Economia delle Aziende di Credito PDF
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This document summaries banking models and theoretical approaches. It covers various aspects, including assumptions of behavior, time horizons, market imperfections, and production functions in banking. The content analyzes models of asset and liability management and portfolio theory, also discussing the role of information asymmetry in financial markets.
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Attività bancaria: modelli teorici e principali sviluppi della letteratura 2 I modelli teorici di comportamento della banca La letteratura in argomento è di carattere: - aziendale; - economico-politico. Dalla pluralità di funzioni svolte dalla banca ◼ intermed...
Attività bancaria: modelli teorici e principali sviluppi della letteratura 2 I modelli teorici di comportamento della banca La letteratura in argomento è di carattere: - aziendale; - economico-politico. Dalla pluralità di funzioni svolte dalla banca ◼ intermediazione finanziaria ◼ investimento e gestione del risparmio ◼ gestione del sistema dei pagamenti ◼ trasmissione degli impulsi di politica monetaria deriva la molteplicità degli approcci adottati e il carattere parziale, attento ad aspetti specifici dei vari modelli teorici elaborati in letteratura. 3 I modelli teorici di comportamento della banca Superando le differenze di impostazione, lo sforzo di modellizzazione del comportamento della banca richiede che vengano assunte le seguenti quattro ipotesi di lavoro: 1. Obiettivo/vettore di obiettivi della banca; 2. Orizzonte temporale dell’analisi; 3. Mercati perfetti o imperfetti; 4. Funzione di produzione della banca (struttura dei costi). 4 1 – L’obiettivo o il vettore di obiettivi della banca La scelta non è univoca, bensì dipende da: ◼ individuazione dei soggetti (manager, azionisti, pubblico) ai quali la funzione obiettivo è riferita; ◼ natura e ampiezza dei problemi gestionali da affrontare; ◼ ipotesi sulle condizioni concernenti i mercati. 5 1 – L’obiettivo o il vettore di obiettivi della banca Nel caso di mercati perfetti e in assenza di conflitti fra manager e azionisti, l’obiettivo della banca può essere fissato nella massimizzazione del valore di mercato della medesima, raggiungibile attraverso la massimizzazione del profitto atteso per ogni periodo. La perfezione dei mercati e la mancanza di conflitti giustifica il carattere lineare della funzione obiettivo, in assenza di rischio. Nel caso di conflitti, con l’esigenza da parte degli azionisti (principal) di sostenere costi di agenzia nei confronti dei manager (agent) e in mercati imperfetti, la funzione obiettivo diventa concava e non si tende più a massimizzare il profitto atteso, ma l’utilità attesa del medesimo (in termini di rischio/rendimento). 6 2 – L’orizzonte temporale dell’analisi ◼ Uniperiodale: l’enfasi è posta sulle ragioni dell’esistenza delle banche e della loro maggiore attitudine al finanziamento delle imprese, rispetto ad altri operatori economici o finanziari, in considerazione della disponibilità da parte delle medesime di informazioni concernenti la clientela. ◼ Il trattamento di tali informazioni avviene nella fase della selezione e consente alle banche di valutare il rischio di credito e quindi l’affidabilità della clientela. 7 2 – L’orizzonte temporale dell’analisi ◼ Multiperiodale: l’enfasi è posta sull’opportunità di un rapporto di lungo periodo fra banca e impresa e sulle influenze che tale relazione determina sul processo di pricing delle operazioni finanziarie. ◼ Il vantaggio competitivo può ritenersi acquisito da parte della banca non tanto al momento della valutazione del merito creditizio di ciascun nuovo affidato, quanto piuttosto allorché si instaura con il cliente un rapporto continuativo proiettato nel tempo, attraverso il quale la banca acquisisce una conoscenza diretta del medesimo e quindi ha accesso a informazioni “private” a elevato valore aggiunto. 8 3 – Le caratteristiche dei mercati sui quali la banca raccoglie e presta fondi ◼ Mercati perfetti, aspettative omogenee e informazioni simmetricamente distribuite fra gli agenti economici: la banca opera come price taker. Sono ipotesi fatte proprie dagli studiosi della finanza d’impresa e dalla teoria di portafoglio. La banca è sottoposta alle condizioni di mercato createsi dall’incontro tra domanda e offerta. ◼ Mercati imperfetti: la banca opera come price setter. La banca è autonoma nel decidere le condizioni da applicare ai contratti con la clientela. 9 4 – La natura e le caratteristiche della funzione di produzione della banca Si tratta dell’aspetto meno approfondito in letteratura scientifica, legato alla difficile definizione di prodotto bancario. L’offerta bancaria è infatti un’offerta multiprodotto, a causa di: ◼ congiunzione e interdipendenza produttiva tra i singoli prodotti; ◼ congiunzione fra la fase produttiva e quella distributiva, in particolare con riferimento ai servizi bancari (pur con una separatezza divenuta possibile grazie agli sviluppi tecnologici e alle innovazioni finanziarie). 10 L’impostazione adottata nell’ambito del Corso di Economia delle Aziende di Credito è di carattere economico-aziendale, in quanto il medesimo è finalizzato alla comprensione dei principali problemi di gestione delle banche e di quelle italiane in particolare. Si sintetizzano comunque di seguito le principali elaborazioni teoriche di tipo microeconomico concernenti la banca, inserendole in un quadro evolutivo che va dalle elaborazioni degli anni ’60 e ’70 sino ai giorni nostri. 11 I contributi della letteratura degli anni ’60 e ’70 Sono tutti accomunati dal considerare come date la natura e le funzioni degli intermediari finanziari e delle banche in particolare e si articolano nei seguenti approcci teorici: ◼ modelli di asset management; ◼ modelli di liability management; ◼modelli di teoria di portafoglio; ◼ modelli di monopolio. 12 Modelli di asset management Le decisioni della banca sono riferite esclusivamente alle attività di bilancio, mentre quelle relative al volume ed al costo delle passività/risorse finanziarie sono considerate come un dato del problema. Le ipotesi di lavoro adottate: ◼ massimizzazione del profitto atteso; ◼ orizzonte temporale uniperiodale; ◼ mercati perfetti con aspettative omogenee e informazioni simmetricamente distribuite; ◼ scarsa attenzione alla struttura dei costi operativi. 13 Modelli di asset management Due sono le principali decisioni di allocazione dell’attivo esaminate nei modelli di asset management: ◼ quantificazione e gestione delle riserve per fare fronte al rischio di liquidità; ◼ composizione ottimale delle attività tra erogazione del credito (prestiti) e investimento in attività finanziarie di mercato (titoli). Nei modelli di asset management si adotta una visione astratta della banca, lontana comunque dal suo carattere di impresa. 14 Modelli di liability management L’attenzione si sposta sulla struttura delle passività della banca e più in generale sulla scelta tra mezzi propri e mezzi di terzi (depositi), superando l’idea implicitamente adottata nei modelli di asset management che la banca non abbia altra scelta che quella di accettare tutti i depositi offerti ai tassi correnti. Le ipotesi di lavoro adottate sono le stesse dei precedenti modelli di asset management. La variabile decisionale è rappresentata dal volume dei depositi e dal tasso di interesse offerto ai depositanti, mentre è assunta dall’esterno la composizione dell’attivo, il cui rendimento è considerato come un dato del problema. La scelta si pone in termini di composizione delle risorse finanziarie fra mezzi propri e depositi. Anche in questi modelli si adotta una visione parziale della gestione 15 della banca. Modelli di teoria di portafoglio Le decisioni della banca sono analizzate applicando alla medesima la teoria di portafoglio e considerandola quindi come un generico investitore che dispone di un ammontare iniziale di capitale (E) da investire e che decide la dimensione e la composizione del portafoglio di attività finanziarie in modo tale da massimizzare la funzione di utilità attesa (U) del valore finale della banca. L’orizzonte temporale è uniperiodale. Non si attribuisce attenzione ai costi operativi. 16 Tale funzione U, che pone in ascissa il rischio e in ordinata il rendimento atteso, è crescente e concava verso l’alto (U’>0 e U’’>0), in quanto si rimuove l’ipotesi di neutralità al rischio. U2 U1 Pyle (1971) ipotizza che la banca possa scegliere solo fra tre tipi di attività/passività finanziarie: una prima dal rendimento certo e le altre due (depositi e prestiti) dal rendimento incerto in conseguenza della possibile variazione dei tassi di interesse e dell’esistenza di un rischio di insolvenza nella attività di prestito. 17 Modelli di monopolio Con l’inizio degli anni ’70 si pone attenzione alle barriere all’entrata, alle economie di scala, alla segmentazione dei mercati e al complesso dei vincoli posti dalle autorità di vigilanza nei riguardi del sistema bancario. Il superamento rispetto alla separatezza fra attivo e passivo della banca, di cui ai modelli precedenti, si ha con una linea di analisi teorica che considera l’insieme delle decisioni di allocazione dell’attivo, del passivo e di determinazione del volume complessivo di intermediazione, assumendo condizioni di concorrenza imperfetta nei mercati bancari. 