transformation un passaggio obbligato per le aziende che vogliono restare competitive. Oltre all’adozione di tecnologie e alla dematerializzazione, essa implica una revisione dei modelli operativi tradizion- ali. La digitalizzazione non solo sta trasformando il nostro mondo, ma può anche contribuire al raggiungi- mento di una società più equa, in linea con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati nel 2015 dall’ONU nell’Agenda 2030 e con la visione integrata delle tre dimensioni con cui si esprime il concetto di sostenibilità. 2.3 Sostenibilità aziendale e valore condiviso Nella letteratura manageriale vi sono sostanzialmente due visioni relative al rapporto tra responsibilità so- ciale dell’impresa/sostenibilità e risultati aziendali: l’una sostenitrice dell’esistenza di un trade-off tra i due termini della questione, l’altra focalizzata sulle possibili sinergie. Radicato nella massima neoclassica the business of business is business, il primo approccio evidenzia un impatto negativo dell’implementazione della sostenibilità, considerando le pratiche socialmente responsabili come costi da evitare per non compromettere la competitività. Vantaggi e costi non sono direttamente com- parabili; i costi (ad esempio, la beneficenza) sono immediati e certi, mentre i benefici (come la reputazione) sono stimabili solo in modo qualitativo o indiretto. Secondo questo approccio, le risorse per programmi sociali dovrebbero essere destinate al miglioramento dell’efficienza o redistribuite agli azionisti, mantenendo il focus sulla creazione di ricchezza. Oggi, però, cittadini e leader aziendali chiedono un cambiamento verso un capitalismo sostenibile, dove le imprese devono essere responsabili nei confronti di tutti gli stakeholder, inclusi clienti, dipendenti e comu- nità. La sostenibilità riveste un ruolo centrale nel rafforzamento dei sistemi economici, rendendo impossibile ignorare l’agenda della finanza ESG. Negli ultimi tempi, molte aziende sono costrette a accelerare la trasfor- mazione digitale e a ripensare il proprio futuro. La sostenibilità d’impresa è passata dall’essere una questione prevalentemente etica e volontaristica o di risposta alle pressioni esterne a un tema strategico e di ripensamento della finalità dell’impresa in senso più ampio. È fondamentale superare la visione della globalizzazione improntata sulla specializzazione a bassi costi, promuovendo a livello globale il concetto di valore condiviso (CSV). La sostenibilità aziendale implica un nuovo modello di gestione che soddisfa le aspettative degli stake- holder, rispettando le normative legali e le etiche individuali. Essa permea strategie e politiche aziendali, influenzando vari ambiti della gestione: dalla produzione (es. riduzione dell’impatto ambientale) al market- ing (es. soddisfazione dei consumatori), dalla gestione delle risorse umane (es. politiche di formazione) agli aspetti finanziari. In questo contesto, la sostenibilità va oltre semplici dichiarazioni o strategie comunica- tive, configurandosi come un concetto di gestione integrato in strategie e programmi specifici per ciascuna impresa. In sintesi, la sostenibilità è definita come la capacità di un’organizzazione di continuare le proprie attività indefinitamente, considerando l’impatto sul capitale naturale, sociale e umano. Non deve essere vista solo come 15 CHAPTER 2. SOSTENIBILITÀ 2.4. SOSTENIBILITÀ E PERFORMANCE ECONOMICHE uno strumento per migliorare la competitività o come contributi filantropici, né come un sistema di gestione reattivo alle normative, altrimenti si ridurrebbe a compliance. Il passaggio dalla creazione di valore alla sostenibilità è fondamentale, poiché il rispetto del paradigma dello sviluppo sostenibile offre alle imprese l’opportunità di perdurare nel tempo. Rispondere adeguatamente alle attese e alle esigenze degli stakeholder è vitale per mantenere l’efficacia operativa, richiedendo una ges- tione attenta della reputazione, legittimazione e consenso. Pertanto, un’azienda non può operare in disac- cordo con i principi della sostenibilità; una filosofia gestionale non allineata (ad esempio, lavoro pericoloso o produzione inquinante) ostacola la creazione di valore e il raggiungimento di obiettivi competitivi a lungo termine. Come evidenziato nella figura sottostante, esistono sinergie tra performance ESG e risultati economici, correlate alla capacità delle imprese di gestire le aspettative degli stakeholder, si crea dunque un circolo vir- tuoso fra sostenibilità e performance. Ciò consente loro di accumulare risorse immateriali, come fiducia e conoscenza, che si traducono in vantaggi competitivi duraturi. L’adozione di pratiche sostenibili ha un du- plice impatto: riduce alcune categorie di costi e aumenta ricavi e produttività. La sostenibilità contribuisce così alla creazione di valore per tutti gli stakeholder, trasformando il suo ruolo da strumento meramente eco- nomico a leva strategica per mantenere l’equilibrio economico nel tempo: passato (solidarietà patrimoniale), presente (andamento economico favorevole) e futuro (efficienza, innovazione, competitività). Questa trasformazione è guidata da una nuova concezione del valore e dai cambiamenti nel contesto com- petitivo, che spingono verso comportamenti responsabili. Si parla di "gestione integrata della sostenibilità" come un investimento volto a produrre vantaggi competitivi duraturi e minimizzare i rischi, attraverso la valorizzazione delle relazioni con gli stakeholder, il miglioramento continuo e l’innovazione. 