Dispensa di Malattie Infettive (PDF) - Saracino 2021-2022
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This document is a handout on infectious diseases covering historical milestones in microbiology, general guidelines for studying diseases, a detailed section covering different types of infectious diseases (bacterial, viral, fungal, protozoan), and an introduction to the study of infectious diseases. It is aimed at undergraduate students.
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Prof.ssa Annalisa Saracino, aa. 2021-22 Materiale distribuito gratuitamente. A cura di CassioPea Pubblicazione: Settembre 2022 1 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa...
Prof.ssa Annalisa Saracino, aa. 2021-22 Materiale distribuito gratuitamente. A cura di CassioPea Pubblicazione: Settembre 2022 1 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Indicazioni generali Esame: Il corso di Malattie infettive (4 CFU) fa parte del corso integrato di Specialità medico-chirurgiche 2. L’esame è orale e la media finale è ponderata. Guida all’uso della dispensa: questa dispensa tratta tutto ciò che è necessario sapere per passare l’esame di Malattie infettive a pieni voti. Si noti però che ogni anno il programma varia di poco rispetto all’anno precedente, per cui per gli studenti che frequentano il corso in altri anni è bene accertarsi che non ci siano argomenti in più rispetto a quelli qui ∃. Fonti (in ordine di importanza): lezioni della prof.ssa Saracino tenutesi nell’aa. 2021-22, slides della prof., internet. NB. in questa dispensa sono presenti approfondimenti non indispensabili ai fini dell’esame ma ritenuti interessanti/utili dall’autrice. Tali approfondimenti sono sempre opportunamente indicati caso per caso es. con la dicitura “non trattato a lez” in modo che, se uno studente non li trova altrettanto interessanti o è a corto di tempo, può saltare i relativi paragrafi. Criteri di scrittura della dispensa: Ordine degli argomenti → in questa dispensa gli argomenti trattati sono esposti e disposti in maniera differente rispetto alla spiegazione della docente, in particolare, essi si trovano in un ordine che, a parer di chi scrive, è più funzionale alla memorizzazione e all’esposizione ai fini dell’esame (e di ciò che viene dopo). A lezione si utilizza, infatti, (giustamente) un ordine funzionale alla comprensione (mediante ragionamento deduttivo o induttivo) degli argomenti, in modo che questi restino più impressi nella memoria degli studenti; al contrario, in questa dispensa, è stato utilizzato un criterio di esposizione più lineare e schematico che, per quanto meno utile alla sola comprensione, è più utile alla memorizzazione (anche a lungo termine, cioè per ricordare le cose dopo l’esame e andarle a “ripescare” all’occorrenza in futuro). Schematicità → questa dispensa è scritta, come detto, con la prerogativa di facilitare quanto più possibile la comprensione ma soprattutto la memorizzazione degli argomenti trattati. In tal senso, molteplici strategie sono state adottate: ⇁ è fatto largo uso di elenchi puntati (anche in sistemi gerarchici), simboli matematici e tratti dall’insiemistica, schemi grafici, ecc. Dalla psicologia impariamo, infatti, che il processo di memorizzazione può avvalersi di soli 7 chunks (“blocchi”, cioè ognuno può memorizzare agevolmente fino a 7 dati “pari-grado” per volta), per cui, se chi studia, oltre al concetto, deve anche figurarsi mentalmente uno schema (o peggio, perdere tempo a schematizzare a mano tutto quanto), viene inficiata la sua capacità di ricordare le nozioni dello studente nonché la velocità di apprendimento/studio. Un altro vantaggio di tale tipo di esposizione è che, in questo modo, la dispensa risulta di più facile consultazione anche per il futuro in quanto molti dei concetti che sono qui esposti torneranno utili per esami successivi. ⇁ anche il layout e l’impaginazione non sono casuali: spazi e rientri sono finalizzati a facilitare la memorizzazione mediante la memoria visiva. ⇁ i titoli dei vari argomenti sono organizzati in una gerarchia in ben 5 livelli in modo che, già solo sottolineando, lo studente possa avere una mappa generale, una “visione dall’alto”, dei concetti e delle relazioni che li legano. ⇁ in caso di approfondimenti/focus su concetti che vengono citati in un discorso più ampio, al fine di evitare di interrompere il “filo” del discorso, sono presenti dei link: alcune parole sono asteriscate e l’asterisco significa che quel concetto è trattato in maniera approfondita in un box poco prima/dopo il paragrafo in cui è contenuta la parola asteriscata. Se invece un certo argomento è trattato in capitoli successivi o già trattato in capitoli precedenti, vi è la dicitura “vedi poi/dopo” oppure “vedi prima”. Tutti questi accorgimenti permettono di avere una dispensa completa, chiara e concisa ma al tempo stesso costituita da un numero molto più esiguo di pagine rispetto alle altre della stessa materia. Integrazione con corsi precedenti → alcune delle informazioni presenti su questa dispensa sono state aggiunte al fine di creare una maggior integrazione di conoscenze tra questo corso e corsi seguiti precedentemente, Comunque, in tutti i casi in cui sono presenti informazioni “esterne” a questo corso, sono opportunamente segnalate con la dicitura [fonte “x”] prima del paragrafo tratto da una certa fonte oppure nel titolo di un paragrafo se questo è stato interamente tratto da una certa fonte. La dicitura [integrato da “x”], invece, sta ad indicare che le informazioni tratte dalla fonte x sono mischiate con quelle proprie di questo esame ma le due fonti sono così vicine tra loro che, per fornire una preparazione più completa, si è deciso di non operare una separazione e fare piuttosto una trattazione più completa, indipendentemente dalla fonte delle informazioni. Possibili errori → Le parti scritte in grigio sono da considerarsi come “incerte” (da considerarsi come appunti a matita a lato di un libro usato). Si ricorda, inoltre, che questa dispensa è frutto del lavoro di una studentessa che si è interfacciata con gli argomenti trattati per la prima volta, per cui, nonostante tale lavoro sia stato sottoposto ad attenta opera di revisione (anche post-esame), è possibile che siano rimasti errori e/o imprecisioni. NB. In caso di incongruenze tra gli schemi fatti a mano e il testo scritto, considerare corretto quest’ultimo. 2 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Come studiare le patologie Qualche che sia la specialità medica che si vuole studiare (in questo caso le Malattie infettive), in tutti i casi è sempre consigliabile (per un miglior “ordine mentale” di studio) ed apprezzato dai docenti in sede d’esame seguire un ordine ben preciso circa l’esposizione delle informazioni relative alla patologia in questione. In particolare, è opportuno seguire il seguente ordine: definizione, epidemiologia, eziologia e fattori di rischio, patogenesi, complicanze, anatomia patologica, manifestazioni cliniche (segni e sintomi), diagnosi (anamnesi, esame obiettivo, esami di laboratorio e microbiologici, tecniche di imaging, tecniche endoscopiche, biopsia ed esame microscopico), terapia e profilassi, prevenzione. Programma del corso Il corso di malattie infettive si articola in 3 parti: Sez. 1: introduzione Sez. 2: infezioni di distretti notevoli Sez. 3: patogeni notevoli − Introduzione alle − Infezioni del SNC − Infezioni batteriche: Malattie Infettive ed − Infezioni respiratorie ⇁ Brucellosi, rickettsiosi, approccio al paziente − Endocarditi infettive spirochetosi (treponemi, con febbre − Infezioni addominali leptospirosi, borreliosi). − Principi di asepsi − Gastroenteriti infettive ⇁ Antrace, Peste medica e di controllo − Infezioni genito-urinarie ⇁ Clostridi: tetano, botulismo, delle infezioni − Infezioni sessualmente trasmesse C. Difficile, C. Welchi. − Infezioni di cute e tessuti molli ⇁ Micobatteri: tubercolari − Artriti infettive ed osteomieliti e non-tubercolari, lebbra − Sepsi (infezione sistemica) − Malattie virali: ⇁ Herpes viruses ⇁ HIV ⇁ Virus epatitici ⇁ Virus delle febbri emorragiche (febbre gialla, Dengue, Ebola) − Infezioni fungine − Infezioni protozoarie − Elmintiasi 3 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea SEZIONE 1: INTRODUZIONE ALLE MALATTIE INFETTIVE Innanzitutto, partiamo con alcuni cenni storici circa la microbiologia e l’ambito delle malattie infettive. Le malattie infettive esistono da millenni, tuttavia gli agenti eziologici relativi sono noti all’uomo da un tempo relativamente breve; consideriamo le tappe chiave nella storia della microbiologia e delle malattie infettive: 1674 → Anton van Leeuwenhoek (biologo olandese) riesce ad osservare microrganismi che chiama piccoli “animaletti” in una goccia di acqua grazie al primo rudimentale microscopio da lui costruito. 1796 → Edward Jenner (britannico), oggi considerato il padre dell’Immunologia, nota che gli addetti alla mungitura non sviluppano la malattia del vaiolo ed ipotizza che il pus estratto dalle lesioni del vaiolo bovino (cui i mungitori erano costantemente esposti) somministrato agli uomini possa proteggerli dalla malattia umana (li immunizzava). 1840 → Friedrich Henle sviluppa la “teoria dei germi” secondo cui i germi sarebbero causa di malattie (cosa che nessuno aveva ipotizzato prima). 1870 – 1880 → Robert Koch e Louis Pasteur dimostrano l’eziologia infettiva di molte malattie (antrace, rabbia, colera, tubercolosi, peste) e sviluppano un vaccino per alcune di queste patologie provando che quindi la teoria dei gemi era esatta. 1910 – 1920 → Paul Herlich scopre il primo agente anti-microbico (il salvarsan, un composto a base di Arsenico utilizzato per il trattamento della Sifilide, poi ritirato in quanto tossico) e poi Alexander Fleming scopre le proprietà anti-batteriche della penicillina (un antibiotico). 1946 → John Enders riesce a coltivare virus in colture cellulari e apre la strada allo sviluppo dei vaccini antivirali. 2008 → Luc Montaigner e Francoise Barré-Sinoussi (Institute Pasteur – Paris) vincono il premio Nobel per la Medicina per l’isolamento del virus HIV. 2015 → William C. Campbell e Satoshi Ōmura mettono a punto una terapia per il trattamento delle elmintiasi costituito da ivermectina. E la scienziata cinese Youyou Tu mette a punto un nuovo trattamento anti-malarico (artemisina) partendo da una pianta medicinale tradizionale della medicina cinese; oggi questa è il principale trattamento per la malaria secondo le linee guida (prima si usata il chinino). 