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University of Messina
2022
Prof.ssa Sidoti
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Summary
These notes provide an overview of cell membranes in biology, discussing components, structure, and different transport mechanisms. The focus is on explaining the concepts and key processes with relevant examples like protein functions. Relevant keywords include membrane, transport, and proteins; the concepts are intended to be for an examination context.
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Biologia, prof.ssa Sidoti, 8/11/2022 COME PARLARE DELLA MEMBRANA ALL’ESAME: DARE UN’IMPOSTAZIONE Contestualizzare e fare una scaletta: è un rivestimento, dove si trova, contiene, circonda e filtra gli scambi intra ed extracellulari quindi è attorno alla cellula. Si passa quindi alla com- posizione...
Biologia, prof.ssa Sidoti, 8/11/2022 COME PARLARE DELLA MEMBRANA ALL’ESAME: DARE UN’IMPOSTAZIONE Contestualizzare e fare una scaletta: è un rivestimento, dove si trova, contiene, circonda e filtra gli scambi intra ed extracellulari quindi è attorno alla cellula. Si passa quindi alla com- posizione chimica: da cosa è costituita? Vediamo tre principali colori e macromolecole, e poi la struttura: un mosaico fluido definito come unico vero modello secondo il quale si or- ganizza la membrana plasmatica ed è or- ganizzato secondo un doppio strato fosfo- lipidico in continuo movimento. I fosfolipidi possono avere tre tipi di movi- mento: 1.DI ROTAZIONE: il lipide ruota attorno a se stesso; è un movimento continuo 2.DIFFUSIONE LATERALE: movimento continuo 3.FLIP-FLOP: il meno favorito, è come se immaginassi di spingere un’altalena dan- dole tanta spinta fin quando riesco a farle fare un giro completo. Movimento raro in na- tura poiché richiede tantissima energia (però avviene). Nel campo vegetale soprattutto invece sono stati individuati enzimi chiamati flippasi, che mediano il movimento ab- bassando l’energia di attivazione, ovvero l’energia necessaria ad una reazione per av- venire, che viene ridotta quando mediata da un enzima, facendo avvenire più veloce- mente la reazione. La desinenza -ASI indica un enzima. Ci importa perché le flippasi vengono utilizzate in medicina per mediare e trasportare sostanze che da sole non at- traverserebbero il bilayer fosfolipidico. RIASSUNTO LEZIONE PRECEDENTE Abbiamo poi parlato delle classi più comuni dei fosfo- lipidi: i fosfolipidi, gli sfingolipidi e gli steroli (come il colesterolo). Abbiamo anche parlato della distribu- zione e di come avviene: il raft che rappresentano delle zattere che mettono insieme una serie di pro- teine e glicoproteine e sono impegnate principalmen- te nella trasmissione del segnale elettrico oltre che nel traffico (?) delle proteine. Vi ho parlato della differenza delle proteine (doman- da tipica può essere “parlami del trasporto passivo” “quanti tipi di proteine conosci”): pro- teine monotopiche, monopasso, multipasso, multimeriche, ancorate e periferiche. Abbiamo anticipato che le proteine le vediamo interessate non solo come trasportatori e canali ma anche come recettori. Esempio chiave-serratura: un ligando (giallo) è una sostanza che deve essere endocitata o che rappresenta un segnale e appena vie- ne riconosciuto dal recettore (in lilla) lo lega e questo può essere il segnale e avere in seguito un endocitosi. Anche un virus può entrare per endocitosi, viene riconosciuto perché il recettore (come per il SARS) è in grado di riconoscere quel virus che può quindi penetrare attraverso esso. Ci sono anche dei co-recettori, ovvero ulteriori pro- teine associate al recettore che favoriscono l’ingresso del virus. Esempio: il virus dell’HIV, 1 che utilizza diversi recettori/co-recettori, ha come recettore il cd4 