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These notes cover topics in economics, including cost-benefit analysis, microeconomics, and macroeconomics. The notes discuss how companies make decisions, organizational structures within businesses, and the factors influencing a company’s growth.

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Scheda 1 ESAME: scritto => 16 domande a crocette + nello stesso giorno orale => in cui non abbassa mai il voto dello scritto (quindi l’orale é abbastanza facoltativo). Tutte le domande dell’esame sono scritte sulle slides. LEZIONE 1 Ogni volta facciamo un’ANALISI COSTI-BENEFICI => cioè valutiamo...

Scheda 1 ESAME: scritto => 16 domande a crocette + nello stesso giorno orale => in cui non abbassa mai il voto dello scritto (quindi l’orale é abbastanza facoltativo). Tutte le domande dell’esame sono scritte sulle slides. LEZIONE 1 Ogni volta facciamo un’ANALISI COSTI-BENEFICI => cioè valutiamo la scelta più utile da fare => la cosa CHE FUNZIONA => molto spesso non serve sapere i principi alla base, basta saper fare e far funzionare. La maggior parte delle transazioni che facciamo hanno un assetto economico e uno finanziario Finanza= solo produzione e scambio di soldi, valute e altri strumenti finanziari (titoli) Economia= produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi. Scambi di beni, in cui non sono necessari gli scambi di soldi. Per es. mettere la benzina: -scambiare la benzina è la parte economica -scambiarsi i soldi la parte finanziaria. È molto comune che i brand, vertano più sul lato finanziario. BENETTON= prima era un brand di qualità di maglieria ma, crescendo si è finanziarizzato=> ha cambiato il suo business => non è più leader nel suo campo, si è persa tra mille. La finanza é importante ma non può esistere senza l’economia che è il vero motore trainante, tuttavia in tanti riescono a vivere grazie a questo: vedi la Svizzera o chi investe in criprovalute, chi fa traiding online. => Un’azienda può avere: Crisi finanziaria: meno grave perché posso trovare qualcuno che mi presti i soldi. Mi mancano quelli. Crisi economica: più grave, se la mia pizza fa schifo prima di risollevarmi devo cambiare pizzaiolo, riposizionarmi, convincere gli altri che è migliorata. Possiamo diviipdere l’economia in: Micro: studia il comportamento delle parti elementari del sistema economico (consumatore, risparmiatore, imprenditore, capitalista ecc.) nella soluzione dei propri problemi => risolve i problemi del singolo => ogni singolo deve cercare di diventare sempre più efficace nel proprio ruolo. I singoli devono lavorare in modo indipendente ma devono COOPERARE tutti Macro: studia tutte le relazioni intercorrenti tra i grandi aggregati economici (reddito nazionale, inflazione, il consumo, il risparmio ecc) ECONOMIA AZIENDALE ➡PARTE DELLA MICRO ECONOMIA È l’economia applicata all’azienda => utilizzo dell’economia e dei metodi quantitativi per studiare gli aspetti amministrativi, organizzativi e gestionali delle aziende, i loro elementi costitutivi e il loro comportamento nella relazione con i mercati di riferimento (materie prime, lavoro, consumatori, mercato finanziario ecc) => il tutto è fatto per ottenere i propri risultati. Possiamo vedere i mercati come una grande elezione: ogni volta che compro sostengo (voto) per l’azienda di quel prodotto e rendo il mercato di quell’azienda efficiente. Impresa: attività economica organizzata per produrre e scambiare bene e servizi. Business svolto. Azienda: organizzazione delle risorse per svolgere un’impresa. Perché la stessa impresa posso svolgerla organizzando le risorse in mille modi diversi. Soggetto organizzato. => Imprenditore: fa l’impresa. Rischia il proprio per avviare un’impresa. È una figura che può fallire, così facendo fa funzionare il mercato => le imprese andrebbero fatte fallire e poi bisognerebbe curare le conseguenze => perché falliscono quelle che non sono efficienti (negli usa si fanno fallire, in Italia no, si danno incentivi). L’imprenditore dedica tutto il suo tempo a pensare a come migliorare la propria impresa 1 Quale è la finalità di un’impresa? => FARE PROFITTO = giusto compenso all’attività dell’imprenditore (1 su 10 aziende non riesce a fare profitto e fallisce) DIFFERENZA TRA RICAVI E COSTI, la differenza tra quello che ho venduto e le spese che ho avuto per produrre ciò che ho venduto. 2 Un’impresa può andare avanti senza registrare profitto? Esempio: signore compra un carretto di frutta a 1000€, rivende tutta la frutta e a fine giornata ha 1400€ => ha guadagnato 400€. Vediamo il caso opposto in cui invece a fine giornata ne ha 900€ => ha perso 100€ => ma la sua azienda non è morta, perché può imparare dai suoi errori e il giorno dopo compra 900€ di frutta/verdura, ma anche questa volta a fine giornata ha solo 800€ => se lui continua a registrare perdite poi non avrà più i soldi per comprare la frutta la mattina => ATTIVITÀ MUORE A CAUSA DELLE PERDITE => QUANDO REGISTRO PERDITE STO CONSUMANDO IL MIO CAPITALE => l’obiettivo di un’azienda è registrare PROFITTO e non PERDITE. (Questo vale anche per una NO-PROFIT => non può fare profitto ma non può registrare neanche perdite) Quindi il profitto, oltre a essere il giusto compenso é anche fondamentale per tenere lontano il fallimento dell’azienda. 3 Cosa fa un’impresa per perseguire il profitto? - Deve stare sul mercato=> mettersi in relazione con il mondo esterno, altrimenti non può realizzare gli scambi che gli consentono di ottenere il profitto. => il mondo esterno all’azienda fornisce input (materie prime) dopo di che realizza il prodotto, l’output da mettere sul mercato => c’è uno scambio tra vari mercati: mercato delle materie prime, del lavoro, dei servizi… => c’è sempre uno scambio con il mondo esterno 4 Cosa deve fare l’azienda per funzionare? La sua organizzazione è funzione di: Persone: organizzare il loro lavoro, per far funzionare l’azienda, oppure organizzare il lavoro di chi si occupa di farla funzionare. Investimenti: capire quanti soldi sono necessari per il funzionamento dell’azienda => fare un BUSINESS PLAN => anche se non ho tutti i soldi all’inizio posso chiedere un FINANZIAMENTO (tipo alla banca) Luogo: il posto migliore per posizionarla, fare un’analisi della concorrenza, del territorio ➡ Starbucks prima di capire dove mettersi fa una grande analisi => il suo concorrente si porrà affianco perché l’analisi del territorio fatta da starbucks va bene anche per lui => incrementa il profitto Organizzazione: non tutte hanno la stessa. Ci sono i franchising come i Mcdonald's (non sono tutti gestiti direttamente dalla Mc, tanti sono affidati a terzi, che li gestiscono in franchising). C’è chi sceglie di vendere solo online. Scopo: forse l’aspetto più importante. Il fine dell’azienda è ovviamente far soldi ma devo avere ben chiaro in mente COME: tramite un servizio telefonico, tramite la vendita di droga che è un vero e proprio mercato, strutturato in modo molto complesso. Lo scopo di solito è qualcosa che so fare bene meglio degli altri, ma devo avere un mercato, non ha senso fare una cosa inutile, non guadagnerò. Il mio scopo deve avere senso nel mercato. Mercati: Viene prima dello scopo. C’è anche chi parte da qui, fa un’analisi del mercato, per capire cosa può servire, cosa manca, e inizia a venderlo. Finanziamenti Dimensione: elemento decisivo. Cambia il fattore dimensionale => cambia il problema. Per esempio la disoccupazione è un problema, ma se è del 2% okay, se è del 12% é un problema maggiore. Se perdo dei soldi è sempre un problema ma un conto è perdere 10 centesimi un conto è perderne 5 mila. Da qua può derivare tutto il resto. Bisogna sempre declinare il principio nella sua dimensione. Nel BUSINESS PLAN devo inserire tutti questi aspetti. Non esiste un’organizzazione standard e top per ogni azienda=> nel business ci sono sempre una pluralità di possibili soluzioni. La soluzione ottimale è sempre funzione del contesto e della dimensione dei valori in gioco. Esempio: se devo portare un carico di diamanti da milioni di dollari, devo scegliere un metodo di trasporto + sicuro possibile. Quindi nello scegliere l’organizzazione di un’azienda è importante che io trovi una soluzione efficace (raggiunge l’obiettivo) non per forza efficiente (raggiunge l’obiettivo con il minor spreco possibile). Talvolta la ricerca dell’efficienza, fa perdere l’efficacia che è la cosa più importante. Una volta che sono efficace, posso cercare di raggiungere l’efficienza. La mia soluzione di organizzazione dell’azienda è solo una delle possibili n soluzioni. Infatti bisogna sempre valutare vantaggi e svantaggi delle varie soluzioni per scegliere la migliore, la soluzione più vantaggiosa => che poi sarà utilizzata da tutti e diventerà the best practise. Un’azienda se è sana ha la tendenza a crescere, migliorarsi, è sempre in evoluzione, perché i mercati sono in continuo cambiamento ed essa deve adattarsi ai cambiamenti => se perde il contatto con i mercati, o non riesce a stare al passo con i cambiamenti, è destinata a chiudere. Anche per fare questo non esiste un modello organizzativo perfetto ma solo soluzioni che hanno una validità entro un determinato ambito di confidenza e quindi necessitano di essere riesaminate al variare delle condizioni interne ed esterne. Però in generale l’organizzazione è funzione dei -processi -fattore dimensionale: che viene prima anche della soluzione organizzativa, qnche se nella pratica di tutti i giorni sembra succedere il contrario. Devo sempre chiedermi se la dimensione del mio business è corretta: se ho camerieri per 120 coperti, ma ne faccio solo 60 di coperti, sto sprecando camerieri. In base a quanti coperti faccio decido il resto. => i vari modelli organizzativi si possono meglio o peggio adattare a diverse situazioni concrete, in considerazione della dimensione, della tipologia di business e del contesto in cui si inserisce. In ogni azienda si susseguono fasi di crescita a momenti di crisi => superate attraverso una evoluzione dell’organizzazione. Larry E. Greiner ha identificato una serie di fasi tipiche correlate con la crescita dell’azienda: 1. Startup: è la prima fase, l’azienda è appena nata (diversa da una startup innovativa che ha alcuni vantaggi dal pov amministrativo). È una fase incentrata sulla creatività perché bisogna tirare su tutto da zero. Ha determinate caratteristiche: Azienda in mano ai fondatori Orientata alla tecnica (produzione)/vendita Comunicazioni frequenti e informali Organizzazione poco formalizzata: i ruoli specifici si determinano strada facendo Molto lavoro, stipendi bassi: azienda piccola è appena nata ha tanti costi, deve ancora ingranare. Ovviamente ci sono eccezioni=> come è stato durante il Covid, quando startup nascevano già con tanto business, perché erano aziende specifiche a risolvere i problemi necessari del periodo. Poi da qui, se non ha organizzato bene il business=> muore, non fa profitti. Se fa profitti => crisi di leadership (se non viene risolta bene, muore), dovuta proprio alla crescita che comporta: Complessità crescente Problematiche gestionali Discussioni tra i partner Gli imprenditori non hanno le competenze per gestire le proprie organizzazioni => qua l’azienda deve cambiare organizzazione altrimenti non ce la farà => se c’è la fa procede 2. Direzione, nuovo modello organizzativo: Reclutamento di manager: servono figure capaci di gestire bene la situa Struttura organizzativa funzionale Gestione amministrativa funzionale: se girano più soldi devo fare ancora più attenzione Implementazione di budget e di incentivi Comunicazioni