2020 → Alter, Houghton and Rice vincono il premio Nobel per la Medicina per l’isolamento del virus HCV (virus dell’epatite C). Fino a pochi anni prima, questo virus era chiamato non-A/non-B in quanto gli unici virus responsabili di epatiti virali erano quello dell’epatite A (epatite cosiddetta “alimentare”) e quello dell’epatite B. L’HCV è stato scoperto recentemente perché è difficile coltivarlo, per cui in passato non erano disponibili i mezzi di coltura virale oggi disponibili. ALCUNE DEFINIZIONI Partiamo considerando alcune definizioni utili nella trattazione delle malattie infettive: Contaminazione La contaminazione è la presenza occasionale ad esaurimento spontaneo /senza impianto e moltiplicazione di un microrganismo o parassita in un determinato distretto corporeo o in un campione. Quando si rende necessaria un’emocoltura, bisogna prelevare sempre diversi campioni in momenti diversi perché è facile che un campione venga contaminato; es. basta che l’infermiere al momento del prelievo non effettua una disinfezione cutanea adeguata, per cui alcuni patogeni presenti sulla cute (es. S. Aureus) finiscono nel campione contaminandolo. 4 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Infezione L’infezione è la presenza stabile/con impianto e moltiplicazione di un certo microrganismo o parassita in un certo distretto corporeo. Questo può essere una fisiologica colonizzazione (es. flora batterica intestinale) oppure può essere patologico e, in tal caso, causare malattia con annesso danno tissutale che si manifesta con sintomi e segni. In generale, comunque, i microrganismi presenti a livello dell’ospite “provengono da qualche parte” e, in questo senso, si può descrivere la cosiddetta catena dell’infezione secondo cui un dato ospite (es. uomo) suscettibile può essere infettato da un dato microrganismo che può giungere ad esso per diverse vie: via aerea, contatto diretto, per mezzo di vettori, per via sessuale, via verticale, via parenterale, contaminazione di oggetti (fomiti), ecc. Malattie infettive Le malattie infettive sono condizioni patologiche causate dalla presenza o crescita in un organismo detto ospite di micro- organismi e/o parassiti infettivi detti agenti patogeni (es. agente non-self). Il manifestarsi della malattia (= insieme di segni e sintomi) in conseguenza dell’infezione, dipende dall’equilibrio che si instaura tra: − Agente patogeno → in particolare, si considera la sua patogenicità, ossia la capacità di un dato patogeno di determinato patogeno di determinare malattia e dipende da diversi fattori e meccanismi che lo rendono più capace es. di invadere i tessuti, eludere la risposta immune, ecc. In particolare, si parla di fattori di virulenza (ossia tutte le caratteristiche di un patogeno che gli conferiscono maggiore aggressività, es. strutture protettive, enzimi) e carica es. batterica/ virale (ossia il numero iniziale di microrganismi che infettano l’ospite). − Ospite (suscettibile) → in particolare, si considera l’entità della sua risposta immunitaria (dipende da età, fattori genetici, comorbilità, ecc., tutti dati reperibili all’anamnesi). In realtà questa visione è abbastanza semplicistica in quanto ogni ospite è inserito in un contesto che condiziona fortemente l’espressività della malattia infettiva; in questo senso, si parla di determinanti di salute, ossia stili di vita del singolo, la comunità in cui il soggetto vive (es. in una baita in montagna o in una città metropolitana iper-popolosa) e le generali condizioni socio-economiche in cui vive. A proposito di questo equilibrio, bisogna considerare le infezioni opportuniste, ossia quelle infezioni date da microrganismi opportunisti che, cioè, nell’ospite immuno-competente non determinano alcuna patologia e che invece nell’immunocompromesso possono portare a quadri clinici estremamente severi, finanche alla morte. Spesso i patogeni opportunisti sono componenti della flora commensale (vedi dopo) es. S. Aureus, E. Coli, C. Albicans che però giungono in siti che normalmente non colonizzano (es. sangue, tessuti normalmente sterili) o che hanno acquisito fattori di virulenza specifici. Fasi delle malattie infettive Le malattie infettive sono “divisibili” in diverse fasi: Periodo di incubazione → è il periodo che intercorre tra l’infezione e l’inizio delle manifestazioni cliniche; esso è caratteristico di ogni patogeno perché dipende dal suo ciclo replicativo ed è quindi estremamente variabile (per il SARS-CoV-2 è di 2-5 gg, per altri patogeni può durare anche anni). In ogni caso, anche considerando lo stesso patogeno, in individui diversi il tempo di incubazione è variabile (per la variabilità inter-individuale) e quindi si indica con un intervallo di tempo; come in moltissimi altri fenomeni descritti in ambito medico, la curva che descrive la variabile in questione (qui il Δt di incubazione) e la frequenza in una popolazione è una gaussiana. 5 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Risposta immunitaria → dopo l’esordio della malattia, una volta che l’agente patogeno viene individuato dal SI (innato e/o adattivo), soprattutto se il patogeno è “conosciuto” (cioè il soggetto ha una memoria immunitaria nei suoi confronti), si ha una risposta immunitaria di entità variabile che può avere diversi esiti (sempre a seconda dello stato immunitario del soggetto e della patogenicità del microrganismo): − Guarigione → il SI permette di neutralizzare e debellare l’infezione e quindi ritornare alla condizione di omeostasi pre-infezione. Questo è frequente es. nel caso delle malattie esantematiche dell’infanzia in cui se il soggetto è immunocompetente non si somministra alcuna terapia in quanto non necessaria. − Riacutizzazione → il SI permette di “tenere a bada” il patogeno ma non lo neutralizza/elimina, esso permane in uno stato di latenza in cui non provoca malattia ma, se le condizioni dovessero cambiare (es. stato transitorio di immuno- depressione del soggetto), il patogeno può determinare nuovamente la malattia. Esempio: HCV, Herpesvirus. − Morte → il SI non riesce ad arginare l’infezione e il patogeno determina danni tissutali/organici tali da portare il soggetto a morte. Per esempio questo accade nel caso dell’infezione da Clostridium Tetani o Botulinum in cui è assolutamente fondamentale trattare l’infezione. Diffusione delle malattie infettive nel mondo Sicuramente le patologie infettive sono molto più diffuse nei Paesi a basso reddito (fig sin) per diversi motivi: condizioni igienico-sanitarie carenti, sovraffollamento, sistemi sanitari meno adeguati, minor prevenzione, minor accesso ad acqua pulita, ecc. In questi paesi, le infezioni più diffuse sono quelle del tratto respiratorio ed intestinale e annualmente mietono numerose vittime, soprattutto tra i bambini. Nonostante gli standard di questi parametri siano nettamente migliori nei Paesi industrializzati (fig dx), però, le malattie infettive restano ampiamente diffuse anche in questi e addirittura nel 2016 (vedi grafici sotto) erano tra le prime 10 cause di morte nel mondo secondo le stime della WHO. Contagiosità La contagiosità è la trasmissibilità o diffusibilità di un patogeno/una malattia infettiva. La contagiosità è una caratteristica spesso associata genericamente alle malattie infettive in quanto il patogeno che le causa passa da un’ospite all’altro infettandolo; in realtà, ciò non è sempre vero, per esempio la spondilo-discite (infezione in cui il patogeno si localizza a livello della colonna vertebrale, quindi un ambiente chiuso, da cui non può “uscire” per infettare altri ospiti) è impossibile da contagiare e questo la rende anche molto difficile da diagnosticare. Questo aspetto è importante dal punto di vista pratico quando es. è necessario ricoverare un soggetto affetto da una malattia infettiva: se la sua malattia non è contagiosa, egli può essere ricoverato in reparti senza particolari “accortezze anti-contagio”, viceversa questo non può accadere se la malattia infettiva è contagiosa. AGENTI EZIOLOGICI DELLE MALATTIE INFETTIVE In figura è rappresentato l’albero filogenetico che rappresenta l’evoluzione, a partire da un unico antenato/punto comune, di tutte le forme di vita oggi note. Per realizzarlo, bisogna sequenziare il genoma (DNA o RNA) dell’organismo in analisi e confrontarne la vicinanza/similarità con gli altri per poi collocarli in uno schema come quello in figura; la lunghezza dei “rami” dell’albero è proporzionale alla distanza/differenza tra i genomi degli organismi in analisi. Secondo un criterio filogenetico/ tassonomico, gli agenti eziologici delle malattie infettive sono classificabili in diverse classi: prioni, virus, batteri, funghi, protozoi, elminti. 6 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Prioni I prioni (PRoteinaceous Infective ONly particle = particella infettiva solamente proteica) sono gli agenti eziologici di malattie infettive strutturalmente più semplici che oggi conosciamo. Essi sono particelle costituite da proteine aventi una conformazione (struttura terziaria) anomala la quale è capace di “trasmettersi” (contagio conformazionale) ad altre proteine aventi struttura primaria identica e conformazione normale. I prioni sono scoperte molto recenti, per cui si sa ancora molto poco a proposito. In base a quanto detto, si deduce che i prioni, a differenza di tutti gli altri agenti eziologici, non sono dotati di un genoma e quindi non sono classificabili nell’albero filogenetico prima illustrato. Esempi di malattie da prione: − Sindrome di Creutzfeldt–Jakob, la cui variante nelle capre è chiamata Scrapie e nei bovini Encefalopatia spongiforme bovina (“malattia della mucca pazza") − Sindrome di Gerstmann-Straüssler − Kuru Virus I virus sono patogeni intra-cellulari obbligati dal momento che sono sprovvisti delle strutt utili a completare il proprio ciclo replicativo. Essi sono costituiti da: − genoma → è un acido nucleico che può essere DNA o RNA, a singolo o doppio filamento, lineare o circolare. La caratteristica dei virus è una grande variabilità genetica (cioè è facile che il genoma subisca mutazioni), il che è da imputare al fatto che le polimerasi che duplicano il genoma virale spesso mancano dell’attività proof-reading, per cui commettono molti errori che non vengono corretti. In realtà, non è detto che una mutazione si fissi sul genoma di un certo tipo di virus ma tutto dipende dalla pressione selettiva che è esercitata su quel tipo di virus; es. se il virus acquisisce casualmente una mutazione che non ne varia le proprietà infettive e patogeniche, questa non si diffonde granché, se invece acquisisce una mutazione che lo rende resistente ad un dato farmaco, verosimilmente tutti gli esemplari di quella specie nel mondo acquisiranno quella mutazione abbastanza velocemente perché quella variante con la mutazione prevarrà sulle altre. − capside o core → è una struttura proteica che protegge il genoma e permette la trasmissione − envelope (eventualmente) → è presente nei virus detti completi o rivestiti ed ha una struttura sovrapponibile a quella della membrana cellulare (visto che ne è una derivazione) con, in aggiunta, proteine tipicamente virali che hanno un ruolo nella patogenesi virale e possono fungere da antigeni del virus. Diagnostica: I virus hanno dimensione dell’ordine dei nanometri (da 20 a 300 nm), per cui non sono osservabili al microscopio ottico (al massimo, con questo