Dispense di Termodinamica Applicata T PDF
Document Details
Uploaded by Deleted User
Michele Celli
Tags
Summary
These notes introduce, in an organized way, the topic of applied thermodynamics. It includes an introduction to the subject, followed by sections on fundamental principles, systems, and more specialized topics. The notes cover basic concepts and provide an overview of the subject. They seem to be suitable for undergraduate-level thermodynamics courses.
Full Transcript
Dispense di Termodinamica Applicata T Prof. Michele Celli Questo testo è basato sulle dispense che il Prof. Enzo Zanchini ha per tanti anni utilizzato per gli studenti del corso di Termodinamica Applicata T. Indice 1 Introduzione alla Termodinamica...............................
Dispense di Termodinamica Applicata T Prof. Michele Celli Questo testo è basato sulle dispense che il Prof. Enzo Zanchini ha per tanti anni utilizzato per gli studenti del corso di Termodinamica Applicata T. Indice 1 Introduzione alla Termodinamica......................................... 7 1.1 Cenni Storici 7 1.2 Cos’è la Termodinamica? 8 1.2.1 Scambio di energia tramite flusso di calore...................................... 9 1.2.2 Scambio di energia tramite lavoro............................................. 9 1.3 Unità di misura 9 1.3.1 Sistema Internazionale: grandezze fondamentali e grandezze derivate............... 10 1.3.2 Grandezze intensive, grandezze estensive, grandezze specifiche.................... 11 1.4 Stati della materia 12 1.4.1 Solido................................................................... 12 1.4.2 Fluido................................................................... 12 1.4.3 Ipotesi del continuo........................................................ 14 2 Le basi della termodinamica............................................ 15 2.1 Il sistema oggetto di studio 15 2.1.1 Lo stato di un sistema...................................................... 17 2.2 I processi termodinamici 20 2.3 Scambio di energia tramite interazione lavoro 21 2.4 Scambio di energia tramite interazione calore 22 2.5 I cambiamenti di fase 23 3 Principi della termodinamica............................................ 25 3.1 Principio zero della termodinamica 25 3.2 Primo principio della termodinamica 26 3.2.1 Misurazione della quantità di calore scambiata.................................. 30 3.3 Schematizzazione dei processi termodinamici 30 3.3.1 Scambio di calore con n serbatoi termici....................................... 30 3.4 Secondo principio della termodinamica 31 3.4.1 Esperienza di Joule........................................................ 32 3.4.2 Enunciato di Kelvin-Planck................................................... 32 3.4.3 Enunciato di Clausius....................................................... 33 3.4.4 Macchina ciclica operante fra due serbatoi.................................... 34 3.4.5 Definizione di temperatura termodinamica..................................... 36 3.4.6 Disuguaglianza di Clausius.................................................. 37 3.4.7 Definizione di entropia...................................................... 38 3.4.8 Flusso e produzione di entropia............................................... 40 3.5 Esercizi sul bilancio di energia 42 4 Sistemi semplici e relazioni termodinamiche............................. 47 4.1 Sistemi semplici 47 4.2 Regola delle fasi 52 4.2.1 Coppie di proprietà che individuano lo stato di equilibrio stabile di un sistema semplice chiuso monocomponente........................................................ 54 4.3 Entalpia, energia libera di Gibbs ed energia libera di Helmholtz 54 4.3.1 Equazioni di Maxwell....................................................... 57 4.4 Motrici termiche e macchine frigorifere 58 4.5 Corollari del principio di non diminuzione dell’entropia 62 4.6 Esercizi sui sistemi semplici chiusi 65 4.7 Esercizi sulle macchine cicliche 71 5 Sistemi quasi semplici e volumi di controllo.............................. 77 5.1 Sistemi quasi semplici 77 5.2 Volumi di controllo 78 5.2.1 Deduzione della equazione di bilancio della massa per un volume di controllo......... 79 5.2.2 Deduzione della equazione di bilancio dell’energia per un volume di controllo......... 80 5.2.3 Deduzione della equazione di bilancio dell’entropia per un volume di controllo........ 82 5.2.4 Volume di controllo in regime di moto stazionario: equazione di bilancio della massa.... 83 5.2.5 Volume di controllo in regime di moto stazionario: equazione di bilancio dell’energia.... 83 5.2.6 Volume di controllo in regime di moto stazionario: equazione di bilancio dell’entropia... 84 5.2.7 Flow availability........................................................... 85 5.3 Esempi di volumi di controllo in regime stazionario 86 5.3.1 Fluido in moto che riceve soltanto calore....................................... 86 5.3.2 Turbina adiabatica o compressore adiabatico.................................. 86 5.3.3 Laminazione attraverso una valvola........................................... 87 5.3.4 Efflusso di gas o vapore sotto una forte differenza di pressione: ugello di De Laval....... 87 5.3.5 Scambiatore di calore...................................................... 87 5.3.6 Bilancio di energia per un volume di controllo con n correnti, entranti o uscenti......... 88 5.4 Esercizi sui volumi di controllo 91 6 Sistemi semplici monocomponente..................................... 99 6.1 Equazione di stato 99 6.2 Gas ideali 102 6.2.1 Esperienza di Joule....................................................... 104 6.2.2 Capacità termiche specifiche per i gas ideali.................................. 106 6.2.3 Processo quasistatico isotermo di un gas ideale................................. 106 6.2.4 Processo adiabatico di un gas ideale......................................... 107 6.3 Proprietà dei liquidi 108 6.4 Vapori saturi 108 6.4.1 Proprietà specifiche di un vapore saturo a titolo assegnato........................ 111 6.4.2 Linee a titolo costante sul diagramma (p, v).................................... 111 6.5 Vapori surriscaldati e gas reali 112 6.5.1 Vapori surriscaldati........................................................ 112 6.5.2 Entalpia ed entropia specifica di un gas reale (vapore surriscaldato)................ 113 6.5.3 Equazioni di stato per gas reali.............................................. 114 6.6 Esercizi sui gas ideali 119 6.7 Esercizi sui vapori saturi 127 6.8 Esercizi sui vapori surriscaldati e gas reali 135 6.9 Proprietà termodinamiche di gas ideali, vapori saturi e vapori surriscaldati 139 6.9.1 Calori specifici dei gas ideali................................................ 139 6.9.2 Proprietà termodinamiche del vapore saturo di refrigerante R-134a................. 140 6.9.3 Proprietà termodinamiche del vapore saturo di acqua........................... 141 6.9.4 Proprietà termodinamiche del vapore surriscaldato di acqua..................... 143 7 Miscele di gas ideali e aria umida...................................... 145 7.1 Sistemi semplici multicomponente 145 7.2 Miscele di gas ideali 146 7.2.1 Energia interna, entalpia, entropia e calori specifici di una miscela di gas ideali....... 149 7.3 Miscele di aria secca e vapore d’acqua 151 7.3.1 Entalpia specifica della miscela aria secca e vapore d’acqua h̃................... 153 7.3.2 Diagramma (h̃, x) o di Mollier................................................ 155 7.4 Diagramma psicrometrico 156 7.4.1 Condizionamento aria umida............................................... 158 7.4.2 Dimensionamento impianti di condizionamento dell’aria umida.................... 159 7.4.3 Misura del grado igrometrico............................................... 160 7.5 Mescolamento adiabatico di due correnti di aria umida 162 7.6 Mescolamento di una corrente di aria umida e una corrente di acqua 162 7.7 Esercizi sulle miscele di gas ideali 165 7.8 Esercizi su aria umida e diagramma psicrometrico 169 8 Diagrammi e cicli termodinamici....................................... 183 8.1 Diagrammi termodinamici 183 8.1.1 Diagramma (T, s) o entropico............................................... 183 8.1.2 Diagramma (h, s) o di Mollier................................................ 186 8.1.3 Diagramma (p, h)......................................................... 188 8.2 Cicli termodinamici 188 8.2.1 Ciclo di Rankine.......................................................... 188 8.2.2 Ciclo frigorifero a compressione............................................. 