Complementi di Tecnologia Meccanica PDF
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Pasquale Testa
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These notes detail processes of sheet metal stamping, focusing on common defects like fracture, wrinkling, elastic springback, and axial distortion. Typical sheet thicknesses and materials (steel, aluminum, magnesium) used in automotive applications are discussed. The notes also cover methods for minimizing springback and controlling material flow in complex stamping operations.
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COMPLEMENTI DI TECNOLOGIA MECCANICA Pasquale Testa PROCESSI DI STAMPAGGIO DELLE LAMIERE Si definisce lamiera un semilavorato in cui una dimensione è significativamente più piccola delle altre; il processo tecnologico che permette di ottener...
COMPLEMENTI DI TECNOLOGIA MECCANICA Pasquale Testa PROCESSI DI STAMPAGGIO DELLE LAMIERE Si definisce lamiera un semilavorato in cui una dimensione è significativamente più piccola delle altre; il processo tecnologico che permette di ottenere le lamiere è la laminazione; come è possibile osservare, la laminazione fa sì che i grani del metallo siano allungati nel verso della laminazione : La lamiera è quindi soggetta ad uno stato tensionale positivo ovvero di trazione. Ciò si traduce in un comportamento meccanico della lamiera che è diverso in base alla direzione di lavorazione scelta; se, ad esempio, devo piegare la lamiera, posso incorrere in frattura se la direzione della piegatura è parallela alla direzione di laminazione. I difetti tipici che un progettista deve evitare nello stampaggio di lamiere sono 4: frattura, formatura di grinze, ritorno elastico e distorsione assiale dovuta all’eventuale ritorno elastico. Spessori tipici della lamiera nell’ambito automotive sono 1,2/1,5 mm; i materiali generalmente usati sono acciaio leghe di alluminio e leghe di magnesio. FRATTURA La grandezza più importante quando si parla di stampaggio di lamiere è la formabilità della lamiera: indica la capacità del materiale di subire deformazioni permanenti senza arrivare a frattura. Il test più semplice per valutare la formabilità di una lamiera è il cosiddetto test di Erichsen: si incastra la lamiera su uno stampo circolare tramite un premilamiera e un punzone di forma sferica la deforma. Essendo incastrata, il flusso radiale di materiale è inibito e la lamiera si deforma a spese dello spessore → stretching. Sulla superficie esterna si applica una griglia di cerchietti; dalla deformazione di questi cerchi è possibile valutare lo stato deformativo subito dalla lamiera → Il tipo di deformazione che si ottiene dal test di Erichsen è una deformazione biassiale bilanciata. Il test si arresta quando sull’estradosso la lamiera si frattura. 1 Purtroppo, il solo test di Erichsen rappresenta una condizione miope poiché permette di ottenere la formabilità della lamiera soltanto in uno stato deformativo biassiale bilanciato, condizione che è ben lontana dal generico processo di stampaggio industriale. Per superare questo limite, si realizza il cosiddetto Dome Test : molto simile al test di Erichsen, si differenzia per l’utilizzo di rompigrinze e di blank di partenza di dimensioni via via sempre più piccole. In questa maniera si ottengono stati di deformazione diversi da quello biassiale bilanciato. Eseguendo il test su diversi blank di partenza è possibile creare un diagramma che indica la formabilità della lamiera per diversi stati di deformazione: si ottiene così il Forming Limit Diagram (FLD) o diagramma limite di formabilità. Una volta ottenuto il FLD per il mio materiale il suo utilizzo in sede di progettazione è piuttosto semplice: progetto matrice e punzone al CAD → eseguo la simulazione FEM e ottengo gli allungamenti TEORICI cui la lamiera è soggetta → se gli allungamenti sono al di sotto del FLD teoricamente il pezzo è buono, se sono al di sopra il pezzo è fratturato. Va osservato che anche il FLD ha un limite poiché è ottenuto da processi deformativi rappresentati da linee rette nel piano εmax – εmin → nella realtà di uno stampaggio complesso questi processi deformativi sono tutt’altro che proporzionali/lineari. Questo limite verrà trattato in seguito. RITORNO ELASTICO Il ritorno elastico o springback è la variazione geometrica che un elemento subisce non appena le forze utilizzate per deformarlo vengono rilasciate → l’elemento tende a ritornare alla forma che aveva prima di subire la deformazione: questo fenomeno deve ovviamente essere ridotto al minimo poiché pregiudica l’accuratezza dimensionale dell’elemento che si vuole ottenere. Se si considera una semplice operazione di piegatura di una lamiera, l’entità del ritorno elastico dipende da 4 grandezze: raggio di curvatura Rc, spessore della lamiera s, Tensione di flusso plastico del materiale σf e modulo di young E. Il ritorno elastico è maggiore : all’aumentare del raggio di curvatura Rc (angolo di piegatura MINORE); al diminuire dello spessore s; } All’aumentare del rapporto 𝑹𝒄 𝒔 2 all’aumentare di σf; al diminuire di E; } All’aumentare del rapporto 𝝈𝒇 𝑬 I metodi più comuni per minimizzare il ritorno elastico sono : l’overbending, ovvero piegare con un angolo maggiore la lamiera per fare sì che dopo il ritorno elastico si ottenga la geometria voluta; imprimere uno stato tensionale aggiuntivo (aumentare le restraining forces); nel caso di piegatura semplice, ad esempio, imprimere trazione alla lamiera indeformata; piegatura a caldo. IMBUTITURA Lo stampaggio è quel processo industriale che permette di trasformare un foglio piano di lamiera in una superficie piuttosto complessa tramite l’utilizzo di stampi (punzone e matrice). L’imbutitura è una semplice operazione di stampaggio che consente di realizzare oggetti cilindrici (pentola per gli spaghetti). Analizzando l’imbutitura si possono capire le tipiche criticità dei processi di stampaggio più complessi. La deformazione avviene: per stretching → si ha assottigliamento della lamiera nelle pareti laterali; per flusso radiale di materiale → parte di lamiera della flangia viene richiamata verso l’interno del cilindro. 3 Queste due modalità di deformazione devono essere ben bilanciate → se la lamiera non scorre a sufficienza, la maggior parte della deformazione si ha per stretching con eccessivo assottigliamento delle pareti ed eventuale frattura della lamiera, che in genere accade nella zona di transizione tra il fondo e le pareti. Per fare sì che ciò non avvenga, la forza del punzone, la forza del premilamiera, i raggi di raccordo di punzone e matrice e il gioco fra punzone e matrice devono essere perfettamente progettati. Inoltre, la flangia della lamiera è soggetta a tensioni circonferenziali di compressione che determinano un ispessimento della flangia stessa; se tali tensioni diventano sufficientemente elevate, possono determinarsi fenomeni di instabilità plastica che portano alla formazione di grinze. Per evitare la formazione delle grinze va aumentata la forza esercitata dal premilamiera. Anche la forma del blank di partenza (in funzione della forma dell’oggetto che si vuole realizzare) può influire sull’eventuale formazione di grinze; per capire il concetto è bene osservare il caso dell’imbutitura di vaschette a sezione rettangolare: Mentre lungo i lati rettilinei il materiale subisce semplicemente un meccanismo di piegatura e successivo stiramento, nella zona degli spigoli si hanno tensioni circonferenziali di compressione del tutto simili al caso di imbutitura di lamiere assialsimmetriche, con pericolo di formazione di grinze. Ne consegue che il premilamiera ha un ruolo diverso a seconda della zona osservata: lungo i lati rettilinei ha una funzione esclusivamente di guida per la lamiera che scorre verso la cavità della matrice, mentre ha un ruolo di impedimento della formazione di grinze nelle zone degli spigoli. Ci si trova, quindi, in una condizione in cui vorremmo avere una differenziazione della forza esercitata dal premilamiera → per ottenere ciò si può utilizzare un premilamiera segmentato (soluzione molto costosa) oppure si può modificare la forma del blank di partenza: l’utilizzo di un blank con spigoli opportunamente raccordati riduce la quantità di materiale che deve essere tirata verso la cavità della matrice evitando la formazione delle grinze senza dover differenziare la forza esercitata dal premilamiera. STAMPAGGIO Quanto visto nella semplice imbutitura può essere allargato ai processi di stampaggio di geometrie complesse → in questi processi è obbligatorio avere un adeguato controllo del flusso di materiale per evitare l’insorgenza dei difetti tipici dei processi di stampaggio: frattura, grinze, ritorno elastico ed eventuale distorsione assiale. 4 Diventa quindi fondamentale il controllo delle restraining forces, ovvero le forze che applico per trattenere il materiale , che possono essere modificate tramite: La geometria del blank di partenza; L’utilizzo di rompigrinze sulla matrice; L’utilizzo di premilamiera segmentati. Progettare un processo di stampaggio per un ingegnere si traduce col progettarne lo stampo: è necessario progettare matrice, punzone e premilamiera che consentono di ottenere l’oggetto con le specifiche richieste. Nello specifico uno stampo si può considerare correttamente progettato quando la simulazione FEM restituisce un oggetto che: 1) dal punto di vista geometrico rispetta le specifiche richieste e quindi non presenta ritorno elastico e conseguente distorsione assiale; 2) Non presenta assottigliamenti eccessivi, a maggior ragione se localizzati (rischio di frattura della lamiera); gli assottigliamenti devono in genere essere compresi in un range del 5-25% in tutta la lamiera → avere parti con assottigliamento nullo è una condizione da evitare poiché ciò significa che il materiale non si è incrudito → è ciò che accade quando si forma la “bolla” appoggiandosi allo sportello di una autovettura; 3) non è fratturato; 4) è privo di grinze. Tutte queste condizioni sono governate dalle restraining forces: Ritorno elastico e grinze si eliminano aumentando le restraining forces. Fratture ed eccessivo assottigliamento si eliminano diminuendo le restraining forces. In un pezzo complesso è impensabile avere le stesse necessità in termini di restraining forces dovunque → andranno necessariamente differenziate. A titolo di esempio si analizza un generico caso studio: Nell’oggetto in esame si ha sia la nascita di grinze sul lato sinistro dell’oggetto sia la presenza di una frattura. Il primo problema si può risolvere aumentando le restraining forces mentre il secondo diminuendo le restraining forces → risulta necessario differenziarle. Sono possibili quindi due soluzioni: L’utilizzo di un premilamiera segmentato in modo tale da modificare localmente a piacimento la Blank holdering force (BHF o forza del premilamiera) → in questo modo si può aumentare la forza dove si hanno le grinze e si può diminuire dove ho la frattura; La diminuzione della BHF globale fino al valore che elimina la frattura → in questo modo, però, si avrà sicuramente un incremento delle grinze che si risolve tramite l’utilizzo di rompigrinze che consentono di aumentare localmente le restraining forces. 