strumento, è possibile osservare l’effetto citopatico da essi provocato sulle cellule nelle colture virali ma questo è comunque un mezzo di analisi molto dispendioso che quindi è raramente usato a fini diagnostici) e, per poterne apprezzare la struttura, è necessario utilizzare il microscopio elettronico (ME) che però, comunque, è uno strumento molto ingombrante e non a disposizione di tutti i laboratori. Per questo motivo, la diagnostica virale si avvale in genere di: − diagnostica indiretta → si ricercano Ig anti-virali presenti nel siero (o nei fluidi corporei) del pz − diagnostica molecolare → si ricercano acidi nucleici virali (RNA o DNA, a seconda dei casi) mediante preventiva amplificazione (es. PCR) e successiva es. ibridazione con sonde complementari 7 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Batteri I batteri sono cellule procariotiche che nella maggior parte dei casi sono patogeni extra-cellulari (solo poche specie sono patogeni intra-cellulari obbligati). Dal punto di vista strutturale, i batteri sono costituiti da (∃ diverse similarità con i mtc): − genoma a dsDNA circolare che costituisce un cromosoma + eventuali plasmidi o episomi (di geni non-essenziali) − membrana plasmatica, parete batterica, capsula − ciglia o flagelli e pili o fimbrie (eventualmente), quindi alcuni batteri sono mobili. A seconda della forma, i batteri sono denominati in diversi modi: cocchi, bacilli, vibrioni, treponemi, ecc. Diagnostica: I batteri sono molto più grandi dei virus (hanno dimensioni dell’ordine dei micrometri, µm) ma più piccoli delle cellule eucariotiche e, nonostante ciò, possono essere osservati con il microscopio ottico (MO) e possono anche essere coltivati. Nel caso di infezioni batteriche, quindi, la gamma di possibili test diagnostici è più ampia: − esame batterio-scopico diretto → si prende il campione “fresco”, lo si colora (per aumentarne il contrasto, altrimenti non si vede granchè) con una colorazione adatta (in genere il clinico che prescrive l’esame esplicita il suo sospetto in modo che in laboratorio si usi una colorazione adeguata al batterio eventualmente presente) e lo si osserva al MO. Questo esame è molto veloce e può essere fatto subito. − coltura batterica → in genere, quando si esegue l’esame batterioscopico diretto, parte del campione viene messo in coltura, un esame che richiede sicuramente più tempo ma che ha vantaggi tali da essere considerato il gold standard per molte infezioni batteriche. Con la coltura si fa moltiplicare il patogeno e quindi lo rende più evidente (↑sensibilità) e poi è possibile effettuare analisi circa la sensibilità del batterio in questione a determinati antibiotici (antibiogramma), il che è fondamentale per poter impostare una terapia. Miceti I miceti o funghi sono più grandi dei batteri (> 1 µm) e sono distinti in: − funghi filamentosi o muffe → sono caratterizzati da strutture filamentose dette ife − lieviti → hanno caratteristicamente una forma rotondeggiante − funghi dimorfi → a seconda delle condizioni ambientali, possono essere presenti come funghi filamentosi o lieviti Esempi di patologie causate da miceti: − Aspergillus → causa aspergillosi − Criptococcus → causa una meningite nei pz immunodepressi − Candida Albicans → causa candidosi, soprattutto in soggetti immunodepressi. È buona norma ispezionare la bocca dei pz in modo da poter verificare se questi presentano candidosi e, in tal caso, somministrare un opportuno anti-micotico. Protozoi Sono organismi eucarioti unicellulari (⌀ 2-100 µm) considerati le più basse forme di vita animale. Essi, come i batteri, possono avere diverse forme (ovalare, ameboide, vermiforme) e possono essere dotati di ciglia e flagelli. Esempi: amebe, plasmodium falciparum (principale ag. Eziologico della Malaria). Elminti Gli elminti (lett. vermi) sono organismi eucarioti pluricellulari che sono distinti in: − platelminti o vermi piatti → es. tenie, echinococchi, schistosomi − nematelminti o vermi cilindrici → es. ascaridi, filarie 8 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Focus: Flora commensale L’organismo umano in generale non è sterile ed anzi, tutti gli spazi esterni e comunicanti con l’esterno (ossia tutta la cute e tutte le mucose) sono piene di batteri, per cui è fisiologico che campioni prelevati in queste sedi presentino microrganismi. Quando si vuole fare diagnosi di una malattia infettive prelevando campioni da questi distretti bisogna quindi tenere conto di ciò e, anche se in laboratorio si usano molteplici accorgimenti per eliminare i batteri fisiologicamente presenti nelle sedi di interesse, comunque questi non sono troppo efficaci e quindi l’interpretazione del risultato deve essere fatta con cognizione di causa dal clinico. La flora commensale è un insieme di microrganismi fisiologicamente presenti in diversi siti corporei e che hanno diversi ruoli fondamentali per la salute e la sopravvivenza del soggetto (non possiamo vivere senza flora commensale): − proteggere da infezioni da microrganismi patogeni; in particolare, la flora batterica controlla la proliferazione dei microorganismi patogeni attraverso diversi meccanismi: concorre per nutrienti e recettori cellulari delle cellule dell’ospite contro i microrg non-commensali patogeni, ↑SI dell’ospite − partecipare al metabolismo ed alla digestione (es. non potremmo assorbire vitamina K senza flora batterica intest) Va detto che la flora commensale non è “fissa” né “innata” ma viene acquisita molto precocemente nella vita del soggetto e cambia in funzione di vari fattori quali: età, dieta, stato ormonale del soggetto, stato di salute del sogg, condizioni igieniche. Per questi motivi, non bisogna mai somministrare farmaci contro i microrganismi della flora commensale e, quando è necessario somministrare farmaci che, come effetto collaterale, possono alterarla, è bene preoccuparsi di ripristinarla quanto prima. Composizione della flora commensale in base alla sede In ogni caso, in medicina e in diagnostica, ciò che è importante considerare è che talvolta alcuni microrganismi della flora commensale (quindi fisiologicamente presenti in un determinato distretto) possono replicarsi eccessivamente e/o colonizzare altri distretti e quindi determinare qui patologia; per poter diagnosticare una simile situazione è quindi necessario conoscere la composizione microbiologica della flora commensale dei vari distretti corporei che ci apprestiamo ad analizzare [non da sapere in dettaglio per l’esame]. Cute → in questa sede, la composizione della flora Cavo orale → come il tratto respiratorio superiore, il cavo commensale varia in base al numero e attività delle orale, essendo “ampiamente” comunicante con l’esterno, è ghiandole sebacee e sudoripare. In genere la flora colonizzato da molti microorganismi prevalentemente commensale cutanea si compone di: aerobi (si ha un rapporto aerobi : anaerobi di 10/100:1). − Stafilococchi Coagulasi- La maggior parte di questi microorganismi è scarsamente − S. aureus, Propioni-batteri, Coryne-batteri virulenta ma può procurare patologia se essa giunge, dal − Acineto-bacter cavo orale, in siti comunemente sterili (es. seni paranasali, − Candida, Malassezia, Dermatofiti orecchio, SNC). Orecchio esterno → qui il più comune germe commensale Apparato gastro-enterico → la flora commensale è molto è S. epidermidis. varia e cambia a seconda dei distretti: − Esofago → qui si ha una colonizzazione transitoria dai Occhio → la superficie dell’occhio è colonizzata da patogeni dell’orofaringe (batteri e lieviti) che qui Stafilococchi coagulasi- e altri germi normalmente giungono a causa della deglutizione ma non esiste una osservati a livello del naso-faringe (es. Haemophylus spp., vera e propria flora microbica locale. Neisserie spp., Streptococcus Viridans) con cui l’occhio è in − Stomaco →a causa della presenza di HCl e comunicazione per mezzo dei canali lacrimali. pepsinogeno, solo pochi microbi che vi resistono (microbi acido-resistenti) possono essere isolati: Tratto respiratorio → la situazione cambia a seconda che Lactobacillus, Streptococcus, H. pylori. si consideri il tratto respiratorio: − Intestino (tenue e crasso) → a questo livello si − superiore → è in comunicazione con l’esterno, quindi, trovano prevalentemente batteri anaerobi come: come il cavo orale, presenta una sua flora commensale Bifidobacterium, Eu-bacterium, Bacteroides, Entero- (simile a quella del cavo orale). A questo livello coccus, Enterobacteriaceae. possono essere isolati potenziali microrganismi patogeni. Tuttavia, se si isolano germi da un campione Tratto genito-urinario → è da considerarsi sterile a meno biologico prelevato in questa sede, non significa dei tratti di uretra distale e vagina (le parti in diretta necessariamente che è in atto un’infezione acuta, a comunicazione con l’esterno) che sono colonizzate da meno che non vi sia la contemporanea presenza di microorganismi commensali (Staphylococchi, segni e sintomi. Streptococchi, Lactobacilli). Nel caso dell’uretra, l’attività − inferiore (laringe, trachea, bronchi) → è sterile, per antibatterica delle cellule uroteliali e l’azione di lavaggio cui qualunque microrganismo qui presente è da dell’urina al momento delle periodiche minzioni elimina considerassi non-fisiologico. rapidamente questi batteri che transit risalgono l’uretra. Si deduce che, se viene interrotto il flusso di urina (es. per un calcolo renale), si può avere come conseguenza permanenza dei batteri a livello uretrale. 