più formali e gerarchiche: è il capo che decide e dà le DIRETTIVE Processo decisionale centralizzato e stile manageriale direttivo: le decisioni si prendono al vertice e poi si passano. Anche questa organizzazione a un certo punto sarà obsoleta perché il business sta diventando più complesso. => crisi di autonomia: Cresce la complessità Il Top Manager non è più in grado di gestire tutte le operazioni Il management di livello inferiore si sente legato e frustrato nella possibilità di avere potere decisionale a dispetto di una maggiore conoscenza dei problemi: cioè vorrebbe prendere lui le decisioni ma non può farlo perché queste devono venire dall’alto 3. Delega: Decentramento dei poteri decisionali per risolvere meglio i problemi Creazione dei centri di profitto: o centri di responsabilità, ognuno ha il suo ruolo e un determinato budget per raggiungere un obiettivo entro un termine Le decisioni vengono revisionate di continuo Il top manager agisce by exception: lui si occupa solo dei problemi che vanno oltre le procedure di base (DELLE ECCEZIONI) o degli errori => gestione per eccezioni Comunicazioni rare e formali e frequenti visite sul campo: il manager deve girare nell’azienda per “annusare”, percepire i problemi camminando per l’azienda => le comunicazioni informali sono importanti => azienda cresce Crisi di controllo: le varie parti dell’azienda sono troppo slegate Il top manager sente di perdere il controllo della situazione, entra in competizione con i manager funzionali e cerca di riacquisire il potere chi è stato delegato fa troppo di testa sua I manager sono molto indipendenti e creano anche aziende nell’azienda Subottimaziome nella gestione delle risorse: scarsa efficienza, potremmo fare di più ma non ci riusciamo perché siamo slegati 4. Coordinamento Riequilibrio dei poteri decisionali attraverso la creazione di regole: procedure più stringenti Le unità locali vengono raggruppate in divisioni Il T M assume la responsabilità di coordinare le divisioni Si implementa un sistema formale di pianificazione e controllo Centralizzazione delle funzioni di supporto e del controllo sugli investimenti: l’aria finanziaria diventa più ampia Responsabilità sul ROI: “re tour non investment" qualsiasi investimento deve essere finalizzato al profitto Maggiore efficienza dell’utilizzo delle risorse: rimuovere l’inefficienza che si era generata Sistemi di condivisione del profitto a livelli più bassi: tutti dovrebbero essere co-interessati a generare profitto => troppe regole, troppa burocrazia => crisi del nastro rosso Aumentano le regole e procedure: ci fanno soffocare, diventiamo rigidi e poco reattivi L’organizzazione diventa troppo burocratizzata Le regole e le procedure diventano un fine più che un mezzo L’azienda perde flessibilità e reattività 5. Cooperazione Più gioco di squadra nel problem-solving Gruppi di lavoro multifunzionali Decentramento di organi di staff Struttura a matrice Semplificazione dei problemi di controllo Sistemi informativi in tempi reali Dopo ci sarà un’altra crisi? Probabilmente si, ma basta trovare un nuovo sistema organizzativo adatto alla situazione. Dimensione aziendale Una buona organizzazione può anche sopperire a dei problemi tecnici. A diversa dimensione aziendale corrisponde diversa organizzazione, è utile analizzare la relazione: Costi-Volume-Risultati Se voglio ottenere dei risultati devo impiegare dei costi che sono però in funzione del VOLUME (delle dimensioni della mia azienda). => il VOLUME dell’attività determina: Costi e Ricavi Al crescere del volume crescono i costi => anche i ricavi. La differenza tra ricavi e costi determina il PROFITTO (o utile) RICAVI - COSTI = PROFITTO RICAVI= sono funzione della produzione in modo diretto => ricavi totali = Unità vendute x Prezzo unitario COSTI= ragionamento non altrettanto semplice, in quanto è pissibile definire diversi costi al variare della quantità venduta, se si vuole semplificare, possiamo definire: Costi fissi: non varia quando varia il volume di produzione (tipo AFFITTO) Costi variabili: è funzione del volume dell’attività (kg di farina in una pizzeria). Variabili non vuol dire che posso controllarli, posso scegliere se spenderli i meno, ma dipendono direttamente dalla quantità del lavoro. Sulla base della relazione costi-volume-risultati, la distinzione tra costi fissi e variabili fornisce diversi strumenti di analisi: Break-Even Point (punto di pareggio) Contribuzione (margine di contribuzione) Margine di contribuzione unitario (differenza tra il prezzo di una cosa e il suo costo variabile, cioè per un commerciante è il ricarico che applica, la differenza tra il prezzo di un prodotto e il prezzo a cui lo vende) Break-Even Point Possiamo descrivere cosa succede agli oggetti che gestiamo trovandone la relazione tra VALORE e QUANTITÀ -COSTI FISSI €1.500.000 => non variano in base alla quantità prodotta -COSTI VARIABILI UNUTARI €53 x Unità -COSTI TOT = CV + CF => RICAVI = crescenti in base al volume dell’attività -VENDITE €83 x unità A un certo punto la retta dei costi tot e quella delle vendite si incontrano => BREAK EVEN POINT => vendite e costi tot sono uguali (le vendite minime che mi portano al pareggio) => DOPO sto guadagnando, PRIMA ci sto perdendo La differenza fondamentale tra CF e CV è che i costi fissi sono un concetto di STOCK, mentre i costi variabili e i ricavi sono un concetto di FLUSSO Dell’acqua che esce, cioè i RICAVI, una parte se ne va per i CV, il resto deve riempire la ciotola dei CF=> una volta che la ciotola è piena sono al BREAK-EVEN POINT => da questo momento in poi, l’acqua che stracotta dalla ciotola sono PROFITTI, ho pareggiato le mie spese e inizio a guadagnare. Contribuzione 1. Una quota fissa del prezzo di vendita è rappresentata dai costi variabili diretti 2. Ciò che rimane (contribuzione) è destinato a coprire i costi fissi 3. Una volta coperti i costi fissi, ciò che esubera è il profitto Il margine di contribuzione unitario è la contribuzione fornita dalla vendita di una singola unità ed è pari alla differenza tra il prezzo di vendita e il costo variabile unitario. PV - CV = MdC unitario 83 - 53 = 30€ E questo mi serve per calcolare il break-even => se vendo 50 pezzi => 50 x 30 = 1500 => ho coperto Se so che ho 400€ di costi fissi al giorno e che in media 1 cliente spende 12€ => so che devo avere almeno 33 clienti al giorno per coprire le mie spese => se conosco il margine di contribuzione unitario è possibile calcolare il BEP = costi fissi / MdC unitario 1.500.000 / 30,00 = 50.000 unità Ricordiamoci che: -Quando organizzo un’azienda possono sussistere diverse configurazioni dei costi aziendali (intesa come relazione tra CF e CV) atte a soddisfare la medesima produzione -nel lungo periodo l’impresa sceglie quali investimenti sostenere e quindi quale sarà la sua configurazione dei costi => progettando la crescita di un’azienda si sceglie una tra le possibili configurazioni di costi atte a realizzare lo stesso volume di attività. COSA CAMBIA? ➡BEP => se ho pochi CF e tanti CV => BEP basso => anche poco rischio ma pochi ricavi. (La ciotola se è piccola, si riempie subito=> ho subito profitto). Se aumento i CF, la situazione si apre. Leva operativa = la variabilità del profitto al variare dei ricavi. La chiamiamo così perché moltiplica i nostri sforzi => il rischio che pago per aumentare i miei profitti è che il BEP aumenta, si sposta a destra => attività più rischiosa => appena scendo con le rendite rischio di andare subito nelle perdite, invece se il BEP é basso, anche se scendono le vendite sto ancora nel guadagno. Più è aperta la “forbice” tanto è maggiore la leva operativa ⬇ Sta a me scegliere il percorso con il rischio più basso per guadagnare e tenere lontana la perdita il più possibile => meglio poco profitto piuttosto che perdite troppe grandi. Il top sarebbe un’azienda senza senza CF => BEP pari a 0 => non avrò MAI perdite. Amazon quando è nata si basava su questo, un sito che vendeva libri, non aveva costi aggiuntivi se non quelli di mantenere il sito, ha iniziato a guadagnare solo dopo molti anni , ora ovviamente ha enormi CF perché sa che tanto i ricavi li fa. È importante il margine di sicurezza = differenza tra le vendite e il BEP => per stare tranquillo devo scegliere una configurazione con un buon margine di sicurezza, in cui le mie vendite non sono troppo vicine al BEP. È una misura del rischio aziendale, tanto è meggiore il margine di sicurezza, tanto è minore il rischio dell’azienda. Ma anche qua non esiste un buon margine standard, dipende dall’andamento del mercato. Nonostante sia noto alle aziende questo ragionamento, molto spesso quest’ultimo vanno in perdita. Come la distanza di sicurezza quando guidi, tutti la conoscono, eppure ci sono un sacco di tamponamenti ➡ colpa dell’ abitudine => ci fa abbassare il livello di guardia rispetto ai rischi L’imprenditore “esperto” non lo calcola neanche più il BEP. Invece dobbiamo valutare i rischi, capire quali siano più probabili degli altri, non guardando al passato (la serie storica) ma guardando all’oggi. Tutto ciò è un grande motivo che porta al fallimento delle aziende. Quando devo proteggermi da un rischio, non devo proteggermi dal valore MEDIO di quel rischio, ma dal valore MASSIMO che può raggiungere quel rischio, altrimenti è molto probabile che non sarò protetto. Di chi è la responsabilità di prendere tutte queste decisioni? All’interno c’è una gerarchia di persone Il socio, cioè uno dei padroni ha il potere di decidere chi sia il CAPO che governa la società = AMMINISTRATORE o CONSIGLIO DI AMMINISTRATORI = gruppo di persone che può decidere di nominare 1 o più CEO => amministratore “delegato” dal consiglio, o amministratore unico se non c’è stato un consiglio. Di solito è il socio più importante che si elegge a amministratore => si crea un’organizzazione aziendale, formata da persone. L’azienda è titolare di rapporti giuridici attivi e passivi => ma non può l’azienda come ente astratto esserlo => ha bisogno di PERSONE che però sono diverse, anche in base alla gerarchia. Sotto il ceo c’è il GENERAL MANAGER (direttore generale): compito più esecutivi E poi per occuparsi dei problemi delle persone ci sono le RISORSE UMANE, ma in realtà quest’ultimo non risponde al GM, quanto più al CEO Poi, MANAGER: chiunque abbia la responsabilità di gestire risorse, questo richiede conoscenze diversificate: Competenze tecniche: perché gestisce le risorse Competenze relazionali: perche gestisci persone => queste competenze sono estremamente importanti perché un’azienda segue le dinamiche di un gruppo di persone in cui il lavoro di squadra è TUTTO Il leader, non è un ruolo aziendale ma perché la leadership è una caratteristica intrinseca di una persona => il quale è seguito dagli altri perché riconoscono questa caratteristica nel “capo branco”. Ma magari posso anche capire quali sono le caratteristiche che contraddistinguono questa figura e accrescere le mie capacità di leadership, che mi tornano utili nelle relazioni con gli altri. In questo modo le mie direttive non risultano come un “comando”e sarò molto più efficace. Leadership= incremento di influenza, dell’acquiescenza degli individui alle direttive di un’organizzazione, derivante dall’abilità personale e non dall’esercizio di un ruolo amministrativo. Leader ha la capacità di motivare le persone, suscita interesse (come Barbero mentre parla di storia), trascina gli altri senza bisogno di un ruolo (anche se facilita). I giapponesi sono famosi per il loro kaizen = cambiamento, miglioramento continuo. Se trovo qualcosa che fa risparmiare soldi all’azienda, loro