5 Entrambe le soluzioni sono valide, e vanno provate al simulatore per capire quale conviene applicare: in genere l’uso di premilamiera segmentati è l’ultima alternativa poiché è sì la soluzione più performante ma anche la più costosa. È facile capire quindi come lo strumento di simulazione FEM è uno strumento molto importante per il progettista di processo meccanico → consente di simulare il processo deformativo, predirne le criticità e correggerle. Per effettuare una simulazione FEM: 1) si produce il pezzo al CAD; 2) sulle specifiche del pezzo, si producono punzone matrice e premilamiera; 3) si inseriscono nel simulatore e si simula il processo meccanico. Dai risultati ottenuti si verifica se ci sono criticità → se qualcosa non va si modifica lo stampo al CAD e si simula nuovamente il processo meccanico. Si procede quindi iterativamente finché tutte le criticità non sono superate → solo a questo punto si produce materialmente lo stampo. L’enorme potenziale della simulazione FEM sta proprio nel fatto che si riducono al minimo i costi economici relativi alla produzione dello stampo → produrre uno stampo è un processo molto costoso e, se si dovesse procedere per tentativi, gli stampi prodotti sarebbero un numero davvero notevole: uno stampo per ogni modifica da apportare. Di contro però l’utilizzo del simulatore ha un certo costo computazionale che aumenta all’aumentare dell’accuratezza che si vuole ottenere → va trovato il giusto compromesso fra costo computazionale e accuratezza dei risultati ottenuti. INDUSTRIAL CASE STUDY 1 In questo caso di studio si è realizzato un pezzo che prevede 4 diversi step tecnologici: 1) ritaglio del blank di partenza; 2) stampaggio vero e proprio; 3) trimming primario; 4) foratura e di trimming finale. Nella realizzazione di questo oggetto si è notato un notevole ritorno elastico dopo le fasi di trimming. Ciò accade poiché durante lo stampaggio di una lamiera si imprime un forte stato deformativo che è bilanciato finché non si modifica la lamiera → non appena si asportano grandi porzioni di lamiera l’equilibrio viene meno e si ottiene una distorsione del pezzo. 6 L’analisi FEM è in grado di simulare il ritorno elastico del pezzo in ogni step del processo tecnologico. Nel caso in esame si è simulato il ritorno elastico dopo la fase di trimming con 4 mesh differenti ed i risultati ottenuti sono stati confrontati con le misure rilevate sull’oggetto reale. È possibile notare come i risultati differiscono sia in termini di accuratezza che di costi computazionali: in genere aumentare la mesh porta ad una migliore accuratezza ma anche ad un maggiore costo computazionale. Sta all’ingegnere capire il giusto compromesso fra quanto tempo può e vuole perdere e che accuratezza vuole ottenere. Nel caso in esame le mesh ID2, ID3 ed ID4 danno risultati molto simili alla realtà, ma la prima ci impiega circa la metà del tempo rispetto alle altre due. La mesh ID1 invece da risultati che si discostano parecchio dai reali e quindi non sono sicuramente accettabili. In conclusione, quindi, fra le quattro mesh 3 danno risultati accettabili e una, ID2, è la più conveniente dal punto di vista computazionale. Il FEM è quindi uno strumento molto importante che deve essere usato con cognizione: risparmiare in termini computazionali è sempre una buona cosa, ma non si può scendere al di sotto di un certo livello di accuratezza minima altrimenti si corre il rischio di ottenere risultati che non rappresentano bene la realtà. 7 INDUSTRIAL CASE STUDY 2 Questo caso studio riguarda lo stampaggio di un oggetto realizzato tramite l’utilizzo di una matrice fissa, un punzone ed una matrice mobile: prima avviene una sorta di coniatura e successivamente la matrice mobile scorrendo sul pezzo imprime la forma finale. Dalla simulazione FEM del processo deformativo, adottando vari valori della BHF, si sono riscontrate due criticità: 1) Un assottigliamento eccessivo della lamiera nella sezione CC’; 2) Un notevole ritorno elastico sulle pareti del pezzo nella sezione AA’. Si può notare facilmente come i due problemi prevedano soluzioni contrapposte: per ridurre l’assottigliamento si deve diminuire la BHF mentre per evitare il ritorno elastico si deve aumentare la BHF → in pezzi complessi, quali sono quelli che generalmente si producono per stampaggio industriale, è impensabile che si possa trovare una BHF che risolva tutti i possibili problemi → differenziare le restraining forces è sempre necessario. Nel caso in esame si è adottata la seguente soluzione: la riduzione della BHF da 1700 kN a 500 kN → assottigliamento massimo intorno al 24% (valore accettabile). l’introduzione di rompigrinze nei pressi della sezione AA’ per aumentare localmente le restraining forces e ridurre il ritorno elastico sulle pareti dell’oggetto. 8 Come si può notare dal risultato della simulazione sopra riportato, il ritorno elastico della sezione AA’ non è stato ridotto a zero ma è rientrato all’interno di un valore accettabile → in genere non esiste la soluzione perfetta ma ci si accontenta del massimo ottenibile. INDUSTRIAL CASE STUDY 3 Il caso di studio 3 riguarda il processo di stampaggio di un longherone: un pezzo tipico del settore automotive che si caratterizza per essere stretto, lungo, profondo ed aperto. A causa della sua particolare geometria il pezzo presenta diverse tecnologie di processo al suo interno: nelle parti di estremità, caratterizzate da profili piuttosto complessi e profondi si ha sicuramente imbutitura; nella parte centrale, invece, si ha un semplice processo di piegatura. 9 Si è, quindi, eseguita l’analisi FEM del processo di stampaggio del pezzo al variare della BHF (adottando un singolo premilamiera visibile nella precedente figura); l’analisi ha restituito le seguenti criticità: assottigliamento massimo > 25%; distribuzione degli assottigliamenti non buona: gran parte del pezzo (aree grigie nell’immagine a fianco) presenta un assottigliamento inferiore al 3%, quindi materiale sicuramente poco incrudito; ritorno elastico. Sebbene il modo migliore di procedere consista nell’ottimizzare tutte le criticità assieme, si è scelto di proseguire per step → ottimizzare tutto assieme richiederebbe la risoluzione di una equazione con 15/20 variabili con uno sforzo computazionale enorme; anche in questo caso, quindi, non ci si aspetta di trovare la soluzione perfetta, ma ci si accontenta di un buon compromesso. Il primo parametro su cui si è scelto di agire è la forma del blank di partenza: nei processi di imbutitura la riduzione della quantità di materiale che deve essere tirato dal punzone all’interno della cavità ha lo stesso effetto di una riduzione delle restraining forces; nel caso in esame, quindi, si è cercato di ottimizzare il design del blank di partenza concentrandosi sull’estremità del longherone che presentava l’assottigliamento massimo (parte rossa nella figura sopra riportata). Dopo numerose prove si è trovata la forma del blank di partenza riportata in figura: Utilizzando questo profilo la simulazione ha restituito un assottigliamento massimo accettabile, nell’ordine del 25 % (per BHF=450kN). Sebbene il nuovo blank di partenza abbia migliorato la situazione dal punto di vista dell’assottigliamento massimo, la stessa cosa non può dirsi per quanto riguarda la distribuzione degli assottigliamenti. Se si riportano, infatti, le zone del longherone in cui l’assottigliamento è compreso fra il 3% ed il 25%, si nota che il pezzo è ancora per la maggior parte non assottigliato a sufficienza. 10 Si è quindi eseguita sul nuovo blank una analisi di sensibilità della distribuzione degli assottigliamenti e del ritorno elastico al variare della BHF: la variazione della BHF ha poca influenza sulla distribuzione degli assottigliamenti mentre il ritorno elastico cui è soggetto il longherone migliora sensibilmente all’aumentare della BHF. Ovviamente l’aumento della BHF in tutto il pezzo comporta anche l’aumento dell’assottigliamento massimo (che passa dal 25% al 32 %) → anche in questo caso studio è necessario attuare una differenziazione delle restraining forces: si è scelto quindi di mantenere costante la BHF a 450kN e di aumentare localmente le restraining forces nel lato soggetto a ritorno elastico tramite l’utilizzo di rompigrinze. Al FEM i rompigrinze per semplicità computazionale vengono rappresentati come dei nodi della mesh ai quali si applicano delle forze → variare le forze applicate ai nodi nel FEM corrisponde alla variazione della forma dei rompigrinze nella realtà. Si è quindi effettuata la simulazione adottando una BHF = 450kN e l’utilizzo di due rompigrinze: 11 La simulazione ha restituito: una riduzione del ritorno elastico a valori accettabili; un mantenimento dell’assottigliamento massimo < 25%; un miglioramento della distribuzione dell’assottigliamento. Il risultato così ottenuto è già un risultato accettabile; si è inoltre cercato di migliorare la distribuzione degli assottigliamenti nella parte centrale del pezzo aumentando le restraining force localmente tramite l’uso di rompigrinze segmentati: si è passati quindi da 2 a 4 rompigrinze. Questo tipo di soluzione è ovviamente più complessa poiché comporta di fatto l’ottimizzazione di 4 forze contemporaneamente → il risultato finale, al quale ci si è arrestati, non ha mostrato significativi miglioramenti rispetto al caso con 2 soli rompigrinze. 