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fibre tessili materiali tessili produzione tessile sostenibilità

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Questo documento fornisce una panoramica sulle fibre tessili, dalle naturali alle artificiali e sintetiche. Viene descritta la loro classificazione e la loro produzione. Il documento presenta anche esempi di fibre tessili innovative.

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Le fibre Strutture fibrose di origine naturale, artificiale o sintetica. L'unione tramite torsione di più fibre naturali e artificiali discontinue forma un filato; da una fibra sintetica invece nasce un filo continuo. L'incrocio di più filati o fili continui forma un tessuto. Il tessuto È il risu...

Le fibre Strutture fibrose di origine naturale, artificiale o sintetica. L'unione tramite torsione di più fibre naturali e artificiali discontinue forma un filato; da una fibra sintetica invece nasce un filo continuo. L'incrocio di più filati o fili continui forma un tessuto. Il tessuto È il risultato del processo di tessitura (incrocio di più fili di ordito e trama). Può essere in cotone, lana, seta, poliestere o un mix di diverse fibre. Il macchinario che produce tessuto è chiamato telaio. Il telaio Macchina utilizzata per la produzione di ogni tipo di tessuto. Il telaio permette l’intreccio di due serie di fili, messi perpendicolarmente tra loro (trama), con quelli orizzontali (ordito) che attraversano il tessuto da una parte all’altra. Fibra tessile Materiale ricavato principalmente da fonti naturali, artificiali e sintetiche. Questo materiale viene trasformato in filato e poi tessuto. Una fibra può provenire da un elemento naturale, ma può anche essere creato artificialmente grazie allo sviluppo della tecnologia. La maggioranza delle fibre tessili oggi in uso sono di origine sintetica (derivanti dal petrolio) - necessitano più di 200 anni per decomporsi – scienza e tecnologia possono aiutare a creare nuove fibre meno impattanti. Fibre tessili di vecchia generazione Classificazione: − Naturali ▫ Da animale: lana, mohair, cammello, yak, alpaca, cashmere, angora, vicuna, seta ▫ Da pianta: cotone, lino, canapa, ramiè, juta, bamboo, sisal, kapok − Rigenerate: acetato, rayon, modal, lyocell, cupro, viscosa − Sintetiche: poliestere, nylon, spandex, acrilico Fibre tessili di nuova generazione Produzione: − In laboratorio (da proteine): brewed protein, milky, microsilk − Da scarti (alimentari e non): econyl (rigenerata), bionyc yarn (rigenerata), orange fiber, crabyon, vegea, desserto BREWED PROTEIN by Spiber È una fibra proteica, capace di sostituire in capacità di morbidezza, resistenza e comfort fibre naturali come lana e cashmere. Nasce da un processo di fermentazione, in cui sostanze microbiche generano proteine. Ha l’estetica e la resistenza della seta, ma la morbidezza di cashmere e lana. Riduce le emissioni di gas serra. Può essere utilizzata per maglioni, giacche e indumenti da esterno. Es. The Sweater by GOLDWIN, The Moon Parka by THE NORTH FACE. MILKY by Antonio Ferretti (Lanital) È una fibra ecologica proteica, che può essere utilizzata in sostituzione a lana e cotone. Viene creata dalla caseina (proteina del latte). Può essere utilizzata in combinazione con altre fibre alle quali conferisce le sue qualità di morbidezza, lucentezza e conducibilità termica. Per ottenere i suoi benefici, il tessuto deve essere composto da almeno il 20% di fibra di latte. Può essere utilizzata per abiti semplici e biancheria intima. Es. Anke Domaske, DuediLatte. ECONYL by AQUAFIL È un nylon ecologico, che può essere rigenerato e ricreato infinite volte. Ha le stesse caratteristiche del normale nylon, la differenza sta nel materiale di partenza, che non sono nuovi polimeri plastici ma riciclati da reti da pesca, moquette, rifiuti plastici di tutti i giorni. Riduce l’impatto ambientale del 90%. Può essere utilizzato sia per vestiti che per