Biologia Applicata PDF
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Università degli Studi di Brescia
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Questo documento tratta di biologia applicata, concentrandosi sullo studio delle cellule. Sono discussi i concetti di struttura, funzione e evoluzione cellulare, inclusi i processi come la sintesi proteica e la duplicazione del DNA. Vengono inoltre affrontati argomenti come i legami chimici e le macromolecole.
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BIOLOGIA La biologia applicata si occupa dello studio della cellula, sia dal punto di vista strutturale che dal punto di vista funzionale. Dal punto di vista strutturale, poiché andremo a studiare i componenti della cellula mentre dal punto di vista funzionale poiché andremo a studiare la sintesi...
BIOLOGIA La biologia applicata si occupa dello studio della cellula, sia dal punto di vista strutturale che dal punto di vista funzionale. Dal punto di vista strutturale, poiché andremo a studiare i componenti della cellula mentre dal punto di vista funzionale poiché andremo a studiare la sintesi proteica, duplicazione del DNA, come comunicano le cellule. La scoperta della cellula è avvenuta negli anni e quest’ultima è l’unità base degli esseri viventi. Tale definizione deriva da tante teorie evoluzionistiche cellulari fatte dai ricercatori nel passato e il padre dell’evoluzione è stato Lamarck. Egli osservò che era la funzione che creava l’organo, lui lo chiamava organo ma in realtà era la cellula. Che cosa vuol dire la funzione crea l’organo e quindi una specializzazione della cellula? Vuol dire che io dato l’esigenza, devo sviluppare una determinata funzione ed un classico esempio è quello della giraffa. Secondo Lamarck per potersi nutrire delle foglie degli alberi, allungarono a poco a poco il loro collo, tramandando questa modificazione di generazione in generazione. Dal punto di vista biochimico, il percorso che si è sviluppato secondo la teoria di Lamarck è la cascata coagulativa (DOMANDA ESAME) che non è nata con tutti i fattori che esistono oggi, ma si è sempre più perfezionata. Il processo secondo cui si è scatenata l’evoluzione della cascata coagulativa riguarda tutto ciò che i nostri antenati hanno fatto sino ad oggi per sopravvivere: caccia, guerra ecc.… La funzione della cascata è quella di curare le ferite evitando emorragie, nel passato invece le ferite erano fatali. Un altro processo evolutivo metabolico che noi stiamo subendo è la termoregolazione, ovvero l’organismo si adatta alle alte temperature; quindi, la scala della termoregolazione si perfezionerà Infine, si è passato a Darwin: Egli osservando varie specie, ad esempio i fringuelli delle isole Galapagos, notò 13 specie di fringuelli diversi, ma facente parti tutti della stessa famiglia e si distinguevano tra loro solo per la morfologia del becco e ciò condizionava la loro dieta. Vide che questi uccelli vivevano in ogni isola specifica, per cui in base al becco vivevano a loro adagio in quell’isola e per cui non si spostavano nonostante fossero uccelli volatili. Vi erano fringuelli diversi, e non si spostavano poiché ormai si erano adattati all’habitat in base al proprio becco. Questi diversi becchi sono il risultato della selezione naturale. Da quest’osservazione sviluppò quindi la teoria dell’origine della specie cioè che ognuno di noi deriva da un progenitore, ovvero la cellula, la quale poi si è perfezionata, evoluta e adeguata all’ambiente circostante. Chi è più evoluto l’uomo o la formica? (DOMANDA ESAME) Sono entrambi evoluti in base alle loro esigenze, perché entrambi si sono adattati all’ambiente. L’uomo utilizza l’intelligenza e il suo modo di fare per sopravvivere, la zanzara utilizza la riproduzione continua creando mutazioni, stessa cosa fanno i batteri che ad ogni riproduzione imparano, dall’antibiotico che abbiamo usato per sconfiggerli, a selezionare più specie. Cosa rende possibile l’evoluzione? Quest’evoluzione è resa possibile dal DNA della cellula stessa perché una mutazione del DNA ti crea delle mutazioni che se ha fini evoluzionistici, fa bene perché io cambio la conformazione di una proteina. Una mutazione però può anche portare a delle malattie poiché più mutazioni possono portare a un cambiamento conformazionale e strutturale di una proteina e quindi della sua funzione. Cellule La cellula è l’unità funzionale di tutti gli organismi viventi. Essa svolge tutte le attività chimiche per sostenere la vita, sia che sia di un organismo unicellulare sia di uno pluricellulare, ed è costituita da elementi quali: carboidrati, lipidi, proteine acqua, sali minerali. Teoria cellulare moderna La teoria nella sua forma moderna riassume questi concetti in tre enunciati: le cellule sono le unità strutturali degli organismi viventi; le cellule sono le unità funzionali degli organismi viventi; ogni cellula deriva esclusivamente dalla divisione di altre cellule. I ricercatori hanno suddiviso in 2 domini cellulari gli eucarioti e i procarioti e successivamente in regni. Gli eucarioti sono organismi più complessi mentre gli altri meno complessi. Cellule di eucarioti (uomo) Cellule di procarioti (batteri… Procarioti Dimensioni: 0,5-10 µm. È priva di organuli cellulari, centrioli, lisosomi e nucleo per cui il DNA è sparso nel citoplasma. Si riproducono per scissione binaria, un meccanismo di riproduzione asessuata. È prevista di: Vacuoli; Ribosomi, per sintetizzare proteine e sono particelle insolubili; Flagelli (flagellina); Pili (pilina); Parete cellulare costituita da peptidoglicano, che ha funzione di sostegno e protezione ed è costituita da peptidoglicano e difficile da distruggere; Membrana plasmatica, racchiude il materiale cellulare separandolo dall’ambiente e regola il passaggio di sostanze cellula/esterno; Capsula Plasmide, materiale genetico accessorio. È un anello di DNA che ha una sequenza genetica che gli permette di combattere la resistenza agli antibiotici o per lo scambio di materiale genetico tra organismi; Nucleoide è una regione della cellula non delimitata da membrana, contiene il DNA semplice a singolo cromosoma e circolare; Citosol, si trova all’interno della membrana ed è una soluzione acquosa. Inoltre, essendo dei parassiti, vivono autonomamente senza un altro procariote che lo aiuti a fare il lavoro, (viceversa le cellule del nostro organismo non hanno la parete cellulare, come i miocardiociti che compongono il cuore e che sono molti, devono collaborare tra di loro, attraverso la membrana plasmatica, che, essendo semipermeabile, permette la comunicazione tra cellule). Nonostante siano organismi semplici sono in grado di svolgere molte reazioni metaboliche; possono sfruttare diverse fonti energetiche e sopravvivere in condizioni estreme. Al giorno d’oggi siamo in carenza di antibiotici poiché essi non riescono a sconfiggere delle superinfezioni; questo perché la parete cellulare di un batterio costituita da peptidoglicano e da zuccheri protegge il batterio e non permette agli antibiotici di distruggere tutto il batterio ma soltanto una parte, le altre parti che rimangono continuano quindi a moltiplicarsi e a mutare portando a malattie (esempio il glucosio del peptidoglicano si sposta da sotto a sopra e l'antibiotico non è più in grado di riconoscerlo l’antibiotico non è più in grado di riconoscerlo). Essendo inoltre organismi senza, nucleo e avendo per cui grazie una struttura essenziale e non complessa, questo gli permette di riprodursi più velocemente. Eucarioti Comprendono organismi unicellulari e pluricellulari; dimensione: 10-30 µm. È prevista di: Membrana plasmatica, racchiude il materiale genetico, lo separa dall’ambiente e regola il passaggio di sostanze cellula/esterno. È formata da un doppio strato di fosfolipidi e vi sono proteine, lipidi (colesterolo) e carboidrati. È costituita da un modello a mosaico fluido; Citoplasma, all’interno della membrana che comprende citosol e organuli; Reticolo endoplasmatico rugoso (RER) Reticolo Endoplasmatico liscio (REL) Ribosomi Mitocondrio Perossisoma Proteasoma Lisosoma Centrioli Apparato del Golgi Nucleo contenente tanto DNA, suddiviso in cromosomi (CROMATINA: DNA + proteine) Citoscheletro *ciascuno è specializzato e fanno parte del sistema endomembranoso tutti tranne i mitocondr, ovvvero sono circondati da endomembrne che sono in relazione le une con le altre Legami chimici Uno dei concetti importanti della cellula sono i legami chimici. Noi siamo fatti di molecole che sono fatte di atomi, legati tra loro tramite legami chimici. L’atomo è costituito da protoni (+), neutroni (nessuna carica) ed elettroni (-) che girano nell’orbitale esterno e permettono di formare il legame chimico, cioè una forza di attrazione che lega due atomi insieme in una molecola. I legami chimici coinvolti in una cellula sono: Covalente: per formare o rompere tale legame abbiamo bisogno tra i 50-110 Kcal (legame forte); Attrazione ionica: per formare o rompere tale legame abbiamo bisogno tra i 3-7 Kcal (legame debole); Legame idrogeno: per formare o rompere tale legame abbiamo bisogno tra i 3-7 Kcal (legame debole); Interazioni idrofobiche: per formare o rompere tale legame abbiamo bisogno tra 1-2 Kcal (legame debole); Forze di van der waals: hanno un’energia molto bassa sia per formare questi legami sia per romperli. Legame covalente Lo ritroviamo: nei fosfolipidi che costituiti da acidi grassi allora volta costituiti da legami C-C e questo permette la resistenza nella membrana; nelle proteine, tra gli amminoacidi; tra le basi nucleotidiche (legame fosfodiesterico collega l'atomo di carbonio in posizione 3' dello zucchero di un nucleotide con il carbonio in 5' del nucleotide successivo). !! Una condivisione parziale di elettroni genera un legame covalente polare (concetto di elettronegatività) Attrazione ionica Lo ritroviamo tra DNA e proteine perché il DNA è fatto di cromatina costituito a sua volta da proteine ovvero gli istoni. Tale legame debole è necessario affinché avvenga la duplicazione del DNA e può essere spezzato facilmente, per cui minimo sforzo per il massimo rendimento. Legame idrogeno Avviene tra un atomo di O e uno di H. È presente oltre che nell’acqua, anche tra le basi azotate perché il DNA si deve duplicare facilmente (nella cellula: minimo sforzo dà il massimo rendimento). Interazioni idrofobiche Tra due scheletri di atomi di carbonio quindi nella membrana fosfolipidica ovvero tra un fosfolipide e l’altro, perché deve essere semipermeabile per far passare determinate molecole. Forze di van der waals Si trovano nelle interazioni enzima-substrato. Gli enzimi servono ad accelerare una reazione e quindi dopo aver interagito con il substrato lo deve lasciare subito. POSSIBILE DOMANDA D’ESAME: Dove trovo il legame covalente nelle macromolecole? MACROMOLECOLE LIPIDI Sono componenti strutturali delle membrane biologiche. Sono biomolecole organiche insolubili in acqua (formano un doppio strato lipidico) e solubili in alcuni solventi come il cloroformio. Costituiscono forme di deposito e di trasporto di molecole ricche di energia. Servono da rivestimento protettivo sulla superficie di molti organismi. Sono componenti della superficie cellulare che partecipano al riconoscimento, alla specificità di specie e all’immunità tissutale. Alcune sostanze tra i lipidi hanno una notevole attività biologica (vitamine e ormoni) TRIGLICERIDI formati da 1 molecola di GLICEROLO e 3 molecole di ACIDO GRASSO. Il glicerolo si lega mediante reazione di condensazione con fuoriuscita di acqua, si va a creare un legame covalente forte tra glicerolo e le catene di acidi grassi ACIDI GRASSI ovvero una molecola in cui la parte idrocarburica può essere con un numero di atomi di carbonio piuttosto alto però che contiene alla fine un gruppo carbossilico (COOH). Inoltre, si può trovare nella formazione SATURA perché ci sono sempre dei legami semplici tra carbonio e carbonio: per esempio, l’acido palmitico (che si trova nella nutella) ha legami semplici, con legami forti e più difficili da spezzare, formano una membrana rigida e compatta che dal punto di vista funzionale non è adeguata, per cui la irrigidiscono; INSATURA perché presenta almeno un doppio legame che non rendono le membrane compatte, per esempio, l’acido oleico o linoleico e la rendono più fluida. Generalmente l’acido grasso del lipide ha