e come co-recettori ccr5/ cxcr4 che coadiuvano l’ingresso del virus. Noi non esponiamo questi recettori perché lo abbiamo programmato geneticamente che dobbiamo riconoscere i virus, è la casualità che consente al co-recettore per l’HIV (ccr5), che non nasce per riconoscere e legare il virus ma per le chemochine ovvero molecole infiammatorie, di riconoscere il virus e legarlo. Abbiamo parlato quindi di permeabilità e può capitare una domanda sul gradiente di con- centrazione quando si parla di membrana e di trasporto passivo/attivo, o sul perché si dice gradiente elettrochimico. Il passivo avviene secondo gradiente, non richiede energia. Ne abbiamo distinti due tipi: semplice, senza necessità di trasportatori e facilitato, mediato da proteine che poi fungono o da proteine canale -strutture cilindriche con all’interno un cana- le acquoso in cui la sostanza si sposta seguendo il gradiente solvatato, idratato dall’ac- qua, come se venisse diluito nell’acqua- o da carrier/vettori che funzionano come le porte di un saloon (esempio film western) in cui ti avvicini, spingi, entri e cambia di conformazio- ne e appena esci ritorna in posizione. Questi cambi di conformazione sono tipici delle pro- teine carriers. I canali possono essere modulati, regolati, aperti chiusi o parzialmente aper- ti e sono regolati da fattori diversi: un cambiamento del gradiente elettrochimico, nei mec- canocettori può essere la pressione meccanica che determina l’apertura etc. Non vi ho detto la differenza in termini di cinetica fra diffusio- ne semplice e facilitata. Attraversano la membrana per diffu- sione semplice le sostanze lipidiche ed apolari che diffondo attraversando il bilayer e la velocità di questo movimento di- pende da diversi fattori: a parità di liposolubiltà e di dimensio- ni maggiore è la differenza di concentrazione dei due com- partimenti maggiore può avvenire il passaggio. Esempio: ho una velocità di 10 ligandi al secondo e una concentrazione di 20 all’esterno e 10 all’interno. Se aumento la differenza di concentrazione osservo un aumento della velocità di passag- gio della sostanza cioè non avrò mai una saturazione, non ho un punto oltre cui non posso andare aumentando la velocità perché più aumento la diffe- renza di concentrazione, più molecole metto fuori e più molecole tendono ad entrare se dentro ne ho poche. Se invece andiamo a vedere un carrier, che cambia conformazione, ho, ad esempio, una differenza di concentrazione di 100/10, ovvero 100 all’esterno 10 al- l’interno, quindi dall’esterno tendono a passare all’interno ed ho 150 canali. Se aumento a 110 molecole avrò una velocità maggiore poiché 110 molecole o ioni possono attraversare la membrana; se aumento a 120 ne avrò 120 quindi aumenta ulteriormente la velocità; se ne ho 130 aumenta sempre di più la velocità, se aumento a 150 ho il massimo della velo- cità perché ho 150 carriers. Ma se io arrivo a 160 molecole la velocità sarà sempre 150 perché ho sempre e solo 150 carriers: vado quindi in saturazione perché la massima velo- cità l’ho raggiunta con 150 molecole. Va quindi vista come una crescita lineare seguita da una fase stazionaria. Quindi la diffusione facilitata mostra una cinetica di saturazione men- tre la semplice no. I TRASPORTATORI: LA FAMIGLIA GLUT Tra i trasportatori figura una famiglia, quella delle GLUT. Ricordatevi che una proteina è sempre codifi- cata da un gene ma i geni non codificano tutte le pro- teine. Il gene contiene le informazioni ma non solo per le proteine (mentre una volta si pensava che ci fosse un gene per una proteina e che finisse tutto li. In realtà solo una piccolissima parte dei nostri geni sono codifi- canti strutturali, gli altri trascrivono e si fermano li e 2 funzionano come RNA, come vedremo). La famiglia di GLUT ha questi geni