9 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea APPROCCIO AL PZ CON MALATTIA INFETTIVA In questa sezione della dispensa, consideriamo come è opportuno approcciarsi al pz con sospetta malattia infettiva. Anamnesi Quando si sospetta una malattia infettiva, nell’anamnesi è importante indagare se il soggetto è stato esposto a potenziali fonti di microrganismi patogeni, per cui, per esempio bisogna informarsi (facendo domande mirate, perché il pz non tende da solo a riferire dettagli importanti) su: − ambiente in cui il soggetto vive/lavora, se è stato ospedalizzato recentemente (spesso molti patogeni, soprattutto antibiotico-resistenti, vengno acquisiti in sede nosocomiale), se ha fatto viaggi in determinate aree del mondo. − dieta → alcuni patogeni possono essere acquisiti con la dieta es. Brucella: è un batterio che si trova in alcuni formaggi caserecci es. C. Botulinum: è un batterio che può trovarsi in conserve sott’olio fatte in casa − animali (domestici o selvatici) con cui il pz è entrato in contatto in quanto essi spesso possono essere vettori di patogeni all’uomo − stato immunitario → se un pz è immunodepresso (es. ha dibete, HIV, tumori, assume farmaci che abbassano le difere immunitarie), è più probabile che abbia determinate patologie e non altre, per esempio i pz con AIDS hanno un ventaglio di pato che colpiscono quasi esclusivamente quella classe di pz, per cui sapere se un pz ha AIDS è cruciale − corpi estranei → bisogna informarsi se il pz ha per esempio protesi, valvole cardiache sostituite, ecc. in quanto i corpi estranei sono degli elementi dove è più facile che i microrganismi (specie batteri) si annidano. In particolare, a questo livello, i batteri sono capaci di costituire una struttura chiamata biofilm che permette loro di eludere completamente la risposta immunitaria e di resistere all’antibiotico (non riesce ad arrivare) e spesso l’unica cosa che si può fare è sostituire la protesi e somministrare antibiotici. Esame obiettivo Come sempre, all’anamnesi segue l’esame obiettivo. Nell’ambito delle malattie infettive, all’esame obiettivo bisogna dare particolare attenzione a: Parametri vitali → ossia pressione arteriosa (PA), frequenza cardiaca (FC), frequenza respiratoria (FR) e T corporea (TC) e in tal caso bisogna verificare se il pz ha febbre*. Bisogna quindi sempre innanzitutto accertarsi che il pz sia stabile/non in pericolo di vita. NB. negli anziani (che spesso hanno basse T corporee basali), la febbre può essere lieve o assente anche in caso di gravi infezioni, per cui in questi casi bisogna porre attenzione a improvvise modifiche non spiegate delle capacità funzionali, peggioramento dello stato mentale, astenia e perdita di peso in quanto fattori che possono indicare infezione in atto. Frazioni del sistema reticolo-istiocitario → nel caso delle malattie infettive, è di primaria importanza controllare lo stato di linfonodi, fegato e milza in quanto questi sono spesso una delle prime stazioni di replicazione dei microbi e, in conseguenza di ciò, cambiano condizione (si ingrossano, diventano dolorosi, ecc.). Si noti che tali effetti possono comparire inzialmente e poi sparire oppure comparire tardivamente, quindi la valutazione va fatta più volte. es. nella mononucleosi (malattia che si trasmette con la saliva), la prima stazione di replicazione sono i linfonodi ∊ anello del Waldeyer (anello di tessuto linfoide che circonda le coane e l'istmo delle fauci) e poi la replicazione diventa sistemica (in tutti i linfonodi del corpo). Cute e mucose → spesso le infezioni determinano esantema, rash e altre manifestazioni cutanee più o meno specifiche, per cui è importante anche ispezionare la cute. Inoltre, bisogna anche chiedere al pz se lui stesso ha notato delle alterazioni della cute che magari nel frattempo sono scomparse e quindi non sono osservabili. Test ed analisi In base a ciò che si riscontra da anamnesi ed esame obiettivo, si formula un sospetto diagnostico e decide a quali test sottoporre il pz e quali campioni inviare in laboratorio (nel caso si sospetti di malattie infettive). Nell’attesa dei risultati dei test, se necessario (es. se la patologia non è rischiosa per la vita del soggetto) si imposta una terapia antibiotica/antivirale empirica “ragionata” cioè quella che si userebbe nel caso fosse verificata l’ipotesi diagnostica principale o che ne copre diverse. 10 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Focus: Febbre Per quanto riguarda l’aumento di T corporea, esso può essere fisiologico o patologico ed in tal caso bisogna distinguere: − Febbre → è un aumento della T corporea oltre i valori normali che si configura come facente parte della risposta immunitaria in quanto è controllata/decisa dall’ipotalamo (in particolare dal centro regolatore della T corporea, sito nell’area pre-ottica dell’ipotalamo) in risposta a determinati stimoli (vedi sotto meccanismo). − Iper-termia → è un aumento della T corporea oltre i valori normali non-controllato dall’ipotalamo, per cui è da considerarsi patologico (si raggiungono valori di T corporea > T imposta dall’ipotalamo). Consideriamo in dettaglio la febbre. Meccanismo d’innesco della febbre La febbre viene innescata quando delle molecole/sostanze dette pirogeni raggiungono il centro di controllo l’ipotalamo determinando qui un rialzo del set-point di T corporea che poi viene raggiunto con vari meccanismi (es. brividi, ecc.). Ora, i pirogeni possono essere distinti in: − pirogeni endogeni → sono principalmente CK che vengono liberate nel corso del processo infiammatorie (es. IL-6, TNFα) o anche prostaglandine (es. PGE2) − pirogeni esogeni → sono componenti di microrganismi infettanti, per esempio il pirogeno esogeno per antonomasia è il lipo-poli-saccaride (LPS) dei Gram-. [fonte Fisio] La presenza di pirogeni esogeni (che peraltro sono anche PAMPs) innesca una risposta infiamm nell’ambito della quale sono prodotti pirogeni endogeni che giungno poi all’ipotalamo. Fasi della febbre Una volta innescata, la febbre si caratterizza per diverse fasi: 1. fase prodromica → in questa fase si hanno disturbi non specifici (quali lieve cefalea, astenia, malessere generale e algie) ma non ancora aumento della temperatura corporea 2. aumento della T → sotto ordine dell’ipotalamo, vengono messi in atto diversi meccanismi atti ad aumentare la temperatura, tra cui: ⇁ termogenesi da brivido → si hanno tremori generalizzati e brividi che permettono di convertire l’energia cinetica dei muscoli in energia termica. Una volta che viene raggiunta la nuova T corporea designata dall’ipotalamo, i brividi cessano. ⇁ reindirizzamento del circolo ematico in vasi profondi → si ha vasocostrizione dei vasi superficiali e vasodilatazione di quelli profondi in modo che la maggior parte del sangue circoli in profondità e quindi venga disperso meno calore/conservato più calore corporeo. Ne consegue che il soggetto appare pallido. ⇁ comportamento → l’ipotalamo induce sensazione di freddo che inducono il soggetto ad assumere comportamenti atti a disperdere meno calore, es. “raggomitolarsi”, coprirsi, ecc. 3. plateau → una volta raggiunta la T corporea designata dall’ipotalamo, essa resta stabile per un tempo dipendente dallo stato es. dell’infezione che ha scatenato il processo. In questa fase i brividi cessano e il pz non ha più freddo 4. arrossamento e defervescenza → quando il processo scatenante inizia ad andare incontro a risoluzione, si ha innanzitutto redistribuzione del circolo ematico privilegiando i vasi superficiali (in modo da iniziare a disperdere calore), per cui il pz appare arrossato e caldo alla palpazione. Successivamente, si ha profusa sudorazione che permette di riportare la T corporea a quella normale di partenza. Tipi di febbre Per quanto riguarda la causa/eziologia, le febbri possono essere distinte in 2 grosse famiglie: − febbre non-centrale → sono più comuni e meno gravi, possono essere considerate risposte fisiologiche ad eventi traumatici, patologici o infettivi. In questo insieme rientrano le febbri legate a processi infettivi ma anche quelle che accompagnano altre patologie come malattie reumatologiche, neoplasie (in quanto esse rilasciano sostanze pirogeniche che agiscono sull’ipotalamo), febbri post-chirurgiche, ecc. La febbre è quindi un segno cardine della maggior parte delle patologie infettive (nelle varie patologie saranno segnalate quelle in cui non vi è febbre) ma anche non-infettive, è infatti un segno estremamente aspecifico. − febbre centrale o neurogenica (iper-termia) → è generalmente dovuta ad un danno ipotalamico che può essere causato da: traumi al SNC, sanguinamento intracerebrale con aumento pressione endocranica, reazioni a farmaci (es. ipertermia maligna da anestetici), ecc. Questo tipo di febbri sono caratterizzate dal raggiungimento di elevate temperature (oltre 40°C), sono resistenti agli antipiretici e non sono associate a sudorazione. In base alle caratteristiche, le febbri vengono classificate in funzione di 3 parametri: 11 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Le febbri si distinguono in 2 “fasce” di T corporea raggiunta: − 37 – 41°C → è la T raggiunta nella maggior parte delle febbri causate da malattie infettive. Eccezione: febbre raggiunta nel Colera in cui non si ha febbre ma anzi il pz è algido: il pz perde Range di T così tanti liquidi con la diarrea che diventa freddo, quasi come se ci fosse uno shock emorragico. − > 41°C → è la T raggiunta nelle febbri centrali o non-centrali e non-infettive La febbre si può descrivere anche in relazione agli altri segni vitali oltre la T corporea ed, in particolare, alla frequenza cardiaca (FC), ossia tachicardia. Normalmente, come detto, l’aumento della T corporea si associa ad un aumento della FC ma non è sempre così: Segni vitali Esempio: Tifo → rilascia sostanza che inducono bradicardia. Esempio: febbre gialla → si accompagna a bradicardia. In questo senso, le febbri sono classificate in: − Intermittente → in questo caso, la T corporea ritorna spontan normale (cioè < 37°C) almeno 1 volta nelle 24 ore. Esempi: sepsi batterica, polmoniti, ascessi, endocardite acuta. − Remittente → in questo caso, la T corporea si mantiene sempre al di sopra dei 37°C ma può variare di alcuni gradi durante il giorno. Esempi: inf virali delle alte vie aeree, da legionella, micoplasma. − Continua o sostenuta → in questo caso, la T corporea si mantiene sempre al di sopra dei 37°C e si mantiene pressoché costante durante il giorno (ci sono solo minime variazioni). Esempi: tifo, febbre da farmaci. − Periodica o recidivante (fig lato) → si osservano 2 o più episodi di febbre (anche più giorni) intervallati da 1 o più giorni di apiressia. Periodicità Esempi: TBC, infezioni fungine, malattia di Lyme, borreliosi, malaria (es. febbre terzana, quartana). NB. la febbre ha sempre andamento circadiano, motivo per cui bisogna valutarla più volte nella giornata (nei reparti la si prende almeno 4 volte al giorno e si realizza un grafico della temperatura), infatti una febbre mattutina non ha alcun significato clinico. Effetti della febbre La febbre, come detto, rientra nei meccanismi protettivi fisiologici dell’individuo, infatti essa ha diversi ruoli: − ↑SI → l’aumento della temperatura corporea, infatti, determina ↑motilità e attività dei leucociti ed anche ↑ produzione di IFN e attivazione cellule T − ↓crescita microrganismi → Molti microbi crescono meglio alle normali temperature corporee e la loro crescita è inibita a temperature nel range della febbre (es. Rhinovirus, ossia virus del raffreddore → meglio coltivati a 33°C) Va però detto che la febbre ha molteplici effetti “collaterali” qualora non adeguatamente controllata: − Aumentata necessità di O2 da parte dei vari tessuti (infatti porta ad un aumento di FC and FR che devono poter essere sopportate dall’organismo) − Fa switchare il metabolismo cellulare da un metabolismo prettamente glucidico a uno che usa come substrati energetici prevalentemente proteine e lipidi. Questo perché il glucosio è un ottimo medium per la crescita batterica e, in questo modo, viene limitata la disponibilità di ALTERAZIONI glucosio “libero” nell’organismo che potrebbe essere usato dai batteri (vengono “tagliati i fondi METABOLICHE energetici” ai batteri). Questa condizione, però, implica un certo grado di proteolisi in modo da poter usare gli aa come fonte di energia, quindi si ha ↓massa muscolare e questo deve poter essere