192 8.3 Esercizi sui cicli termodinamici 195 1. Introduzione alla Termodinamica 1.1 Cenni Storici La prima svolta significativa nelle ricerche volte a spiegare il comportamento di corpi freddi e corpi caldi può essere attribuita a Galileo Galilei all’inizio del diciassettesimo secolo. Lui sostenne di avere inventato il primo strumento capace di evidenziare l’effetto del cambiamento di temperatura di un corpo, il cosiddetto termoscopio. Il design era piuttosto semplice, come mostrato nel riquadro sinistro di Fig. 1.1. Il termoscopio era costituito da una vasca di acqua in cui era immerso un tubicino verticale con in cima una ampolla piena d’aria. Scaldando l’aria nell’ampolla si poteva notare una variazione nel livello di acqua dentro il tubicino. Galileo non riconobbe che il suo termoscopio era anche un barometro in quanto il concetto di pressione atmosferica non era ancora stato introdotto. Se ne accorse Evangelista Torricelli (allievo di Galileo) poco dopo la morte di Galileo stesso. Di conseguenza Torricelli produsse un termometro che non risentisse delle variazioni di pressione atmosferica, come mostrato nel riquadro destro di Fig. 1.1. La proprietà che il termometro andava misurando venne chiamata temperatura. Le misure di temperatura furono affette da una mancanza di omegeneità nei design dei termometri e nelle scale di temperatura usate fino a quando Daniel Fahrenheit risolse il problema. Egli costruì un termometro a mercurio e definì una scala di temperatura basata su tre punti fissi: gli 0 ◦ F identificati dalla temperatura, all’equilibrio termodinamico, di una mistura frigorifica di ghiaccio, acqua e cloruro d’ammonio (sale); i 32 ◦ F identificati dalla temperatura dell’acqua che si sta solidificando; i 96 ◦ F identificati dalla temperatura del corpo umano. Durante gli stessi anni, le prime macchine a vapore apparvero per merito di Thomas Savery (1697) e di Thomas Newcomen (1712). James Watt (1765) introdusse il suo famoso sistema biella-manovella. Queste rivoluzionarie invenzioni diedero grande impulso allo studio delle dinamiche di scambio termico: l’efficienza di queste macchine, ad esempio, era una materia di notevole interesse e poteva essere investigata solo approfondendo le conoscenze teoriche sull’argomento. Joseph Black (1770) mostrò come, mettendo in contatto un recipiente riempito di acqua e ghiaccio con un recipiente riempito di acqua calda, la temperatura del recipiente caldo diminuisse con notevolmente mentre la temperatura di quello freddo rimanesse pressoché invariata. Ne dedusse che la temperatura era una grandezza che non si conservava. Il conte di Rumford (Benjamin Thompson) dimostrò che anche il calore è una proprietà non conservativa. Prescott Joule quindi concluse che il calore ed il lavoro producono una trasformazione in “qualcosa” che puó essere accumulato in un corpo. All’inizio del diciannovesimo secolo, Sadi Carnot (1824) introdusse l’idea di un processo ciclico fatto fra due serbatoi di calore. Il termine termodinamica fù per la prima volta impiegato da Lord Kelvin (William Thomson) nel 1848. Kelvin, simultaneamente a William Rankine e Rudolph Clausius, definì la prima e la seconda 8 1. Introduzione alla Termodinamica Water Air Moving level Figure 1.1: Il termoscopio di Galileo Galilei (a sinistra e centro). Il termometro di Evangelista Torricelli (a destra) legge della termodinamica. Clausius introdusse anche il concetto i energia interna e di entropia. Nel 1872 James Maxwell introdusse il principio zero della termodinamica mentre Max Planck, nel 1897, ridefinì la seconda legge della termodinamica nella forma che oggi è più comunemente usata. Infine Jules Poincaré, nel 1908, diede all’impianto teorico della termodinamica una struttura completa. 1.2 Cos’è la Termodinamica? Cosa intendiamo quando ci riferiamo alla quella branca della conoscenza scientifica chiamata termod- inamica? Ai suoi inizi, la termodinamica si concentrò sullo studio di come il calore si trasforma in lavoro e viceversa: pensiamo, ad esempio, alle macchine a vapore prodotte all’inizio del diciottesimo secolo (Savery, Newcomen e Watt). Al giorno d’oggi la termodinamica si identifica in quella scienza che studia l’energia in tutti i suoi aspetti e le sue forme. La termodinamica infatti viene coinvolta in molteplici aspetti della nostra vita quotidiana: dal condizionamento dell’aria, al comfort termico negli edifici, alla micro/macro elettronica, ai cicli termodinamici alla base di processi produttivi ed a tanti altri aspetti. Come possiamo distinguere la termodinamica dalle altre branche della fisica? Prendiamo la meccanica classica come termine di confronto. Introduciamo un termine che d’ora in avanti farà parte del nostro vocabolario (il vocabolario in termodinamica è molto importante e diversi termini verranno definiti in seguito). Definizione 1.2.1 — Sistema Il sistema è l’oggetto del nostro studio: una quantità di materia inclusa in una regione di spazio. La definizione di sistema verrà ripresa e ampliata nel prossimo capito. Un sottosistema del sistema A è una parte del sistema A stesso. La meccanica classica considera sistemi che non sono sottoposti a trasformazioni interne: the proprietà termodinamiche del sistema sono infatti considerate costanti. I sistemi investigati dalla meccanica classica sono quindi sottoposti a forze che ne modificano posizione e velocità e quello che viene studiato è la sua traiettoria cioé come varia la sua posizione nello spazio e nel tempo. La termodinamica, d’altra parte, considera sistemi sottoposti ad una trasformazione interna e non studia la variazione della posizione del sistema ma la variazione delle proprietá fisiche che caratterizzano il sistema stesso internamente. 1.3 Unità di misura 9 Figure 1.2: Esempio di scambio di calore fra due sistemi Lo studio termodinamico di un sistema implica lo studio del comportamento delle sue componenti (molecole nel nostro caso). Sull’approccio a questo punto la termodinamica si biforca in due branche distinte in funzione della scelta: la termodinamica classica tiene un approccio macroscopico mentre la termodinamica statistica tiene un approccio microscopico. Quest’ultimo porta allo studio statistico delle proprietà della popolazione di molecole contenute nel sistema in oggetto. La termodinamica classica studia il sistema considerando le proprietá termodinamiche del sistema nella sua interezza invece che le proprietá fisiche delle sue singole componenti. La termodinamica classica distingue lo scambio energetico di un sistema con l’ambiente circostante in due forme: il flusso di calore e lo scambio di energia tramite lavoro. 1.2.1 Scambio di energia tramite flusso di calore Denotiamo con A e B due sistemi (fluidi o solidi è indifferente) mantenuti, a t = 0, a due temperature diverse con A più freddo di B, come esemplificato nel riquadro sinistro di Fig. 1.2. Una volta messi in contatto termico, 0 < t < ∞, si innescherà un flusso di calore che si dirige dal sistema piú caldo B verso il sistema più freddo A. La situazione dopo un limitato periodo di tempo sarà quella mostrata nel riquadro centrale di Fig. 1.2: il calore continua a fluire e la distribuzione della temperatura nei due corpi continua a cambiare. Dopo un periodo infinitamente lungo di tempo, t → ∞, la situazione che otterremo sarà quella mostrata nel riquadro destro: la temperatura del sistemi A e B in contatto termico risulta essere un valore compreso fra la temperatura iniziale di A e quella di B ed il flusso di calore sarà cessato. Lo scambio di calore fra due corpi non implica uno scambio di materia ma solo un flusso di calore. 1.2.2 Scambio di energia tramite lavoro Denotiamo con A e B due sistemi fluidi racchiusi in uno stesso contenitore e separati da un setto che, al tempo t = 0, è fissato da un cuneo come mostrato nel riquadro sinistro di Fig. 1.3. I due sistemi A e B saranno caratterizzati da una pressione differente, con la pressione di A minore di quella di B. Quando il cuneo viene rimosso e il setto lasciato scorrere all’interno del contenitore, esso si muoverà verso il sistema a pressione inferiore, 0 < t < ∞, fino a quando le due pressioni non si sono equilibrate, t → ∞. In questo caso, il sistema a pressione più alta compie lavoro sul quello a pressione inferiore: la forza applicata dal sistema A sul setto produce uno spostamento dello stesso. Il concetto di lavoro è funzionale a quantificare il risultato, l’effetto, di una forza. In questo caso, l’effetto della forza che A imprime sul setto. Al contrario dello scambio di energia tramite flusso di calore, si può notare che non abbiamo definito il lavoro come una quantità che si “accumula” o che è “contenuta” in un sistema. Il lavoro è una interazione tramite la quale riusciamo a trasferire energia da un sistema ad un altro. Questa fondamentale caratteristica del fenomeno di interazione fra sistemi chiamato lavoro è esemplificata nella immagine inferiore di Fig. 1.3. Qui vi è mostrato come due sfere identiche che si muovono in un ambiente senza attriti si possono scambiare energia tramite un urto completamente elastico. 1.3 Unità di misura Al fine di descrivere ciò che ci circonda, usiamo delle quantità fisiche che ci permettono di raggiungere questo scopo: lunghezza, massa e così via. Allo scopo di rendere queste quantità più fruibili possibile, abbiamo dotato ognuna di esse di una dimensione di riferimento: metri, grammi e così via. La grandezza di riferimento è una scelta (o convenzione) effettuata da noi. Di conseguenza, esistono diversi sistemi di unità di misura delle grandezze fisiche. I sistemi di unità di misura più usati attualmente sono due: 10 1. Introduzione alla Termodinamica Figure 1.3: Esempio di scambio di lavoro fra due sistemi: due sistemi a due diverse pressioni con un setto semovente, in alto. Due sfere identiche che subiscono un urto completamente elastico (in basso): la sfera A possiede una velocità u0 che viene trasferita interamente a B tramite l’urto Grandezze fondamentali Unità di misura Lunghezza metro [m] Massa kilogrammo [kg] Tempo secondi [s] Temperatura grado Kelvin [K] Intensità di corrente elettrica ampere [A] Intensità di luce candela [cd] Quantità di materia mole [mol] Table 1.1: Grandezze fondamentali del Sistema Internazionale e relative unità di misura il sistema internazionale, SI, ed il sistema imperiale britannico. Il primo è quello con cui abbiamo a che fare quotidianamente: è un sistema metrico decimale da cui, presa una grandezza di riferimento (metro, grammo e così via) possiamo misurare qualsiasi quantità fisica come la grandezza di riferimento moltiplicata per una potenza in base dieci (da cui la parola decimale). Questo sistema si è imposto per logica e comodità sugli altri. In quei paesi dove è forte la consuetudine e la cultura britannica il sistema imperiale britannico è ancora molto diffuso. 