accessori. Es. Prada, Gucci, Adidas, Napapijri. BIONIC YARN by T, Toussant e T.Coombs È una fibra ecologica capace di sostituire il poliestere. Può essere rigenerata e ricreata infinite volte. Ha le stesse caratteristiche del normale poliestere, la differenza sta nel materiale di partenza (la plastica non pura, ma viene raccolta dagli oceani). L'obiettivo principale è la protezione degli oceani dall’inquinamento da plastica. È molto resistente e versatile. Può essere utilizzato sia per vestiti che per accessori. Es. Pharrell Williams for G-STAR. ORANGE FIBER by A. Arena È una fibra ecologica, capace di sostituire il cotone leggero. Viene recuperato dagli scarti dalle arance. Non è solo una soluzione innovativa e sostenibile per l’industria della moda, ma risolve anche il problema dello smaltimento dei rifiuti alimentari. Ha l’estetica del cotone e la leggerezza della seta. Può essere utilizzato per qualsiasi tipo di abbigliamento, biancheria intima, scarpe, maglioni e t-shirt. Es. Ferragamo. CRABYON by Omikenshi È una fibra ecologica simile al cotone e maglia leggera. Si ricava dagli scarti dei crostacei e coleotteri (soprattutto gamberi, granchi, cavallette). La sostanza principale è il chitosano, che viene estratto dal guscio esterno dell’animale. È antiallergico e biodegradabile. Può essere utilizzato per qualsiasi tipo di abbigliamento, biancheria intima, magliette e in campo medico. Es. Annalisa Queen. MICROSILK by Bolt Threads È una fibra ecologica simile alla seta. Non è un materiale presente in natura ma viene studiato e prodotto in laboratorio – il materiale di partenza è una miscela di lievito, acqua e zucchero, da cui viene estratta una proteina simile a quella che si trova nella seta. È morbida al tatto, resistente alla trazione, molto più elastica della seta normale e priva di OGM. Può essere utilizzata per abiti casual e abbigliamento sportivo. Es. Stella McCartney. VEGEA by Vegea Company È un materiale ecologico che sostituisce la pelle. È realizzata dal riutilizzo degli scarti dell’industria vinicola. Può essere definita “pelle vegana”. Può essere di qualsiasi tonalità di colore. Può essere utilizzata in diversi settori, dalla moda all’arredamento, all’automotiva e all’imballaggio. Es. Diadora, Tommy Hilfiger Desserto È un materiale ecologico, che sostituisce la pelle. È realizzato dal “Cactus Nopal” (fico d’India). I cactus vengono irrigati con solo acqua piovana e coltivati senza l’utilizzo di OGM e pesticidi. Può essere definita “pelle vegana”. Può essere di qualsiasi tonalità di colore, in diversi spessori, texture. Può essere riutilizzata in diversi settori, dalla moda all’arredamento, alle automotive e all’imballaggio. Es. Onitsuka Tiger. Sostenibilità È una condizione di sviluppo, un concetto dinamico che cambia con noi e le nostre esigenze, in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni presenti, senza compromettere quelli delle generazioni future. Consiste quindi nell’utilizzo efficiente e rispettoso delle risorse (ambientali, materie prime, energia, lavoro umano), con l’obiettivo di preservarle per un periodo di tempo che sia il più lungo possibile, senza esaurirle. Essere sostenibile Affinché qualcosa sia “sostenibile”, deve bilanciare il modo in cui soddisfa i bisogni umani nel suo contesto ambientale, economico e sociale, non solo nel presente, ma anche per il futuro. È possibile parlare di sostenibilità nel mondo tessile? − ogni anno vengono prodotti 150 miliardi di vestiti, di cui circa l’85% viene scartato − ogni europeo acquista circa 26kg di vestiti all’anno, di cui solo il 40% viene utilizzato − l'industria della moda è una delle più impattanti al mondo, subito dopo quella petrolifera Quindi no, un’azienda tessile non può essere sostenibile al 100%. Cosa dovrebbe fare un’azienda tessile per essere più sostenibile? − ridurre l’impatto ambientale, le emissioni di CO2 nell’ambiente e contenere i consumi − prestare attenzione alle