12 DAL FORMING LIMIT DIAGRAM (FLD) AL FORMING LIMIT STRESS DIAGRAM FLSD) Per quanto visto finora, per capire se una lamiera è soggetta a frattura durante una simulazione di deformazione si implementa al FEM il FLD del materiale: se la deformazione cade al di sopra della curva del FLD allora la lamiera sperimenta frattura per eccessivo assottigliamento; se cade al di sotto non sperimenta alcuna rottura. Come precedentemente detto, però, il limite del FLD è che essendo costruito utilizzando percorsi di deformazione lineari non è detto che rappresenti correttamente il comportamento della lamiera soggetta a percorsi di deformazione tutt’altro che lineari quali sono i generici processi di stampaggio. Quello di fianco riportato come esempio è il percorso deformativo cui è soggetta la lamiera nello stampaggio di un semplice S-Rail, che è un tipico benchmark sperimentale → si nota come i percorsi deformativi non sono lineari. Per verificare la validità del FLD per processi non lineari si è pensato di eseguire una semplice verifica: si predeforma una lamiera applicando diversi tipi di deformazione, ad esempio, una semplice trazione (deformazione monoassiale) o una deformazione biassiale; dalla lamiera precedentemente deformata si ricavano i blank per eseguire il dome test e creare quindi il FLD. In questa maniera, il percorso deformativo totale cui la lamiera è soggetta è non lineare. Utilizzando diverse predeformazioni, è possibile ricavare il FLD per diversi percorsi deformativi. Purtroppo, si riscontra che i FLD cambiano parecchio sia in posizione che in forma al variare della tipologia di predeformazione utilizzata → è necessario adottare uno strumento più robusto del FLD, cioè meno sensibile ai cammini di deformazione non proporzionali, da utilizzare nel FEM per verificare la frattura della lamiera. 13 L’idea proposta è, quindi, quella di passare dall’utilizzo delle deformazioni all’utilizzo delle tensioni creando i cosiddetti Forming Limit Stress Diagram (FLSD): si passa dall’utilizzo della deformazione massima principale e minima principale all’utilizzo della tensione massima principale e minima principale per prevedere la frattura duttile nei processi di stampaggio. Nelle sottostanti figure si nota come i FLSD siano molto meno sensibili dei relativi FLD ai percorsi deformativi utilizzati: Di contro, però, i FLSD sono molto più laboriosi da ottenere rispetto ai FLD; si possono ottenere sostanzialmente in due modi: 1) a partire dai risultati dei FLD tramite l’implementazione e l’utilizzo di formule analitiche della teoria della plasticità che legano le deformazioni alle tensioni; 2) tramite simulazioni FEM delle prove sperimentali del dome test, ricavando dalla simulazione i valori delle tensioni in gioco; considerando che va fatta una simulazione per ogni prova del dome test, si tratta di un lavoro computazionale enorme. Inoltre, se i livelli di predeformazione sono molto alti, anche i FLSD falliscono la previsione. In conclusione, quindi, in ambito aziendale i FLD e l’esperienza del progettista sono più che sufficienti per la progettazione di un processo di stampaggio. FLSD e anche ulteriori soluzioni più complesse vengono utilizzate nell’ambito della ricerca sperimentale. 14 Va inoltre ricordato che i FLD sono fondati sul concetto di rottura per necking ovvero per eccessivo assottigliamento della lamiera → in processi in cui la frattura non avviene per necking i FLD non sono validi; è questo, ad esempio, il caso del single point incremental forming in cui si utilizzano i fracture forming limits (argomento che verrà trattato in seguito). 15 TECNOLOGIE INNOVATIVE DI FORMATURA DELLE LAMIERE Negli ultimi anni si sono cercate soluzioni alternative alle tradizionali tecnologie di stampaggio principalmente per due motivi: 1) si è assistito ad una graduale riduzione dei volumi di produzione per soddisfare le esigenze di personalizzazione del cliente; viene, quindi, meno il concetto di economia di scala, ovvero la riduzione del costo di produzione di un bene all’aumentare del suo volume di produzione → non si riesce ad ammortizzare l’elevato costo degli stampi in uno stampaggio tradizionale se il volume di produzione è piccolo → sono necessari nuovi processi tecnologici più flessibili e più facili da adattare. 2) L’utilizzo crescente dei light-weight materials → materiali quali alluminio, leghe di titanio, leghe di magnesio e acciai altoresistenziali caratterizzati da elevate resistenze specifiche (resistenza su unità di massa) ma anche da scarsa formabilità → sono necessari nuovi processi tecnologici che aumentano la formabilità del materiale. Le attuali tecnologie per rispondere a queste esigenze sono: Processi di idroformatura; Processi di formatura incrementale o incremental forming; Processi in cui si utilizza la temperatura come parametro di processo: gas forming, iperplasticità, hot stamping, ecc. IDROFORMATURA DI LAMIERE I processi di idroformatura possono essere classificati in due grandi famiglie: idroformatura a matrice d’acqua e idroformatura a punzone d’acqua; in entrambi i processi una parte dello stampo (matrice nella prima e punzone nella seconda) viene sostituita da liquido in pressione. Entrando un po' più nello specifico esistono varie tipologie di soluzioni (in ordine di immagini): 1) processi molto semplici in cui non vi è attrezzatura che porta in pressione il liquido, ma la pressione si regola semplicemente con l’avanzamento del punzone; 2) processi più complessi dove si ha una pompa che mette in pressione il liquido ed una valvola di tenuta che mantiene la pressione costante man mano che il punzone scende; è questo il caso dell’imbutitura per idroformatura o hydromechanical deep drawing; 3) talvolta nell’hydromechanical deep drawing si interpone un diaframma in gomma tra lamiera e liquido in pressione per migliorare la tenuta e le condizioni di interazione liquido lamiera; 16 4) processi in cui si può usare il liquido in pressione per favorire il flusso centripeto di materiale dalla flangia verso l’interno dell’imbutito; 5) processi di idroformatura di bilamiera in cui formo in un'unica fase le due metà di un pezzo (ad esempio uno scarico). Dal confronto fra imbutitura classica e hydromechanical deep drawing si può capire il grande vantaggio apportato dall’uso del liquido in pressione: nell’imbutitura classica la forza necessaria a deformare il materiale è applicata dal punzone esclusivamente sul fondo dell’imbutito → in questa maniera le pareti sono soggette a stretching che porta alla frattura duttile del materiale; nell’hydromechanical deep drawing, invece, la lamiera, a causa della pressione esercitata dal liquido, abbraccia il punzone mentre scende → si innesca uno stato tensionale idrostatico di compressione che favorisce la formabilità del materiale. A causa di ciò i rapporti di imbutitura tipici dell’hydromechanical deep drawing sono molto superiori rispetto all’imbutitura classica: parlando dell’acciaio, si passa da rapporti di 1,7 a rapporti di 3,5. I vantaggi tipici dell’idroformatura quindi sono: Aumento della formabilità del materiale con rapporti limite di imbutitura elevati (nell’ordine del 3,5) rispetto allo stampaggio tradizionale; ciò comporta ovviamente anche una riduzione dei passaggi di imbutitura; Distribuzione dello spessore più uniforme; manufatto meno soggetto a ritorno elastico e stati tensionali residui; riduzione del 50% del costo complessivo degli stampi: si deve realizzare solo la matrice o il punzone; inoltre, se per qualsiasi motivo ho necessità di cambiare le specifiche del pezzo che produco, dovrò sostituire solo una parte dello stampo → processo più flessibile; 17 riduzione del costo connesso all’istallazione degli stampi sulla pressa e al loro perfetto posizionamento reciproco. Di contro si hanno alcuni svantaggi: elevato costo delle attrezzature addizionali quali il sistema di pressurizzazione e controllo del liquido; l’aumento del tempo di ciclo → si passa da pochi secondi nel caso dello stampaggio convenzionale a decine di secondi o addirittura minuti. IDROFORMATURA DI TUBI L’idroformatura di tubi si suddivide generalmente in due categorie: idroformatura a bassa pressione o calibratura ed idroformatura ad alta pressione o idroformatura ad espansione. Nell’idroformatura ad espansione, si ha una deformazione molto marcata del profilo del tubo: l’esempio comune è la realizzazione dei tubi a T. I parametri di processo dell’idroformatura ad espansione sono: 1) Le corse dei punzoni di estremità che accompagnano la lamiera verso la zona di espansione ; 2) La forza esercitata dal contropunzone; 3) La pressione interna del fluido. Questi parametri vanno ottimizzati contemporaneamente affinché durante la lavorazione si resti all’interno della finestra di lavorabilità del processo; va notato, infatti, che: Se si ha troppa pressione interna, senza il giusto accompagnamento del materiale da parte dei punzoni, il processo deformativo avviene a discapito dello spessore della lamiera portando ad un eccessivo assottigliamento ed alla frattura della stessa; Se viceversa si ha una spinta eccessiva dei punzoni, con una scarsa pressione interna del fluido, si generano forti azioni di compressione che portano alla formazione di grinze o di instabilità plastica del materiale. 18 La corretta meccanica di questo processo pressione del fluido prevede che inizialmente si accumuli del velocità di spostamento del punzone materiale nella zona di espansione tramite l’azione dei punzoni → si devono quindi creare le cosiddette grinze benefiche; a questo punto si avvia il processo di formatura vero e proprio: si aumenta la pressione interna del fluido per adagiare la lamiera sulla matrice → in questa maniera si riduce lo stretching subito dal materiale poiché la tempo t [s] deformazione non avviene al solo discapito dello spessore. Nella calibratura invece l’azione dei punzoni viene sostituita dagli stampi: gli stampi stessi, chiudendosi, attuano sui tubi una fase di preforming che consente l’accumulo di materiale laddove necessario. Una volta completato il preforming si aumenta la pressione interna del fluido per adagiare la lamiera sulla matrice. In questo processo si deve progettare bene lo stampo in modo da effettuare correttamente la fase di preforming. I processi di calibratura hanno trovato svariate applicazione in ambito automobilistico nella realizzazione di elementi tubolari del telaio, della struttura di supporto del motore e del sistema di scarico; Audi, ad esempio, ne fa un uso massiccio. Rispetto ai processi di stampaggio e saldatura necessari per realizzare comunemente i tubi, i processi di idroformatura presentano numerosi vantaggi: minor numero di step di processo e minor numero di oggetti in produzione; distribuzione degli spessori ottima; caratteristiche meccaniche elevatissime; migliore rigidezza strutturale; ritorno elastico quasi nullo. Di contro si hanno tempi di ciclo più elevati e i costi relativi all’impianto in pressione. 