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Università degli Studi del Piemonte Orientale 'Amedeo Avogadro'

Francesco Dondero

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ecology biogeochemical cycles macronutrients science

Summary

These lecture notes cover biogeochemical cycles of fundamental elements and macronutrients. The document describes the movement of chemical elements and compounds within the various compartments of the ecosphere, including aquatic, aerial, and sedimentary compartments. It also discusses the role of producers and consumers in these cycles.

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Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 7a: Cicli biogeochimici degli elementi fondamentali e dei macronutrienti Lo studio dei cicli biogeochimici riguarda la movimentazione di alcuni elementi chimici e di alcuni composti fondamentali per la costituzione della s...

Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 7a: Cicli biogeochimici degli elementi fondamentali e dei macronutrienti Lo studio dei cicli biogeochimici riguarda la movimentazione di alcuni elementi chimici e di alcuni composti fondamentali per la costituzione della sostanza organica fondamentale all’interno dei diversi compartimenti dell’ecosfera (compartimenti acquatici, compartimenti aerei e compartimenti sedimentari). I materiali che costituiscono la sostanza organica sono il carbonio, l’ossigeno, l’azoto, il fosforo e lo zolfo. Ci sono elementi o i composti che non sono costituenti della sostanza organica ma sono altrettanto fondamentali per il funzionamento di una cellula e quindi per il corretto funzionamento di un organismo cellulare→ microelementi (ad esempio sodio, azoto e calcio) e oligoelementi che sono contenuti in concentrazioni inferiori (ad esempio zinco, rame, manganese). Ognuno di questi elementi o composti, a seconda della forma chimica con cui si presentano all’interno dei vari compartimenti ambientali, subisce un ciclo di tipo biogeochimico ovvero un passaggio da un ambiente di tipo fisico (abiotico) a un ambiente biotico→ passaggio all’interno dell’organismo dove viene accumulata della sostanza organica. Ad esempio, gli amminoacidi contengono C, O, H, N dove l’azoto è un costituente fondamentale degli amminoacidi; un altro esempio è che l’azoto e il fosforo sono componenti fondamentali per gli acidi nucleici. Il fosforo è importante sia in forma organica che inorganica per tutti quei processi fondamentali energetici legati all’utilizzo di ATP e analoghi trifosfati. I componenti fondamentali della sostanza organica in ordine quantitativo sono: C > O > N > P > S. Nei cicli biogeochimici si ha quantitativi di materiale che si alternano all’interno di compartimenti ambientali e all’interno degli organismi stessi. In ecologia gli organismi vengono distinti in: produttori primari (reali responsabili della assunzione di questi elementi e della loro successiva distribuzione all’interno della rete trofica ai consumatori e quindi ai produttori secondari) e produttori secondari/consumatori. Ogni ciclo biogeochimico è dotato di un pool/quantitativo di riserva e un pool labile o di scambio. Il pool di riserva è un quantitativo che è conservato in un compartimento ambientale in quantitativi ampi di riserva; questo compartimento è generalmente meno attivo (gli scambi da questo compartimento sono solitamente lenti) e solitamente è collocato in un compartimento non biologico (tenendo conto i compartimenti ambientali dell’ecosfera→ l’ecosfera è l’unione di quei compartimenti ambientali in cui è possibile la vita). Il pool labile o di scambio è una componente più piccola e attiva che è in rapido movimento tra la materia abiotica e biotica per cui è la parte scambiata tra il compartimento di riserva e la frazione vivente (sono i produttori primari a compiere questo passaggio di acquisizione degli elementi fondamentali all’interno della sostanza organica. Organismi osmotrofici come ad esempio i batteri, lieviti (che non sono produttori primari) possono per crescere oltre ad una fonte di sostanza organica acquisire elementi fondamentali di cui hanno bisogno i produttori primari però da un punto di vista ecologico e quantitativo il loro ruolo nella trasmissione di questi elementi è probabilmente inferiore ma non è da escludere (soprattutto per alcuni cicli per cui non si ha la conoscenza di tutti i processi di tutte le sorgenti di approvvigionamento e scambio e quindi non si può escludere uno scambio mediato da microrganismi eterotrofi). Ad ogni pool (quantitativo misurabile solitamente in grammi; per il carbonio vengono utilizzati i Petagrammi=1015g) di riserva corrisponde un compartimento di riserva; i cicli biogeochimici vengono caratterizzati in funzione ai compartimenti dove si vanno a riscontrare i pool di riserva→ si possono avere cicli gassosi, cicli sedimentari o cicli misti. 80 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Si hanno cicli di tipo gassoso quando il pool di riserva è conservato nell’atmosfera o nell’idrosfera (quest’ultima è rappresentata dagli oceani in quanto essi costituiscono la quasi totalità frazione in percentuale delle acque presenti sul pianeta come quello del carbonio, dell’ossigeno, dell’acqua e dell’azoto. Il carbonio è il più studiato nel ciclo gassoso; l’anidride carbonica accumulata nella troposfera e nell’atmosfera in generale non è il componente di riserva ma la componente di riserva è bensì il bicarbonato e il suo compartimento di riserva è l’oceano (ha pH intorno a 8 dovuto, appunto, all’ingente quantitativo di bicarbonato). Il ciclo dell’ossigeno è in stretta relazione con quello del carbonio grazie a processi di fissazione, fotosintesi clorofilliana e respirazione (sono processi speculari). Anche il ciclo idrogeologico (dell’acqua) è un ciclo gassoso che avrà il suo compartimento di riserva negli oceani (quest’ultimo interessa anche altri compartimenti che generalmente nei cicli biogeochimici non vengono considerati come calotte polari, laghi, acque continentali). Il ciclo dell’azoto ha un compartimento di riserva a livello atmosferico (anche l’ossigeno ha il proprio compartimento a livello atmosferico in quanto la percentuale di ossigeno nell’atmosfera è pari al 21% contro 0,04% della CO2). I cicli di tipo sedimentari sono quelli che presentano il compartimento di riserva nella litosfera come ad esempio il ciclo del fosforo (le riserve di fosforo sono nelle rocce di tipo fosfatiche) o di altri elementi quali calcio e sodio, il cui ciclo è meno importante dal punto di vista ecologico (non sono costituenti fondamentali della sostanza organica ma nonostante ciò sono costituenti fondamentali della vita e quindi per il funzionamento della cellula). Si hanno cicli misti quando sono presenti più compartimenti di riserva egualmente distribuiti. Lo zolfo è l’esempio più lampante; esso ha due riserve tra cui una nell’idrosfera sotto forma di solfato (un elemento molto abbondante nell’acqua di mare dove si ha sodio, cloro, solfato, magnesio e calcio) e una di tipo sedimentaria presente in un minerale ovvero la pirite (minerale difficile da attaccare in quanto ci vuole un acido forte). Lo