Dolcificanti e Fibre PDF
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This document provides information on sweeteners and dietary fiber, including their functions, types, effects, and potential health implications. It discusses various types of sweeteners and their properties, such as intensiveness and stability. The text also highlights the importance of dietary fiber and its various roles in the human diet.
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DOLCIFICANTI I dolcificanti sono un’alternativa alla consumazione di zuccheri semplici. Essi hanno solitamente un potere dolcificante molto maggiore a quello degli zuccheri semplici come il glucosio, il saccarosio e il fruttosio, che permette la loro aggiunta in piccolissime quantità senza raggiunge...
DOLCIFICANTI I dolcificanti sono un’alternativa alla consumazione di zuccheri semplici. Essi hanno solitamente un potere dolcificante molto maggiore a quello degli zuccheri semplici come il glucosio, il saccarosio e il fruttosio, che permette la loro aggiunta in piccolissime quantità senza raggiungere un apporto calorico significativo. Infatti, se il saccarosio ha un potere dolcificante del 100%, il fruttosio ha un potere dolcificante un po’ maggiore (173%) mentre la saccarina ha un potere dolcificante che è 500 volte superiore a quello del saccarosio (550.000%). Il fato he hanno potere dolcificante magiore saccarosio I dolcificanti sono considerati ADDITIVI ALIMENTARI utilizzati: - per conferire un gusto dolce ai prodotti alimentari - come edulcoranti da tavola. Sono sostanze soggette a regolamentazione la cui sicurezza deve essere valutata prima dell'immissione in commercio. Nell'Unione europea (UE) sono la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo che disciplinano l'uso degli additivi alimentari; Tutti gli additivi alimentari sono riportati nell'elenco degli ingredienti sulle etichette dei prodotti, che devono indicare sia la funzione dell’additivo alimentare nell’alimento finito (ossia nel dolcificante), sia la sostanza specifica usata, utilizzando il riferimento al relativo codice E o alla sua denominazione. DOLCIFICANTI INTENSIVI Per dolcificanti INTENSIVI si intendono sostanze che presentano un alto potere edulcorante, spesso superiore centinaia di volte a quello relativo al saccarosio. Gli edulcoranti intensivi di maggior impiego in Italia sono saccarina, aspartame, acesulfame, ciclammati, stevia e sucralosio. Sostituire il saccarosio con i dolcificanti sintetici può essere utile per: Diabetici Persone con eccesso ponderale Prevenire la carie (es. xilitolo) Come per la maggior parte degli additivi alimentari, l’abuso può provocare danni all’organismo, pertanto è consigliabile non superare la Dose Giornaliera Ammissibile (DGA), cioè la quantità, calcolata in funzione del peso corporeo, che si può assumere quotidianamente senza rischio per la salute DGA (calcolata in mg di sostanza/kg di peso corporeo/die) = quantità massima di dolcificante che può essere assunto con sicurezza nelle 24 ore ed è calcolata in base a criteri restrittivi. È di solito di molto inferiore al dosaggio massimo che nell'uomo non produce alcun effetto significativo. Il calcolo della quantità di dolcificante assunto nel corso della giornata deve essere fatto tenendo presente di tutte le fonti di ingestione di quel tipo di edulcorante. Vengono solitamente utilizzate per tutti quei prodotti “light”. Le bevande analcoliche light disponibili sul mercato contengono acesulfame, ciclammato, aspartame, saccarina, da soli o in combinazione. Una donna di 50 chili dovrebbe bere tutti i giorni un litro di una di queste bevande per raggiungere il 70% della DGA per l’acesulfame o per il ciclammato. Nel caso invece di un bambino di 25 chili, la DGA è dimezzata e basta quindi mezzo litro di bevanda analcolica light (tre bicchieri) per raggiungere il 70% della DGA. ASPARTAME - Scoperto nel 1965, è un additivo alimentare 200 volte più dolce del saccarosio con qualità organolettiche simili. - L’aspartame è costituito da due aminoacidi naturali: acido aspartico e fenilalanina. - Nell’intestino viene degradato ad acido aspartico e fenilalanina (digestione molto rapida