Summary

This document contains notes on biological topics, including gene mutations, errors in DNA replication, and other cellular processes. It discusses the nature of mutations and their possible origins, highlighting errors during replication, exposure to mutagens, and chromosomal changes, and provides insights into the effects of these mutations on the phenotype and evolution.

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2° parte parziale: Lezione 10/12 La sequenza nucleotidica di un gene può essere modificata e quando viene modificata può avere degli effetti deleteri per il fenotipo. Gli individui possono essere omozigoti o eterozigoti per un determinato gene. Polimorfismo genetico: più versioni di un gene all’int...

2° parte parziale: Lezione 10/12 La sequenza nucleotidica di un gene può essere modificata e quando viene modificata può avere degli effetti deleteri per il fenotipo. Gli individui possono essere omozigoti o eterozigoti per un determinato gene. Polimorfismo genetico: più versioni di un gene all’interno di una popolazione, dipende dalla variazione genetica. Esempio: il colore degli occhi varia tra gli individui di una popolazione, dipende da determinati geni. La sequenza nucleotidica di un gene può cambiare, per esempio la conseguenza di un errore durante la replicazione del DNA: DNA replicato, DNA polimerasi sintetizza nuovi filamenti, a volte può fare un errore: sostituisce una base con un’altra (evento non frequente; se fa errori riesce a correggerli). Esposizione a raggi ultravioletti, la dieta, esposizione a composti chimici inquinanti: si tratta di sostanze con azione mutagena, che possono modificare la sequenza nucleotidica di DNA. Anche porzioni di cromosomi possono essere modificati. Poliploidia: triplicato o duplicato il numero di cromosomi. Fenotipo: caratteristiche osservabili che dipendono dai geni. Mutazioni del DNA: - Geniche: 1 o pochi nucleotidi; - Cromosomiche; - Errori di replicazione del DNA; - Danni al DNA non riparati; - Errori nell'appaiamento o nel crossing-over durante la meiosi; Le mutazioni possono avvenire in cellule diverse: nelle cellule germinali (i gameti) (trasmessa da genitori a prole: importanti nel processo evolutivo, se una mutazione non è deleteria ma favorevole ha dei benefici sul fenotipo e queste mutazioni passano alla prole che può avere dei benefici), nelle cellule somatiche (tutte le altre cellule; non sono trasmissibili alla prole e spesso sono associate ai tumori e al cancro). * Certe persone è più probabile che vadano incontro a eventi di mutazione; se una madre e un padre hanno queste pre-mutazioni (geni ancora funzionanti ma ogni volta che la cellula si replica è probabile che avvengano errori) che possono essere passati alla prole, che ha una certa probabilità di sviluppare il tumore. Lo stile di vita incide sulla possibilità di sviluppare tumori. Mutazioni geniche: mutazioni che avvengono a livello dei nucleotidi; mutazioni puntiformi sono cambiamenti che avvengono in un singolo nucleotide: - Sostituzioni: viene sostituita una singola base nella sequenza originale del gene; - Inserzioni: viene aggiunta una nuova base che non dovrebbe esserci tra due nucleotidi presenti nella sequenza originale; - Delezioni: si rimuove un nucleotide dalla sequenza originale; Mutazioni di senso: cambiano il significato della sequenza amminoacidica (se nel polipeptide originale avevamo un amminoacido, questo viene sostituito da un altro amminoacido). Non sempre sono deleterie. Il polipeptide ha delle parti che sono più e altre meno importanti. Se la mutazione avviene nella regione del gene a cui corrispondono gli amminoacidi nel legame dell'ossigeno, queste sono deleterie, ma se avvengono in un’altra regione, non necessariamente questa ha un effetto deleterio. * Mutazione alla base dell'anemia falciforme S, che dipende dalla sostituzione di un singolo nucleotide. Mutazioni non senso (mutazioni sempre deleterie): un codone originale è sostituito da un codone di stop. * Fibrosi cistica. Tutte le specie che hanno l’emoglobina (vertebrati) nelle regioni importanti per la funzione della proteina non avremo differenze in termini delle sequenze amminoacidiche, che saranno simili tra le varie specie. Nelle altre parti di una proteina il cambiamento di amminoacidi è permesso. Quindi, possiamo vedere variabilità tra le specie. Mutazioni per slittamento/frameshift (sempre deleterio): conseguenza di delezione o inserzione di uno o più nucleotidi. Quando questo avviene si sposta la cornice di lettura del codice. Mutazioni cromosomiche: alterazioni più o meno grossolane della sequenza e morfologia dei cromosomi. 