materie prime che utilizza e al modo in cui vengono trattate e trasformate − pensare a come riciclare i prodotti una volta completato il loro ciclo di vita − rispettare e tutelare i loro lavoratori e i consumatori a 360° − raggiungere gli standard richiesti dalle certificazioni Certificazioni Sono standard, cioè regole (dettate da organi specifici o dalla Comunità Europea/Mondiale) che le aziende devono seguire per certificare che stanno agendo in modo corretto per l’ecosistema (esseri viventi, uomini, animali), per l’ambiente e per i propri lavoratori. Certificazioni ambientali GOTS (Global Organic Textile Standard): − utilizzo di fibre biologiche naturali (non sintetiche) − materiale coltivato biologicamente senza l’uso di OGM o prodotti chimici nocivi, pericolosi per l’ambiente e per la salute degli agricoltori o dei lavoratori. OCS (Organic Content Stadard): − verifica la presenza di fibre biologiche nel capo finito − Organic 100 (vuol dire che la fibra organica è presente per almeno il 95%) e Organic Blended (presente per il 5%) − non viene valutato l’aspetto sociale − solo per fibre naturali GRS (Global Recycle Standard): − verifica la presenza nel tessuto di almeno il 20% di materiale riciclato pre e post- consumo − verifica sull’intera filiera (tracciabilità) − rispetto dei requisiti ambientali − solo per fibre naturali OEKO-TEX®: − verifica la percentuale di sostanze nocive presenti nei tessuti che acquistiamo − se vediamo questo simbolo su un capo, significa che il tessuto di cui è composto è privo di sostanze nocive, chimiche e non. FAIRTRADE INT.: − materiali prodotti nel rispetto dei diritti dei produttori e dei lavoratori in Asia, Africa e America Latina − garantisce un salario equo e stabile − iniziative e progetti sociali e sanitari svolti nel rispetto delle culture locali Certificazioni sociali ed etiche ECOLABEL: − verifica che durante il processo di produzione del tessuto c’è stato il riutilizzo delle acque reflue, riducendo e riciclando rifiuti − sono stati inoltre utilizzati coloranti più rispettosi per l’ambiente REACH: − normativa che controlla e verifica la produzione di sostanze chimiche prodotte e importate in Europa − la sua missione è proteggere la salute dell’uomo, dell’ambiente, puntare sull’innovazione e sulla competitività delle industrie chimiche europee (lavora in collaborazione con Greenpeace) RWS (Responsible Wool Standard): − attesta il benessere delle pecore e del terreno su cui pascolano (significa avere la certezza che la lana proviene da allevamenti ecosostenibili, dove né l’animale né il terreno sono stati maltrattati, e l’animale è libero di pascolare e vivere nel suo habitat naturale) PETA (People for the Ethical Treatment of Animals): − associazione internazionale no profit che tutela gli animali (certifica che l’animale non abbia subito abusi o maltrattamenti dati da un allevamento intensivo) Fur Free Alliance: − programma internazionale per i diritti degli animali − la sua missione è eliminare definitivamente l’utilizzo di pelliccia di origine animale nei nostri capi Biologico/organico Significa che non ha inquinato durante la produzione e non inquina l’ambiente nelle fasi successive, incluso lo smaltimento del prodotto stesso. L'assenza (o la bassa presenza) di sostanze chimiche dannose per l’uomo previene l’insorgenza di allergie e malattie respiratorie e della pelle. Cosa dobbiamo aspettarci in futuro? Elenco degli obiettivi 2030 fissati dalla commissione europea. Obiettivi principali dell’Eurospean Sustainable Textiles Strategy: − contrastare la distribuzione degli articoli invenduti − rendere i capi più facilmente riparabili e riciclabili − combattere l’inquinamento da microplastiche − introdurre il passaporto digirale del prodotto − contrastare il problema dei “Green claims” e del Greenwashing Greenwashing È una trappola, una pubblicità ingannevole. L'espressione deriva da “white wash” (coprire, nascondere) e “green (colore