e completa). - Fornisce un modesto apporto calorico (4 Kcal/g), trascurabile visto il suo alto potere dolcificante. - Per la sua instabilità chimica, non può essere utilizzato nelle soluzioni acide o in alimenti sottoposti a cotture con elevate temperature (forno e fritture) - Dà possibili reattività crociate con i sulfamidici (Bactrim, Eusaprim, Chemitrim, Gantrim) e possibili effetti collaterali: angioedema, orticaria. - A dosi superiori 30 mg/Kg, può causare un aumento dei casi di cefalea - Gli esperti dell’EFSA hanno escluso il potenziale rischio di: causare danni genetici indurre il cancro causare danni al cervello effetti sul comportamento, come l’iperattività - L’assunzione di aspartame (contenendo l’amminoacido fenilalanina) è controindicata nei pazienti affetti da fenilchetonuria. La fenilalanina è un aminoacido aromatico, contenuto in molte proteine animali e vegetali, che nell’organismo viene utilizzato per la sintesi della tiroxina e delle catecolamine. Un accumulo della fenilalanina nell’organismo, per cause metaboliche, causa la fenilchetonuria (PKU). Fenilchetonuria = rappresenta la più comune malattie ereditaria del metabolismo degli amminoacidi. A causa di una deficienza dell’enzima fenilalanina idrossilasi la fenilalanina non può essere metabolizzata e si accumula nei liquidi corporei. Un accumulo di fenilalanina può causare ritardo mentale con varie manifestazioni neurologiche (ipercinesia, epilessia, alterazioni del comportamento e varie disabilità intellettive). L’unica cura è una dieta povera di fenilalanina. Questa patologia, viene diagnosticata con uno screening neonatale eseguito subito dopo la nascita su un campione di sangue prelevato dal tallone (test di Guthrie). Obbligo di indicare l’aspartame in etichettatura!!! CICLAMATO - Il ciclamato è anche chiamato sale sodico o calcico dell’acido cicloesilsulfamidico. - È impiegato da oltre 30 anni nella preparazione di cibi dietetici e soft drinks. - Ha un potere dolcificante 50 volte superiore al saccarosio - È spesso associato alla saccarina per coprirne il retrogusto amaro - I ciclamati sono eliminati principalmente dal rene e in misura minore dall’intestino - È presente sia in compresse che in soluzioni acquose - È sconsigliato nei regimi iposodici - Il 30% viene metabolizzato in cicloesamina, metabolita che può provocare cancro nella vescica dei ratti. Per tale motivo, l’uso dei ciclammati è stato limitato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Anche la Comunità europea, tramite il comitato scientifico sugli alimenti li ha sottoposti a revisione ed ha deciso di abbassare la DGA a 7 mg/kg di peso corporeo, proponendo inoltre una riduzione dell’uso di ciclammati sia bandendoli da alcuni prodotti alimentari, quali gomma da masticare e microconfetteria per rinfrescare l’alito, sia riducendone la quantità ammissibile nell’edulcorazione di bevande analcoliche (da 400 a 350 mg/L) - I ciclamati possono inoltre causare: dermatite, prurito, eczema e fotosensibilizzazione. SACCARINA - Scoperta nel 1879, ha un potere dolcificante 300-500 volte superiore al saccarosio. - È una sostanza chimicamente stabile quindi può essere impiegata in bevande e in cibi sottoposti a cottura. - Si presenta come una polvere bianca cristallina, inodore con un retrogusto metallico (fattore limitante il consumo). In commercio si trova essenzialmente impiegata nella formulazione di bustine impiegate come sostituti del saccarosio, spesso associata ad altri dolcificanti come fruttosio e polialcoli - La saccarina non viene metabolizzata dall’organismo e viene eliminata principalmente con le urine. - Dà sensibilità crociata con i sulfamidici (soggetti allergici ai sulfamidici non dovrebbero utilizzarla) - L’uso della saccarina è approvato dalla FDA degli Stati Uniti e dall’ EFSA. - L’American Medical Association raccomanda di limitarne l’uso nei bambini e nelle donne in stato di gravidanza. - Alcuni studi hanno evidenziato che la saccarina nel ratto, somministrata in dosi superiori all’ 1% in peso, può provocare cancro alla vescica. Altri studi hanno dimostrato che i meccanismi che provocano la comparsa del tumore nel ratto non possono essere applicati