19 I LIGHTWEIGHT MATERIALS I light weight materials generalmente utilizzati nei processi di formatura sono: alluminio, leghe di titanio, leghe di magnesio e acciai altoresistenziali; sono tutti materiali caratterizzati da una elevata resistenza specifica → a parità di specifiche richieste consentono di realizzare parti più leggere; di contro però sono materiali che presentano una scarsa formabilità. Vengono in genere considerati acciai altoresistenziali o Advanced High Stress Steel (AHSS) acciai che hanno una resistenza allo snervamento maggiore di 550Mpa: Nella figura a lato gli AHSS iniziano dai materiali in arancione. Si può notare come all’aumentare della resistenza allo snervamento diminuisce l’allungamento percentuale che sperimenta il materiale che può essere utilizzato come indice della formabilità del materiale. Guardando il grafico, si nota come gli acciai austenitici presentano una alta resistenza meccanica unita ad una elevata formabilità → sono quindi materiali perfetti se non fosse che il costo molto elevato ne limita l’utilizzo a poche applicazioni. La principale differenza fra gli acciai convenzionali HSS e gli acciai AHSS è nella loro microstruttura: mentre i primi sono caratterizzati da una singola fase ferritica, gli AHSS hanno una microstruttura multifasica; Gli acciai AHSS si suddividono in: Acciai Dual Phase (DP), caratterizzati da una struttura bifasica con isole di martensite annegate in una matrice ferritica; la matrice ferritica conferisce duttilità mentre la martensite conferisce resistenza. Sono caratterizzati da valori di tensione di snervamento nell’ordine dei 350Mpa e tensione di rottura nell’ordine dei 600Mpa. Se confrontati con acciai convenzionali, si può notare come a pari formabilità e tensione di snervamento presentano una più alta tensione di rottura (figura a lato). 20 Acciai Trasformation Induced Plasticity (TRIP), caratterizzati da una struttura multifasica con isole di austenite residua, martensite e bainite annegate in una matrice ferritica. Se si confrontano con acciai DP con equivalente tensione di snervamento e di rottura presentano una maggiore formabilità. Acciai Complex phase (CP), caratterizzati da piccole quantità di martensite, austenite residua e perlite annegate in una matrice ferritica/bainitica. Questi acciai rappresentano il punto di transizione fra gli acciai adatti ad essere deformati plasticamente e gli acciai che possiedono un’elevatissima resistenza alla rottura ma una bassissima formabilità. Se confrontati con acciai DP di equivalente tensione di rottura presentano una maggiore tensione di snervamento. Acciai Martensitici (MS) caratterizzati da una struttura interamente martensitica con piccole concentrazioni di ferrite o bainite → quasi tutta l’austenite viene trasformata in martensite tramite un processo di tempra dopo la laminazione. Sono caratterizzati da una elevatissima resistenza a rottura e allo snervamento ma da una scarsa formabilità; fra gli AHSS sono gli acciai con la resistenza a rottura maggiore che può arrivare anche oltre 1700 Mpa. Acciai TWIP caratterizzati da una struttura completamente austenitica con una grande quantità di manganese in lega (nell’ordine del 15/25%), oltre a molibdeno, vanadio, alluminio e silicio. Il coefficiente di incrudimento di un acciaio n è un parametro fondamentale per la determinazione della massima deformazione sopportabile; indica la capacità dell’acciaio di distribuire in maniera uniforme le deformazioni in presenza di uno stato di sforzo → maggiore è il valore di n, maggiore è la possibilità di deformare plasticamente il materiale quindi maggiore è la sua formabilità. 21 Nei comuni acciai, all’aumentare della deformazione n diminuisce; Negli acciai DP, n aumenta solo alle basse deformazioni; Negli acciai TRIP n aumenta anche per grandi deformazioni poiché durante la deformazione l’austenite residua si trasforma in martensite; Negli acciai TWIP n aumenta poiché durante la deformazione si ha la formazione di geminati meccanici. Negli acciai ad altissime resistenze come gli acciai CP ed MS, invece, n assume valori molto piccoli. Se si riportano i relativi FLD dei vari acciai si ha riscontro di quanto detto: gli acciai TRIP e TWIP presentano elevata formabilità quindi un FLD piuttosto “alto”; gli acciai MS hanno un FLD molto “basso”, sinonimo di scarsa formabilità; in mezzo si ritrovano gli acciai DP molto simili ai normali HSS. Di seguito si riportano alcuni esempi dell’utilizzo degli AHSS nel settore dell’automotive: Ad un aumento dell’utilizzo di AHSS dal 9,5% al 34,8%, corrisponde una diminuzione del peso dell’autovettura di 50 pounds. 22 La parte rappresentata in rosso in questa figura prende il nome di A-Pillar; assieme al B-Pillar, (rappresentato in rosso nella figura sottostante) è una parte del telaio importantissima per mantenere uno spazio di sicurezza sufficiente per il passeggero in caso di incidente. Per questo motivo, in questi componenti si usano acciai con elevatissime resistenze a rottura, quali ad esempio gli acciai MS. Nella figura a lato, si nota come si impiegano, all’interno di una autovettura, acciai differenti in base alle esigenze dei singoli componenti: mentre in parti come il B- pillar si usano acciai ad altissima resistenza, in parti che devono assorbire gli urti si utilizzano acciai che mantengono dopo lo stampaggio una buona formabilità residua, come acciai DP o TRIP; la formabilità residua è, infatti, un indice della quantità di energia di deformazione ancora assorbibile dal materiale. Curiosità: Il B-Pillar è un longherone: come visto nel CASY STUDY 3 presenta non pochi problemi nella progettazione dello stampaggio. TAILORED BLANKS Il concetto di Tailored Blanks è piuttosto semplice: customizzare la lamiera, mettendo il giusto quantitativo di materiale laddove effettivamente serve. Il concetto riguarda gli spessori ma anche i materiali: costruisco una lamiera con spessori e materiali diversi in base alle necessità e poi la deformo. Il fatto di poter saldare prima le lamiere piuttosto che realizzare le parti e poi saldarle consente di utilizzare saldature continue e non per punti che danno una maggiore rigidezza strutturale e maggiori performance all’impatto. Inoltre, dovendo realizzare un unico processo di formatura, è necessario un minor quantitativo di stampi, con una notevole riduzione dei costi. 23 Il vantaggio più importante, però, sta nella riduzione di peso che si ottiene rispetto agli oggetti realizzati → con una lamiera convenzionale, se per motivi di resistenza in una singola zona necessito un certo spessore, questo sarà lo spessore dell’intero pezzo. Le Tailored Blanks possono essere classificate in 4 famiglie: Tailor welded blanks: le più comuni fra le tailored blanks, consistono in due o più lamiere saldate fra loro a creare una unica lamiera; possono essere unite con varie tecnologie come saldatura laser, friction stir welding, electron beam welding. Il vantaggio più grande nell’utilizzo di questo tipo di lamiere sta nella riduzione di peso della parte che si realizza. Lo svantaggio maggiore sta nel costo di investimento elevato per i macchinari necessari a realizzare le saldature e nel processo di forming che ovviamente è più complesso. Patchwork Blanks: sulla lamiera viene incollata un'altra lamiera come rinforzo, in genere di dimensioni più piccole. Le due lamiere vengono unite mediante saldatura per punti, saldatura laser, colla o una combinazione di questi metodi. Sul gradino di unione fra lamiera e rinforzo si ha molta disomogeneità → si possono manifestare picchi di tensione che possono portare a frattura della saldatura. Tailor rolled blanks: sulla lamiera vengono ottenuti spessori diversi durante il processo di laminazione, senza l’utilizzo di alcuna saldatura; in questa maniera si ha una transizione degli spessori più dolce senza i picchi di tensioni tipici delle patchwork blanks → miglior formabilità e qualità meccanica. Si possono identificare due tipologie di processi: flexible rolling process in cui si fa variare lo spessore della lamiera longitudinalmente, in direzione perpendicolare alla direzione di laminazione; strip profile rolling process in cui si fa variare lo spessore della lamiera latitudinalmente, nella stessa direzione della laminazione; combinando i due processi si riescono ad ottenere lamiere con profili 3D davvero complessi. Inoltre, nei punti in cui la lamiera viene assottigliata, il materiale subisce un incrudimento, variando le proprie caratteristiche meccaniche → con questo metodo riesco davvero ad ingegnerizzare la lamiera. Tailor heat treated blanks: a differenza delle 3 tailored blanks sopra riportate che hanno l’obbiettivo di ridurre il peso del componente ed ottimizzarne il crash behaviour, le tailor heat treated blanks hanno l’obbiettivo di migliorare la formabilità del materiale. 