che codificano la proteina e si chiamano GLUT perché sono specifiche, mediano il passaggio del gluco- sio. Ce ne sono diverse poiché sono tessuto specifiche, delle GLUT sono espresse a li- vello di una cellula piuttosto che un’altra; in quelle epiteliali dell’intestino dove vi è l’assor- bimento li abbiamo un tipo di GLUT, in altri tessuti abbiamo altri GLUT. Abbiamo GLUT1, GLUT2, GLUT3 (neurone), GLUT4 e GLUT5 e sono distribuiti in maniera diversa nei nostri tessuti. Importante parlare della GLUT4 perché dipende dall’insulina ed è inducibile, ovvero la sostanza viene esposta sulla membrana nel momento in cui c’è qual- cosa che la stimola. La GLUT4 è una di queste proteine trasportatrici del glucosio che funziona solo se c’è insu- lina. Per il diabete di tipo 2 si parla di insulina resisten- za, ovvero nonostante ci sia insulina questa non riesce a legare il suo recettore. Se non viene esposto il GLU- T4 questo lo ritroviamo accumulato sotto la membrana plasmatica in una vescicola secretoria, che viene esposta nel momento in cui si lega l’in- sulina, che induce la superficializzazione di questa vescicola secretoria, che si espone sul- la superficie e può legare il glucosio e quindi veicolarlo secondo un processo di segnali a cascata. Se abbiamo una condizione di insulina resistenza significa che non riusciamo a fare questo passaggio, ecco che si accumula glucosio che comporta iperglicemia. Ogni GLUT ha le proprie caratteristiche. TRASPORTO ATTIVO Un altro argomento da ricordare è il co-trasporto che vuol dire che lo stesso trasportare o canale media il passaggio di due o più sostanze contemporaneamente, nella stessa dire- zione (simporto) o i direzioni opposte (antiporto). Vi ho parlato del trasporto attivo, la pompa sodio-potassio è una classica domanda ed è un esempio di antiporto. È una pom- pa elettrogena e di tipo P. Se si chiama pompa è un trasporto attivo, avviene contro gra- diente, è di tipo P perché funziona solo in seguito a fosforilazione, è antiporto perché scambia in direzione opposta sodio e potassio, elettrogena perché butta all’esterno tre ca- riche negative e due positive all’interno: ogni volta abbiamo quindi una carica negativa in più (l’interno infatti è più negativo dell’esterno e viene mantenuto tale da altri sistemi come la pompa sodio potassio). Abbiamo diversi tipi di pompe, una di queste è la pompa di tipo V, F, ABC, che in seguito vedremo. Il trasporto attivo avviene sempre contro gradiente di concentrazione ma non sempre con dispendio di energia. Se abbiamo idrolisi di ATP si parla di trasporto attivo diretto/prima- rio, se non l’abbiamo si parla di trasporto attivo indiretto/secondario, c’è comunque bi- sogno di energia perché si va contro gradiente. Un esempio è un cotrasporto: a livello del- l’epitelio intestinale dove avviene l’assorbimento di glucosio e nutrienti in generali noi ab- biamo i microvilli, sui quali abbiamo un cotrasporto sodio-glucosio, un simporto pratica- mente ed è attivo perché il glucosio entra nella cellula contro gradiente. Dove prendiamo questa energia? Il glucosio entrando sfrutta il sodio, mandato fuori con la pompa sodio-po- tassio ovvero un traporto primario. Il sodio venendo buttato fuori crea un gradiente di con- centrazione che vede il sodio che tende a passare all’interno ma essendo uno ione deve utilizzare un trasportatore, che ha un sito di legame per il glucosio. Allora il sodio si trasci- na anche il glucosio con se, che approfitta dell’energia di trasporto primario dal sodio per entrare contro gradiente (ecco perché si dice secondario).ricordatevi inoltre che la GLUT1 è un trasportare costituitivo, sempre presente sulla membrana, non come la GLUT4 che è inducibile dalla presenza dell’insulina. TRASPORTO PASSIVO E OSMOSI 3 Abbiamo anche parlato di osmosi, di