mi danno una ricompensa economica. Poi ovviamente ogni leader ha uno stile di leadership diverso. Stessa cosa per il manager: Autocratico / Autoritario Partecipativo / Democratico, apparentemente democratica perchè l’azienda non può essere una repubblica al massimo una monarchia costituzionale. Richiede la partecipazione dei colleghi, dà importanza all’ascolto nel processo decisionale, convoca riunioni e chiede opinioni. Permissivo / Lassista, lascia molto più spazio ai colleghi, rinuncia quasi a fare il capo. ciascuno però deve bilanciarsi tra 2 elementi: -orientamenti all’obiettivo -orientamento alla relazione Le caratteristiche più comuni sono: Visionario : condividere obiettivi e mission, tutti sono tenuti a partecipare Democratico: quando ci sono decisioni importanti, vengono coinvolti tutti i collaboratori, così facendo si toglie un’area di incomprensione che va a spiegare il perché delle scelte aziendali. In più il confronto con i collaboratori può aumentare il livello di leadership del leader Coach: collega il bene del singolo con la mission, percepisco che il leader si preoccupa di me Esigente: pone il focus sull’obiettivo e cerca di migliorare giorno per giorno Affiliatore: cura l’armonia della squadra per prevenire e scongiurare i conflitti, non ha paura di esporsi perché sa di ricoprire un ruolo per il quale ha le giuste competenze Autoritario (coercitivo): impone le decisioni ma è meno efficiente, la classica modalità di chi sa solo comandare e usano il turpiloquio per mettere a disagio gli altri. Il leader deve: - avere capacità di valutazione - Essere una persona di valore - Essere autonomo e non solo come un organo di trasmissione delle istanze di qualcun’altro - Affidabile, persona di cui ci si può fidare - Preparazione fondamentale alla base di tutto - Essere determinati e dimostrarlo all’altro - Intraprendenza - Integrità, deve essere corretto per non perdere la stima, non può essere imbroglione - Entusiasmo da trasmettere a tutti - Senso di giustizia, così mi affido a lui più tranquillamente, fa da esempio per gli altri (QUESTO È IMPORTANTISSIMO), deve essere lui il primo a lavorare bene, a esporsi e a guidare il gruppo, stando in mezzo a esso - Lealtà e altruismo - SAPER COMUNICARE, tutto questo passa attraverso la comunicazione, se non comunico bene è tutto inutile - SAPER ASCOLTARE, collegato alla comunicazione, devono andare insieme. Se ascolto ho più “armi da giocare” - Problem solver, i problemi ci sono ma si possono risolvere Impresa e mercato Fondamentale per l’azienda è il MONDO ESTERNO = mercato; devo imparare a relazionarmici, scambiando input e output. L’azienda i primi dal mercato e gli restituisce i secondi. MERCATO= -clienti: mercato finale -fornitori: mercati di produzione ➡ da cui prendo gli input => tutto ciò di cui ho bisogno per lavorare -banche: mercati finanziari -personale: mercato del lavoro -concorrenti: aziende concorrenti Devo capire quale sia il mercato migliore per la mia azienda in base a questi fattori. E tutti questi fanno parte, insieme all’azienda, del mercato, che devo studiare in modo sistematico, dal pov Sistema politico-istituzionale Sistema economico Sistema socio-demografico Sistema tecnologico => ANALISI PEST o PESTEL Dopo aver analizzato bene la situazione l’azienda DECIDE con quale mercato relazionarsi. Questa analisi non si può fare solo all’inizio ma serve ogni qual volta voglio migliorare. Costruisco una strategia per relazionarmi al meglio con questi fattori. Schemi di analisi 1 PEST/PESTEL Political: sistema politico istituzionale; la forma di governo e l’orientamento legislativo=> il sistema fiscale + favorevole, la remunerazione, il diritto del lavoro, regolamentazioni commerciali, stabilità politica… => scelgo la nazione con i criteri più favorevoli (tipo Eni ha sede in Olanda e Uk) Economic: sistema economico, il sistema generale dell’economia che regola la vita della collettività in un certo ambito territoriale => tasso di crescita, tasso di interesse, tassi d’inflazione ecc => se sto in una zona estremamente “povera” non ha senso aprire un ristorante gourmet Social: sistema socio-demografico; struttura della popolazione residente e relazione fra gli individui e i gruppi che lo compongono ma anche gli elementi che influenzano il sistema di valori e i comportamenti dei singoli individui e della società nel suo complesso => salute, tasso di crescita, distribuzione per età, sicurezza…=> una società incentrata sulle donne non ha senso in Arabia Saudita. Influenzano il mercato di sbocco ma anche quello del lavoro. Technological: sistema tecnologico; elementi tecnologici che riguardano l’utilizzo e consumo delle risorse e che influenzano produzione e infrastrutture => incentivi, automazione… => oggi influenza tutto Prima si pensava che questi elementi bastassero, poi hanno aggiunto: Environmental: sistema ambientale; non solò meteo e clima ma tutti gli elementi di carattere culturale e normativo che pongono al centro delle decisioni l’ambiente e la sua tutela => calamità naturali, riscaldamento globale, effetto serra => una fabbrica in Giappone dovrà essere fortemente anti-sismica Legal: sistema legale; prima visto come una costola del sistema politico, gli elementi che influenzano nuove norme o la modifica di normative già vigenti => diritto dei consumatori, antitrust, diritto del lavoro, della salute, della sicurezza…=> se voglio essere anti etico devo andare in un posto dove a nessuno importa di questi diritti. Anche se di per se un’azienda non sarà mai 100% etica, però poi le normative limitano i problemi. Quando faccio un progetto devo subito fare queste abiliti da inserire in un Business-Plan=> in cui dimostro la bontà del progetto, analizzandolo secondo questa griglia di valutazione. 2 ANALISI SWOT e TOWS S- punti di forza: Mi pongo in contesti in cui i miei punti di forza sono la chiave del business W- punti di debolezza O- opportunità T- minacce: possono influire sia sulle debolezze che sui punti di forza. Creo una MATRICE per analizzare questi 4 fattori contemporaneamente. Da questo punto di partenza => formo 4 STRATEGIE: SO, WO, ST, WT; basate sui fattori. Strategie WT molto difficili da tirare fuori, perché negli altri casi ho sempre qualcosa su cui far leva e basarmi (SO è il più semplice), ma non per questo devo escluderle => L’essenziale è avere sempre un PIANO B, altrimenti corro contro un muro senza freni, serve sempre e non è qualcosa che esiste di per sé, lo devo costruire io! => riesco a gestire meglio le situazioni normali perché so di avere sempre una via di uscita (prevenire è meglio che curare!!!). Costruire delle alternative è sempre la cosa migliore. 3 ANALISI DI ATTRATTIVITÀ DI UN SETTORE - 5 FORZE DI PORTER 5 elementi che insistono in un business che ci interessa: 1. POTENZIALI ENTRANTI: il mercato non è statico, una mia mossa influenza anche le mosse degli altri. Esistono barriere all’ingresso? Il fatto che io sono entrato, consente anche agli altri di entrare o io sono l’unico (BREVETTO= barriere all’ingresso) 2. PRODOTTI SOSTITUTIVI: anche dopo aver ottenuto un brevetto, la concorrenza può creare delle alternative. Quanto è facile sostituire questo prodotto/servizio? Alcuni prodotti sono sostituibili super facilmente => questo non può essere un punto di forza. Altrimenti posso addirittura costruire un MONOPOLIO ➡ Apple pretende che i suoi prodotti siano meglio degli altri,li presenta come privi di un prodotto sostitutivo. Le MARCHE servono a rendere più difficile la sostituzione di un prodotto => tutela il prodotto. 3. POTERE CONTRATTUALE DEGLI ACQUIRENTI: B2B, business to business vendo ad altre aziende per farlo produrre, oppure B2C, business to consumer, produco qualcosa direttamente alla clientela. Di solito l’acquirente business ha più potere contrattuale di un cliente. Se io sono l’unica pizzeria della zona, il cliente ha zero potere contrattuale. 4. POTERE CONTRATTUALE DEI FORNITORI: monopsonio, quando ho 1 acquirente solo=> fornitore bassissimo potere contrattuale. Nell’ oligopolio ci sono pochi fornitori , che quindi hanno tanto potere contrattuale ma questi non possono organizzarsi tra loro (fare cartello). 5. CONCORRENTI DEL SETTORE: concorrenti, capacità operativa, struttura dei costi, caratteristiche prodotti, domanda e tasso di crescita. Questa è un’analisi che si fa a priori. Elementi di marketing: approcciare al mercato In un’azienda c’è proprio una parte che si occupa del MARKETING= approccio con il mercato, con i clienti => capire cosa produrre che possa piacere al mercato! Questa materia non si limita alla pubblicità, è solo una parte. 1. Segmentazione: analizzare il mercato e trovare i determinanti, le dimensioni che posso usare per capire il mercato => capisco il profilo dei segmenti del mercato => faccio chiarezza su quali e come sono i clienti del MIO mercato 2. Targeting: studio i miei obiettivi di mercato, dopo aver diviso il mercato in pezzi (segmenti) capisco quali sono i più interessanti => misurare l'attrattiva dei segmenti e poi scelgo i segmenti obiettivo, cioè scelgo su quale segmento concentrarmi. I prodotti sono fatti per QUALCUNO, non per TUTTI (sono rari quelli che vanno bene per tutti, es. la penna bic) 3. Posizionamento: scelgo come collocare il mio prodotto => sviluppare il posizionamento per ciascun mercato-obiettivo e sviluppare il MARKETING MIX (regola delle 4 P) Ogni volta che bisogna sviluppare un nuovo prodotto o anche solo cercare di rivitalizzare un vecchio prodotto, occorre fare questa analisi. SEGMENTAZIONE Segmentazione del mercato: Consumatori vengono raggruppati in gruppi omogenei a seconda delle loro caratteristiche particolari Ciascun gruppo o “clauster” rappresenta un mercato specifico cui destinare un prodotto/servzio Devo selezionare le caratteristiche più significative per la segmentazione (se produco shampoo mi è significativo sapere quanti pelati ci sono, quanti ricci, quanti con capelli grassi➡ creo prodotto per loro, ma non mi serve sapere se questi sono alti o bassi ecc) Si parte da un mercato non segmentato in cui si immaginano 6 clienti => è INUTILE creare 6 gruppi distinti, perché non farei un prodotto specifico ciascuno. In un gruppo c’ è sempre più di 1 cliente. Posso segmentare per -classi di rendito:Basso reddito - medio reddito - alto reddito -per classi di età: più giovani - meno giovani Posso intersecare le 2 segmentazioni => MATRICE: giovani poveri/giovani ricchi - anziani poveri/anziani ricchi… Non è detto che il mercato sia rivolto solo ai ricchi, se faccio il prodotto giusto con il prezzo giusto, posso vendere alle persone giuste. -preferenze dei consumatori: tipo il caffè, che più o meno a quel prezzo, ma posso creare gusti diversi (se il 60% lo vuole aromatico, vendo quello così) -localizzazione geografica: se vendo in Italia, devo capire dove sono i miei clienti, nord, sud, centro? Stanno più in alcune zone rispetto a altre? -caratteristiche demografiche: età, sesso, famiglia, reddito, istruzione, occupazione, nazionalità, religione (es se devo vendere nell’alimentari devo rispettare la religione mussulmana) -caratteristiche psicografiche: classe sociale, stile di vita, personalità. Sono super ambiti gli young-adults perché hanno reddito da adulti ma mentalità da bambini QUINDI SPENDONO UN SACCO YEA. La personalità serve per coloro che hanno attitudine a comprare qualcosa sponsorizzato da un personaggio di riferimento => INFLUENCER -caratteristiche comportamentali: occasioni d’uso, vantaggi ricercati, situazioni d’uso, intensità di uso, fedeltà alla marca, stato di consapevolezza (mercato sempre