una TESTA e una CODA. La TESTA è la parte IDROFILA mentre la CODA è la parte IDROFOBA. IDROFILA che è amica dell’acqua ed è COOH; IDROFOBA è tutta la catena idrocarburica e vuol dire che non ama molto il contatto con l’acqua. FOSFOLIPIDI Si chiama fosfolipide perché abbiamo sempre la glicerina che ha uno o più acidi grassi e un carbonio è legato con un gruppo f osfato. La testa polare costituita da acido fosforico e glicerolo e code apolari; Sono quindi molecole anfipatiche ovvero contiene sia un gruppo idrofilo sia uno idrofobo; le code non sono idrosolubili mentre le teste lo sono. Esiste una seconda classe di fosfolipidi di membrana costituita dai cosiddetti sfingolipidi. L’alcol presente negli sfingolipidi è rappresentato (anziché dal glicerolo) dalla sfingosina, un amminoalcol a 18 atomi di carbonio. Come i saponi, i fosfolipidi con le loro estremità polari e le loro catene apolari formano micelle in un mezzo acquoso. PROTEINE Le BIOMOLECOLE generalmente sono dei POLIMERI quindi: le PROTEINE, che sono l’unione di monomeri chiamati amminoacidi. Un amminoacido dal punto di vista chimico è formato da: un carbonio chirale (o alfa), a questo carbonio si lega un idrogeno, un gruppo R, un gruppo carbossilico e un gruppo amminico. Il gruppo R può cambiare dando origine ad amminoacidi diversi. Se al posto del gruppo R si trova un idrogeno, avremo la formazione dell’amminoacido più semplice ovvero la glicina. In base al gruppo R la proteina può avere una catena laterale idrofobica (non polare), una catena laterale aromatica (prolina ), catena laterale idrofilica (serina, tirosina) una catena laterale idrofilica acida (acido aspartico). Se io ho due o più amminoacidi, il legame peptidico è il legame che avviene tra gruppo carbossilico COOH di un amminoacido co n il gruppo amminico NH2 dell’altro amminoacido con perdita di una molecola d’acqua (reazione che avviene per policondensazione). A causa di questo legame le proteine risultano rigide. In base alle loro funzioni, le proteine si suddividono in: PROTEINE INSOLUBILI IN AMBIENTI ACQUOSI Sostegno, fibrose e strutturali (collagene, cheratina, elastina, fibroina) proteine di membrana (carrier, pompe ioniche) PROTEINE GLOBULARI E SOLUBILI IN AMBIENTI ACQUOSI Catalisi (enzimi) Trasporto (emoglobina, albumina) Ormoni, proteine regolatorie (insulina e glucagone) Difesa, proteine di protezione (anticorpi, trombina) Movimento, proteine contrattili (actina e miosina) Deposito (ferritina, caseina) Gli amminoacidi importanti sono 20 ma quelli essenziali per l’uomo sono 8, nei neonati 9 per il primo anno di vita ed è l’ISTIDINA. A rendere differente la proteina è quindi la sequenza amminoacidica. STRUTTURA PRIMARIA sequenza di amminoacidi – legami peptidici (covalenti) STRUTTURA SECONDARIA α- elica: legami idrogeno si instaurano all’interno della catena peptidica, i gruppi R sono rivolti verso l’esterno; foglietto β: formate da uno o più catene polipeptidiche si instaura un legame idrogeno tra più di un peptide; STRUTTURA TERZIARIA =a partire da tale struttura la proteina diventa FUNZIONALE. Vi sono 4 tipi di legami: interazione idrofobiche, gli amminoacidi con catene laterali non polari tendono a localizzarsi all’interno della molecola dove si associano con altri residui idrofobici. attrazione ionica, i gruppi con carica negativa -COO- possono interagire con i gruppi carichi positivamente NH3+. Legami idrogeno Legami covalenti: sono pochi, formati da legami disolfuro tra due cisteine necessari per compattare la proteina. Un esempio di struttura terziaria è la mioglobina costituita da 153 amminoacidi e da 8 regioni α- elica e nessuna a foglietto β STRUTTURA QUATERNARIA =più strutture terziarie, più peptidi Tutto questo processo, lo fanno grazie alle molecole chaperon, che prendono la proteina e L’aiutano a compattarla. Sono definiti in generale come “un gruppo ampio e diversificato di macromolecole che assistono il piegamento e/o il dispiegamento non covalente e l'assemblaggio e/o lo smontaggio di altre strutture macromolecolari, ma non sono componenti permanenti di queste strutture quando devono eseguire la loro funzione biologica”. FOLDING: è il processo di ripiegamento attraverso il quale le proteine assumono la loro struttura tridimensionale; MISFOLDING: indica l’errato ripiegamento della struttura secondaria e quindi terziaria delle proteine che è alla base di malattie definite malattie da misfolding. L'emoglobina è una proteina globulare la cui struttura quaternaria è costituita da quattro sub-unità. Per catabolismo dell’emoglobina si ottiene la bilirubina. Caratteristiche allosteriche: in grado di cambiare conformazione, es: ANEMIA FALCIFORME. La sequenza amminoacidica forma la conformazione o struttura primaria della proteina. La catena laterale detta la funzione della proteina, viene prodotta dal no stro codice genetico. Una mutazione genetica comporta una sostituzione dell’amminoacido che se ha lo stesso gruppo funzionale di quello precedente, non cambia la struttura secondaria e terziaria della proteina; se la mutazione genetica cambia l’amminoacido questo comporta il cambiamento parziale della struttura terziaria, la funzione quindi non è più conservata e insorgono malattie (ex. Anemia falciforme perché i globuli rossi cambiano la loro forma assumendo la forma di una falce). CARBOIDRATI I carboidrati detti anche zuccheri, GLUCIDI o GLICIDI. Sono composti ternari poiché costituti da 3 atomi diversi, i quali sono in questo caso carbonio, idrogeno e ossigeno. Possono essere rappresentati attraverso una formula generale Cn(H2O)n e stanno nel rapporto 1:2:1. Costituiscono circa l’1% del peso corporeo, perché devono essere consumati. FUNZIONI: Sono la fonte principale di energia per la cellula Strutturale Funzionale (recettori di riconoscimento tra una cellula e l’altra) Il carboidrato più semplice è la gliceraldeide, poi ci sono i pentosi, gli esosi; sono monomeri di zuccheri che si legano tra di loro tramite condensazione andando a formare un legame glicosidico. Catene di zuccheri si legan o tra di loro andando a formare i disaccaridi come il saccarosio (Il legame che avviene tra due monomeri è detto legame covalente glicosidico) e i polisaccaridi come l’amido. I polisaccaridi sono polimeri di monosaccaridi o loro derivati uniti da legami glicosidici. Sono generalmente insolubili in acqua. Tra questi abbiamo: l’amido (amilosio + amilopectina) (piante), glicogeno (animali e funghi) che hanno funzione di riserva; la cellulosa (piante) e la chitina (animali e funghi) hanno invece funzione di struttura. Le unità di polisaccaridi si uniscono tra loro mediante dei gl icosidici (covalenti). Quando questi legami vengono spezzati per formare l’unità basale, ho il rilascio di tanta energia che mi serve per le reazioni biochimiche e forma l’ATP. L’ATP o adenosina trifosfato, ha tre gruppi fosfati, base azotata adenina e ribosio. Essa è la fonte di energia perché è formata da legami covalenti che una volta che vengono rotti generano energia utile nei processi biochimici. Le proteine chinasi una volta che l’ATP dona un gruppo fosfato, danno una certa energia. Proprio grazie a queste proteine si ha l’attivazione di altri enzimi (ex. la NADPH ossidasi (enzima di membrana dell’immunità innata) che ha bisogno delle subunità citoplasmatiche per essere attivato. Tra le subunità citoplasmatiche c’è la P47. Per far sì che la P47 si vada a legare alla NADPH ossidasi, ho bisogno di energia ed infatti il gruppo fosfato si lega alla P47, gli fa cambiare conformazione strutturale e gli permette di traslocare sulla membrana dove si trova la NADPH ossidasi. Produrrà quindi i radicali liberi dell’ossigeno che servono alla cellula per combattere le infezioni MEMBRANA CELLULARE STRUTTURA: GENERALITÀ La membrana cellulare è quell’organello cellulare che separa il compartimento extracellulare dal compartimento intracellulare. È formata da un doppio strato fosfolipidico ed è costituita diversi componenti come: lipidi, proteine e carboidrati. Anche tutti gli altri organuli all’interno della cellula sono rivestiti dalla membrana cellulare. Ai fini evoluzionistici, Qual è la differenza tra una cellula eucariotica e una procariotica? Il fatto che quella procariotica ha una struttura semplice, quella eucariotica no ma nella sua complessità qualche vantaggio lo ha perché ogni organello all’interno della cellula svolge il proprio compito quindi le probabilità di errore sono limitate. FUNZIONI: conferisce protezione dall’ambiente esterno permette il passaggio delle sostanze Regola il trasporto di nutrienti nella cellula Regola il trasporto di cataboliti fuori della cellula Mantiene le condizioni chimiche appropriate (l’osmosi) nella cellula altrimenti si andrebbe incontro a necrosi o ad apoptosi (morte programmata della cellula) Capta segnali dall’ambiente extracellulare attraverso i recettori Permette l’interazione con altre cellule Contiene siti specifici di riconoscimento Contiene sistemi enzimatici necessari al metabolismo energetico ma non solo (ex. ATP ossidasi enzima chiave della risposta immunitaria innata si trova proprio sulla membrana cellulare perché li deve andare in contatto con l’ossigeno molecolare e produrre l’anione superossido e poi i radicali liberi) La struttura (solida, semipermeabile) e la funzione di base di tutte le membrane biologiche dipendono dai fosfolipidi, invece, la funzione specifica di ciascuna membrana dipende dalle proteine che sono espresse su quella membrana. Sia le proteine che i lipidi di membrana possono essere glicosilati (carboidrato + proteine/lipide) e diventare glicoproteine e glicolipidi (soltanto il 5% dei lipidi ha questa possibilità) con funzione di riconoscimento. QUALI FUNZIONI SONO ASSOCIATE AI VARI COMPONENTI? Lipidi Barriera idrofobica Proteine trasporto specifico Riconoscimento e comunicazione tra cellula e cellula attraverso delle giunzioni che si trovano principalmente nei villi intestinali (nei villi la rottura/lesione delle giunzioni può portare a una disfunzione della barriera intestinale con conseguente trasferimento di batteri nel torrente circolatorio. L’LDS che si trova sopra la parete batterica potrebbe passare dalla lesione e causare un aumento, nei soggetti predisposti, della placca aterosclerotica che una volta rotta porta alla formazione dei trombi) Conversione di energia Carboidrati Riconoscimento e comunicazione LIPIDI Sono di varia natura perché svolgono diverse funzioni I fosfolipidi si dividono in: fosfogliceridi (fosfatidilcolina, fosfatidilserina, fosfatidiltreonina sono tutti fosfolipidi che hanno un gruppo alcolico che ha una funzione di captare ATP; quindi, energia) e sfingomielina (hanno catene che non sono polari, sono molto lunghe e fungono da isolanti) I glicolipidi si dividono in: cerebrosidi e gangliosidi (hanno catene che non sono polari, sono molto lunghe e fungono da isolanti perché li troviamo prevalentemente nei neuroni e lì la conduzione elettrica è maggiore per cui non deve esserci dispersione di questi scambi di elettroliti) Colesterolo: è uno steroide che non ha la funzione come la fosfatidilserina di captare energia ma bensì ha una funzione strutturale. Si trova all’interno della membrana plasmatica tra un fosfolipide e l’altro. Gli sfingolipidi rendono la cellula più isolata e li troviamo maggiormente nella mielina. I fosfolipidi essendo molecole anfi patiche (testa polare e code idrofobiche) in ambiente acquoso si dispongono a formare doppi strati con la testa rivolta verso la porzione esterna della cellula o nel citoplasma e le code idrocarburiche all’interno. Questi fosfolipidi in acqua possono formare tre strutture: Micella di un unico strato Liposoma a doppio strato lipidico Doppio strato lineare (membrana) Questa disposizione della membrana con l’avvenuta della microscopia elettronica è stata definitivamente accertata, andando a sezionare la parte esterna della membrana cellulare. Si vedeva una parte più scura sia all’esterno che all’interno. Lo spessore a seconda del tipo di cellula va da 5 ai 10 nm Cosa può influenzare la fluidità? La membrana cellulare è più o meno fluida e a dare questa fluidità sono i fosfolipidi quindi dal contenuto di acidi grassi saturi e insaturi. I saturi rendono la membrana meno fluida mentre gli insaturi invece la rendono più fluida perché c’è la formazione della gobba al lato dell’acido