che caratterizza le iniziative orientate all’ecologia). Le affermazioni di greenwashing sono spesso affermazioni promozionali esagerate, generiche e non verificate, anzi portate avanti solo per fare soldi e ingannare il consumatore. Cosa possiamo fare noi consumatori? − prima di buttare via qualcosa usiamo l’ingegno e la creatività per riciclarlo e fare upcycling − scambiare i capi che non indossiamo più, oppure affittarli, noleggiarli o prestarli − se dobbiamo comprare, compriamo second hand − scegliere marchi sostenibili o piccoli brand di moda (no fast fashion) − chiederci “ne ho davvero bisogno?” Quando acquisti un nuovo capo di abbigliamento... − leggi l’etichetta e favorisci capi composti da fibre naturali (evita i misti) − fai attenzione alla tracciabilità (da dove provengono le materie prime? dove viene lavorato il capo? controlla il sito del brand) − evita i resi (significa ancora inquinamento) − fai attenzione al packaging (plastic free) − sii critico (fatti più domande) Upcycling I 3 pilastri dell’ecosostenibilità: − riuso: vendere e acquistare capi second hand nei mercatini, negozi vintage e online, riutilizzare e dare seconda vita a vecchi capi come quelli dei nostri genitori e/o parenti − recycling: processo di trasformazione di prodotti a fine vita e/o di scarto in materiali nuovi con proprietà simili a quelle iniziali − upcycling: noto anche come “riuso creativo”, è un processo di conversione di materiali deadstock e di scarto in nuovi capi percepiti come di maggiore qualità, maggior valore artistico e ambientale Differenze tra recycling e upcycling Il recycling declassa il materiale originale attraverso scomposizioni chimiche, ha un consumo di energia considerevole e inoltre crea rifiuti. Il risultato sarà un materiale nuovo con proprietà simili a quello originario ma avrà comunque minor valore (non ne aumenta l’utilità né l’efficienza). Esempio: plastica o carta riciclata, rispetto a quella nuova, sono qualitativamente più scarse. Il recycling viene anche comunemente chiamato downcycling o riciclo tradizionale. Infatti, sappiamo che riportare una materia all’origine implica operazioni industriali difficili e processi con impatto ambientale negativo. Ma non per questo il recycling va demonizzato. Si tratta comunque di un’alternativa valida e sicuramente più sostenibile della produzione in serie del fast fashion o dell’ultra fast fashion. Il termine upcycling è stato utilizzato per la prima volta nel 1991 dall’ingegnere Reiner Pilz in riferimento al sistema di smaltimento dei rifiuti. In riferimento al settore tessile, invece, venne impiegato solo nel 2002 nel libro Cradle to Cradle di W. McDonough. L'idea che un capo abbia una “vita lineare” (cioè dalla culla alla tomba) viene modificata in un ciclo (dalla culla ritorna alla culla). Nel Cradle to Cradle ogni componente di un prodotto viene disegnata in modo da essere “upcyclata” in un sistema che non produrrà alcun rifiuto. Il suffisso up suggerisce obbligatoriamente pregio maggiore rispetto alla fase iniziale di quel determinato materiale. Ricapitolando possiamo sintetizzare dicendo che il recupero creativo è una versione avanzata e premium rispetto al riciclo tradizionale. Se, quindi, vogliamo essere il più sostenibili possibili la regola fondamentale è: più si ritarda il “fine vita” di un capo più si ostacola la creazione dei corrispettivi rifiuti che, più un capo è mono materico, più potrà essere riciclato facilmente. Il CVP e il C2C Il ciclo di vita del prodotto è il periodo che intercorre dalla concezione del prodotto al suo declino e ritiro dal mercato. È l’obiettivo finale di ogni azienda, che estende al massimo la vita utile di un prodotto per riscuoterne maggior profitto o, se oggetto a mode temporanee, ne supporta una semplice, veloce e continua sostituzione. L'upcycling invece rientra nel concetto di Cradle 2 Cradle. Significa che il modello di gestione di riuso creativo è quello ad anello chiuso (close loop), programmato per l’utilizzo dei materiali che hanno possibilità di rigenerazione. Il C2C mira a ideare sistemi efficienti e compatibili con l’ambiente ispirandosi ad una naturale rigenerazione. Le 4 fasi dell’upcycling 1. Valutazione delle potenzialità: rinnovare un capo in base alle caratteristiche qualitative che conserva 2. Aggiornamento: due fasi simili ma con gradi d’intensità diversi: l’aggiornamento è come un update (modesta revisione che da nuova vita al capo) 3. Modernizzazione: la modernizzazione è come un upgrade (miglioramento più incisivo che inquadra il capo di una tendenza sia presente che futura) 4. Destrutturazione: fase più rivoluzionaria, mirata e profonda che cambia completamente la funzion d’uso originale di un determinato capo Nonostante ogni brand abbia un modo differente di fare upcycling, in qualunque caso il riuso creativo dà la possibilità di lavorare più lentamente, concedendo ai designer di godere maggiormente del processo creativo esente da stagionalità, stereotipi e convenzioni. I brand upcycled emergenti con prezzi medio/alti Haram È un’avantgarde fashion label nato a Berlino nel 2020. La fondatrice del brand è un’artista e designer ventiseienne curda di nome All Amin. La specialità del brand è quella di creare capi iconici e core club fatti a mano. Body, corsetti e top: ma il pezzo forte sono le borse. Utilizza sneakers second hand o da buttare. Estetica che mixa perfettamente la tradizione curda alla moda moderna occidentale. All Amin ha costruito la sua brand identity sull’idea di provare al mondo della moda che sostenibile non significa classico e basic ma futuristico, giovanile, maximalista e genderless. “It doesn’t have to look eco to be sustainable” − strenght: originale, esclusivo, sostenibile, unico nel suo genere, genderless, crea prodotti durevoli, e-commerce attraente, social media curati − weakness: poco personale addetto alla manodopera, tempistica lunga per la produzione di un solo pezzo, target limitato alla fascia giovani, prezzo, poco conosciuto (poche migliaia di followers su Instagram) − opportunity: espansione e acquisizione di nuovi clienti grazie ai social, resell su altre piattaforme, collaborazioni con altri brand/designer − threat: concorrenza fast fashion e/o altri brand di lusso più conosciuti, upcycling poco conosciuto, mancanza di uno store fisico Ancuta Sarca Designer ventinovenne rumena ma con base a Londra dell’omonima etichetta, debutta per la prima volta nel 2019 alla London Fashion Week. Conosciuta perché realizza scarpe innovative (sneaker-heel) che coniugano l’estetica femminile a quella maschile, lo sportwear e il lusso. Vecchie tomaie e scarpe Nike second hand smembrate e rimontate a mano. Estetica DYE e glam, sinonimo di esclusività e pezzo unico. Ancuta Sarca ha costruito la sua brand identity ponendo alla base del suo progetto la lotta contro gli stereotipi di genere e la lotta contro una delle industrie più inquinanti del mondo: la moda. “Nella nostra epoca, in cui purtroppo la moda è una delle industrie più inquinanti, penso che una delle cose più consapevoli che io possa fare come stilista sia usare ciò che già esiste, evitando di produrre sempre di più” − strenght: originale, ibrido, esclusivo, e-commerce attraente, social media curati, green, crea prodotti durevoli, conosciuto e indossato dalle star, estetica vintage, reselling su altre piattaforme − weakness: tempi lunghi per la produzione di un solo prodotto, target limitato a millenials e gen z, prezzo elevato − opportunity: creare consapevolezza riguardo ai consumi, rivoluzionare l’estetica sportwear, collaborazioni con altri brand/designer, ampliare le collezioni di vestiario − threat: concorrenza fast fashion o altri brand di lusso più conosciuti, upcycling poco conosciuto, mancanza di uno store fisico Chopova Lowena Emma Chopova e Laura Lowena si conobbero nel 2015 al primo anno della Central St. Martins e nel 2017 dopo la laurea