alla nostra fisiologia, evidenziando che non vi sono, nell’uomo, correlazioni dirette di comparsa del tumore e assunzione di saccarina. ACESULFAME POTASSICO - È un dolcificante sintetico - Ha un potere dolcificante circa 200 volte superiore al saccarosio e non possiede retrogusto amaro. - È stabile in soluzioni acide e ad elevate temperature: può essere, quindi, utilizzato in cibi che vanno cotti. - Non essendo metabolizzato dall'organismo non fornisce calorie e viene escreto immodificato nelle urine - È acariogeno SUCRALOSIO - Membro recente della famiglia dei dolcificanti (saccarosio più molecole atomi di cloro) - È 600 volte più dolce del saccarosio - È termostabile - Sembra più innocuo di aspartame e saccarina - Il sucralosio è stato accettato da vari organismi regolatori con competenze sulla sicurezza alimentare a livello nazionale e internazionale, tra cui il U.S. Food and Drug Administration (FDA), The European Union's Scientific Committee on Food. - Il DGA per il sucralosio è 15 mg/kg STEVIA - Dolcificante naturale estratto dalla pianta stevia rebaudiana - È 300 volte più dolce del saccarosio. - In Europa la sua commercializzazione è stata autorizzata nel 2011, dopo che l’EFSA ha stabilito che non è né cancerogena né tossica. - A luglio 2012 è stata autorizzata la produzione e la vendita di stevia nell'Unione Europea come dolcificante alimentare (estratti di stevia -glicosidi steviolici- da usare come dolcificante). TAUMATINA - Proteina contenuta nei frutti di una pianta africana, Thaumatococcus daniellii - È prodotta per via biotecnologica - Il suo principio dolcificante è costituito da un gruppo di proteine le cui principali, la Taumatina I e la Taumatina II, hanno un potere edulcorante elevatissimo (2000-3000 volte quello del saccarosio) che permette di utilizzarle a dosaggi limitatissimi, con apporto calorico quasi nullo. - Non è stata stabilita la DGA - Non è tossica DOLCIFICANTI SOSTITUTIVI O DI MASSA O POLIALCOLI Si trovano in natura in frutta e verdura, però industrialmente si preparano con lo scopo di: aumentare la stabilità chimica e l’affinità per l’acqua diminuire la tendenza alla cristallizzazione ottenere la non cariogenicità Industrialmente si ottengono dagli zuccheri per idrogenazione catalitica. Il loro potere edulcorante è, in genere, solo leggermente più basso rispetto allo zucchero da tavola (saccarosio) e contengono poco più della metà delle sue calorie I polioli hanno, però, il vantaggio tecnologico rispetto agli edulcoranti intensivi di dare CONSISTENZA ai prodotti finiti. Sono presenti in gomme e caramelle “senza zucchero” e non vengono utilizzati nelle bevande. Oltre che nei prodotti alimentari senza zucchero, i polioli sono presenti in numerosi medicinali (sciroppi, sospensioni, pastiglie per la gola) e nei dentifrici. I principali dolcificanti, appartenenti a questo gruppo, sono: mannitolo, sciroppo di glucosio, maltitolo, sorbitolo, xilitolo. Il metabolismo dei polialcoli è indipendente dall’insulina; sono quindi indicati nei diabetici. L’aspetto negativo è l’effetto lassativo causato dal rallentato assorbimento e conseguente ristagno intestinale. I polialcoli hanno infatti un assorbimento lento cui consegue la rallentata metabolizzazione e una minor resa calorica rispetto agli zuccheri (2,8 kcal/g). XILITOLO - Lo xilitolo è un polialcol a 5 atomi di carbonio, abbondante nel mondo vegetale. - Ha potere edulcorante pari a quello del saccarosio. - Viene generalmente impiegato nella formulazione di prodotti per l'igiene e la salute dei denti, grazie alla completa acariogenicità - Non viene fermentato dalla flora batterica ma a lungo termine seleziona un tipo di flora batterica meno cariogena. Ciò avviene in modo significativo se lo xilitolo è presente in quantità sufficiente, cioè circa il 30% in peso delle gomma da masticare. - È spesso combinato ad altri polioli: sorbitolo/mannitolo/maltitolo/isomalto. SORBITOLO - Il sorbitolo ha un potere edulcorante inferiore al saccarosio e generalmente non viene utilizzato da solo, ma in associazione alla saccarina per mascherarne il retrogusto metallico. - Essendo scarsamente assorbito dal tratto digerente, risulta ipocalorico