grasso. Quindi una membrana cellulare ricca di fosfolipidi che contengono acidi grassi insaturi ha maggiore fluidità. In secondo luogo, l’assenza di legami covalenti tra le catene di acidi grassi di un fosfolipide con un altro fosfolipide da maggiore fluidità. La temperatura va ad influenzare la fluidità della membrana. Una temperatura ideale va dai 35.5 ai 37 gradi. A basse temperature la membrana tende a diventare più rigida e meno permeabile, infatti, se ci si trova a basse temperature come 5 gradi i processi sono tutti rallentati. Se invece le temperature sono troppo alte la membrana tende a diventare talmente tanto fluida da andare incontro a lisi cellulare. Il colesterolo grazie ad un gruppo ossidrile su uno dei 3 anelli benzenici, assume una componente idrofila che è molto importante in quanto consente al colesterolo di legarsi alle teste dei fosfolipidi; mentre la porzione idrofoba quindi data dagli anelli aromatici, dal ciclopentano e dalla lunga catena carboniosa permettono al colesterolo di trovarsi fra le code dei fosfolipidi formando un’interazione idrofobica. Regola la fluidità nella membrana poiché essendo legato infatti alle teste, nel momento in cui la temperatura della cellula si innalza troppo i fosfolipidi tenderebbero a separarsi fra di loro ma grazie al colesterolo rimangono uniti e quindi il colesterolo anche se la temperatura aumenta entro certi limiti può tenere la fluidità in livelli più bassi. Al contrario, se la temperatura si abbassa troppo, il colesterolo grazie ai suoi anelli aromatici va a generare un ingombro sterico tale da non riuscire a fare impacchettare le code dei fosfolipidi fra loro e quindi può mantenere più alta la fluidità della membrana. L’eccesso di colesterolo non viene immagazzinato nella cellula ma viene riversato nel torrente circolatorio andando ad accumularsi (LDL) e a formare la placca aterosclerotica (aterosclerosi). !! Una carenza del recettore dell’LDL comporta ipercolesterolemia familiare cioè un eccesso di colesterolo che può avvenire mangiando tanto o per deficit enzimatico del recettore LDL per cui il colesterolo non è sintetizzato. DOMANDA D’ESAME Differenza tra acidi grassi saturi e insaturi Il doppio strato fosfolipidico è ASIMETTRICO ovvero che la composizione dei fosfolipidi extracellulare è diversa da quella intracellulare. All’esterno la maggior parte dei fosfolipidi è legata a carboidrati o proteine, perciò, troviamo i glicolipidi che hanno funzione recettoriale. All’interno invece la membrana è ricca di fosfolipidi che avendo gruppi alcolici (fosfatidilcolina, fosfatidilserina, fosfatidiltreonina, fosfatidilinositolo) sono gruppi che trasferiscono legami fosfodiesterici. Quando l’ATP perde un gruppo fosfato, si libera tanta energia all’interno della membrana. È necessaria tanta energia all’interno della membrana perché è dentro che vengono tutte le reazioni metaboliche. Ecco perché c’è questa asimmetria. Non tutte le cellule hanno la stessa composizione lipidica e questo perché dipende dalla funzione della cellula. Non solo la membrana esterna ma anche gli organuli intracellulari sono costituiti da fosfolipidi diversi. Quindi i fosfolipidi sono si un’entità strutturale ma hanno anche delle funzioni particolari, questo si vede dalla distribuzione che hanno nelle varie membrane di varie cellule e degli organuli cellulari. Le membrane hanno anche una diversa composizione in base alla loro funzione e possono avere più proteine o più lipidi. MOVIMENTO FOSFOLIPIDI Il movimento dei lipidi non è statico ma hanno ben 4 tipi di movimento: Diffusione laterale: questi fosfolipidi grazie alle interazioni idrofobiche tra le code si possono muovere poiché l’energia è veramente bassa Flessione: questi fosfolipidi grazie alle interazioni idrofobiche tra le code si possono muovere poiché l’energia è veramente bassa Rotazione: rotazione che avviene tra la catena di acidi grassi Flip-flop: ovvero un capovolgimento dal basso all’alto (avviene di rado perché la cellula meno sforzo fa più rende, rilascia molta energia) avviene durante il trasporto attivo. PERCHÉ SI MUOVONO I FOSFOLIPIDI? Perché sopra ci sono recettori e a seconda della concentrazione delle sostanze che devono entrare che si trova più o meno vic ino ad una zona, quel recettore deve spostarsi. Ci sono molti enzimi di membrana che hanno delle subunità distanti tra di loro in maniera di riposo, per cui quando la cellula è attivata queste subunità devono unirsi per fare la reazione biochimica e si uniscono grazie a questi movimenti. PROTEINE Le proteine le troviamo transmembrana (completa o parziale), extra o intra. Secondo il modello a mosaico fluido, la membrana è costituita da un doppio strato lipidico fluido e da un mosaico di proteine associate in continuo cambiamento. I ricercatori sono riusciti a vedere la distribuzione di queste proteine mediante la tecnica del congelamento e affettatura, metodo freeze fractering. Le proteine integrali di membrana hanno almeno un dominio transmembrana idrofobico per ancorarli alla membrana. In una a-elica i legami peptidici (idrogeno) polari si trovano all’interno e i gruppi R delle catene laterali sono verso all’esterno e devono essere sempre idrofobici perché devono interagire con lo scheletro di atomi di carbonio degli acidi grassi. Caratteristiche di una proteina che sta all’interno di una membrana Proteina deve essere abbastanza grande Avere delle code idrocarburiche le quali interfacciano con le code idrocarburiche dei fosfolipidi creando così il sito di legame Le proteine possono formare anche dei pori acquosi dove può passare acqua tranquillamente (non c’è bisogno di energia per farla passare). Inoltre, le proteine posso legarsi a delle unità glucidiche a formare delle glicoproteine con funzione recettoriale. All’esterno di una membrana cellulare troviamo: Glicoproteine Proteine di trans membrana legate a loro volta con il citoscheletro Proteine canale Il rapporto tra proteine e lipidi in genere e circa di 1:25, nei neuroni 1:70 e nella membrana mitocondriale interna 1:15, perché all’interno della membrana dei mitocondri devo generare energia quindi non ho bisogno di tanti fosfolipidi ma di proteine. FUNZIONI CHE HANNO LE PROTEINE: Trasportatore Enzima Recettore di superficie Marcatori di superficie dell’identità cellulare Adesione cellula-cellula Ancoraggio al citoscheletro Nella membrana non tutta passa a caso, tranne per alcune molecole che passano liberamente attraverso il doppio strato, come gas apolari, tra cui ossigeno molecolare, anidride carbonica e composti con azoto e, piccole molecole polari senza carica come acqua, urea, glicerolo o etanolo. Invece molecole più grandi polari senza carica (amminoacidi, glucosio e nucleotidi) o ioni (H+, Na+, K+, Cl-) non entrano. Proprio per questo il doppio strato fosfolipidico rappresenta una barriera selettiva al passaggio di soluti. La membrana ha diverse funzioni, tra cui: trasporto; eso – endocitosi Abbiamo 2 tipi di trasporto: trasporto attivo, con richiesta di energia (ATP), contro gradiente di concentrazione. trasporto passivo, senza richiesta di energia (ATP) La differenza sta nel però nella diffusione facilitata c’è dispendio di energia perché c’è un cambio di conformazione. Il trasporto passivo a sua volta può avvenire per: diffusione semplice; diffusione facilitata; osmosi. DIFFUSIONE SEMPLICE Chiamata così perché non ha bisogno di proteine canale o carrier che invece sono importanti per quella facilitata. Le molecole della diffusione semplice passano liberamente attraverso il doppio strato. Il passaggio avviene secondo gradiente di concentrazione e avviene diversamente velocemente a seconda del tipo di molecola. I parametri che incidono sulla velocità di trasporto sono: concentrazione, perché maggiore è la differenza di concentrazione e maggiore è la velocità di trasporto; dimensione, perché una molecola più grande farà più fatica ad attraversare il doppio strato di fosfolipidi; lipofilia, perché più una molecola è lipofila cioè più riesce ad associarsi con le code dei fosfolipidi più sarà veloce il passaggio. Le molecole vanno dallo spazio con maggior concentrazione a quello con meno concentrazione. L’equilibrio è dinamico perché quello che entra viene consumato e di conseguenza ne deve entrare altro. OSMOSI Affinché avvenga il trasporto per osmosi abbiamo bisogno di una membrana Semipermeabile, che consente il passaggio del solvente. Nel processo osmotico, dati due recipienti separati da una membrana semipermeabile, il solvente (acqua) tenderà a passare dal recipiente meno concentrato a quello più concentrato. ESEMPIO: i globuli rossi devono stare sempre in forma isotonica, altrimenti avremo lisi o raggrinzimento. COSA SUCCEDE? Le molecole d’acqua vanno a formare dei legami a idrogeno con le molecole polari di soluto creando come un guscio protettivo, a questo punto la molecola viene trascinata dal solvente dall’altra parte. Immaginiamo di mettere un globulo rosso all’interno di una soluzione. Possiamo distinguere 3 diverse condizioni: IPERTONICA la concentrazione del recipiente è maggiore rispetto a quella del g.r. In questo caso l’acqua all’interno del globulo fuoriesce svuotandolo e facendolo raggrinzire ISOTONICA abbiamo la stessa concentrazione di soluto all’interno dei due recipienti per cui il solvente resta fermo e di conseguenza anche il soluto. Condizione che potremmo definire in equilibrio IPOTONICA la concentrazione del globulo è maggiore rispetto a quella del recipiente. In questo caso l’acqua tenderà ad entrare all’interno del globulo, facendolo gonfiare fino a scoppiare PLASMOLISI: fenomeno osmotico tipico delle cellule vegetali che immerse in soluzione ipertonica, riducono il loro volume e il conseguente distacco della membrana plasmatica dalla parete cellulare. Ciò generalmente causa prima la perdita di turgore e poi la morte della cellula che Non sarà in grado di riassorbire l'acqua con cui è stata bagnata e mantiene una forma raggrinzita. DIFFUSIONE FACILITATA La diffusione in questo caso avviene GRAZIE ALLE PROTEINE presenti sullo strato fosfolipidico, carrier e canali. I CANALI invece sono deputati al trasporto di ioni. La loro particolarità sta nel fatto che essi sono specifici soltanto per alcuni ioni: per esempio il canale del potassio trasporterà potassio e così via. Anche per i canali non vale mai un discorso assoluto, ovvero il canale del potassio trasporta in grandissima quantità il potassio ma può trasportare anche altri ioni e stessa cosa con gli altri. Ad esempio, nel canale del sodio succede che il potassio è troppo grande e non riesce a passare e il sodio invece che ha un raggio atomica minore riesce a passare tranquillamente. Avremo quindi canali per ionio sodio, potassio, calcio, magnesio, protoni (H+), cloro e ioni HCO3-. L’andamento della velocità di trasporto a livello della diffusione facilitata è maggiore e un esempio è con l’acqua: se quest’ultima dovesse passare da sola nel doppio strato di fosfolipidi, lo potrebbe fare ma a velocità ridotta; invece, se c’è un’acqua porina che è un canale per l’acqua, la velocità di trasporto dell’acqua sarà maggiore PROTEINA TRASPORTATRICE (CARRIER): trasporta il soluto da una parte all’altra del doppio strato fosfolipidico e subisce due cambiamenti conformazionali: assume una prima conformazione che consente l’ingresso del soluto all’interno della proteina e mediante una seconda viene rilasciato. È proprio il legame formatosi con il soluto che determina il cambiamento conformazionale della proteina. Un esempio di diffusione facilitata è il trasportatore del glucosio. Il glucosio all’esterno della cellula deve essere immagazzinato all’interno della cellula per poterlo poi trasformare in ATP. Cosa succede? la proteina trasportatrice del glucosio è una proteina specifica per lo stesso; quindi, il glucosio si lega alla proteina in un sito specifico e la proteina subisce il primo cambiamento conformazionale, una volta trasportato all’interno la proteina si apre lasciando uscire il glucosio e subendo il secondo cambiamento conformazionale. Questo tipo di trasporto, ovviamente, è limitato dal numero di proteine presenti sulla superficie della membrana: più proteine ci sono più soluto riuscirà ad entrare, viceversa se ci sono poche proteine risulterà meno veloce. A differenza delle proteine canale in cui ogni proteina favorisce l’accesso