più in espansione, i clienti cercano le cose bio, i marchi creano per tutti i prodotti l’alternativa bio), atteggiamento verso il prodotto. Requisiti per una utile e efficace segmentazione, per targeting e posizionamento: Misurabilità: l’obiettivo che mi pongo deve essere misurabile. Io devo cercare di puntare al mercato più ampio => vendo di più. Le analisi che faccio devono darmi dei risultati misurabili. Accessibilità: se un segmento c’è, ma non riesco a raggiungerlo affettivamente per vari motivi, allora non va bene Importanza Praticabilità: studio molto pratico. Cos’è troppo teoriche non mi aiutano. TARGETING Dopo aver segmentato il mercato seguendo le precedenti regole, posso decidere i miei MERCATI OBIETTIVO. Le operazioni da svolgere sono: 1. Valutazione dei segmenti 2. Definizione delle strategie 3. Scelta dei segmenti da servire e della strategia Quali sono le strategie possibili in relazione ai segmenti di mercato? - Marketing indifferenziato: 1 solo prodotto che piaccia ai segmenti 1,2,3 - Marketing differenziato: 1 prodotto specifico per ciascuno dei 3 segmenti - Marketing concentrato: mi disinteresso di TUTTI i segmenti, faccio il mio prodotto, 1, a chi va bene va bene. Mi concentro solo su 1 segmento del mercato. (Magari è un prodotto più di nicchia, con prezzi maggiori, che non interessano a tutti i segmenti obv) POSIZIONAMENTO È come un prodotto trova collocazione nella mente del potenziale consumatore e come viene distinto dai prodotti concorrenti. Il marketing vuole che noi percepiamo il prodotto nella nostra mente, esattamente come loro lo hanno progettato. Tramite questo step io distinguo un prodotto dai concorrenti => vedi PUBBLICITÀ PROFUMI, tramite la pubblicità cercano di posizionarlo nella mia mente in un certo modo=> quando lo rivedo mi da le stesse vibes. Se il mio prodotto viene percepito identico ai concorrenti => si baserebbe tutto sul PREZZO. MA se io lo posiziono in modo diverso nella tua testa => tu sei disposto a spendere di più. E se il prodotto che vendo è un po’ più particolare, allora il posizionamento è ancora più importante. L’attività di posizionamento concerne l’insieme delle iniziative volte a definire le caratteristiche del prodotto e a impostare il marketing mix più adatto a BOH Elementi chiave per comprendere il posizionamento: Avviene nella mente del consumatore: è qualcosa di astratto, non tangibile, sono le vibes che quel prodotto mi dà. Anche il confezionamento di un prodotto influenza, se è pregiato avrà una scatola più ricercata. È la “percezione del prodotto” e può differire dall’idea che ne ha l’azienda. Faccio percepire come prodotto di qualità, una schifezza. L’azienda deve cercare un feedback. È “collegato al prodotto” ma non é “il prodotto” L’azienda necessita di differenziare il prodotto rispetto a quelli della concorrenza => LA MARCA fa la differenza. Oggi tutto il mercato dell’abbigliamento si basa su questo, per consentire alle persone di rappresentare un’idea di sé stessi agli altri. Si usano ricerche di mercato con output esposto in matrici, mappe percettive ecc… ALTERNATIVE DI POSIZIONAMENTO: - Sulla base di caratteristiche del prodotto: funziona bene per il cibo - Sulla base dei benefici attesi, dei problemi risolti: vedi gli sciroppi per tosse secca/grassa. Quale bisogno vanno a soddisfare con il loro acquisto i clienti? - Sulla base di specifiche occasioni d’uso - Sulla base dei possibili utilizzatori: per ogni tipo di persona, un tipo di prodotto - Per contrapposizione a un altro prodotto: questa è l’acqua con meno sodio di tutte - Per dissociazione della classe di prodotto: è l’unico che fa questo L’azienda fa ricerche di mercato per ottenere più info possibili sul mercato obiettivo (capire le preferenze dei consumatori) => per restituire al mercato il prodotto/servizio ideale => che però non si preoccupa della mia salute ecc ma è solo qualcosa che “mi piace”. C’è un bisogno (esistente o latente) del consumatore? ➡ Lo soddisfo. In mezzo ci sono le decisioni di marketing che l’azienda deve prendere. LE 4P Articola le scelte del marketing operativo su questi 4 punti: 1. Prodotto 2. Prezzo 3. Distribuzione (place) 4. Comunicazione (promotion) Quando devo vendere un prodotto devo fare queste scelte PRODOTTO Cosa è un prodotto? -Tutto quello che può essere offerto a un mercato per soddisfare un bisogno, non per forza una necessità primaria, piuttosto come un desiderio, realizzabile con un prodotto che può essere: Oggetto fisico Servizi ➡ app Persone ➡ il lavoro di persone Idee ➡ licenze, brevetti Esperienze LEVE disponibili sul prodotto: Caratteristiche e qualità Design ➡ Apple Assortimento ➡ soprattutto nel marketing differenziato Marca ➡ elemento distintivo per le caratteristiche del prodotto Packaging ➡ noi compriamo prima con gli occhi Servizi correlati e garanzia ➡ soddisfatto o rimborsato tipo PREZZO Quale è l’impatto del prezzo? Se devo vendere qualcosa non posso scegliere il prezzo che mi pare, deve essere allineato alla qualità del prodotto. Esiste la curva della domanda , più è alta più le vendite sono alte e viceversa. Ovv non è uguale per ogni tipo di prodotto, a volte è più inclinata => prodotto molto sensibile al prezzo. Quando una variazione di prezzo, fa variare la domanda in modo importante => DOMANDA ELESTICA (prodotti di lusso), altrimenti è ANELASTICA (pane). La possibilità di modificare il prezzo risiede nella differenziazione dei prodotti. C’ è un rapporto tra PREZZO, RIVAVI e PROFITTO. Dovrei scegliere un prezzo che massimizza i profitti ma non è così facile perché devo tener conto dei concorrenti=> raramente si combatte sul prezzo, di solito su altre caratteristiche del prodotto. Considerazioni sul prezzo: -Azienda price setting -Azienda price taker -Concorrenza (prezzo e quota di mercato) => conoscere la propria quota di mercato ➡ per la Apple, di 100 cellulari venduti, quanti sono di marca Apple? Se ho una grossa quota, ho più forza nel sostenere il mio prezzo. Se ne ho poca, posso essere schiacciato, devo combattere sul prezzo. -Qualità percepita - rapporto qualità-prezzo => ciascuno di noi ha una percezione soggettiva del prodotto. Io metto qualità nel prodotto affinché questa venga percepita dai clienti, ma se non viene percepita tanto vale non mettercela => lo devo posizionare bene. Quale qualità sto comprando e a quale prezzo, noi ci aspettiamo che sia lineare. Mi aspetto che se un prodotto costi di più , abbia una qualità maggiore. -Profittabilità (massimizzazione del profitto) => valutare tra le varie possibilità quella che mi fa guadagnare di più. Metodi per stabilire il prezzo: Prezzi correnti ➡ scelgo il prezzo medio del mercato, non voglio fare concorrenza sul prezzo ma su altri elementi Valore percepito del mio bene Profitto obiettivo e BEP ➡ devo guadagnare almeno tot e quindi lo vendo a x prezzo => visione miope Ricarico prefissato (cost-plus pricing) ➡ molti negozi acquistano un prodotto, ci aggiungono una somma per rivenderlo e basta non considero il resto - IL PREZZO MISURA LA SCARSITÀ DI UN BENE, MA QUESTA NON È SEMPRE UN FENOMENO NATURALE => per poter avere un prezzo elevato devo percepire QUALITÀ o SCARSITÀ (i tartufi costano tanto perché se ne trovano pochi) Leve disponibili sui prezzi -TARGET COSTING= LIVELLO DI COSTO EFFETTIVO Se voglio vendere un prodotto a un certo prezzo, devo lavorare sulla produzione per farlo rientrare in quel prezzo => arriva prima il prezzo => decido che voglio fare un prodotto da vendere a 45€ => ingnerizzo il sistema di produzione per avere un costo tale che mi consenta di venderlo a 45. Talvolta la necessità di avere un certo prezzo (per il mercato) è così forte che regolo tutto il resto in base a questo. -LISTINO PREZZI= averlo, da’ l’impressione che il prezzo sia fisso (come nelle copertine dei libri, o in generale i prodotti nei paesi comunisti), tuttavia il listino vale fino a un certo punto, perché anche il libro non lo pago sempre con lo stesso prezzo => arrivo a un punto in cui il listino è inutile. In altri casi aiuta a dare un miglior controllo → es il produttore delle cartucce per stampanti HP fa un listino prezzi che tutti i rivenditori devono rispettare, chi le mette a un prezzo più basso viene rimosso => perchè HP ha un buon potere contrattuale (tanti clienti che vogliono comprare le cartucce di marca) -SCONTISTICA= funziona sempre, può essere applicato in maniera sistematica => GENERA FEDELTA’ => tutte le aziende cercano di fidelizzare il cliente, FARLO TORNARE (ti do un buono sconto se entro 10 gg torni e spendi 30 € , o una carta raccogli punti, o dei premi in palio), in generale il ragionamento è “più compri più ti faccio sconto”, SCONTISTICA PROGRESSIVA. molto spesso compriamo oggetti scontati solo perchè sono scontati. -COSTI ACCESSORI= soprattutto per alcuni acquisti, tipo compri un elettrodomestico e poi devi pagare la consegna, installazione oppure gli optional di una macchina => il prezzo finale raddoppia. Anche da foot locker con le solette ahahah. -CONDIZIONI DI PAGAMENTO= tema standard di qualsiasi contratto b2b ma ormai anche b2c => finanziamento per rateizzare. Anche i grandi supermercati prima di accettare un piccolo brand usano questi metodi, pagano 30 gg dopo aver ricevuto la merce => incassano prima di quando devono pagare => ma questo è normalissimo tra b2b. -PSICOLOGIA DEL PREZZO= 9,99 è più friendly di 10. Un suicidio sarebbe mettere 21. Ci sono ambiti in cui questa logica regna sovrana in tutti gli articoli → sempre finale 9. sfrutta i bias cognitivi, modi sbagliati di ragionare del nostro cervello, tipo bias della sopravvivenza: si da più valore ai sopravvissuti che ai morti; oppure diamo valore alle nostre esperienze anche se sono insignificanti. Anche mettere dei format di gelato in gelateria che nessuno acquisterebbe e che hanno un prezzo molto elevato => spingono i clienti a prendere il formato più piccolo che costa comunque “troppo” ma tu pensi di aver risparmiato. quando devo immettere un nuovo prodotto nel mercato posso o fare una scrematura o posso immettermi in questo. Scrematura: Prima lo propongo a un prezzo ALTISSIMO, presentandolo come la novità => accumulo tot ricavi => abbasso il prezzo => accumulo tot ricavi => abbasso ancora => tot ricavi. Se lo mettessi subito a un prezzo basso, perderei tutta la prima fetta di clienti, così faccio una scrematura e piano piano copro tutto il mercato. Oppure dello stesso prodotto posso fare modelli diversi ( plus, ultra, limited edition, base) x giustificare prezzi diversi. Succede soprattutto con prodotti tecnologici. Penetrare il mercato: per prendermi subito tutto il mercato, evitando che concorrenti si mettano in mezzo => faccio subito un prezzo BASSO. PLACE La distribuzione sono tutte le attività che vengono svolte per far giungere il prodotto al cliente finale. Dipende tanto da come mi pongo nel mercato, da che canale distributivo scelgo. Esempi: -Un canale TOP sono le EDICOLE => perche le edicole non pagano le cose che vendono => i prodotti arrivano subito sul mercato; adesso stanno morendo in favore di internet. -Le FARMACIE, danno un valore percepito maggiore, se è venduto lì e non nei supermercati vuol dire che è migliore. Problematiche e leve di marketing collegate alla distribuzione: Sul canale impatta tanto la LOGISTICA: l'attività che muove tutte le cose (trasporti, stoccaggio ecc.) Copertura del mercato: Posso affidarmi a grossisti, oppure posso essere autonomo. Scelta del canale giusto, tenendo conto di: -Trasporti: prodotti dalla Cina hanno o tempi lunghi e costi bassi o tempi + brevi ma prezzi + alti -Temperature: se faccio prodotti