pur avendo le stesse calorie per grammo del saccarosio. - Come il mannitolo possiede una bassa cariogenicità e presenta effetti lassativi (alla dose di 50 g/die). - Per il suo effetto lassativo va utilizzato con moderazione. - È anche un conservante: assorbe l’umidità MANNITOLO - Il mannitolo, a causa dello scarso potere edulcorante, è generalmente utilizzato per lo più per gli effetti lassativi. - È poco assorbito e l'effetto lassativo si manifesta con dosi di 10-20 g In alcuni modelli sperimentali in vitro o l'impiego di dolcificanti, attraverso la loro interazione con i recettori per il gusto dolce, si è rivelato in grado di indurre una secrezione insulinica con la possibile conseguenza di: - modificazioni della glicemia - dell'apporto di cibo - della risposta metabolica ad alimenti contenenti carboidrati. Ciò spiega i risultati degli studi di epidemiologia osservazionale che non hanno sempre rilevato effetti favorevoli (e talvolta ne hanno rivelati di sfavorevoli) associati all'uso dei dolcificanti sul peso corporeo o su parametri glicometabolici. Per altri studi il consumo di dolcificanti acalorici non correla con la risposta glicemia e insulinemica postprandiale. Per quanto riguarda le normative vigenti in Europa, l’EFSA ha dal 211 approvato soltanto 2 claim di salute relativi agli edulcoranti: 1) L'assunzione di alimenti/bevande contenenti [nome del sostituto dello zucchero x], contribuisce al mantenimento della mineralizzazione dei denti rispetto agli stessi alimenti/bevande contenenti zucchero x 2) L'assunzione di alimenti/bevande contenenti [nome del sostituto dello zucchero x], induce un minore aumento del glucosio ematico dopo la loro assunzione rispetto agli stessi alimenti/bevande contenenti zucchero x FIBRE ALIMENTARI Fin dagli anni ’50 del ‘900 si introdussero le prime definizioni di “fibra alimentare” 1953: Hipsley introdusse il concetto di fibra alimentare nel significato di “insieme dei costituenti delle pareti cellulari vegetali, non digeribili dall’uomo”. 1972: Trowell e Burkitt formularono l’ipotesi di una fibra alimentare positiva per lo stato di salute dell’uomo e in grado di prevenire alcune malattie intestinali; definita come “insieme dei componenti strutturali delle cellule vegetali che sono resistenti all’azione degli enzimi digestivi umani”. 1976: revisione di questa definizione dopo la scoperta che anche le mucillagini e i polisaccaridi di riserva non sono idrolizzabili dagli enzimi umani. 1984: “materiale vegetale edibile”, non idrolizzabile dagli enzimi endogeni del tratto gastro-intestinale umano. 2000: proposta di inserire nella definizione anche polisaccaridi nati come additivi alimentari e altre sostanze di origine animale ( es. chitosano). Nel 2010 l’EFSA coniò la definizione di “fibra alimentare” attualmente in uso: Carboidrati non digeribili (da parte dell’intestino tenue umano) più la lignina, compresi i polisaccaridi non amidacei-cellulosa, emicellulose, pectine, idrocolloidi (gomme, mucillaggini, betaglucani), gli oligosaccaridi esistenti– frutto-oligosaccaridi (FOS), galatto-oligosaccaridi (GOS), altri oligosaccaridi, gli amidi resistenti (principalmente amidi incapsulati), alcuni tipi di granuli di amido, amilosio retrogradato (caratteristico del pane raffermo per perdita di acqua, n.d.r.), amidi modificati chimicamente e/o fisicamente e la lignina associata alle fibre alimentari polisaccaridiche. La fibra alimentare è, quindi, la PARTE DI ALIMENTI VEGETALI CHE IL NOSTRO ORGANISMO NON È IN GRADO DI ASSIMILARE perché mancano nel nostro apparato digerente gli enzimi per digerirla (es. cellulasi). Inoltre, NON hanno ALCUN CONTENUTO ENERGETICO. La composizione chimica della fibra si basa su polisaccaridi con strutture chimiche diverse tra loro, solitamente caratterizzate da catene lineari principali a cui si aggiungono catene laterali che formano ramificazioni. Sono contenute in: Frutta e verdura (cellulosa, emicellulosa, lignina e pectine) Cereali (cellulosa, emicellulosa, lignina) Noci e semi (cellulosa, emicellulosa, pectine, mucillagine) Legumi e frutta in guscio Attualmente convivono molte definizioni di fibra: Fibra alimentare o dietetica = lignina, carboidrati