alle molecole di soluto in base alle dimensioni (per cui basterà spostarsi verso la proteina che fornisce l’accesso alla propria misura), le proteine di trasporto sono più selettive perché solo il soluto può legarsi a quel determinato sito specifico della proteina potrà accedere alla cellula. Può capitare che, per determinate condizioni, alcuni canali siano chiusi, questo ovviamente impedisce ai vari ioni o molecole di entrare. In quali casi i canali possono essere chiusi? quando, ad esempio, la quantità di quello ione è già abbastanza elevata. La velocità di diffusione nel trasporto facilitato è maggiore rispetto alla diffusione semplice (in cui è necessario un certo periodo di tempo affinché le molecole soluto passino e si distribuiscano) perché è il soluto stesso ad attaccarsi alla proteina. Nella diffusione facilitata vengono impiegati i carrier; quest’ultimi si trovano in un numero limitato e una volta che tutti i carrier saranno riempiti con la molecola che devono trasportare, ulteriori aumenti del gradiente di concentrazione non andranno ad incidere sul trasporto perché i carrier saranno tutti occupati. Questa condizione è detta saturazione dei carrier, cioè tutti i carrier sono occupati ed è il motivo per cui anche aumentando il gradiente di concentrazione la velocità non cambia. Questo discorso vale soltanto per i carrier, in quanto i canali ionici avendo una velocità di trasporto molto elevata pur aumentando il gradiente di concentrazione riescono ad aumentare la velocità di trasporto. In questa fase, nonostante sia un trasporto passivo, vi è dispendio di energia poiché per poter permettere l’ingresso di molecole attraverso i canali, quest’ultimi cambiano conformazione con richiesta di energia. L’energia deriva da una reazione termodinamicamente favorevole. Nella cellula avviene una reazione, l’energia che si ricava da quella reazione serve alle molecole di diffusione facilitata a cambiare conformazione. È un’energia indiretta perché l’ATP che arriva dai mitocondri, non si lega direttamente alla proteina trasportatrice ma perché deriva da reazioni secondarie o movimento dei fosfolipidi. TRASPORTO ATTIVO invece può anche contro gradiente di concentrazione utilizzando l’ATP. Può essere: UNIPORTO la proteina trasportatrice consente il trasporto da una parte all’altra della membrana di una sola molecola (o ione) per volta; SIMPORTO la proteina consente l’entrata o l’uscita contemporanea di due molecole (o ioni) nella stessa direzione; ANTIPORTO la proteina consente il passaggio contemporaneo di due molecole (o ioni) ma in direzioni diverse (gli ultimi due vengono definiti trasporto accoppiato). Tutto questo cambiamento conformazionale avviene grazie all’ATP. La membrana può essere definita condensatore elettrico (come una qualsiasi superficie carica, un isolante quasi perfetto). Le cariche sono separate fra esterno e interno e quando abbiamo una differenza di cariche si crea una differenza di potenziale (una distribuzione diversa di cariche da una parte e un’altra di una superficie). Solitamente le cellule presentano carica negativa interna rispetto all’esterno ed è per questo che la membrana viene definita polarizzata, cioè ha una distribuzione diversa di ioni di molecole con carica elettrica diversa nei due lati; !! Chi caratterizza la carica della membrana? Gli ioni IL TRASPORTO ATTIVO DIRETTO UNIPORTO Un esempio è la pompa H+ - ATPasi, la pompa che fa entrare ioni H+ contro gradiente di concentrazione. Succede che la carica negativa dei fosfolipidi attira questi ioni H+ che si legano a questa pompa, che nel frattempo si lega all’ATP, avviene il cambio di conformazione ed entrano ioni H+. Un altro esempio è il trasporto ioni calcio. Il calcio ha una bassa affinità a legarsi al recettore. Succede che l’ATP dei mitocondri si va a legare al sito della p.t., c’è il gruppo fosfato, quindi, c’è energia e vi è un cambio conformazionale dei siti di legame per il calcio, per cui può legarsi e quindi può fuoriuscire. (Ca2+, 2 ioni calcio escono). Il gruppo fosfato non serve più quindi si stacca e ritorna all’ADP, che si lega e forma nuovamente ATP pronta per essere riutilizzata. Questo avviene nelle cellule muscolari, durante uno sforzo muscolare poiché la cellula ha bisogno di calcio per effettuare la contrazione muscolare. Durante la contrazione tutti gli ioni calcio vengono espulsi dal reticolo endoplasmatico e liberati nella cellula. Durante lo stato di riposo (o recupero) gli ioni di calcio devono essere di nuovo immagazzinati grazie alla pompa del calcio. La pompa funziona con l’utilizzo di ATP. Un esempio di TRASPORTO ATTIVO SIMPORTO. Abbiamo un gradiente di concentrazione del glucosio diretto dall’interno verso l’esterno mentre il sodio è in equilibrio quindi non vi è gradiente di concentrazione. Accade che a livello di un trasportatore dedicato si legano due ioni sodio mentre a livello dell’altro trasportatore si lega il glucosio che però ricordiamo è contro gradiente. Avviene il legame di una molecola di ATP sul trasportatore del sodio e quindi il sodio grazie a questa energia viene trasportato all’esterno contro gradiente di concentrazione. A questo punto si è venuto a creare un gradiente del sodio fra l’esterno e l’interno. Il sodio quindi si va a legare nel trasportatore sodio – glucosio che è un carrier che riesce a trasportare insieme sodio e glucosio. Succede che l’energia del gradiente di concentrazione del sodio verrà utilizzata per trasportare il glucosio contro gradiente ecco perché il trasporto è secondario. Perché la vera energia non è nell’ATP ma nel gradiente di concentrazione che si è venuta a creare grazie all’ATP. Il trasporto quindi adesso può avvenire ed è detto simporto perché sodio e glucosio si spostano nella stessa direzione. Questo trasporto è molto importante, ad esempio, a livello dei reni perché a livello renale c’è bisogno di assorbire attivamente all’interno della cellula diverse molecole (amminoacidi, glucosio). Questo viene fatto creando proprio un gradiente di concentrazione del sodio e sfruttando quel gradiente in vari simporti che quindi permettono il riassorbimento delle molecole importanti. Di solito c’è un rapporto stechiometrico tra sodio e glucosio di 2:1, per permettere al glucosio di entrare. Il glucosio essendo la nostra fonte vitale, può entrare direttamente o mediante diffusione facilitata o trasporto attivo, così ho sempre garantito glucosio all’interno della cellula. Un esempio di TRASPORTO ANTIPORTO è la pompa sodio-potassio che riesce a trasportare il sodio e il potassio (ioni) contro gradiente di concentrazione, con una serie di processi. Nel versante intracellulare dove la concentrazione di sodio è minore rispetto all’esterno, avviene il legame del sodio in un sito dedicato sulla pompa. Su un altro sito invece avviene il legame del fosfato donato all’ATP che quindi esce come ADP. Il legame del fosfato induce un cambiamento conformazionale tale da far aprire la pompa verso l’esterno e da far comparire un nuovo sito, che è il sito di legame per il potassio (che prima della fosforilazione era coperto) in tal modo il sodio viene espulso verso l’esterno (contro gradiente) e il potassio si lega alla pompa (contro gradiente). Successivamente la pompa viene defosforilata tornando alla sua conformazione iniziale e il potassio verrà liberato verso l’interno e allo stesso tempo il sito del legame per il sodio ricomparirà e quindi il processo può ricominciare; per cui il fosfato si legherà all’ADP diventando ATP e il ciclo ricomincia. Rapporto stechiometrico sodio-potassio 3:2. MA LE SOSTANZE PIÙ GRANDI COME VENGONO TRASPORTATE? Un altro modo che la cellula ha per comunicare con le altre cellule sono altri metodi come: l’ESOCITOSI, l’ENDOCITOSI e la PINOCITOSI. ENDOCITOSI: avviene un’invaginazione della membrana plasmatica, accoglie materiale di una porzione dall’ambiente esterno, le due estremità si toccano e si chiude. Si forma così una vescicola. Questo succede ad esempio durante un’infezione da batteri e ciò può avvenire perché la membrana cellulare può grazie alle interazioni idrofobiche, si può legare con la membrana dei batteri, quindi, fagocita e compie il lavoro. Altri tipi di endocitosi sono: FAGOCITOSI = l'ingestione di particelle solide, quali microrganismi o detriti cellulari, tramite vescicole. Es: ameba, globuli bianchi ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORI = internalizzazione di particelle solide destinate alla cellula Es Colesterolo (memb. Nucleare i recettori) tramite recettori sulla membrana cellulare ad esempio i recettori dell’LDL ESOCITOSI = la cellula espelle o materiale di scarto o di secrezione (es. Ormoni); quindi la vescicola si fonde con la membra na e libera all’esterno il materiale. PINOCITOSI = ingestione di fluidi attraverso piccole vesciche ORGANULI CELLULARI RETICOLO ENDOPLASMATICO L’insieme del sistema membranoso - costituito da vescicole, cisterne, sacculi, canalicoli - proprio per il suo aspetto complessivamente reticolare è stato denominato reticolo endoplasmatico (RE) (etimologia di derivazione greca e latina, “reticulum”, piccola rete; “ενδoν’, endon, dentro; “πλασμα”, plasma, forma). I singoli elementi del RE includono tubuli o sacculi più o meno appiattiti, le cisterne (dal Latino cisterna, contenitore per riserva di liquidi) anastomizzati fra di loro, che si estendono dall’involucro nucleare alla superficie cellulare. Ovviamente, ognuno di questi elementi membranosi delimita al proprio interno uno spazio che costituisce il lume delle singole strutture. Tra i dive rsi compartimenti presenti all’interno delle cellule eucariotiche, le cisterne del RE rappresentano il complesso più esteso e sono distinguibili in: Reticolo endoplasmatico ruvido (RER); Reticolo endoplasmatico liscio (SER); Reticolo transizionale. 1.Sintesi di lipidi e steroidi 2.Immagazzinamento degli ioni Ca++ (nel tessuto muscolare, una porzione speciale del REL) 3.Modifica chimicamente piccole molecole come farmaci e pesticidi (negli epatociti) 4.Sito di degradazione de glicogeno (epatociti)Modifica chimicamente piccole molecole come farmaci e pesticidi. Processo attraverso il quale l’organismo inattiva le sostanze tossiche di origine esterna e interna. Avviene a livello delle cellule epatiche attraverso due meccanismi: I. Una sostanza viene trasformata in un’altra meno tossica o esente da tossicità (es. un gruppo amminico, prodotto dalla degradazione degli aminoacidi viene trasformato in urea; II. Una sostanza viene modificata in un’altra talvolta altrettanto tossica, ma più semplice da eliminare (es. un composto insolubile in acqua, come alcuni farmaci, subisce modifiche diventando idrosolubile, per poi poter essere eliminato nelle urine. Xenobiotici: Additivi alimentari, aromatizzanti, coloranti, pesticidi, sottoprodotti della combustione e della clorazione delle acque, inquinanti ambientali, farmaci. ASSORBIMENTO: attraverso le membrane biologiche DISTRIBUZIONE: attraverso il circolo sanguigno nei vari tessuti METABOLISMO: Biotrasformazione per aumentare l’idrosolubilità e quindi l’escrezione ESCREZIONE: Le proteine dal lume del RE passano al complesso di Golgi mediante un sistema di vescicole. RETICOO ENDOPLASMATICO RUVIDO (RER) È costituito da una serie di canalicoli e cisterne, ampie ed appiattite, interconnessi fra di loro, ricoperti, sulla superficie citoplasmatica, da ribosomi. La presenza dei ribosomi caratterizza la principale funzione di queste strutture che sono specializzate per la sintesi delle proteine ed in particolare di quelle che sono destinate ad essere esportate in regioni correlate al RE; tra queste ultime il complesso del Golgi, i lisosomi, le vescicole di accumulo e di secrezione verso l’esterno della cellula; invece, altre proteine vengono integrate nel sistema di endomembrane. Dopo la sintesi, nella maggior parte delle cellule eucariotiche, le proteine, rilasciate nel lume delle cisterne, subiscono rimaneggiamenti e vanno incontro a ripiegamenti specifici e, comunque, alla strutturazione definitiva (co-traduzionale). Nel lume delle cisterne si svolgono anche altre reazioni che modificano le catene polipeptidiche neosintetizzate in modo che possano assumere la propria conformazione definitiva rendendole in tal modo funzionali e pronte per il rilascio.rilascio. Sul RER vengono sintetizzate le proteine che penetrate nel