1.3.1 Sistema Internazionale: grandezze fondamentali e grandezze derivate In ogni sistema di unità di misura vengono scelte le grandezze fondamentali, di riferimento, e, di con- seguenze, otteniamo le grandezze derivate. Le grandezze derivate sono quelle che vengono definite come combinazione di quelle fondamentali. Nel sistema internazionale sono sette le grandezze fondamentali e sono riportate in Tabella 1.1. In Tabella 1.3 sono invece mostrati i prefissi del sistema decimale. Le unità di misura delle grandezze derivate sono, ad esempio, la pressione, la velocità, l’energia e così via. In Tabella 1.2 sono elencate alcune delle grandezze derivate del Sistema Internazionale. Grandezze Derivate Unità di misura Velocità [m/s] Accelerazione m/s2 Forza Newton N = kg m/s2 Energia Joule J = kg m2 /s2 Pressione Pascal Pa = N/m2 Potenza Watt [W = J/s] Table 1.2: Alcune grandezze derivate del Sistema Internazionale e relative unità di misura 1.3 Unità di misura 11 Prefisso Simbolo Fattore moltiplicativo peta P 1015 tera T 1012 giga G 109 mega M 106 kilo k 103 hecto h 102 deca da 101 deci d 10−1 centi c 10−2 milli m 10−3 micro µ 10−6 nano n 10−9 pico p 10−12 femto f 10−15 Table 1.3: Prefissi del Sistema Internazionale 1.3.2 Grandezze intensive, grandezze estensive, grandezze specifiche Le grandezze che caratterizzano un sistema A si possono dividere in due categorie: grandezze intensive e grandezze estensive. Definizione 1.3.1 — Grandezze Intensive Una grandezza di A è detta intensiva se il suo valore in un certo istante uguaglia il valore che tale grandezza assume in quell’istante per un qualsiasi sottosistema di A. Le grandezze intensive sono caratterizzate dal fatto che il loro valore non dipende dalla massa del sistema preso in considerazione. Fra queste possiamo trovare la pressione, la temperatura, la densità. Definizione 1.3.2 — Grandezze Estensive Una grandezza di A è detta estensiva se il suo valore in un certo istante uguaglia la somma dei valori che tale grandezza assume in quell’istante per i singoli sottosistemi in cui A può essere suddiviso. Le grandezze estensive sono caratterizzate dal fatto che il loro valore dipende dalla dimensione del sistema preso in considerazione. Fra queste possiamo trovare la massa, il volume, la quantità di moto. Solitamente Un modo pratico per capire se una grandezza è intensiva oppure estensiva consiste nel dividere il proprio sistema in più parti. Prendendo in considerazione una grandezza in particolare, se il valore relativo ad una parte è uguale a quello relativo al tutto, allora la grandezza è intensiva. Se invece il valore della grandezza presa in considerazione varia in funzione della scelta della partizione del sistema, allora la grandezza considerata è estensiva. Definizione 1.3.3 — Grandezze Specifiche Una grandezza di A è detta specifica se è definita come rapporto di due grandezza estensive. Una grandezza estensiva per unità di massa è detta grandezza specifica e, solitamente, si indica con la lettera minuscola (ad esempio il volume specifico v che si misura in [m3 /kg]). Esempi di grandezze specifiche sono: l’energia divisa per la massa (energia per unità di massa) detta energia specifica, il volume diviso per la massa (volume per unità di massa) detto volume specifico, la massa divisa per il volume (massa per unità di volume) detto densità. Salvo alcune eccezioni, le grandezze estensive vengono indicate con le lettere maiuscole, mentre le grandezze intensive o specifiche sono indicate con lettere minuscole. Sono eccezioni: la massa, indicata 12 1. Introduzione alla Termodinamica con m, la temperatura, indicata con T. 1.4 Stati della materia Gli stati (o fasi) fondamentali della materia sono quattro: gas, liquido, solido, plasma. Nelle Fig. 1.4– 1.7 sono stati raffigurati i quattro stati nella loro forma reale o in una delle loro manifestazioni (plasma, Fig. 1.7). Esistono altri stati in cui la materia può trovarsi ma corrispondono a con- dizioni estreme: energie estremamente alte, temperature estremamente basse o densità estremamente alte. Definizione 1.4.1 — Cambiamento di fase Una sostanza che cambia stato, ad esempio passa dallo stato solido a quello liquido, si dice che cambia fase: la sostanza riorganizza la sua struttura molecolare. 1.4.1 Solido Un sistema solido è composto da una struttura di molecole (o atomi) fortemente legate fra loro tanto che la distanza fra le sue componenti è molto bassa. Un solido ha una forma propria stabile nel tempo: è incomprimibile o comunque si deforma solo se sottoposta ad una forza sufficientemente intensa. Il numero di particelle per volume unitario è, in genere, il più alto fra tutti gli stati fondamentali della materia (con diverse eccezioni). All’interno della fase solida, una sostanza può assumere diverse strutture molecolari quindi diverse sotto fasi: il carbonio allo stato solido può manifestarsi sotto forma di grafite o diamante, il ferro ha tre diverse possibili configurazioni da solido e così via. Quando un sistema solido diventa gassoso senza passare dalla fase liquida si dice che sublima. Se un sorpassa la sua temperatura di liquefazione il solido si liquefa. Figure 1.4: Stati fondamentali della materia: il solido 1.4.2 Fluido Un fluido è si distingue da un solido perché la sua forma si modifica qualsivoglia sia l’intensitd̀ella forza di taglio a cui viene sottoposto (la forza di taglio è la componente della forza applicata ad un corpo che ha direzione perpendicolare alla quella della pressione). Liquido Un liquido è un fluido generalmente incomprimibile. Le particelle che compongo un sistema in stato liquido (atomi o molecole) interagiscono fra loro tramite forze sufficientemente intense da permettere loro di muoversi liberamente solo in parte. La loro distanza media è simile a quella che si riscontra nei reticoli solidi con la differenza che le molecole liquide hanno maggiore libertà di movimento seppure condizionato dalla interazione con le particelle adiacenti. Un sistema in stato liquido non ha quindi una forma propria ma si adatta alla forma del suo contenitore. All’interno della fase liquida, come accade per la solida, una sostanza può assumere diverse strutture molecolari quindi diverse sotto fasi. Quando un liquido sale sopra alla sua temperatura critica viene chiamato vapore e comincia a 1.4 Stati della materia 13 vaporizzarsi. Quando un liquido scende sotto la temperatura di congelamento diventa solido. Figure 1.5: Stati fondamentali della materia: il liquido Gas Un gas è un fluido comprimibile. Le forze di interazione fra le particelle che compongo un sistema in stato gassoso (atomi o molecole) sono molto deboli se comparate alla energia cinetica delle molecole stesse. Un sistema in stato gassoso si comporta in maniera analoga ad uno liquido, non ha quindi una forma propria e si adatta alla forma del suo contenitore. La distanza media fra le molecole risulta quindi essere molto elevata se comparata a quella tipica di sistemi in stato liquido o solido e se comparata alla dimensione delle molecole stesse. Le particelle di gas che compongono un volume unitario sono quindi in numero decisamente inferiore rispetto ad un liquido od un solido. Quando un gas scende sotto alla sua temperatura critica viene chiamato vapore e comincia a liquefarsi. Quando un gas diventa un solido senza passare dalla fase liquida si dice che attraversa un processo di brinamento o deposizione. In Fig. 1.6 è mostrato un come il fumo si diffonde in aria, figura a sinistra, e come si comportano le molecole di un gas all’interno di un contenitore, figura a destra. Figure 1.6: Stati fondamentali della materia: il gas Plasma Il plasma ha caratteristiche simili ad un gas: è un fluido neutro e comprimibile con particelle libere di muoversi e con una distanza fra loro molto più grande della loro dimensione. Un plasma non ha quindi una forma propria e si adatta alla forma del suo contenitore. Diversamente dai gas, i plasma è formato particelle non neutre in quanto le molecole (o atomi) del gas da cui si è formato sono state ionizzate tanto che si può dire che i nuclei positivi sono immersi in un “mare” di elettroni con carica negativa. Il fatto che sia formato da particelle cariche libere di muoversi fa si che si creino correnti elettriche e campi magnetici. A sua volta un plasma è, data la sua natura, molto sensibile a campi elettrici e magnetici. Il plasma si forma da un gas tramite il processo di ionizzazione e ritorna gas tramite un processo detto di deionizzazione. Il plasma sulla terra si forma naturalmente attraverso i fulmini e provoca le aurore boreali. In Fig. 1.7 è illustrato un sistema con all’interno del plasma, a destra, mentre a sinistra è rappresentato l’effetto che il plasma proveniente dal solo produce interagendo con il campo magnetico terrestre e gli strati alti dell’atmosfera. 