indigeribili, intrinseci agli alimenti (soprattutto di origine vegetale) Fibra aggiunta = carboidrati indigeribili isolati dalla matrice naturale (di origine vegetale ma anche di origine animale) che abbiano effetti dimostrati benefici sulla salute dell’uomo che vengono addizionati agli alimenti Fibra totale = somma della fibra alimentare e aggiunta I metodi per la determinazione della fibra alimentare sono: A. METODI ENZIMATICO-GRAVIMETRICI = simulano la realtà fisiologica: - allontanano, grazie all’idrolisi con opportuni enzimi, tutti i componenti presumibilmente digeriti a livello gastrico e intestinale (amido, proteine e grassi) - raccolgono un residuo, valutato per pesata e corretto per il contenuto in proteine e ceneri, che rappresenta la parte indigeribile dell’alimento che raggiunge l’intestino crasso B. METODI ENZIMATICO-CHIMICI = dosano e caratterizzano chimicamente il contenuto in carboidrati del residuo ottenuto dopo allontanamento e/o idrolisi enzimatica dei carboidrati disponibili Importante per lo studio sui loro effetti è usare sia fibre purificate che cibi ricchi in fibre. PROPRIETÀ E CARATTERISTICHE DELLE FIBRE ALIMENTARI Le proprietà fisiche e chimiche delle fibre alimentari sono responsabili delle caratteristiche che fanno assumere con la dieta le fibre alimentari. Queste sono: Solubilità o insolubilità in acqua Capacità di trattenere acqua Viscosità e capacità di generare una sorta di “gel” all’interno del lume del canale alimentare Capacità di scambiare cationi e agevolare l’assorbimento di certi minerali nella dieta Capacità di fermentare e dare origine a prodotti metabolici quali: metano, acido acetico, butirrico, propionico che sono parzialmente assorbiti Le conseguenze a livello del nostro organismo di 3 caratteristiche delle fibre sono: CLASSIFICAZIONE DELLE FIBRE ALIMENTARI Classifichiamo i tipi di fibre alimentari in: 1) AMIDO RESISTENTE Sono fibre solubili che si risuddividono in 4 principali categorie: - AR1: amido inaccessibile - AR2: amido granulare - AR3: amido retrogradato - AR4: amido modificato 2) POLISACCARIDI NON AMIDACEI Racchiude la maggior parte delle fibre alimentari. I polisaccaridi non amidacei si risuddividono in: insolubili: cellulosa, lignine, mannani lineari solubili: arabinoxilani, xiloglucani, galattomannani, glucomannani, pectine e gomme 3) OLIGOSACCARIDI RESISTENTI Sono fibre solubili di cui fanno parte: frutto-oligosaccaridi FOS, tra cui l’inulina galatto-oligosaccaridi GOS xilo-oligosaccaridi AMIDO RESISTENTE L’amido resistente è la quantità totale di amido e i prodotti della degradazione dell’amido che resistono alla digestione nell’intestino tenue di soggetti sani. POLISACCARIDI NON AMIDACEI Sono tutti i polisaccaridi vegetali diversi dall’amido. Sono polisaccaridi complessi contenenti più di 100.000 unità di monosaccaridi uniti tramite legami beta- glicosidici. Per la presenza di questi tipi di legami (beta) non possono essere idrolizzati dagli enzimi endogeni dell’uomo: l’uomo non possiede nel corredo enzimatico del sistema digestivo gli enzimi in grado di scindere il legame beta-glicosidico, mentre possiede quelli in grado di idrolizzare il legame alfa- glicosidico (alfa-amilasi). È per questo che questi polisaccaridi vegetali non sono utilizzabili come alimenti con valore energetico ma solamente come fibre. Sono componenti chiave della parete cellulare di diversi cereali e ricoprono una grande varietà di funzioni biologiche e strutture chimiche. Nella pianta da cui sono presi hanno: Essi possono essere solubili o insolubili in acqua e ciò conferisce alla fibra particolari attività e caratteristiche: I polisaccaridi non si trovano tutti nelle stesse componenti vegetali, alcuni sono presenti più in certi alimenti rispetto ad altri: CELLULOSA La cellulosa è il componente principale delle cellule delle piante e costituisce circa il 50% in peso del legno e delle radici, mentre il restante 50% è costituito da emicellulose e lignina. Polimero lineare formata da unità strutturali di cellobiosio che si ripetono una dopo l’altra. Questo è un disaccaride formato da molecole di D-glucosio collegate con un legame beta-(1,4). Fonte alimentare: ubiquitaria