lume del RER, passano al Golgi e da qui smistate alla membrana plasmatica, ai lisosomi e alla vescicola di secrezione. Le proteine di nuova sintesi entrano nel lume dove sono modificate, folded e trasportate in altre regioni. “Sequenze-segnale” sulle proteine secretorie nascenti indirizzano al RER tutto il macchinario traduzionale 1.Una breve sequenza segnale di 15-30 aa indirizza la proteina verso il RER. 2.Una volta nel RER le modificazioni chimiche delle proteine le etichettano e permettono il trasporto verso specifiche destinazioni cellulare. Il ribosoma è l'apparato macromolecolare che dirige la sintesi proteica. La sequenza (peptidica) segnale può essere presente: Alla estremità amino-terminale come ad esempio la sequenza per l’importo al RER; Alla estremità carbossi-terminale come, ad esempio, la sequenza per l’importo nei perossisomi; Intersperse come ad esempio nell’importo o esporto nucleareI polipeptidi neosintetizzati nella membrana del RER e rilasciati nel lume (senza mai mescolarsi alle molecole presenti nel citoplasma!) possono subire: Glicosilazione (RE, Golgi); Formazione di ponti disolfuro (RE): Folding e struttura quaternaria (RE); Proteolisi (RE, Golgi e vescicole secretorie) Glicosilazione: si intende una modificazione post-traduzionale di una proteina, che vede l'aggiuntadi zuccheri (una catena o singoli carboidrati) alla catena peptidica.Nel RE le proteine si ripiegano per assumere una struttura 3D funzionale. Processo controllato e favorito da appositi chaperon molecolari CONTROLLO QUALITÀ delle proteine. L’ubiquitina è una proteina la cui principale funzione è quella di marcare le proteine che devono essere distrutte, un processo noto come proteolisi. Molte molecole di ubiquitina si attaccano alla proteina bersaglio (poliubiquitinazione), che viene trasportata al proteasoma, una struttura a forma di cilindro dove avviene la proteolisi. RICAPITOLANDO 1.Il reticolo endoplasmatico è un organello dove sono sintetizzate le proteine (secretorie o di membrana) 2.Le proteine sono ripiegate in modo corretto grazie alla presenza degli chaperoni molecolari 3.Le proteine mal ripiegate sono translocate nel citoplasma e degradate nel proteasoma.proteasoma. RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO (SER) È costituito da membrane e generalmente si presenta sotto forma di tubuli privi di ribosomi; nelle sue membrane sono inclusi diversi enzimi che intervengono nella sintesi di steroidi a partire dal colesterolo, di fosfolipidi, glicolipidi e carboidrati. Nel reticolo endoplasmatico liscio (SER), per esempio, vengono sintetizzati i triacilgliceroli che poi si accumulano in ampie strutture di natura lipidica, a forma di goccia, ma il SER è soprattutto coinvolto nella sintesi dei fosfolipidi che faranno parte di tutte le membrane cellulari, comprese quelle dello stesso reticolo. Le stesse membrane del SER contengono una serie di enzimi coinvolti nel metabolismo di sostanze estranee; il SER, infatti, è deputato anche alla detossificazione sia di farmaci quali anfetamine, morfina, barbiturici e altri xenobiotici potenzialmente pericolosi, sia di composti dannosi prodotti durante il metabolismo. Tali composti, in genere, sono resi meno pericolosi attraverso reazioni di idrossilazione che vengono catalizzate da ossidasi localizzate sulle membrane del SER. Nelle cellule muscolari, proprio per la necessità di accumulare e rilasciare Ca2+ al fine di controllare la contrazione, si sono sviluppati ed espansi gli elementi del SER che qui formano il reticolo sarcoplasmatico in cui vengono concentrate proteine che legano il calcio; questo verrà rilasciato dalle stesse proteine per consentire la contrazione solo in seguito a segnali extracellulari provenienti, per esempio, dalle cellule nervose. L’APPARATO DEL GOLGI L’ apparato (complesso) del Golgi si presenta come una serie di compartimenti o sacculi membranosi appiattiti, ordinati a formare una pila leggermente ricurva e la cui localizzazione dipende dai microtubuli. Queste pile di sacculi, in genere da 3 a 8, occupano tipicamente la regione perinucleare del citoplasma e sono circondate da numerose vescicole e tubuli. L’apparato del Golgi è costituito da una serie di cisterne (pile golgiane o, nelle cellule vegetali, dittiosiomi) ciascuna contenente un distintivo set di enzimi, in maggioranza glicosidasi. Le cisterne sono slargate in periferia, impilate l’una sull’altra e non intercomunicanti tra loro. A seconda del tipo cellulare, l’apparato del Golgi può essere costituito da una singola, continua sacca che circonda il nucleo oppure, come si osserva in molte cellule animali, può essere rappresentato da un gruppo compatto di sacculi impilati su un lato del nucleo; in particolare, nelle cellule in attiva fase secretiva questo organulo appare molto esteso. Questo complesso di sacculi funziona immagazzinando, impacchettando e distribuendo molecole, già sintetizzate in diverse regioni della cellula, ma che devono essere utilizzate altrove. Nell’apparato del Golgi è possibile distinguere un “fronte” e un “retro”, due lati opposti, definiti rispettivamente cis (entrata) e trans (uscita), che presentano una differente composizione delle relative membrane. L’apparato del Golgi interviene anche nel rimaneggiamento dei lipidi. Le vescicole spola nell’apparato del Golgi effettuano il trasporto del materiale da una cisterna all’altra del sistema attraverso un percorso dalla faccia cis alla faccia trans. Le molecole dirette verso la membrana plasmatica, perché destinate a farne parte, seguono la via della secrezione costitutiva; le proteine dirette all’esterno della cellula possono, invece, seguire la via della secrezione regolata. Nelle pile golgiane si distinguono: Faccia CIS o prossimale → Contigua al Reticolo endoplasmatico, da cui riceve le microvescicole, le quali fondono a costituire una rete di vescicole interconnesse detta CIS Golgi Network (CGN). Faccia trans o distale → Lontana dal reticolo endoplasmatico. Dalla cisterna si staccano vescicole, interconnesse tra loro a costituire il Trans Golgi Network (TGN), da cui si staccano vescicole che diventano lisosomi, oppure vescicole di secrezione, o che si fondono con la membrana plasmatica Cisterne mediane → Le cisterne interposte tra le CIS e TRANS Il trasporto vescicolare è un processo che permette la comunicazione tra l’interno e l'esterno della cellula mediante le vescicole di trasporto. Processo continuo di gemmazione e fusione. Il traffico vescicolare non è casuale ma scorre secondo direzioni precise e organizzate. Le vescicole gemmano da una membrana e si fondono con un’altra, trasportando frammenti di membrana e molecole solubili (cargo). Ogni vescicola deve essere altamente selettiva: deve gemmare solo da parti appropriate del comparto di origine e fondersi solo con la membrana bersaglio appropriata. Le vescicole rivestite da clatrina mediano il trasporto dalla membrana plasmatica (via endocita) e tra i compartimenti endosomale e del Golgi (via secretoria). !! Le vescicole rivestite da COPII gemmano dal RE. !! Le vescicole rivestite da COPI gemmano dal Golgi. Assemblaggio di una Vescicola Secretoria Rivestita da Clatrina I recettori del cargo hanno il compito di riconoscere e legare le molecole da trasportare Le adattine hanno il compito di legare da un lato i recettori del cargo e dall’altro le molecole di clatrina Le molecole di clatrina si aggregano in una rete a forma di canestro sulla faccia citosolica della membrana favorendo la gemmazione Nelle cisterne del Golgi: Addiziona di carboidrati Impacchetta e smista proteine prima che siano inviate alle destinazioni cellulari o extra cellulari. Le vescicole che si liberano per gemmazione dalla faccia TRANS del Golgi trasportano il loro contenuto verso la membrana plasmatica o verso i lisososmi. Le cisterne golgiane presenta no uno specifico set di enzimi che modificano le glicoproteine durante il loro transito nelle cisterne in direzione Cis-Trans. In dipendenza delle modifiche apportate ai residui oligasaccaridi le glicoproteine vengono indirizzate ai lisosomi o alle vescicole di secrezione o alla membrana plasmatica LISOSOMI Nel citoplasma delle cellule animali sono presenti degli organuli che svolgono la funzione di strutture digestive; infatti, all’interno di essi si accumulano degli enzimi idrolitici, da qui la denominazione lisosoma (dal greco: “λύσις”, lusis, scioglimento). Gli enzimi lisosomali sono in grado di digerire tanti tipi di macromolecole che, trasformate in molecole più semplici, possono essere trasportate nel citoplasma. La caratteristica comune degli enzimi lisosomali è quella di agire a pH acido: si tratta infatti di idrolasi acide, le cui condizioni ideali di attività si hanno intorno a pH 5,0. Il pH acido è garantito dalla presenza di una pompa protonica, che trasporta attivamente quindi mediante idrolisi di ATP protoni dal citosol all’interno del lisosoma → Concentrazione di H+ 100 volte maggiore che nel citosol. I lisosomi funzionalmente inattivi, denominati lisosomi primari, non hanno pH acido fino a quando non si fondono con un vacuolo alimentare, o altro materiale da digerire; in questo caso, per azione della pompa protonica, diminuisce il pH ed il complesso degli enzimi idrolitici viene attivato: in questa fase il lisosoma viene definito lisosoma secondario. Le singole cellule sfruttano i lisosomi anche per la digestione di propri organuli divenuti vecchi, o non più necessari o danneggiati, i cui componenti vengono però “riciclati”: si tratta di un meccanismo detto di autofagia (dal greco: “αύτός”, autos, sé stesso; “ϕαγεῖν”, fagein, mangiare); infatti il materiale da eliminare viene avvolto da membrane derivate dal RE formando una vescicola che si fonde con un lisosoma originando l’autofagosoma al cui interno avverrà la digestione. Vie multiple portano ai lisosomi. I lisosomi sono punti di incontro dove convergono molti flussi vescicolari: 1. Vi arrivano vescicole dalla via biosintetica che trasportano nuove proteine enzimatiche: RE → Golgi → Lisosomi 2. Vi arrivano vescicole dalla via endocitica (dalla membrana plasmatica) che trasportano materiale da digerire. Il materiale da digerire può arrivare da 3 vie: Endocitosi, Fagocitosi e Autofagia. Endocitosi e fagocitosi sono processi che permettono la digestione di materiale proveniente dall’esterno. L’autofagia è un processo che permette di digerire materiale intracellulare (molecole o interi organuli). RICAPITOLANDO 1.I lisosomi si distinguono in primari e secondari 2.Idrolizzano macromolecole inglobate dall’esterno 3.Sono la sede dove la cellula distrugge i suoi stessi materiali, anche interi organuli, per sostituirli con dei nuovi PEROSSISOMI Identificati in cellule animali e vegetali, nei funghi, nelle alghe e nei protozoi, i perossisomi sono organuli anch’essi racchiusi da unica membrana e contengono più di 50 enzimi coinvolti in un’ampia varietà di reazioni metaboliche. Sono responsabili della degradazione di acidi grassi e composti tossici (sottoprodotti del metabolismo cellulare). Gli enzimi ossidativi, contenuti nei perossisomi, intervengono in vari processi metabolici a seconda dei differenti tessuti in cui si trovano. In particolare, in alcuni perossisomi delle cellule animali, vi sono enzimi che in presenza di O2 scindono gli acidi grassi in molecole più piccole da utilizzare per la produzione di energia anche se questa non viene immagazzinata sotto forma di ATP. I perossisomi sono considerati comparti metabolici specializzati che contengono enzimi in grado di trasferire idrogeno da diversi substrati organici e legarlo all’ossigeno molecolare per formare perossido di idrogeno. Reazioni di tipo ossidativo produce perossido di idrogeno (H2O2): RH2 + O2 → R + H2O2: OSSIDASI Il perossido di idrogeno è altamente reattivo per cui viene eliminato dall’enzima catalasi che catalizza la reazione che viene detta perossidativa. H2O2 + R’H2 → R’ + 2H2O: CATALASI La caratteristica di questi organuli è la presenza di alcuni enzimi in grado di trasferire idrogeno all’acqua formando perossido di idrogeno a partire da composti azotati o da composti insoliti come D-amminoacidi o xenobiotici. Considerato che l’acqua ossigenata risulta tossica per le cellule, a causa della sua alta reattività chimica, circa il 15% del contenuto proteico dei perossisomi è costituito dalla catalasi, un enzima