18 I contributi della letteratura più recente La letteratura più recente ha prestato attenzione in primo luogo alle ragioni che spiegano la presenza dell’intermediazione finanziaria e bancaria anche nei sistemi finanziari più sviluppati. In condizioni di mercati perfetti e completi (senza costi di transazione e con l’informazione disponibile ed utilizzabile senza costo da parte di tutti gli operatori), verrebbe infatti meno la necessità degli intermediari finanziari. 19 I contributi della letteratura più recente Le funzioni svolte dagli intermediari finanziari sono giustificate in particolare se esistono imperfezioni nel sistema economico: ◼ condizioni di incertezza; ◼ costi di transazione; ◼ asimmetrie nella distribuzione delle informazioni. La letteratura scientifica si è focalizzata sulle imperfezioni di tipo informativo in termini di incompletezza delle informazioni e di asimmetrie informative. 20 I contributi della letteratura più recente Numerosi studi hanno inoltre sottolineato come la specificità delle banche consista nella loro capacità di canalizzare, in modo più efficiente rispetto ad altri intermediari, il risparmio dai soggetti meno informati (risparmiatori/investitori) ai soggetti la cui valutazione è particolarmente difficile (es.: PMI) e che quindi non hanno la possibilità di attivare un canale autonomo di collegamento diretto con il mercato delle attività finanziarie. 21 I contributi della letteratura più recente Nella realtà dei mercati finanziari, la distribuzione asimmetrica delle informazioni introduce in tutte le forme di scambio costi di agenzia sotto forma di costi di individuazione, stipula, amministrazione ed applicazione dei contratti. Le imperfezioni informative comportano conseguenze sulla struttura contrattuale degli strumenti finanziari e in particolare sui prestiti e sui depositi. 22 La finanza comportamentale Le teorie economiche tradizionali hanno sempre assunto come ipotesi fondamentale la razionalità degli operatori. L’obiettivo delle teorie che rientrano nella finanza comportamentale (behavioural finance) è invece quello di introdurre le variabili comportamentali ed emotive in nuovi modelli che possano prevedere e non solo descrivere, più correttamente rispetto ai modelli tradizionali, l’evoluzione dei sistemi economici. 23 Le funzioni della banca e i rischi bancari 2 La banca e le sue funzioni principali La banca è un intermediario creditizio caratterizzato dalla sua specializzazione nell’ambito dell’intermediazione finanziaria. Si tratta di intermediazione finanziaria “pesante” (creditizia), in quanto la banca, interponendosi tra datori e prenditori di fondi, crea proprie attività finanziarie (prestiti) e proprie passività finanziarie (depositi e titoli obbligazionari). Il tratto caratteristico della banca è rappresentato dalla natura monetaria delle proprie passività costituite dai depositi in conto corrente. Quando manchi questa caratteristica, è possibile parlare ancora di banca, ma è necessario specificare che si tratta di una banca a medio e lungo termine. 3 1. Intermediazione creditizia Funzione di Trasformazione intermediazione delle condizioni finanziaria contrattuali pattuite con i depositanti / obbligazionisti e applicate ai clienti finanziati 4 1. Intermediazione creditizia L’intermediazione creditizia (raccolta – impieghi in prestiti) si regge su: Capacità di utilizzo/valorizzazione delle informazioni Pooling dei rischi Effetto di portafoglio Economie di scala e costi di transazione 5 1. Intermediazione creditizia La banca realizza un’attività di pooling delle risorse finanziarie, per rendere possibile il trasferimento di potere d’acquisto dalle unità in surplus a quelle in deficit. Essa raccoglie risorse attraverso i depositi, che possono essere immaginati come quote di un portafoglio, costituito dalle attività in prestiti e dagli investimenti in titoli della banca. La banca quindi riceve una sorta di delega nel valutare il rischio degli investimenti (che assume in proprio) e nel gestirlo in modo ottimale, grazie a una maggiore professionalità, all’accesso facilitato alle informazioni e alle economie di scala dei “grandi numeri”. 6 1. Intermediazione creditizia Con questa attività creditizia di interposizione tra datori e prenditori di fondi, la banca attua una duplice funzione di trasformazione delle scadenze e trasformazione dei rischi, rendendo compatibili le diverse preferenze dei suoi clienti. 7 1. Intermediazione creditizia: prestiti e depositi bancari I prestiti bancari sono contratti bilaterali di credito, caratterizzati dalla presenza di garanzie e di clausole di revisione contrattuale, la cui esistenza si giustifica per: la difficoltà dei prenditori di fondi (es.: imprese) di comunicare direttamente al mercato la qualità dei progetti da finanziare; la capacità della banca di conseguire economie di scala nella ricezione e nella produzione di informazioni. Per queste ragioni i prestiti bancari sono attività finanziarie dotate di bassa standardizzazione, non idonee ad attivare ampi mercati secondari e quindi caratterizzate da scarsa liquidità. I depositi bancari sono prodotti finanziari il cui contenuto contrattuale si definisce nel rapporto fra la banca e il depositante, il cui credito, pur assoggettato al rischio di insolvenza della banca stessa, è comunque trasformabile in moneta legale e funge pertanto da strumento di pagamento e da riserva di liquidità. 8 2. Intervento della banca sul mercato finanziario Investimento in valori mobiliari Attività di trading Asset management e gestione del risparmio Offerta di prodotti previdenziali e assicurativi Servizi collegati con il mercato mobiliare (emissioni, collocamenti, quotazioni, attività consulenziale) 9 3. Funzione monetaria e offerta di servizi di pagamento Le banche, in collegamento con la Banca d’Italia e nell’ambito dell’Eurosistema, garantiscono il funzionamento in Italia e con l’estero del meccanismo dei pagamenti. Peculiare è la loro capacità di creare e di far circolare propri strumenti di debito (depositi), accettati dalle famiglie e dalle imprese come moneta e quindi utilizzati come mezzi di pagamento, oltre che come mezzi di investimento finanziario del risparmio. L’accettazione come moneta dei depositi bancari in c/c è volontaria e si basa su un rapporto fiduciario. 10 3. Funzione monetaria e offerta di servizi di pagamento Il sistema dei pagamenti si basa su: strumenti procedure regolamento Lo scopo è quello di ridurre al minimo il rischio di regolamento. In un regime di fractional reserve banking, in cui il coefficiente di copertura dei depositi in c/c con moneta legale è minore di uno, le banche concorrono a determinare il volume dell’offerta di moneta a disposizione dell’economia e quindi, anche per questa via, e non solo attraverso il credito, possono incidere sulle decisioni di spesa, sui prezzi e sulle grandezze reali: le banche sono in grado di trasmettere impulsi di sviluppo o di freno all’economia reale. 11 3. Funzione monetaria e offerta di servizi di pagamento Banca, t = 0 Intermediario creditizio, t = 0 Attivo Passivo Attivo Passivo Riserve di M0 Δ+ Depositi Δ- Depositi Obbligazioni Δ+ Crediti Obbligazioni vs. Δ+ Crediti Altri debiti Titoli Altri debiti Titoli Patrimonio netto Attività reali Patrimonio netto Attività reali Banca, t = 1 Attivo Passivo Δ- Riserve di M0 Δ- Depositi Crediti Obbligazioni Titoli Altri debiti Attività reali Patrimonio netto 12 3. Funzione monetaria e offerta di servizi di pagamento La capacità di creazione monetaria da parte delle banche dipende, secondo una correlazione inversa, dalla: propensione del pubblico ad effettuare lo scambio fra depositi bancari e moneta legale; propensione delle banche a detenere riserve di moneta legale. Partendo da un dato livello di moneta legale in circolazione, il sistema bancario è in grado di offrire al sistema economico un volume multiplo di depositi in c/c: moltiplicatore dei depositi bancari e moltiplicatore del credito 13 3. Funzione monetaria e offerta di servizi di pagamento I depositi fungono da moneta se possono circolare e cioè essere trasferiti a terzi attraverso i seguenti strumenti di pagamento: assegno bancario; ordine di bonifico/giroconto; addebiti/accrediti automatici; carte di pagamento (prepagate, di debito e di credito). Questa condizione si verifica solo per i depositi bancari a vista in conto corrente. I depositi a risparmio e i certificati di deposito non dispongono invece di tali strumenti di trasmissione e sono solo near money, destinati a un impiego tradizionale del risparmio. 14 4. La banca come strumento di politica monetaria Si tratta di un ruolo svolto indirettamente dalla banca, in quanto tramite la stessa le autorità monetarie fanno giungere una serie di impulsi all’economia reale, principalmente concernenti la liquidità e il costo del denaro. 15 4. La banca come strumento di politica monetaria Controllo del volume base monetaria creata dalla banca centrale Controllo del costo Situazione di liquidità del sistema bancario Volume e costo del credito bancario Situazione di liquidità del sistema economico 16 4. La banca come strumento di politica monetaria - In tempi passati (anni ’60 fino alla prima metà degli anni ’80): manovra del Tasso ufficiale di sconto, margine disponibile di rifinanziamento garantito da titoli pubblici e controlli diretti sulle banche (vincolo all’espansione del credito e vincolo di portafoglio). - Attualmente: interventi di finanziamento (pronti contro termine e garantiti da titoli), acquisto/vendita di titoli sul mercato primario e secondario, attività di vigilanza prudenziale sul patrimonio (svolta dalla BCE o delegata alle banche centrali nazionali). 