2.4 Sostenibilità e performance economiche L’adozione della responsabilità d’impresa offre numerosi vantaggi, ma la capacità di un’azienda di sfruttare appieno questi impatti positivi è fortemente legata alla sua abilità di integrare la sostenibilità nelle proprie strategie, cultura e valori operativi quotidiani. Quando la sostenibilità diventa parte integrante dell’identità aziendale, è possibile osservare diversi indicatori che testimoniano un incremento delle performance. Ad esempio, le aziende che adottano pratiche responsabili tendono a mostrare una maggiore efficienza, a ridurre i costi di coordinamento e a diventare più attraenti per i clienti, il che si traduce in un aumento delle vendite. Un concetto utile per comprendere come la performance sociale di un’azienda possa influenzare la sua capacità di attrarre talenti è la signalling theory. Questa teoria suggerisce che le aziende che dimostrano un impegno reale verso la responsabilità sociale inviano segnali positivi al mercato del lavoro, rendendosi più attraenti per i potenziali dipendenti. In sostanza, un’azienda che si impegna nella sostenibilità e nella 16 CHAPTER 2. SOSTENIBILITÀ 2.5. SOSTENIBILITÀ E PARTNERSHIP responsabilità d’impresa non solo migliora la propria immagine, ma crea anche un ambiente di lavoro in cui le persone desiderano essere coinvolte, attirando talenti motivati e competenti. La responsabilità sociale d’impresa (RSI) si manifesta in vari ambiti fondamentali che contribuiscono a un modello di business etico e sostenibile. Innanzitutto, è cruciale garantire un’adeguata remunerazione per soci e azionisti attraverso una gestione oculata del rischio. Inoltre, le aziende devono impegnarsi a offrire condizioni di lavoro migliori e più appaganti per i dipendenti, poiché un ambiente di lavoro positivo migliora la motivazione e la produttività. È altrettanto importante sviluppare prodotti innovativi e sostenibili, soddis- facendo così le esigenze dei clienti e promuovendo pratiche commerciali responsabili. Stabilire rapporti di cooperazione duraturi con i fornitori e mantenere relazioni chiare e trasparenti con i partner finanziari con- tribuisce a una filiera sostenibile e a una buona governance. Un altro aspetto chiave è il corretto pagamento delle tasse, essenziale per finanziare le scelte di governo e sostenere la crescita del Paese. Infine, le aziende devono svolgere un ruolo attivo e innovativo nelle comunità in cui operano, promuovendo iniziative locali e adottando pratiche sostenibili per tutelare l’ambiente e i diritti delle generazioni future. In sintesi, la respon- sabilità sociale d’impresa rappresenta un insieme di impegni che vanno oltre il profitto, contribuendo a un impatto positivo sull’intera società. Gli impatti della responsabilità sociale d’impresa (RSI) sono molteplici e possono influenzare positiva- mente la gestione aziendale in vari aspetti: contenimento dei costi: L’adozione di pratiche di responsabilità sociale consente alle aziende di ridurre le spese legate a conflitti, proteste e scioperi, affrontando proattivamente le istanze degli stake- holder. Ciò migliora il clima aziendale e riduce i rischi reputazionali. Le aziende possono così evitare costose controversie (risk management), minimizzando i costi legali e operativi. Inoltre, un ambiente di lavoro etico promuove la fiducia tra i dipendenti, portando a una minore propensione a comportamenti fraudolenti. La RSI riduce anche i costi di monitoraggio e coordinamento, rendendo i dipendenti più collaborativi e impegnati nel raggiungimento degli obiettivi aziendali. incremento dei ricavi: L’incremento dei ricavi è legato alla gestione delle risorse umane e delle re- lazioni esterne. Il miglioramento della lealtà e del coinvolgimento dei dipendenti, resi motivati dalle pratiche responsabili dell’azienda, favorisce creatività e innovazione. Questo spirito di appartenenza porta anche all’attrazione di risorse umane di alta qualità. Inoltre, le aziende che si impegnano nella RSI possono meglio rispondere ai bisogni della clientela, sviluppando prodotti e servizi che soddisfano le aspettative del mercato. Rapporti positivi con i fornitori migliorano la qualità delle forniture e fa- voriscono condizioni di collaborazione vantaggiose. Infine, una reputazione elevata facilita le relazioni con le istituzioni, rendendo più agevoli le autorizzazioni per le attività operative, contribuendo così a una crescita sostenuta e a un incremento dei ricavi. 2.5 Sostenibilità e partnership Il mancato riconoscimento di questo radicale cambiamento di prospettiva ha esposto in passato numerose imprese di paesi e settori diversi (per esempio: Nestlé, McDonald’s, Starbucks, Coca-Cola, Microsoft, Apple) a differenti tipi di rischi e minacce: crisi nella filiera di fornitura con pesanti impatti a valle nei mercati di sbocco; proteste e perdite di consenso nelle comunità in cui operano; campagne di boicottaggio realizzate dai consumatori finali; 17 CHAPTER 2. SOSTENIBILITÀ 2.5. SOSTENIBILITÀ E PARTNERSHIP valutazioni negative da parte della comunità finanziaria, con riduzione del valore di mercato e con- seguente perdita di fiducia da parte degli azionisti e della comunità finanziaria; costi e inefficienze legate alla scorretta gestione degli impatti ambientali. I manager di queste imprese hanno così dovuto cambiare le loro scelte strategiche e l’incapacità di prevedere e identificare le richieste dei vari portatori d’interessi ha comportato, in alcuni casi, significative ripercussioni sulla reputazione dell’organizzazione e sulle sue potenzialità di sviluppo. Nella prospettiva delineata, la sostenibilità prefigura un nuovo modello d’impresa molto più attiva, parte- cipativa e sfidante. È un modello nuovo, che ha forti legami con la parte migliore della nostra tradizione imprenditoriale: bisogna riscoprire i legami consapevoli ed essenziali col territorio, che tanta parte hanno nello spiegare il successo dei più avanzati pattern di sviluppo locale. Ciò non solo modifica l’impresa, ma determina inevitabili e auspicabili innovazioni di sistema, innescando partnership e alleanze per il cambia- mento: tra imprese, tra imprese e quei soggetti della società civile più attenti, tra imprese e soggetti pubblici e infine tra imprese, soggetti pubblici e società civile. Solo attraverso questa logica relazionale e collaborativa ampia sarà possibile assicurare la sostenibilità complessiva. Dall’analisi emerge chiaramente come, pur nella limitatezza delle risorse e competenze, le im- prese in grado di intuire il valore della sostenibilità sono anche quelle in grado di beneficiarne migliorando la propria competitività e, dunque, la sostenibilità dei propri processi a valere nel tempo, ma soprattutto che sopravvivranno. 18 Chapter 3 Teoria d’impresa e gestione degli stakeholder L’obiettivo di questo capitolo è comprendere le finalità dell’impresa in termini di creazione di valore. Si parte dal confronto tra due prospettive: la creazione di valore per gli azionisti (shareholders) e quella per i portatori di interesse in generale (stakeholders). Analizzeremo poi il sistema degli stakeholder, suddividendoli in interni ed esterni primari/secondari. 