zolfo ha un ciclo particolare perché ha due riserve che sono molto lente a cedere lo zolfo ma ha molte reazioni di scambio che permettono il passaggio in conformazioni di zolfo diverse tra loro che si distribuiscono differentemente in diversi compartimenti ambientali e allo stesso modo “ciclano” velocemente all’interno degli organismi viventi. L’immagine sopra mostra il ruolo fondamentale nella ciclizzazione degli elementi da parte dei produttori primari. Nei modelli informali di Odum avevamo rappresentato l’ecosistema con il suo confine ecosistemico 81 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 spaziale, l’ambiente di input e l’ambiente di output e si era definito il fatto che gli ecosistemi fossero sistemi aperti (capaci di scambiare energia ma anche materiali). I materiali rappresentati nei diagrammi di Odum sono quelli che si andranno a vedere in modo più specifico nei cicli biogeochimici. Nel modello generalizzato presente nell’immagine soprastante, si parte da un nutriente che proviene dall’esterno (elemento input) ovvero da un input dovuto dall’alterazione meteorica di rocce e minerali come ad esempio il fosforo; il fosforo è presente in rocce fosfatiche e l’azione di dilavamento degli agenti atmosferici, l’alternanza di caldo-freddo e l’azione di dilavamento dell’acqua, che ha proprio una componente acida (quest’ultima è importante per il ciclo biogeochimico dello zolfo e per l’immissione in atmosfera di anidride solforosa e solforica introdotta attraverso la combustione dei combustibili fossili), permettono il trasporto di nutrienti. I nutrienti entrano, trasportati dal deflusso dell’acqua, in un ecosistema (rappresentato nell’immagine da una foresta) e raggiungono il suolo ovvero la componente “viva” del compartimento litosferico dove le piante presentano le radici che sono in grado di assorbire i nutrienti. I nutrienti raggiungono l’ecosistema, si mischiano e vengono speciati (possono avvenire trasformazioni chimiche già nel suolo per una chimica ambientale→ ad esempio parte del fosforo può essere chelato; l’orto-fosfato può essere sottratto e reso non disponibile per l’assorbimento a opera delle radici). Le radici per avere un assorbimento migliore possono avere delle simbiosi con funghi (ad esempio micorrize). Una volta che si a l’assunzione di nutrienti nella radice, essi vengono trasportati insieme all’acqua per raggiungere la foglia e poi in essa avvengono i processi biosintetici ed energetici e assimilazione nelle macromolecole organiche (ad esempio il fosforo è fondamentale per gli acidi nucleici); si ha quindi l’incorporazione di questi nutrienti nel tessuto della pianta, nella foglia e in altri distretti vivi. I nutrienti verranno poi riceduti all’ecosistema con la caduta della foglia. La caduta della foglia e la formazione di detrito organico consistono nel processo di ciclizzazione interna (processo fondamentale)→ gli elementi fondamentali dei cicli biogeochimici sono in quantità molto maggiori rispetto a quelli di provenienza diretta dal compartimento di riserva; questi elementi sono utilizzati maggiormente attraverso la ciclizzazione interna (ciò è lampante nel caso dell’azoto, quest’ultimo è molto ciclabile tra la componente vegetale in degradazione, il suolo, il successivo riassorbimento). All’interno di un ecosistema è molto più importante la ciclizzazione interna rispetto alla movimentazione diretta dal compartimento di riserva al compartimento di utilizzo o scambio; per questo la ciclizzazione dei nutrienti, nei cicli biogeochimici, è un processo fondamentale dell’ecologia (l’ecologia si occupa proprio di questi processi, ovvero del mantenimento degli stati stazionari attraverso un recupero dell’energia e dei materiali). Il concetto di recupero e riciclo di materiali viene ripreso nel concetto di ecologismo attuale. La ciclizzazione interna è il processo attraverso cui un componente fondamentale viene acquisito da un produttore primario, alla fine del ciclo vitale del produttore primario si ha il processo di decomposizione che comporta nella perdita della foglia, la formazione del detrito organico, l’azione di tutta la comunità biologica che si occupa della formazione e degradazione del detrito stesso che culmina con il processo di mineralizzazione della sostanza organica. Partendo da un elemento (come il fosforo) o un composto (come il fosfato) in forma libera, esso è stato poi organicato all’interno di macromolecole organiche per poi concludere il ciclo di un organismo in modo da avere la degradazione attraverso azione meccanica (come la masticazione di determinati organismi) e l’attacco di microrganismi mediante processi di tipo enzimatico e azioni di tipo abiotiche (gelo, disgelo, temperatura, azione degli acidi presenti in acqua o suolo). Il processo di degradazione organica permette agli elementi che erano stati incorporati all’interno di macromolecole siano adesso incorporati sottoforma di composti e elementi (solitamente sono composti, ad esempio il fosforo solitamente è presente sottoforma di fosfati; l’unico elemento allo stato elementare in natura è lo zolfo). 82 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Non sono importanti solo le piante superiori per la ciclizzazione interna ma è fondamentale anche il fitoplancton che ha un ciclo vitale molto rapido; sono poche le cellule di fitoplancton che vanno incontro alla ciclizzazione interna del detrito, è più probabile che il fitoplancton venga inglobato dallo zooplancton e che sia poi la degradazione dello zooplancton a dar origine a nuovo fosforo, nella colonna d’acqua, che possa poi essere riacquisito dal fitoplancton stesso. Il modello della foglia che organica i macronutrienti e cadendo li libera mettendoli a disposizione della comunità dei produttori primari o degli osmotrofi (questi ultimi però rappresentano solo una frazione specialistica come protozoi ciliati presenti in acque interstiziali o amebe) immette energia nella catena del detrito ma immette quindi macronutrienti con il processo di ciclizzazione interna che passa per la decomposizione e la mineralizzazione della sostanza organica. Il termine mineralizzazione significa restituire in forma minerale, non organica i macronutrienti. 