24 Si effettuano dei trattamenti termici localizzati sulla lamiera di partenza che cambiano localmente le proprietà meccaniche del materiale → in questa maniera si regola l’interazione fra parti soft e parti hard con l’obbiettivo di ottimizzare e migliorare il flusso centripeto di materiale durante il processo di formatura, che avviene a freddo, a valle dei trattamenti termici. L’ottimizzazione del trattamento termico è parecchio difficile da realizzare a priori poiché il flusso centripeto di materiale è molto sensibile alla zona che viene trattata; in genere, infatti, si procede facendo delle prove. Nell’esempio sotto riportato si nota come, pur sapendo che la parte critica per il flusso centripeto sono gli spigoli, i risultati cambiano parecchio per piccole variazioni delle zone trattate termicamente; i layout 1 e 2 presentano un miglioramento della formabilità notevole, quasi doppia, rispetto al caso con la lamiera non trattata. PROCESSI DI FORMATURA DELLA LAMIERA AD ALTE TEMPERATURE Lo stampaggio a freddo dei lightweight materials porta ad un certo numero di problemi: l’elevata resistenza meccanica del materiale, unita allo spessore ridotto, porta ad un ritorno elastico marcato e alla formazione di grinze; sempre l’elevata resistenza meccanica, porta ad una maggiore usura degli stampi e ad una elevata energia richiesta per il processo; infine, non va dimenticata la scarsa formabilità dei materiali, sicuramente non migliorata dal processo di stampaggio a freddo. Se, invece, lavoro un metallo a caldo, “abbasso” ed “allungo” la curva di flusso σ-ε, quindi, miglioro rispettivamente sia il ritorno elastico che la formabilità. Fra tutti i lightweight materials, il titanio è il materiale con la più alta resistenza specifica ma anche il più caro e il più difficile da lavorare. I processi di stampaggio a caldo possono essere classificati in base al rapporto fra la temperatura di lavorazione T e la temperatura di fusione del materiale Tf; 0,5 Tf è circa la temperatura di ricristallizzazione del materiale: T/Tf < 0,25 Processo di cold forming o stampaggio a freddo; 0,25 < T/Tf < 0,5 Processo di warm forming o stampaggio a tiepido; 25 T/Tf > 0,5 Processo di hot forming o stampaggio a caldo. I processi di hot forming presentano dei limiti dovuti all’elevata temperatura: è difficile ottenere una buona accuratezza dimensionale, si hanno fenomeni di ossidazione considerevoli (T > 900° per gli acciai) e costi molto elevati connessi con il riscaldamento dei semilavorati. I processi di warm forming sono i più utilizzati per le leghe di alluminio, le leghe di magnesio e gli acciai (con resistenze < 1,2 Gpa); permettono di superare i limiti precedentemente visti dei processi di stampaggio a freddo di questi materiali: aumentano la deformazione massima imponibile (formabilità), riducono il ritorno elastico e i carichi necessari al processo. Tenendo la temperatura al di sotto della T di ricristallizzazione, il materiale presenta ancora delle buone caratteristiche resistenziali. Esistono 3 modi per realizzare i processi di warm forming: riscaldare la lamiera fuori dalla pressa; preriscaldare la lamiera fuori dalla pressa ed usare utensili riscaldati; riscaldare la lamiera direttamente nella pressa. Lo stampaggio a tiepido è una soluzione molto utilizzata nella realizzazione di parti in lega di alluminio, che a T ambiente presenterebbero una bassa formabilità ; le temperature utilizzate sono comprese nel range 175°C < T < 200°C; le migliorie apportate sono visibili nelle seguenti foto: Imbutitura conica di una lamiera in lega di alluminio Al6016-T4 a temperatura ambiente (a sinistra) e a 175°C (a destra). L’utilizzo del warm forming è ancora più necessario nel caso delle leghe di magnesio, che a temperatura ambiente sono praticamente inutilizzabili poiché presentano una scarsissima formabilità, nell’ordine del 8%; l’intervallo di temperatura ideale per la lavorabilità delle leghe di magnesio si ha fra 120°C < T < 170°C, ottenendo rapporti di imbutitura pari anche a 2,6: Per quanto riguarda l’acciaio, i range di temperatura utilizzati nel warm forming sono nell’ordine dei 400 °C. L’utilizzo della temperatura può essere utile anche in combinazione a processi di idroformatura, realizzando un processo che prende il nome di Heat assisted hydroforming; in questo caso, ovviamente, non si utilizzerà acqua bensì liquido in pressione. 26 Si utilizza nell’industria automobilistica per modellare assali realizzati in alluminio AA5182; questo alluminio presenta già una buona formabilità a T ambiente, con un allungamento a rottura dell’ordine del 22%, ma se portato a 450 °C l’allungamento a rottura raggiunge il 120% ( con una pressione del fluido di 40 bar). Bisogna stare attenti a non aumentare troppo la temperatura, poiché si potrebbe avere troppo flusso di materiale con la formazione di fratture; questo caso è rappresentato nell’immagine sottostante, che rappresenta lo stampaggio di un cofano di una autovettura tramite heat assisted hydroforming al variare della T: Anche il magnesio, che a T ambiente sarebbe inutilizzabile, può essere utilizzato nella realizzazione di tubi tramite heat assisted hydroforming: Discorso a parte invece meritano gli acciai con resistenze meccaniche > 1,2 Gpa: questi acciai, infatti, sono impossibili da lavorare a freddo poiché presentano una scarsissima formabilità e un grande ritorno elastico. Per questa tipologia di acciai si utilizza un processo specifico che prende il nome di Hot Stamping: si porta il materiale al di sopra della temperatura di austenizzazione (approssimativamente 900 °C) → in questa maniera tutto l’acciaio si trasforma in austenite, che è molto formabile ma ha anche delle scarse caratteristiche di resistenza meccanica → si deforma quindi il materiale e contemporaneamente lo si raffredda in maniera molto rapida → in questa maniera l’acciaio subisce il processo di tempra: l’austenite si trasforma in martensite conferendo all’acciaio elevatissime caratteristiche di resistenza meccanica. In poche parole, l’hot stamping è un processo molto intelligente poiché lavoro e deformo un acciaio austenitico altamente formabile e alla fine ottengo un pezzo in acciaio martensitico altamente prestante, con una resistenza meccanica nell’ordine di 1,5 GPa. 27 La velocità di raffreddamento della lamiera è un parametro importantissimo per ottenere un corretto processo di tempra: come si può vedere dal grafico a lato deve almeno essere nell’ordine dei 30-50 °C/s. L’Hot stamping è utilizzato molto con gli acciai al boro, dove la presenza di piccole quantità di boro aumenta molto la temprabilità dell’acciaio; inoltre, per evitare la formazione di ossidi sulla superficie del metallo, che poi dovrebbero essere asportati, si utilizzano lamiere di acciaio rivestite. Per riscaldare la lamiera fino alla temperatura di austenizzazione tipicamente si utilizzano: fornaci a gas, forni a infrarossi, l’induzione elettromagnetica, il riscaldamento a resistenza per effetto joule o il riscaldamento per contatto fra due piatti scaldati. La scelta di un metodo di riscaldamento piuttosto che un altro in sede di lavoro dipende sia dal costo della tecnologia ma anche dal relativo impatto ambientale: non va infatti dimenticato che l’obbiettivo ultimo è quello di utilizzare parti costruite con materiali performanti per alleggerire il componente e, quindi, avere una riduzione dell’impatto ambientale nella fase di uso (ambito automotive) → se le emissioni che genero per produrre la parte sono superiori a quelle che guadagno alleggerendola, ovviamente non ho ottenuto nulla di concreto. Gli scambi termici in questo processo devono essere ottimizzati perfettamente : si deve considerare la perdita termica nel passaggio fra fornace e pressa e ovviamente si deve progettare bene lo scambio termico fra lamiera e stampi, necessario per ottenere la tempra. La difficoltà principale che si incontra nel realizzare il corretto scambio termico fra lamiera e stampo sta nel non omogeneo raffreddamento che subisce la lamiera durante il processo deformativo: infatti, parti della lamiera come la flangia e la zona in contatto diretto con il punzone si raffreddano molto prima delle pareti laterali; in questo modo alcune parti hanno già subito il processo di tempra assumendo caratteristiche meccaniche superiori rispetto alle parti che non l’hanno ancora subito → la non eterogeneità delle caratteristiche meccaniche della lamiera causa una disomogeneità nel flusso di materiale: le parti con caratteristiche meccaniche inferiori subiranno un assottigliamento eccessivo. 28 Si possono adottare varie soluzioni per risolvere il problema: si possono inserire degli spessori fra premilamiera e matrice per ridurre i punti di contatto della flangia in maniera da ridurne il raffreddamento; in questa maniera si migliora un po' il flusso di materiale, ma si introducono dei giochi fra lamiera e premilamiera, facendo venire meno il ruolo del premilamiera stesso; inoltre, per poter funzionare bene il processo deve essere ben ingegnerizzato. Un’altra soluzione consiste nell’utilizzo del raffreddamento ad aria in quelle zone che si raffreddano dopo (pareti dell’imbutito) per fare sì che tutta la lamiera raffreddi alla stessa velocità → in questa maniera si ottiene un flusso di materiale omogeneo durante lo stampaggio con una omogenea distribuzione della tempra. Il processo di hot stamping ha una produttività minore (è più lento) rispetto ai processi di stampaggio classico: la maggior parte del tempo viene impiegato nel raffreddamento del materiale → per ottenere una tempra più rapida si può pensare di utilizzare un liquido, realizzando il processo di water quenching. Quanto visto finora apre molteplici soluzioni nella progettazione di componenti che devono avere caratteristiche meccaniche differenti nelle loro diverse parti; è questo, ad esempio, il caso del B- Pillar : 29 nella parte alta del B-pillar si ha la necessità di avere una elevata resistenza meccanica mentre nella parte bassa del B- pillar si ha la necessità di avere una buona deformabilità residua per poter assorbire energia durante gli urti. Ho sostanzialmente due modi per ottenere questo risultato: Realizzo il componente con spessori o materiali diversi tramite le Tailored Blanks (Tailor rolled blanks o tailor welded blanks) Realizzo il componente utilizzando un acciaio temprabile (come un acciaio al boro) ed effettuo il processo di hot stamping temprando il componente soltanto dove necessito più resistenza meccanica → in questa maniera creo le cosiddette Intrinsic Tailored Blanks. Le Intrinsic tailored blanks a loro volta possono essere ottenute in due modi differenti: Tramite riscaldamento differenziato: riscaldo sopra la temperatura di austenizzazione solo la parte della lamiera che voglio temprare e poi raffreddo tutta la lamiera allo stesso modo; Tramite raffreddamento differenziato: scaldo tutta la lamiera sopra la temperatura di austenizzazione e la raffreddo con velocità diverse. 