14 1. Introduzione alla Termodinamica + - - - + - + - + + + - + + + + + - - + + + - - + - - - - - Figure 1.7: Stati fondamentali della materia: il plasma 1.4.3 Ipotesi del continuo La termodinamica classica si basa sulla assunzione che valga l’ipotesi del continuo ovvero che il sistema oggetto di studio sia caratterizzato da una distribuzione spaziale di particelle senza soluzione di continu- ità. Nel momento in cui non vale questa ipotesi si ricorre alla termodinamica statistica. Prendiamo ad esempio un gas come l’ossigeno biatomico in condizioni pressione atmosferica e temperatura ambiente: il numero di particelle per mm3 è dell’ordine di 1016 (10 milioni di miliardi di molecole). D’altra parte, il cammino libero medio di una molecola di ossigeno biatomico nelle date condizioni, cioè lo spazio che mediamente percorre fra un urto con una molecola e l’urto sucsessivo, è dell’ordine di 10 − 100 nm. Definizione 1.4.2 — Sistema continuo Un sistema si definisce continuo se il numero di Knudsen Kn < 0.01. Il numero di Knudsen è definito (1.1) λ Kn = L dove λ è la misura del libero cammino medio delle molecole del sistema considerato e L è la lunghezza caratteristica del sistema. La lunghezza caratteristica di un sistema è una lunghezza di riferimento per la geometria considerata. Se si prende in considerazione un condotto a sezione circolare, ad esempio, la lunghezza caratteristica è il diametro della sezione circolare. 2. Le basi della termodinamica In questo capito rinunciamo a tutte le nozioni intuitive presentate in modo non rigoroso nel capito precedente che ci è servito come introduzione all’argomento. Cominciamo quindi a sviluppare da principio il vocabolario, e quindi le fondamenta, della termodinamica. Riprendiamo diversi concetti già introdotti (sistema, interazione di tipo lavoro, trasmissione del calore) e ne introduciamo di nuovi per potere avere a disposizione gli strumenti che ci permetteranno di definire i concetti fondanti della termodinamica nel modo più rigoroso possibile. 2.1 Il sistema oggetto di studio Definizione 2.1.1 — Costituenti di un sistema La materia contenuta in una regione di spazio R, ad un istante t, può essere descritta assumendo che sia costituita da gruppi di particelle soggette a conservazione che chiameremo costituenti. Esempi di costituenti: atomi, molecole, ioni, protoni, neutroni, elettroni. I costituenti possono combinarsi fra loro e/o trasformarsi in altri costituenti secondo specificati meccanismi di reazione. Un costituente sarà detto non reattivo se per esso (in un qualsiasi intervallo di tempo) la variazione del numero di particelle contenute in R è uguale alla differenza fra il numero di particelle entrate in R e quelle uscite da R. Sarà considerata, nel seguito, materia con carica elettrica complessiva nulla, in cui non avvengono reazioni nucleari (cioè, in cui si conservano i nuclei atomici e gli elettroni). Allora, è possibile utilizzare come costituenti gli atomi, intendendo per atomo un nucleo atomico più tanti elettroni quanti bastano a renderlo neutro, indipendentemente dalla distribuzione nello spazio di nucleo ed elettroni (formazione di molecole o ioni). Il numero di particelle presente all’interno di un sistema viene espresso in funzione del numero di Avogradro NA = 6.022 × 1023. Un numero di Avogadro di particelle è infatti una mole, [mol], di particelle. Definizione 2.1.2 — Parete o confine di un sistema La regione di spazio R in cui è definito il sistema in questione sarà racchiusa da un confine che ipotizziamo impermeabile. Le superfici di confine impermeabili sono concretamente definiti pareti. Chiameremo membrana semipermeabile una superficie che può essere attraversata soltanto da alcuni tipi di particelle materiali. 16 2. Le basi della termodinamica Sistema Aperto Sistema Chiuso Sistema Isolato Energia Massa Energia Massa Energia Massa Figure 2.1: Sistema aperto, chiuso ed isolato Definizione 2.1.3 — Sistema Un sistema è definito dai suoi costituenti, da una regione di spazio R e dai processi in essa attivi Una volta che si definisce una regione di spazio R, lo si fa in funzione di un sistema di riferimento. I sistemi di riferimento coinvolti in questa trattazione sono sistemi inerziali. Definizione 2.1.4 — Sistema aperto Un sistema aperto è caratterizzato da superfici di confine che gli permettono di scambiare scambiare materia con l’esterno Definizione 2.1.5 — Sistema chiuso Un sistema chiuso è ha, come superfici di confine, pareti impermeabili per cui non puó scambiare materia con l’esterno Un sistema A che occupa la regione R viene immerso in un campo di forza esterno al sistema stesso (nel senso che la sorgente del campo è esterna). Un esempio di campo esterno può essere il campo elettrico, il campo magnetico o il campo gravitazionale. Definizione 2.1.6 — Campo di forza esterno Chiameremo campo di forza esterno, per il sistema A, il campo di forza che persiste nella regione R se tutta la materia di A viene rimossa e portata molto lontano Definizione 2.1.7 — Sistema isolato Indichiamo con Σ la regione di spazio spazzata da un sistema chiuso A durante la sua evoluzione nel tempo (Σ è l’insieme delle regioni di spazio R che A occupa ai vari istanti). Diremo che il sistema A è un sistema isolato, se durante l’intera evoluzione temporale di A: Solo le particelle materiali di A sono contenute in Σ o toccano il confine di Σ Il campo di forza esterno ad A, in Σ, è stazionario (cioè indipendente dal tempo) e conservativo (il lavoro non dipende dal percorso) Per sistemi con molte particelle e una lunga evoluzione temporale, il concetto di sistema isolato è un concetto limite. Non si riesce a realizzare in pratica un sistema macroscopico che soddisfi identicamente la definizione di sistema isolato. Infatti, un sistema posto nel vuoto emette e assorbe radiazione elettromagnetica. Come sarà mostrato in seguito, per un sistema termodinamico è definita ad ogni istante una grandezza detta energia. Si può facilmente dimostrare che un sistema isolato A non scambia energia con ciò che lo circonda. Una volta definita la proprietà energia, si usa dire che un sistema è isolato se è chiuso e non scambia energia con ciò che lo circonda. Questa però non è una definizione, perché la definizione di energia richiede quella di sistema isolato. Una ottima approssimazione di 2.1 Il sistema oggetto di studio 17 Lamina Metallica Superficie Interna Riflettente Vuoto A Lamina Metallica Superficie Esterna Riflettente Figure 2.2: Schema del vaso di Dewar sistema isolato A è data dal vaso di Dewar Fig. 2.2. Il sistema A contenuto nel vaso di Dewar è delimitato dalla superficie interna di un sottile strato di materiale metallico trattato in modo tale che la superficie esterna dello strato risulti speculare. Intorno a questo primo strato metallico, ad una certa distanza, viene realizzato un secondo strato metallico, trattato in modo che la sua superficie interna sia speculare. Tra i due strati metallici viene realizzato il vuoto. Poiché le superfici metalliche speculari non emettono (in pratica, emettono pochissima) radiazione termica, lo strato di vuoto non è attraversato da un apprezzabile flusso di radiazione ed approssima bene le condizioni di una regione di spazio in cui è presente soltanto un campo stazionario. Se il vaso di Dewar viene realizzato in un laboratorio posto sulla superficie terrestre, il campo esterno stazionario è il campo gravitazionale uniforme G = (0, 0, −g). Definizione 2.1.8 — Ambiente di un sistema Se A è un sottosistema di un sistema composto isolato AB, possiamo scegliere AB come il sistema isolato da studiare. Allora, chiamiamo B l’ambiente di A. Tutto il rimanente universo cosmologico viene considerato come non esistente Definizione 2.1.9 — Sistema separabile Si consideri un sistema isolato I, composto da A e dal suo ambiente B. Se, all’istante t, i campi di forza che agiscono sulle particelle di A non cambiano se B viene rimosso e portato molto lontano dalla regione di spazio R in cui I è contenuto e lo stesso vale per le particelle di B se A viene rimosso, allora, A e B saranno chiamati sistemi separabili all’istante t Nel seguito, considereremo soltanto stati di un sistema A in cui il sistema è separabile dal suo ambiente B. La condizione che A sia un sistema separabile (all’istante t) è necessaria per poter definire l’energia di A (all’istante t). Ad esempio, siano A e B due corpi rigidi di massa molto elevata, e sia AB un sistema isolato in un campo di forza esterno nullo. Se il moto di A è fortemente influenzato dal campo gravitazionale prodotto da B, e viceversa, è impossibile separare l’energia potenziale di AB in una parte attribuita ad A ed una attribuita a B. Definizione 2.1.10 — Composizione di un sistema Chiameremo composizione di un sistema A, all’istante t, il vettore n con r componenti che specifica il numero di particelle (o di moli) presenti in A all’istante t, per ciascuno degli r costituenti di A 2.1.1 Lo stato di un sistema Lo stato di un sistema ne caratterizza la disponibilità/non disponibilità del sistema stesso ad interagire con altri sistemi piuttosto che la qualità della energia disponibile per l’interazione. Per questo motivo è molto importante la caratterizzazione dello stato di un sistema. Si parla di stati stazionari e stati 18 2. Le basi della termodinamica (a) (b) (c) g g g Figure 2.3: Stato non stazionario: un recipiente nell’atto di essere riempito di liquido, (a). Stato Stazionario: il liquido ha smesso di riempire il recipiente, (b). Stato stazionario: la quantità di liquido che entra è bilanciata dalla quantità di liquido che esce (c). non stazionari come definito di seguito. Definizione 2.1.11 — Proprietà Chiameremo proprietà di un sistema A una grandezza misurabile il cui valore