che interviene nella neutralizzazione dell’acqua ossigenata convertendola in acqua ed ossigeno molecolare. In questo modo, all’interno di un singolo perossisoma si produce e si degrada l’acqua ossigenata, evitando in tal modo che essa possa liberarsi nella cellula. I perossisomi, particolarmente abbondanti nelle cellule del fegato e dei reni, vi svolgono anche azione detossificante nei confronti di alcoli e altri composti tossici. Questi organuli vengono assemblati a partire da proteine (la cui informazione genetica risiede nel genoma nucleare) che vengono sintetizzate su ribosomi liberi nel citoplasma e quindi trasferite al perossisoma. A differenza dei lisosomi, che si originano dal sistema di endomembrane, la biogenesi dei perossisomi si attua con un meccanismo che prevede, dopo l’accrescimento dovuto all’incorporazione di lipidi e di specifiche proteine, anche una fase di divisione; per questa proprietà essi apparirebbero simili ai mitocondri e ai cloroplasti, ma non posseggono acidi nucleici e non vi sono evidenze di una loro origine da progenitori endosimbionti. I perossisomi esercitano molte altre funzioni: Ossidazioni degli acidi grassi a catena lunga Sintesi del colesterolo e dei biliari nelle cellule epatiche Metabolismo di aminoacidi Smaltimento di composti tossici MITOCONDRI I mitocondri (dal greco “µíτoς”, mitos, filo e “χóνδρoς”, condros, corpuscolo) sono organuli frequentemente con una tipica forma bastoncellare o a fagiolo, la cui dimensione è simile a quella di un batterio e che, tranne poche eccezioni, si trovano in tutte le cellule eucariotiche, sia animali che vegetali, nei funghi e nei protisti. Essi, insieme ai cloroplasti, rappresentano i compartimenti della cellula eucariotica specializzati nella produzione di energia immediatamente utilizzabile per il metabolismo. I mitocondri contengono la maggior parte del corredo metabolico necessario per effettuare la “respirazione cellulare”, quel p rocesso che utilizza O2, insieme alle molecole organiche, per generare ATP, H2O, e CO2. I mitocondri, se osservati al microscopio elettronico a trasmissione, appaiono delimitati da una doppia membrana, una esterna ed una interna, separate da uno spazio intermembranario. La membrana interna forma delle estroflessioni che si estendono all’interno dell’organulo, nella cosiddetta matrice mitocondriale, una componente di consistenza gelatinosa a causa della sua alta concentrazione di proteine; tali estroflessioni, dette creste mitocondriali, di solito sono lamellari o appiattite, ma talvolta anche tubulari. La membrana interna, oltre ad essere molto sviluppata per la formazione dei ripiegamenti che formano le creste, ha una composizione diversa da quella esterna. La membrana interna è impermeabile alla maggior parte di ioni e piccole molecole e costituisce una vera e propria barriera, a differenza della membrana esterna che invece è provvista di proteine, le porine, strutture in grado di formare dei canali attraverso i quali possono passare molecole con dimensioni fino a 5000 Da. I mitocondri sono organuli che posseggono un proprio genoma costituito da molecole circolari di DNA, contenuto all’interno della matrice; esso specifica per la sintesi di alcuni tRNA, rRNA ed alcune proteine mitocondriali essenziali per il metabolismo ossidativo. Così il mitocondrio, all’interno della cellula, gode di una parziale autonomia possedendo una propria informazione genetica, specifica per proteine che fanno parte integrante della membrana mitocondriale interna. Queste proteine sono sintetizzate proprio all’interno del mitocondrio grazie alla presenza di un proprio sistema di trascrizione e di traduzione, ribosomi compresi. I mitocondri hanno la capacità di dividersi per scissione, raddoppiando il loro numero e distribuendosi nelle cellule neoformate in seguito alla divisione di una cellula madre; così tutti i mitocondri di una singola cellula eucariotica sono prodotti per divisione di mitocondri già esistenti. I mitocondri sono presenti laddove è necessaria molta energia, infatti malattie attribuibili al malfunzionamento dei mitocondri generalmente interessano il tessuto muscolare e quello nervoso, accomunati dalla grande richiesta di energia; per questo tali malattie sono definite encefalomiopatie mitocondriali. I mitocondri sono organuli plastici in grado di cambiare forma e posizione, spostandosi nel citoplasma, associati ad elementi del citoscheletro; in relazione alle specifiche funzioni cellulari vanno incontro a rapide modificazioni sia nel numero che nella distribuzione nel citoplasma. È stato ipotizzato che i mitocondri si siano originati da batteri che, inglobati da cellule più grandi, si siano poi stabiliti permanentemente all’interno del loro citoplasma instaurando un rapporto simbiotico; la scoperta che entrambi questi organuli possiedono acidi nucleici ha avvalorato maggiormente la teoria dell’endosimbiotica, secondo la quale alcuni organuli cellulari si sarebbero evoluti grazie al vantaggio reciproco determinato dal rapporto di simbiosi. L’origine endosimbiotica dei mitocondri è supportata anche da diverse osservazioni tra le quali: Sia i mitocondri che i cloroplasti sono circondati da una doppia membrana; la membrana interna rappresenterebbe quella del procariota inglobato, mentre quella esterna la membrana plasmatica della cellula ospite; le creste possono essere considerate strutture analoghe alle introflessioni delle membrane che si trovano in molti gruppi di batteri; Le dimensioni dei mitocondri sono dello stesso ordine di grandezza delle cellule dei procarioti; La forma mostra particolari similitudini con le cellule procariotiche; La struttura e le dimensioni dei ribosomi mitocondriali sono analoghe a quelle dei procarioti; Sia i mitocondri che i cloroplasti contengono molecole circolari di DNA; I mitocondri, così come i procarioti, si dividono per semplice scissione; La duplicazione del DNA mitocondriale avviene con modalità simili a quelle dei procarioti; Diverse sequenze nucleotidiche degli rRNA mitocondriali sono riconducibili a quelle di alcuni batteri. Nell’uomo, il DNA mitocondriale è lungo circa 17 kb e contiene al suo interno 37 geni, la cui sequenza, a differenza dei geni cellulari, non è interrotta da alcun introne. 13 dei geni mitocondriali codificano per proteine necessarie al corretto svolgimento della fosforilazione ossidativa. I mitocondri sono anche il punto di controllo principale dell’apoptosi innescata da vari stimoli, ad esempio: -Raggi UV; -Agenti chemioterapici; -Allontanamento di fattori di crescita e di citochine. Questi organelli, attraverso il rilascio di citocromo c e di altri fattori pro- e/o anti-apoptotici coordinano sia l’attivazione delle caspasi che l’amplificazione dei segnali di morte. Il mitocondrio è il punto di convergenza di molte, se non tutte, le vie d'innesco dell'apoptosi e rappresenta il punto di passaggio tra la fase di induzione e la fase di esecuzione del processo apoptotico. Gli eventi mitocondriali coinvolti sono: Produzione di radicali Regolazione del calcio intra-citoplasmatico Formazione di megachannels (pori che contengono la fuoriuscita di proteine mitocondriali) RESPIRAZIONE CELLULARE Processo CATABOLICO, ESOERGONICO, RICHIEDENTE OSSIGENO (O2). Utilizza l’energia estratta da macromolecole (glucosio) per produrre energia sotto forma di (ATP) ed acqua (H2O). Glucosio C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2O + energia La respirazione cellulare è il meccanismo attraverso cui la cellula, in presenza di ossigeno, è in grado di ricavare energia. La sede di questo processo è il mitocondrio. La produzione di energia viene svolta utilizzando i principali prodotti della glicolisi: il piruvato ed il NADH. Essi vengono sfruttati in due processi: il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa. Negli organismi eucarioti, in presenza di ossigeno, è possibile ricavare il massimo dell’energia contenuta nelle molecole dei cofattori ridotti (NADH + H+ e FADH2) e nel piruvato, grazie alla presenza di complessi multienzimatici localizzati a livello mitocondriale, in un processo noto come respirazione cellulare. L’ossidazione del piruvato è una reazione estremamente complessa che richiede l’azione di un ampio complesso multienzimatico: il piruvato deidrogenasi. Il piruvato deidrogenasi è composto da 3 enzimi, presenti in copie multiple, e 5 coenzimi, di cui alcuni derivanti da vitamine (tiamina pirofosfato, lipoammide, coenzima A, FAD e NAD+). Tale complesso, che si trova nei mitocondri, è responsabile della decarbossilazione del piruvato, con produzione di una molecola di CO2, riduzione di una molecola di NAD+ e trasferimento del gruppo acetile così ottenuto al Coenzima A (CoA), con produzione di acetil- CoA. Poiché il CoA è in grado di legare gruppi acetile provenienti sia dall’ossidazione dei lipidi che dal metabolismo proteico, la sua presenza garantisce una convergenza delle diverse vie metaboliche. L’acetil-CoA costituisce il punto di avvio del processo detto ciclo di Krebs, che consiste di una serie di reazioni di deidrogenazione e decarbossilazione. La funzione del ciclo di Krebs è quella di “strappare” quanti più elettroni possibili ai gruppi acetile derivanti dai diversi catabolismi. Questi elettroni sottratti saranno catturati dai coenzimi che poi, in una fase successiva, li cederanno alla catena di trasporto degli elettroni. Al termine del ciclo di Krebs la produzione di ATP risulta essere ancora notevolmente modesta e si possiederà ancora un livello di energia potenziale elevato. Sarà solo attraverso la catena di trasporto degli elettroni (ultima fase della respirazione) che si avrà un ulteriore progressivo rilascio di energia per la produzione di un’elevata quantità di ATP. Sono quattro i complessi trasportatori originariamente descritti: il complesso I, II, III e IV. -Il complesso I, noto come NADH deidrogenasi, è il punto di ingresso della catena respiratoria. Si tratta di un enorme complesso che include un gruppo prostetico, rappresentato dall’FMN (Flavin Mono Nucleotide) e sette diversi centri ferro-zolfo, a cui sono legate due molecole di ubichinone. A livello di questo complesso si ha il trasferimento di elettroni dal NADH + H+ all’FMN e da qui alle proteine ferro-zolfo fino al primo trasportatore mobile: l’ubichinone. Il trasferimento di elettroni è accoppiato alla traslocazione di protoni H+ dalla matrice allo spazio inter-membrana. -Il complesso II, detto anche succinato-CoQ reduttasi o succinato deidrogenasi, è un enzima del ciclo di Krebs legato alla membrana mitocondriale interna che partecipa al trasporto di elettroni trasferendoli dal succinato al FAD e poi all’ubichinone, attraverso i centri ferro-zolfo. Il complesso II non è implicato nella traslocazione di protoni, di conseguenza il numero di molecole di ATP che si formeranno dall’ossidazione del FADH2 sarà inferiore rispetto a quelle che si formeranno dall’ossidazione del NADH + H+. Il CoQ, o ubichinone, è immerso nel doppio strato lipidico della membrana mitocondriale interna e, grazie alla sua natura liposolubile, diffonde liberamente tra i complessi respiratori. Il C oQ rappresenta un punto di raccolta per gli elettroni provenienti sia dai complessi I e II che da qui vengono trasferiti al complesso III. -Il complesso III, noto come ubichinolo-citocromo c ossidoreduttasi, permette il passaggio degli elettroni dall’ubichinone ridotto (ubichinolo) al Cit c, accoppiandolo alla traslocazione di protoni dalla matrice allo spazio intermembrana. Il Cit c è una piccola proteina solubile, altamente conservata, localizzata in prossimità del lato esterno della membrana mitocondriale interna alla quale è associata mediante interazioni elettrostatiche. Insieme all’ubichinone, esso rappresenta il secondo trasportatore mobile di elettroni della catena respiratoria dal complesso III al complesso IV. Il complesso IV catalizza l’ultimo passaggio, cioè il trasferimento di elettroni dal Cit c all’ossigeno molecolare (O2) che viene ridotto a due molecole di acqua ed è accoppiato alla traslocazione di 4 H+ dalla matrice allo spazio intermembrana. L’ultimo elemento della catena è rappresentato dal complesso ATP sintasi o F0 – F1 ATPasi, detto anche complesso V. (Approfondito meglio in biochimica) ACIDI NUCLEICI Con la sigla DNA e RNA indichiamo gli acidi nucleici, rispettivamente acido