17 La diversificazione della banca per macro-combinazioni di prodotti/servizi e mercati Linee di prodotto Famiglie Imprese Servizi di investimento X X Servizi di finanziamento X X Servizi di pagamento X X Servizi di assicurazione e X previdenza 18 La diversificazione all’interno della singola combinazione prodotto – mercato Servizi di Segmento Segmento Segmento ………. finanziamento imprese1 imprese2 impresen Credito a breve termine Credito a M/L termine Crediti speciali Servizi di finanza internazionale Servizi di corporate finance Servizi di venture capital 19 I rischi nell’attività bancaria Motivo Capacità di assumere economico su di sé e di principale della trasformare i rischi, al esistenza fine di creare valore della banca 20 I rischi nell’attività bancaria All’interno e all’esterno della banca vi sono diversi interlocutori che sono interessati ai rischi che la banca sostiene e alle performance da essa conseguite: Azionisti; Management; Autorità di Vigilanza; Depositanti e obbligazionisti. Necessità di identificazione e controllo dei rischi: a livello di sistema; a livello della singola banca 21 I rischi nell’attività bancaria rischi bancari rischi di impresa con caratteri di: unitarietà interdipendenza I rischi d’impresa della banca sono direttamente riconducibili all’attività di erogazione del credito, al servizio di liquidità offerto ai depositanti e alla congiunzione tra i due. Peraltro negli anni più recenti hanno assunto importanza crescente anche i rischi collegati con il mercato finanziario e con l’attività in valori mobiliari. Le risorse e le competenze necessarie per affrontare e gestire i rischi bancari variano in funzione della natura dei medesimi. 22 Una prima classificazione generale dei rischi rischi puri Comportano solo conseguenze negative rischi speculativi Possono avere conseguenze sia negative sia positive Incidono sugli equilibri gestionali della banca, determinando scostamenti fra obiettivi e risultati economici effettivi e quindi variabilità delle performance realizzate. 23 I rischi nell’attività bancaria Si distinguono in: rischio di tasso di interesse rischio di credito rischio di mercato rischio monetario rischio operativo rischio finanziario (o di liquidità) rischio patrimoniale 24 Il rischio di tasso d’interesse Il rischio di tasso d’interesse (rischio d’interesse) consiste nell’esposizione della banca agli andamenti avversi dei tassi ed è intrinseco allo svolgimento dell’attività bancaria. Il rischio di tasso d’interesse è un “rischio speculativo”: può quindi rivelarsi anche una fonte importante di reddito per la banca e per i suoi azionisti. Un’esposizione eccessiva a questo rischio può essere una minaccia per gli equilibri economici e patrimoniali della banca a causa di variazioni impreviste dei tassi. È quindi necessario, per una sana e prudente gestione bancaria, che sia operativo un processo di risk management anche per questa tipologia di rischio. 25 Il rischio di credito Fa riferimento alla perdita alla quale la banca va incontro nella propria attività di concessione di prestiti e di finanziamento dell’economia, nella duplice componente di perdita attesa e, più correttamente, di perdita inattesa (quest’ultima derivante dalla variabilità dei risultati ex post, rispetto alle previsioni ex ante). Tale perdita consegue al declassamento del merito creditizio della clientela, che può arrivare sino all’insolvenza della stessa. La perdita attesa è determinata dal prodotto fra la probabilità di insolvenza (PD) e la perdita in caso di insolvenza (LGD), mentre quella inattesa è stimata attraverso modelli che determinano il cosiddetto VaR (Valore a Rischio), a copertura del quale la banca deve allocare un’adeguata dotazione patrimoniale. 26 Il rischio di mercato Ha effetti sui margini reddituali e sulla situazione patrimoniale della banca. Le variazioni prodotte dai tassi d’interesse, dai cambi e dai prezzi si ripercuotono: sulle componenti di reddito dalle quali dipendono il margine di intermediazione e il risultato lordo di gestione della banca; sul valore delle attività e delle passività di bilancio; sul valore degli strumenti derivati. 27 Il rischio di mercato L’ampliamento dei mercati finanziari e le numerose innovazioni introdotte dal lato delle operazioni e degli operatori hanno portato a un aumento del grado di volatilità dei mercati stessi e quindi a una maggiore assunzione di rischio da parte delle banche: Innovatività delle operazioni Rapida crescita dei mercati Problemi di stabilità e crisi Elevato coinvolgimento delle del sistema finanziario principali banche internazionali internazionale Mancanza di una Autorità di Vigilanza sovranazionale 28 Il rischio di mercato I prodotti finanziari derivati consentono di coprire in modo efficace la banca dai rischi collegati all’attività di intermediazione finanziaria e all’intervento sui mercati mobiliari, oltre a soddisfare le esigenze della clientela. L’attività di trading su derivati può tuttavia comportare ulteriori componenti di rischio legate agli intenti speculativi perseguiti e agli aspetti organizzativi e di controllo che concernono l’attività medesima. 29 Il rischio monetario Fa riferimento all’inadeguata copertura della banca nei riguardi della perdita di potere d’acquisto derivante dal processo inflazionistico. 1 €0 = valore nominale di 1 euro al tempo iniziale t = 0; 1 €1 = valore nominale di 1 euro al tempo t = 1; k = tasso di inflazione fra 0 e 1. Allora, in termini di potere d’acquisto: 1 €1 = 1 €0/(1+k) Stato patrimoniale della Banca al tempo 0: AF €0 + AR €0 = PF €0 + PN0 €0 30 Il rischio monetario Se AF e PF non variano in valore nominale e solo AR è in grado di rivalutarsi almeno al tasso di inflazione k, allora lo stato patrimoniale in t = 1 espresso in euro al tempo 1, è dato da: AF €1 + AR × (1+k) €1 = PF €1 + PN1 €1 Le equazioni e sono espresse in unità di misura differenti e quindi non sono direttamente comparabili. Utilizzando la esprimiamo lo stato patrimoniale al tempo 1 (equazione ) in euro al tempo 0: AF/(1+k) €0 + AR €0 = PF/(1+k) €0 + PN1/(1+k) €0 31 Il rischio monetario Riscriviamo lo stato patrimoniale al tempo 0 in euro al tempo 0 [2a] e lo stato patrimoniale al tempo 1 analogamente in euro al tempo 0 [4a], isolando al primo membro il patrimonio netto: PN0 €0 = AR €0 + (AF - PF) €0 [2a] PN1/(1+k) €0 = AR €0 + (AF - PF)/(1+k) €0 [4a] Si distinguono quindi tre casi: AR = PN0 allora PN1/(1+k) €0 = PNt €0 (AF = PF) AR > PN0 allora PN1/(1+k) €0 > PNt €0 (AF < PF) AR < PN0 allora PN1/(1+k) €0 < PNt €0 (AF > PF) 32 Il rischio monetario. Considerazioni L’inflazione: incrementa i costi operativi della banca e può modificare in modo non simmetrico la struttura prezzi/costi e prezzi/ricavi; può determinare la riduzione nel potenziale di finanziamento (soprattutto a M/L termine) da parte della banca. 33 Il rischio operativo Si tratta di un rischio puro connesso a errore umano, mancanza di esperienza, comportamento fraudolento dei dipendenti, inadeguatezza dei processi e dei sistemi informativi, organizzativi, di controllo interno, carenze tecniche dei modelli di gestione dei rischi utilizzati e ad eventi esterni. 34 Il rischio finanziario È legato all'eventualità che si manifesti un deficit (rischio di liquidità) o una eccedenza di risorse finanziarie rispetto al livello che il management della banca giudica ottimale “pro tempore”. Coinvolge i seguenti aspetti della gestione bancaria: la dinamica delle entrate e delle uscite monetarie (gestione della tesoreria); la struttura finanziaria e cioè il profilo finanziario dell’azione complessiva della banca nel medio/lungo periodo (gestione della liquidità). 35 Il rischio finanziario Ha ripercussioni: sulla solvibilità tecnica della banca (capacità di far fronte in ogni momento ai propri impegni); sulla solvibilità economica (positivo confronto fra il valore dell’attivo e l’ammontare del passivo della banca). I principali fattori che determinano l’insorgenza e l’incidenza del rischio finanziario: la discrezionalità della clientela; l’insorgenza di rischi economici; la variabilità delle condizioni dei mercati finanziari. 36 Il rischio finanziario: entrate finanziarie aumento di passività finanziarie (depositi, certificati di deposito, titoli obbligazionari, passività subordinate); riduzione di prestiti (rimborsi); riduzione del portafoglio titoli di proprietà (operazioni di vendita, scadenza, ammortamento); vendita di attività reali; aumento di capitale sociale a titolo oneroso; incassi derivanti dalla gestione corrente (interessi attivi, dividendi, commissioni per servizi, provvigioni, rimborsi spese). 37 Il rischio finanziario: uscite finanziarie riduzione di passività finanziarie (rimborsi); aumento di prestiti (incremento nell’offerta di finanziamenti alle imprese e alle famiglie e/o incremento nel grado di utilizzo dei fidi concessi); aumento degli investimenti in titoli di proprietà; aumento delle attività reali; esborsi legati alla gestione corrente (interessi passivi, costi per il personale, spese amministrative, imposte e tasse); distribuzione di dividendi. 38 Il rischio finanziario Controllo da parte Flussi monetari della banca Chiusura dei circuiti finanziari 39 Il rischio finanziario: aspetti organizzativi La gestione del rischio finanziario rientra nella Gestione Finanziaria (reperimento delle risorse e gestione della dinamica delle entrate e delle uscite monetarie). Se si ampliano le funzioni e i compiti della Gestione Finanziaria allora si parla di Area Finanza come di un’area gestionale che compartecipa al raggiungimento degli obiettivi della banca attraverso le scelte che concernono: la struttura delle fonti e degli impieghi di risorse finanziarie; la dinamica dei flussi finanziari e monetari; l’equilibrio finanziario; l’equilibrio economico. 