ad un istante t può essere misurato senza conoscere né la precedente né la seguente evoluzione nel tempo del sistema. Un insieme di proprietà (P1 , P2 ,... , Pn ) è detto insieme completo se i valori di (P1 , P2 ,... , Pn ) all’istante t determinano il valore di qualsiasi altra proprietà di A all’istante t Definizione 2.1.12 — Stato Chiameremo stato di A, all’istante t, l’insieme dei valori di tutte le proprietà di A, all’istante t. Lo stato di un sistema A è determinato dai valori di un insieme completo di proprietà di A Definizione 2.1.13 — Stato stazionario/non stazionario Uno stato stazionario è uno stato che non cambia nel tempo nonostante le interazioni con sistemi esterni. Uno stato non stazionario è uno stato che cambia nel tempo a causa delle interazioni del sistema con sistemi esterni Diversi esempi di stato stazionario e non stazionario sono riportati in Fig. 2.3. La definizione di stazionarietà non include tutti i possibili comportamenti e tutte le possibili caratteristiche degli stati di un sistema generico. Dovremo infatti ricorrere alla nozione di equilibrio. Definizione 2.1.14 — Stato di equilibrio Uno stato di un sistema A sarà detto stato di equilibrio se può essere riprodotto come stato stazionario di un sistema isolato. In altri termini, se Ae è uno stato di equilibrio di A allora: o sistema A è isolato e lo stato Ae è stazionario, oppure A non è isolato, ma si può realizzare un duplicato di A, isolato, nello stato Ae. Uno stato stazionario che non sia di equilibrio sarà detto stato stazionario di non equilibrio Due esempi di stato non equilibrio sono presenti in Fig. 2.3: il primo, ovviamente, è il caso (a) che non è stazionario; il secondo esempio è il caso (c) che è stazionario ma non si può riprodurre come sistema isolato (il sistema è aperto ed è presente un trasporto di massa). In Fig. 2.3 è presente anche uno stato di equilibrio: il caso (b) che è stazionario ed è isolato (assumendo che non ci sia alcun scambio termico con il suo ambiente). Definizione 2.1.15 — Stato di equilibrio stabile (stato di equilibrio termodinamico) Uno stato di equilibrio di un sistema A sarà detto stato di equilibrio stabile se, ogni volta che esso 2.1 Il sistema oggetto di studio 19 Figure 2.4: Stabilità dello stato di equilibrio di un sistema meccanico secondo l’approccio di Aleksandr Lyapunov. Partendo dalla figura in alto a sinistra avremo: stato di equilibrio stabile (a), stato di equilibrio neutrale (b), stato di equilibrio instabile (condizionato) (c), stato di equilibrio instabile (d) risulta modificato, risulta cambiata la posizione delle pareti che vincolano i costituenti di A e/o risulta cambiato lo stato dell’ambiente B di A. Uno stato di equilibrio stabile può anche essere chiamato stato di equilibrio termodinamico. Normalmente, un sistema termodinamico isolato evolve spontaneamente verso uno stato di equilibrio stabile. Approfondiamo l’argomento. Supponiamo che un sistema A si trovi in uno stato di equilibrio stabile As. Possiamo rendere A isolato e riprodurre lo stato As. Finché le pareti non si spostano ed A resta isolato, lo stato As non cambia. Modifichiamo ora lo stato As spostando le pareti di A e producendo, eventualmente, un cambiamento di stato dell’ambiente B di A (ad esempio, il sollevamento o l’abbassamento di un grave). Se riportiamo le pareti nella posizione iniziale e riportiamo B nello stato iniziale (ad esempio, riportiamo il grave alla quota di partenza), il sistema A ritorna nello stato As. Quindi, ogni volta che il sistema A passa dallo stato As ad un qualsiasi altro stato, A2 ad esempio, deve necessariamente essersi verificata almeno una delle seguenti condizioni: le pareti che vincolano la materia di A hanno cambiato posizione; c’è stato un cambiamento di stato B1 → B2 dell’ambiente B. Se lo stato di equilibrio non è stabile allora si aprono diverse possibilità. Non faremo una trattazione dettagliata di tutti i possibili casi. Useremo l’analogia con il concetto di stabilità dello stato di equilibrio di un sistema meccanico secondo l’approccio di Aleksandr Lyapunov per cercare di dare una, non esaustiva, trattazione dell’argomento. In Fig. 2.4 vengono riportati i 4 casi principali: una sfera libera di muoversi si trova in quattro configurazioni geometriche differenti che rendono il suo equilibrio più o meno stabile: Caso (a). La sfera si trova nel fondo di una buca infinitamente profonda per cui, per quanto venga perturbato il suo stato di moto, ritornerà sempre nella configurazione iniziale: stato di equilibrio stabile Caso (b). La sfera si trova su di un piano ortogonale a vettore accelerazione di gravità quindi quando viene perturbato il suo stato di moto esso cambierà e rimarrà costante fintanto che non venga perturbato nuovamente: stato di equilibrio neutrale Caso (c). La sfera si trova nel fondo di una buca di profondità finita per cui, se il suo stato moto viene perturbato con sufficiente energia, non ritornerà nella configurazione iniziale: stato di equilibrio instabile (condizionato) Caso (d). La sfera si trova in cima ad una collina per cui sarà sufficiente applicare una pertur- bazione di ampiezza infinitesima per far sì che venga modificato irrimediabilmente il suo stato di 20 2. Le basi della termodinamica B1 B2 A1 A2 Figure 2.5: Schema di un generico processo A1 B1 → A2 B2 moto (e non torni più nello stato iniziale): stato di equilibrio instabile Definizione 2.1.16 — Stato di equilibrio mutualmente stabile Dati due stati di equilibrio stabile As e Bs dei due sistemi A e B, si dice che A e B sono in equilibrio mutuamente stabile se, quando A è nello stato As e B è nello stato Bs , il sistema composto AB è in uno stato di equilibrio stabile a sua volta È immediato verificare che, se il sistema composto AB è in uno stato di equilibrio stabile, allora i sistemi A e B che lo compongono sono ciascuno in uno stato di equilibrio stabile. Infatti, se il sistema composto AB si trova in uno stato di equilibrio stabile allora, per definizione di stato di equilibrio stabile, non è possibile modificare lo stato di AB senza che ci siano spostamenti delle pareti od un cambiamento di stato dell’ambiente di AB. Ne consegue che non è neppure possibile modificare lo stato di A oppure quello di B senza che ci siano spostamenti delle pareti od un cambiamento di stato dell’ambiente di AB. Pertanto sia A che B sono in uno stato di equilibrio stabile. D’altra parte non è scontato che si vero il ragionamento fatto nel verso opposto. Anche se A e B sono ciascuno in uno stato di equilibrio stabile, il sistema composto AB non si trova, in genere, in uno stato di equilibrio stabile. Infatti, se A e B hanno due diverse temperature, è possibile modificare lo stato di AB senza spostamenti delle pareti oppure effetti esterni mettendo i due sistemi in contatto termico. 2.2 I processi termodinamici Definizione 2.2.1 — Processo Si definisce processo (o trasformazione termodinamica) di A dallo stato iniziale A1 allo stato finale A2 come l’evoluzione nel tempo di A e del suo ambiente B dallo stato iniziale A1 B1 allo stato finale A2 B2. Una esemplificazione geometrica è riportata in Fig. 2.5 Dal punto di vista simbolico, un processo si indica con una freccia → Definizione 2.2.2 — Processo ciclico - N Un processo di A sarà detto un processo ciclico oppure ciclo di A se lo stato finale A2 del processo coincide con lo stato iniziale A1 del processo. Dato B ambiente di A, non è necessario che stato finale B2 coincida con lo stato iniziale B1 Definizione 2.2.3 — Processo reversibile/irreversibile Un processo di A con ambiente B definito dall’espressione A1 B1 → A2 B2 , è detto un processo reversibile se esiste un processo A2 B2 → A1 B1 che riporta il sistema isolato AB allo stato iniziale. Il processo A2 B2 → A1 B1 è detto processo inverso di A1 B1 → A2 B2. Se un processo di A non è reversibile, sarà detto irreversibile 2.3 Scambio di energia tramite interazione lavoro 21 t=0 0 θA , allora il calore fluisce spontaneamente da B verso A quando i sistemi sono posti a contatto termico. Se due sistemi hanno la stessa temperatura, allora, per come è stata definita la temperatura, il sistema composto è in uno stato di equilibrio stabile e, se i due sistemi sono posti in contatto termico, non fluisce calore. Storicamente parlando, sono state definite due scale di temperatura empirica: la scala Celsius e la scala Fahrenheit. La scala Celsius è basata sui due punti fissi. Il punto fisso inferiore è il punto di equilibrio fra acqua liquida ed acqua solida alla pressione atmosferica standard. Il punto fisso superiore è il punto di equilibrio fra acqua liquida e vapore acqueo alla pressione atmosferica standard. La temperatura del punto fisso inferiore è stata fissata pari a 0 ◦ C; quella del punto fisso superiore pari a 100 ◦ C, da cui il nome scala centigrada. La pressione atmosferica standard è definita come 101325 Pa. Nella scala Fahrenheit le temperature di questi due punti fissi valgono 32 ◦ F e 212 ◦ F. 3.2 Primo principio della termodinamica Il primo principio della termodinamica verrà presentato nella trattazione di Carathéodory. Assunzione 3.2.1 Una qualsiasi coppia di stati di un sistema chiuso A può essere interconnessa con un processo adiabatico di A (da A1 ad A2 oppure da A2 ad A1 ) Primo principio della termodinamica In ogni processo adiabatico, il lavoro compiuto dal sistema dipende soltanto dallo stato iniziale e dallo stato finale del sistema 3.2 Primo principio della termodinamica 27 Il primo principio consente di