3.1 La teoria di creazione del valore La teoria di creazione del valore afferma che l’obiettivo dell’impresa deve essere massimizzare il valore del capitale economico, spingendo i manager a stabilire concretamente quali soluzioni adottare per raggiungere tale risultato. Questo approccio promuove un’economicità e una creazione di ricchezza di cui beneficiano tutti gli shareholder. Si distingue tra profitto e capitale economico: il profitto è definito a livello di impresa, mentre il valore è definito a livello degli azionisti. La differenza è cruciale, perché un’impresa può generare utili ma, allo stesso tempo, distruggere valore per gli azionisti se il rendimento non supera il costo opportunità dell’investimento, cioè il guadagno che l’investitore avrebbe potuto ottenere altrove, tenendo conto del rischio. Quindi, la creazione di valore per l’azionista avviene solo se il rendimento supera il costo del capitale. I manager devono pertanto evitare scelte che, pur aumentando i profitti, non creano valore. La teoria del valore di capitale economico ha inoltre tradotto principi teorici in pratica operativa. Anche quando i manager dichiarano fedeltà agli azionisti, possono emergere altri obiettivi non necessariamente in conflitto con il loro interesse. Tuttavia, oltre un certo punto, cercare aumenti eccessivi delle vendite può compromettere la redditività. 3.2 La teoria degli stakeholder Questa teoria afferma che l’impresa non dovrebbe creare valore solo per gli azionisti, ma puntare alla sod- disfazione di tutti gli attori, distribuendo la ricchezza in modo equilibrato. La società per azioni, infatti, non serve solo gli azionisti, ma anche i cosiddetti stakeholder, ovvero dipendenti, fornitori, clienti e finanziatori. Le finalità dell’azienda devono quindi considerare le esigenze delle diverse parti in causa. In passato, si riteneva che la creazione di valore per gli azionisti fosse l’obiettivo più razionale da perseguire. Tuttavia, secondo la teoria degli stakeholder, l’impresa deve puntare a un successo duraturo basato su relazioni armoniche con tutti gli attori coinvolti. Sebbene nel lungo periodo gli interessi di azionisti e stakeholder pos- sano allinearsi, tale allineamento richiede un impegno costante e consapevole da parte del management. 19 CHAPTER 3. TEORIA D’IMPRESA E GESTIONE DEGLI STAKEHOLDER 3.2. LA TEORIA DEGLI STAKEHOLDER La teoria degli stakeholder sottolinea che il successo dell’impresa dipende dal soddisfacimento delle attese degli stakeholder, poiché altrimenti questi non avrebbero interesse a contribuire al successo aziendale. In questo contesto, la sostenibilità dell’impresa dipende dalla sostenibilità delle sue relazioni con gli stakeholder, che apportano risorse fondamentali per il successo a lungo termine. La teoria della creazione di ricchezza degli azionisti (e quindi di una sola categoria di stakeholder) presen- tava due argomenti a favore: L’obiettivo dell’impresa, qualunque esso sia, dovrebbe essere unico. Se i manager sono costretti a perseguire interessi contrastanti senza criteri chiari per risolvere i trade-off, l’impresa perde una di- rezione precisa. Concentrarsi su un obiettivo misurabile, come la ricchezza degli azionisti, tende a produrre comportamenti coerenti e ben orientati, favorendo il lungo termine di tutti gli stakeholder. La creazione di ricchezza soddisfa meglio l’interesse di tutti gli stakeholder. Gli azionisti, infatti, sono meno protetti rispetto ad altri soggetti, come dipendenti e creditori, che godono di tutele giuridiche. Gli interessi degli azionisti devono essere quindi priorizzati per garantire la massima soddisfazione complessiva. La prospettiva di equilibrio riconosce che, sebbene l’obiettivo principale dell’impresa rimanga la mas- simizzazione della ricchezza degli azionisti, il mantenimento di relazioni armoniche con l’ambiente e gli stake- holder è un fattore cruciale per il raggiungimento di tale obiettivo. Il successo dell’impresa dipende dal con- tributo di tutti gli stakeholder, quindi è necessario che le relazioni con essi siano sostenibili. Il valore sostenibile si raggiunge gestendo, in modo armonico, la rete di interazioni e rapporti di scambio con gli interlocutori sociali capaci di influenzare positivamente o negativamente l’impresa. L’impresa deve quindi coinvolgere e remunerare i vari stakeholder per assicurarsi il successo duraturo, poiché la sostenibilità dell’impresa dipende dalla sostenibilità delle sue relazioni con i differenti portatori di interesse. 20 CHAPTER 3. TEORIA D’IMPRESA E GESTIONE 3.3. LA DEGLI DESCRIZIONE STAKEHOLDER DEL SISTEMA DEGLI STAKEHOLDER 3.3 La descrizione del sistema degli stakeholder Suddivideremo le diverse categorie sulla base dell’appartenenza o meno all’impresa e dell’impatto sulla competitività (diretto e indiretto). In base a tale criterio, si suddividono i vari stakeholder aziendali in interni ed esterni, e distinguendo poi tra gli stakeholder esterni quelli di natura competitiva (primari), ovvero che hanno un ruolo rilevante nel determinare il libello di redditività dell’impresa, da quelli che non hanno natura competitiva (secon- dari), che hanno un impatto indiretto sulla competitività dell’impresa. 3.3.1 Gli stakeholder interni Il sistema degli stakeholder interni comprende i gruppi di stakeholder senza la cui partecipazione continua l’impresa non potrebbe esistere. Solitamente fanno parte di questa categoria: la proprietà, i dipendenti e il management. 1. La proprietà. Il gruppo di soggetti a cui, intuitivamente, possono essere associati interessi nell’impresa e, al contempo, capacità di influenza sulle dinamiche aziendali è la proprietà. La proprietà, conferendo risorse soggette al rischio di impresa, è in grado di incidere sulla vita dell’azienda, e in essa ripone una serie rilevante di aspettative. La struttura tipica dell’impresa nei modelli di capitalismo più evoluti è quella della società per azioni (cap ?) nella quale, sinteticamente, la proprietà può essere frazionata in quote (azioni) di partecipazione al capitale: in questo senso, la rappresentazione degli stakeholder proprietari è solitamente limitata alle categorie degli azionisti. 