83 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 7b: ciclo del carbonio Il carbonio è l'elemento fondamentale alla base della vita, infatti riconosciamo una matrice biologica attraverso la sua composizione chimica. Il suo principale costituente è la sostanza organica cioè un insieme di molecole complesse il cui scheletro è l'atomo di carbonio. Il carbonio è perfetto da questo punto di vista perché può stabilire numerosi legami: 4 legami singoli o numero inferiori di doppi legami. Questa duttilità porta la possibilità di costituire un numero di molecole associando atomi di carbonio con atomi di carbonio e introducendo atomi diversi dal carbonio per dare origine a un insieme di sostanze organiche che contraddistinguono la vita che sono arricchite di ossigeno, azoto, in misura molto minore zolfo e misura intermedia fosforo. Secondo Michael Russell (università di Edimburgo; negli ultimi anni al NASA Jet Lab all'Istituto americano di ricerca spaziale) che è il propositore della teoria biochimica dell'origine della vita sviluppata insieme a Bill Martin (Università di Dusseldorf), la vita è l'organicazione dell’anidride carbonica, il passaggio è la riduzione dell'anidride carbonica a una molecola più arricchita di idrogeno e un po' meno di ossigeno come la formaldeide (composto organico più semplice di carbonio, idrogeno e ossigeno). Il ciclo del carbonio è un ciclo gassoso→ un ciclo gassoso, lo si riconosce perché il suo budget di riserva deve essere confinato nell’atmosfera o nell’idrosfera, nel caso specifico del carbonio il budget (o Pool) di riserva risiede nell'idrosfera, specificatamente negli oceani. Attenzione! L'anidride carbonica non è il costituente principale del pool di riserva del ciclo del carbonio, anzi è una molecola di transizione che appartiene in particolar modo al pool labile, infatti il ciclo del carbonio è fortemente legato ai processi fotosintetici e al suo processo speculare cioè la respirazione. Gli organismi fotosintetici hanno un ruolo chiave nella fissazione del carbonio, a partire da anidride carbonica e dal bicarbonato→ HCO3- è la forma di carbonio inorganica che costituisce la riserva in idrosfera, cioè negli oceani è contenuta una quantità di bicarbonato che è associata ad anidride carbonica in un equilibrio acido base. Le rocce carbonatiche cioè quelle rocce come la Dolomite che sono state deposte in epoche geologiche passate, come il permiano (250 milioni di anni fa), e sono presenti in Italia, Europa e tutto il mondo, non rientrano nella trattazione del ciclo biogeochimico del carbonio. Se dovessero entrare supererebbero come riserva il bicarbonato presente dell'oceano. Non le facciamo rientrare perché sono sostanze fondamentalmente immobili, il carbonio è immobilizzato nella roccia carbonatica che è una roccia sedimentaria. Questo carbonio per essere restituito nel ciclo biogeochimico dovrebbe essere restituito attraverso un processo di metamorfosi geologica, per esempio attraverso anidride carbonica sotto forma di eruzione vulcanica. Siccome il ciclo del carbonio è molto rapido, perché è associato ai processi fotosintetici, alla respirazione, alla produttività, alla degradazione della sostanza organica, non facciamo rientrare le rocce sedimentarie nella trattazione di questo ciclo, altrimenti questo quantitativo sovrasterebbe enormemente quello del bicarbonato presente negli oceani. Il ciclo del carbonio è legato intimamente ai processi energetici→ noi utilizziamo principalmente fonti di carbonio zuccherine per produrre energia a livello cellulare; abbiamo visto l'importanza della sostanza organica nei processi energetici di tipo ecosistemico sia che vadano lungo la catena del Pascolo e soprattutto se si va verso la catena del detrito in cui c'è il riutilizzo del carbonio, oltre che degli altri elementi, nel processo di mineralizzazione di macroelementi (azoto, fosforo, zolfo). C'è un altro processo energetico che dobbiamo considerare: oggi il ciclo biogeochimico del carbonio è alterato nella sua naturalità dall'uomo, quindi il consumo del carbonio fossile altera il ciclo biogeochimico del carbonio. La parte sedimentaria che entra in gioco nel ciclo biogeochimico del carbonio (carbon fossile e petrolio) è largamente utilizzata per i processi produttivi umani. Gli effetti delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera sono noti→ un aumento della concentrazione dell'anidride carbonica in atmosfera genera l'effetto serra che genera conseguentemente il riscaldamento della troposfera e al contempo la diffusione 84 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 dell' anidride carbonica nelle oceano determina l'acidificazione delle acque marine entro certi limiti ancora oggi accettabili, ma con un trend che entro 80-200 anni potrebbe diventare insostenibile per i processi di deposizione della conchiglia in molti organismi invertebrati come molluschi che utilizzano il bicarbonato per deporre un guscio protettivo di carbonato di sodio calcio o magnesio fondamentale per la sopravvivenza. Ogni ciclo biogeochimico è dotato di alcuni pool, cioè dei quantitativi che fungono da riserva o che sono presenti in un determinato compartimento e che vengono scambiati tra vari compartimenti, tra i compartimenti fisici e gli organismi (principalmente i produttori primari), ma che non dovrebbero variare in un ciclo stabile, e allora parliamo di flussi che mettono in comunicazione tra di loro differenti compartimenti sia viventi che compartimenti fisici. Il budget di riserva è compreso negli oceani e corrisponde 38000 Gt (l'unità di misura del ciclo biogeochimico del carbonio è la giga tonnellata cioè un miliardo di tonnellate di carbonio possiamo utilizzare anche il petagrammi cioè 1015 g). Il secondo compartimento è la litosfera (senza la roccia carbonatica) con i combustibili fossili, si tratta sempre di rocce perché il petrolio è il carbone fossile sono rocce; la stima sono 10.000 Gt è una stima che potrebbe essere anche sbagliata ma non di ordini di grandezza, tuttavia la consuetudine della didattica e la letteratura scientifica è quella di presentare questa cifra. Il terzo compartimento è rappresentato dalla sostanza organica in decomposizione che corrispondono a 1500 Gt che sostanzialmente sono rappresentate dal carbonio presente nel suolo, i resti animali e resti vegetali. Il quarto compartimento è l'atmosfera con 750 Gt. Non bisogna fare l'errore di dire che il ciclo biogeochimico del carbonio e gassoso perché il compartimento di riserva è l'atmosfera. Dobbiamo ancora considerare un compartimento ovvero la vegetazione dove abbiamo 560 Gt, di questo però non viene rappresentata la biomassa relativa agli organismi animali perché per le leggi di trasferimento dell'energia, la biomassa degli animali è molto inferiore a quella dei vegetali, pertanto al massimo può contribuire per un 10% (forse questa misura è stata considerata nel totale di 560). Queste cifre devono essere considerate per quanto riguarda l'ordine di grandezza e non l'unità e la decina esatte. 85 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 I flussi sono flussi annui sempre espressi in giga tonnellate. Il flusso di 120 gigatonnellate che arriva verso gli organismi fotosintetici terrestri rappresenta la produttività primaria lorda dei biomi terrestri; il flusso che parte dagli organismi terrestri e va verso l'atmosfera di 60 giga tonnellate rappresentano la respirazione. Pertanto in questi flussi abbiamo visto la produttività primaria netta globale come bilancio di 120 sottratto 60. In realtà abbiamo studiato che la produttività primaria globale netta è un po' più alta perché sono delle stime che considerano fattori ambientali variabili per cui in questo caso la produttività primaria netta globale dei biomi terrestri è stata presentata con 60 mentre noi avevamo 108 giga tonnellate per anno→ sono nello stesso ordine di grandezza. Generalmente c’è una variazione della produttività primaria terrestre tra 40-60 Gt/anno. È importante saper riconoscere che quel valore la risultante dei 120 meno 60 rappresenti la produttività primaria e i 60 la respirazione. C'è poi un contributo di 60 