sopportato dall’organismo. Inoltre, in caso di febbre prolungata, l’aumentato uso di acidi grassi porta a raggiungere concentrazione KB tali da portare ad acidosi metabolica. − Può portare a disidratazione e squilibrio elettrolitico a seguito della profusa sudorazione 12 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea − SNC → la febbre può portare a cefalea, irritabilità, allucinazioni, convulsioni febbrili (bambini) − Sistema Cardio-vascolare → come detto, la febbre è accompagnata da ↑FC, in particolare, un aumento di 1°C di temperatura corrisponde ad un aumento di 8 battiti/min e questo potrebbe ALTERAZIONI essere troppo da sopportare per determinati soggetti es. anziani, con co-morbilità, cardiopatici, FUNZIONALI ecc. portando ad insufficienza cardiaca. (tessuti) − Sistema Respiratorio → come detto, la febbre è accompagnata da ↑FR, cioè si ha iperventilazione, il che può portare ad alcalosi respiratoria. − Sistema Digestivo → alla febbre si associano anoressia, costipazione, vomito − Sistema Immune → attivazione linfocitaria e complemento Trattamento della febbre Siccome, come detto, la febbre è un fisiologico meccanismo protettivo, in linea di massima essa non va trattata a meno che non diventi pericolosa per la salute del soggetto. In particolare, le condizioni in cui bisogna trattare la febbre (e in tal caso si fa uso di farmaci antipiretici) sono: − la febbre sta raggiungendo valori troppo alti che potrebbero danneggiare es. il SN es. nei bambini piccoli si possono avere convulsioni febbrili; in tal caso, non somministrare aspirina perché c’è rischio della sindrome di Reye, una patologia molto rara ad eziologia ignota ma potenzialmente letale che causa infiammazione ed edema cerebrale e degenerazione epatica e che viene innescata da uso di aspirina. − il pz soffre molto per la febbre e i sintomi ad essa associati − il pz è un paziente critico e va quindi mantenuto eu-termico perché, considerando il suo stato, la febbre potrebbe causare disidratazione, insufficienza cardio-polmonare, complicazioni metaboliche e neurologiche ASEPSI MEDICA E CONTROLLO DELLE INFEZIONI Innanzitutto, partiamo da alcune definizioni: Asepsi → procedura che permette di ridurre il numero di microorganismi (ma non riguarda virus e spore) su un certo oggetto e si basa su inibizione della crescita dei microrganismi. Prodotti: gli antisettici maggiormente usati sono alcool e betadine; essi possono essere utilizzati sulla cute. Disinfezione → procedura che permette di distruggere i microrganismi patogeni (ma non riguarda le spore) su un oggetto. Prodotti: la disinfezione può avvenire mediante bollitura o mediante l’utilizzo di disinfettanti; il disinfettante maggiormente usato è la varichina ma essa danneggia/irrita cute e mucose e quindi non va mai usata sulle persone ma solo sugli oggetti. Sterilizzazione → procedura che permette di distruggere tutti i microorganismi, patogeni e non patogeni, (inclusi virus e spore) da un oggetto. Prodotti: la sterilizzazione avviene mediante autoclave o anche con stufe, gas, radiazioni, prodotti chimici. Infezioni nosocomiali Le infezioni nosocomiali sono le infezioni contratte in ospedale e sono un problema inevitabile anche nei migliori ospedali dal momento che essi sono luoghi in cui vengono “concentrati insieme” tanti malati e soggetti fragili che possono essere “vittime appetibili” per i patogeni. La diffusione delle infezioni in ambito nosocomiale avviene per mezzo di diversi agenti (strumenti, ambienti, malati, operatori sanitari, aria, acqua, ecc.) e bisogna ricordare che tutti i fluidi corporei di un paziente devono essere considerati potenzialmente contaminanti. In ogni caso, è importante mettere in atto una serie di accorgimenti atti a limitarle anche perché queste hanno un elevato tasso di mortalità dal momento che: − colpiscono persone che si trovano in ospedale, quindi persone che partono già da una condizione di base di fragilità − i germi che si trovano in ospedale, per via della somministrazione di antibiotici e terapie varie sono spesso antibiotico- resistenti o terapie-resistenti, quindi molto difficili da debellare/controllare Purtoppo, ad oggi l’Italia è tra i peggiori paesi in Europa per controllo delle infezioni nosocomiali. L’istituto ECDC (European centre for disease prevention and control) ha detto delle stime sulla presenza di E. Coli resistente alle Cefalosporine di III generazione (es. Rocefin, Ceftriaxone) ed anche ai Fluoro-chinoloni ha riscontrato in Italia tra il più alto tasso di resistenza: ∼ 50% dei ceppi sono già resistenti a ciascuno dei due. 13 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Pratiche dell’aspepsi medica Innanzitutto, a livello “teorico”/mentale, per evitare contaminazioni e trasmissione di patogeni tra un paziente ed un altro, è importante avere sempre contezza di ciò che è sporco, ciò che è pulito e ciò che è sterile in ogni ambiente quando si lavora e mantenere questi 3 gr di oggetti sempre separati. In caso di errori, bisogna rimediare subito alle contaminazioni. Oltre a ciò, è necessario mettere in atto alcune misure comportamentali particolari per garantire un’asepsi medica (cioè in ambiente medico, ≠ asepsi chirurgica), ossia: − Lavaggio delle mani accurato − Uso di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI; ossia camice, guanti e maschere) − Precauzioni standard + Precauzioni aggiuntive basate sul tipo di trasmissione dei patogeni (aerea, droplet, contatto) In particolare, nella pratica clinica ∃ 3 livelli di precauzioni/protocolli da adottare per controllare le infezioni. Queste precauzioni vanno usate in tutti i reparti visto che comunque i soggetti con malattie infettive non si trovano solo nel reparto di malattie infettive ma sono presenti in tutti i reparti (es. se uno di loro deve operarsi o ha anche altre patologie). Vediamo in dettaglio. Igiene standard L’igiene standard è il primo livello/livello di base e va applicato sempre e ovunque su tutti i pz, indipendentemente dalla loro diagnosi. In questo modo si mantiene uno standard alto di igiene e in più si evita di fare discriminazioni tra pz con malattie infettive di diversi tipi. Le misure di igiene standard consistono in: − Lavaggio Mani → deve essere effettuato con acqua e sapone (metodo migliore) o con altre sostanze prima e dopo aver avuto contatti con un pz e avere indossato i guanti. È necessario insaponare le mani per 20 secondi almeno. È meglio evitare smalti e gioielli che possono fungere da sito di accumulo per patogeni. − Uso di PPE (Personal protective equipment) come: ⇁ guanti sterili monouso → si usano quando si ha a che fare con fluidi corporei del pz, soprattutto il sangue. Inoltre i guanti vanno sostituiti quando si rompono/bucano, ecc. In ogni caso prima e dopo l’uso vanno lavate le mani. NB. guanti e fonendoscopio sono una delle principali causa di trasmissione di patogeni da un pz all’altro: è fondamentale cambiare guanti o per lo meno lavarli e lavare il fonendoscopio quando si passa da un pz all’altro. ⇁ mascherine e camici → si usano per proteggere le mucose di naso e bocca (più facilmente attraversabili dai microbi rispetto alla cute) quando si devono effettuare procedure che possono produrre schizzi o spray o aerosol di fluidi corporei potenzialmente infetti − Corretto e sicuro smaltimento dei rifiuti → in particolare, per evitare accidentale puntura o taglio con strumenti taglienti (durante utilizzo, pulizia ma soprattutto smaltimento), gli operatori sanitari devono seguire protocolli atti a prevenire tale eventualità, in particolare è importante non indirizzare la punta di tali strumenti verso parti del corpo, non incappucciare le siringhe manualmente, non piegare o rompere gli aghi manualmente, ecc. − Decontaminazione (pulizia/disinfezione) dell‘area in prossimità del paziente Precauzioni di barriera Questo è un livello di precauzione intermedio e va messo in atto quando ci si trova a fronteggiare patogeni trasmessi per contatto, soprattutto se si stratta di germi MDR trasmessi per contatto. Questi possono essere sintetizzati nell’acronimo ESCAPE (vedi lato, sapere nomi). In questo caso, in aggiunta alle misure base, è necessario utilizzare strumentazione e DPI dedicate al pz (es. Camice ristretto ad un solo paziente, Strumenti ad uso del singolo pz come fonendoscopio, macchina della pressione) e fornire al pz una camera singola con bagno privato oppure, nel caso di pz allettati (che non usano il bagno), è possibile porre più letti di pz con lo stesso patogeno purché a debita distanza nella camera. Le camere che ospitano questi pz vengono segnalate all’esterno con un cartellino giallo e fuori da esse si trovano dei carrelli con tutta la strumentazione dedicata a quel pz. Isolamento L’isolamento è il livello massimo di precauzione e viene messo in atto quando si fronteggiano dei patogeni che si trasmettono per via aerea. In questi casi, è necessario collocare il pz in stanza singola (o con altri pz che hanno la medesima patologia), possibilmente in stanze con meccanismi che permettono il periodico ricambio dell’aria (da 6 a 12 ricambi all’ora); in alcuni casi, si utilizzano stanze a pressione negativa perché queste condizioni sfavoriscono la proliferazione dei germi. La porta della stanza deve rimanere chiusa. Il personale deve utilizzare mascherina FFP2 o FFP3 che hanno un sistema a filtro che permette di filtrare fino al 98% delle particelle. Se possibile, anche il pz deve indossare mascherina (es. si può concordare che quando il medico deve visitare il pz, bussa prima di entrare e il pz indossa la mascherina). NB. queste stesse precauzioni vanno adottate dagli operatori sanitari che si occupano del trasporto del pz (es. ambulanza). 