1 La suddivisione più importante nell’ambito degli stakeholder proprietari è quindi quella che divide gli azionisti di maggioranza da quelli di minoranza. I primi incidono sulle decisioni aziendali, molto più dei secondi che, invece, non possono incidere in misura diretta sulle sorti dell’azienda, potranno invece attribuirsi delle posizioni di controllo e di monitoraggio, volte ad assumere informazioni sull’andamento dell’azienda per valutare l’investimento effettuato. La proprietà implica il diritto-dovere di beneficiare dei risultati aziendali ma anche il diritto-dovere di governo dell’impresa di operare le scelte aziendali. 2. I dipendenti. L’altra macro-categoria di stakeholder interni è rappresentata da coloro che apportano all’impresa non il capitale finanziario di rischio, bensì la loro opera, cioè il lavoro. La posizione dei dipendenti in qualità di stakeholder dipende essenzialmente da dal livello di partecipazione della forza lavoro ai processi decisionali e quello di rappresentanza e la rilevanza delle associazioni sindacali. In riferimento al primo punto è chiaro che l’impostazione dello stile di direzione, più autoritario o più partecipativo, incide sul ruolo dei lavoratori, così come incide la legislazione. Per quanto riguarda il secondo punto è evidente che in presenza di un contesto storico, sociale e culturale nel quale la rappre- sentanza sindacale gioca un ruolo importante, anche la posizione degli stakeholder lavoratori risulterà in grado di incidere maggiormente sulle dinamiche aziendali, soprattutto nell’ambito dei rapporti con la proprietà. 3. Il management. Un particolare tipo di stakeholder lavorativo è il manager. Sebbene formalmente sia, infatti, un dipendente dell’impresa, per l’importanza del ruolo giocato deve essere considerato come un portatore di interessi diversamente dal gruppo dei dipendenti sopra considerato. 1 L’azione è uno strumento dinanziario ed è un titolo rappresentativo di una quota della proprietà della società per azioni. Il possessore è detto shareholder (azionista). 21 CHAPTER 3. TEORIA D’IMPRESA E GESTIONE 3.3. LA DEGLI DESCRIZIONE STAKEHOLDER DEL SISTEMA DEGLI STAKEHOLDER Per spiegare il suo ruolo non si può applicare nessuna delle due variabili, partecipazione e rappre- sentanza, in precedenza dette. Il manager partecipa, infatti, per definizione all’attività dorezionale dell’impresa, con maggiore o minore autonomia rispetti alla proprietà, e il suo ruolo nasce proprio da un processo di delega della gestione. La posizione del management come stakeholder dipende da quattro fattori: le dimensioni e il grado di complessità aziendale: è chiaro che all’interno di imprese di maggiori di- mensioni, o multinazionali, la delega manageriale risulterà più ampia, così come la discrezionalità nei comportamenti del management; l’articolazione della struttura proprietaria (per esempio la dispersione dell’azionariato consente un ruolo più importante al management d’impresa); la presenza di meccanismi di incentivo (esiste la possibilità, legando, per esempio, le retribuzioni del management ai risultati aziendali, di allineare maggiormente i comportamenti del managemnet alle aspettative della proprietà; la presenza di un mercato finanziario efficiente, in quanto rende più trasparente l’operato del management agli occhi della proprietà, che è in grado di esercitare su di esso un maggior controllo. 3.3.2 GLi stakeholder esterni primari (competitivi) I portatori di interesse esterni "primari", quelli che compongono il sistema competitivo sono: clienti, fornitori e concorrenti. Per l’analisi di questi stakeholder si utilizzerà il modello delle 5 forze di Porter. Il modello sarà usato per identificare gli stakeholder di natura competitiva e per analizzare i loro interessi e i comporta- menti verso l’impresa, coerentemente con la visione per stakeholder. Questo schema verrà anche visto come strumento per la strategia "di portafoglio", cioè per scegliere in quale settore operare a seguito di una analisi delle sue fonti di profitto, le cinque forza appunto: Gli attori che compongono lo scenario competitivo per un’impresa appartegono a tre categorie: i fornitori, cioè i soggetti che forniscono alle imprese i fattori produttivi, gli impianti, i servizi per l’attività aziendale; i clienti, che sono i soggetti a cui l’offerta aziendale è diretta, siano essi finali o intermedi; i concorrenti, cioè le altre imprese che concorrono nel mercato per un’offerta simile, detti concorrenti attuali, o quelli che sono nelle condizioni per poterlo fare, detti potenziali. Con riferimento ai rapporti con i fornitori e i clienti, l’analisi segue una lettura "verticale", volta a descrivere gli stakeholder che hanno con l’impresa rapporti di natura sequenziale lungo la filiera produttiva. Con riferimnto invece ai rapporti con i conocrrenti, attuali e potenziali, si seguirà la lettura "orizzontale" dello schema, volta ad analizzare gli stakeholder con i quali ci si confronta in modo simultaneo sui mercati. Ci concentriamo ora sul potere contrattuale nella relazione e quindi sul ruolo degli stakeholder com- petitivi. Ritorneremo su questo modello nello studio dell’ambiente strategico (cap. ?) per comprendere le "interazioni" tra gli attori. Una filiera produttiva è l’insieme delle lavorazioni che consentono di arrivare ad un prodotto/servizio finito partendo da un insieme di fattori primari. La struttura delle filiere può essere molto semplice e lineare per alcune produzioni (es: acciaio), mentre può essere più ampia e articolata per altre attività (es: servizi turistici). 22 CHAPTER 3. TEORIA D’IMPRESA E GESTIONE 3.3. LA DEGLI DESCRIZIONE STAKEHOLDER DEL SISTEMA DEGLI STAKEHOLDER Ogni impresa, all’interno della filiera, potrà assumere una diversa posizione, cioè scegliere quali fasi del processo realizzare o quante fasi del processo realizzare, determinando il proprio grado di integrazione verti- cale. Lungo la filiera, per ogni fase, si realizzerà un determinato valore aggiunto, cioè la differenza tra il valore della produzione realizzata (e venduta) e il costo dei fattori produttivi acquistati: il valore aggiunto è quindi il maggiore valore che si aggrega in ogni fase del processo, e chi si accumula al susseguirsi delle diverse fasi. Le relazioni di un’impresa con i soggetti che partecipano alla sua filiera contribuiscono quindi a definire il valore aggiunto complessivo che si realizza e, soprattutto la ripartizione dello stesso fra i vari partecipanti. In tal senso ci soffermeremo in modo indifferente sulle relazioni con i fornitori e su quelle con gli acquirenti, in quanto la natura della relazione e le condizioni di stakeholding sono simmetriche e si basano sugli stessi fattori. Torneremo su questo nello studio dell’ambiente strategico (cap ?). 