diffusione semplice per gas e per molecole apola- ri. Abbiamo anche detto che l’acqua fa eccezione perché attraversa la membrana per dif- fusione anche se polare e il suo movimento netto prende il nome di osmosi. Il globulo ros- so si comporta da osmometro naturale per cui dobbiamo sempre immergere le nostre cel- lule con soluzioni fisiologiche perché il globulo rosso si lascia attraversare dall’acqua e la soluzione in cui il passaggio dell’acqua netto è 0 è quella isotonica, ovvero la tonicità è uguale. Quando la tonicità invece è diversa l’acqua tende a spostarsi diluendo l’ambiente: se il globulo rosso è molto concentrato di soluto l’acqua tenda ad entrare causando un’e- molisi, se invece è ipotonico tende a perdere acqua e a raggrinzirsi. Se invece è isotonico il movimento netto è 0. In tutto questo giocano un ruolo le acquaporine che sono proteine che mediano il trasporto di acqua e altri soluti e son anche queste tessuto specifiche. Del- le mutazioni nei geni codificanti per queste proteine sono responsabili di alcune malattie anche neurologiche. INIZIO NUOVA LEZIONE COME VIENE INTERNALIZZATA UNA SOSTANZA ALL’INTERNO DELLA CELLULA? PINOCITOSI ED ENDOCITOSI Sempre attraverso la membrana possono essere internalizzate diverse sostanze che pos- sono essere in sospensione, quindi sospesi in un liquido e in questo caso si parla di pino- citosi (la cellula beve) oppure parliamo di sostanze di natura corpuscolare e quindi si parla di fagocito- si (la cellula mangia). Anche un batterio, una cellula rovinata/invecchiata, un virus, il colesterolo possono essere internalizzati per endocitosi, venendo veico- lati da una porzione della membrana che li include, li circonda attuando un’invaginazione che si chiude e si fonde causando la formazione di una vescicola (endosoma) che si stacca all’interno della cellula stessa. Il materiale contenuto nell’endosoma si spo- sterà lungo l’apparato citoscheletrico della cellula attraverso dei binari per poi o attraversare comple- tamente la cellula e fuoriuscire per esocitosi (pro- cesso inverso all’endocitosi). Esempio: la cellula epi- teliale dell’intestina è polarizzata poiché ha due superfici diverse, una presenta i microvilli mentre l’altra è basale. Una sostanza può quindi attraversare il microvillo ed entrate nella cellula, attraversarla e fuoriuscire per esocitosi dall’altra porzione della membrana. Se la sostanza è solida non abbiamo un’invaginazione ma un processo opposto, ovvero l’emissione di pseudopodi, dei falsi piedi che tendono ad avvolgere e contenere la so- stanza fino a staccarsi andando a formare il vacuolo o fagosoma che vanno incontro ad un lisosoma, organello presente nelle cellule animali ma non nelle vegetali, dove il suo ruolo sembra essere svolto dai vacuoli che presentano enzimi idrolitici, che lo degrada. Il batterio è costituito da macromolecole biologiche, quindi il lisosoma è programmato a de- gradare questo materiale portando quindi alla digestione enzimatica. ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORI È un endocitosi detta clatrina dipendente molto selettiva, tant’è che le sostanze da inglo- bare vengono preventivamente riconosciute. Un esempio è l’LDL, una forma attraverso la quale il colesterolo viaggia nel nostro plasma ed è rivestito da proteine per rendere ciò possibile, essendo di natura lipidica. l’LDL viene riconosciuto da un recettore che sporge dalla membrana. Avviene sempre l’invaginazione: in giallo è il ligando, il recettore è invece questa struttura violacea: in questo caso abbiamo il riconoscimento da parte del recettore del ligando. Si forma un’invaginazione che si va ad approfondire sempre di più attraverso 4 l’assemblaggio di un’altra proteina, la clatrina, una molecola a tre braccia che hanno un domi- nio globulare