gigatonnellate che è respirazione identificata come quella della fascia bruna e quindi comprendiamo tutti gli organismi eterotrofi terrestri. Dunque in questo diagramma di flusso abbiamo già bilanciato il carbonio in entrata nel compartimento vivente con le due respirazioni degli autotrofi e dei eterotrofi. Nel compartimento acquatico abbiamo due flussi di 92 Gt di trasferimento dell'atmosfera all'oceano e un flusso in uscita di 91 Gt che va dall'oceano all'atmosfera. Qui non c'è un annullamento completo non c'è quindi un bilanciamento concreto del flusso di entrata e in uscita e ciò significa che l’oceano è un serbatoio di accumulo di anidride carbonica a partire dall' atmosfera. Infatti l’anidride carbonica è responsabile dell'acidificazione degli oceani che è un processo che stiamo osservando e siamo capaci di studiare, anche misura retrospettiva in epoche geologiche→ sappiamo che oggi questo aumento di CO2 sta modificando il pH dell'oceano. Il flusso di sedimento organico trasportato attraverso i fiumi, ovvero la linea orizzontale al centro della figura che rappresenta il detrito organico, trasportato, eroso, dilavato dalle piogge dai terreni e dal suolo e trasportato poi attraverso i fiumi verso l'oceano. Questo poi precipita e il flusso viene trasferito ai sedimenti oceanici e sarà rimesso in circolo solo attraverso processi considerabili in epoche geologiche. Tuttavia, è un trasferimento da uno stesso compartimento a allo stesso compartimento, cioè dalla litosfera al litosfera, dal suolo ai sedimenti profondi. Comunque, è un quantitativo di flusso abbastanza irrilevante nel contesto dei budget e dei flussi principali del ciclo biogeochimico del carbonio. Dobbiamo considerare il fatto che almeno 2 processi comportano lo sbilanciamento del flusso del carbonio: La combustione dei carboni fossili, cioè petrolio, carbon fossile e gas naturale→ immette nell'atmosfera circa 5-6 Gt/anno, oggi sono un po' di più circa 8-10 Gt perché c'è stato un aumento progressivo dovuto allo sviluppo industriale, tecnologico, produttivo soprattutto dei paesi del Sud- est asiatico della Cina, India che oggi sono delle vere e proprie superpotenze economiche mondiali. La deforestazione con la conseguente attività di combustione o di decomposizione del legname, fondamentalmente questo contributo di 1-2 Gt è dovuto al legno che è bruciato a seguito del disboscamento per far spazio ad allevamenti, a monocolture di cereali, soia, piuttosto che soprattutto di piante tropicali per la produzione di olio di palma (avviene nelle foreste del Borneo, mentre la deforestazione in Amazzonia è una deforestazione dovuta alla coltivazione di soia per scopo di successiva allevamento di bestiame) Questi contributi di 8-10 + 1-2 Gt sono il contributo annuale che abbiamo in atmosfera, motivo della pressione antropica sull'accumulo della CO2 in troposfera, effetto serra, riscaldamento e cambiamenti climatici globali. Questo accumulo in atmosfera è anche un accumulo in oceano perché la CO 2 è libera di diffondere e questo flusso sbilanciato ce lo suggerisce. La biomassa oceanica non viene accumulata come quella terrestre ma abbiamo un accumulo di 560 Gt di foreste e altre forme di vegetazione terrestre (gli alberi stimati negli ultimi anni attraverso metodi satellitari sono 3 trilioni = 3000 miliardi di alberi). Cioè sappiamo 86 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 che il ciclo vitale del fitoplancton è istantaneo, la piramide delle biomasse rovesciate ce lo conferma, per cui non c'è un accumulo di biomassa di produzione primaria, il quantitativo di organismi consumatori è irrilevante in questa trattazione. In realtà è stimabile in alcune decine di Gt ma in questi report non viene considerata. La CO2 diffonde liberamente e va incontro ad un fenomeno di speciazione, modificazione della sua forma chimica: l'anidride carbonica in atmosfera appare come CO2, in oceano appare sotto forma di bicarbonato; perché esiste un equilibrio acido base che mette relazione CO2, bicarbonato e carbonato. Queste forme di carbonio sono connesse tra di loro con l’equilibrio acido-base che dipende dal pH del mezzo in cui ci troviamo nell’ambiente acquatico. In oceano La CO2 che viene diffusa viene rapidamente combinata con l’acqua a formare un idrossiacido del carbonio ovvero l'acido carbonico che è un acido instabile che si scinde in bicarbonato e idrogenione (H+) che va a contribuire all’acidificazione dell'oceano e una parte minore del bicarbonato viene nuovamente spostato gli equilibri verso un altro idrogenione e ione carbonato. Questo è l’equilibrio acido-base in soluzione dell'anidride carbonica che funge come un acido. Se c'è questa speciazione rapida fitoplancton microalghe e batteri fotosintetizzanti utilizzano per la maggior parte la CO2, alcuni direttamente il bicarbonato, in ogni caso c'è una conversione enzimatica possibile ad opera dell’enzima anidrasi carbonica. Alcune alghe riescono a utilizzare il bicarbonato modificandolo direttamente all'interno della cellula con questo enzima, in altri casi abbiamo l'utilizzo di quella poca quantità ma sufficiente di CO2 libera per poter fare il processo fotosintetico. Quando si coltivano le alghe in laboratorio, si ha la bombola di CO2 e la si può dare fino al 5-10% senza modificare troppo il pH e in questo modo si riesce a dare uno spunto alla crescita algale notevole. Il fatto che venga usata la CO2 dagli organismi fotosintetizzanti, non fa altro che richiamare ancora più velocemente la CO 2 dall'atmosfera, per cui è un fattore fondamentale nei processi di diffusione e di utilizzo per la produzione primaria dell'anidride carbonica. Il grafico mostra l'equilibrio acido base per le 3 forme di carbonio inorganico all'interno dell'acqua di mare. L'acqua di mare e l'oceano è il compartimento di riserva e la forma predominante è il bicarbonato, ma questo è uno delle possibili conformazioni dell'anidride carbonica quando viene disciolta in acqua. Questo equilibrio delle tre forme dipende dal pH: il grafico mostra sull'asse delle ascisse il pH dell'oceano intorno al pH 8-8.1 e le 3 curve che sono le curve teoriche delle tre forme in cui l'anidride carbonica si presenta in acqua. L'intersezione tra la barra verticale blu e la barra dell'anidride carbonica va intersecare molto in basso ad un livello teorico di CO2 intorno allo 0,5%, il bicarbonato molto in alto intorno al 90%, e il carbonato si attesta attorno al 9,5% per portare questo bilancio di rapporti al 100%. Attenzione! Questi valori in percentuale sono i rapporti di concentrazione tra le 3 forme cioè dato tutto il carbonio inorganico disciolto in acqua con le sue 38000 Gt, abbiamo questi rapporti di concentrazione. 