3.3.3 Gli stakeholder esterni secondari Gli stakeholder esterni influenzano e sono influenzati dalla dinamica aziendale con minore capacità di incidere sulla sopravvivenza dell’impresa. Il sistema finanziario. Gli operatori finanziari rappresentano un importante stakeholder esterno per l’impresa: in questo caso, essendo esterni, ci si riferisce alla sola categoria degli operatori finanziari che offrono capitale all’impresa. In generale il ruolo degli stakeholder finanziari esterni dipende da tre fattori: il livello di indebitamento/ rischio dell’impresa, la dimensione e il prestigio dell’impresa, le carat- teristiche dell’intero sistema finanziario. Con riferimento al primo punto, il potere contrattuale di una banca su un’impresa aumenta se quest’ultima è molto indebitata o opera in settori rischiosi, portando la banca a ridurre i prestiti o ad aumentarne i costi. Tuttavia, per imprese grandi o prestigiose, questo potere si riduce, poiché la loro dimensione attenua il rischio e permette relazioni finanziarie meno re- strittive e a lungo termine. Infine, in mercati dei capitali ampi ed efficienti, come quelli anglosassoni, le imprese trovano più facilmente capitali in borsa, riducendo il ruolo delle banche, a differenza di sistemi come quello italiano, dove le banche restano fondamentali. I gruppi di interesse e la società civile. La considerazione di questa categoria di portatori di inter- essa ha forse rappresentato il vero elemento di novità della teoria degli stakeholder. Non si tratta più solo di rispettare le norme legislative, ma di comprendere che l’impatto della responsabilità sociale sulla competitività aziendale. Questo ha portato a una nuova prospettiva di sostenibilità aziendale, che in- clude non solo la sopravvivenza a lungo termine dell’impresa, ma anche l’attenzione verso l’ambiente, il benessere sociale e una governance equa. Le comunità locali, insieme a organizzazioni come ONG e Enti del Terzo Settore, sono stakeholder chiave, capaci di influenzare il management attraverso il loro consenso. La relazione tra impresa e comunità si basa su legittimità sociale, credibilità e fiducia, rendendo imprescindibile un’attenzione più ampia verso questi gruppi che vanno oltre la tradizionale concorrenza di mercato. Sistema pubblico e macroambiente. L’impresa opera in un contesto istituzionale di regole che ne delimitano le attività, percepite spesso come vincoli. Tuttavia, il ruolo dello Stato è cruciale in ambiti 23 CHAPTER 3. TEORIA D’IMPRESA E GESTIONE DEGLI STAKEHOLDER 3.4. LA RILEVANZA DEGLI STAKEHOLDER come la regolamentazione dei mercati, la tutela della concorrenza e le politiche macroeconomiche. Lo Stato può limitare l’accesso a settori specifici (es. telecomunicazioni, energia) e monitorare concorrenza e prezzi. Inoltre, il macroambiente è influenzato da fattori come tassi d’interesse e l’efficienza dei servizi pubblici, che impattano la competitività aziendale. Con la globalizzazione e l’integrazione dei mercati dei capitali sotto spinte europee, emerge la necessità di regole condivise e di un modello comune di governance. Questo rende più trasparente e gestibile la relazione tra imprese, stakeholder e governi, migliorando la collaborazione e l’efficienza. 3.3.4 Gli stakeholder esterni secondari non competitivi Il cambiamento climatico, causato principalmente dall’attività umana a partire dal XIX secolo, sta generando una crescente consapevolezza nelle imprese riguardo alla necessità di mitigare le emissioni di gas serra. Oltre alla riduzione del rischio, molte aziende stanno rivedendo i propri modelli di business per adattarsi a questa nuova realtà. L’ambiente naturale si è affermato come uno stakeholder sempre più influente, rappresentato da soggetti come associazioni ambientaliste, consumatori e governi locali, nazionali e sovranazionali. Questa influenza si manifesta sia in termini competitivi, offrendo opportunità di business legate a politiche e tecnologie sosteni- bili, sia in termini non competitivi, con normative ambientali che impongono cambiamenti gestionali. 3.4 La rilevanza degli stakeholder Dopo aver descritto l’interazione dell’impresa con gli stakeholder, si analizzano le principali strategie di ges- tione volte alla creazione di valore, tenendo conto delle esigenze di diversi gruppi di interesse. Si esamina la rilevanza delle categorie di stakeholder, classificandole in base a tre elementi chiave: potere, legittimità e urgenza. Questa categorizzazione aiuta a capire quali gruppi meritano maggiore attenzione. Il primo fattore che spiega la posizione (dimensione formale dell’autorità) di uno stakeholder è il potere, che può avere natura coercitiva, come la regolamentazione che impone certi comportamenti alle imprese; utilitaristica, ad esempio un fornitore in posizione di monopolio; simbolica, come nel caso di una piccola impresa in un progetto di cooperazione con un leader di settore. Un esempio pratico di potere non legittimato è quello di un raider, che cerca di acquisire il controllo di una società. Sebbene non sia percepito come legittimato dai proprietari o dal management, ha un potere potenzialmente elevato. È importante quindi considerare separatamente potere e legittimità. Quest’ultima si riferisce alla percezione generalizzata che le azioni di un soggetto siano desiderabili o appropriate, anche se un soggetto legittimato non ha sempre un potere effettivo (dimensione sociale dell’autorità); per esempio, un azionista di minoranza può essere legittimato nei suoi interessi, ma con capacità limitata di influenzare le decisioni aziendali. Il terzo fattore da considerare per definire il grado di rilevanza di uno stakeholder è l’urgenza delle sue proposte. Questa si riferisce alla situazione in cui le richieste di un gruppo di stakeholder diventano pressanti o critiche, anche se il gruppo non detiene potere o legittimità. Ad esempio, un’impresa di abbigliamento può risultare particolarmente innovativa e di successo grazie ai macchinari forniti da un suo fornitore, il quale, sebbene con un gap di potere o legittimità, diventa urgente per il successo dell’impresa. 