all’estremità, hanno delle catene. La clatrina si va ad associare sotto la vescicola che si sta staccando, come se fosse la rete di un canestro (la palla è l’endosoma che si sta formando) che va a circondare e ad appesanti- re la vescicola e che tende a staccarla dalla membrana anche grazie e solo se è presente la dinamina, una proteina che si assembla in presenza di GTP che viene idrolizzato. Si viene a formare una sorta di collare che tende a strozzare la vescicola. In assenza di GTP o un suo analogo allora possiamo appesantire quanto vogliamo questa vescicola ma essa non si staccherà mai perché non è il peso o l’ingom- bro determinato dalla clatrina a determinare il distacco bensì la dinamina. Quindi le pro- teine interessate sono tante. Una volta che la vescicola si stacca per potersi muovere lungo il citoplasma si deve liberare del volume aggiuntivo dato dalla clatrina: ecco che avviene il disassemblaggio della clatrina che viene recuperata e riportata , a spese di una proteina appare- nente alla famiglia delle chaperons che si chiama unco- ding protein, con consumo di ATP. Si ha la liberazione della vescicola che si sposta lungo il citoplasma verso varie destinazioni, la più comune delle quali abbiamo visto essere il lisosoma, ma può andare anche incontro al Golgi o al REL. il recettore normalmente ha una re- gione specifica e selettiva che riconosce quel ligando e solo quello, però questo rapporto recettore-clatrina è mediata da un adattatore, la proteina che in passato si chiamava adattina.il sistema ha voluto sviluppare questo adattatore poi- ché i recettori sono specifici mentre la molecola della clatrina è una sola, non varia a se- conda del ligando, e deve essere disponibile a tutti i recettori. Le proteine adattine a destra e la clatrina in basso 5 Con la fagocitosi ci troviamo nel tessuto sanguigno, abbiamo i macrofagi granulociti so- prattutto dotati di fagocitosi che riconoscono, sentono attraverso le opsonine che circon- dano il batterio e determinano una sorta di appetito nei granulociti o nei macrofagi, che at- tuano un inseguimento (chemiotassi) fin quando fagocitano il batterio. Mentre in natura la fagocitosi può essere un sistema che gli organismi unicellulari (amebe) utilizzano per cir- condare la sostanza e nutrirsi di essa, nel nostro organismo la fagocitosi ha un ruolo di di- fesa ed è cellulo-mediata. I LISOSOMI I lisosomi al microscopio appaiono neri. Questa è una sezione di una cellula che è stata trattata con una rea- zione chimica che mette in evidenza la presenza del- l’enzima, che è questa fosfatasi acida esclusiva dei lisosomi. Tutto quello che si colora in nero presenta la fosfatasi, quello che non si colora in nero è altro (una vescicola, un perossisoma ecc). I lisosomi sono organu- li citoplasmatici/vescicole citoplasmatiche contenenti una serie di enzimi detti idrolasi acide, acide perché funziona a pH acido: all’interno del lisosoma c’è un si- stema con ph sempre acido (4,7-5,2) in questo ambien- te acido gli enzimi presenti (50) funzionano degradando tutto ciò che è biologico in maniera specifica (ci sarà la dnasi, lipasi, rnasi, ogni sostanza biologica che noi incorporiamo tramite endocitosi o fagocitosi e che poi arriva a livello del lisosoma verrà degradato. Non è quindi il lisosoma che fa fagocitosi, bensì la mem- brana plasmatica e gli pseudopodi da lei emessi. Quando il fagosoma viene a contatto con il lisosoma le membrane si fondono e abbiamo la messa a contatto diretto della sostanza da degradare con l’enzima, che comincia a digerire e a ridurre in sin- goli elementi la sostanza. Distinguiamo i lisosomi in due tipi: primario e secondario. Prima di fare la distinzione, bisogna ricordare che il lisosoma si forma dal Golgi, dove arrivano le proteine che sono andate incontro a maturazione (in enzimi) che vengono sintetizzate a livel- lo dei ribosomi del RER e mandate a maturare appunto nel Golgi. Tra queste proteine vi sono gli enzimi lisoso- miali che quando si staccano e gemmano vanno a forma- re il lisosoma primario. Il pH è attivo perche il lisosoma ha un particolare trasportatore: quando ho un pH acido ho un elevata quantità di protoni all’interno della cellula che ten- dono a uscire perché si tende all’equilibrio. Per mantenerli all’interno si deve quindi avere una pompa protonica (trasporto attivo) che sposta il protone, contro gradiente, dentro i li- sosomi e la pompa utilizza idrolisi di ATP ma non fosforilazione: si dice quindi pompa di tipo V (da vescicola). Gli enzimi lisosomiali sono idrolitici e sono tantissimi. Questo pa- trimonio enzimatico è un patrimonio che le nostre cellule sintetizzano grazie all’informazio- ne genetica contenuta nel nostro DNA ma qualora ci fosse un danno nei confronti di un gene codificante per queste proteine (gli enzimi) la sostanza non verrebbe digerita all’in- terno del lisosoma, accumulandosi, poiché la proteina codificata risulterebbe non funzio- nante. L’accumulo determina, soprattutto quando il danno genetico NON è legato all’am- biente, malattie genetiche gravi, poiché i lisosomi si lisano e tutto l’ambiente viene digerito (citoplasma, membrana, matrice, cellule), causando una flogosi talmente vasta che diven- ta cronica e che porta ad una serie di problemi e spesso alla morte. I danni genetici am- bientali invece sono diverse: lavoro in presenza di amianto o silice incorporando queste sostanze, che noi non siamo in grado di degradare poiché non abbiamo gli enzimi che li 6 possano digerire, le accumuliamo e basta perché questo fa il macrofago: fagocita la so- stanza, si fonde con il lisosoma che la accumula fino a quando va incontro a lisi e anche qui abbiamo una grave infiammazione che porta a malattie quali cancro. Dove sta quindi la differenza tra primario e secondario? PRIMARIO: lisosoma che gemma dal Golgi trans ed è “vergine”, non è venuta a contatto con nessuna sostanza da degradare. SECONDARIO: lisosoma che presenta digestioni già avviate, al microscopio appare con delle parti più scure. La degradazione riguarda un batterio, una sostanza che deve essere eliminata e può es- sere: A. PROGRAMMATA: esempio: reazione acrosomiale. Lo spermatozoo viene a contatto con la cellula uovo e l’acrosoma, un insieme di enzimi lisosomiali, libera i suoi enzimi. Questa è un’attività programmata perché l’acrosoma nasce per creare un varco dispo- nibile allo spermatozoo per penetrare la cellula uovo. È quindi una reazione normale, fisiologica. Anche quando parliamo di differenziamento e pensiamo alle dita della mano all’inizio non le abbiamo. Tutta quella serie di rimaneggiamenti del corpo che av- vengono durante la gestazione avvengono grazie alle attività enzimatiche dei lisosomi, che hanno anche un ruolo programmato geneticamente parlando (il lisosoma è ovvia- mente sempre lo stesso, non è che cambia) B. TURNOVER DELLA CELLULA/ INDOTTA: abbiamo per esempio delle sostanze (ri- bosoma, mitocondrio) invecchiate che non teniamo dentro ma eliminiamo, altrimenti spenderemmo energia inutilmente. Il turnover della cellula avviene attraverso un pro- cesso che richiede l’impegno del lisosoma. Un organulo interno alla cellula viene cir- condato dalla membrana del REL e si fonde con il lisosoma, viene quindi eliminata la sostanza, la struttura danneggiata o invecchiata. Anche se metto la cellula in coltura e non le do nutrienti io ho un impiego dei lisosomi per recuperare energia perchè quando alla cellula non viene data il nutriente inizia a digerire parte di se stessa attraverso il lisosoma (di solito il primo organulo utilizzato è proprio il mitocondrio). Enzimi idrolitici 7