40 Il rischio finanziario: aspetti organizzativi L’approccio della Gestione Finanziaria si trova nelle banche gestite ancora in modo tradizionale, nelle quali permane la distinzione, non solo concettuale, ma anche operativa, fra aspetti economici e aspetti finanziari, fra equilibrio economico ed equilibrio finanziario e fra gestione della tesoreria e gestione della liquidità. L’applicazione alla banca delle scelte di finanza aziendale, porta alla realizzazione di una moderna Area Finanza, la quale realizza la gestione integrata dell’attivo e del passivo bancario (Asset/Liability Management). 41 Il rischio patrimoniale Fa riferimento alla dimensione e alla composizione dei mezzi propri della banca, tenuto conto dell’articolazione delle passività e dell’articolazione e del grado di rischio delle attività. Quando i mezzi propri della banca riducono eccessivamente la loro incidenza sul complesso delle risorse finanziarie, con conseguente indebolimento della struttura finanziaria della banca stessa, può insorgere un vero e proprio rischio di insolvenza. Si tratta dell’eventualità più grave e drammatica alla quale la banca può andare incontro. 42 Il rischio patrimoniale Il rischio patrimoniale è collegato alle seguenti variabili: obiettivi di sviluppo e dinamica dei fondi intermediati; grado di rischio delle attività finanziarie (prestiti e titoli); variabilità delle attività e delle passività finanziarie; variabilità dei margini lordi di reddito (margine di interesse, margine di intermediazione, risultato lordo); valori minimi di incidenza del patrimonio, imposti dalla Autorità di Vigilanza. 43 Gli equilibri gestionali della banca 2 CONDIZIONI DI EQUILIBRIO FINANZIARIO STRUTTURA STRUTTURA SEQUENZA SEQUENZA DEI FLUSSI DEGLI DELLE FONTI DEI FLUSSI IMPIEGHI CAPITALE DI RENDIMENTO ATTIVITA’ DEBITO COSTO FINANZIARIE MEDIO ALTRE MEDIO PONDERATO ATTIVITA’ PASSIVITA’ PONDERATO REALI DELL’ATTIVO CAPITALE DI DEL RISCHIO CAPITALE CONDIZIONI DI EQUILIBRIO ECONOMICO 3 Equilibrio economico e finanziario n VAN = FCNt VAN > 0 t=1 (1+k)t k = COSTO MEDIO PONDERATO DEL CAPITALE n FCNt = 0 TIR > k t=1(1+TIR)t 4 Equilibrio economico e finanziario Le equazioni e applicate alla banca indicano una situazione positiva di equilibrio economico quando si verifica che: VAN > 0 e TIR > k Va peraltro sottolineato che detto equilibrio economico deve essere raggiunto alle condizioni seguenti: - la sequenza dei flussi deve essere tale da consentire alla banca di fare fronte in ogni momento alle proprie obbligazioni; - la struttura finanziaria fonti/impieghi deve rispettare non solo i vincoli patrimoniali fissati dall’Autorità di vigilanza, ma anche la dimensione di capitale proprio resa necessaria dalla strategia 5 seguita e dalle scelte di gestione adottate dalla banca. L’equilibrio di struttura finanziaria In termini generali un’azienda si trova in una situazione di equilibrio di struttura finanziaria quando il fabbisogno finanziario che deriva dall’andamento della propria attività trova un adeguato soddisfacimento attraverso risorse adatte per natura e per caratteristiche dinamiche. 6 L’equilibrio di struttura finanziaria della banca L’equilibrio finanziario della banca può essere analizzato e affrontato da un duplice punto di vista: in un’ottica di tesoreria e cioè facendo riferimento alla risultante dei flussi finanziari collegati con la dinamica delle entrate e delle uscite monetarie; in un’ottica di struttura finanziaria e cioè ponendo attenzione alla composizione delle risorse finanziarie: acquisite a titolo di debito, derivanti dall’autofinanziamento o risultanti da apporti esterni di capitale di rischio. 7 L’equilibrio di struttura finanziaria della banca Mentre l’ottica di tesoreria rientra nell’operatività corrente della banca, l’esame dell’equilibrio di struttura finanziaria della banca e gli eventuali interventi sulla medesima rientrano in un’area di scelte che coinvolge l’alta direzione. La struttura finanziaria della banca si sintetizza nel rapporto PN/TA, detto equity ratio, che pone a confronto il totale dell’attivo di bilancio (TA) con il patrimonio netto (PN). Esso è il reciproco del rapporto di leva finanziaria (TA/PN). Non esiste una struttura finanziaria della banca “ottima” in assoluto e la valutazione dell’adeguatezza o meno della medesima deve tener conto di una serie di fattori. 8 La struttura finanziaria della banca va valutata principalmente in funzione: - del tasso di sviluppo delle attività; - della composizione dell’attivo; - dei vincoli di capitale (patrimonio) imposti dalla Vigilanza; - dell’incidenza dei rischi ai quali la banca va incontro. 9 La struttura e la dinamica finanziaria della banca Nella trattazione che segue si affronta il tema dell’equilibrio di struttura finanziaria della banca, collegandolo con due dei fattori sopra richiamati: - il tasso di sviluppo dell’attività al quale tende il management; - la presenza di vincoli minimi di capitale al di sotto dei quali la banca va incontro a penalizzazioni, danni di immagine e ancor più a rischi di carattere patrimoniale. L’attività bancaria e il suo tasso di sviluppo sono rappresentati rispettivamente dal totale dell’attivo (TA) e dalla sua variazione nel tempo (ΔTA). 10 La struttura e la dinamica finanziaria della banca Come accade in generale per le imprese non finanziarie, anche per le banche il problema dell’equilibrio di struttura finanziaria si pone in termini di: tasso di sviluppo dell’attivo; capacità di autofinanziamento. Per l’alta direzione della banca è importante valutare le interrelazioni fra la dinamica dell’attivo patrimoniale e l’andamento dell’autofinanziamento, quale fonte interna di produzione di capitale. Ove quest’ultimo non fosse sufficiente, sarebbe necessario ricorrere ad aumenti di capitale. 11 La struttura e la dinamica finanziaria della banca Il controllo della struttura finanziaria PN/TA (equity ratio) può arrivare sino a imporre come vincolo che la medesima rimanga inalterata (nell’ipotesi ad esempio del raggiungimento di un livello ritenuto adeguato di tale struttura) dal tempo 1 al tempo 2. Se quindi è necessario rispettare il vincolo di struttura finanziaria inalterata: PN 2 PN1 TA2 TA1 TA PN Allora deve valere l’equazione : TA1 PN1 12 La struttura e la dinamica finanziaria della banca Il patrimonio netto di un’azienda può incrementarsi mediante autofinanziamento (AUT) oppure aumenti di capitale (AC) a titolo oneroso. L’autofinanziamento a sua volta dipende da: redditività dell’azienda misurata dal return on assets (ROA): RN/TA; tasso di distribuzione degli utili (dividend payout ratio, p), ossia la percentuale di reddito netto destinato a dividendi anziché a riserva: p = Dividendi/RN. 13 La struttura e la dinamica finanziaria della banca L’equazione può quindi essere così sviluppata: PN 2 TA PN PN 2 PN1 PN1 AUT AC PN1 TA1 PN1 PN1 PN1 AUT PN1 ROA (1 p ) TA1 AC PN1 ROA (1 p ) TA1 AC PN1 PN1 Si ottiene pertanto l’equazione del tasso di sviluppo dell’attivo: TA TA1 AC ROA (1 p ) TA1 PN1 PN1 14 La struttura e la dinamica finanziaria della banca L’equazione del tasso di sviluppo dell’attivo individua le variabili da cui dipende una crescita dell’attivo coerente con l’equilibrio patrimoniale ed economico della banca, tenendo conto della remunerazione richiesta dai soci e degli aumenti di capitale. Esempio Valore Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 iniziale t=1 t=2 t=2 t=2 t=2 Tasso di sviluppo dell'attivo ΔTA/TA1 ? 12,00% 12,00% 12,00% Totale dell'attivo (mln €) TA 100.000 ? 112.000 112.000 112.000 Return on assets ROA 1,20% ? 1,07% 1,07% Divident payout ratio p 40,00% 40,00% ? 40,00% Autofinanziamento (mln €) AUT 720 ? ? 642 Aumenti di capitale (mln €) AC 0 0 0 ? Patrimonio netto (mln €) PN 8.000 8.720 ? ? ? Leva TA/PN 12,50 Devono rimanere costanti per vincolo di 15 Equity ratio PN/TA 8,00% invarianza della struttura finanziaria La struttura e la dinamica finanziaria della banca Caso 1 Risolvo l’equazione del tasso di sviluppo dell’attivo: TA TA AC ROA (1 p ) 1 1, 2% (1 40%) 12, 5 0 9% TA1 PN1 PN1 TA2 100.000 1 9% 109.000 mln Caso 2 Risolvo per ROA l’equazione del tasso di sviluppo dell’attivo: TA AC TA1 12% 0 ROA (1 p ) 1,60% TA1 PN1 PN1 (1 40%) 12,5 AUT ROA (1 p ) TA1 1,60% (1 40%) 100.000 960 mln PN 2 PN1 AUT AC 8.000 960 0 8.960 mln 16 La struttura e la dinamica finanziaria della banca Caso 3 Risolvo per p l’equazione del tasso di sviluppo dell’attivo: TA AC TA1 12% 0 p 1 ROA 1 10, 28% TA1 PN1 PN1 1,07% 12,5 AUT ROA (1 p ) TA1 1,07% (1 10, 28%) 100.000 960 mln PN 2 PN1 AUT AC 8.000 960 0 8.960 mln Caso 4 Risolvo per AC l’equazione del tasso di sviluppo dell’attivo: TA TA1 AC ROA (1 p ) PN1 TA1 PN1 [12% 1,07% (1 40%) 12,5] 8.000 318 mln PN 2 PN1 AUT AC 8.000 642 318 8.960 mln 17 La struttura e la dinamica finanziaria della banca Esempio: soluzione Valore Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 iniziale t=1 t=2 t=2 t=2 t=2 Tasso di sviluppo dell'attivo ΔTA/TA1 9,00% 12,00% 12,00% 12,00% Totale dell'attivo (mln €) TA 100.000 109.000 112.000 112.000 112.000 Return on assets ROA 1,20% 1,60% 1,07% 1,07% Divident payout ratio p 40,00% 40,00% 10,28% 40,00% Autofinanziamento (mln €) AUT 720 960 960 642 Aumenti di capitale (mln €) AC 0 0 0 318 Patrimonio netto (mln €) PN 8.000 8.720 8.960 8.960 8.960 Leva TA/PN 12,50 12,50 12,50 12,50 12,50 Equity ratio PN/TA 8,00% 8,00% 8,00% 8,00% 8,00% 18 La struttura e la dinamica finanziaria della banca AUT /TA 1 TA TA1 AC ROA (1 p ) TA1 PN1 PN1 ΔTA/TA1 TA1/PN1 AC/PN1 AUT/TA1 19 La struttura e la dinamica finanziaria della banca La pendenza della retta è determinata dalla struttura finanziaria della banca. Tanto minore è il peso dei mezzi propri della banca rispetto al totale delle risorse finanziarie, tanto maggiore sarà la leva finanziaria e quindi l’inclinazione della retta che collega il tasso di sviluppo di TA con la capacità di autofinanziamento, osservando il vincolo della invarianza della struttura finanziaria di partenza. All’autofinanziamento si somma infine l’eventuale apporto esterno di capitali (AC). 