30 SINGLE POINT INCREMENTAL FORMING PROCESS (SPIF) Come già detto, l’incremental forming nasce per rispondere ad un problema di flessibilità dei processi produttivi: i volumi di produzione si sono ridotti molto nel tempo → venendo meno le economie di scala, si ricercano processi flessibili per evitare di avere costose attrezzature, specifiche per un determinato oggetto (come gli stampi), che diventano inutilizzabili per un oggetto di forma e caratteristiche diverse. Il processo che ha fatto da precursore ai processi di incremental forming è il processo di spinning: un utensile messo in rotazione adagia la lamiera su un tornio su cui è montata la matrice negativa del pezzo che deve essere realizzato. Nonostante la presenza della matrice, è un processo flessibile: qualora fosse necessario cambiare il pezzo da produrre va sostituita solo la matrice sul tornio, che può essere realizzata in materiale scadente e, quindi, a basso costo → il ruolo della matrice è solo quello di dare un percorso all’utensile che deforma la lamiera. Il processo di spinning può avere varie declinazioni: lo spinning puro: l’azione cui è soggetta la lamiera è di pura piegatura → lo spessore delle pareti del componente finito è uguale allo spessore del blank di partenza → non vi è assottigliamento e la lamiera viene semplicemente appoggiata sulla matrice; lo shear spinning o fluotornitura: la traiettoria assegnata all’utensile è tale da determinare una riduzione dello spessore della lamiera; Il tube spinning: un semilavorato iniziale di forma cilindrica è sottoposto all’azione di rulli (in genere 3), che ne riducono lo spessore e ne aumentano la lunghezza → si ottengono così componenti con una elevata precisione dimensionale e una buona finitura superficiale. Il processo di spinning può essere utilizzato anche per realizzare componenti molto grandi, incrementando la formabilità, qualora necessario, tramite l’utilizzo della temperatura. Il suo grande limite è che permette di realizzare solo parti assialsimmetriche. Con il termine incremental forming in genere si definisce il processo di Single point incremental forming (SPIF): 31 l’utensile, costituito da un punzone cilindrico con testa emisferica, si muove sulla lamiera incastrata seguendo una traiettoria per spire concentriche , formando il pezzo. Il punzone può essere messo in movimento in vari modi: da una fresatrice a controllo numerico o 3-axis CNC: la possibilità di utilizzare questo macchinario ha reso lo SPIF un processo molto diffuso e studiato in ambito universitario dato che qualsiasi centro di ricerca di tecnologia meccanica possiede una fresatrice a controllo numerico. Di contro, però, si tratta di un macchinario che è progettato per lavorare con carichi e sforzi molto grandi → sicuramente non è la soluzione più efficiente dato che l’incremental forming lavora con carichi bassissimi. Da un robot a 6 assi: il robot è un macchinario efficiente ma presenta lo svantaggio di essere sicuramente meno rigido di una fresatrice a controllo numerico → si possono avere problemi nel controllo della geometria del pezzo da realizzare. da macchinari specifici quali la AMINO machine o la Stewart platform: si tratta di macchinari specificamente disegnati per l’incremental forming che hanno, però, dei costi rilevanti. Oltre allo SPIF esistono altri processi di incremental forming più complessi: il Two point incremental forming o TPIF: si utilizza una matrice parziale o una matrice completa per migliorare l’accuratezza geometrica del processo; va notato, però, che è un processo meno flessibile rispetto allo SPIF poiché si deve comunque produrre una matrice. 32 6 AXES incremental forming: si utilizzano due punzoni, da ambo i lati della lamiera; ovviamente è un processo caratterizzato da un’elevata accuratezza dimensionale ma, di contro, abbastanza complesso da realizzare → i due punzoni, infatti, devono essere perfettamente sincronizzati ed inoltre, per mantenere sempre il contatto di entrambi i punzoni con la lamiera, va considerato che la lamiera durante la deformazione si assottiglia. Nei primi approcci ai processi di SPIF l’utensile veniva posto in rotazione; oggi, invece, viene in genere messo in folle → in questa maniera è libero di ruotare quando necessario per mantenere la condizione di rotolamento senza strisciamento con la lamiera. Il processo di SPIF si caratterizza per essere un processo estremamente flessibile → si possono realizzare oggetti di qualsiasi forma semplicemente cambiando il percorso utensile. La differenza in termini di flessibilità rispetto allo stampaggio tradizionale è visibile nel seguente grafico: mentre per variare la geometria dell’oggetto realizzato nel caso tradizionale è necessario creare un nuovo stampo, nello SPIF basta semplicemente modificare il CAD dell’oggetto. Va notato, inoltre, che il processo di SPIF è un processo di puro stretching: la lamiera è, infatti, incastrata e durante l’intero processo la deformazione avviene a discapito dello spessore. 33 Nonostante questo, però, lo SPIF aumenta notevolmente la formabilità del materiale → Il concetto chiave sta nell’incrementalità del processo: non si fornisce la deformazione tutta assieme ma si induce una deformazione locale e progressiva; se si osserva la distribuzione delle forze in un punto della lamiera al variare del tempo, si può notare come la forza assume un tipico andamento a scalino → ciò significa che in un singolo punto il punzone effettua più passaggi → i carichi in gioco ad ogni passaggio sono molto bassi il che significa elevata formabilità. Se si osserva la deformazione che il processo di SPIF induce sulla lamiera, si può notare che si ha quasi sempre una condizione di deformazione piana in cui è circa εmin = 0; con questo tipo di percorsi deformativi, i FLD non sono affatto validi, poiché sottostimerebbero molto la formabilità del materiale. I FLD, infatti, hanno significato quando il materiale subisce una rottura per assottigliamento localizzato estremo (necking); nell’incremental forming, invece, non si ha necking ma la lamiera si rompe arrivando a frattura netta → per definire la formabilità nel processo di SPIF si costruiscono dei nuovi diagrammi che prendono il nome di Fracture Forming Limits (FFL). I FFL si costruiscono realizzando due semplici prove: da una lamiera di dimensioni stabilite si realizzano tramite lo SPIF un tronco di cono ed una piramide; il tronco di cono è caratterizzato dal fatto che arriva a frattura con εmin= 0, mentre il tronco di piramide arriva a frattura con εmin piccolo ma comunque diverso da zero; si riportano questi due punti di frattura sul grafico εmax – εmin e tracciando la linea che passa per questi due punti si realizza il FFL. Nella figura a lato si può notare subito come il FFL di un materiale è collocato molto più in alto del relativo FLD → è una prova visiva del fatto che i processi di SPIF aumentano la formabilità del materiale. 34 Domanda esame: Quali sono i modi per esprimere la formabilità nei processi di SPIF? Il FFL del materiale; Il FLD0 che rappresenta il massimo εmax raggiungibile nel FFL (quello che si ottiene per εmin = 0); αmax ovvero il massimo angolo con cui si può creare la parete verticale rispetto al riferimento orizzontale. N.B.: α è un parametro di formabilità, non di processo; lo spessore del materiale, le condizioni geometriche ed il materiale utilizzato non sono anch’essi parametri di processo. Gli unici parametri di processo sono l’affondamento Δz, il diametro del punzone Dp e la velocità di rotazione del punzone. Caso studio 1 Nel seguente caso studio si è studiato l’andamento della forza di deformazione sulla lamiera in funzione dell’affondamento del punzone, al variare di alcuni parametri durante il processo di SPIF: Indipendentemente dal parametro osservato, si nota che la forza mostra sempre lo stesso andamento: in un primo momento ha un andamento crescente → ci sono due effetti contrapposti che entrano in gioco: da un lato, man mano che si deforma, il materiale si incrudisce richiedendo una forza maggiore per continuare a deformarsi; dall’altro il materiale deformandosi si assottiglia riducendo lo spessore e, quindi, la sezione resistente richiedendo una forza minore per continuare a deformarsi → negli istanti iniziali l’effetto dell’incrudimento del materiale è predominante. Ad un certo punto la tendenza si inverte e l’effetto dell’assottigliamento diventa predominante determinando una riduzione della forza richiesta per deformare la lamiera. Infine, queste due tendenze si equilibrano e la forza richiesta tende ad assumere un valore costante. 35 1) La forza richiesta cresce al crescere dello spessore della lamiera → maggiore è lo spessore più forza serve per deformare il materiale; 2) La forza cresce al crescere del diametro del punzone Dp → più grande è il punzone, più mi allontano dal concetto di processo incrementale → diminuisco la formabilità e quindi aumenta la forza necessaria per la deformazione. 3) Stesso discorso vale per l’affondamento Δz ( pitch p nella figura) : all’aumentare del passo ci si allontana dall’incrementalità e quindi aumenta la forza necessaria per la deformazione. 4) All’aumentare dell’angolo α, che indica l’angolazione della parete verticale rispetto al riferimento orizzontale, la forza aumenta poiché aumenta la deformazione e quindi il materiale incrudisce maggiormente; si può notare come oltre un certo valore di α l’assottigliamento cui è soggetto il materiale non si arresta più → la forza infatti continua a decrescere fino ad arrivare alla rottura del componente. Si può, inoltre, notare come realizzare angolazioni completamente verticali (α = 90°) è praticamente impossibile → valori massimi di α si attestano attorno ai 70°. Osservando quanto accade al variare dell’angolo α, si può pensare di predire la frattura del componente durante il processo di SPIF semplicemente monitorando in tempo reale l’andamento delle forze → se l’andamento della forza raggiunge il valore limite della pendenza, si diminuisce l’entità della forza e si evita di portare il pezzo a frattura. Caso studio 2 In un altro caso studio si è analizzato l’andamento della formabilità, valutata tramite il FLD0, in funzione dei parametri di processo: l’affondamento Δz, il diametro del punzone Dp e la velocità di rotazione del punzone. La geometria realizzata nella prova è il tronco di cono (che permette di ottenere uno stato di deformazione piana e quindi FLD0 a rottura). 