surgelati non posso ignorarlo -Stoccaggio: prodotto può essere stoccato o no, se si devo farlo con accortezze? => devo scegliere il canale che abbraccia meglio le mie necessità e problemi (marketing mix). A sua volta la distribuzione ha influenza sulla copertura di mercato: -alcune distribuzione sono + forti in alcune aree che in altre (nord vs sud; città vs paesi) -usare canali diretti o indiretti diretti: tipo i mercati in cui gli agricoltori vendono direttamente i loro prodotti, ma anche il FOLLETTO che viene venduto con i rappresentanti, non ci sono negozi indiretti: non vendo direttamente al consumatore ma uso una catena di distribuzione (agricoltore → grossista → negozio → persone). In molti ambiti la catena si prende una grande parte del guadagno. => la vendita diretta consente di abbassare i prezzi perchè toglie le persone di mezzo che guadagnavano dalla catena => che però offrono un servizio (all’agricoltore non comprano 1kg di mele, ma tutte e si occupa lui di rivenderle; è sbagliato quando vuole guadagnarci troppo) Nei canali indiretti ci possono essere 2 strategie: Push: spingere, riempire il magazzino dei miei distributori con i miei prodotti => li venderanno ai negozianti Pull: tirare, parto dal basso, creo la domanda del consumatore => il negoziante chiede il prodotto al distributore Non è detto che le 2 strategie si oppongano, posso applicarle entrambe => da una parte faccio sconti per riempire i magazzini, dall’altra faccio tanta pubblicità per creare la domanda. Anche perchè se riempio il grossista ma poi lui non vende non comprerà mai da me → sblocco il mercato dal basso creando domanda. creare delle catene (tramite affiliazione o franchising): McDonalds, intimissimi… =>avere tanti punti vendita aperti, senza dover ogni volta fare un investimento e senza doverli gestire.Il franchisor fornisce il marchio, i prodotti da vendere e il franchisee riceve e vende. Il guadagno del franchisor è che fa GROSSE ECONOMIE DI SCALA: quando la scala di produzione aumenta, il prezzo del prodotto scende. Più prodotti produco, meno costano. Il problema è che DEVE FUNZIONARE, ha un’organizzazione diversa che comporta più guadagni ma devo saper gestire bene la distribuzione dei prodotti => footlocker è stato molto bravo a ottenere contratti speciali dai fornitori => vende alcune scarpe che si possono trovare solo lì => grazie a catena distributive COMUNICAZIONE Fondamentale, la mercanzia va esposta, devo far capire cosa vendo, se gli altri non lo sanno, non verranno a comprare. Loro compreranno quello che io prometto di vendere. Attività finalizzata a rendere nota l’offerta, creare consapevolezza e interesse. IO VENDO QUELLO CHE COMUNICO. => se comunico bene => vendo bene. Per spingere il cliente a comprare il prodotto devo partire dalla comunicazione (ti faccio assaggiare qualcosa al supermercato se penso che sia migliore degli altri). Ma allo stesso tempo noi clienti dobbiamo stare attenti a non farci fregare dallo storytelling dietro un prodotto. Elementi principali della comunicazione - MIX DELLA COMUNICAZIONE 1. Pubblicità: canale più noto per far conoscere e FUNZIONA. Ma devo scegliere il canale più adatto per i miei clienti. Più il mezzo è mirato, più la pubblicità è efficiente. 2. Comunicazione personale: fatta dalla forza-vendita. Informazione che spesso parte dal venditore che spiega il prodotto al negoziante che lo spiegherà al cliente (push), questo unito a una forte pubblicità (pull) => successo. L’informazione però deve giungere a chi DECIDE non a chi compra. 3. Promozione delle vendite: attraverso incentivi del breve periodo (settimana della birra => tutte scontate del 10%) => promozioni, devono ovviamente essere comunicate. 4. Pubbliche relazioni: per alcuni prodotti è più efficiente, soprattutto se sono molto seri, casi in cui la pubblicità potrebbe svalutarlo 5. Sponsorizzazioni: funzionano bene se quello che sponsorizzo ha qualche elemento di connessione con me e con i possibili consumatori. 6. Comunicazioni diretta: direct-marketing, le telefonate con i dischi registrati (anche questa tecnica è usata dal FOLLETTO, o AVON) passaparola. Che vengono a casa direttamente. 7. Packaging: tanto imp dove si compra self service, comunica caratteristiche del prodotto. La comunicazione sfrutta mezzi di comunicazione di massa (pubblicità, annunci, fiere, mostre, sponsorizzazioni), comunicati stampa (tramite i giornali, Internet. Il processo di comunicazione È la chiave per capire tutto. Da una parte abbiamo il comunicatore ➡ deve comunicare qualcosa al ricevente. Ma nel mezzo c’è il messaggio, qualcosa terzo che viene comunicato attraverso un mezzo (deve essere idoneo) MA il comunicatore deve codificare il messaggio e il ricevente deve decodificarlo. Un messaggio perfetto che il ricevente non sa decodificarlo è inutile => devo comunicare in modo tale da essere capito. Infine il ricevente deve dare una risposta (esplicita o implicita, chiara o meno) che comunica un feedback al comunicatore, ciò che torna indietro. In mezzo a tutto questo c’è RUMORE ➡qualcosa che viene dal mondo esterno e che si sovrappone al mio messaggio, che può distrarre sia il comunicatore che il ricevente. Infatti si fanno analisi per capire se il messaggio mandato è stato ricevuto da chi doveva riceverlo o se è stato “coperto” dal rumore. Si possono definire 3 livelli di comunicazione 1. Verbale: quello che dico 2. Paraverbale: come lo dico 3. Non verbale: tutto il resto che faccio mentre parlo (come mi muovo, le espressioni del viso…) Prima di comunicare è importante acquisire tutte le informazioni che mi permettono di essere efficace nella comunicazione. Alla base c’è il fatto di saper ASCOLTARE chi hai difronte e DIRLE CIÒ CHE L’ALTRO VUOLE SENTIRSI DIRE. Ciclo di vita delle vendite e dei profitti Il potenziale di vendita e di redditività dei prodotti variano col passare del tempo. Tipo il peso che hanno oggi i social nella vita delle persone è altissimo => non sarà sempre così. Sarebbe un grave errore non considerare la variabile TEMPO, il fatto che il tempo passi, le situazioni cambiano. CONCETTI BASE I prodotti hanno vita limitata Le vendite attraversano fasi distinte: a volte sono molto alte ma poi potrebbero scendere I profitti aumentano e diminuiscono in funzione delle fasi del ciclo di vita I prodotti richiedono strategie di marketing diverse in funzione delle fasi del ciclo di vita => tecniche diverse per ogni fase => se ne sono consapevole riesco a adattarmi bene Curva del ciclo di vita delle vendite e dei profitti 1. Introduzione: immetto un nuovo prodotto nel mercato 2. Sviluppo: le vendite iniziano a incrementarsi 3. Maturità: prodotto ormai sviluppato al top => SOLDI VERI 4. Declino: il prodotto si appropinqua alla fase finale, non lo compra più nessuno. I profitti sono diversi nelle varie fasi: 1. Più costi che profitti=> questi pari a zero 2. Compaiono qua 3. Crescono sempre di più 4. Ci sono ancora ma in modo minore Ma questa scansione temporale NON è uguale per ogni prodotto, ciascuno ha i suoi tempi. Dobbiamo cercare di far durare il meno possibile la prima fase. Esempi ANOMALI: -ciclo e riciclo: prodotto che ha un ciclo primario, declina e poi un riciclo. Stava andando giù ma il prodotto viene rivitalizzato (coca cola) -modello a balzi: nel momento in cui il prodotto arriva alla maturità, l’azienda spinge su un nuovo modello dello stesso (scopre nuovi impieghi) senza fargli attraversare il declino (Mcdonalds) Durante il ciclo di vita: Obiettivi: Io non posso sapere in anticipo e con precisione la durata di queste fasi e soprattutto non so come reagiranno i concorrenti. Per cui ciascun ciclo di vita ha bisogno di caratteristiche adatte: INTRODUZIONE : devo far crescere il prodotto e farlo provare Prodotto: base, 1 solo modello Prezzo: cost-plus, non ci posso rimettere è un nuovo prodotto i cui costi di produzione sono alti => prezzi alti Distribuzione: selettiva perchè la quantità di prodotti è bassa Pubblicità: far conoscere, è nuovo lo devono conosce Promozione vendite: intensa, devo crescere più velocemente possibile e affermarmi CRESCITA: massimizzare la quota di mercato Prodotto: estensioni del prodotto, vari modelli Prezzo: penetrazione, rapidamente prendere più persone possibili, prezzo x massimizzare profitto Distribuzione: intensiva, allargo i miei canali di distribuzione Pubblicità: creare interesse nella massa Promozione vendite: ridotta, mi concentra sulla pubblicità e sui canali distributivi MATURITÀ: massimizzare il profitto e difendere la quota di mercato Prodotto: diversificazione in marche e modelli Prezzo: battere la concorrenza, non può avere grandi differenze di prezzo rispetto alla concorrenza Distribuzione: più intensiva, sfrutta tutti i canali Pubblicità: vantaggi marca, si concentra su questa piuttosto che sul prodotto. Promozione vendite: aumentata, perché devo combattere con tutti i concorrenti DECLINO: ridurre le spese e “mungere” il prodotto. Prodotto: escono quelli deboli, che vendono poco Prezzo: scende Distribuzione: selettiva, non c’è più tanta richiesta quindi devo scegliere dove distribuire Pubblicità: rivolta al mantenimento del cliente fedele Promozione vendite: al minimo ELEMENTI DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO In teoria, non c’è differenza tra la teoria e la pratica. Ma in pratica c’è. Ciò vuol dire che nel mondo del business non conta la teoria, conta solo ciò che funziona, non importa il perché e come funzioni. È un mondo in cui prevale la pratica, fatto solo di migliori pratiche applicabili (best practice). -> se la uso e funziona verrà usata anche da altri -> se la uso è non funziona la accantono -> se qualcuno trova qualcosa di migliore prendo spunto Non occorre seguire dei libri. La pianificazione si divide in: Strategica: è più alta, è un piano che faccio in modo meno approfondito. Soddisfa la necessità di saprete dove mi sto dirigendo. Riguarda l’attività aziendale, è caratterizzata da: - Lungo periodo - Vede l’azienda nel complesso - È destinata e generate sempre dal TOP MANAGER (chi ha visione fa questo) - Parte dalla mission aziendale: ogni azienda ce l’ha, è il progetto che l’azienda intende applicare per realizzare il suo obiettivo principale cioè quello di fare profitto. Implica anche come voglio relazionarmi al pubblico e al mercato (prodotti di qualità o meno…) Operativa: è più pratica e dettagliata. Soddisfa la necessità di sapere i passi che devo fare per raggiungere il mio obiettivo. Suddivido l’attività aziendale (del piano strategico) in step, tipo in anni, dividendo il lavoro che voglio fare in questi blocchi più piccoli. - breve periodo: tipo ogni step è 1 anno - Si creano centri di responsabilità, sottoinsieme in cui è divisa l’azienda e devo assegnare un ruolo specifico a ogni centro di responsabilità => il lavoro di tutti messo insieme mi porta all’obiettivo - È coinvolto tutto il management di tutti i livelli - Parte dal piano strategico: lo metto in atto La pianificazione e il controllo è un ciclo che comporta azioni che si ripetono ciclicamente: 1. Pianificazione di medio-lungo termine: decido cosa voglio fare a grandi linee nei prossimi anni. Mi do degli obiettivi. 2. Budgeting: se il mio piano di m-l termine comporta determinate cose, pianifico le spese che farò nel 1º anno ➡ farlo di 1 anno è una sorta di regola non scritta. Va fatto prima di agire. 3. Attività: che in realtà non smette mai, ma inizio a operare in base al budgeting che ho programmato, lo devo realizzare 4. Controllo: mano a mano che agisco cerco di controllare quello che faccio per essere certo che il budget che avevo previsto si sta realizzando => va controllato in itinere (settimanalmente, mensilmente) e non a fine anno. E in caso reagire là dove ci sono dei problemi. 