definire una importante proprietà di un sistema chiuso, l’energia. Definizione 3.2.1 — Energia − E − propriet à estensiva − unit à di misura J Dati due stati A1 e A2 di un sistema chiuso A, si definisce differenza di energia fra gli stati A2 ed A1 come meno il lavoro compiuto da A in un qualsiasi processo adiabatico A1 → A2. Con riferimento a un processo infinitesimo, si scrive: dEA = −δW (A1 → A2 )ad (3.1) Con riferimento a un processo finito, si scrive E(A2 ) − E(A1 ) = −W (A1 → A2 )ad (3.2) L’energia risulta essere quindi una funzione di stato (motivo per il quale la variazione infinitesima è indicata con dE e non con δ E). L’energia per unità di massa, E/m, sarà detta energia specifica e sarà indicata con il simbolo e. Il lavoro per unità di massa, W /m, sarà indicato con il simbolo w. In altre parole, la differenza di energia fra lo stato A2 e lo stato A1 , in un processo senza scambio di calore, si riduce alla quantità di lavoro ricevuto dal sistema durante il processo. Inoltre, il Primo principio della termodinamica assicura che la differenza di energia non dipenda dal tipo di processo ma solo dagli stati A1 e A2. La Eq. (3.2) vale se esiste un processo adiabatico A1 → A2 del sistema A (assicurato dalla assunzione 3.2.1). Se, invece, si prende in considerazione un processo adiabatico A2 → A1 del sistema A, si ha E(A2 ) − E(A1 ) = W (A2 → A1 )ad (3.3) Si potrà allora affermare che: Teorema 3.2.2 Se esistono entrambi i processi adiabatici A1 → A2 e A2 → A1 allora Eq. (3.2) ed Eq. (3.3) portano allo stesso risultato Dimostrazione Si dimostra facilmente considerando che dal Primo principio della termodinamica possiamo concludere che, in un Processo ciclico - , il lavoro compiuto dal sistema è nullo. Quindi il lavoro compiuto da N ciclo A1 → A2 → A1 sarà W (A1 → A2 )ad +W (A2 → A1 )ad = 0 (3.4) Quindi W (A1 → A2 )ad = −W (A2 → A1 )ad (3.5) Quindi il salto di energia è lo stesso indipendentemente dal verso in cui percorriamo il processo, da A1 ad A2 o da A2 ad A1. Ne consegue che l’energia è una grandezza definita a meno di una costante ovvero che l’energia relativa ad uno stato qualsiasi di un sistema A è definita in relazione ad uno stato di riferimento A0. E(A1 ) − E(A0 ) = −W (A0 → A1 )ad = W (A1 → A0 )ad (3.6) 28 3. Principi della termodinamica Figure 3.1: Scambio termico fra due sistemi A e B messi a contatto Teorema 3.2.3 La variazione di energia di un sistema composto è uguale alla somma delle variazioni di energia dei sistemi che lo costituiscono Dimostrazione Il corollario 3.2.3 si dimostra in questo modo. Sia C il sistema composto AB. Sia C0 = {A0 B0 } lo stato di riferimento di C, e sia C1 = {A1 , B1 } un altro stato di C. La differenza di energia E(C1 ) − E(C0 ) è data da il lavoro compiuto da C in un qualsiasi processo adiabatico da C0 a C1. D’altra parte posso pensare il processo (C0 → C1 )ad come costituito da un (A0 → A1 )ad seguito da (B0 → B1 )ad. Si ottiene quindi E(C1 ) − E(C0 ) = −W (A0 → A1 )ad −W (B0 → B1 )ad = E(A1 ) − E(A0 ) + E(B1 ) − E(B0 ) (3.7) Ancora una volta abbiamo utilizzato, per la dimostrazione appena riportata, l’assunzione 3.2.1. Se ora assumiamo per convezione che E(C0 ) = E(A0 ) + E(B0 ), allora otteniamo che E(C1 ) = E(A1 ) + E(B1 ) (3.8) Dalla Eq. (3.8) l’energia risulta una proprietà additiva. I valori di energia negli stati di riferimento sono infatti assegnati in modo da rispettare la proprietà additività. Corollario 3.2.4 Dal Primo principio della termodinamica e dalla definizione della proprietà energia consegue che l’energia di un sistema isolato non può variare. Un sistema isolato compie, infatti, soltanto processi adiabatici di lavoro nullo Definizione 3.2.2 — Calore − Q − grandezza intensiva − unit à di misura J Sia A un sistema chiuso e sia B l’ambiente di A. Si assuma che la temperatura media di A sia inferiore a quella di B. Le pareti di A e di B sono fisse e non possono muoversi (non si può scambiare energia tramite lavoro). Si consideri una porzione della parete di confine fra A e B. A contatto con questa porzione di parete esistono un sottosistema infinitamente sottile δ A di A in equilibrio stabile e un sottosistema infinitamente sottile δ B di B in equilibrio stabile, con la stessa temperatura θ , Fig. 3.1. I sottosistemi di A vicini a δ A avranno quindi temperatura minore di θ , mentre i sottosistemi di B vicini a δ B avranno temperatura maggiore di θ. Ne consegue che si ha un flusso di energia da B ad A che viene detto flusso di calore. L’interazione fra A e B è detta interazione di tipo calore. Si chiama calore ricevuto da A la variazione di energia di A dovuta a una interazione di tipo calore. 3.2 Primo principio della termodinamica 29 Con riferimento a un processo infinitesimo, si scrive δ Q = dEA = −dEB (3.9) In un processo finito: Q = E(A2 ) − E(A1 ) = −[E(B2 ) − E(B1 )] (3.10) Il calore scambiato per unità di massa, Q/m sarà indicato con il simbolo q. Nel caso in cui si assuma che la temperatura media di B sia inferiore a quella di A, calore ricevuto da A (variazione di energia di A) è negativo. Definizione 3.2.3 Storicamente è stata adotta la convenzione per la quale se un sistema scambia energia sotto forma di lavoro con l’ambiente circostante diremo che il lavoro compiuto dal sistema assume segno positivo (quello subito assumerà segno negativo come conseguenza). Definizione 3.2.4 Storicamente è stata adotta la convenzione per al quale se un sistema scambia energia sotto forma di calore con l’ambiente circostante diremo che il calore assorbito assume segno positivo (quello ceduto assumerà segno negativo come conseguenza). Definizione 3.2.5 — Bilancio di Energia Si consideri un processo A1 → A2 del sistema A, in cui A compie il lavoro W sul suo ambiente B e riceve da B la quantità di calore Q. Ai fini del bilancio di energia, le due interazioni possono essere pensate come avvenute in sequenza. In un processo finito si avrebbe dE = δ Q − δW (3.11) In un processo finito si avrebbe E(A2 ) − E(A1 ) = Q −W (3.12) Corollario 3.2.5 In un ciclo di un sistema A, in cui A scambia lavoro e calore con il suo ambiente, il calore assorbito è uguale al lavoro compiuto. Infatti, se A compie un ciclo, dalla Eq. (3.11) abbiamo che E(A2 ) = E(A1 ) e quindi risulta Q = W. Si ritrova così il vecchio enunciato di Poincaré del primo principio della termodinamica L’energia di un sistema chiuso generico (che non è coinvolto in reazioni nucleari) può essere suddiviso in tre componenti: una componente di energia interna U, una componente di energia cinetica Ec ed una componente di energia potenziale gravitazionale E p (dato che trattiamo la termodinamica sul pianeta terra sarà la gravità terrestre). mV 2 E = U + Ec + E p = U + +mgz (3.13) 2 dove m è la massa del sistema, V la velocità del sistema, g il modulo del vettore accelerazione di gravità e z la quota a cui si trova il sistema. 30 3. Principi della termodinamica 3.2.1 Misurazione della quantità di calore scambiata Il modo più preciso e concettualmente più corretto per misurare la quantità di calore scambiata da un sistema A durante una interazione di tipo calore è misurare la variazione di energia di A. Se la quantità di calore ricevuta è positiva, al fine di misurare il calore scambiato si può riprodurre il cambiamento di stato A1 → A2 versando lavoro ad A, senza uno spostamento netto della parete di confine (mediante una resistenza elettrica o un agitatore). Infatti, è sempre possibile versare lavoro entro un sistema A, a volume costante, aumentando la sua energia. Se la quantità di calore ricevuta è negativa, si riproduce il cambiamento di stato A2 → A1 (notare il verso opposto del processo) versando lavoro ad A, senza uno spostamento netto della parete di confine (mediante una resistenza elettrica o un agitatore), e si considera l’opposto del lavoro versato. 3.3 Schematizzazione dei processi termodinamici Ora vogliamo schematizzare i processi termodinamici in modo tale da avere gli strumenti per proseguire con la nostra presentazione delle basi della termodinamica. Conviene schematizzare l’ambiente di A nel modo più semplice. Nella termodinamica classica si assume che il sistema A abbia soltanto interazioni di tipo lavoro e di tipo calore. Si assume quindi che l’ambiente B di A sia costituito da serbatoi termici (o serbatoi di calore), speciali sistemi con cui A scambia calore, e un grave M, cioè un peso in un campo gravitazionale uniforme, con cui A scambia lavoro (eventualmente mediante connessioni ausiliarie). L’unica proprietà di un grave M che può variare è la sua quota in un campo gravitazionale uniforme (ovvero la sua energia potenziale). Definizione 3.3.1 — Apparato meccanico Chiameremo apparato meccanico un sistema M che è in grado di applicare un prefissato insieme di forze alla superficie di confine di un sistema A e che ritorna nello stato iniziale ogni volta che il lavoro scambiato con A è nullo Definizione 3.3.2 — Serbatoio termico Chiameremo serbatoio termico, o serbatoio di calore, un sistema chiuso, contenuto entro una regione di spazio fissata, tale che tutti i suoi stati di equilibrio stabile hanno la stessa temperatura Un serbatoio termico può essere realizzato mediante un sistema monocomponente (ad esempio acqua), con volume fissato, che attraversa stati di equilibrio stabile di punto triplo. Un serbatoio termico R può scambiare una quantità finita di energia, a volume fissato, mantenendo inalterata la propria temperatura. Il punto triplo dell’acqua si trova a temperatura 0.01 ◦C. Un esempio di serbatoio termico R è mostrato in Fig. 3.2. Definizione 3.3.3 — Punto triplo Il punto triplo è uno stato di equilibrio stabile di un sistema monocomponente in cui sono presenti tre fasi contemporaneamente: solido, liquido e vapore. Tutti gli stati di punto triplo di una data sostanza hanno la stessa temperatura A rigore, un serbatoio termico può essere soltanto realizzato con ottima approssimazione: per sistemi con numeri elevatissimi di particelle (diverse moli) un sistema chiuso con pareti fissate in stati di punto triplo è una accuratissima approssimazione di un serbatoio termico. 