24 CHAPTER 3. TEORIA D’IMPRESA E GESTIONE DEGLI STAKEHOLDER 3.4. LA RILEVANZA DEGLI STAKEHOLDER I tre elementi di potere, legittimità ed urgenza possono combinarsi in vari modi tra i soggetti, configurando diverse tipologie di stakeholder con differenti gradi di rilevanza. Se un soggetto non possiede alcuno di questi elementi, non può essere considerato uno stakeholder. Si possono identificare tre categorie principali di rilevanza. La prima categoria è quella degli stakeholder latenti, che si caratterizzano per un basso grado di rilevanza, in quanto possiedono solo uno dei tre elementi di rilevanza. All’interno di questa categoria troviamo i dormienti, soggetti che detengono solo potere, senza legittimità o urgenza, come una grande banca che finanzia una piccola impresa. Ci sono poi i discrezionali, che hanno solo legittimità sociale, senza potere o urgenza. Le iniziative di volontariato sono un esempio di tale categoria. Infine, ci sono i domandanti, che possiedono solo urgenza e sono percepiti come richieste pressanti, senza un supporto significativo di potere o legittimità, come nel caso di un picchetto di protesta. La seconda categoria è quella degli stakeholder con aspettative, che hanno almeno due degli elementi di rilevanza. In questa categoria, gli stakeholder dominanti combinano potere e legittimità sociale, ricevendo una significativa attenzione da parte dell’impresa e formando coalizioni di interesse. Gli stakeholder dipendenti presentano legittimità e urgenza, ma necessitano di un soggetto potente per far ascoltare le loro istanze, come i lavoratori in sciopero. Infine, ci sono gli stakeholder pericolosi, che dispongono di potere e urgenza ma mancano di legittimità; possono esercitare coercizione e adottare pratiche illegali per affermare i loro interessi. La terza categoria è quella degli stakeholder assoluti, che incorpora tutti e tre gli elementi di potere, legit- timità e urgenza. Essa rappresenta una forma evoluta di dominanza, sebbene il loro status sia temporaneo e possa variare nel tempo. Questa classificazione aiuta le imprese a gestire in modo strategico le relazioni con i diversi gruppi di interesse, garantendo una risposta adeguata alle istanze che emergono nel contesto aziendale. 25 CHAPTER 3. TEORIA D’IMPRESA E GESTIONE 3.5. DEGLILA STAKEHOLDER GESTIONE STRATEGICA DEGLI STAKEHOLDER 3.5 La gestione strategica degli stakeholder Il modello presentato consente di analizzare la rilevanza dei diversi stakeholder, evidenziando quattro comportamenti strategici che le imprese possono adottare nella gestione del sistema dei portatori di interesse: Trascuratezza, che implica investimenti minimi rispetto alle richieste degli stakeholder; Difesa, che si limita a soddisfare il minimo legale delle istanze; Adattamento, che risponde a quasi tutte le richieste, come nel caso di un fornitore che si aspetta un ampliamento del mercato; Proattività, che anticipa le esigenze degli stakeholder, come lo sviluppo di prodotti ecocompatibili. Sebbene questi comportamenti siano chiari, la scelta di quale adottare non è sempre immediata. Le possibili strategie vengono descritte sulla base di due macro-variabili (il potenziale rischio derivante dal comportamento degli stakeholder, che suggerisce strategie difensive o offensive; la potenziale cooperazione ottenibile, che definisce l’intensità della relazione con i portatori di interesse). Incrociando queste dimensioni, si possono ridefinire le strategie da adottare. Ad esempio, un basso rischio e limitate interazioni portano a un comportamento di difesa, mentre l’adattamento si applica a stakeholder non minacciosi ma competitivi. Conclusioni: * Gli stakeholder possono essere descritti in base al loro essere interni ed esterni, competitivi e non competitivi; * Le istanze dei vari stakeholder assumono diversa rilevanza nel tempo e nello spazio in relazione al manifestarsi degli elementi di potere, legittimità ed urgenza; * La capacità di individuare gli stakeholder rilevanti in un determinato sistema di relazioni con- sente di massimizzare il risultato della loro gestione. 26 Chapter 4 L’impresa e le sue attività 4.1 Le Combinazioni Economiche Generali Precedentemente abbiamo visto che le persone svolgono l’attività economica per soddisfare i propri bisogni di ogni ordine. L’attività economica è essenzialmente attività di produzione e di consumo di beni economici. L’attività economica si svolge in una grande varietà di istituti. L’insieme delle operazioni (attività elementari) economiche svolte dalle persone all’interno di un istituto forma le combinazioni economiche generali dell’istituto stesso. Le combinazioni economiche sono parte del sistema degli accadimenti, ossia dell’insieme di azioni e di fenomeni che si manifestano nell’azienda e nel suo ambiente; azioni e fenomeni, economici e non economici, avvinti a sistema da relazioni molteplici. Questo sistema è un insieme molto vasto includente, ad esempio: i comportamenti dei clienti, dei fornitori e dei concorrenti; le dinamiche particolari e generali dei prezzi-costo e dei prezzi-ricavo; gli interventi locali, nazionali e internazionali volti a regolare l’attività eocnomica e così via. Per poter capire l’economia delle imprese (come si formano i costi e i ricavi; perché e come si hanno utili o perdite; perché ci si deve indebitare oppure no; ecc.) è essenziale saper analizzare l’articolazione delle combinazioni economiche (attività) che in esse si svolgono. Per farlo si ricorre ad alcuni concetti chiave: le condizioni economiche parziali (dette anche "funzioni") e le aree di affari (o di business). 4.2 Le coordinazioni economiche parziali Le combinazioni economiche generali d’impresa si articolano in coordinazioni economiche parziali ossia in insiemi di processi caratterizzati da una funzione (ad esempio: ideare e sviluppare nuovi prodotti, fab- bricarli, venderli, acquistare mezzi finanziari) e da un insieme di competenze specialistiche applicate al loro 27 CHAPTER 4. L’IMPRESA E LE SUE ATTIVITÀ 4.2. LE COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI svolgimento (ad esempio, competenze di progettazione, di fabbricazione, di marketing, di finanza, di gestione del personale). Spesso le coordinazioni parziali sono chiamate semplicemente "funzioni". 