14 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea SEZIONE 2: MALATTIE INFETTIVE PER DISTRETTI INFEZIONI DEL SNC Le infezioni del SNC sono infezioni associate ad alta mortalità e morbidità e in genere si presentano accompagnate con sintomi e segni caratteristici sia del sito di infezione (segni neurologici) che del patogeno infettante. Siccome il SNC è un tessuto alquanto vulnerabile, se non viene eseguita una diagnosi rapida ed un’appropriata terapia, è facile che si realizzino effetti molto gravi che possono portare alla morte del pz. Normalmente, il SNC è un distretto sterile grazie sia alla limitazione fisica/meccanica imposta dalla scatola cranica, sia dalla BEE. Ne consegue che ogni microorganismo rilevato nel SNC è da considerarsi una deviazione dallo stato di salute, ossia patolologica. Le infezioni del SNC possono presentarsi in forma: acuta (< 24 h, magg pt), subacuta (< 7 gg), o cronica (> 4 sett). Eziologia Sono molti i patogeni che possono infettare il SNC e sono riassunti nella seguente tabella. In generale, si parla di meingo-encefaliti perché l’infezione (o l’affezione nel caso di quelle non-infettive) può interessare le meningi e/o il parenchima cerebrale. Le percentuali in basso sono riferite al totale delle infezioni es. batteriche, virali, ecc. per ogni gruppo di patogeni. BATTERI PROTOZOI VIRUS − Streptococcus pneumoniae (40%), S. agalactiae − Naegleria fowleri − HSV − N. meningitidis (20%) − Acanthamoeba species − CMV − Stafilococchi (10%) tra cui Stafilococcus aureus − Toxoplasmosi − Enteroviruses − Listerie (5%) tra cui Listeria monocytogenes − Cysticercosis − Arboviruses − H. influenzae (2%) − Echinococcus species − rabies − Bartonella henselae, Bartonella quintana − Plasmodium falciparum − Borrelia burgdorferi − Trypanosoma species − Brucella species FUNGHI − Leptospira interrogans − Blastomycosis − Mycobacterium tuberculosis − Coccidioidomycosis − Mycoplasma pneumoniae − Cryptococcosis − Rickettsia rickettsii − Histoplasmosis − Treponema pallidum A queste cause, si aggiungono: − Encefalomieliti post-vaccinali, es. dopo somministrazione di vaccini con patogeni attenuati − Encefalomieliti post-infettive (es. a causa di fenomeni immunologiche) − Encefalomieliti non-infettive dovute es. a vasculiti, neurolettici, chemioterapia, neoplasie Va detto che l’eziologia, almeno per quanto riguarda le meingo-encefaliti batteriche, non è del tutto casuale ma può essere valutata anche in base all’età del pz ed alcuni fattori predisponenti in quanto, in base a questi fattori, è più probabile che siano responsabili alcuni microrganismi e non altri (vedi tabella lato). Questo tipo di valutazione è utile per somministrare una terapia empirica ragionata a base di antibiotici nell’attesa dei risultati dal laboratorio. 15 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Patogenesi Innanzitutto, nell’ambito del processo patogenetico, consideriamo le possibili vie d’accesso dei patogeni al SNC che è, come detto, un distretto dell’organismo particolarmente isolato/protetto (scatola cranica/canale vertebrale + liquor + meningi). Un microrganismo che riesce a raggiungere il tessuto nervoso può esserci arrivato mediante: − Via ematogena → il liquor è un prodotto di filtrazione del sangue (filtrazione che avviene a livello dell’ependima che costituisce i plessi corioidei) e quindi patogeni che sono presenti nel sangue (es. per un’infezione di altri distretti o che è diventata sistemica), in taluni casi, possono anche riuscire a giungere dal sangue al liquor. In alternativa, i patogeni possono riuscire ad attraversare la BEE a livello dei vasi che irrorano il parenchima cerebrale. − Focolaio contiguo → se si ha un’infezione in un distretto contiguo al t. nervoso, è possibile che il processo infettivo si estenda anche al tessuto nervoso. − Difetto anatomico → un difetto anatomico (congenito, post-chirurgico, traumatico, ecc.) anche minimo (e quindi di cui il pz non è consapevole) può perm poco a poco di far entrare dei patogeni nell’ambito del SNC dove possono det infez. − Pathways intra-neurali MANIFESTAZIONI CLINICHE Le meningiti batteriche si manifestano con un ventaglio di segni e sintomi caratteristici (sindrome meningea), in partic: Febbre → è indice di infezione Sindrome da ipertensione endocranica → siccome si tratta di un’infiammazione, si ha il caratteristico tumor del distretto interessato e, siccome in questo caso questo distretto è “chiuso/ costretto” in uno spazio delimitato da ossa (scatola cranica), il tumor legato all’infiammazione determina ↑P intra-cranica, da cui la triade tipica della sindrome da ipertensione endocranica: − cefalea gravativa ingravescente. I pz riferiscono che questa cefalea è diversa da quella “semplice” di cui si fa esperienza abbastanza spesso nella vita, è un dolore più intenso e peculiare. Nel caso dei pz neonati/bambini (che non hanno ancora modo di esprimere a parole questo sintomo), si osserva un tipico pianto chiamato grido idro-cefalico. − vomito cerebrale o “a getto” è così chiamato perché è improvviso, senza nausea o altri sintomi gastro enterici (visto che è causato da ↑P intracranica); è importante chiedere al pz (o chi per lui) all’anamnesi se ha avuto episodi di questo tipo. − papilledema (visibile all’ispezione del fondo oculare) Iper-estesia → si tratta di una aumentata sensibilità a vari stimoli (o riduzione della soglia di tollerabilità agli stessi), per esempio fotofobia (il pz chiede di abbassare la tapparella), ipersensibilità ai rumori. In casi gravi, si ha iperestesia profonda, ossia un fenomeno per cui la compressione della massa muscolare alle cosce ed ai polpacci evoca vivo dolore. Questi segni possono essere presenti anche in caso di emicrania, non sono patognomici per meningite batterica. Dolore e/o rigidità nucale → l’infezione delle meningi (e quindi la loro irritazione, in particolare, irritazione delle radici spinali) provoca contrazione riflessa dei muscoli nucali e para-vertebrali in risposta al dolore che deriverebbe dalla messa in tensione delle radici dei nervi spinali. La rigidità nucale può essere valutata chiedendo al pz (se cosciente) di portare il mento al petto o provando a flettergli manualmente la testa verso l’avanti (se non cosciente); se questa operazione è difficoltosa/impossibile e/o provoca dolore, allora si considera il pz positivo a questo segno. Esso è quasi patognomico della meningite batterica, per cui viene valutato praticamente sempre in PS durante l’esame obiettivo. Quando il processo infettivo è particolarmente intenso, il pz si pone in una posizione antalgica detta a cane di fucile o opistotomo che si caratterizza per capo iper-esteso e ginocchia al petto. In questi casi, è possibile valutare segni clinici come: − Segno di Kernig (fig sin) → si valuta sul pz steso; si prende un arto inferiore e lo si solleva. Il segno è considerato positivo se il pz prova dolore ed alza la testa per cercare di combatterlo. − Segno di Brudzinski (fig dx) → si valuta sul pz steso; si solleva la testa del pz. Il segno è considerato positivo se il pz prova dolore e piega gli arti inf per combatterlo. Convulsioni e alteraz. dei nn. cranici → quando si ha interessamento delle strutture corticali, sotto-corticali e tronco- encefaliche, si hanno specifici fenomeni come convulsioni, interessamento dei nuclei dei nn. cranici, es. in TBC (che interessa i nuclei della base) spesso si ha interessamento dei nuclei del n. faciale, da cui paresi faciale, ecc. Disturbi psichici → spesso la memningite si accompagna ad alterazioni della sfera psichica, per esempio, si possono manifestare agitazione psico/motoria, aggressività che poi evolvono verso torpore, stupor, coma ed eventualmente morte. 16 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea COMPLICANZE ASSOCIATE ALLE INFEZIONI DEL SNC Consideriamo ora alcune complicanze associate alle infezioni da SNC le quali possono essere di interesse chirurgico. Ascesso cerebrale Un ascesso cerebrale è la presenza di una cavità neoformata ripiena di pus e localizzata nel cervello. Eziologia: l’eziologia dell’ascesso cerebrale è molto varia e spesso poli-microbica; consid alcuni esempi in base alla sede: Streptococchi → possono essere i responsabili Stafilococcus Aureus → è Bacterioides spp. → in caso di dell’ascesso cerebrale in caso di provenienza da: responsabile dell’ascesso cerebrale infezioni che interessano i − orecchio (otite media) in caso di provenienza da: denti (i batteri entrano in − seni paranasali (sinusite) − cuore (endocardite infettiva) circolo a questo livello e da − polmoni (polmonite) − ascessi post-chirurgici o post- qui giungono all’encefalo). − cuore (endocardite, spesso causata da traumatici (S. Aureus è infatti Streptococcus β-emolitico di gruppo A; un presente sulla cute e quindi Actinomyces → può embolo settico di vegetazione endocardica può entrare in circolo a seguito provenire dai polmoni dove può entrare in circolo) di traumi e giungere col sangue determina infezione primaria. all’encefalo) A questi, bisogna aggiungere altri patogeni che possono essere responsabili di ascesso in caso di soggetti immunodepressi: − pz con AIDS → Toxoplasma Gondii − pz trapiantati (immuno-soppressi) → Aspergillus, Candida Patogenesi: Il processo parte come una cerebrite (che è ancora trattabile con antibiotici) e poi, gradualmente, si forma una raccolta di materiale purulento e materiale necrotico, spesso contornato da una capsula (e qui l’antibiotico non arriva, per cui se si arriva a questo punto, in genere è necessario un drenaggio chirurgico). Manifestazioni cliniche: l’ascesso è una lesione occupante spazio, per cui determina un ↑P endo-cranica in misura proporzionale alla sua dimensione, il che può manifestarsi con: cefalea, papilledema, vomito, alterazioni stato mentale, emiparesi (se esercita pressione sui nuclei dei nn cranici come es. nucleo del faciale). Si tratta di un processo in genere associato ad infezioni e quindi si accompagna a febbre. Diagnostica: la presenza di masse intracraniche è una controindicazione assoluta per l’effettuazione di rachicentesi, motivo per cui in questi casi la diagnosi viene svolta esclusivamente con tecniche di imaging, in genere: TAC e RMN, eventualmente con mezzo di contrasto. Terapia: come detto, quando l’ascesso si è formato, la terapia antibiotica non è più efficace (essa è invece applicabile in caso di cerebrite), per cui si rende necessario il drenaggio chirurgico. Empiema sub-durale ed epi-durale L'empiema subdurale ed epidurale sono rare e gravi condizioni neurologiche in cui si ha un empiema (= una raccolta di pus, in genere dovuta a batteri solitamente Gram-) a livello degli spazi tra le meningi, in particolare rispettivamente lo spazio sub-durale (tra dura madre e aracnoide) e quello epi-durale (tra dura madre e periostio che riveste internamente gli spazi ossei entro cui sono accolte le varie porzioni del SNC). Si noti che questa situazione può verificarsi sia a livello del distretto cefalico, sia a livello spinale. Eziologia: anche in questo caso è molto varia, spesso si tratta di batteri che riescono a giungere in questa sede a seguito di infezioni primarie in altre sedi (che poi disseminano) oppure a seguito di traumi e/o chirurgia. Manifestazioni cliniche: la raccolta di materiale che si crea occupa spazio, per cui comprime le meningi, mediante queste, il tessuto nervoso sottostante. Ne consegue che le manifestazioni cliniche dipendono dalla porzione di t. nervoso principalmente compressa. Per esempio, si può avere: compressione dei nn. spinali, da cui paralisi e alterazioni della sensibilità (anche dolore riferito ai distretti innervati da quello specifico nervo); nel caso i nervi contengano fibre ∊ SNA, si possono avere anche manifestazioni viscerali come alterazione della funzionalità degli sfinteri vescicali e intestinali, alterazioni della motilità intestinale, ecc. Oltre a ciò, siccome si tratta di un processo infettivo, si accompagna a febbre. 