20 L’equilibrio economico della banca Il punto di partenza dell’analisi è rappresentato dalle principali componenti nelle quali si articola il Conto economico. 21 SIMBOLI: IA = Interessi attivi (su crediti verso banche e verso clienti e su titoli) IP = Interessi passivi (su debiti verso banche, verso clienti e su titoli emessi) MI = Margine di Interesse RS = Ricavi netti da servizi e investimenti (commissioni attive – commissioni passive + dividendi +/– risultato netto da operazioni finanziarie) MIT = Margine di intermediazione RETT = Rettifiche e accantonamenti RGF = Risultato della Gestione finanziaria CO = Costi Operativi (spese per il personale, altre spese amministrative, rettifiche di valore su immobilizzi + altri proventi – altri oneri di gestione) RG = Risultato di Gestione RL = Risultato Lordo (RG +/- proventi e oneri straordinari) RN = Risultato Netto (RL – imposte sul reddito) 22 L’equilibrio economico della banca IA – IP = MI MI + RS = MIT MIT – RETT – CO = RG IA – IP + RS – RETT – CO = RG IA – IP = RG + RETT + CO – RS 23 L’equilibrio economico della banca Le equazioni 1 e 2 sintetizzano gli aspetti più rilevanti della gestione economica della banca. In esse è formalizzato il collegamento che intercorre tra il Margine di Interesse e il Risultato di Gestione, per il tramite dei Costi Operativi e dei Ricavi da Servizi. In effetti il Margine di Interesse non è solo la risultante della contrapposizione fra IA e IP, ma è anche la grandezza che consente di sostenere le RETT e i CO non recuperati attraverso RS e di raggiungere il RG. La 1 e la 2 indicano un equilibrio economico, quando RG corrisponde agli obiettivi di reddito della banca. 24 L’equilibrio economico della banca Allo stesso RG si può comunque pervenire attraverso scelte che incidono diversamente su MI, RETT, CO e RS e dalle quali conseguono diverse situazioni di efficienza operativa e di capacità competitiva della banca. La banca che riesca a offrire alla clientela servizi a elevato valore aggiunto può arrivare allo stesso RG ottenuto dalla concorrenza, facendo minore affidamento sul Margine di Interesse. Un risultato analogo può poi conseguire da una politica di impiego in crediti di maggiore qualità, limitando le RETT, o con particolare attenzione e controllo sui CO. 25 Le determinanti del margine di interesse Il margine di interesse può essere rappresentato come: MI = ia × AF – ip × PO ia: tasso d’interesse medio sulle attività fruttifere (AF); ip: tasso d’interesse medio sulle passività onerose (PO). La forbice tra ia e ip, detta anche spread (s), è data da: s = ia – ip. Pertanto, il MI può essere scomposto nelle sue principali determinanti: MI = (ip + s) × AF – ip × PO = s × AF + ip (AF – PO) = = s × AF + ip × CCN 26 Le determinanti del margine di interesse Il MI è direttamente proporzionale a: Effetto spread: dato dalla forbice tra i tassi (ia – ip); Effetto capitale circolante monetario netto: dato dalla differenza tra le AF e le PO; Effetto volumi: dato dalla dimensione dei fondi intermediati; Effetto tassi: dato dal livello dei tassi di mercato. 27 Le determinanti del margine di interesse La formazione del margine di interesse Tassi % medi ia s 1 2 ip 3 4 PO AF Importi medi CCN 28 I caratteri evolutivi del sistema bancario italiano 2 La Legge Bancaria del 1936-38 e la specializzazione temporale È stata la risposta dello Stato alla crisi delle banche miste. I fondamenti della Legge: - l’attività bancaria è attività di pubblico interesse; - la stabilità del sistema bancario e delle banche va tutelata; - deve essere rispettato il bilanciamento fra scadenza delle operazioni attive e scadenza delle operazioni passive; - distinzione fra aziende di credito (banche) e istituti di credito speciale, le prime confinate a una operatività entro i 18 mesi (breve termine); - separatezza fra banche e imprese industriali. 3 Dalla seconda metà degli anni ’70 si pone l’esigenza di contare su intermediari finanziari più efficienti in grado di sostenere lo sviluppo dell’economia reale: dal concetto di stabilità a quello di efficienza; il mercato unico europeo dei servizi bancari e finanziari e le direttive CEE/UE; Le spinte concorrenziali dall’esterno del sistema finanziario italiano; il passaggio dalla vigilanza strutturale alla vigilanza prudenziale: nuovi strumenti di vigilanza per raggiungere contemporaneamente obiettivi di stabilità e di efficienza in un mercato concorrenziale. 4 L’evoluzione della Vigilanza Vigilanza strutturale: mira a condizionare i comportamenti delle banche sia in modo diretto sia influenzando il mercato dal lato della struttura dell’offerta (regime autorizzativo). Vigilanza prudenziale: fissa le regole per il corretto esercizio dell’attività bancaria, con particolare attenzione all’assunzione dei rischi da parte delle banche, all’adeguatezza patrimoniale, all’assunzione di partecipazioni. 5 La struttura del sistema bancario italiano alla vigilia del processo di privatizzazione (1990) 1064 aziende di credito: 6 istituti di credito di diritto pubblico (BNL, Banco di Napoli, Banco di Sardegna, Banco di Sicilia, Banca S. Paolo di Torino e MPS) 3 banche di interesse nazionale (Comit, Credit e Banco di Roma) 106 banche di credito ordinario (Banca S. Paolo di Brescia, CAB, ecc.) 108 banche popolari (B.Pop. Brescia, B.Pop. Verona, B.Pop. Milano, ecc.) 75 casse di risparmio (CARIPLO, Ca.Ri. Torino, Ca.Ri. Parma, ecc.) 9 monti di credito su pegno (Banca del Monte di Lombardia, ecc.) 715 casse rurali e artigiane (C.r.a. di Nave, C.r.a. dei Colli Morenici, ecc.) 37 succursali di banche estere 5 istituti centrali di categoria (ICBPI, ICCRI, ICCREA, ecc.) 94 istituti e sezioni di credito speciale: 38 credito mobiliare (IMI, Mediobanca, ecc.) 19 finanziamento opere pubbliche (Crediop, ecc.) 21 credito fondiario ed edilizio (Fonspa, Credito Fondiario Padano, ecc.) 14 credito agrario (ICA per la Sardegna, ICA per l’Italia Centrale, ecc.) 2 rifinanziamento (Mediocredito Centrale e Artigiancassa) 6 La Legge Amato (1990) e la privatizzazione del sistema bancario italiano 1. Incentivi alla trasformazione delle banche pubbliche in soggetti di diritto privato. 2. Successiva scissione degli enti bancari in fondazioni e banche SpA, per poter cedere a soggetti di diritto privato la maggioranza delle azioni delle banche. 7 La Legge Amato (1990) e la privatizzazione del sistema bancario italiano Banca ente pubblico Fondazione di origine bancaria Banca SpA Azioni di proprietà della Vende le azioni (banca conferitaria) della banca SpA sul… Mercato azionario La governance delle fondazioni bancarie Le 86 fondazioni bancarie traggono origine dal processo di trasformazione degli enti pubblici creditizi in SpA (legge Amato, 1990), nell’ambito del quale esse hanno acquisito le azioni della banca di nuova costituzione (“conferitaria”). La normativa concernente la partecipazione alle ex banche pubbliche non è sempre stata univoca: si è passati infatti da una fase iniziale che ha visto prevalere l’obiettivo del controllo sul capitale delle banche conferitarie a una successiva, formalizzata nel 1994 (direttiva Dini), che invece ha introdotto limiti massimi alle partecipazioni (< al 50%). La legge Ciampi del 1998 definisce le Fondazioni bancarie “persone giuridiche private senza fini di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale”, ma impone loro la cessione delle partecipazioni di controllo nelle conferitarie. Il d.l. 143/2003 (convertito dalla legge 212/2003) ha cancellato l’obbligo di cessione del controllo della conferitaria per le fondazioni piccole (60%) dalle BCC partecipanti. Le BCC che fanno parte del gruppo sono soggette a direzione e coordinamento della capogruppo secondo un contratto di coesione, che stabilisce: - capogruppo: poteri di indirizzo strategico e operativo; controllo e influenza sulle BCC (proporzionali alla loro rischiosità); in casi eccezionali nomina o revoca di amministratori o esclusione della BCC dal gruppo; - criteri di compensazione tra BCC; - criteri di adesione ed esclusione di una BCC; - garanzia in solido tra le BCC aderenti. 25 Banche cooperative Banche di credito cooperativo (articoli 33 – 37-ter) 26 Norme relative a particolari operazioni di credito (articoli 38 – 48) Alcuni dei crediti che nella Legge Bancaria del ’36-’38 erano considerati “crediti speciali” e riservati a istituti di credito costituiti ad hoc, dopo l’approvazione del TUB possono essere concessi da qualsiasi banca, pur nell’ambito di una regolamentazione specifica. Si tratta di: Credito fondiario e alle opere pubbliche; Credito agrario e peschereccio; Finanziamenti agevolati e fondi pubblici. 27 Vigilanza (Titolo III articoli 51 – 69) Vigilanza informativa (art. 51) Le banche devono fornire periodicamente informazioni alla Banca d’Italia. Vigilanza regolamentare (art. 53) La Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, emana disposizioni di carattere generale aventi a oggetto: a) l'adeguatezza patrimoniale; b) il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni; c) le partecipazioni detenibili; d) l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni; d-bis) l’informativa da rendere al pubblico. La Banca d'Italia può: a) convocare gli amministratori, i sindaci e i dirigenti delle banche per esaminare la situazione delle stesse; b) ordinare la convocazione degli organi collegiali delle banche. 