negli alimenti che assumiamo. Si trova nella crusca dei cereali ma anche in frutta e verdura. EFFETTI: trattiene acqua nel lume intestinale, aumenta il volume e il peso delle feci e aumenta il transito intestinale EMICELLULOSA Famiglia eterogenea di composti a struttura ramificata e costituiti da: catene lineari di D-glucosio unite da legami beta-(1,4) residui laterali di xilosio e arabinosio, che danno vita a ramificazioni Fonte alimentare: cereali (crusca e avena) e patate Sono noti 5 tipi di emicellulose: - xilani - mannani - glucomannani - xiloglucani - beta glucani EFFETTI: promuovono i movimenti regolari dell’intestino aumentando l’idratazione delle feci. Alcune si legano direttamente al colesterolo presente nell’intestino, riducendone l’assimilazione e l’assorbimento. I batteri dell’intestino le digeriscono, creando acidi grassi a catena corta, utilizzati dalle cellule del colon come combustibile. BETA-GLUCANI Sono composti al limite tra emicellulose e gomme. Sono formati da lunghe catene di unità di glucosio collegate tra loro da legami beta-(1,4) e beta-(1,3). Quelli contenuto nella CRUSCA d’AVENA sono i meglio conosciuti. Sono fibre solubili non gasogene (che non fermentano) che formano soluzioni viscose (es. porridge ottenuto da avena decorticata). Possono venire concentrati tramite processi fisici di lavorazione della crusca d’avena. EFFETTI: Il beta-glucano dell’avena protegge da malattie cardiache, abbassando il livello del colesterolo ematico. Ostacola, infatti, il riassorbimento di colesterolo nell’intestino tenue insieme agli acidi biliari grazie alla sua elevata viscosità. Inoltre, porta a una riduzione dell’indice glicemico di un dato cibo. Nella crusca d’avena, oltre alle fibre, sono presenti anche carboidrati complessi a basso IG. PECTINE Polisaccaridi formati da catene prevalentemente lineari di acidi galatturonici spesso esterificati, uniti da legame alfa-(1,4) (non vengono idrolizzate perché non abbiamo pectinasi). Si trovano spesso sotto forma di Sali di calcio e di magnesio. Si trovano nelle pareti delle cellule delle piante, come pure nella buccia di frutta e verdura. Sono abbondanti nella frutta (soprattutto nei frutti di bosco). Cibi che le contengono sono: buccia arancia (30%), buccia mela (15%), pelle cipolla (12%). Sono solubili in acqua calda e gelificano dopo raffreddamento. Per questo hanno azione anti-colesterolemica e legano i sali biliari. Sempre per questo sono utilizzate nell’industria delle conserve e dei succhi di frutta. GOMME E MUCILLAGINI Si ottengono per ferite o spontanea lacerazione superficiale dei tessuti esterni protettivi dei vegetali. Sono ricche di polisaccaridi, quali pentosi, esosi e acidi uronici, con caratteristiche addensanti e adesive. Generalmente si trovano nello strato più interno di cereali, legumi, noci e semi. Sono molto solubili in acqua e hanno alta viscosità. La gomma di guar, una mucillagine, si trova nella maggior parte dei legumi ed è la mucillagine vegetale più studiata. È Usata come: - Stabilizzante - Addensante - Agente sigillante nella produzione di formaggio, salse per insalate, gelati, minestre, dentifrici, gel farmaceutici, creme per la pelle, compresse - Lassativo Altre mucillagini sono presenti come rivestimento dei semi di psillio. Essi sono utili per abbassare il colesterolo totale, le LDL e l’indice glicemico. Hanno, inoltre, un effetto lassativo POLISACCARIDI DI ALGHE MARINE I polisaccaridi di alghe marine sono solitamente utilizzati per uso alimentare come riempitivo nelle diete dimagranti. Sono cibo di largo consumo in India, Giappone, Irlanda e Inghilterra. Sono ricche di sali minerali e vitamine. Sono suddivisi in due principali gruppi: 1) POLISACCARIDI DI ALGHE ROSSE (rhodophyceae) Carragenina elevata viscosità Agar - Agar formato da catene lineari di estere solforico di galattano, assorbe acqua e forma gel anche a bassa concentrazione. Nell’industria alimentare è usato come gelificante per gelati, dolci, formaggi molli, gelatine di frutta. 