desossiribonucleico ed acido ribonucleico. Gli acidi nucleici sono macromolecole biologiche costruite come lunghe catene (filamenti) di monomeri chiamati nucleotidi. Hanno come funzione principale l’archiviazione e la trasmissione dell’informazione genetica. Il DNA costituisce il materiale genetico di tutti gli organismi cellulari, anche se questo ruolo è svolto dall’RNA in molti virus. Il DNA è una molecola stabile, costituita da una doppia elica, in grado di trasferire di generazione in generazione l’intero patrimonio genetico della cellula fedelmente, cercando di evitare errori. È costituita da: 1.Zucchero a 5 atomi di carbonio: ribosio o desossiribosio 2.Base azotata (chiamata così perché gli atomi di azoto fanno parte dell’anello della molecola) 3.Un gruppo fosfato La sola differenza fra i quattro nucleotidi presenti nel DNA risiedeva nelle basi azotate: le purine adenina (A) e guanina (G) e le pirimidine citosina (C) e timina (T). Pirimidine: sono più piccole, costituite da un solo anello → Citosina, Timina e Uracile; Purine: costituite da due anelli → Adenina e Guanina Principio dell’appaiamento delle basi azotate «La regola di Chargaff» (1950) Nel DNA, la quantità di adenina è uguale alla quantità di timina (A = T) e la quantità di guanina è uguale alla quantità di citosina (G = C); di conseguenza la quantità totale delle purine (A + G) è uguale a quella delle pirimidine (T + C). Nel DNA, l’Adenina si appaia sempre Timina (2 legami) e la Citosina con la Guanina (3 legami). Come si legano tra di loro i nucleotidi? I nucleotidi del DNA e dell’RNA sono uniti tra loro in successione mediante legami covalenti tra gruppi fosforici. Il gruppo ossidrilico 5’ di un’unità nucleotidica è unito al gruppo ossidrilico 3’ di quella successiva formando un legame fosfodiesterico. I legami tra i nucleotidi all’interno di ciascuna catena sono covalenti, mentre quelli che uniscono i due filamenti appaiati sono legami a idrogeno Il DNA e l’informazione genetica Tappe fondamentali 1868. Friederich Miescher un giovane ricercatore svizzero isolò per la prima volta il DNA nel nucleo. Sottoponendo i nuclei a trattamenti chimici, ottenne una sostanza che chiamò nucleina che era composta da C, H, O, N e P (la % di P era la più alta, circa il 10%) 1889. Richard Altmann, uno studente di Miescher, coniò il termine acido nucleico. 1929. Levene determinò che lo zucchero dei nucleotidi era il deossiribosio. 1928. Frederick Griffith studiando il batterio responsabile della polmonite, mise in luce il fenomeno della trasformazione batterica. Griffith stava lavorando con due diversi ceppi di pneumococco: Il ceppo S (smooth, in inglese «liscio») era costituito da cellule che producevano colonie a superficie liscia. Essendo ricoperte da una capsula polisaccaridica, queste cellule erano protette dagli attacchi del sistema immunitario dell’ospite. Se iniettate in topi di laboratorio, esse si riproducevano e provocavano la polmonite (il ceppo quindi era virulento). Il ceppo R (rough, in inglese «ruvido») era costituito da cellule che producevano colonie con superficie irregolare. Queste cellule erano prive di una capsula protettiva e non erano virulente. Frederick Griffith studiando il batterio responsabile della polmonite, mise in luce il fenomeno della trasformazione batterica. Le fasi dell’esperimento: 1.I batteri di tipo IIR vengono iniettati in un topo. Il topo sopravvive. 2.I batteri di tipo IIIS vengono iniettati in un topo. Il topo muore. 3.I batteri di tipo IIIS vengono uccisi con il calore e iniettati nel topo. Il topo sopravvive. 4.I batteri di tipo IIR vengono iniettati nel topo insieme a batteri di tipo IIIS uccisi con il calore. Il topo muore e al suo interno si trovano batteri di tipo IIIS vivi !! È possibile che i batteri di tipo IIR si siano modificati in batteri di tipo IIIS? No, questa mutazione non può avvenire, ma può essere avvenuto un cambiamento da ceppo R a ceppo S. Tramite questo esperimento Griffith dimostra l’esistenza di un principio trasformante in grado di trasformare i batteri del ceppo R in batteri del ceppo S. 1944. Avery, MacLeod e McCarty purificando la sostanza trasformante e determinandone la natura identificò il DNA come molecola trasportatrice dell’informazione genetica. 1.Esibiva le stesse proprietà chimiche; 2.Utilizzando vari enzimi solo quelli che idrolizzavano il DNA erano capaci di inattivare il principio trasformante Struttura del DNA 1953 Utilizzando i dati ottenuti da Rosalind Franklin e Maurice Wilkins, Watson e Crick proposero un modello della struttura del DNA. Il 25 aprile 1953 James Watson e Francis Crick pubblicarono sulla rivista Nature l’articolo scientifico in cui si presentava il modello di struttura a doppia elica della molecola di DNA da loro scoperto al Cavendish Laboratory di Cambridge. Il modello proposto da Watson e Crick comprendeva le seguenti caratteristiche: 1.La molecola di DNA è composta da due catene di nucleotidi; 2.Le due catene si avvolgono a spirale attorno a un’asse centrale formando una doppia elica; 3.I due filamenti che costituiscono la doppia elica sono orientati in direzioni opposte, ossia sono antiparalleli; 4.Lo scheletro zucchero-fosfato-zucchero-fosfato è situato all’esterno della molecola; 5.Le due catene sono tenute insieme da legami idrogeno tra una base e quella complementare; 6.La pirimidina di una catena è sempre appaiata con una purina sull’altro filamento; 7.Limitazioni strutturali nella configurazione delle basi suggerivano che l’adenina è l’unica purina in grado di legarsi alla timina e che guanina l’unica purina in grado di legarsi alla citosina; 8.Poiché l’A è sempre appaiata alla T e la G alla C la sequenza nucleotidica di un filamento è sempre determinata automaticamente rispetto alla sequenza dell’altro. Questo rapporto è definito complementarità La catena che viene così a formarsi ha una “polarità”, nel senso che le due estremità non sono equivalenti (5’ fosfato da una parte, 3’OH dall’altra. Legame forte: nucleotidi concatenati da un legame fosfodiesterico tra il fosfato in posizione 5’ di un nucleotide e il gruppo alcolico in posizione 3’ del nucleotide adiacente Legame debole: legame idrogeno tra basi azotate. Sono forze additive, quindi la doppia elica è stabile come avviene la replicazione di questa quantità enorme di informazione genetica? La definizione della struttura del DNA da parte di Watson e Crick fu accompagnata da una ipotesi di auto duplicazione. Lo specifico appaiamento suggerisce un meccanismo di copia del materiale genetico. Funzione del DNA: Dogma Centrale 1.Il DNA è riproducibile, in un processo che si chiama replicazione; 2.L’informazione contenuta nel DNA viene trascritta in una molecola di RNA in un processo che si chiama tracrizione; 3.L’informazione contenuta nell’RNA può essere usata per specificare una sequenza amminoacidica in una catena polipeptidica in un processo che si chiama traduzione. Replicazione del DNA La sintesi del DNA è: 1.Semiconservativa; 2.È biredizionale; 3.Procede in direzione 5’ → 3’ (cioè ogni nuovo nucleotide si lega con legame fosfodiesterico al 3’OH del nucleotide precedente); 4.È asimmetrica (cioè avviene con modalità diverse sui due filamenti-stampo parentali 5.Ha un sistema di controllo del corretto appaiamento per ogni nuovo nucleotide aggiunto (“correzione di bozze”, o attività esonucleasica 3’ → 5’). L’esperimento di Meselson Stahl rivelò definitivamente che il DNA si replica secondo un modello semiconservativo. Ognuna delle catene del DNA originale (o parentale) fa da stampo per la sintesi di una catena complementare. La duplicazione del DNA è bidirezionale, cioè da ogni origine si generano due forcelle di duplicazione che procedono in senso opposto. Che cosa serve per duplicare il DNA? Lo stampo (ciascuna delle due catene del DNA) Lo stampo, o meglio, la coppia di stampi, sono le due catene “parentali” che si separano; Perché la duplicazione possa iniziare, è necessario che le due catene del DNA che devono fare da stampo si separino. La separazione delle due catene della doppia elica del DNA è catalizzata da una elicasi I monomeri (i desossiribonucleosidi-trifosfati) I monomeri, ossia i singoli nucleotidi: essi devono contenere l’energia necessaria per la formazione di ogni nuovo legame: tale energia si trova sottoforma di legami chimici. I monomeri per la sintesi del DNA sono desossiribonucleosidi-trifosfati: l’idrolisi di un legame P-P ad alta energia permette la formazione del legame fosfodiestereo fra ogni nuovo nucleotide e l’ultimo nucleotide della catena che si sta formando. Gli enzimi (DNA-polimerasi e molti altri) Gli enzimi: la sintesi delle nuove catene polinucleotidiche è svolta da enzimi noti come DNA-polimerasi: Tipo I e Tipo III q. Essi catalizzano la reazione di formazione di un legame fosfodiestereo fra il fosfato legato al C5’ di ogni nuovo nucleotide aggiunto e il gruppo OH legato al C3’ dell’ultimo nucleotide della catena che si sta formando; Tale sintesi avviene cioè allungando la catena in direzione 5’ → 3’; Non è nota alcuna DNA-polimerasi capace di agire in direzione opposta, cioè di allungare la catena dal 3’ verso il 5’; Gli inneschi (primer) Tutte le DNA-polimerasi conosciute sono in grado di aggiungere nucleotidi soltanto ad un 3’-OH di una catena preesistente: affinché la DNA-polimerasi possa iniziare il suo lavoro, vengono sintetizzati da un apposito enzima (primasi) delle catene oligonucleotidiche di RNA (da qualche unità a una decina di nucleotidi, a seconda degli organismi), denominate “inneschi” (primers) le cui basi si appaiano a quelle dello stampo. L’enzima che sintetizza i primers, chiamato “primasi” è una RNA- polimerasi: infatti gli inneschi sono fatti di ribonucleotidi, e non di desossiribonucleotidi. La primasi non necessita di alcun innesco per iniziare la sintesi. Proprietà comuni alle DNA-polimerasi I e III ❖Richiedono una catena-stampo; ❖Aggiungono nucleotidi ad un terminale 3’OH già esistente; ❖Utilizzano per la sintesi monomeri «attivati», ossia desossiribonucleosiditrifosfati (che possiedono l’energia necessaria a formare ogni nuovo legame estereo sottoforma di legami P-P ad alta energia); questo ha come conseguenza che le DNA-polimerasi procedono sempre in direzione 5’ → 3’; ❖Possiedono un ’attività esonucleasica 3’ → 5’ detta anche “proof- reading” (correttore di bozze), che rimuove ogni nucleotide appena aggiunto che non sia correttamente appaiato allo stampo, permettendo quindi l’aggiunta di un nuovo nucleotide Perché la sintesi è asimmetrica? ❖La polimerizzazione del DNA avviene sempre in direzione 5’-3’; ❖L’elicasi si muove in una sola direzione, srotolando progressivamente l’elica; ❖I due filamenti antiparalleli non possono essere duplicati nello stesso modo uno può essere sintetizzato nella stessa direzione in cui si muove l’elicasi, in direzione 5’-3’ (filamento guida); ❖L’altro non possiede un gruppo ossidrile 3’ al punto di biforcazione, non puo ’ essere sintetizzato in maniera continua, in direzione 3’-5’ (filamento in ritardo), seguendo l’elicasi. Il filamento guida 5’ – 3’ è sintetizzato in modo continuo; Il filamento in ritardo 3’ – 5’ è sintetizzato in brevi tronconi (frammenti di Okazaki) in direzione 5’ – 3’. La replicazione del DNA rimane incompleta, ovvero un frammento terminale di un cromosoma resta a singola elica. La replicazione dei telomeri, ad opera dell’enzima telomerasi, utilizza come stampo un RNA parte dell’enzima stesso. La telomerasi è una ribonucleoproteina, un enzima che aggiunge sequenze ripetitive di DNA non codificante, TTGGGG" per tutti i vertebrati ed altri organismi, al terminale 3' dei filamenti di DNA nelle regioni dei telomeri, che si trovano alle estremità dei cromosomi eucariotici, riallungando così i telomeri accorciati in modo da mantenere integri i cromosomi Sintesi proteica L’espressione dell’informazione genetica raccolta nelle molecole di DNA avviene in due stadi: Trascrizione, durante la quale il DNA è trascritto in mRNA Traduzione, durante la quale l’mRNA è tradotto per produrre un polipeptide. In seguito alla trascrizione vengono prodotti anche RNA ribosomiale (rRNA) e RNA transfer (tRNA). La Trascrizione Il DNA una volta che viene replicato va incontro ad un processo di trascrizione e traduzione. Ciò avviene in vari organuli e compartimenti cellulari diversi, in particolare nella cellula