28 Vigilanza ispettiva (art. 54) La Banca d'Italia può effettuare ispezioni presso le banche e richiedere a esse l'esibizione di documenti e gli atti che ritenga necessari. La Banca d'Italia può richiedere alle autorità competenti di uno Stato comunitario che esse effettuino accertamenti presso succursali di banche italiane stabilite nel territorio di detto Stato ovvero concordare altre modalità delle verifiche. Le autorità competenti di uno Stato comunitario, dopo aver informato la Banca d'Italia, possono ispezionare, anche tramite persone da esse incaricate, le succursali stabilite nel territorio della Repubblica di banche dalle stesse autorizzate. A condizione di reciprocità, la Banca d'Italia può concordare con le autorità competenti degli Stati extracomunitari modalità per l'ispezione di succursali di banche insediate nei rispettivi territori. 29 Modificazioni statutarie (art. 56) La Banca d’Italia accerta che le modificazioni degli statuti delle banche non contrastino con una sana e prudente gestione. Fusioni e scissioni (art. 57) La Banca d’Italia autorizza le fusioni e le scissioni alle quali prendono parte le banche, quando non contrastino con il criterio di una sana e prudente gestione. 30 Gruppo bancario (art. 60) Il gruppo bancario è composto alternativamente: a) dalla banca italiana capogruppo e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali da questa controllate; b) dalla società finanziaria capogruppo italiana e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali da questa controllate, quando nell'insieme delle società da essa controllate vi sia almeno una banca e abbiano rilevanza determinante, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia in conformità alle deliberazioni del CICR, le attività bancarie e finanziarie. 31 Capogruppo (art. 61) Capogruppo è la banca italiana o la società finanziaria con sede legale in Italia, cui fa capo il controllo delle società componenti il gruppo bancario e che non sia, a sua volta, controllata da un'altra banca italiana o da un'altra società finanziaria con sede legale in Italia, che possa essere considerata capogruppo. Ferma restando la specifica disciplina dell'attività bancaria, la capogruppo è soggetta ai controlli di vigilanza. La Banca d’Italia accerta che lo statuto della capogruppo e le sue modificazioni non contrastino con la gestione sana e prudente del gruppo stesso. 32 Disciplina delle crisi (Titolo IV articoli 70 – 105) -o-o-o-o-o-o-o- Soggetti operanti nel settore finanziario (Titolo V articoli 106 – 114) Albo degli intermediari finanziari (art. 106) 1. L’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Banca d’Italia, specifica il contenuto delle attività indicate nel comma 1, nonché in quali circostanze ricorra l’esercizio nei confronti del pubblico. 33 Autorizzazione (art. 107) La Banca d’Italia autorizza gli intermediari finanziari ad esercitare la propria attività al ricorrere delle seguenti condizioni: a) sia adottata la forma di società di capitali; b) la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica; c) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d'Italia anche in relazione al tipo di operatività; d) venga presentato un programma concernente l'attività iniziale e la struttura organizzativa, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto; 34 Autorizzazione (art. 107) e) il possesso dei requisiti di onorabilità da parte dei titolari di partecipazioni che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10% o che comportano il controllo o la possibilità di esercitare un’influenza notevole e requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali. La Banca d'Italia nega l'autorizzazione quando dalla verifica delle condizioni non risulti garantita la sana e prudente gestione. 35 Microcredito (art. 111) 1. In deroga all’articolo 106, comma 1, i soggetti iscritti in un apposito elenco, tenuto da un Organismo avente personalità giuridica privata ed ordinato in forma di associazione, possono concedere finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società cooperative, per l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa, a condizione che i finanziamenti concessi abbiano le seguenti caratteristiche: a) siano di ammontare non superiore a euro 40.000 e non siano assistiti da garanzie reali; b) siano finalizzati all’avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all’inserimento nel mercato del lavoro; c) siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati. 36 Microcredito (art. 111) Gli operatori del microcredito possono erogare in via non prevalente finanziamenti anche a favore di persone fisiche in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, purché i finanziamenti concessi siano di importo massimo di euro 10.000, non siano assistiti da garanzie reali, siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di bilancio familiare, abbiano lo scopo di consentire l’inclusione sociale e finanziaria del beneficiario e siano prestati a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato. 37 Altri soggetti operanti nell’attività di concessione di finanziamenti (art. 112) I confidi (consorzi di garanzia collettiva dei fidi), anche di secondo grado, sono iscritti in un elenco tenuto da un Organismo, avente personalità giuridica privata ed ordinato in forma di associazione, ed esercitano in via prevalente l’attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi connessi e strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dal Ministro dell’Economia e delle Finanze e delle riserve di attività previste dalla legge. In via non prevalente, possono concedere anche finanziamenti per cassa. 38 € 39 Istituti di moneta elettronica (Titolo V – Bis articoli 114 bis – 114 quinquies) Istituti di pagamento (Titolo V – Ter articoli 114 sexies – 114 sexsiesdecies) Trasparenza delle condizioni contrattuali dei rapporti con i clienti (Titolo VI articoli 115 – 128 ter) Agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi (Titolo VI – Bis articoli 128 quater – 128 quaterdecies) Altri controlli (Titolo VII art. 129) Sanzioni (Titolo VIII articoli 130 – 145 bis) Disposizioni transitorie e finali (Titolo IX articoli 146 – 162) 40 La legge 262/2005: «Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari» La legge mira a perfezionare gli strumenti della tutela del risparmio, ma anche a ridisegnare l’ambito di azione delle Autorità di controllo. I contenuti principali della legge: - i controlli nel governo delle società quotate; - la trasparenza; - la revisione contabile; - gli intermediari e i conflitti di interesse; - le Autorità di controllo. 41 Il controllo nel governo delle società quotate - Composizione degli organi amministrativi e di controllo e rappresentanza della minoranza; - diritto di integrare l’o.d.g. fissato dagli amministratori da parte di una minoranza qualificata; - capacità di promuovere l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (anche per le non quotate); - attribuzione alla Consob della responsabilità di vigilare sulla veridicità relativa all’adesione ai codici di auto regolamentazione. 42 Il governo societario e il divieto di interlocking La corporate governance ha interrelazioni con la concorrenza bancaria. In particolare, l’art. 36 del decreto legge 201/2011 “Salva Italia” ha regolamentato il fenomeno degli interlocking directorate (legami di tipo personale sia diretti che indiretti quali i cumuli di incarichi in più banche o società concorrenti). 43 Il governo societario e il divieto di interlocking 44 La trasparenza - Rapporti fra società italiane e società estere con sede nei centri off – shore; - responsabilità dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili; - pubblicità dei piani di remunerazione in stock option a favore dei dirigenti. 45 La revisione contabile - La durata dell’incarico di revisione fissata in un massimo di 9 esercizi (d.lgs. 39/2010) con limitazione del rinnovo a una sola volta, decorsi 3 anni dalla cessazione; - divieto per tutta la durata dell’incarico di svolgere attività di consulenza e attività collaterali a favore della società sottoposta a revisione; - la vigilanza in materia (compatibilità e idoneità della società di revisione rispetto allo svolgimento dell’incarico) è affidata alla Consob. 46 Gli intermediari e i conflitti di interesse - I rapporti fra la banca e i soggetti a essa collegati (la legge detta i criteri per la definizione dei limiti alla concessione del credito a favore dei soggetti collegati); - i conflitti d’interesse delle banche nella prestazione dei servizi di investimento (forme di separazione funzionale fra attività bancaria e servizi di investimento); - la circolazione dei prodotti finanziari (obbligo di pubblicazione del prospetto esteso agli strumenti emessi dalle banche e ai prodotti assicurativi); - le regole di comportamento (obblighi informativi e relazionali nella prestazione dei servizi di investimento); - la risoluzione stragiudiziale delle controversie. 