2) POLISACCARIDI DI ALGHE BRUNE (phaeophyceae) Acido alginico polisaccaride costituito da molecole di acido mannuronico unite da legami beta-(1,4). È estratto da alghe brune per macerazione dei vegetali a caldo. È poco solubile in acqua (solubili sotto forma di sale di Na), per niente in alcool e etere. È utilizzato come stabilizzante nei gelati e nei formaggi (aggiunti a caldo). OLIGOSACCARIDI RESISTENTI Gli oligosaccaridi sono carboidrati a catena corta (3-9 unità di monomeri). Gli oligosaccaridi resistenti sono oligosaccaridi che non vengono idrolizzati da enzimi endogeni dell’intestino tenue umano. Sono solubili in acqua. Sono: FOS (FRUTTO-OLIGOSACCARIDI) = inulina, oligofruttosio, sc-FOS GOS (GALATTO-OLIGOSACCARIDI) = latte materno, prodotto da lattosio con trattamento enzimatico XILO-OLIGOSACCARIDI FOS = sono brevi catene corte di fruttosio presenti in molti vegetali. Nel lume intestinale danno origine a prodotti di fermentazione soprattutto da parte di bifidobacterium e di lactobacillus, responsabili del: - Meccanismo anticancerogeno gli acidi grassi a catena corta (scfa) prodotti dalla fermentazione, come il butirrato, hanno dimostrato di favorire l’apoptosi e di inibire l’attivazione delle CDK (cyclin- dependent-chinase), inibendo la crescita cellulare in cellule di tumore del colon retto. Studi epidemiologici hanno associato bassi livelli di scfa a maggior incidenza del carcinoma del colon retto. - Leggero abbassamento del pH per la prevenzione della poliferazione di batteri patogeni e tossine Per questo si dice che essi hanno azione PREBIOTICA: la loro attività è volta a mantenere un probiota, e quindi un intero organismo, in salute. I criteri per la classificazione di una sostanza quale prebiotico sono: 1. deve resistere all'acidità gastrica, all'idrolisi da parte degli enzimi umani e all'assorbimento gastrointestinale 2. deve essere prontamente fermentata dal microbiota intestinale 3. deve selettivamente stimolare la crescita e l'attività di batteri intestinali (tra cui bifidobacterium e lactobacillus) associati a effetti salutari Possiamo dire che i prebiotici fanno parte delle fibre alimentari (soprattutto FOS, GOS, inulina, amido resistente, pectine e gomme). NB: non tutte le fibre sono prebiotiche, però! MICROBIOTA DEL COLON: Il colon umano contiene una densa popolazione di batteri che supera numericamente di ben 10 volte le stesse cellule umane: Bacteroidetes, Firmicutes e Actinobacteria sono i 3 phyla maggiori. Essi possiedono un’immensa quantità di enzimi in grado di degradare substrati alimentari complessi, quali le fibre alimentari. La costituzione del microbiota intestinale è molto personale e legato a diversi fattori come il tipo di parto, di allattamento ma anche dal tipo di alimentazione. A seconda del tipo di fibre che viene assunto si può avere una distribuzione % diversa delle varie popolazioni del microbiota intestinale. CORRELAZIONE TRA FIBRA, ACIDI GRASSI A CORTA CATENA E OSPITE: la correlazione tra questi 3 elementi è molto stretta e complessa. Riguarda la capacità di acidi a corta catena di legarsi a recettori di membrana sia di cellule endocrine della parete intestinale sia dei colonociti, impattando sull’attività secretoria di queste cellule. Gli acidi grassi a corta catena: - stimolano la liberazione da parte delle cellule di sostanze come il PYY e il GLP, che sono modulatori alimentari che migliorano la risposta dell’insulina al picco glicemico postprandiale ma anche lavanolavorano su aree centrali che danno senso di sazietà. - stimolano la risposta immunitaria del nostro intestino: il tessuto linfoide a livello del tratto GI è molto importante e una delle prime barriere contro il passaggio di microrganismi patogeni. attivano, inoltre, citochine infiammatorie, migliorando la risposta immunitaria intestinale - facilitano alcune comunicazioni metaboliche tra fegato e tessuto adiposo. Per tutte queste importanti attività che svolgono, ci sono in commercio veri e propri nutraceutici, estratti concentrati di queste fibre che possono essere confezionati come farmaci a scopo curativo/preventivo. Un importante FOS è l’INULINA. È un polimero del fruttosio (< 100 unità) in cui le singole unità di fruttosio sono unite da legame legame (2-1) glucosidico. Si scioglie in acqua come colloide Fonte alimentare: tuberi e radici di