5. Feedback: siccome sto controllando quello che sto facendo, posso cambiare in corso d’opera sia il budget che l’attività per risolvere i problemi. Rivisitò il piano. Dopo il il primo anno, ho concluso il ciclo, ho ultimato il budget, riesco a avere un quadro generale della cosa => posso dare inizio a un nuovo ciclo. Quindi pianificazione&controllo perché una è funzione dell’altra. Se pianifico ma non controllo è inutile fare un piano. Se controllo senza avere un piano sto solo facendo statistica, non sto gestendo. => se lo faccio bene mi fa sapere in anticipo i problemi e quanto sono vicino o meno ai miei obiettivi. Tutto finalizzato ➡ al processo decisionale dei manager=> perché saranno poi le loro decisioni a influenzare il piano. Non è fine a se stesso, ma il quadro che creò è di supporto ai manager. Per questo il feedback è fondamentale perché mi permette di modificare l’attività e il budget, non posso restare fermo a guardare, devo migliorare!! Due concetti base: 1. Qualsiasi processo decisionale si basa su analisi incrementali o differenziali => valutare le varie opzioni con i rispettivi pro e contro ➡ concentrandosi sulle DIFFERENZE 2. Nella gestione dell’impresa si ottiene quello che si misura. => MISURA DEI FATTI AZIENDALI ➡Budgeting, che faccio preventivamente e deve essere idoneo al risultato che voglio raggiungere (nelle aziende piccole si fa in modo informale) => lavora in ANTICIPO, guarda al futuro ➡Controllo di gestione, è uno strumento che mi da un feedback velocemente anche se approssimato. Va confrontato sempre con il budget, per capire se sono il linea => lavora in TEMPO REALE ➡Contabilità, questo invece è uno strumento precisissimo, mi da le informazioni esatte, ma in ritardo. Serve comunque ma non ad avere informazioni velocemente. Non posso usare i dati della contabilità per gestire un’azienda => lavora ALLA FINE I 3 elementi misurano sempre le stesse cose ma con pov diversi, in tempi diversi. Tutto questo insieme rappresenta il sistema di contabilità di un’azienda, nello specifico: budget + controllo di gestione = contabilità direzionale. Contabilità= è un PROCESSO (ha bisogno di tempo per essere realizzata) di raccolta, classificazione, misurazione e comunicazione di informazioni quantitative, economico-finanziarie e non, atte a consentire agli utilizzatori valutazioni e decisioni fondate su dati attendibili (la mia codifica dell’informazione deve essere decodificabile da chi la deve ricevere). Possiamo dividerla in: -Contabilità generale= registra i fatti (transazioni) aziendali che sono GIÀ successi, atto a produrre il Bilancio d’esercizio composto da Stato Patrimoniale, Conto economico e Rendiconto finanziario -Contabilità direzionale= è tutto l’insieme degli strumenti finalizzati a rilevare, organizzare e comunicare le informazioni economico-finanziarie, anche non monetarie, rilevanti per le decisioni aziendali, la pianificazione e il controllo, l’impiego efficiente delle risorse. DIFFERENZE Generale -É obbligatoria dal codice civile -Contesto regolato da norme civili e principi contabili -Reporting annuale standard -Utilizzatori esterni (stakeholder) , è a loro che serve il bilancio, non all’azienda. Tipo gli azionisti, i soci oppure l’amministrazione finanziaria per le tasse. La banca se volessi chiedere un prestito. -È rivolta al passato, quello che è successo fino a ora e che ha portato l’azienda in questa situa -Informazioni finanziarie (espresse in € se siamo in Europa) => alta precisione ma ritardo in rilascio => frequenza annuale o trimestrale per le aziende quotate in borsa => FOCUS SULL’INTERA AZIENDA (vista come una cosa unica) Direzionale -Non obbligatorio (ma consigliato) -Assenza di vincoli normativi (ma posso basarmi sulle best practice + giuste per me) -Non ci sono info standardizzate (misuro quello che voglio ogni quanto voglio e come voglio; magari alcune cose le misuro in tempo reale, ogni volta che mi serve) -Utilizzatori interni, sono solo per uso interno, confidenziale, da non divulgare, perché lì c’è scritto proprio come funziona l’azienda ed è solo per i manager che devono prendere decisioni -È rivolto al presente e al futuro -Info finanziarie e non (quante persone stanno lavorando, quante ore ci impiegano, non sono info espresse in euro, dollari ecc) => bassa precisione ma pronto rilascio => frequenza settimanale/ mensile/ differenziata => FOCUS SULLE UNITÀ / CENTRI DI RESPONSABILITÀ , azienda suddivisa perché ogni centro ha il suo manager che così può agire al meglio per raggiungere l’obiettivo TERMINOLOGIA di contabilità Ricavo: il valore (soldi) del corrispettivo ottenuto per la vendita di un prodotto o servizio (è una componente positiva di reddito). Entrata: semplicemente un incasso di soldi => un’entrata è un ricavo quando paga un servizio che ho reso. Potrebbero avvenire in tempi diversi. Quindi dobbiamo sempre vedere se i soldi che abbiamo incassato si riferiscono a cose veramente vendute o no. Provento: ci sono anche altre componenti positive di reddito, che però non sono relative alla vendita di bene/servizi (tipo banca che da dei soldi). Costo: valore monetario del consumo di una risorsa (è una componente negativa del reddito). Se compro il biglietto per l’auto, il costo si verifica nel momento in cui lo consumo, lo timbro. Il costo può essere legato a un ricavo, perduto o sospeso se sarà legato a un ricavo futuro. Onere: componente negativa di reddito. Tipo una multa che ricevo. (Proventi/oneri ➡ aspetto economico; entrate/uscite ➡aspetto finanziario) Attività: tutto ciò che è nella disponibilità dell’azienda, rappresentano gli investimenti e gli impieghi di risorse = attivo patrimoniale = tutto quello che possediamo. E sono contrapposte a: Passività: tutto ciò che l’azienda deve dare a terzi, rappresenta una fonte di risorse => per l’impresa è normale avere debiti, che sono una fonte di risorse cioè un modo di procurami soldi. Capitale: è la partecipazione dei soci nell’azienda (differenza tra attività e passività) e rappresenta la fonte iniziale di risorse. All’inizio appunto sono i soldi che i soci mettono per far partire l’azienda, poi nel tempo può aumentare (se registro degli utili) o diminuire (se registro delle perdite). Se la società dovesse chiudere, tornerebbe ai soci. Principali prospetti della contabilità generale Documenti che compongono il risultato della contabilità: Bilancio d’esercizio: è il documento redatto dagli amministratori al termine del periodo amministrativo che rappresenta la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa. Si compone di: Conto economico: raccoglie costi e ricavi, proventi e oneri di un’azienda in un certo lasso di tempo (1 anno). DATO DI FLUSSO. Stato patrimoniale: è il prospetto che riporta attività, passività e capitale a una certa data (l’ultimo giorno del periodo amministrativo). DATO DI STOCK. Rendiconto finanziario : tutte le entrate e le uscite,divise per categorie, in un certo lasso di tempo => FLUSSI FINANZIARI (1 anno). Oltre che nota integrativa e relazione sulla gestione. Questi documenti si basano su convenzioni di base: Azienda come entità separata dai soci: i soldi dell’azienda non sono soldi miei ecc. Misurazione monetaria: misuro tutto in soldi. Quindi anche se misuro insieme elementi diversi, di loro prendo in considerazione solo il loro valore monetario. => eventuali problemi nei criteri di valutazione Costo storico: noi misuriamo le cose in base a quanto le abbiamo pagate => il loro valore contabile che probabilmente è diverso dal valore che ha sul mercato. Periodicità: i bilanci si fanno con regolarità ogni 12 mesi che passano. Se sono una società quotata, ogni 3 mese. Dall’altra parte abbiamo dei concetti: Continuità aziendale: per usare i normali principi contabili, devo presumere che la società non stia per chiudere Competenza economica: tutti i costi e i ricavi nel bilancio vengono scritti in base alla loro competenza economica. A chi competono?Se ne può discutere tanto Costanza dei criteri: devo mantenere costanti i criteri di valutazione negli anni, per poter fare confronti che è importante perché vedo come si sta evolvendo l’azienda. Prudenza: principio che funziona in modo asimmetrico. Devo essere attenta, devo registrare solo profitti certi => il dato presentato deve essere prudenziale. Il metodo della partita doppia È il più comune metodo di contabilità che si basa sul concetto generale che ogni operazione aziendale presenta un duplice aspetto di modo che ogni transazione debba essere registrata in (almeno) due conti distinti ma in sezioni contrapposte. Se le due sezioni mi danno lo stesso risultato => contabilità okay! Fra luca pacioli fu il primo a scrivere teoricamente di questo metodo che compari in Italia a fine 1400. La partita doppia permette di registrare contemporaneamente gli aspetti economici e quelli finanziari di ogni operazione che registriamo. Dare (servizi/beni) in una sezione del conto e ricevere (soldi) nell’altra sezione dello stesso conto. Il metodo è così efficiente da essere stato adottato da tutti. L’equazione alla base del sistema passo dopo passo 1. Attività = passività + capitale 2. Attività = passività + capitale + utile (o perdita) => perche il capitale varia 3. Attività = passività + capitale + (ricavo-costi) 4. Attività + costi [dare] = passività + capitale + ricavi [avere] Tutto questo si basa sul concetto di conto: Oggetto fatto a 2 sezioni, a SX DARE e a DX AVERE. Con sopra il nome del conto. Regole alla base: - per ogni transazione bisogna effettuare almeno 1 registrazione in dare e almeno 1 in avere, in modo tale che il totale delle registrazioni in dare sia uguale al totale delle registrazioni in avere - Le registrazioni in dare e avere sono uguali e opposte - Nel libro a tutti gli incassi sono registrati in dare e tutte le uscite sono registrate in avere IL BILANCIO D’ESERCIZIO L’obiettivo della contabilità non è registrate le cose, ma registrarle per comunicarle e a fine anno faccio un bilancio d’esercizio come viene descritto l’andamento dell’anno. La contabilità opera mentre l’azienda lavora, non è che questa si ferma per fare i conti. Il periodo amministrativo (1 anno) è chiamato esercizio, solitamente corrisponde all’anno solare ma non sempre, tipo per le squadre di calcio va da settembre a luglio però sono le aziende che posso più o meno decidere quando iniziarlo => l’attività dell’azienda è suddivisa in più esercizi. 