87 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 La forma predominante chiaramente è il bicarbonato. Le forme sono in equilibrio che dipende dal pH cioè se fossimo ad esempio a pH 5 come nell' oceano primordiale sposteranno questo equilibrio in maniera drastica. Avremmo predominanza assoluta di CO2, infatti l’oceano primordiale era un oceano acido proprio per questa presenza di CO2 predominante, avremmo circa 10% di bicarbonato e non abbiamo la possibilità fisica e chimica di avere del carbonato, cioè di avere un equilibrio con il carbonato. Il processo di diffusione è un processo dovuto a rapporti di concentrazione, visto che in atmosfera predomina la CO2 e che questa viene rapidamente speciata in oceano a bicarbonato è naturale pensare che ci sia un flusso trainato da un gradiente naturale di concentrazione che comporta questo continuo flusso dall’atmosfera verso l'oceano. Questo da una parte riduce la pressione sul riscaldamento globale, dall'altra comporta l'acidificazione dell'oceano. L'immagine del planisfero mostra una mappatura su scala globale delle anomalie di pH rispetto a un valore di riferimento in epoca preindustriale. Questi valori di riferimento vengono estrapolati attraverso dei sofisticati sistemi basati sulle misure isotopiche di determinati rapporti isotopici che sono pH dipendenti e ci permettono di ricostruire anche su una scala geologica (non in questo caso) le anomalie rispetto a un centinaio di anni fa→ molto interessante per capire l'evoluzione e la dinamica sia della chimica e della fisica dell'atmosfera che di quella degli oceani. Le anomalie di pH sono onnipresenti e sono concentrate in determinate aree: arriviamo fino a variazioni di pH dell'ordine della prima cifra decimale cioè passare da un pH 8.1 a un pH 8 che è già una notevole variazione. Variazioni molto maggiori, non dell'ordine dell'unità ma di alcuni decimi di unità, tipo ad arrivare a un 7.6, avremmo già molta difficoltà a vedere deposto il guscio carbonatico tipico di moltissimi molluschi cefalopodi che hanno un guscio interno sia tutti gli organismi che hanno una conchiglia e una protezione esterna. Questo comporterebbe uno sconvolgimento della biocenosi oceanica di proporzioni inimmaginabili. Rimaniamo sempre in un'ottica di disturbo antropico del ciclo biogeochimico del carbonio e parliamo di anidride carbonica in atmosfera. La diapositiva mostra un osservatorio delle Hawaii, punto di riferimento per la determinazione delle concentrazioni di vari gas in atmosfera, che ci dà due misure nel 2015 era di 401.52 parti per milioni (0.04%) e nel 2020 414.50→ abbiamo avuto un aumento di 13 parti per milioni cioè un aumento in 5 anni che estremamente significativo. Un aumento di 0.6% su base annua che è importante perché ciò significa che in 100 anni raddoppiamo la concentrazione di CO2 siamo a 800 parti per milioni; in questa situazione l’effetto serra è altissimo e la temperatura media della troposfera raggiungerà quei 2° o 1.5° di aumento rispetto ai valori di riferimento di epoca preindustriale. Ciò comporterà un’accelerazione dei processi estinzioni di massa e di deterioramento ecosistemico ma anche una serie di fattori intermedi come la tropicalizzazione degli ambienti temperati, l'innalzamento degli oceani, l'immersione di una buona parte della Riviera Romagnola sott'acqua, la scomparsa di Miami Beach, ovvero tutti fenomeni che gli scienziati descrivono e predicono attraverso modelli estremamente sofisticati e accurati, validati e confermati da decenni di misurazioni. La CO2 sta aumentando dall'epoca industriale infatti possiamo vedere il grafico in cui è mostrato un Focus degli anni ’60, c'è stato un aumento che appare lineare, mentre se partiamo dall'età preindustriale, vediamo che l'aumento è assolutamente esponenziale. Stabilire la causa effetto è sempre molto difficile, ma i modelli matematici hanno mostrato con fermezza che se escludessimo il contributo dei combustibili fossili, della deforestazione e di alcune pratiche agricole non avremmo la spiegazione di questi aumenti così 88 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 repentini→ l'azione e l'aumento della CO2 è, con una bassa dose di incertezza (sempre presente in questo tipo di misurazioni), causata dalle attività umane che abbiamo descritto precedentemente. 410 ppm o 0.04% i valori attuali in atmosfera, negli anni ‘80 molti libri parlavano di 300 ppm, per cui è un aumento considerevole in 40 anni ovvero 33% che è proporzionale a un raddoppio in meno di un secolo. Gli aumenti di CO2 sono esistiti e si sono verificati anche prima dell'esistenza dell'uomo, però le cause erano naturali: principalmente emissioni vulcaniche, dovute a scombussolamenti e sconvolgimenti tipo l'arrivo di meteoriti sulla terra che hanno modificato grandemente le condizioni di stabilità dovuti al grande periodo ossidativo, in cui prima dell'epoca cambriana c’è stato un adattamento alla vita come la conosciamo oggi cioè basata sulla respirazione cellulare che ha comportato, grazie al processo fotosintetico, le emissioni di ossigeno da utilizzare per gli organismi eterotrofi e siamo arrivati a livelli compatibili con la vita sulla terra. Dopodiché ci sono state grosse oscillazioni dovute ad esempio, nel per permiano-triassico, ad attività vulcaniche che si sono risvegliate e hanno portato a sconvolgimenti, dove questo adattamento alla vita con basso tenore di CO2 in atmosfera sono stati persi immediatamente, ovvero 2-20 milioni di anni. La vita sulla terra è ancora compatibile con 800 ppm e forse anche con 1500-2000, ma con che modificazioni degli ecosistemi e delle comunità, con che perdita della biodiversità, quanti milioni di anni dovremo avere perché ci sia un adattamento e una ripresa della biodiversità e dell'integrità ecosistemica→ parliamo di epoche geologiche. Il contributo per Gt per anno di CO2 in atmosfera, negli anni 2000 siamo tra gli 8-9 Gt che sono dell'epoca moderna. I principali responsabili sono la Cina gli Stati Uniti e in misura molto minore gli altri Stati, come Russia, India, Giappone, Germania (sempre davanti a tutti gli altri paesi europei). La CO2 nell'atmosfera è facilmente influenzabile dalle attività fotosintetica, infatti, il diagramma del 1968 mostra come la CO2 possa variare di molto (anche 10-15%) rispetto alla vicinanza o meno rispetto a una pianta. Ciò significa che dove agisce la chioma della pianta c’è un minimo di CO2 (305) mentre sul suolo dove abbiamo anche l’attività microbica eterotrofica 350 e la variazione è notevole→ aggiorniamo questi dati a un valore medio 400 ppm di CO2. Ci sono anche delle variazioni stagionali che non seguono esattamente attività fotosintetica delle piante per quanto riguarda l'emisfero nord (aggiorniamo sempre a 400 ppm la concentrazione media). Si può notare che c'è uno sfasamento rispetto al minimo che si ottiene alla fine del periodo vegetativo settembre-ottobre, per cui questa 89 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 diminuzione dovuta alla fissazione la notiamo solo alla fine del periodo vegetativo, mentre il massimo paradossalmente è nel periodo di maggio giugno. Rispetto al video della NASA delle lezioni precedenti c'è una leggera discrepanza→ nel video c'era un grandissimo accumulo di CO2 durante il periodo invernale ma incominciavamo a vedere i benefici un mese prima, in questo grafico il punto di flesso lo troviamo a luglio avanzato, lo sfasamento tra l'attività fotosintetica e il beneficio dovuto ad essa è dimostrato scientificamente. Nel suolo la sostanza organica ha un altro aspetto: quel 1500 Gt che sono il terzo valore più alto (l'unica riserva è una e corrisponde a 38000 Gt