cicoria, topinambur, tarassaco, carciofi, porri, cipolla, asparagi. Attraverso i prodotti della sua fermentazione da parte del Bifidobacterium, inibisce lo sviluppo degli ACF (aberrant crypt foci), considerati lesioni precancerose. EFFETTI FISIOLOGICI DELLA FIBRA ALIMENTARE SULL’APPARATO DIGERENTE Gli effetti fisiologici della fibra alimentare sull’apparato digerente si riscontrano in tutti i suoi organi, dal cavo orale fino alla fine dell’intestino: Bocca = Incrementa la masticazione, stimola la secrezione di saliva Stomaco = Stimola la secrezione gastrica, aumenta la distensione della parete dello stomaco, ritarda lo svuotamento gastrico Piccolo intestino = Diluisce il bolo e ne aumenta la massa, ritarda l’assorbimento dei nutrienti Grosso intestino = Diluisce il bolo e ne aumenta la massa, serve da substrato per la fermentazione batterica, assorbe acqua e lega ioni Effetti fisiologici delle fibre NON IDROSOLUBILI Effetti fisiologici delle fibre IDROSOLUBILI come come cellulosa, emicellulosa, lignina pectine, gomme e mucillagini, galattomannani -Diminuzione del tempo di transito -Formazione di soluzioni viscose -Aumento della massa fecale -Rallentano lo svuotamento gastrico -Influenza della motilità intestinale -Influenzano il senso di sazietà -Diminuzione della pressione intraluminale -Aumentano il tempo di transito intestinale -Maggior frequenza della defecazione -Rallentano l’assorbimento di lipidi e glicidi a -Capacità di legare i sali biliari livello intestinale -Capacità di legare i sali biliari e ioni RACCOMANDAZIONI SULL’APPORTO QUOTIDIANO DI FIBRE TOTALI Date le loro molte caratteristiche e attività positive sul nostro organismo si auspica un apporto quotidiano di fibre di 25 g/die. L’apporto medio di fibre totali nella popolazione generale è solitamente molto inferiore a quello indicato come valore di riferimento raccomandato per mantenere in uno stato di salute, 25g/die. In Italia nell’indagine INRAN-SCAI 2005-06, l’apporto giornaliero di fibra è risultato in media pari a 18-20 g, a fronte di un valore di 25 g, fissato come obiettivo per la prevenzione. MALATTIE ASSOCIATE AD UNA DIETA A BASSO CONTENUTO DI FIBRA Molti studi hanno associato all’assunzione di fibra una riduzione del rischio di contrarre molte malattie. Le malattie che si riscontrano in caso di bassa assunzione di essa sono di più tipi: Metaboliche = Obesità, gotta, diabete, calcoli renali e biliari Cardiovascolari = Ipertensione, malattie cerebrovascolari, ischemia e infarto del miocardio, vene varicose Del colon = Stitichezza, appendicite, diverticolite, emorroidi, cancro del colon, colite ulcerosa, malattia di Crohn Varie = Carie dentaria, malattie autoimmuni, anemia perniciosa, sclerosi multipla, ipertiroidismo e affezioni cutanee Un elevato apporto di fibra alimentare si associa in un articolo del 2020 ad un aumento della probabilità di sopravvivenza nelle donne con diagnosi di tumore al seno. Dalla letteratura più recente provengono ulteriori conferme a sostegno del concetto che gli effetti di salute della fibra alimentare non riguardano solamente l’ambito della prevenzione, ma includerebbero anche la capacità di influenzare favorevolmente il decorso di specifiche patologie, come il carcinoma mammario. Con lo scopo di valutare l’associazione esistente tra il consumo di fibra alimentare e il rischio di mortalità nelle donne con diagnosi pregressa di tumore alla mammella, gli autori di questa metanalisi hanno analizzato 7 studi prospettici di coorte sull’argomento, per un totale di circa 12.000 pazienti seguite per almeno 5 e fino ad un massimo di 13 anni. In tutti gli studi esaminati, le pazienti sono state sottoposte a questionari specifici sulle loro abitudini alimentari (Food Frequency Questionnaire, FFQ) per valutare il consumo di fibra, un anno prima della diagnosi di tumore (4 studi) o dopo la diagnosi (3 studi). Un’eccessiva assunzione di fibra potrebbe comunque non essere così positiva per la nostra salute: per la presenza di fitati e di ossalati, si potrebbe riscontrare una riduzione dell'assorbimento di minerali (ferro, calcio, zinco) di origine alimentare. L'assunzione contemporanea di proteine animali può contrastare tale effetto.