36 Si è osservato che: all’aumentare dell’affondamento Δz diminuisco la formabilità del processo → FLD0 diminuisce perché ci si allontana dal concetto di formatura incrementale e ci si avvicina al concetto di stampaggio classico; inoltre, se Δz aumenta, aumenta anche la rugosità superficiale dell’oggetto realizzato → le spire del passaggio del punzone, per quanto piccole, sono pur sempre visibili. All’aumentare di Dp diminuisco la formabilità → FLD0 decresce poiché ci si allontana dall’incrementalità. All’aumentare della velocità di rotazione dello strumento la formabilità aumenta → FLD0 cresce perché la temperatura aumenta localmente. Domanda esame: Come i parametri di processo influenzano la formabilità durante il processo di SPIF? I parametri di processo sono Δz, Dp e la velocità di rotazione del punzone: Minore è il diametro del punzone, maggiore è la formabilità. Minore è l’affondamento Δz, maggiore è la formabilità e la qualità superficiale (in termini di rugosità) dell’elemento. Maggiore è la velocità di rotazione del punzone, maggiore è la formabilità del processo Caso studio 3 Così come visto per i processi di stampaggio, si può pensare di creare la simulazione numerica del processo di SPIF per ingegnerizzare il processo → ottimizzo la progettazione evitando il dispendioso approccio sperimentale di Trial and Error. Nel seguente caso studio si è cercato di analizzare la meccanica di processo dello SPIF nella realizzazione di un tronco di piramide; dato che per studiare le forze coinvolte è necessario utilizzare un codice FEM implicito, che computazionalmente è molto dispendioso, si è semplificato il processo sostituendo il punzone con una sfera e l’intera lamiera con una piccola striscia; si è quindi simulato il processo per uno spessore della lamiera pari a 2 mm ed un angolo α=60° e si sono 37 analizzate le deformazioni e le forze in 3 punti diversi della lamiera al passaggio del punzone; la simulazione ha restituito i seguenti risultati: Andamento delle deformazioni: le deformazioni subite dalla lamiera sono effettivamente incrementali → si nota un andamento a scalino, poiché la deformazione aumenta ad ogni passaggio del punzone e non è influenzata quando il punzone si trova lontano dal punto di interesse; Andamento dello stato tensionale medio sotto il punzone: è uno stato tensionale di compressione → come si osserva nell’idroformatura, uno stato tensionale di questo tipo favorisce la formabilità. Andamento della tensione massima principale sulle pareti del pezzo: è sempre positiva, quindi è una tensione di trazione, e assume un andamento sinusoidale, quindi, assume valori limitati (piccoli). Domanda da esame: Quali sono le caratteristiche della meccanica di processo che permettono di incrementare la formabilità nei processi di incremental forming? Le caratteristiche della meccanica di processo che permettono di incrementare la formabilità sono: L’andamento progressivo delle deformazioni; La distribuzione media di sforzi di compressione sotto il punzone; La tensione di trazione limitata (con andamento sinusoidale) nelle pareti dell’oggetto. 38 Dal punto di vista dell’applicazione industriale, lo SPIF è poco utilizzato a causa di alcune criticità: È un processo molto lento: si passa dai pochi secondi di uno stampaggio tradizionale ad alcune ore per realizzare anche pezzi molto semplici → per questo motivo in ambito industriale si adotta solo in tutte quelle situazioni in cui non conviene produrre uno stampo: lotti di produzione molto piccoli (aerospace industry), prodotti altamente customizzati e specifici quali, ad esempio, le protesi biomediche o come strumento di prototipazione rapida. Minore accuratezza dimensionale rispetto ai processi di formatura tradizionale; è dovuta principalmente a due ragioni: il ritorno elastico ed il fatto che quando il punzone agisce localmente provoca anche un moto rigido dell’intera lamiera poiché è vincolata. Assottigliamento elevato: si tratta di un processo di stretching puro e la deformazione avviene tutta a spese dello spessore della lamiera → a causa dell’elevata formabilità del processo, si raggiungono assottigliamenti dell’ordine del 65% - 70% (contro il 25% dello stampaggio tradizionale), il che comporta una notevole riduzione della sezione resistente → se si tratta di un componente strutturale deve essere tenuto in considerazione. Una soluzione alla lentezza del processo di SPIF è rappresentata dal processo di High Speed Incremental Forming: la lamiera viene montata su un tornio e viene messa in rotazione alle alte velocità del tornio mentre il punzone entra nel pezzo seguendo una traiettoria obliqua rettilinea → rispetto allo SPIF normale si ha una distribuzione dei moti fra utensile e mandrino e il processo si velocizza in maniera incredibile. Se si esegue un confronto fra un componente realizzato per High speed incremental forming e lo stesso componente realizzato tramite SPIF, si può concludere che i due oggetti sono qualitativamente identici → l’unico limite da superare è che nell’high speed incremental forming si possono realizzare solo oggetti assialsimmetrici. Sono allo studio macchine a 4 assi per creare oggetti complessi in breve tempo distribuendo opportunamente gli sforzi fra macchina e utensile. Caso studio 4 Nel seguente caso studio si è considerata la realizzazione di un tronco di cono in lega di titanio Ti6Al4V tramite High speed Incremental Forming → il titanio è il lightweight material per eccellenza: molto resistente e leggero, ma poco formabile. Si è analizzato, quindi, come i parametri di processo influenzano la corretta realizzazione dell’oggetto, la sua finitura superficiale e le caratteristiche meccaniche. I parametri di processo sono 2: la velocità di avanzamento obliqua del punzone e l’affondamento Δz; sono state condotte 9 prove in totale, adottando tutte le possibili combinazioni dei seguenti valori dei parametri di processo: 39 Si è utilizzata una velocità di rotazione del tornio costante pari a 2500 rpm e un punzone di diametro pari a Dp=15mm per tutte le prove. Il concetto chiave del processo è il riscaldamento localizzato che il punzone genera scorrendo sulla lamiera: questo aumento locale della temperatura, causa un incremento della formabilità del materiale e permette di realizzare il componente → è l’interazione fra i due parametri di processo a determinare l’entità del riscaldamento localizzato → si sfruttano i vantaggi delle alte temperature senza la necessità di alcun impianto ad hoc. Per capire le potenzialità in termini di riduzione del tempo di processo, fra le prove condotte la più lenta ha impiegato 23 minuti mentre la più veloce solo 3s. Le prove hanno portato ai seguenti risultati: Per basse velocità di avanzamento del punzone (5 mm/min) si ha sempre frattura del pezzo: l’energia rilasciata dal punzone sulla lamiera nell’unità di tempo non è sufficiente → il riscaldamento localizzato non è sufficiente ad ottenere la formabilità necessaria al processo. Si può quindi concludere che la velocità di avanzamento del punzone è il parametro che mi permette di regolare l’incremento di temperatura per attrito della lamiera e quindi la sua formabilità. La finitura superficiale dell’oggetto è influenzata da entrambi i parametri di processo: la rugosità superficiale diminuisce all’aumentare della velocità di avanzamento e al diminuire dell’affondamento Δz. Nelle immagini si vede come la rugosità migliora all’aumentare della velocità di avanzamento (da 50 m/min a 500 m/min); 40 Inoltre, l’influenza della velocità di avanzamento sulla rugosità superficiale è più visibile sulla superficie interna piuttosto che sulla superficie esterna poiché è la superficie a contatto col punzone: La microstruttura del materiale non viene modificata durante la realizzazione del processo: l’incremento di temperatura che si realizza al contatto fra punzone e lamiera non modifica la microstruttura del materiale. Il processo non modifica le caratteristiche di resistenza meccanica del materiale: per evitare di realizzare una prova di trazione, si è utilizzato come indice della resistenza meccanica la durezza del materiale → non si sono riscontrate variazioni apprezzabili della durezza e quindi delle caratteristiche meccaniche dell’oggetto al variare dei due parametri di processo In conclusione, quindi, si può dire che l’high speed incremental forming ha un grande potenziale inquanto riduce in maniera netta uno dei principali problemi dello SPIF, ovvero, la lentezza del processo: per realizzare correttamente l’oggetto, e ottenere una finitura superficiale soddisfacente si devono adottare la velocità di avanzamento più alta possibile ed un affondamento Δz il più piccolo possibile. Altra criticità del processo di SPIF è l’accuratezza geometrica; durante la lavorazione, le occasioni in cui si può avere ritorno elastico sono molteplici: Ritorno elastico locale dovuto al locale carico-scarico della forza; Ritorno elastico al termine della lavorazione; Ritorno elastico quando si rimuove l’oggetto dai morsetti di fissaggio. 41 Se si sommano tutte le possibili occasioni di ritorno elastico al moto rigido cui è soggetta la lamiera quando il punzone agisce localmente, si capisce che il problema dell’accuratezza geometrica si presenta molto facilmente → si devono adottare soluzioni per risolverlo. Caso studio 5 Per valutare l’effettiva distorsione geometrica subita da un componente si è realizzato un tronco di piramide tramite SPIF e successivamente si è acquisita una scansione 3D dell’oggetto, che è stata confrontata col relativo CAD. Dal confronto si evidenziano principalmente due distorsioni della geometria dell’oggetto: 1) Un “Bending” evidente nella parte di lamiera compresa fra l’incastro della lamiera e l’inizio effettivo del componente: questo bending è dovuto al fatto che questa parte di lamiera “libera” è facilmente richiamata dalla discesa del punzone creando questa sorta di raccordo; 2) Un effetto di “pillow” sul fondo del componente: il materiale tende ad accumularsi sul fondo dell’oggetto creando questa sorta di gobba. Per risolvere questi problemi sono possibili molteplici soluzioni: la soluzione più semplice per evitare l’effetto di bending consiste nell’utilizzo di un backing plate: un prolungamento del supporto della lamiera per fare in modo che la lamiera si appoggi e non venga deformata dall’azione del punzone; l’utilizzo di una traiettoria ottimizzata: è lo stesso concetto dell’overbending per superare il ritorno elastico nella piegatura → si usa un percorso utensile non fedele al CAD, ottimizzato considerando anche l’effetto di bending per ottenere la geometria voluta → non è facile da realizzare; l’utilizzo del Laser assisted incremental forming: si usa il laser per riscaldare localmente la lamiera → si sfrutta la temperatura per ridurre la σ di flusso e quindi il ritorno elastico cui è soggetta la lamiera; di contro però si hanno i costi dell’attrezzatura ed il fatto che è necessario sincronizzare perfettamente laser e punzone. L’implementazione di un approccio multistep