17 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Trombo-flebite dei seni venosi La trombo-flebite dei seni venosi è un evento raro (in genere si osserva in soggetti predisposti o in casi di infezioni non trattate per lungo tempo/trascurate) che colpisce essenzialmente 3 seni venosi (= princ vasi venosi che drenano il sangue dell’encefalo): − seno sagittale superiore → ha andamento antero-posteriore e percorre internamente la volta cranica a ridosso delle sup ossee − seno laterale o trasverso → percorre latero-lateralmente la base d’impianto del tentorio del cervelletto. − seno cavernoso → si trova ai lati della sella turcica dello sfenoide ed è attraversato da importanti formazioni vascolari (carotide interna) e nervose (ff di vari nervi cranici) In particolare, la trombosi del seno cavernoso può essere una complicanza tardiva di un’infezione del massiccio faciale e dei seni paranasali. Dal punto di vista clinico, essa si caratterizza per affezioni dell’occhio e dell’orbita (visto che nel seno cavernoso passano ff che agiscono a questo livello): − dolore orbitario − edema peri-orbitale − alterazioni visus (diplopia), ptosi, proptosi DIAGNOSI Se l’anamnesi, l’esame obiettivo e le manifestazioni cliniche lasciano pensare ad una infezione del SNC, per fare diagnosi certa occorre approfondire con determinate indagini diagnostiche. L’analisi cardine per quanto riguarda le malattie infettive del SNC, è sicuramente l’analisi del liquor cefalo-rachidiano il quale viene prelevato mediante puntura lombare (PL) o rachicentesi da effettuare a livello della colonna vertebrale (visto che comunque il liquor qui presente proviene dal distretto encefalico data la fisiologica circolazione del liquor). Procedimento [integrato con Micro] Il paziente deve porsi in posizione assisa e piegato su un cuscino (più comodo per il medico) oppure disteso con le gambe e le cosce flesse sull’addome (più comodo per il pz), in maniera da divaricare maggiormente lo spazio in cui andrà inserito l’ago. Assunta la posizione da parte del pz, l’operatore introduce delicatamente un ago sottile (vedi fig), poco lateralmente al piano sagittale mediano (altrimenti incontrerebbe l’ostacolo dei processi spinosi vertebrali), fino a raggiungere il vanale vertebrale ed, in particolare, lo spazio sub-aracnoideo. Nel pz adulto, a seguito della cosiddetta risalita del midollo spinale, il midollo spinale termina a livello della vertebra L4/L5, per cui è prassi effettuare la puntura sotto questo livello in modo da ridurre il rischio di danneggiare il midollo o il SN del pz; in realtà, questo rischio non è nullo, in quanto al di sotto di L2/L3 permane comunque la cauda equina, ossia l’insieme di ff nervose che si dipartono dagli ultimi neuromeri (segmenti) del midollo e che devono raggiungere i fori di emergenza dei nervi spinali al di sotto delle vertebre in questione, che fa comunque parte del SN e può essere danneggiata. Se si dovesse erroneamente pungere la cauda aequina, si evoca una sensazione di scossa nel soggetto ma non si causano danni permanenti. Sempre per rendere il processo meno traumatico possibile, il liquor non deve essere aspirato ma, una volta inserito l’ago, si pone una provetta di raccolta sotto il suo sbocco e il liquor viene fatto gocciolare dall’ago nella provetta; si raccoglie un piccolo volume (almeno 0,5 ml, ma meglio 1 ml). Una volta raccolto, il materiale va inviato subito in laboratorio, non si può aspettare, motivo per cui è bene accordarsi preventivamente col laboratorio (es. sugli orari) prima di effettuare prelievo in modo da far analizzare subito il campione appena prelevato. Va detto che vanno raccolte 2 provette: una andrà al laboratorio di chimica clinica o di patologia clinica (quello dove fanno le comuni analisi del sangue) e l’altro al laboratorio di microbiologia per la ricerca di eventuali microrg. 18 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Durante il prelievo del liquor, talvolta viene misurata la pressione liquorale collegando un manometro all’ago con cui si effettua il prelievo. Essa è normalmente 90-180 mmH2O (adulto) e 10-100 mmH2O (bambino) ma può risultare: ↑P liquorale ↓P liquorale La pressione liquorale può risultare aumentata in caso di: La pressione liquorale può risultare diminuita in caso di: − presenza di una massa intra-cranica che determina − disidratazione, shock ipovolemico, collasso ↑P endocranica e quindi anche ↑P liquorale circolatorio → sono situazioni in cui si ha − edema cerebrale, evenienza che si riscontra in caso di ↓VCE/↓volemia e quindi una minor produzione di meningiti (= infiammazioni delle meningi, quindi in liquor a livello dei plessi corioidei, da cui ↓P liquorale cui si hanno i segni dell’infiammazione tra cui tumor − leakage liquorale → è una situazione in cui c’è una legato all’edema del distretto interessato) “perdita” di liquor, es. esso fuoriesce a causa di una − scompenso cardiaco e ↓drenaggio della v. cava sup soluzione di continuo non-fisiologica e finisce in altri (es. in caso di tumore di Pancoast) → se la vena cava distretti corporei, per cui il volume di liquor presente superiore non può drenare il sangue dal distretto nello spazio liquorale si riduce e, con esso, anche la P brachio-cefalico (o il cuore è insufficiente e non riesce liquorale a ricevere il sangue dalla vena cava sup), il sangue si − blocco spinale-subaracnoidale accumula in questa sede determinando ↑P idrostatica nei vasi di piccolo calibro relativi, da cui edema cerebrale e quindi ↑P liquorale Contro-indicazioni Va detto che ∃ delle controindicazioni all’effettuazione della putura lombare che possono essere distinte in: CONTRO-INDICAZIONI ASSOLUTE CONTRO-INDICAZIONI RELATIVE − Infezione cutanea locale → pungere a livello di un sito di infezione − Aumentata P intracranica ma senza cutanea favorisce il passaggio di microrganismi dall’infezione cutanea masse (es. senza papilledema) direttamente al liquor e quindi se il pz non ha meningite gliela si causa e − Sospetto di lesione focale se ce l’ha si va ad aggiungere un altro patogeno potenzialmente − Tumore della corda spinale responsabile della stessa al liquor − Presenza di un ascesso spinale − Massa intracranica in fossa neurocranica posteriore → una massa epidurale intracranica può avere varia natura (neoplastica, sangue accumulato per − Diatesi emorragica (= tendenza emorragia, ecc.) ma in ogni caso, trattandosi di qualcosa che occupa all’emorragia) o ↓PLTs spazio, essa determina un ↑P endo-cranica e, conseguentemente una ↑∆P tra scatola cranica e canale vertebrale che tenderebbe a far erniare il tronco encefalico attraverso il forame ovale. Se si va a prelevare liquor a livello spinale, viene accentuato il ΔP esistente tra scatola cranica e canale vertebrale, per cui si aumenta la possibilità di questa erniazione. Questo deve essere assolutamente evitato dato che il tronco encefalico contiene i centri che controllano la respirazione ed altre funzioni indispensabili per la vita. Per valutare la presenza di una massa nella sede in questione, si può: ⇁ eseguire una TAC prima di fare rachicentesi (in genere si fa così, si richiede TAC cranio urgente senza mdc perché non si può aspettare) ⇁ valutare segni di iper-tensione endo-creanica come es. papilledema (= tumefazione del disco ottico causato da ↑Pendocranica; essa è visibile con ispez fondo retina) o anche la presenza di segni focali 19 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Analisi sul liquor Il liquor prelevato può essere analizzato in molteplici modi: Ispezione → già durante il prelievo, si può dedurre qualcosa ispezionando il liquor in fase di raccolta nella provetta. In particolare, si analizza il suo colore e la sua trasparenza. Normalmente il liquor è trasparente per l’assenza di cellule (è descritto come “acqua di roccia”) mentre se appare torbido (o addirittura francamente purulento), esso è indice della presenza di cellule (in genere, > 1000 cellule/µl) e questo può indicare un processo infettivo ad opera di batteri. Va però detto che anche il liquor limpido non è garanzia di assenza di infezione, infatti esso appare così in caso di infezioni virali e di meningite tubercolare (il M. Tuberculosis fa infatti eccezione rispetto agli altri e provoca una meningite a liquor limpido). Esami di laboratorio: − Conta leucocitaria → si può chiedere al laboratorio di stimare la qtà di leucociti nel campione ed, in particolare, la quantità per ogni tipo. Infatti si ha che: ⇁ infezioni batteriche → si osserva un aumento nel liquor di PMN (granulociti neutrofili) ⇁ infezioni virali, fungine → si osserva un aumento nel liquor di linfociti − Esame chimico-fisico → si può chiedere al laboratorio di valutare il contenuto in glucosio, proteine, ecc. Nelle infezioni, si ha un aumento del contenuto proteico del liquor e questo è particolarmente marcato in quelle batteriche. Il contenuto di glucosio nel liquor (indicato come L-glucosio) è in genere il 60% di quello ematico (glicemia, indicato con S-glucosio), per cui non ci sono valori di riferimento assoluti ma bisogna fare contestualmente una stima della glicemia con prelievo ematico per “ricavarsi” valori di riferimento. Ora, fatto ciò, se si osserva una [glucosio] nel liquor sotto il valore atteso (cioè il 60% della glicemia misurata nel sangue), questo potrebbe indicare infezione batterica dato che i batteri, essendo cellule (e patogeni “autonomi”), se presenti nel liquor, consumano il glucosio libero nel liquor. Nelle forme virali e fungine non si osservano alterazioni del contenuto di glucosio. Osservazione al MO → si può allestire rapidamente un vetrino con il liquor (soprattutto se ad occhio nudo lo si osserva torbido) con colorazione di Gram (nel caso di sospetto di infezione tubercolare, bisogna richiedere la colorazione di Ziehl- Neelsen che è specifica per i micobatteri) da osservare già subito per farsi grossomodo un’idea del contenuto (soprattutto se sono presenti batteri). In genere, quando l’ispezione e l’esame chimico-fisico del liquor lasciano pensare ad una infezione batterica, nel 75% dei casi, si riscontrano batteri Gram+ nel liquor, soprattutto se non trattata (cioè se il pz non ha ancora iniziato terapia antibiotica, altrimenti la sensibilità si abbassa perché il n° batteri si riduce). Metodiche dirette e molecolari → si ricercano: − antigeni di batteri (S. Pneumoniae, N. Meningitidis e, nel caso di pz immunodepressi, si ricerca l’ag di Criptococcus Neoformans che è responsabile del 95% dei casi di meningite in questo tipo di pz) − DNA/RNA batterico o virale (con PCR) in modo da poter risalire all’eziologia del processo infettivo eventualmente in atto. Si noci che la PCR trova anche genoma di batteri morti, quindi la sua sensibilità non viene influenzata da una eventuale terapia antibiotica già iniziata. In genere, si ricercano contemporaneamente con PCR-multiplex i genomi dei batteri più frequentemente implicati nella meningite batterica, ossia: S. pneumoniae, S. agalactiae, E. coli, N. meningitidis, H. influenzae, Leisseria monocytogenes. Coltura → la coltura del liquor è un esame che richiede più tempo degli altri qui considerati, tuttavia è comunque eseguito di routine perché è il più informativo; nel caso di batteri, si può effettuare anche antibiogramma. In genere, dato il tempo richiesto, si eseguono in parallelo gli altri test qui elencati in modo da avere già qualche informazione utile nell’attesa. 