1 Per tutte le imprese le coordinazioni parziali sono riconducibili alle seguenti classi e sottoclassi di oper- azioni: 1. progettazione (configurazione) dell’assetto istituzionale; 2. organizzazione; 3. rilevazione; 4. gestione: (a) gestione caratteristica (es: ricerca e sviluppo, acquisti, fabbricazione, vendita...); (b) gestione patrimonale; (c) gestione finanziaria; (d) gestione assicurativa; (e) gestione tributaria. 4.2.1 Progettazione dell’Assetto istituzionale La Configurazione dell’Assetto istituzionale è l’insieme di operazioni finalizzate a determinare la nascita, il disegno di base, le trasformazioni e la cessazione dell’istituto. Sono duqnue operazioni di configurazione dell’assetto istituizonale: la costituzione dell’istituto, la decisione dei suoi campi di attività, la definizione e la trasformazione della forma giuridica; la configurazione degli organi di governo; la trasformazione della compagine dei membri dell’istituto ("soci"); le acquisizioni, fusioni e scissioni; la stipulazione di alleanze e la formazione di aggregati istituzionali con altri soggetti; la liquidazione dell’istituto. Configurato l’assetto isituzionale, l’assetto istituzionale l’attività di impresa si svolge nelle tre grandi classi di operazioni (gestione, organizzazione, rilevazione) che sono fortemente influenzate dalle scelte di fondo che si compiono con la configurazione dell’assetto. Il gruppo PSA, nato dalla fusione tra Peugeot SA e Citroën SA, rappresenta un esempio di configurazione istituzionale in cui le decisioni strategiche sono state influenzate dalla partecipazione di diversi azionisti, tra cui la famiglia Peugeot, lo Stato francese attraverso Bpifrance, e il socio cinese Dongfeng. Questa struttura azionaria ha contribuito a guidare l’evoluzione dell’azienda, che ha portato successivamente alla creazione di Stellantis, un nuovo grande gruppo automobilistico nato dalla fusione di PSA con Fiat Chrysler Automobiles (FCA). Stellantis riunisce una serie di marchi iconici che ampliano l’offerta di prodotti, rafforzando la capacità competitiva e l’integrazione delle diverse competenze industriali e commerciali. 4.2.2 L’Organizzazione La dicitura operazioni di organizzazione copre un’ampia gamma di attività riconducibili a due grandi insiemi: la progettazione dell’assetto organizzativo dell’impresa e la gestione dei prestatori del lavoro. La progettazione dell’assetto organizzativo consiste anzitutto nella progettazione della struttura orga- nizzativa dell’impresa: si definiscono i compiti da svolgere, si assegnano insiemi di tali compiti agli organi che 1 Per esempio la funzione ricerca e sviluppo è l’insieme delle attività che hanno la funzione di ideare e di sviluppare nuovi prodotti e nuovi processi produttivi e si svolge utilizzando particolari competenze di progettazione, di calcolo, di prova, e così via. 28 CHAPTER 4. L’IMPRESA E LE SUE ATTIVITÀ 4.2. LE COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI formano la struttura e alle persone che vi operano, si esplicitano le relazioni gerarchiche. Complementare alla progettazione della struttura organizzativa è la progettazione dei sistemi operativi che si suddividono in sistemi di pianificazione attraverso i quali si definiscono le strategie da perseguire, sistemi di gestione del personale (modalità ingresso, retribuzione, carriera e sviluppo). La gestione del personale può essere vista come l’attuazione dei sistemi operativi di gestione del person- ale. Si compone di: processi di ricerca, selezione, accoglimento e inserimento del personale; processi analisi delle competenze e delle mansioni; processi di determinazione e di liquidazione delle retribuzioni; processi di addestramento e formazione. I sistemi di gestione del personale sono progettati ed attuati in modo che vengano coniugate le esigenza di efficienza delle combinazioni economiche dell’impresa con l’esigenza di motivazione delle persone che prestano lavoro (retribuzione e condizioni lavorative). Si ricordi che i prestatori di lavoro portano interessi primari nell’impresa e che, secondo forme opportune, essi partecipano al governo dell’impresa e alla ripartizione del risultato residuale. Ciò significa che le scelte organizzative in generale e le scelte di gestione del personale hanno strettissimi collegamenti con le scelte di configurazione dell’assetto istituzionale. 4.2.3 La Rilevazione La rilevazione include attività di raccolta, elaborazione, conservazione e diffusione dei dati e delle infor- mazioni, ed è fondamentale per supportare le scelte dei decisori sia interni che esterni all’azienda. Le op- erazioni di rilevazione servono due principali gruppi di utilizzatori: a) le persone interne all’azienda, che devono prendere decisioni nelle varie aree funzionali e a diversi livelli di responsabilità; b) soggetti esterni, come fornitori, clienti, finanziatori e lo Stato, che necessitano di informazioni per gestire i loro rapporti con l’impresa. Queste operazioni si articolano in diverse parti essenziali, tra cui la contabilità generale, la contabilità analitica e i sistemi informativi direzionali, tutte fondamentali per raccogliere, elaborare e condividere infor- mazioni strutturate e utili ai decisori aziendali. Gli output includono il bilancio di esercizio, la contabilità dei costi, le statistiche di vendita e le analisi di mercato. I sistemi informatici sono cruciali per gestire queste operazioni. 4.2.4 La Gestione: il centro dell’attività economica Procediamo ad analizzare una per una tutte le sottoclassi: 1. La Gestione caratteristica. La gestione caratteristica è il vasto insieme di operazioni attraverso le quali l’impresa attua direttamente la produzione economica (progetta, acquista, trasforma, vende). Le operazioni di gestione caratteristica: (a) identificano la “funzione economico-tecnica” tipica di ciascuna impresa; (b) suscitano la gran parte dei costi e dei ricavi dell’impresa. 