3.3.1 Scambio di calore con n serbatoi termici Concretamente, in un processo di A, la temperatura a cui avviene lo scambio di calore fra A e l’ambiente B assume infiniti valori diversi. Questo perché o la temperatura del sottosistema di B che scambia calore con A varia nel tempo, o A scambia calore in sequenza con diversi sottosistemi di B. Questa situazione viene schematizzata assumendo che, in una sequenza di processi infinitesimi, A scambi le quantità di calore δ Q1 ,... , δ Qn con un numero arbitrario n di serbatoi termici R1 ,... , Rn , ciascuno con 3.4 Secondo principio della termodinamica 31 Figure 3.2: Il serbatoio di calore R che scambia calore con il sistema A (inizialmente a temperatura differente) una sua temperatura. Il numero di serbatoi con cui A scambia calore può anche essere zero o infinito. Poiché, per ipotesi, la temperatura di un serbatoio termico non può variare, lo scambio di calore fra un sistema A ed un serbatoio termico R avviene sempre alla temperatura del serbatoio, che coincide con la temperatura del sottosistema di A che si trova (in quel momento) a contatto con R, come illustrato in Fig. 3.2. La distribuzione di temperatura non uniforme si verifica all’interno del sistema A. Un processo qualsiasi può quindi essere schematizzato come una sequenza di processi infinitesimi in cui A può scambiare la quantità di lavoro δW con un grave, e le quantità di calore δ Q1 ,... , δ Qn con i serbatoi R1 ,... , Rn. Nella trattazione seguente utilizzeremo sempre questa schematizzazione dei processi: l’ambiente di un sistema A è costituito esclusivamente da serbatoi termici e da un grave. Questa scelta ci permette di affermare che ogni processo quasistatico di A risulta reversibile. Il grave è, infatti, un apparato meccanico reversibile. I serbatoi termici passano soltanto attraverso stati di equilibrio stabile e quindi, se il processo è quasistatico, anche A passa soltanto attraverso stati di equilibrio stabile. Poiché non possono avvenire fenomeni irreversibili (come flusso di calore entro un sistema con temperatura non uniforme, attriti, dissipazioni viscose) entro un sistema in equilibrio stabile, il processo risulta reversibile. 3.4 Secondo principio della termodinamica A partire da ora, per facilitare la comprensione del testo, considereremo soltanto sistemi chiusi senza pareti o membrane semipermeabili interne. Chiameremo quindi regione di spazio R occupata da un sistema A la regione di spazio occupata da un qualsiasi costituente di A. L’estensione al caso più generale di sistemi con pareti o membrane semipermeabili interne si ottiene facilmente, sostituendo alla regione di spazio R il vettore delle regioni di spazio occupate dai costituenti di A. Inoltre, considereremo soltanto sistemi normali, omettendo per brevità l’aggettivo normale. Definizione 3.4.1 — Sistema normale Un sistema normale A sarà detto tale se, dato uno stato qualsiasi A1 , possiamo sempre passare ad uno stato di non–equilibrio ad energia maggiore tramite un processo con una interazione di tipo lavoro che lasci invariato il volume del sistema A Un sistema normale è un sistema la cui energia non è superiormente limitata. Un sistema i cui costituenti hanno tutti i gradi di libertà (traslazionale, vibrazionale e rotazionale) è un sistema normale. D’ora in poi faremo sempre riferimento a sistemi cosiddetti normali. Introdurremo ora la seconda assunzione di questo capitolo. Assunzione 3.4.1 Per ogni stato iniziale di un sistema A, esiste un processo adiabatico di A tale che: l’energia di A aumenta la regione di spazio occupata da A nello stato finale coincide con quella occupata da A nello stato iniziale lo stato finale di A è uno stato di non–equilibrio L’assunzione 3.4.1 (limitatamente ai primi due punti) è utilizzata in modo implicito nelle trattazioni convenzionali della termodinamica. Essa ha validità completamente generale (per i sistemi normali) e 32 3. Principi della termodinamica Figure 3.3: Esperimento di Joule costituisce un principio basilare della termodinamica, qui chiamato assunzione per non modificare la numerazione tradizionale dei principi (o postulati). 3.4.1 Esperienza di Joule Un esempio del processo descritto dall’assunzione 3.4.1 è la celebre esperienza di Joule descritta in Fig. 3.3. Il contenitore è costruito in modo che non disperda calore nell’ambiente (pareti adiabatiche) ed il lavoro ricevuto dal sistema (compiuto dal frullino metallico a) è pari alla perdita di energia potenziale del grave b in Fig. 3.3. Joule, con il suo esperimento, cercava di trovare la relazione quantitativa che lega il lavoro compiuto dalla pala a sul sistema ed il calore incamerato dal sistema per dissipazione viscosa. Dato che il sistema considerato è normale, la quantità di energia trasferita al sistema dalla pala non è vincolata superiormente. Dal Primo principio della termodinamica e da Fig. 3.3 evinciamo che la differenza di energia è da imputare al lavoro compiuto dal grave e ricevuto dal sistema. In termini di bilancio avremo ∆E = −W , dove ∆E = E f − Ei ed i pedici i ad f stanno per stato iniziale e stato finale. Dato che il lavoro è ricevuto, W < 0 quindi la variazione di energia sarà positiva (come ci aspettavamo l’energia del sistema aumenta). D’altra parte, l’energia del sistema, in questo caso, si esplicita in un aumento di temperatura. Il processo appena descritto può essere equiparato quindi ad un processo di “riscaldamento” del sistema. 3.4.2 Enunciato di Kelvin-Planck Di seguito viene riportata la formulazione del secondo principio della termodinamica nella versione di Kelvin-Planck. Secondo principio della termodinamica: enunciato di Kelvin-Planck È impossibile che gli unici effetti di un ciclo termodinamico siano la sottrazione della quantità di calore Q ad un serbatoio termico e la produzione di un lavoro positivo W È chiaro, dal Primo principio della termodinamica, che il risultato di un ciclo termodinamico per un sistema chiuso A sarà un bilancio fra calore ricevuto/ceduto e lavoro compiuto/assorbito. Dal punto di vista puramente matematico, il bilancio dell’energia che si ricava dal Primo principio della termodinamica ci permette di dire che gli unici effetti di un ciclo termodinamico siano scambio della quantità di calore Q con un serbatoio termico e lo scambio di lavoro W con un apparato meccanico. Il Secondo principio della termodinamica: enunciato di Kelvin-Planck appena enunciato, dice che non tutti possibili processi descritti dal bilancio dell’energia sono effettuabili. L’enunciato di Kelvin-Planck 3.4 Secondo principio della termodinamica 33 Figure 3.4: Esempi di processi che il secondo principio della termodinamica ammette o non ammette (sempre ipotizzando che soddisfino il bilancio di energia). (KP) sta per violazione dell’enunciato di Kelvin-Planck e (C) sta per violazione dell’enunciato di Clausius. evidenzia che il lavoro può essere versato in un sistema senza altri effetti, ma non può essere estratto da un sistema in equilibrio termodinamico senza altri effetti. 3.4.3 Enunciato di Clausius Secondo principio della termodinamica: enunciato di Clausius È impossibile, con un ciclo termodinamico, sottrarre la quantità di calore Q ad un serbatoio termico a temperatura più bassa θ2 e versarla ad un serbatoio termico con temperatura più alta θ1 senza che siano presenti altri effetti Si può dimostrare che se un processo viola l’enunciato di Kelvin-Planck allora si può dedurre che viola anche l’enunciato di Clausius. Analogamente, si può dimostrare che l’enunciato di Kelvin-Planck implica l’enunciato di Clausius. I due enunciati sono quindi equivalenti. Teorema 3.4.3 Violare l’enunciato di Kelvin-Planck implica violare l’enunciato di Clausius Dimostrazione Supponiamo che sia possibile trasformare la quantità di calore positiva Q sottratta al serbatoio termico R2 (violando l’enunciato di Kelvin-Planck) nella quantità di lavoro W. Sarebbe poi possibile, per la 3.4.1, versare il lavoro W nel serbatoio termico R1 , con temperatura θ1 > θ2 , sotto forma di calore Q (violando l’enunciato di Clausius). Il ragionamento è esemplificato nella parte sinistra di Fig. 3.5. Teorema 3.4.4 Violare l’enunciato di Clausius implica violare l’enunciato di Kelvin-Planck Dimostrazione Si consideri una motrice termica che sottrae Q1 al serbatoio termico R1 e versa Q2 nel serbatoio termico R2 , con θ1 > θ2 , trasformando in lavoro compiuto W = Q1 − Q2 (per adesso è tutto perfettamente lecito). Se fosse possibile sottrarre Q2 a R2 e versarlo ad R1 (violando l’enunciato di Clausius), il risultato netto sarebbe sottrarre Q1 − Q2 ad R1 e trasformarlo in lavoro W senza altri effetti (violando l’enunciato di Kelvin-Planck). Il ragionamento è esemplificato nella parte destra di Fig. 3.5. 