20 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea MENINGITI BATTERICHE NOTEVOLI In questa sezione, consideriamo alcuni batteri responsabili di meningite batterica (i principali sono i primi 4 trattati: S. Pneumoniae, N. Meningitidis, H. Influenzae e Listeria) ma prima consideriamo alcuni aspetti generali della terapia, vaccinazione ed epidemiologia nei loro confronti. Terapia Come per batteri responsabili di altre patologie, oggi si osserva un aumento della presenza di forma di batteri antibiotico- resistenti, per questo è bene scegliere con cura gli antibiotici cui più probabilmente il batterio responsabile di meningite è sensibile. In particolare, in attesa di risultati dal laboratorio (es. se non si sa quale è l’ag eziologico), bisogna somministrare una terapia antibiotica empirica ragionata diretta contro i più probabili responsabili di meningite attualmente (es. S. Pneumoniae). Gli antibiotici scelti per la terapia di meningite batterica devono essere: − possibilmente antibiotici battericidi (non batteriostatici) − somministrati per via endo-venosa ad una dose adeguata di antibiotico (in genere, in caso di meningite si somministra una dose doppia rispetto alle altre infezioni a “parità” di patogeno); bisogna scegliere un antibiotico che non sia tossico a dosi così elevate (accettabile rischio di tossicità) e che sia in grado di entrare nel SNC attrav la BEE. Vaccini ed epidemiologia Negli ultimi decenni sono stati molti i vaccini contro batteri responsabili di meningite batterica messi a punto e distribuiti. Questo ha avuto delle ricadute sul piano epidemiologico: in generale, dal punto di vista epidemiologico, si osserva che, a seguito dell’introduzione dei vaccini contro alcuni degli agenti eziologici un tempo più frequenti di meningite batterica, si sta osservando che la meningite batterica sta passando dall’essere una malattia pediatrica all’essere una malattia dell’adulto (oggi quasi tutti i bambini sono vaccinati mentre chi si ammala sono principalmente adulti che non sono mai stati vaccinati contro i batteri in analisi). NB. Siccome la distruzione dei batteri capsulati avviene prevalentemente a livello della milza, tutti i soggetti splenotomizzati sono particolarmente a rischio di infezioni da batteri capsulati, per cui vanno vaccinati in via profilattica. MENINGITE DA STREPTOCOCCUS PNEUMONIAE Lo streptococcus pneumoniae è un coccoide Gram+ (quindi capsulato) che si ritrova in coppie appaiate per l’estremità. Da quando è stata introdotta la vaccinazione contro il Meningococco (vedi dopo), esso è la più frequente causa di meningite comunitaria; in ogni caso, è facile fare diagnosi differenziale tra i due perché l’infezione da meningogocco causa la formazione di tipiche petecchie sulla cute che invece non si osservano in caso di infezione da S. Pneumoniae. In caso di infezione da S. Pneumoniae, fattori prognostici negativi (ossia che peggiorano la prognosi) sono: età avanzata, basse piastrine, ridotto glucosio liquorale, assenza di focus otogenico. Va detto che lo S. Pneumoniae è agente eziologico di molte altre patologie che possono poi dare meningite come complicanza (otiti, sinusiti, polmoniti). Esso è implicato nel 40% dei casi di meningite batterica negli anziani (in cui più spesso è associato a polmonite), pertanto è fortemente consigliata la vaccinazione anti-streptococco nei soggetti > 65 anni. Terapia: Un’infezione da S. Pneumoniae può essere trattata con antibiotici, tuttavia, va detto che si osserva una progressiva antibiotico-resistenza. Vaccino: esistono 2 tipi di vaccino anti-S. Pneumoniae 1. PCV-13 or Prevnar13® → è un vaccino coniugato che immunizza contro 13 sierotipi; esso contiene il polisaccaride purificato capsulare di 13 serotipi di Streptococcus pneumoniae (1, 3, 4, 5, 6A, 6B, 7F, 9V, 14, 19A, 19F, 18C, and 23F) coniugati alla tossina difterica svelenata/detossificata (ossia tossoide difterico). Questo vaccino è più immunogenico (la coniugazione ↑risposta immunitaria) e può essere usato anche su soggetti < 2 anni. 2. PPSV-23 or Pneumovax23® → è un vaccino che immunizza contro 23 sierotipi; esso contiene il polisaccaride purificato capsulare di 23 serotipi di Streptococcus pneumoniae. Esso è meno immunogenico e non viene usato sotto i 2 anni; in genere è somministrato agli ultra-65enni dopo PVC-13 per colmare l’effetto booster (= decadimento dei titoli anticorpali nel tempo dopo immunizzazione) e per coprire anche altri sierotipi. 21 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea Focus: Caso clinico Un pz maschio, Italiano, di 43 anni giunge in PS accompagnato dalla moglie per improvvisa insorgenza di stato confusionale, sonnolenza e severa cefalea. Anamnesi → dopo aver controllato i parametri vitali per valutare se il pz è in immediato pericolo di vita, si procede con l’anamnesi la quale si articola in: − Anamnesi patologica remota → Se è già successo altre volte o se ci sono altre patologie importanti da sapere, es. se il soggetto ha problemi cardio-vascolari. − Anamnesi patologica prossima → se ci sono stati traumi recenti (es. incidenti) o anche stress emotivi importanti che possono aver causato es. un infarto, un aumento della pressione tale da determinare trombo-embolia da una placca aterosclerotica presente es. nelle coronarie, da cui ictus ischemico. Oltre a ciò, bisogna chiedere se ci sono altri sintomi. − Anamnesi farmacologica → se il pz prende abitualmente o ha preso farmaci poco prima dell’evento visto che lo stato di incoscienza acuta potrebbe essere tossica − Anamnesi familiare → i familiari del pz hanno ricorrenti episodi di otite media negli ultimi anni Si rileva che il pz ha febbre (38°C) e tachicardia. Bisogna chiedere se ce l’aveva anche prima, se ha avuto contatti con persone con febbre o segni e sintomi analoghi. La moglie dichiara che il pz aveva avuto febbre nei precedenti giorni ed altri sintomi lievi e il medico curante aveva prescritto una terapia a base di: − paracetamolo − terapia aerosolica con farmaci cortisonici − terapia antibiotica con amoxicillina/clavulanato 1 gr TID (trattamento cominiciato da 2 giorni) La moglie riferisce che non è la prima volta che succede. Esame obiettivo → dopo di che si effettua l’esame obiettivo andando a verificare se ∃ segni che indicano infezione di determinati distretti, tra cui il SNC (visto che comunque i sintomi sono neurologici). Esami diagnostici → se l’ipotesi diagnostica è quella di un’infezione del SNC, si possono svolgere i seguenti esami: − esame del sangue in cui si dosano i marker di flogosi + analisi del liquor − EEG per valutare eventuali aree cerebrali con attività elettrica anomala in conseguenza ad un’infezione − TAC per escludere cause non-infettive come cause neoplastiche, cerebro-vascolari, ecc. In particolare, vengono eseguiti: Esame del liquor → dai risultati (vedi lato), si deduce che si tratta di un’infezione batterica, infatti: − Il liquor è torbido, c’è un’alta concentrazione di granulociti neurofili (PMN) − il L-glucosio è sotto il 60% del S-glucosio − è presente acido lattico − si hanno proteine aumentate (indicano infiammazione) NB. nel referto è specificato che il liquor è roseo. Questo può accadere perché, quando si punge, può capitare che si vada a lesionare qualche capillare e quindi viene prelevato anche un po’di sangue ma in genere delle varie provette che si riempiono, poi il liquor torna limpido. Se ciò non accade, è opportuno chiedere al laboratorio di dosare gli eritrociti nel liquor perché essi potrebbero provenire da emorragie es. intracraniche, quadri necrotico-emorragici, ecc. Analisi molecolari → evidenziano che il batterio responsabile è lo Streptococcus Pneumoniae, il quale è peraltro anche il più frequente responsabile di otite media, il che spiega anche la probabile via d’accesso del microrganismo (dall’orecchio). 22 Dispensa di Malattie infettive, prof.ssa A. Saracino, aa. 2021-22, a cura di CassioPea MENINGITE DA NEISSERIA MENINGITIDIS La Neisseria meningitidis è un diplococco Gram- capsulato detto “a chicco di caffè” e comunemente chiamato meningococco (l’unica altra neisseria ∃ in patologia umana è la N. Gonorrhoeae, gonococco). Esso è agente eziologico della forma più severa di meningite acuta che, in determinate aree (es. nella cosidd “cintura della meningite”, nella reg della Sub-Sahariana), dà luogo a forme epidemiche di meningite. In particolare, N. menigitidis presenta 13 sierogruppi significativi dal punto di vista clinico che sono classificati in base alla struttura antigenica della capsula polisaccaridica; di questi, i sierogruppi A, B, C, Y, W135 sono responsabili di circa il 90% di tutte le infezioni (e infatti il primo vaccino contro la N. Meningitidis era contro questi sierotipi). In Europa, la maggior parte dei casi di malattia è causata dai sierogruppi B e C. Patogenesi: In alcuni soggetti, N. Meningitidis colonizza naso-faringe in maniera asintomatica, il che determina una certa facilità di trasmissione per via aerea, soprattutto da soggetti con SI “forte” a soggetti (es. bambini, anziani) che hanno difese immunitarie più deboli. Essendo il batterio così facilmente diffusibile, quando si diagnostica un caso di meningite da N. Meningitidis, occorre effettuare profilassi antibiotica (PEP, post-exposure prophylaxis) in tutti i contatti del pz (es. familiari, amici, sanitari es. personale 118, ecc.), cosa che si osserva anche per H. Influenzae (vedi dopo). In particolare, negli adulti si usa una sola compressa di Rifampicina o Ciprofloxacina. Talvolta, nei soggetti in cui N. Meningitidis è presente nel nasofaringe, per fattori di virulenza del batterio e/o per deficit del SI del soggetto (soprattutto relativamente ad Ig ed al sistema del complemento, via classica ed alternativa ma principalmente la componente nota come properdina), il batterio può determinare infezione invasiva. Manifestazioni cliniche: In questo caso, oltre alle canoniche manifestazioni cliniche di meningite già illustrate, si ha l’attivazione del sistema di coagulazione intravasale con conseguente formazione di petecchie o porpora che permettono di fare facilmente diagnosi differenziale. In casi gravi possono essere coinvolti anche organi interni, comprese le ghiandole surrenali (Sindrome di Waterhouse-Friederichsen che si caratterizza per emorragia surrenalica bilaterale). Va detto che in alcuni pazienti (spesso bambini), la malattia può essere meningite fulminante progredendo fino alla morte nel giro di poche ore dall’esordio dei sintomi. Prevenzione: ad oggi sono disponibili 2 vaccini che immunizzano nei confronti dei gruppi più frequentemente responsabili di meningite: − Men-B → viene somministrato ai neonati in 4 dosi fino ai 13 mesi (presto sarà esteso ad adolescenti e adulti). Come si p