47 Le Autorità di controllo - per le operazioni di acquisizione di partecipazioni bancarie di controllo è necessaria oltre all’autorizzazione della BCE sentita la Banca d’Italia (per le valutazioni di sana e prudente gestione) anche di quella dell’Antitrust (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato – AGCM) per i profili di assetto concorrenziale del mercato; - sono definiti i principi e gli strumenti per il coordinamento e la collaborazione fra le Autorità: Banca d’Italia, Consob, Ivass, Covip e AGCM. 48 Le Autorità di controllo Banca d’Italia: - opera nel rispetto del principio di trasparenza, naturale complemento dell’indipendenza; - riferisce del suo operato al Parlamento e al Governo con una relazione semestrale; - il governatore della Banca d’Italia dura in carica 6 anni, con possibilità di rinnovo per un solo mandato. La nomina (e la revoca nei casi previsti dalla legge) è disposta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio Superiore della Banca; - gli atti emessi dagli organi della Banca hanno forma scritta e sono motivati; 49 Le Autorità di controllo Banca d’Italia: - la competenza ad adottare i provvedimenti aventi rilevanza esterna è trasferita al Direttorio (composto dal governatore, dal direttore generale e dai tre vice direttori generali); - al Consiglio Superiore della Banca d’Italia sono attribuite funzioni di: amministrazione generale, vigilanza sull’andamento della gestione; controllo interno. Il Consiglio Superiore è composto dal governatore e da 13 consiglieri nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca. 50 La struttura del sistema finanziario italiano 2 Le Le banchein banche in Italia Italiadaldal 1936 1936 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200 100 0 1980 1986 1936 1938 1940 1942 1944 1946 1948 1950 1952 1954 1956 1958 1960 1962 1964 1966 1968 1970 1972 1974 1976 1978 1982 1984 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 Banche società per azioni (1) Banche popolari Banche di credito cooperativo (2) Filiali di banche estere (1) Fino al 1994 comprende tutte le aziende e gli istituti di credito costituiti sotto forma di SpA o di ente pubblico. (2) Fino al 1994 denominate "Casse rurali e artigiane". 3 L’evoluzione del sistema bancario italiano dopo il TUB Il processo di concentrazione delle banche (da 976 a fine 1995 a 375 a fine 2021) si collega a un iniziale forte aumento del numero degli sportelli bancari (da 24.040 a fine 1995 a 34.139 a fine 2008), seguito da una contrazione significativa (21.650 a fine 2021). Si costituiscono i gruppi bancari (dapprima federativi e successivamente gruppi integrati con organizzazione divisionale). Il sistema bancario si internazionalizza (aumentano le banche estere in Italia e si potenzia la proiezione estera delle banche italiane): da 52 succursali di banche estere nel 1995 a 81 nel 2021. 4 La struttura del sistema finanziario italiano attuale 31/12/2009 31/12/2020 31/12/2021 Numero intermediari Numero intermediari Numero intermediari Non Non Non Tipo intermediario Inclusi Inclusi Inclusi inclusi inclusi inclusi nei Totale nei Totale nei Totale nei nei nei gruppi gruppi gruppi gruppi gruppi gruppi Gruppi bancari – – 75 – – 59 – – 54 Banche 217 571 788 303 171 474 289 167 456 di cui: Banche SpA 191 56 247 84 39 123 81 36 117 Banche popolari 16 22 38 9 12 21 8 12 20 BCC 9 412 421 209 39 248 199 39 238 Succursali di Banche 1 82 82 1 81 82 1 80 81 estere Gruppi di SIM – – 18 – – 12 – – 11 SIM 35 80 115 10 54 64 10 54 64 SGR 44 160 204 23 143 166 22 153 175 Gruppi di finanziarie – – – – – 9 – – 9 Società finanziarie ex 64 108 172 – – – – – – art. 107 TUB Società finanziarie ex 74 1.337 1411 46 155 201 45 153 198 art. 106 TUB Società fiduciarie ex – – – 18 16 34 18 16 34 art. 106 TUB Operatori di – – – – 12 12 – 12 12 microcredito Istituti di moneta – 3 3 2 7 9 2 9 11 elettronica Istituti di pagamento – – – 4 39 43 5 39 44 Altri intermediari – 2 2 – 2 2 – 2 2 vigilati (Bancoposta e CDP) 5 Le principali banche italiane 6 Fonte: Mediobanca Le banche estere in Italia L’entrata delle banche estere in Italia risale agli anni ’50-’60. I primi movimenti sono stati quelli delle banche americane che hanno seguito la loro clientela interessata a investimenti in Italia. Esse hanno contribuito all’innovazione finanziaria in Italia, dando stimolo al miglioramento del sistema bancario italiano. Negli anni ’80, l’ingresso si è intensificato e le banche estere hanno cominciato ad offrire servizi anche alla clientela al dettaglio italiana. 7 Le banche estere in Italia Una presenza incisiva nel mercato al dettaglio doveva potersi avvalere di una rete di vendita consistente e competitiva. In mancanza di una rete, l’attività della maggioranza delle banche estere in Italia si è quindi dapprima espressa nelle aree seguenti: banca d’affari (merchant banking); derivati finanziari; operazioni di importo elevato (wholesale banking); asset management, private banking e gestione del risparmio. 8 Le banche estere in Italia Lo sviluppo dei canali virtuali di collegamento con il mercato, unitamente alla acquisizione di partecipazioni di controllo del capitale di importanti banche italiane, ha consentito negli anni più recenti alle banche estere operanti in Italia di entrare direttamente in contatto con la clientela retail e con il segmento delle piccole e medie imprese. Ne è derivato un ampliamento significativo dell’attività di intermediazione creditizia svolta dalle banche estere, non più limitate a rivestire il ruolo di fornitrici di servizi ad elevato valore aggiunto per aree di nicchia o per segmenti ben definiti della domanda. Attualmente due dei primi dieci gruppi bancari italiani sono filiazioni di banche estere. 9 I rapporti fra banche e assicurazioni: i conglomerati finanziari I legami tra assicurazioni e banche nell’ambito di gruppi finanziari e accordi di distribuzione sono relativamente diffusi; essi nascono dalla ricerca di una maggiore diversificazione delle fonti di ricavo e di potenziali sinergie nel collocamento dei prodotti finanziari. Attualmente vi sono in Italia due conglomerati finanziari: uno svolge attività prevalentemente di tipo assicurativo (Generali) e uno opera nel settore bancario/finanziario (Mediolanum). Nel 2021 circa il 39% della raccolta dei rami vita in Italia è stata effettuata mediante gli sportelli bancari e postali; un quarto di tale raccolta è riconducibile ad accordi di distribuzione tra società appartenenti al medesimo gruppo. 10 Le SGR e le SIM Alla fine del 2021 risultavano iscritte 175 Società di gestione del risparmio (SGR). Circa il 12,6% di tali intermediari era di emanazione bancaria. Le SGR italiane, pur confermando il loro ruolo centrale nell’ambito del risparmio gestito, devono confrontarsi con le strategie di offerta dei gruppi bancari di maggiori dimensioni, che negli ultimi anni hanno orientato la domanda della clientela anche verso prodotti alternativi ai fondi comuni, come le polizze assicurative. Le Società di intermediazione mobiliare (SIM) iscritte all’albo erano 64, per la maggior parte appartenenti a soggetti privati (10 le SIM di emanazione bancaria). 11 Gli intermediari finanziari creditizi Alla fine del 2021 gli intermediari finanziari creditizi iscritti all’albo di cui all’art. 106 del TUB erano 198. Nell’ambito di questa categoria di soggetti operanti in campo finanziario, si riscontra una tradizionale specializzazione in tre distinti settori del credito: factoring leasing credito al consumo Si ricordano inoltre 12 operatori di microcredito, 11 IMEL e 44 istituti di pagamento. 12 Le scelte organizzative 2 L’organizzazione dell’attività bancaria Due scelte fondamentali per realizzare gli obiettivi del soggetto economico: A. scelta della forma giuridica e finalizzazione della macrostruttura verso la banca universale o il gruppo bancario; B. organizzazione delle risorse nell’ambito della macrostruttura esistente. 3 A.1 Scelta della forma giuridica Le forme giuridiche adottabili sono: Società per azioni; Società cooperativa per azioni a responsabilità limitata, nelle forme di: banca popolare banca di credito cooperativo (BCC) 4 Le variabili che influiscono su questa scelta sono: il numero dei soci; il grado di concentrazione del capitale nell’ambito della compagine sociale; gli obiettivi (prevalenti) dei soci. 5 A.2 Scelta della macrostruttura Il TUB offre concrete possibilità di svolgimento di molteplici attività fra loro anche molto diversificate. All’inizio della propria attività la banca opera necessariamente come unità singola. Nel successivo sviluppo, acquisite dimensioni economiche significative e adeguati collegamenti con il mercato, la banca può integrarsi in una struttura di gruppo o essere essa stessa protagonista di un processo di aggregazione, dal quale nasce un gruppo bancario. L’alternativa macro organizzativa è tra la banca singola che opera come banca universale oppure il gruppo bancario che struttura l’offerta di prodotti/servizi finanziari tramite una pluralità di società bancarie, finanziarie e assicurative. 6 Gruppo bancario È un aggregato imprenditoriale composto da una pluralità di soggetti giuridici distinti con propria specializzazione operativa che fanno capo, per partecipazioni azionarie o per rapporti contrattuali, a una società capogruppo che garantisce una strategia comune ed è referente dell’organo di vigilanza. Banca capogruppo Capogruppo Società finanziaria capogruppo 7 I gruppi bancari Gruppo federativo: le banche controllate mantengono ampia autonomia (collegamento con il mercato), ma la capogruppo accentra: pianificazione/programmazione; politiche di impiego ai grandi clienti; controllo direzionale; gestione dei rischi; finanza di gruppo. Il gruppo federativo è articolato in una holding operativa, nelle banche-rete operanti come società canale, in società dedicate alla produzione di specifici prodotti/servizi e nelle società operative che forniscono servizi per il gruppo. 