📍Alla fine calcolo: - Risultato finanziario (entrate - uscite) - Risultato economico (ricavi - costi = profitto) - Risultato patrimoniale (rimborso finale - conferimento iniziale) anche se quello vero si calcola quando chiudo l’azienda. Al termine di tutte le attività, una volta concluse tutte le operazioni (chiudo definitivamente l’azienda) i 3 risultati coincidono, ma in itinere assumono valori diversi=> magari incasso più del mio utile. Allora dobbiamo misurare questi aspetti per capire come funziona l’azienda 📍Nel singolo esercizio: (entrate - uscite) è SEMPRE DIVERSO da (ricavi - costi). Perche: 1. Non allineamento tra ciclo monetario e ciclo economico 2. Valori di acquisizione DIVERSO valore di utilizzazione Fattori produttivi Operazioni in corso Il bilancio è redatto secondo il criterio di competenza economica => l’effetto delle operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente e attribuito all’esercizio cui tali operazioni ed eventi si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti di numerario. La difficoltà nel fare il bilancio di esercizio sta nella difficoltà di calcolare la competenza economica. Vediamo che la cassa e la competenza non sono sovrapposte perfettamente=> disallineati. Il ciclo economico prevede che mi arrivino le materie prime, che restano un po’ in magazzino finché non inizia il tempo di produzione, poi inizio a venderle e intanto le tengo in magazzino finché non ho venduto tutto. Invece il ciclo finanziario inizia dopo un po’ dall’arrivo delle materie prime, cioè quando pago i fornitori e fino a quando non incasso i redditi. Possono esserci dei casi in cui i cicli sono invertiti, l’azienda prima vende i soldi e poi vende => le assicurazioni. Ipotizziamo di dover fare un bilancio alla fine dell’anno 3, chiudo i conti e calcolo: -lo stato patrimoniale al 31/12 dell’anno 3 => è un istantanea, un dato ti stock, un valore che cambia in funzione del tempo. -conto economico e rendiconto finanziario che invece sono dati di flusso, ho iniziato a contare dal 1º gennaio, non è un’istantanea del 31 dicembre. Il conto economico -Anche detto conto dei profitti e delle perdite, racchiude tutti i ricavi e i costi che abbiamo registrato durante l’anno=> mi dice se nell’anno ho prodotto ricchezza (troverò guadagno) o consumato ricchezza (troverò una perdita). -Ma fornisce anche una rappresentazione delle operazioni di gestione, mediante una sintesi dei componenti positivi e negativi di reddito che hanno contribuito a determinare il risultato economico. -Tutti i componenti positivi e negativi sono raggruppati in modo da fornire significativi risultati intermedi. Lo rappresento scrivendo: Ricavi netti: definisce la dimensione dell’attività dell’azienda. I proventi della mia attività. Costi variabili: da sottrarre ai ricavi netti. Quanto mi costa quello che ho venduto. Margine di contribuzione: il risultato della sottrazione. Quello con cui devo coprire i costi fissi per arrivare al BEP Costi fissi: li sottraggo al margine => M.O.L Margine operativo lordo (EBIT D/A): ottengo i guadagni prima delle tasse, degli ammortamenti Ammortamenti: li sottraggo al MOL => MON Margine operativo netto Proventi ed oneri: che tolgo al MON => Utile prima delle imposte (EBT) Imposte e tasse => UTILE NETTO (EAT) Quindi il conto economico è espresso in forma scalare, cioè ogni volta si sottrarre. Ammortamento: calcolo per competenza del costo operativo relativo ai beni che abbiamo in azienda. -quando un bene acquistato esprime la sua utilità su più esercizi, il suo conto deve essere suddiviso (pro quota) tra questi esercizi -è l’importo del costo originale di acquisto che viene allocato come costo d’esercizio nel conto economico => è una procedura contabile -d’altra parte, l’importo dell’ammortamento va a diminuire il valore della relativa immobilizzazione -l’aliquota di ammortamento è calcolata tenendo in considerazione la vita utile di utilizzo della relativa immobilizzazione. Es se un oggetto ha una spesa al di sotto di 500€ circa non si mette nemmeno in ammortamento perché è scarsamente significativo => non ci interessa. Es. compro un furgone: Costo del furgone 23.000€ Utilizzo 5 anni Valore presunto di quanto varrà dopo 5 anni: €3.000 Anno 1: ammortamento €4.000. Immobilizzazioni €19.000 (costo che non ho ancora ammortizzato) Anno 2: ammortamento €4.000. Immobilizzazioni €15.000 N.B. L’ammortamento è una procedura contabile. Il valore delle immobilizzazioni non è una valutazione tecnica del valore del bene. Lo stato patrimoniale -Anche lui esce dalla contabilità e ci dice la situa patrimoniale e finanziaria della società (il c.d. capitale di funzionamento). -Nello stato patrimoniale sono indicate le attività, le passività e il patrimonio netto della società alla data di chiusura dell’esercizio (perché è istantanea). -Secondo la normativa nazionale, i componenti dello stato patrimoniale sono esposti in uno schema a sezioni contrapposte, con da un lato le attività e dall’altro passivita&capitale => partita doppia N.B.: capitale = patrimonio netto = equity. ATTIVITÀ suddivise in: - attività IMMOBILIZZATE (è destinato a trasformarsi in cassa più in lá => starà in azienda più tempo) - attività CORRENTI (diventano cassa subito) PASSIVITÀ suddivise in: - PATRIMONIO NETTO (debiti che pago entro l’anno) - passività IMMOBILIZZATE (debiti a medio-lungo) - passività CORRENTI (debiti verso fornitori ) Il TOTALE è il patrimonio netto o capitale e riserve, che comprende il capitale sociale e l’utile netto (non che il conto economico) Posso immaginare le attività e le passibilita come 2 rettangoli di uguali dimensioni, con all’interno altri rettangoli più piccoli per le rispettive suddivisioni. È buona norma che PN e PI sia maggiore di AI. Con questo schema visualizzo le passività come fonti per finanziamenti divise tra proprie (degli azionisti, PN) e di terzi (PI e PC). Invece le attività sono impieghi (AI e AC). => mi da la possibilità di mantenere sempre l’equilibrio prevedendo i “what if” => se facessi più crediti, aumenterebbe l’AC => devo aumentare anche PC. Il rendiconto finanziario Super importante per l’andamento della cassa (delle liquidità) => il FALLIMENTO è un problema finanziario => se non ho soldi per pagare i debitori => chiudo! La cassa sta all’azienda, come l’ossigeno sta a un essere vivente. Si dà inizio all’impresa con un apporto di cassa e, alla fine dell’impresa, tutto ritorna a essere cassa La contabilità tratta numeri oggetti di rettifiche e che possono essere modificati, l’utile anche è una valutazione, invece la cassa è al 100% realtà => i flussi di cassa sono l’unico elemento vero (se ho pagato ho pagato, se non ho pagato non ho pagato) Il rendiconto finanziario È il prospetto contabile che presenta la causa di variazione, positive o negative, dalle disponibilità liquide avvenute in un determinato esercizio Per una rappresentazione più significativa, i movimenti di cassa vengono raggruppati in 3 categorie: 1. Gestione reddituale (flussi di cassa generati dalle operazioni) 2. Attività di investimento (flussi di cassa generati dagli acquisti e dismissioni di immobilizzazioni, cioè se mi rivendo qualcosa) 3. Attività di finanziamento (flussi di cassa generati dalla variazione delle fonti di finanziamento a m/l termine) Questa struttura è molto più comprensibile e chiara di un conto economico in cui bisogna spiegare i relativi costi e incassi secondo competenze, qua invece sono solo messi insieme => non servono rettifiche => il flusso di cassa che ottengo alla fine riconcilia la cassa che avevo all’inizio con quella della fine. PROFITTO E FLUSSI DI CASSA sono i 2 principali paramentra da osservare. ANALISI STATICHE E ANALISI DINAMICHE Quando analizziamo i dati dell’azienda dobbiamo inserire info statiche => ottenere un risultato dinamico (come se mettessi insieme tante foto che alla fine fanno un film). Analisi di bilancio - I dati contenuti nel bilancio devono essere interpretati (fare il bilancio è solo tecnica, interpretarlo è difficile) - Scopo: comprendere lo stato economico, finanziario e patrimoniale e le sue prospettive future. Certo per sapere se un’azienda va bene queste info non bastano però sono importanti. - Facciamo valutazione delle poste di bilancio, di loro aggregati, della loro dinamica, e di indici specifici (ratios) che è possibile calcolare. - Per poter analizzare serve che i dati del bilancio siano organizzati in modo opportuno, come mi è più utile, per evidenziare aspetti piuttosto che altri. - Gli schemi secondo i quali riorganizzare i dati sono predeterminati, sono chiamati riclassificazione - Queste predispongono il bilancio a una lettura critica per consentire: ➡ visione sintetica e organizzata dei valori di bilancio ➡ la loro migliore confrontabilità tra più esercizi => per poterlo fare serve costanza nei criteri di valutazione - ciascuno schema di riclassificazione è funzione degli obiettivi di analisi che voglio raggiungere (evidenzio quello che mi serve). Principali riclassificazioni Per il conto economico abbiamo: A valore aggiunto A costo del venduto A margine di contribuzione Per lo stato patrimoniale: Criterio finanziario ( o della liquidità) Criterio funzionale ( o della pertinenza gestionale) Riclassificazione finanziaria dello stato patrimoniale AI + AC = Attività Totali PN + PI = Capitale Investito PI + PC = Indebitamento Se separo la parte a m/l termine da quella a breve => AC-PC = CCN capitale circolante netto. Attivita Liquide = attivo ricorrenze - rimanenze Margine di Tesoreria = Attività liquide - passivo corrente Riclassificazione a costo del venduto (c.eco) Riclassificazione del CE a valore aggiunto Riclassificazione del conto economico a margine di contribuzione Analisi di bilancio per indici PROFITTABILITÀ ➡ con quale profittabilità (redditività) viene gestita l’impresa. Principalmente derivanti dal CE EFFICIENZA ➡con quale efficienza viene gestita l’impresa. Derivati da CE e SP LIQUIDITÀ ➡ quanto facilmente l’impresa può pagare i suoi debiti. Derivati dallo SP CASH FLOW ➡ la capacità dell’impresa di far fronte agli impegni con il proprio cash flow. Derivati dal RENDICONTO FINANZIARIO INDEBITAMENTO ➡ la relazione tra Patrimonio Netto e Passività Immobilizzate. Derivate da SP INVESTIMENTO ➡ capacità dell’impresa di remunerare gli azionisti o pagare gli interessi. Derivati dal PREZZO DELLE AZIONI e dal CE Per analizzare la profittabilita, un calcolo importante è il R.O.I. -concetto di Return On Investment è alla base della valutazione della profittabilità e si riferisce al calcolo di un investimento. Cioè il ritorno (il risparmio) che ho con un investimento. È anche il punto di partenza per capire se aprire o no un’azienda, quanto guadagno? -per “Return” consideriamo un margine (generalmente ma non necessariamente) derivato dal CE che è funzione del suo “investment” (generalmente ma non necessariamente) derivato dallo SP -è quindi l’ “investment” considerato che definisce quale sia il margine correlato -sulla base del R.O.I. abbiamo una serie di indici di profittabilità: ROTA (return on total assest), ritorno sul totale degli impieghi. Qui quale margine andiamo a prendere? L’ EBIT => non ci interessa come è stato finanziato un investimento, nel calcolare il suo ritorno non prendo in considerazione gli interessi. EBIT / attivo totale (AI+AC) % ROCE (return on capital employed), ritorno sul capitale investito. Uso sempre EBIT perché PN e PI sono finanziate con interessi passivi (?) EBIT / capitale investito (PN+PI) % ROE (return on equity), ritorno sul capitale proprio. Noi che abbiamo finanziato l’azienda quanto ci stiamo guadagnando? Devo capire quanto mi ritorna il mio capitale => come margine scelgo EBT, la quota parte di margine destinata a remunerare il capitale. EBT (o EAT) / capitale proprio (PN) % -esistono anche altri indici che NON si basano sul ROI ROS (return on sale), redditività delle vendite. Mi serve a sapere la mia marginalità sulle vendite e posso confrontarla nel tempo o con i concorrenti. EBIT / vendite (=ricavi di vendite) Gross profit ratio i ricavi meno il prezzo del venduto, sulle vendite. Ogni margine mette in evidenza un aspetto del venduto. Gross profit / vendite Net Profit Ratio indice dell’utile netto. È molto più generico, comprende tutta l’attività dell’azienda ma anche come l’abbiamo finanziata. Se ho usato soldi miei o i debiti, non cambia. Però serve sempre a dare un’idea in euro. EBT / vendite (=ricavi da vendite) Indici di efficienza Ciascun settore industriale ha i suoi. Però ci sono determinati indici che valgono un po per tutti: Tempo medio di incasso dei clienti (giorni). Se incasso tutto