eucariotica. Possiamo distinguere questi due processi ovvero la trascrizione dove il DNA viene trascritto in mRNA e la traduzione dove l’mRNA viene tradotto in una catena polipeptidica che rappresenta la proteina. Lo scopo della trascrizione è quello di trascrivere l’informazione genetica attraverso un altro tipo di molecola, RNA. Nel nucleo abbiamo il DNA che viene trascritto in RNA che prima di uscire dal nucleo va incontro al processo di maturazione che sarà utile per la sintesi proteica. L’RNA è formato dallo zucchero ribosio e al posto della timina è presente l’uracile ed è composto da un singolo filamento e ciò è importante poiché il singolo filamento dà alla catena maggiore elasticità. Per sintetizzare l’RNA richiede un filamento stampo, dato da una delle catene di DNA; quindi, l’RNA si viene a creare copiando una catena di DNA presente nel nucleo e viene sintetizzato in direzione 5’-3’. L’RNA polimerasi non ha bisogno di un primer poiché esso stesso è formato da RNA. Ci sono vari tipi di RNA polimerasi I, II, III che inducono alla formazione di vari RNA. Per esempio, RNA polimerasi I permette di creare RNA ribo somiali, l’RNA polimerasi II serve per creare l’mRNA da geni codificanti per le proteine, per piccoli RNA nucleari (snRNA), geni per microRNA e RNA delle telomerasi. L’RNA polimerasi quindi a partire da un filamento stampo di DNA aggiunge nucleotidi per creare l’RNA messaggero. La trascrizione avviene in 3 fasi: Fase d’inizio Fase d’allungamento Fase di terminazione Nella fase d’inizio l’RNA polimerasi si deve legare ad una sequenza chiamata promotore dal quale i filamenti si separano e costituiscono il primo stampo per creare l’RNA. Nella fase d’allungamento l’RNA polimerasi si sposta lungo il filamento stampo e sintetizza il trascritto e nella fase di terminazione l’RNA polimerasi termina la sintesi poiché incontra delle sequenze terminatori, ovvero sequenze specifiche che bloccano la trascrizione. promotori I promotori permettono l’avvio della trascrizione solo a quelle porzioni di DNA che devono essere trascritte; infatti, a livello del DNA non tutte le sequenze sono codificanti sia per un discorso energetico sia perché si potrebbero creare delle alterazioni. Quindi l’RNA polimerasi può legarsi con tutte le basi a livello del DNA, però per evitare che possa iniziare la trascrizione in qualsiasi punto ci sono delle sequenze particolari verso le quali l’RNA polimerasi ha un’affinità maggiore. Questi promotori sono costituiti da delle sequenze conservate, come la TATA box che caratterizza i promotori per l’avvio della trascrizione. Ci sono altre sequenze, chiamate attivatori o depressori, che vengono riconosciuti dall’RNA polimerasi e inducono delle determinate attività. Ci sono delle sequenze enouncer (attivatori) che attivano alcuni processi e aumentano le possibilità dell’RNA polimerasi di legarsi al promotore poichè in genere la sequenza enouncer si trova vicino al promotore. Quindi essa da delle informazioni all’RNA polimerasi riguardo la presenza del promotore. Caratteristiche RNA ---> È una biomolecola simile al DNA ma ha alcune differenze: Lo zucchero è il ribosio; Al posto della timina è presente l’uracile; È composto da un filamento singolo. La singola catena di RNA consente di svolgere numerose funzioni. Sintesi dell’RNA L’RNA polimerasi svolge i DNA circa 10 basi alla volta e legge il filamento in direzione 3’-5’, usa dei ribonucleotidi trifosfato, rimuovendo due fosfati da ogni substrato e a differenza della DNA polimerasi non ha un sistema di correzione poiché questi errori non sono dannosi come le mutazioni di DNA. Per terminare la trascrizione sia in eucarioti sia in procarioti esistono dei meccanismi, per esempio nei batteri c’è il fattore di terminazione Rho, che è una proteina. A seconda dell’RNA polimerasi ci sono vari meccanismi di terminazione, per esempio: 1.La RNA polimerasi I termina la trascrizione con un meccanismo che richiede un fattore di terminazione specifico che si lega a valle dell’unità di trascrizione. 2.Nell’RNA polimerasi III finisce con una serie di uracile; 3.Mentre nell’RNA polimerasi II termina la trascrizione in una regione che ha una catena di poli-A accoppiata ad un processo che taglia e poliadenila l’estremità 3’ del trascritto. L’RNA messaggero per poter essere trasferito ha bisogno di una maturazione; quindi, abbiamo la formazione di un pre-mRNA che matura e viene portato nel citoplasma attraverso i pori nucleari. Queste maturazioni possono avvenire all’estremità, come la poliadenilazione che provvedono l’aggiunta di un cappuccio, oppure abbiamo lo splicing alternativo. Il cappuccio avviene all’estremità 5’ ed è l’aggiunta di un capping che ha come base la guanina ed ha un gruppo metile in più. Questo gruppo viene utilizzato per legare il fosfato all’estremità 5’ dell’RNA messaggero; quindi, l’OH viene utilizzato per legare il gruppo fosfato e ciò presenta il capping a 5’, e ciò indica che l’mRNA messaggero è maturo. L’altra modifica è l’aggiunta a 3’ di poli-A, ovvero adenina. Vicino l’estremità 3’ si trova una sequenza di basi che serve come segnale per l’aggiunta di una coda di poli-A. Enzimi specifici nel nucleo riconoscono questa sequenza e tagliano la molecola di mRNA nel punto corrispondente. A ciò segue l’aggiunta di 100/250 nucleotidi di adenina all’estremità 3’. Alla fine, avremo un costrutto maturo che avrà il capping a 5’ e il poli-A a 3’. All’interno del DNA i geni possono essere intervallati da sequenze non codificanti, che negli eucarioti hanno delle dimensioni molto grandi; quindi, per questo la DNA polimerasi non deve trascrivere tutto, ma solo la parte codificante grazie al riconoscimento. Il genoma è composto da sequenze esoniche, ovvero sequenze codificanti, mentre il resto è formato da sequenze non codificanti. Durante l’ultima fase degli mRNA gli introni vengono rimossi per far sì che l’RNA sia maturo, ovvero avviene lo splicing. Esistono tre classi di introni e in base ad essi abbiamo vari tipi di splicing. In generale gli introni si trovano tra due esoni e tra l’introne e l’esone esistono dei siti di splicing con in mezzo dei punti di ramificazione in genere formati da adenina. Per quanto riguarda gli introni del gruppo I essi vanno incontro al self-splicing e le strutture che si vengono a creare sono a forma di cappio. In questo caso c’è un attacco da un nucleotide esterno, ovvero la guanina, che con l’OH in 3’ fa un attacco nucleofilo alla porzione 5’ di uno dei siti di splicing dell’introne. Una volta che si lega, l’OH si lega all’esone e la guanina risulta legata all’introne, a questo punto la guanina viene eliminata e nuovamente si lega ad un altro sito di splicing che si trova all’altra estremità dell’introne, fa avvenire un altro attacco nucleofilo e si elimina l’introne che verrà degradato, mentre i due esoni si legheranno tra di loro. Un altro tipo di splicing è dovuto all’adenina che si trova all’interno della sequenza intronica che fa un attacco nucleofilo all’altra estremità dell’introne e in questo modo si crea questa struttura a cappio dove al centro c’è l’adenina che resta ancorata all’esone dall’altra parte, che poi rilascia questo cappio attraverso un attacco nucleofilo all’esone che presenta ancora il cappio. Ci sono dei processi in cui lo splicing richiede una struttura più complessa che è chiamata spliceosoma, complesso formato da particelle da small nuclear ribonucleoprotein (snRNPs), quindi non avviene un attacco nucleofilo ma lo splicing avviene grazie a questo complesso. Quindi la differenza è proprio per la presenza di un complesso proteico. In questo tipo di splicing si crea il cappio grazie all’utilizzo di queste particelle che si legano alle sequenze consenso vicino ai siti di splicing in 5’ e 3’, quindi vengono riconosciute e danno origine allo spliceosoma, che è l’unione delle due proteine snRNPs. Quindi queste proteine si avvicinano formando questa struttura e si crea un taglio grazie a questo complesso proteico e abbiamo un esone libero, esone legato alla struttura intronica e allo spliceosoma fino ad arrivare al ricongiungimento tra esoni, e lo spliceosoma viene riutilizzato, mentre l’introne viene scisso e degradato. Ci sono diverse unità dello spliceosoma, abbiamo U1 e U2AF che si legano ai siti di splicing esterni e si forma il complesso commitment. Poi si lega il complesso U2 al sito branch e si forma il complex A in cui la subunità si va a legare all’adenina del sito di taglio, dove avviene il taglio. Una volta che abbiamo queste subunità si passa al complesso B in cui tutte le sub unità sono legate l’una con le altre ed avviene un ripiegamento della sequenza intronica. Quindi tutte le varie subunità si riposizionano, U1 si dissocia, U5 si associa all’introne e U6 si lega al sito di taglio in 5’. A questo punto si forma il complesso C, fino ad arrivare al complesso finale dove si crea questo cappio attraverso il taglio in 3’ e 5’ e avviene la ligazione tra esoni. Quindi abbiamo il cappio e l’esone.Singoli geni possono dare origine a diversi prodotti grazie allo splicing alternativo, ovvero da un gene possono essere prodotte due tipi di proteine. Lo splicing alternativo può essere regolato da attivatori e repressori; quindi, affianco al sito di splicing abbiamo l’attivatore dello splicing, che è una sequenza, che viene riconosciuta dall’attivatore, il quale si lega a questa sequenza e induce lo splicing. LA TRADUZIONE La traduzione fa sì che ad una sequenza di nucleotidi corrisponda una sequenza di amminoacidi. Un solo nucleotide non può codificare per 20 amminoacidi diversi, poiché gli amminoacidi vengono tradotti da codoni formati da 3 nucleotidi, quindi triplette. Ciò si è riuscito a capire tramite un esperimento in vitro, ovvero all’interno di una provetta hanno messo estratti batterici contenenti tutti i componenti necessari per la sintesi proteica, eccetto l’mRNA che venne sostituito da dei polinucleotidi artificiali, come poli-A, poli-C, poli-U e poli-G e videro che l’unico amminoacido era la fenilalanina (UUU), lisina (AAA), prolina (CCC), glicina (GGG). Philip Leder sviluppò un metodo per determinare il codice genetico su pezzi di tRNA, inserì in provetta un singolo codone per volta poichè si accorse che il tRNA era capace di sintetizzare un amminoacido anche con un singolo codone. Per la sintesi proteica sono importanti i ribosomi costituiti da una subunità maggiore e una minore ed hanno dei compiti a livello della traduzione differenti. La subunità maggiore rappresenta il sito E P A che permette l’aggiunta dei vari amminoacidi, mentre la subunità minore è depu tata al monitoraggio del mRNA che deve essere tradotto. Importanti sono i tRNA che permettono di far corrispondere ad ogni amminoacido un codone. Il compito del tRNA è quello di leggere correttamente i codoni dell’mRNA e di portare l’amminoacido corrispondente ad ogni codone. Il tRNA ha una struttura a trifoglio che è formata dall’anticodone, che è il filamento complementare all’mRNA e poi abbiamo un sito a 3’ che è il sito di legame all’amminoacido; quindi, i tRNA sono differenti in base all’amminoacido che porteranno. Per fare tutto ciò su fanno ai utare dall’amminoacil- trnasintetasi. Abbiamo l’amminoacil-trnasitetasi che ha un sito attivo che lega il tRNA con l’amminoacido. Lo fa prima legandosi ad un ATP ed una proteina, come l’alanina. L’enzima attiva l’amminoacido catalizzando la reazione con l’ATP e formando un legame AMP-amminoacido e uno ione pirofosfato. A questo punto l’alanina attivata con il suo enzima specifico si lega all’tRNA specifico con l’alanina poiché hanno una complem entarità. Quindi c’è una specificità tra l’enzima, l’amminoacido e il tRNA specifico. Quindi si viene a creare questo complesso, viene liberata l’AMP che provoca il legame dell’alanina con il tRNA che aggiungerà l’alanina alla catena polipeptidica. La traduzione è suddivisa in 3 fasi: Fase d’inizio Fase di allungamento Fase di terminazione Il sito A della porzione maggiore del ribosoma è dove l’anticodone del tRNA carico si lega al codone dell’mRNA, il sito P aggiunge il nuovo amminoacido; quindi, qua avviene l’allungamento della catena polipeptidica, e poi abbiamo il sito E dove il tRNA lascia il ribosoma. L’inizio avviene grazie ad una sequenza AUG, quindi una metionina. La catena dell’mRNA viene ancorata alla subunità minore del ribosoma che si