dell’oceano) e potrebbe essere sottostimato e corrispondere in realtà a 2500 o 3500 (l'ordine di grandezza non varia) hanno un altro aspetto. È carbonio organico principalmente, almeno quello del suolo; se parliamo di litosfera parleremmo di carbon fossile e petrolio. Il carbonio è un elemento che si presenta con l’allotropo principale grafite e abbiamo il carbonio di idrocarburi (alcani, alcheni, alchini) e quindi abbiamo il carbonio organico del suolo. Il carbonio organico del suolo (1500 Gt) vale moltissimo. La forma organica del suolo vale l'1-10% della massa del suolo stesso. Il suolo è indefinibile, composto eterogeneo di natura organica e inorganica, è un ecosistema dove è presente dal 1 al 10% di frazione organica e di quella frazione organica, che è la materia in decomposizione, abbiamo 20-25% di humus che è una delle sostanze più complesse dal punto di vista della formula di struttura che ci possiamo immaginare. La molecola dell'acido fulvico ha un eterogeneità nei gruppi chimici: anelli aromatici, acidi carbossilici, gruppi ossidrili, e questo è ancora relativamente semplice. È più interessante l'acido umico perché riconosciamo delle strutture: uno scheletro di carboidrato che è quello centrale con i gruppi ossidrili e il gruppo aldeidico in cima, poi c'è una serie di anelli aromatici complessi a ricordare una struttura di un ormone steroideo, una struttura centrale che ricorda ma non è quella di una base azotata, strutture eterocicliche che ricordano alcune molecole biologiche e che potrebbero servire da precursori per questa tipologia di macromolecole importanti per la vita. Infatti, le piante e gli altri organismi fotosintetizzanti o chemiosintetizzanti non hanno strettamente necessità di un input organico perché sanno costruirsi da sole, sanno fissare il carbonio le piante che quindi non hanno bisogno di queste molecole ma queste promuovono significativamente la loro crescita perché sono ricche di precursori importanti. Nell'immagine è mostrato un acido fulvico ancora più complessa. Un altro aspetto importante della sostanza organica del suolo di questi acidi fulvici e umici è che sono sostanze complessanti, cioè la presenza di gruppi ossigeno, gruppi azotati e forse anche di zolfo che sono gruppi nucleofili e quindi possono attirare altri atomi importanti come oligoelementi, metalli di transizione, piuttosto che metalli del primo e del secondo gruppo della tavola periodica che sono importanti per i produttori primari come lo zinco presente in 150 enzimi del metabolismo energetico e della replicazione del processamento del DNA e del RNA, il rame presente nei citocromi con una funzione energetica, il ferro. 90 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Per riassumere il ciclo del carbonio è il ciclo gassoso perché il suo compartimento di riserva è l'oceano e la sua specie di riserva è il bicarbonato, abbiamo poi visto l'equilibrio acido base tra CO 2, bicarbonato e carbonato. Abbiamo anche sottolineato la rapidità dello scambio tra compartimenti fisici e il Pool labile e abbiamo visto come ciclo del carbonio sia oggi sbilanciato per effetto antropico. 91 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 7c: ciclo dell’azoto Le caratteristiche generali del ciclo dell’azoto sono: È di tipo gassoso: la sua riserva principale è per cui in atmosfera (mentre nel ciclo gassoso del carbonio la riserva era nell’idrosfera) È molto complesso: è ricco di componenti È ampiamente regolato: attraverso reazioni omeostatiche che mettono in relazione differenti specie chimiche dell’azoto È influenzato da numerosi processi fisici, geofisici, biologici o antropici (come l’immissione di azoto attraverso la combustione dei carboni fossili). Questo ciclo è molto complesso e ben regolato perché numerosi gruppi di microrganismi hanno un ruolo chiave in esso. Il ciclo globale dell’azoto è rappresentato dallo schema presente a sinistra. Il Budget di riserva dell’azoto in atmosfera è pari a 3.9*1021g. L’azoto atmosferico, che rappresenta 80,08% della frazione dei gas presente in atmosfera, si può trovare sotto forma di azoto molecolare N2→ tra i due atomi sussiste un triplo legame che comporta la necessità di un elevata quantità di energia per modificare la forma chimica in un composto più ossidato come nitrito/nitrato o più ridotto come ammoniaca/ione ammonio. È presente una certa quantità di azoto anche a livello del suolo (100*1015) sotto forma di azoto organico (incorporato nelle molecole di acido fulvico o più in generale di acido umico→ è presente nell’humus del suolo nella componente formata da composti eterociclici). Anche la biomassa vivente contiene azoto, il valore è di 3*1015 g. L’azoto è il quarto atomo (dopo C, H, O), espresso in peso secco, più abbondante nella sostanza organica vivente. Il rapporto medio C:H per la biomassa terrestre e la sostanza organica è, rispettivamente, di circa 160 e 12. Il pool di azoto inorganico (principalmente rappresentato dallo ione ammonio NH4+ e dal nitrato NO3-) nel suolo è molto basso→ in quanto si ha una rapida internalizzazione di azoto da parte dei produttori primari per cui ciò che rimane nel suolo è estremamente basso sebbene, in realtà, il flusso di azoto inorganico (che viene acquisito dai produttori primari) non è per niente trascurabile. Nello schema precedente si può notare una pianta con una linea di flusso circolarizzata di azoto inorganico; è l’azoto inorganico che viene acquisito su base annua dai produttori primari terrestri sotto forma di ione ammonio o nitrato. Questo azoto verrà poi incorporato nella porzione protoplasmatica della pianta (all’interno di proteine, DNA e una piccola porzione di molecole del metabolismo secondario) e successivamente alla caduta delle foglie si avrà la decomposizione della sostanza organica fino alla 92 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 mineralizzazione (ovvero la fase terminale della sostanza organica: si restituiscono gli atomi organici, in questo caso di N, in una forma inorganica). Il ciclo dell’azoto prevede che la forma di azoto terminale nel processo di mineralizzazione sia l’ammoniaca che viene facilmente protonizzata a ione ammonio NH4+ (una delle forme assimilabile delle piante). In presenza del deperimento/decomposizione di sostanza organica si può avvertire odore di ammoniaca (in quanto esso è il prodotto del processo di mineralizzazione) infatti in alcuni mercati del pesce per neutralizzare questi odori viene utilizzato, illegalmente, l’acido borico. Quindi nello schema si ha un flusso principale, indicato come 1200 milioni di T, in cui si ha il passaggio da un compartimento che è il suolo ad un altro compartimento vivente. Gli altri flussi sono: Fissazione biologica (140 milioni di T): passaggio da N2 a NH4+ attraverso l’ammoniaca. Richiede l’intervento di microrganismi che sono azotofissatori Denitrificazione (200 milioni di T; flusso contrario al precedente): prevede che una forma ossidata di azoto, ovvero il nitrato, torni in atmosfera sotto forma di azoto molecolare N2 Immissione di azoto sotto forma di ossidi e in parte sottoforma di N2: l’azoto è presente nella sostanza organica fossile come petrolio, quando quest’ultimo