8 I gruppi bancari Gruppo integrato: la struttura divisionale valorizza il binomio unità del gruppo – pluralità dei segmenti della clientela e delle linee di prodotto/mercato attraverso la separazione fra la guida strategica del gruppo, riservata alla holding, e la gestione operativa, affidata invece nell’autonomia delle banche controllate. La funzione di coordinamento e di controllo svolta dalla capogruppo è stata resa possibile dall’adozione da parte della holding di ruoli direzionali, con responsabilità per aree di business e/o linee di prodotto/mercato analoghe a quelle enucleate a livello divisionale. 9 I gruppi bancari Gruppo integrato – evoluzione: consiste nell’attuazione di processi di riorganizzazione mirati a mettere in comune tutte le attività e tutti i fattori unificabili, alla ricerca di vantaggi di: specializzazione; focalizzazione; razionalizzazione dell’uso delle risorse; accentramento delle professionalità e delle competenze; sfruttamento delle economie di scala e di scopo. 10 I gruppi bancari Il nuovo disegno organizzativo è composto da 4 tipi di unità: 1) Unità organizzative dedicate alle attività sui mercati, alle quali si riconosce il carattere di divisioni. Esse possono essere segmentate per: area geografica; tipo di attività (leasing, factoring, credito al consumo, credito ipotecario); tipo di clientela (retail, corporate, investment bank); tecnologia distributiva (direct banking o internet banking). 11 I gruppi bancari 2)Unità organizzative finalizzate alla fabbricazione dei prodotti e dei servizi che presentano vantaggi di accentramento (leasing, factoring, credito al consumo, asset management, prodotti di gestione dei rischi, prodotti assicurativi). Possono destinare la propria attività alle divisioni in contatto con il mercato: il loro mercato è unicamente un mercato interno e questa condizione le rende inadatte ad essere considerate come centri di responsabilità. A queste fabbriche di prodotto può essere invece consentito di interagire con il mercato esterno: in questo caso esse possono diventare divisioni, pur con problemi di coordinamento con l’attività delle divisioni di mercato; soluzione che è consigliabile adottare solo dopo un adeguato rodaggio del modello divisionale. 12 I gruppi bancari 3) Unità organizzative di tipo specialistico che presentano vantaggi da accentramento, come nel caso della gestione dei sistemi informatici, della logistica, dell’economato, della gestione immobiliare, della gestione e della riscossione dei crediti deteriorati. 4) Unità organizzative di servizio caratterizzate da una prevalente funzione di coordinamento, come nel caso della pianificazione, del controllo di gestione, del risk management, degli affari legali e societari, del marketing e della comunicazione, della contabilità e bilancio, del personale e dell’organizzazione, della finanza e tesoreria, delle relazioni internazionali. 13 Vantaggi della forma del gruppo bancario: competenze generaliste di sistema da parte della capogruppo e specialistiche da parte delle controllate e collegate (la visione a tutto campo dell’attività del gruppo è richiesta solo ai vertici); maggiore efficacia e competitività; economie di specializzazione; possibilità di sfruttare sinergie, per l’utilizzo congiunto delle relazioni coi clienti; definizione di un profilo generale di rischio dell’attività svolta e gestione integrata delle sue componenti. 14 Svantaggi della forma del gruppo bancario: duplicazioni di funzioni in ambito informativo, contabile, delle politiche e degli strumenti di marketing, del reperimento di risorse finanziarie e dei rapporti interbancari; incidenza dei costi di struttura; problemi di coordinamento strategico e di controllo tra unità operative. 15 La banca universale Si tratta di unico soggetto giuridico che svolge un’attività articolata in molteplici aree d’affari e che è in grado quindi di offrire alla propria clientela una vasta gamma di prodotti e di servizi. 16 La banca universale. Vantaggi rispetto al gruppo bancario: di tipo informativo; economie di scopo; unità di comando: un unico organismo decisionale centrale garantisce una direzione strategica unitaria; una formula organizzativa apparentemente più semplice, lineare e senza duplicazioni di costi di gestione. 17 La banca universale. Svantaggi rispetto al gruppo bancario: complessità dei meccanismi di coordinamento organizzativo; difficile convivenza fra attività diverse per orizzonte temporale, know how richiesto, incidenza dei rischi: il successo dipende da questa integrazione tra mentalità e culture e professionalità diverse; necessità di una visione a tutto campo per tutti i livelli gerarchici; problemi di cultura aziendale: Innovatività Tradizione 18 Banca universale vs. banca mista La banca universale si differenzia dalla banca mista di un tempo, perché non viene enfatizzato il profilo negativo di commistione tra gestione bancaria e gestione dell’impresa industriale. Lo sviluppo di relazioni preferenziali con la clientela e con le imprese in particolare avviene senza che ciò comporti squilibri di partecipazione e concentrazione dei rischi. 19 Banca universale vs. gruppo bancario La scelta fra gruppo bancario e banca universale, mai così drastica nella realtà, concerne comunque attività bancarie e finanziarie di dimensioni rilevanti. Le piccole banche sono in grado infatti di gestire l’intero processo produttivo–distributivo solo nell’area tradizionale della gestione denaro, mentre per i servizi finanziari più innovativi devono fare riferimento ad accordi e partnership realizzati con banche e intermediari finanziari di maggiori dimensioni. 20 Nella realtà operativa non si pone mai la scelta radicale fra un’unica banca universale e un gruppo bancario, perché taluni aspetti di specializzazione vanno comunque salvaguardati con la creazione di società giuridicamente autonome. Questo accade in relazione a specifiche riserve di attività, come avviene per l’attività di gestione in monte di patrimoni (riservata alle SGR) e per l’attività assicurativa (riservata alle imprese assicurative), oppure in dipendenza di necessarie competenze specialistiche, come per le attività di leasing e di factoring e per i servizi collegati agli strumenti finanziari. Si pone in questo contesto, un problema di scelta tra “make” or “buy”: tra produrre direttamente e internamente tutti i servizi oppure operare in esternalizzazione (outsourcing). 21 B. Scelta dell’assetto organizzativo interno Le scelte nell’ambito della struttura prescelta dipendono da: dimensioni della banca; ampiezza e diversificazione dell’attività svolta; articolazione territoriale; stile di direzione, clima aziendale, scelte di accentramento/decentramento, deleghe di responsabilità e di autonomia; sistema dei controlli (funzione ispettiva e di auditing interno). e consistono nell’individuazione e organizzazione di diverse funzioni aziendali. 22 Le scelte organizzative che concernono le aree caratteristiche della gestione bancaria vanno nella direzione di una loro aggregazione che tiene conto della tipologia di prodotto, di clientela e di mercato. L’orientamento è nel senso di un superamento delle strutture organizzative gerarchico – funzionali, a favore di strutture divisionali o di strutture a matrice. In queste ultime è superato il principio dell’unità di comando, con più posizioni direttive che si avvalgono delle stesse unità operative (esigenza di strutture di coordinamento e di integrazione). 23 Modalità di erogazione dei servizi comuni I servizi necessari al funzionamento delle divisioni (logistica, sistemi informativi, sicurezza, back office, ecc.) di norma non vengono decentralizzati presso le divisioni, bensì sono accentrati e affidati a entità apposite: costituzione di apposite società strumentali che servono tutte le divisioni (c.d. shared services); accentramento presso una divisione della holding. È necessario sviluppare un sistema di prezzi interni di trasferimento, in logica di esternalizzazione convenzionale. 24 Il processo di cambiamento della rete distributiva L’attenzione al mercato e alle esigenze della clientela, nella logica della catena del valore, favorisce la tendenza verso la creazione di aree di affari (business unit) a elevata autonomia che, quando diventano responsabili di obiettivi di performance, assumono la denominazione di divisioni. Questo processo, dopo avere riguardato in particolare la funzione distributiva (“divisionalizzazione leggera”), ha interessato in molti casi l’intera banca o l’intero gruppo bancario. 25 Il processo di cambiamento della rete distributiva I segmenti Affinamento diventano business Il tradizionale Introduzione dei segmentazione e autonomi. modello macrosegmenti creazione figure di La “catena “funzionale” Privati e Imprese segmento in area e commerciale” si in filiale divisionalizza Direzione Direzione Divisione Divisione commerciale Direzione commerciale Privati Imprese commerciale Privati Imprese Privati Imprese P1 P2 P3 I1 I2 I3 P1 P2 P3 I1 I2 I3 Aree Area Area Aree Aree geografiche Privati Imprese geografiche geografiche Privati Imprese P1 P2 P3 I1 I2 I3 Filiali Filiali Filiali Filiali Filiali retail Corporate indifferenziate Gestori Gestori Privati Imprese Privati Imprese P1 P2 P3 I1 I2 I3 26 Il processo di cambiamento della rete distributiva I cambiamenti determinano un incremento dei costi e degli investimenti rispetto a una struttura organizzativa gerarchico-funzionale: ridisegno concettuale dei processi; aggiornamento delle procedure informatiche; revisione degli spazi e della logistica; costi di comunicazione e di marketing; aumenti del costo del personale per l’incremento del numero delle posizioni e delle responsabilità nell’organigramma aziendale; maggiori costi di formazione per l’adeguamento delle competenze.