congiunta, diedero vit all’omonima etichetta Chopova Lowena. Insieme coniugano l’estetica folkloristica bulgara e l’abbigliamento tecnico da arrampicata o da lacrosse anni ‘80. Creano abiti e accessori fatti a mano, audaci e dinamici, con tessuti vecchi altrimenti da buttare che provengono dalla Bulgaria. Il lo+ro prodotto di punta sono le gonne. Sfilano una sola volta l’anno e gli abiti sono genderless. Hanno uno stile ultra-decorativo indossato dalle star. Chopova Lowena ha costruito la sua brand identity ponendo alla base del marchio l’emancipazione femminile, impiegando solo artigiane qualificate in Bulgaria, donne appassionate al mestiere che desiderano ringiovanire il patrimonio culturale tradizionale attraverso la preservazione delle tecniche tessili di una volta. “Il nostro team di base sono le nostre mamme, si occupano della contabilità e dell’approvvigionamento stagionale dei tessuti!” − strenght: esclusivo, sostenibile ed etico, e-commerce attraente, considerevole seguito su Instagram, reselling su altre piattaforme, crea prodotti di alta qualità, conosciuto e indossato dalle star − weakness: tempi lunghi per la produzione di pochi prodotti, prezzo elevato, poco personale addetto alla gestione finanziaria/marketing, nessun consumatore tipico − opportunity: ampliare il team del brand, uno store fisico (pop-up), collaborazioni con designer di lusso − threat: concorrenza di altri brand di lusso maggiormente conosciuti, upcycling poco conosciuto I brand upcycicling emergenti con prezzi medio/bassi Garbage core Nasce come progetto milanese di sperimentazione nel 2019 per mano di Giuditta Tanzi, classe 1994. Ogni capo del brand viene prodotto utilizzando un’accurata selezione di abiti second hand, tessuti deadstock e materiali riciclati raccolti dal team in persona in Italia (tra Prato e Carpi). Lavorano soprattutto con la tecnica del drappeggio e del patchwork: l’imperfezione è la caratteristica principale del brand. Estetica che coniuga l’etereo al grunge. Il brand sposa la filosofia dell’estetica post-moderna dell’upcycling: non equo- solidale design di lusso. Gargabe core ha costruito la sua brand identity su pezzi fatti a mano unici nel loro genere, capi emozionali che mantengono intatta la loro anima così come quella delle persone che li hanno indossati precedentemente (nei difetti si notano macchie, buchi e tracce di vita). “Lavorare con abiti di seconda mano ti permette di creare pezzi che sono intrinsecamente unici e irripetibili” − strenght: originale, unico, etico e sostenibile, e-commerce attraente, prezzo conveniente, design di alto livello, social media curati − weakness: team ristretto, target limitato prettamente italiano e giovanile, tempi lunghi per la produzione di un solo pezzo − opportunity: reselling su altre piattaforme, collaborazioni con altri brand upcycle, ampliare il target a livello internazionale − threat: upcycling poco conosciuto, concorrenza di altri brand upcycle Nena Barcelona Nasce nel 2022 per mano di Cindy Goudsblom, designer trentaquattrenne olandese che, trasferitasi a Barcellona, dà vita a un’etichetta esclusiva. Si concentra sullo slow fashion recuperando abiti vecchi per crearne d nuovi su misura. Pezzi unici, 25 per collezione e le taglie vestono dalla XS alla XXL. Genderless e non binary. Estetica sportwear rivisitata in chiave punk. Nena Barcelona ha costruito la sua brand identity non conformandosi alle mode momentanee, cercando di far risaltare la bellezza, l’unicità e l’amore verso sé stessi creando capi che si adeguino ad ongi tipo di corpo. “Quando ho dovuto scegliere il nome del brand ho scelto Nena, vorrei che ognuno possa sentirsi incluso nel brand, perchè tutti quanti possiamo essere Nena” − strenght: genderless, originale, sostenibile, prezzo contenuto, durevole e di qualità, team numeroso, pop-up store − weakness: social media poco seguiti, e-commerce poco sviluppato, target prettamente giovanile − opportunity: reselling su altre piattaforme, collaborazioni con altri brand upcycle, ampliare il target di riferimento, ampliare le collezioni − threat: concorrenza di altri brand upcycle, upcycling poco conosciuto Atelier Florania È un brand ready to wear indipendente fondato nel 2021 da Flora Rabitti. Il brand ha come obiettivo quello di dare un nuovo primato al Made in Italy attraverso la nobilitazione dei materiali, proponendo capi no season fatti a mano. Estetica solar punk e post-punk. Materiali deadstock scelti con cura, tutti naturali e mai sintetici. Progettano stampe in studio mixando l’upcycling all’intelligenza artificiale. Floriana ha costruito la sua brand identity ispirandosi alla filosofia solar punk di Donna Haraway (caposcuola della teoria cyborg), una sottocultura direttamente legata all’attitudine post-punk. “Siamo vicini al movimento punk e alla decostruzione dei capi, ma siamo anche solari e con una visione ottimistica del futuro, delle connessioni umane e della tecnologia” − strenght: e-commerce, reselling su altre piattaforme, etico e sostenibile, prezzo conveniente, originale, genderless, team numeroso − weakness: social media poco seguiti, target limitato, prettamente giovanile − opportunity: collaborazioni con altri brand/aziende, creazione software tecnologici per migliorare la produzione, apertura negozio fisico − threat: concorrenza di altri brand upcycle, upcycling poco conosciuto, mercato nazionale e non internazionale Brand Si definisce brand una combinazione di più elementi (nome, slogan, logo, comunicazione, immagine, storytelling) che funzionano come segno distintivo e identificativo di un’impresa, un prodotto o un servizio; esso racchiude in sé un’immagine, dei valori e un significato, che lo differenzia da altri competitor. Cosa serve per costruire un brand che funzioni? − Brand identity: è la definizione concreta, teorica e stilistica del tuo brand. Comprende lo studio dei competitor, target, tone of voice, ma anche fattori estetici e grafici come il logo, colori, font, design del sito web e packaging. Risponde alle domande: cos’è? Cosa fa? Come? Per chi? − Brand strategy: è il piano che permette di far scoprire al mondo di business; è l’insieme delle strategie comunicative offline (brochure, manifesti, cartelloni) e online (sito web, e-commerce, social, app). Risponde alla domanda: qual è la strategia per raggiungere gli obiettivi? − Marketing Idea: è il modo in cui si comunicano e si fanno conoscere i prodotti o i servizi di un brand. Si tratta quindi di una comunicazione strategica (SEO, content marketing, social media, e-mail marketing, advertising). Risponde alla domanda: come comunicare con il pubblico? La parola d’ordine è: essere riconoscibile. Vuol dire distinguersi dai competitor. Se l’identità di un brand è debole, la sua personalità non emergerà mai in questo mare di altri simili. Un brand che funzionerà è in grado di influenzare il comportamento dei consumatori. Elementi essenziali − Valori: è la definizione stessa del brand, che delinea l’ambiente entro cui sviluppare e perseguire la propria mission e vision. Degli esempi concreti potrebbero essere: la sostenibilità ambientale e sociale, l’innovazione, l’affidabilità o la qualità dei prodotti − Vision: è ciò che il brand vuole diventare in futuro, il “sogno” ambizioso a cui tendere. La vision racchiude in sé una serie di azioni a lungo termine che permettono di arrivare all’obiettivo, quindi alla “visione” finale − Mission: è l’insieme di azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi impostati dalla vision. Cosa si può fare affinché il brand possa raggiungere questi obiettivi? È una guida quotidiana legata alla realtà − Benefici: sono tutte le azioni e gli elementi che aiutano a rendere riconoscibile un brand, a costruire un legame di fiducia con i clienti, ad aumentare la credibilità, a fornire un vantaggio competitivo e ad aumentare l’impatto degli sforzi di marketing − Personalità: è il carattere di un brand. Quanto è forte? Quali sono i suoi punti di forza e debolezza? − Target: è il gruppo di consumatori con caratteristiche comuni (età, sesso, reddito, hobby, area geografica, etc.) che potrebbero essere interessati al brand. La sua definizione è essenziale per stabilire gli obiettivi e le strategie di comunicazione e di marketing necessarie per il raggiungimento degli obiettivi − Posizionamento: è lo studio e l’analisi delle strategie e le azioni utili per creare un’immagine ben precisa del brand e dei suoi prodotti all’interno della mente del consumatore, e influenzare così la sua percezione, rispetto alla concorrenza/competitors − Competitor: è la concorrenza, ossia gli altri brand che offrono gli stessi servizi e/o che si rivolgono allo stesso target − Nome e logo: la scelta del nome e del logo identificativi viene fatta a seguito di studi, analisi e strategie coerenti con tutti gli elementi che caratterizzano il brand. Per semplificare il concetto, è come se fosse il nostro nome con il quale ci presentiamo alle persone. Il logo rafforza il nome e rende ancora più riconoscibile il brand, soprattutto graficamente − Comunicazione online/offline: si tratta dell’insieme di strategie comunicative che possono avvenire in forma “fisica”, quindi offline (brochure, manifesti, striscioni) oppure in forma “digitale” online (sito web, e-commerce, social) Strumenti che ci aiutano a definire la personalità di un brand (valori e obiettivi) − il prisma di Kapferer (visione generale – logo al centro) − analisi Swot (individuazione dei punti di forza e debolezza) Strumenti che ci aiutano a definire l’identità grafica di un brand (che immagini vuoi dare?) − moodboard (ispirazioni, punti chiave e colori) − se il brand fosse... − scelta del font e del logo Strumenti che ci aiutano a definire il posizionamento di un brand (come ci collochiamo rispetto agli altri brand?) − analisi posizionamento (chi sono i tuoi competitors?) Strumenti che ci aiutano a definire la nicchia di mercato di un brand (quale target di riferimento?) − buyer personas (quale cliente ideale?) Casi studio − Chanel − H&M Perché trasformare un tessuto? − L'industria tessile e della moda è una delle più inquinanti e impattanti al mondo, per numero di produzioni e scarti, preceduta solo dall’industria petrolifera − Ogni anno le aziende tessili producono più di 150 miliardi di capi di abbigliamento, di cui almeno l’85% finisce in discarica dopo l’utilizzo − Ogni consumatore europeo acquista circa 26kg di capi di abbigliamento all’anno, di cui solo il 40% viene effettivamente utilizzato Riciclare Operazione intenta a costruire un materiale che ha origine da uno che è stato distrutto, per ricrearne un altro, uguale o diverso. Per iniziare questo processo il materiale di partenza deve essere riciclabile (come vetro o plastica) e deve essere alla fine del suo ciclo di vita. Rigenerare Operazione intenta a creare qualcosa di nuovo partendo da un materiale, alla fine del suo ciclo di vita, che non viene distrutto (a differenza del processo di riciclo) ma viene prelevato e rilavorato. Ciò significa che viene riportato indietro nel proprio ciclo produttivo. Upcycling Operazione di trasformazione di uno o più materiali identificati come “di scarto” (quindi non utilizzati o invecchiati), che vengono riportati in vita grazie a un processo creativo che poi li qualifica come pezzi unici, e a cui viene attribuito un valore artistico e/o ambientale. Il mondo delle trasformazioni tessili Trasformazioni totali (tessuto + macchina da cucire): − 100% upcycling − patchwork Interventi sul colore: − tintura naturale − tinture a riserva Personalizzazione con la stampa: − serigrafia − stampa a botanica e stampa a timbro Trasformazione delle superfici: − pistola termica, termoformatura e punto smock − invecchiamento a ceratura Decorazioni e abbellimenti: − ricamo

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