va in combustione si libera azoto sotto forma di ossidi di azoto NOX. Gli ossidi di azoto sono la principale forma di inquinamento atmosferico di origine antropica e sono pericolosi in quanto irritanti delle mucose e perché contribuiscono alla deposizione acida e alla formazione di piogge acide che contengono idracidi delle anidridi dell’azoto (in alcuni casi possono essere acidi forti come l’acido nitrico→ contribuisce all’acidificazione delle chiome degli alberi che portano alla riduzione dell’efficienza fotosintetica; contribuisce anche alla deposizione nei laghi e nelle acque che porta ad una degradazione ecosistemica consistente). Una porzione minore di questo azoto pur ossidandosi si andrà a trasformare in azoto molecolare per un processo di pirolisi. Deposizione dall’atmosfera al suolo/alla superficie oceanica: sebbene non indicato nello schema esiste è significativa. Studi scientifici recenti hanno dimostrato che, su base annua, il flusso di immissione di ossidi di azoto in atmosfera è equivalente alla deposizione sulla superficie terrestre o sulla superficie oceanica (quindi il flusso di 100 milioni di Tonnellate rappresentato nello schema ritorna dall’atmosfera alla superficie terrestre e oceanica). Nel flusso dei 100 milioni di T bisogna anche considerare le emissioni nette dai suoli, sotto forma di sollevamento di minerali contenenti azoto (non denitrificazione) per cui è importante considerare la deposizione atmosferica che avviene principalmente come deposizione umida (attraverso le piogge). Spostamento di azoto dal suolo alle acque sotterranee: ciò avviene principalmente sotto forma di nitrati (molto solubili e adoperati anche in agricoltura come fertilizzazione accessoria rispetto agli autofertilizzanti del suolo e degli ecosistemi). Questo flusso è in aumento e perturba gli ecosistemi delle acque sotterranee che sono ecosistemi delicati perché poco ridondanti in quanto non si ha un numero di componenti o processi così elevato come in ecosistemi terrestri o oceanici→ non si ha quindi l’instaurarsi di meccanismi di omeostatici di compensazione (fornire azoto alle acque sotterranee significa degradare i delicati meccanismi come la regolazione del pH). Fissazione non biologica: essa è una trasformazione dell’azoto molecolare in ammoniaca e ammonio ad opera dei fulmini (da 3 fino a 5 milioni di T per anno) ovvero grazie all’ambiente generato dai fulmini ovvero un ambiente ad alta pressione e alta temperatura. 93 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 I flussi sono più importanti dei budgets; negli ultimi 150 anni i flussi sono stati perturbati. C’è un’incertezza in questi flussi perché è difficile avere una quantificazione accurata (ci sono infatti divergenze in molti testi o pubblicazioni scientifica, anche di un ordine di grandezza). I dati dei flussi precedenti riguardavano ambienti terrestri! Secondo le più recenti trattazioni di Schlesinger, il dato di fissazione biologica della superficie oceanica è di 150 milioni di T per anno (diverso dal dato della trattazione del libro Smith presente nella figura (pari a 15) di circa 10 volte→ il dato di 150 milioni di T è più congruo con dati e trattazioni attuali). La fissazione diventa fondamentale in oceano aperto, laddove gli input di azoto inorganico possono provenire dalla fissazione e in minima parte dalle deposizioni umide e secche (maggiormente però le deposizioni umide che riguardano gli idrossiacidi ottenuti da idratazione degli ossidi di azoto→ vengono prodotti principalmente sulla terra ferma con la combustione dei carboni fossili e solo dopo ridistribuiti sulla superficie oceanica, ma in vicinanza della terraferma perché il processo di deposizione è rapidissimo). Diversamente dagli ambienti di terra ferma, quindi, in ambienti oceanici prevale la fissazione biologica (motivo per cui l’azoto è un fattore limitante). È interessante il riciclo interno, pari a 8000 megaT, degli ambienti profondi e non illuminati (anche questo dato non è certo; esso varia dalle diverse trattazioni, ad es. nel libro di Odum il dato è pari a 6000). Fa intuire che è presente una grande quantità di azoto che è un azoto inizialmente organico e successivamente mineralizzato (la mineralizzazione dell’azoto è molto rapida→ l’azoto organico libera azoto inorganico che deve essere prontamente riinserito negli ecosistemi!). La riassunzione è molto rapida, generalmente è difficile misurare azoto libero nell’oceano, anche perché la quantità disciolta rispetto alla massa ocenanica è irrisoria. Una parte dell’azoto (del flusso pari a 8000 metaT) viene portato in superficie attraverso le correnti di upwelling per dare origine a nuova produttività primaria. Una parte verrà anche inabissata e quindi si avrà un consolidamento o incorporazione permanente nei sedimenti profondi (porzione abbastanza scarsa, di circa qualche decina di milione di T→ questo inabissamento non è presente in numeri quantitativamente importanti come invece lo è nel ciclo del fosforo dove i fondali oceanici divengono il compartimento di accumulo, attenzione che è un compartimento LITOSFERICO e non GASSOSO). Una componente importante per la fertilizzazione oceanica è la deposizione, che si origina dagli ossidi che vengono veicolati negli oceani (principalmente sotto forma di deposizione secca perché più trasportabile mentre in terra ferma è principalmente presente come deposizione umida). Lo schema rappresentato nell’immagine a sinistra è ciclico. Si parte da azoto atmosferico N2 (in quanto si parte dal pool di riserva) che non è il processo più importante dal punto di vista quantitativo infatti la linea di flusso non è molto spessa. Dall’azoto atmosferico si raggiunge l’azoto batterico o vegetale (ci sono organismi che sono in grado di fissare azoto atmosferico come i clostridi che sono batteri oppure organismi vegetali attraverso una simbiosi/associazione mutualistica batterio- radice). Il batterio con un processo di fissazione biologica trasforma N2 in NH3 e poi NH4+ che è rapidamente incorporato nella radice e poi assimilato con l’incorporazione nelle macromolecole organiche. Si nota una linea di flusso molto grande che implica che molto dell’azoto incorporato venga ceduto in una forma 94 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 organica ovvero l’azoto nella materia organica morta. Successivamente, si avrà la mineralizzazione della sostanza organica definito anche come ammonificazione→ l’azoto organico incorporato nelle macromolecole viene convertito in ammonio. L’ammonio sarà poi di nuovo disponibile per l’assimilazione da parte dei vegetali (questo processo è quello che nel grafico presente era indicato come flusso di 1200 milioni di T). L’ammonio NH4+ può essere nitrificato (processo mediato da batteri nitrificanti) in cui si ha l’ossidazione da ammonio a nitrato→ i batteri traggono beneficio da questa ossidazione di tipo energetico. Si ha quindi una trasformazione chimica che servono ad aumentare la complessità, la ridondanza e il funzionamento omeostatico del sistema stesso. Dal nitrato si può avere un processo ulteriore che è la denitrificazione; se il nitrato è in eccesso (rischia di diventare tossico→ nelle acque superficiali la presenza di nitrato non è un buon sintomo perché ha significato di degradazione della sostanza organica che può delineare un problema di tossicità soprattutto in ambienti acquatici) può essere convertito nuovamente a N2 ovvero azoto molecolare quindi un gas che si può allontanare dall’ecosistema o dal biotopo per tornare in atmosfera. Un’altra possibilità è che il nitrato venga assorbito da produttori primari perché è molto solubile ed è una forma che può essere portata all’interno di radice o organismi attraverso la membrana plasmatica. BATTERI IMPLICATI NEL CICLO DELL’AZOTO I batteri in questo processo hanno un ruolo fondamentale. I batteri azoto fissatori sono principalmente: Cianobatteri azotofissatori simbionti delle radici delle leguminose: quasi tutti appartengono al genere Rhizobium. Cianobatteri azotofissatori a vita libera: non sono simbionti di altri organismi, vantano 40 specie del genere Nostoc e Calothrix, sono sia presenti nel suolo che negli ambienti acquatici. Cianobatteri azotofissatori simbionti di licheni: solitamente del genere Collema e Peltigera (associazione a volte definita come alga-fungo). Batteri azotofissatori eterotrofi: possono essere tipici dell’ambiente anaerobico come Clostridium (batteri del suolo, generalmente anaerobi obbligati come C. perfringens ma a volte possono essere facoltativi e quindi scegliere tra un metabolismo aerobico o anaerobico) o tipici dell’ambiente aerobico come Azotobacter (aerobio obbligato). Clostridium anche se è anaerobio non è chemiolitotrofico ma è eterotrofo! La nitrificazione avviene in un processo che richiede due passaggi; anche se più recentemente è stato scoperto che si può avere una nitrificazione completa da NH4+ fino a NO3, altrimenti è necessario passare attraverso i nitriti. In questo caso si avranno due tipologie di batteri (essendoci due passaggi). Batteri nitrificanti chemioautotrofi: o Nitrosobatteri: come ad esempio Nitrosomonas che converte NH4 a NO2. o Nitrobatteri: come ad esempio Nitrobacter che converte NO2 a NO3, batteri che possono funzionare da chemiosintetici, in quanto da questi passaggi ricavano energia da cui poi possono fissare CO2 e formare sostanza organica (attraverso un processo di fissazione). Esistono anche dei batteri che sono in grado di eseguire la denitrificazione: Batteri denitrificanti: sono aerobici e tipici delle zone umide (come la Tundra nordica durante il disgelo estivo quando ad altitudini elevate si scopre la vegetazione che è stata per lungo tempo sommersa e decomposta parzialmente) che portano il nitrato a N2 e lo restituiscono in atmosfera. 95 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Nell’immagine a lato a destra viene presentato il processo di associazione Rhizobium con la radice. I batteri vengono attratti su un pelo radicale che viene infettato (1) quindi il batterio entra, raggiunge la porzione corticale della radice e comincia a dividersi. Questa divisione dà origine a una struttura che prende il nome di Bacteroid (2); si ha la perdita del pelo radicalico e l’inicio di un processo che porterà allo sviluppo di un nodulo (3) ovvero struttura tipica di molte piante come le leguminose (spesso sono presenti in piante che hanno capacità di crescita esplosiva). Questi noduli si vascolarizzano (4) per poter scambiare materiali con la radice. I noduli assumono poi una struttura tipica dove si avrà una scleratizzazione della parte esterna (5); quindi un indurimento e ingrossamento del nodulo che all’interno manterrà un’unità replicante e di processamento dell’azoto atmosferico→ in questa porzione avviene una serie di reazioni biochimiche è catalizzata dall’enzima nitrogenasi porterà alla scissione del triplo legame dell’azoto molecolare biatomico a NH3 e successivamente a NH4+. A lato sinistro si ha un’immagine che rappresenta una serie di reazioni biochimiche. Nella porzione destra si ha la struttura del batteroide (bacteroid): si ha il passaggio da azoto molecolare ad ammoniaca NH3 ovvero un processo dispendioso che può avvenire perché è la pianta a fornire ATP. L’ammoniaca viene convertita a NH4+ (ione ammonio). Si ha un passaggio dell’ammonio in uno spazio intermedio in modo che possa essere importato all’interno della pianta attraverso un trasportatore (indicato in giallo). Lo ione ammonio all’interno della pianta viene incorporato in un amminoacido (da acido glutammico a glutammina) per arrivare all’assimilazione. Si hanno indicati altri componenti come la ATPasi che serve a protonizzare lo ione ammonio, la pompa protonica che è tipica delle piante (le piante hanno pompe protoniche attive che servono a mantenere anche il turgore cellulare e quindi l’evoluzione ha portato allo sviluppo di questi trasportatori in maniera molto efficiente). Come si può vedere dallo schema, non bisogna dimenticare, riguardo lo ione NH4+ c’è una competizione tra l’utilizzo da parte della pianta e l’incorporazione della glutammina da parte del batterio per i suoi scopi biosintetici. Nell’immagine sottostante a sinistra (Figura 7c-A) sono presentate delle colonie di Cianobatteri del genere Nostoc (solitamente si trovano facilmente nel prato dopo una pioggia) che hanno dimensioni macroscopiche di circa 1cm. 96 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Nostoc al microscopio appare come una aggregazione di cianobatteri filamentosi (Figura 7c-B), mentre macroscopicamente può essere osservato come forma di colonia (Figura 7c-C). Figura 7c-A NOSTOC Figura 7c-B NOSTOC AL MICROSCOPIO Figura 7c-C NOSTOC COLONIA Il nitrosobatterio Nitrosomonas è rappresentato, invece, a lato destro; esso è un batterio che ha bisogno di ammoniaca per completare il proprio ciclo vitale. È autotrofico ed è quindi in grado di sintetizzare sostanza organica, utilizzando proprio ammoniaca da cui ricava energia (viene ricavata energia perché l’ammoniaca viene trasformata a ione nitrito). Esso è un processo estremamente importante che può servire anche nella depurazione delle acque di scarico. Nell’immagine a sinistra sono invece rappresentati dei batteri nitrificanti. Un esempio può essere Nitrospirillum che converte NO2 a NO3 a completare il processo di nitrificazione. L’azoto ha moltissimi stati ossidativi, sia positivi che negativi. Altre forme chimiche dell’azoto sono riportate nella tabella sottostante (in cui però sono riportati solo i numeri degli stati ossidativi positivi). Sono riportati gli ossidi e gli ossiacidi. Gli ossiacidi sono importanti perché si formano in combinazione con l’acqua e sono quelli che vanno a costituire spesso il problema delle piogge acide (i più importanti sono acido nitroso e acido nitrico). L’immagine sottostante è a scopo riassuntivo e si possono osservare riassunti i vari processi spiegati (come deposizioni, passaggi a microrganismi etc.). 97 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 CONCLUSIONI: Il ciclo dell’azoto è mediato da microrganismi. È un ciclo bilanciato e tamponato da numerose reazioni e scambi di compartimento. Ha differenze rilevanti per l’ecologia negli ambienti acquatici e terrestri. È influenzabile dalle attività umane. 98

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