tramite il TPIF: si utilizza una matrice di appoggio per dare la forma al componente e poi si effettua un secondo passaggio dal lato opposto; di contro però è un processo più lento e meno flessibile: è necessario il doppio del tempo ed anche la realizzazione di una matrice. Domanda esame: Quali sono i metodi per ridurre la distorsione geometrica nel processo di SPIF? L’utilizzo di un backing plate per prevenire il fenomeno di bending; L’utilizzo di una traiettoria ottimizzata; L’utilizzo del laser del Laser assisted incremental forming per ridurre il ritorno elastico; L’implementazione di un approccio multistep con il TPIF. 42 Altra criticità del processo di SPIF è l’assottigliamento eccessivo: benché sia una parte cruciale della meccanica di questo processo (che si basa sullo stretching), va tenuto sotto controllo per due motivi → un eccessivo assottigliamento localizzato può portare alla frattura del componente ma anche ad una eccessiva riduzione della sezione resistente, da tenere a mente qualora si trattasse di un componente strutturale. Se si osserva l’andamento dello spessore nel processo di SPIF il valore finale dello spessore del componente può essere espresso dalla legge del seno: 𝒕𝒇 = 𝒕𝟎 𝐜𝐨𝐬 𝜶 → maggiore è l’angolo α maggiore sarà l’assottigliamento. Se si riportano i grafici dell’andamento dello spessore del componente e della relativa forza di deformazione si può notare che: in un primo momento mentre l’assottigliamento cresce la forza cresce → come visto nel case study 1, l’effetto dell’incrudimento del materiale prevale su quello dell’assottigliamento e quindi la forza cresce; quando il valore dello spessore è prossimo a tf la forza inverte la tendenza e decresce → l’effetto della riduzione della sezione resistente causata dall’assottigliamento prevale sull’effetto dell’incrudimento → lo spessore decresce ad un valore inferiore allo spessore tf raggiungendo il suo valore minimo; infine, la forza si stabilizza e diviene costante → lo spessore cresce stabilizzandosi al valore tf. Per quanto riguarda la frattura del materiale, se deve avvenire, avverrà quando lo spessore raggiunge il minimo, ovvero quando la forza inverte la tendenza e decresce → come visto nel case study 1, un metodo efficace per evitare la frattura consiste nell’osservare l’andamento della pendenza della forza → se raggiunge il valore limite della pendenza, si diminuisce l’entità della forza e si evita di portare il pezzo a frattura; superato il punto a spessore minimo la lamiera non potrà più fratturarsi. Una volta assicurato che il pezzo non si rompa, va comunque valutata l’entità dell’assottigliamento → nel caso osservato in figura, si parla di un assottigliamento del 70% → se si tratta di un pezzo strutturale potrebbe essere una eccessiva riduzione della sezione resistente; esistono sostanzialmente due soluzioni per ridurre l’assottigliamento eccessivo in un componente: 1) l’approccio Decremental Slope (DS) o pendenza decrementale; 2) l’approccio del Multistep Incremental Forming. 43 L’approccio Decremental slope consiste nell’adottare α variabile durante la lavorazione: dato che nella prima parte della lavorazione si ha più bending che stretching si può utilizzare un angolo α’ più grande di quello target → prima di raggiungere il valore di tf che si otterrebbe con α target, si adotta un angolo α’’ minore di α target → in questa maniera quando si verifica l’assottigliamento si lavora con un α più piccolo riducendo l’assottigliamento finale del pezzo; ovviamente si deve fare in modo che α’ ed α’’ garantiscano di raggiungere α target, il che richiede un perfetta ottimizzazione del processo, non facile. Inoltre, il cambio di pendenza porta una certa discontinuità geometrica → riduzione dell’accuratezza geometrica che è già una criticità del processo di SPIF. Si è rappresentato il caso con 2 diversi α ma si può aumentare il numero di angoli per ridurre ulteriormente l’assottigliamento, complicando però l’ottimizzazione del processo. L’approccio Multistep Incremental Forming, invece, consiste nell’utilizzare più step per realizzare l’oggetto: in questa maniera si migliora l’assottigliamento massimo poiché lo si distribuisce sulla parete; sperimentalmente è stato provato che non si ottengono miglioramenti significativi adottando più di 3 step. Per chiarezza si riporta in figura l’esempio della realizzazione di un tronco di cono con angolo α=70° in 3 step (50°, 60° e 70°): si passa da un assottigliamento del 74% ad un assottigliamento del 53%. Questo approccio, però, allunga in maniera notevole le tempistiche del processo, cosa che è già una criticità del processo di SPIF. Va notato, inoltre, che per oggetti con una forma particolarmente complessa l’approccio Multistep è l’unica strada percorribile: è questo il caso, ad esempio, di oggetti con pareti a 90°; in questi casi si utilizzano in genere approcci in 5 step. 44 Un difetto tipico degli oggetti con pareti verticali è l’accumulo di materiale sul fondo dell’oggetto, dovuto agli allungamenti cui è sottoposta la lamiera durante il processo deformativo. L’approccio multistep può essere combinato anche con l’incremento del diametro dell’oggetto che si vuole realizzare. Infine, per realizzare pareti verticali si può utilizzare anche il cosiddetto origami approach: si tratta di un approccio multistep in cui il componente viene formato effettuando lavorazioni su piani diversi dal piano orizzontale; la complessità sta nel coordinare correttamente il quarto asse della macchina utensile. Anche nel processo di SPIF, si può utilizzare la temperatura per aumentare la formabilità del materiale utilizzato: esistono, infatti, materiali in cui l’incremento di formabilità tipica del processo di SPIF risulta comunque insufficiente ad eseguire la lavorazione a freddo → è questo il caso delle leghe di magnesio. Sono possibili tre soluzioni: Heat assisted incremental forming, Laser assisted incremental forming e Hot incremental sheet forming. 45 Nell’Heat assisted incremental forming l’intera lamiera è scaldata per conduzione tramite lastra scaldante; è sicuramente la soluzione più economica, ma scaldando l’intera lamiera si accentuano i problemi di accuratezza dimensionale già tipici del processo di incremental forming. Nel Laser assisted incremental forming una sorgente laser scalda localmente la lamiera dove agisce il punzone; in questo modo si evita il peggioramento dell’accuratezza dimensionale ma, di contro, si hanno: costi più elevati dovuti all’attrezzatura, complicazioni nella sincronizzazione del movimento del laser e del punzone, aumento considerevole dell’impatto ambientale e del costo di esercizio → il laser ha, infatti, un assorbimento energetico elevatissimo. Nell’Hot sheet incremental forming si ha sempre un riscaldamento locale della lamiera, realizzato per effetto joule chiudendo un circuito elettrico fra lamiera e punzone: in questa maniera si evita il peggioramento dell’accuratezza dimensionale con costi piuttosto contenuti. Caso studio 6 In questo caso studio si è valutato l’effettivo incremento di formabilità dell’ Hot sheet incremental forming; si sono utilizzate 3 diverse leghe di titanio che differiscono per formabilità e tensione a rottura. Il parametro scelto per valutare la formabilità è l’angolo αmax; si è quindi valutato per ogni materiale sia a freddo che tramite hot sheet incremental forming l’ αmax raggiungibile durante il processo e l’eventuale altezza massima a rottura: 46 si nota come l’utilizzo della temperatura migliora notevolmente la formabilità per ogni lega utilizzata. Va detto che la temperatura del processo deve essere opportunamente regolata: variando l’intensità di corrente si regola l’energia specifica fornita al processo, che è un indice della temperatura raggiunta; se viene fornita poca energia non si riesce a formare il componente poichè si frattura, se si fornisce troppa energia si brucia la lamiera in superficie. Per ogni materiale è quindi possibile stabilire delle mappe di lavorabilità: al variare dell’angolo α indicano l’intervallo di energia da fornire alla lamiera che consente di effettuare correttamente il processo di Hot sheet incremental forming. 47 LAVORAZIONI NON CONVENZIONALI Nelle cosiddette lavorazioni non convenzionali non si ha quasi mai una azione meccanica fornita da un utensile al componente come avviene in tutte le lavorazioni convenzionali. Sono incentivate sempre dallo stesso motivo: la riduzione dei costi dedicati tipici delle tecnologie convenzionali (attrezzature, utensili e stampi dedicati) → molte tecnologie non convenzionali utilizzano spesso utensili immateriali quali: laser, energia, plasma, ecc. Le lavorazioni non convenzionali, in genere, vengono utilizzate in quei settori ad alto valore aggiunto: un esempio è l’aerospace → non si hanno problemi di costi e si può investire per avere un valore aggiunto come ritorno. Parlando ad esempio di processi di asportazione di truciolo, è possibile definire tre tipologie di famiglie: 1) Processi di taglio con utensili monotagliente (tornitura) o multitagliente (fresatura); 2) Processi che utilizzano abrasivi (rettifica) con utensili di geometria non definita (particelle abrasive); 3) Processi non convenzionali (laser, plasma, water jet). Nell’ambito dell’asportazione di truciolo, le tecnologie non convenzionali si rendono necessarie quando: il pezzo in lavorazione ha una durezza eccessiva > 400HB che causerebbe problemi di usura dell’utensile; il pezzo è troppo flessibile per sopportare forze di taglio o impossibile da afferrare con l’attrezzatura di bloccaggio; la forma del componente è complessa a causa di profili interni ed esterni complessi e fori di piccolo diametro; sono richieste finiture e tolleranze migliori di quelle ottenibili con le tecnologie tradizionali; Non sono accettabili incrementi di temperatura e/o tensioni residue nel pezzo in lavorazione. Alcuni processi non convenzionali sono: Lavorazioni a Ultrasuoni; Lavorazioni Water Jet (WJ/AWJ); Lavorazioni Chimiche; Lavorazioni Elettrochimiche (ECM); Rettificatura elettrochimica (ECG); Elettroerosione a tuffo e a filo (EDM/WEDM); Lavorazioni Laser (LBM); Lavorazioni a fascio elettronico o a fascio ionico (EBM); Lavorazioni Plasma (PAM). Si tratta ormai di tecnologie molto diffuse in ambito industriale: ad esempio il Laser beam Machining è utilizzato praticamente ovunque per il taglio dei blank dalle lamiere. 48 IL LASER L’emi