immediatamente la mia efficienza è massima. Valore medio crediti vs clienti / vendite giornaliere Tempo medio di pagamento dei fornitori (giorni). Non è detto che pagarli subito sia meglio, talvolta è bene mantenere un po’ di debito (=> mi finanzio) però non deve essere nemmeno troppo alto, altrimenti sarò percepito dai fornitori come un cattivo pagatore Valore medio debiti vs fornitori / acquisti giornalieri Indice di rotazione delle rimanenze, tanto maggiore è l’indice di rotazione, maggiore è l’indice di profittabilità. Più riduco le rimanenze, più sono efficiente. Costo del venduto / valore medio rimanenze Indice di rotazione delle attività , metto in rapporto le vendite con il valor medio delle mie attività totali. Più è alto meglio è = faccio tanti ricavi con poche attività. Le rotazioni devono essere sempre elevate, se cerco di mantenerle alte = vado verso profittabilità Vendite / valore medio attività totali Indici di liquidità Liquidità= quanto facilmente un’azienda riesce a pagare i suoi debiti. -Current ratio (indice di disponibilità) Attività correnti / passività correnti In un’analisi statica abbiamo una sorta di equilibrio => valore indice > 1. Ma va bene anche anche se è >2 -Quick ratio (Acid test, indice di liquidità, indice di tesoreria) Attività correnti - rimanenze finali / passività correnti Anche questo deve essere >1 Indici di cash flow Flusso di cassa= mi dice tutto quello che si muove (per quanto riguarda la cassa) in un’azienda in un determinato periodo. Essendo un flusso e non uno stock è più utile per analizzare le dinamiche aziendali. -Cash flow adequacy Cash flow operativo / investimenti + rimborsi di debiti + dividendi Deve essere >1 ma più cresce più siamo tranquilli. -CCC Cash conversion Cycle (cash to cash cycle; ciclo di conversione della cassa=> quanto ci mette la cassa a riprodursi) CCC=DIO+DSO-DPO DIO= tempo medio odi giacenza in magazzino => pochi giorni DSO= tempo medio di incasso => zero, incasso subito DPO= tempo medio di pagamento => magari 30 giorni (valori per esempio) => indice molto grossolano che mi dice i giorni in cui mi rimane immobilizzata la cassa. Questo valore più è piccolo, meglio è! Magari ho anche un valore negativo => genero cassa! Indici di indebitamento Mi dice quanto un’azienda è indebitata => indebitamento ha 2 caratteristiche: una negativa (ogni tot devo pagare degli interessi, è un’uscita fissa che ingrana l’azienda perché è un vincolo obbligatorio) e una positiva (se prendo soldi da finanziatori terzi, miglioro il mio risultato=> incremento il rendimento avendo un beneficio di mercato, a patto che riescano a pagare i loro debiti=> sennò default) -indice di indebitamento gearing (gearing è la marcia della macchina, perché vai più fast) Passività immobilizzate / capitale investito (PN+PI) È una percentuale, ma sarà sempre diverso dal 100% -debt to equity ratio (D/E) Passività / patrimonio netto Questo invece è un valore, più è basso meglio è. Minimizziamo il rischio è sia una cosa sana che un costo, perché guadagno di meno, mi tengo dei margini maggiori Indici di investimento Come gli investitori (esterni all’azienda), se l’azienda è quotata in borsa, valutano l’azienda (prima di decidere se comprare azioni = pezzetto del capitale dell’azienda) => l’azione mi ripaga quando l’azienda distribuisce dividendi e se aumenta di valore. Ma il dividendo sono soldi che mi ingrano in tasca, invece l’incremento è un valore potenziale che si consolida solo quando vendo. Aspetti che devo calcolare prima di investire: -dividend Yield (rapporto dividendo prezzo) è una % Dividendo per azione ordinaria / prezzo azione Se sul mercato c’è un’azione con un dividen yield molto più alto delle altre => tutti la comprano => sale il prezzo dell’azione => il dividend yield diminuisce finché non diventa come tutti gli altri. Se un’azione è considerata più rischiosa delle altre => deve avere un dividend yield più alto. -total shareholder (TSR) guadagno complessivo dell’azionista (Prezzo di azione - prezzo di acquisto) + dividendi / prezzo azione -dividend core (rapporto copertura dividendi) per calcolare il rischio di un’azione. Utile dopo le tasse e dividendi privilegiati / dividendi ordinari L’utile dopo le tasse e i dividendi, è stato sufficiente a pagare tutti i dividendi? Perché se ho messo da parte un po’ di utile, c’è la faccio. -EPS Earnings per share (utile per azione) è obbligatorio pubblicarlo insieme al bilancio. L’utile per azione è quello che è stato prodotto => quanto utile ha generato ciascuna singola azione. Utile dopo le tasse e i dividendi privilegiati / numero di azioni ordinarie -P/E price on earnings ratio (rapporto prezzo / utili) Prezzo azione / EPS Mi dice, misurato in anni, quanto impiega la società a ricostruire il capitale attraverso l’utile (se utile costante ) => payback period. Più il periodo è breve meglio è. Posso accettarne uno più lungo se il business è particolarmente poco costoso. Se una società ha un P/E più basso delle altre => la comprano => aumenta il prezzo => P/E aumenta => mercato torna all’equilibrio da solo. Limiti dell’analisi per indici Non posso affidarmi ciecamente, devo conoscere i suoi limiti, niente è perfetto. Contesto: gli indici devono essere utilizzati all’interno di un contesto (es. medesimo settore industriale, non posso confrontare gli indici di un’azienda informatica con un ristorante) Valore assoluto: gli indici non danno indicazione circa la dimensione del risultato (magari ho guadagnato il 100%, ma se è poco, è insignificante) Corrispondenza dei valori valutati: bisogna essere sicuri di confrontare valori che siano comparabili, considerando differenze di contabilizzazione o di valutazione (io estraggo valori dai bilanci per fare indici, ma i valori dei diversi bilanci devono essere calcolati con gli stessi criteri di valutazione) Comparazione internazionale: se avessimo tutti gli stessi criteri, potremmo confrontare imprese situate in paesi differenti => ma finché non avranno tutti gli stessi criteri, sarà difficile. Un limite del bilancio è che nonostante venga chiuso a dicembre, è disponibile verso aprile/maggio => uso conto di gestione per avere risultati più immediati (i 2 devono concordare obv). Gestire un’azienda L’elemento chiave è la contabilità dei costi: Quale è l’importanza di calcolare e tenere sotto controllo i costi? Mi aiuta a essere efficiente = spendere il meno possibile => soldi che mi ritroverò tra gli utili => profitto maggiore. Se sono capace di controllare il costo e fare in modo che sia tanto inferiore del prezzo di vendita, tutta la differenza è profitto. Il prezzo di vendita non posso sceglierlo totalmente io, me lo “impone” il mercato, ma i costi sono sotto il mio controllo => se li controllo in modo sistematico, mi assicuro il profitto. I costi non devono mai superare il prezzo => perdo. Ma non è sempre semplice calcolare tutti i costi, soprattutto nel caso in cui io venda beni disparati (es. supermercato), posso pensare di applicare lo stesso marc up (?) a tutti i prodotti ma non avrebbe senso, perché starei dicendo che il prezzo del prodotto è dato solo dal suo costo, invece: - I prodotti da banco sono venduti da una commessa - I prodotti nello scaffale no - I prodotti nel congelatore consumano energia - Devo considerare gli sprechi Nella realtà è facile che sommando tutti i costi, questi superino il prezzo. => l’impresa deve coprire tutti i costi con il prezzo di vendita per poter registrare un utile. RICAVI - COSTI = UTILE Ma non è necessario registrare un utile per ciascun prodotto venduto. Stabilisco dei prezzi civetta che attirano l’attenzione, tanto poi i clienti spenderanno anche per altro. Che differenza c’è tra prezzo di acquisto e costo? Costo: il valore monetario del consumo (se non è stato consumato non è un costo) di una risorsa. Risorsa: potrebbe essere un'immobilizzazione, un materiale, un servizio, il tempo, un’opportunità persa, eccetera. Possiamo distinguere i costi per natura (materiali, servizi, personale, affitti e noleggi ecc), ma esistono ulteriori categorizzazioni di costi che è opportuno conoscere per poter comprendere e gestire i costi: Costi variabili o fissi Sunk costs (costi irrecuperabili) Costo opportunità Costi diretti e indiretti Costi controllabili e non Costi di prodotto e di periodo E nel riuscire a distinguere queste categorie che sta la capacità di tenere i costi sotto controllo. Costi variabili e fissi La differenza sta nel comportamento dei costi, in funzione del cambiamento del volume dell’attività. Variabile: aumenta all’aumentare della produzione e viceversa, (La farina in una pizzeria) indipendente dalla nostra volontà. Identifico un cost driver: determinante della variabilità, mi spiega come aumenta o diminuisce il costo in relazione all’attività. Fisso: indipendente dal volume di produzione, il che non vuol dire che non possa cambiare, ma non lo fa in modo automatico, sono io che decido (la pubblicità non aumenta da solo, ma io posso scegliere di cambiarla) Caratteristiche: Regola dei costi variabili: piu produci più spendi => all’aumentare della produzione aumenta il costo totale, ma il costo unitario rimane costante (se stabilisco 100g di farina per 1 pizza, e ne produco 1000, compro più farina ma per 1 pizza me ne servono sempre 100g) Regola dei costi fissi: spendi lo stesso indipendentemente da quanto produci => all’aumentare della produzione il costo totale è costante ma il costo unitario decresce. Sunk costs O costi già spesi, passati. Sono quello incorsi nel passato che non cambiano, indipendentemente dalle decisioni prese o dai cambiamenti di attività. Costo opportunità È il valore di un beneficio potenziale perso nella scelta di una determinata alternativa. Es ho uno spazio vuoto dove o parcheggio io o lo affitto x ricavarci 1000€ al mese, se decido di parcheggiarci io => sto perdendo quei 1000€. Costi diretti e indiretti La distinzione dipende dal nostro pov, è utile quando mi focalizzo su sottoinsiemi. Sono funzione di quello che sto misurando (prodotto, commessa, attività, reparto). Se cambio oggetto di misurazione, cambia la classificazione. Diretto: quando può essere attribuito direttamente a un oggetto di misurazione. Indiretto: quando è comune a più oggetti di misurazione e non può essere attribuito direttamente (anche detti costi comuni). La medesima voce di costi può essere considerata diretta ai fini di una specifica misurazione e invece indiretta per un’altra. Allocazione dei costi: okay che un costo indiretto è attribuito a più reparti, ma quanto incide su ciascuno. Quando si deve calcolare il costo di uno specifico oggetto di misurazione (costo di un prodotto, costo di una commessa, costo di un reparto) occorre calcolare tutti i costi a esso riferibili. Si andranno a sommare: 1. Costi diretti 2. Una quota parte di costi indiretti => allocazione dei costi indiretti. (Es se vai a cena fuori, 2 prendono la pizza, 1 prende pesce => nel conto non puoi fare alla romana perche chi ha preso la pizza non può pagare tanto quanto chi ha preso il pesce) Se il criterio di allocazione non è corretto, il costo non sta ripagando la risorsa. Costi controllabili e non controllabili Il discriminante è la capacità del manager di controllare o meno quel costo, in relazione alla effettiva capacità di un manager di influire su quella voce di costo. Controllabili: sono i costi che un determinato manager è in grado di influenzare con le sue decisioni (e per i quali potrà essere chiamato ad essere responsabile) Non controllabili: che un determinato manager non è in

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