29 CHAPTER 4. L’IMPRESA E LE SUE ATTIVITÀ 4.2. LE COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI Per le imprese agricole, estrattive e manifatturiere, le operazioni di gestione caratteristica comprendono l’acquisto di impianti e materie prime, la trasformazione tecnica e la vendita dei prodotti. Nelle imprese commerciali, le operazioni si concentrano su attività di trasporto e immagazzinamento, oltre alle ne- goziazioni di acquisto e vendita di beni privati. Per le banche, si tratta di negoziazioni di credito, sia in raccolta che in impiego; mentre per le imprese di assicurazione, le operazioni riguardano l’assunzione di rischi specifici, l’investimento dei mezzi disponibili e la liquidazione dei sinistri. La gestione caratteristica è una gestione “attiva”; quando ben condotta, produce un risultato reddituale positivo, denominato reddito operativo della gestione caratteristica. Nelle imprese manifatturiere, essa si articola nei seguenti insiemi di operazioni: Ricerca e sviluppo Acquisto di merci e di servizi destinati alla produzione Fabbricazione Commercializzazione Logistica 2. Gestione patrimoniale (o accessoria). La gestione finanziaria è fondamentale per coprire i deficit di mezzi monetari, poiché tutte le imprese devono attivarla per finanziare investimenti e crescita. Quando un’impresa ha mezzi monetari in eccesso rispetto ai fabbisogni della gestione caratteristica, può inve- stire queste risorse per generare redditi addizionali. Questa attività è nota come gestione patrimoniale, che consiste nell’investimento di mezzi monetari eccedenti per trarne un reddito addizionale. Può accadere che, per un certo periodo, un’impresa disponga di risorse eccedenti; la presenza di tali mezzi dipende dalla disponibilità di risorse in surplus. La gestione patrimoniale si configura come una combinazione economica finalizzata a produrre redditi addizionali utilizzando disponibilità originate dal risparmio. Le imprese possono avere eccessi di risorse monetarie per periodi variabili e, in tali casi, possono imp- iegare queste risorse in investimenti, come l’acquisto di titoli di Stato, azioni di altre imprese, immobili da reddito e rivalutazione, o concedendo crediti di finanziamento. Sebbene la gestione patrimoniale sia, in linea di principio, una gestione “attiva”, essa comporta anche rischi, come perdite derivanti da quotazioni decrescenti delle azioni acquistate. Tutti gli investimenti nella gestione patrimoniale mirano a ottenere proventi netti positivi, ma compor- tano costi accessori certi (provvigioni, spese di manutenzione, imposte) e rischi di non rimunerazione, come l’assenza di dividendi o perdite in conto capitale. Pertanto, sebbene la gestione patrimoniale sia orientata a risultati reddituali positivi, può anche portare a risultati netti negativi. 3. La Gestione finanziaria. La gestione caratteristica è il nucleo centrale delle attività economiche di un’impresa, ma accanto ad essa si sviluppano altre gestioni, tra cui quella finanziaria. La gestione finanziaria è l’insieme delle operazioni volte a coprire il fabbisogno finanziario, ossia il fabbisogno di mezzi monetari necessari per avviare e sostenere lo sviluppo dell’impresa. Il fabbisogno finanziario nasce perché, di regola, nelle imprese gli incassi derivanti dalle “vendite” emer- gono successivamente ai pagamenti derivanti dagli “acquisti”. Le imprese possono trovarsi nella ne- cessità di ricorrere a finanziatori per coprire questo fabbisogno, che può derivare da tutte le gestioni operative, non solo da quella caratteristica. 30 CHAPTER 4. L’IMPRESA E LE SUE ATTIVITÀ 4.2. LE COORDINAZIONI ECONOMICHE PARZIALI Il fabbisogno finanziario si copre principalmente attraverso due fonti: il capitale proprio (o capitale di rischio) e il capitale di prestito, come mutui e obbligazioni. La gestione finanziaria comprende oper- azioni destinate a garantire le risorse necessarie tramite entrambe queste fonti. Tuttavia, la gestione finanziaria in senso stretto si concentra sul capitale di prestito. La gestione finanziaria si articola in diverse attività, tra cui la previsione del fabbisogno finanziario, la valutazione della combinazione ottimale tra capitale di rischio e di prestito, e la pianificazione delle negoziazioni. I costi legati al capitale di prestito si manifestano principalmente come interessi passivi (o oneri finanziari), mentre il capitale proprio comporta una remunerazione attesa dai conferenti, che dipende dai risultati economici dell’impresa. In sintesi, la gestione finanziaria si occupa della copertura del fabbisogno finanziario generato da tutte le gestioni aziendali ed è considerata una gestione “passiva”: comporta interessi passivi sul capitale di terzi e remunerazioni del capitale proprio. Le scelte in merito a queste forme di finanziamento presentano vantaggi e svantaggi che devono essere attentamente valutati nell’ambito della gestione finanziaria. 4. La Gestione assicurativa. Ogni istituto è esposto a un rischio economico generale, ovvero la possibilità che le sue combinazioni economiche generino utili o perdite che possano minacciare la sua sostenibilità. Questo rischio è intrinsecamente legato all’autonomia dell’istituto e non può essere trasferito ad altri. Oltre a questo rischio generale, gli istituti affrontano anche rischi specifici, che possono essere coperti tramite assicurazione. La gestione assicurativa è l’insieme di operazioni finalizzate alla copertura dei rischi particolari d’impresa (furti, incendi, danni a terzi, ecc.), mediante la sottoscrizione di contratti di assicurazione (negoziazioni di rischi particolari). Tali rischi possono derivare dalla gestione caratteristica, o anche dalle gestioni patrimoniale e finanziaria. Non si può procedere ad assicurare il generale «rischio d’impresa». Tali rischi, come furti o incendi, sono legati a eventi particolari e possono essere quantificati in termini di probabilità di accadimento e grandezza economica del danno. I rischi specifici possono essere negoziati attraverso il pagamento di premi assicurativi, e la negozi- azione avviene tipicamente con imprese di assicurazione che aggregano rischi omogenei su basi prob- abilistiche. Alcuni rischi, come infortuni o malattie, possono essere considerati di pubblico interesse e sono soggetti a regolamentazione pubblica. È una gestione tipi

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