34 3. Principi della termodinamica Figure 3.5: Equivalenza enunciati Kelvin-Planck e Clausius 3.4.4 Macchina ciclica operante fra due serbatoi Nella dimostrazione appena presentata si è seguito il seguente approccio. Partendo dal presupposto che la macchina X è ciclica, se applichiamo il bilancio di energia per i sistemi chiusi ad X otterremo ∆E = 0. La macchina ciclica X scambia calore solo con R1 e con R2 , ovvero il sistema R1 R2 X compie un processo adiabatico. Si fissino inoltre i versi relativi ai flussi di energia in gioco: Q1 positivo se il calore viene sottratto dal serbatoio R1 , Q2 positivo se il calore viene versato nel serbatoio R2 e W positivo se il lavoro viene compiuto dalla macchina X. Questa scelta permette un approccio molto comodo per lo studio dei bilanci energetici di macchine cicliche operanti fra due serbatoi. Una volta che si fissano i versi positivi dei flussi di energia del sistema macchina più serbatoi bisogna però fare attenzione ai segni quando si va a studiare l’equazione di bilancio dell’energia per X: si deve inserire un segno meno davanti contributo relativo al calore scambiato Q2. Definizione 3.4.2 — Macchina ciclica Viene chiamata macchina ciclica operante fra i serbatoi R1 ed R2 , con temperature θ1 > θ2 , un apparato ciclico che scambia calore fra con i serbatoi. La macchina ciclica cambia nome in funzione di come scambia calore, compie lavoro o lo assorbe. Dato che il bilancio di energia deve valere, in quanto macchina ciclica, ∆E = 0, allora ∆E = 0 = (Q1 − Q2 ) −W −→ W = Q1 − Q2 (3.14) Se Q1 è positivo (la macchina assorbe calore da R1 ) e Q2 è positivo (la macchina cede calore a R2 ), allora la macchina è detta motrice termica e compie il lavoro W = Q1 − Q2 > 0, come descritto nella parte sinistra di Fig. 3.6. Se Q1 è negativo (la macchina cede calore a R1 ) e Q2 è negativo (la macchina assorbe calore da R2 ), allora la macchina è detta macchina frigorifera e assorbe il lavoro W = Q1 − Q2 < 0, come descritto nella parte destra di Fig. 3.6. Definizione 3.4.3 — Macchina ciclica reversibile Una macchina ciclica X operante fra due serbatoi R1 e R2 si dice reversibile se il processo associato alla macchina è reversibile Teorema 3.4.5 — Macchine cicliche reversibili Si considerino due serbatoi termici, R1 ed R2 , e macchine cicliche reversibili operanti fra R1 ed R2. Sia Q1 la quantità di calore sottratta ad R1 e sia Q2 la quantità di calore versata ad R2 (nota bene che i segni di Q1 e Q2 sono funzione della definizione espressa in questo teorema). Allora il rapporto Q1 /Q2 è positivo ed ha lo stesso valore per tutte le macchine cicliche reversibili (Fermi 1937) 3.4 Secondo principio della termodinamica 35 Figure 3.6: Macchina ciclica operante fra due serbatoi nei due casi: macchina che compie lavoro (motrice termica, a sinistra), macchina che assorbe lavoro (macchina frigorifera, a destra) Figure 3.7: Due casi impossibili di macchina ciclica reversibile Dimostrazione Q1 /Q2 > 0 Si assuma che Q1 > 0: la macchina assorbe calore da R1 , lato sinistro di Fig. 3.7. Se fosse Q2 ⩽ 0 (la macchina assorbe calore anche da R2 ), la macchina violerebbe l’enunciato di Kelvin-Planck (in quanto trasformerebbe tutto il calore assorbito in lavoro). Si può concludere quindi che se Q1 > 0 → Q2 > 0 quindi Q1 /Q2 > 0. Si assuma ora che Q1 < 0: la macchina cede calore ad R1 , lato destro di Fig. 3.7. Nel ciclo inverso (la macchina deve essere reversibile), si avrebbe Q1 > 0 e, di conseguenza, Q2 > 0. Pertanto, nel ciclo in esame si ha Q1 < 0 → Q2 < 0 quindi Q1 /Q2 > 0. Dimostrazione Q1 /Q2 = const Dimostriamo ora che Q1 /Q2 ha lo stesso valore per tutte le macchine cicliche reversibili. Sia X una macchina ciclica reversibile che sottrae Qx1 ad R1 e versa Qx2 in R2 ; sia Y una macchina ciclica reversibile che sottrae Qy1 ad R1 e versa Qy2 in R2. Si assuma Qx1 > 0 e Qy1 > 0 (in caso contrario basta considerare i cicli inversi), e pertanto Qx2 > 0 e Qy2 > 0. Possiamo assumere senza perdere di generalità che n Qx1 = m Qy1 con n ed m interi positivi. Si considerino m cicli diretti di X ed n cicli inversi di Y , come illustrato in Fig. 3.8. La quantità di calore sottratta a R1 sarà quindi n Qx1 − m Qy1 = 0 (3.15) 36 3. Principi della termodinamica Serbatoio R1 Qx1 >0 Qy1 0 Qy2 0 e Q/Q0 > 0, risulta T > 0 per ogni serbatoio ter- mico. Definizione 3.4.4 — Temperatura termodinamica − T − propriet à intensiva − [K] Chiameremo temperatura termodinamica T di un sistema A, in uno stato di equilibrio stabile, la temperatura di un serbatoio termico con cui A è in equilibrio mutuamente stabile. Questa definizione può essere applicata solo se esiste un serbatoio termico alla temperatura T. Una definizione più generale sarà data in seguito. Si può dimostrare che condizione necessaria e sufficiente affinché due sistemi chiusi siano in equilibrio mutuamente stabile è che abbiano la stessa temperatura. Non presenteremo la dimostrazione. Si è convenuto di scegliere come R0 un serbatoio termico costituito da acqua al punto triplo (cioè con la presenza delle fasi solido, liquido e vapore) e si è fissato T0 = 273.16. L’unità di misura di T così definita è chiamata kelvin (simbolo K). T0 = 0.01 ◦C 3.4 Secondo principio della termodinamica 37 Serbatoio R a temperatura T Q W ⊗ Q0 Serbatoio R0 a temperatura T0 Figure 3.9: Temperatura termodinamica e temperatura del serbatoio termico 3.4.6 Disuguaglianza di Clausius Teorema 3.4.6 — Disuguaglianza di Clausius Si consideri un sistema chiuso A che compie un ciclo scambiando calore con infiniti serbatoi termici. Sia δ Q la quantità di calore infinitesima scambiata da A con il generico serbatoio, positiva se assorbita da A, e sia T la temperatura del generico serbatoio. Allora risulta I δQ ⩽0 (3.19) T dove il segno = vale se il ciclo è reversibile e il segno < vale se il ciclo è irreversibile. Dimostrazione di Fermi (1937) Si dimostra che se A compie un ciclo scambiando calore con un numero arbitrario n di serbatoi termici, R1 ,... , Rn con temperature T1 ,... , Tn , risulta n ∑ QT ⩽ 0i i (3.20) i=1 Si prenda in considerazione il sistema illustrato in Fig. 3.10. Si assuma che A compia un ciclo scambiando calore con un numero arbitrario n di serbatoi termici Ri caratterizzati da temperature Ti. I valori Qi definiscono la quantità di calore scambiata con i serbatoi Ri (positiva se assorbita da A) e mentre WA sarà il lavoro scambiato da A con un apparato meccanico (positivo se prodotto da A). Come illustrato in Fig. 3.10, consideriamo un ulteriore serbatoio termico R0 , a temperatura T0 , e una macchina ciclica reversibile X che scambia Qi con il serbatoio Ri in modo tale da riportarlo allo stato iniziale. La macchina X scambia Q0 con il serbatoio R0 (positivo se assorbito da X) e scambia lavoro WX con un apparato meccanico (positivo se prodotto da X). Si tenga presente che il sistema somma di serbatoi macchine e apparati meccanici è isolato. Finito il ciclo di A e quelli di X, i serbatoi Ri le macchine A e X sono tornati allo stato iniziale. Il serbatoio R0 e gli apparati meccanici con cui viene scambiato lavoro invece hanno cambiato il loro stato. La quantità di calore Q0 sottratta ad R0 non può essere positiva, perché si avrebbe una violazione dell’enunciato di Kelvin-Planck del secondo principio: tutto il calore Q0 sottratto ad R0 sarebbe trasformato interamente in lavoro prodotto WA +WX. Sarà quindi: Q0 ⩽ 0 (3.21) Applicando la conclusione ottenuta nella Eq. (3.21) alla Eq. (3.18) si ottiene n Q0 = T0 ∑ QT ⩽ 0 i i (3.22) i=1 38 3. Principi della termodinamica WA A Qi n serbatoi Ri a temperatura Ti Qi X WX ⊗ Q0 Serbatoio R0 a temperatura T0 Figure 3.10: Dimostrazione della disuguaglianza di Clausius E, dato che T0 > 0, otteniamo la Eq. (3.20). La Eq. (3.19) si otterrà come limite della Eq. (3.20) per n → ∞. Corollario 3.4.7 Si considerino processi reversibili A1 → A2 di un sistema chiuso A, in ciascuno dei quali A scambia calore con infiniti serbatoi termici. Sia δ Q la quantità di calore infinitesima scambiata da A con il generico serbatoio, positiva se assorbita da A, e sia T la temperatura del generico serbatoio. Allora l’integrale fra A1 → A2 di δ Q/T ha lo stesso valore per tutti questi processi, cioè è indipendente dal percorso e dipende soltanto dagli stati di inizio, A1 , e fine processo, A2 Dimostrazione Siano rev′ e rev′′ due processi reversibili di A da A1 ad A2 , e sia −rev′′ l’inverso del processo rev′′. Si consideri il ciclo reversibile di A costituito da rev′ seguito da −rev′′. Per la disuguaglianza di Clausius risulta Z A2 ! Z A1 ! δQ δQ + =0 (3.23) A1 T ′ A2 T ′′ rev −rev Poiché nel processo inverso tutti i δ Q cambiano segno, si ha Z A2 ! Z A2 ! δQ δQ = (3.24) A1 T ′ A1 T rev rev′′ Assunzione 3.4.2 Ogni coppia di stati (A1 , A2 ) di un sistema chiuso A può essere interconnessa con un processo reversibile in cui A scambia calore con serbatoi termici del suo ambiente e lavoro con un grave L’assunzione 3.4.2, implicita nelle trattazioni convenzionali, vale per tutti gli stati di equilibrio stabile, ma non per tutti gli stati di non–equilibrio. Ad esempio, non è applicabile agli stati di non–equilibrio termodinamico locale, cioè stati in cui il sistema A non può essere considerato come l’unione di infiniti sottosistemi infinitesimi ciascuno dei quali è in uno stato di equilibrio stabile. L’assunzione 3.4.2 definisce il dominio di validità della definizione tradizionale di entropia. 3.4.7 Definizione di entropia 3.4 Secondo principio della termodinamica 39 Definizione 3.4.5 — Entropia − S − propriet à estensiva − [J/K] Sia (A1 , A2 ) una coppia di stati di un sistema chiuso A. Si consideri un processo reversibile A1 → A2 di A, in cui A scambia calore con infiniti serbatoi termic