1) Delezioni; 2) Duplicazione: alla base dell’evoluzione di nuovi geni/famiglie geniche; 3) Inversione; 4) Traslocazione; Le prime due hanno effetti non sempre necessariamente deleteri. Avvengono spesso per un errore nell’appaiamento di cromosomi omologhi durante la meiosi. Nel genoma ci sono delle regioni “jumping jees”, che sono sequenze che originariamente appartenevano a dei virus che hanno infettato i nostri antenati mammiferi ecc. e hanno mantenuto le stesse funzioni che hanno i geni dei virus. Il genoma del virus quando inserito nella cellula ospite, entra nel genoma della cellula ospite, rimane silente e quando è il momento utilizza il macchinario replicativo della cellula per generare più copie di sé stesso. Per certi virus, il genoma dell’ospite è stato in grado di eliminare le promozioni del virus (infettivo e pericoloso) e mantenere porzioni che sono in grado di tagliarsi e ricopiarsi. Possiamo cambiare la sequenza dei geni, la morfologia, la conformazione di un cromosoma non solo con gli errori dell'appaiamento, ma anche con altri meccanismi. Le mutazioni sono cambiamenti permanenti ereditabili nella sequenza del DNA. Sono ereditabili solo se avvengono nei gameti. Sono causati da errori spontanei nella replicazione del DNA o da condizioni ambientali (radiazioni, sostanze chimiche ad azione mutagena), stile di vita (fumo, dieta). Solitamente sono dannose, quindi vengono eliminate tramite selezione naturale, o possono essere silenti (si accumulano nel genoma degli individui) o vantaggiose. Sono la fonte della variazione genetica. Le cellule comunicano, l’unico modo che hanno per riuscire a rispondere alle informazioni nell’ambiente esterno è mediante la presenza di recettori per le molecole segnale. Si parte con la molecola segnale, molecola libera presente nell’ambiente circostante della cellula, che può essere una glicoproteina (presente nella membrana di un’altra cellula) questa contiene un certo tipo di informazione e ha bisogno di legarsi ad un recettore (proteina che lega un certo tipo di molecola). Legame tra recettore e molecola segnale attiva una serie di risposte cellulari, che differiscono in base alla latenza con cui la cellula risponde al segnale. Quando la cellula riceve una segnalazione, la cellula può rispondere immediatamente. Risposte che avvengono mediante una serie di modificazioni tra proteine intracellulari. Altre risposte sono più lente, richiedono l’attivazione e la trascrizione di geni. Molecola libera, segnale, ricezione, molecola si lega al recettore, che può essere sulla membrana o all’interno della cellula: il legame della molecola al recettore causa una serie di eventi cellulari che eventualmente genera una risposta. La segnalazione endocrina si basa sulla presenza di cellule ghiandolari che rilasciano dei messaggeri chimici, gli ormoni. “Endocrina” se il messaggero chimico viene rilasciato all’interno del sangue. Ghiandola che secerne messaggeri chimici nel sangue che hanno un effetto ad una certa distanza da dove sono stati rilasciati. Il recettore media l’informazione contenuta nel messaggero chimico, se non ci sono recettori, la cellula può essere circondata da molecole dell'ormone ma non risponde. Segnalazione neuro endocrina: rilascio di messaggeri chimici nel sangue, da parte di cellule nervose. Un neurone rilascia il messaggero chimico nel sistema circolatorio: questo eventualmente può raggiungere cellule. Ciò che caratterizza questa segnalazione è la distanza tra la sorgente, il luogo, le cellule da cui viene secreto l'ormone e le cellule in cui l’ormone ha il suo effetto. Funzioni segnalazione endocrina: - Regolazione volume pressione sanguigna; - Regolazione concentrazione extracellulare del calcio; - Regolazione e bilanciamento energetico, metabolismo; - risposta allo stress; - Coordinazione e crescita sviluppo individuo; - Riproduzione e allattamento. Ormoni: composti chimici formati in ghiandole specializzate o gruppi di cellule e rilasciati nel sangue e influenzano le cellule bersaglio di un altro organo o tessuto. Da un punto di vista chimico, si dividono: - Ormoni di derivazione lipidica: steroidi; Caratterizzati da 4 anelli, 3 a 6 atomi e 1 a 5 atomi di carbonio, sintetizzati a partire dal colesterolo e sono liposolubili/idrofobici: quando rilasciati nel sangue, devono essere legati a proteine, che agiscono da scudo, aumentano la solubilità degli ormoni nel sangue “SBG”. Diffondono attraverso la membrana della cellula. - Ormoni peptidici/proteici (idrofili, necessitano di recettori di membrana): formati da sequenze di amminoacidi (es. insulina); Neuropeptidi: ormoni rilasciati da sistema nervoso (es. ormone crescita); - Ormoni derivanti da singoli amminoacidi (catecolamine: adrenalina…, ormoni tiroidei); Ormoni sono lipofili, liposolubili, diffondono attraverso la membrana della cellula, hanno recettori intracellulari, si legano a recettori presenti nel citoplasma. Quando legano il recettore, il complesso recettore-ormone può agire come fattore di trascrizione. Fattori di trascrizione: proteine che aumentano l’affinità dell’RNA polimerasi al promotore. Effetti rapidi: avvengono nel giro di minuti/secondi. Solitamente sono mediati dai recettori di membrana. Richiedono eventi intracellulari, tra cui la fosforilazione di enzimi, proteine ecc. Il trasportatore del glucosio aumenta la possibilità che il glucosio diffonda e aumenti il passaggio del glucosio secondo gradiente dall’esterno all’interno della cellula (diffusione facilitata). Insulina (ormone peptidico) si lega al suo recettore e avviene una serie di eventi intracellulari che portano le vescicole che contengono i trasportatori. Le vescicole si fondono con la membrana e i trasportatori vengono esposti all’interno della cellula. Avviene nel giro di poco tempo perché è un recettore di membrana. Effetti lenti/a lungo termine (ore o giorni): mediati dai recettori intracellulari, che regolano l’espressione dei geni. In base al tipo di ormone, l’ormone si lega al recettore di membrana o ai recettori intracellulari, abbiamo risposte rapide o lente. Concentrazioni altamente regolate. 2 meccanismi che regolano gli ormoni: - Regolazione retroattiva/feedback negativo: il prodotto regola la sua stessa produzione (maggiore è la quantità di prodotto che produco; se ne ho poco, avviene un’ulteriore produzione). Se ho troppo prodotto e ne voglio meno, il feedback negativo usa il prodotto per regolare il sistema. Alla base della regolazione della maggior parte delle funzioni fisiologiche del corpo. La quantità di glucosio del sangue è mantenuta costante all’interno di un certo range: se il glucosio diventa troppo elevato, l’insulina viene rilasciata e lo riduce, se è troppo basso, viene rilasciato il glucagone, così il glucosio torna a livelli normali. Ha una risposta opposta alla variazione osservabile. All’aumento dell’ormone, devo avere una variazione opposta per portare i valori ai valori originali. - Feedback positivo: il prodotto anziché inibire l’asse, lo stimola, all’aumentare del prodotto, l’asse sarà stimolato a produrne sempre più. Lo osserviamo in pochi eventi, perché è potenzialmente deleterio. (Esempio: parto) Ha una crescita esponenziale. Asse neuroendocrino: area del cervello (ipotalamo), ghiandola pituitaria (ipofisi), testicoli e ovaie. Regola il sistema riproduttivo. Regolazione delle funzioni riproduttive maschili Ipotalamo rilascia i fattori di rilascio delle gonadotropine (GNRH, polipeptidici rilasciati dall’ipotalamo) raggiungono l’ipofisi anteriore e le cellule secernono 2 ormoni ipofisari: l'ormone luteinizzante (LH) e l’ormone follicolo stimolante (FSH). Questi vengono rilasciati, raggiungono i testicoli e svolgono funzioni importanti per la regolazione della spermatogenesi. LH stimola la produzione di testosterone dalle cellule del Leydig, FSH regola le cellule del sertoli, a contatto con le cellule che vanno incontro alla spermatogenesi. Il testosterone viene prodotto dalle cellule del Leydig, importante per permettere la spermatogenesi (se i livelli sono bassi, gli uomini non sono fertili), la crescita, lo sviluppo e il mantenimento dei caratteri sessuali secondari (massa muscolare, l’adibido) e viene rilasciato e mantenuto all’interno di un certo range mediante un feedback negativo. Il prodotto dell’asse agisce a livello dell’ipofisi e dell’ipotalamo: le stesse cellule che rilasciano GNRH, LH e FSH hanno il recettore per gli androgeni, legano il testosterone e questo inibisce l’ipotalamo e l’ipofisi e inibisce l’asse. Se produco tanto testosterone, l’asse viene inibito e a livello dei testicoli e delle gonadi viene prodotto meno testosterone. Il testosterone varia in modo ondulatorio come conseguenza del feedback negativo. FSH stimola cellule del sertoli a produrre il recettore per il testosterone, importanti perché permettono agli spermatogoni, spermatociti e spermatidi di fare la meiosi e per fare ciò c’è bisogno del testosterone che ha i suoi effetti se si lega al recettore delle cellule, che per poter produrre il recettore del testosterone devono esprimerlo, permesso dal FSH. Sistema riproduttivo femminile Feedback negativo e positivo. Uno dei pochi dove si osserva una regolazione mediante feedback positivo. Asse simile: ipotalamo, GNRH agisce sull’ipofisi anteriore, rilasciati LH e FSH che agiscono sulle ovaie, dove determino la produzione e secrezione di estrogeni e progesterone (importante per l’accrescimento dell’utero). Il ciclo dura 28 giorni: 4 fasi: 1) Pre ovulatoria/proliferativa; 2) Ovulazione; 3) Post ovulatoria/secretoria; 4) Mestruale; Ognuna di queste è regolata in modo diverso dagli ormoni ipotalamici, ipofisari e ovarici. Fine del flusso mestruale, a livello dell’ipotalamo viene rilasciato GNRH, che stimola l’ipofisi a produrre l’FSH (ormone follicolo stimolante). Vengono richiamati un certo numero (6-12) di follicoli all’inizio di ogni ciclo. Questi si sviluppano come effetto dell’FSH. Producono estrogeni che a loro volta vengono prodotti e agiscono sul follicolo stesso, stimolando l'ulteriore accrescimento, più il follicolo si accresce, più estrogeni produce. Gli estrogeni aumentano, i livelli di FSH e LH si mantengono bassi, costanti, perché gli estrogeni agiscono sull’asse mediante feedback negativo. Il follicolo continua a produrre estrogeni, uno di questi diventa il follicolo che va incontro alla maturazione e aumenta e produce maggior quantità di estrogeno mediante quello che diventa feedback positivo. Estrogeni prodotti in misure sempre maggiori come conseguenza del feedback positivo. Eventualmente, l’estrogeno raggiunge il picco e ha un effetto inibitorio. La secrezione di estrogeno dalle cellule della granulosa stimola la sintesi e l'inserimento di recettori per l’FSH. Il follicolo che produce la maggior quantità di recettori per FSh è quello che diventa un follicolo primario, oogonio. Livelli elevati di estrogeno determinano la produzione di LH che raggiunge un picco. Quello che era il follicolo diventa il corpo luteo, che rilascia il progesterone. Corpo luteo mantenuto e secerne progesterone perché sotto influenza di LH (ormone luteinizzante, permette alla struttura del corpo luteo di mantenersi e produrre ormoni). Produzione di progesterone da parte del corpo luteo, aumenta la produzione di estrogeno dal corpo luteo, che diventa struttura che secerne ormoni femminili nella fase post ovulatoria, in cui produzione ormone è necessaria a preparare utero ad eventuale gravidanza. Se non avviene la fecondazione, il corpo luteo perde le sue funzioni, degenera, i livelli di progesterone estrogeno calano, l’endometrio riduce la sua vascolarizzazione e si ha la fase mestruale e ciclo che ricomincia. Il sesso biologico è determinato geneticamente: XX femmine, XY maschio. Nelle prime fasi dello sviluppo embrionale non c’è differenza tra maschi e femmine, il sesso di base è quello femminile: si diventa maschi solo se si ha il cromosoma Y. A partire dall’ottava settimana si attiva il gene SRY, gene che determina il sesso. Questo, quando viene trascritto, produce la proteina IDF (fattore di determinazione testicolare). Si formano i testicoli, che producono 2 ormoni. - Ormone anti mulleriano AMH: fa degenerare i dotti di Muller, non sviluppa organi riproduttivi interni femminili, i mantengono i dotti di Wolff (contrario nelle femmine); - Testosterone (prodotto anche dalle femmine, in misura minore): - Diidrotestosterone DHT: androgeno più potente presente nel corpo, deriva dal testosterone. Sesso genetico (dipende dal tipo di cromosomi sessuali che un individuo possiede), gonatico (associato al tipo di ormoni prodotti dalle gonadi maschili e femminili) e fenotipico (fenotipo esterno, caratteri sessuali secondari, diffrenza tra maschi e femmine per organi interni, esempio barba, muscoli…). Lezione 11/12 Sesso genetico, gonadico, fenotipico L’ormone che mascolinizza i genitali è diidrotestosterone. Il sesso è determinato dal gene, SRY, che si trova sul cromosoma Y. E’ da quel gene, che, quando si attiva, porta ad una cascata di eventi che portano alla formazione di testicoli. * Un gene si attiva, viene prodotta una proteina, solitamente un enzima, che ha delle funzioni: attiva altre proteine, che vanno ad attivare altri geni e così via. Il gene, associato al fattore di trascrizione: se per caso questo anziché essere sul cromosoma Y si trova attivato su un altro. Gene SRY su cromosoma Y, questo attiva eventualmente dei geni che si trovano su un altro cromosoma. Se non abbiamo il gene SRY sul cromosoma Y, o se si è donne senza il gene SRY, quest’altro gene che è il bersaglio di SRY non verrà attivato. La maggior parte dei geni sono condivisi tra uomini e donne: l’unica differenza è che le donne non hanno il cromosoma Y. Tutti gli altri geni sono praticamente condivisi, ma alcuni dei geni vengono inibiti/silenziati nei due sessi. Gene che solitamente viene attivato dall’SRY, SOX9 nelle donne solitamente è inattivato: marcatura epigenetica, è un modo di mantenere un gene spento. Cosa succede se in una donna questo gene viene attivato? Queste saranno geneticamente XX, ma con testicoli, quindi fenotipicamente sono uomini. - Geneticamente femmine; - Da un punto di vista gonadico sono maschi, producono il testosterone, anche se non a grandissime quantità; - Dal punto di vista fenotipico sono maschi, però non sono fertili. In questa sequenza di eventi c’è sempre la possibilità che qualcosa non vada come deve andare, i disordini dello sviluppo sessuale. Sindrome da insensibilità aliandrogeni Sindrome in cui tutti gli individui sono geneticamente maschi, hanno il cromosoma sessuale Y, ma manca il recettore per gli androgeni: hanno una mutazione sul gene che codifica per questo recettore, il gene si trova sul cromosoma X, recettore non funzionale, non lega gli androgeni. Persone col cromosoma Y, tutto ciò che è legato alle prime fasi del sesso funziona, sviluppano i testicoli. Nel feto e nel bambino appena nato i testicoli scendono verso la pubertà, ma all’inizio si trovano nella zona addominale. Producono l’AMH. Non hanno i recettori per androgeni o non sono funzionali. Quando questi bambini nascono sono da un punto di vista estetico delle bimbe e evngono assegnati al sesso femminile, i loro genitali sembrano una vagina. Alla pubertà producono testosterone, che viene metabolizzato/aromatizzato in estrogeni. Testosterone biochimicamente aromatizzato in estradiolo. Nel tessuto delle ghiandole mammarie, la quantità di estradiolo aumenta e questi sviluppano il seno: dal punto di vista fenotipico sono donne. Ci si rende conto quando alla pubertà le femmine non hanno le mestruazioni: non sono femmine dal punto di vista genetico. Sono sterili, tendono ad essere un po’ più alte della media. Donne a tutti gli effetti: preferenza verso gli individui verso il sesso opposto. Ermafroditismo nella nostra specie e nei mammiferi non esiste: individuo che è in grado di produrre entrambi i gameti. Ci sono diversi casi nel mondo dei vertebrati (pesci, anfibi) o molluschi; questi hanno sia l’organo sessuale maschile che il femminile, per cui producono sia gli spermatozoi che gli oociti. 5 alfa reduttasi: enzima che serve per metabolizzare il testosterone a diidrotestosterone. Il testosterone entra nelle cellule, se è presente l’enzima viene metabolizzato a diidrotestosterone (androgeno più potente). Necessario per lo sviluppo di caratteri maschili (genitali, prostata ecc…). I bambini sono geneticamente maschi ma il gene che codifica per questo enzima è mutato, quindi non producono diidrosterone: alla nascita i loro genitali vengono definiti ambigui, difficile distinguere (non si capisce se siano maschili o femminili). Si assegnavano i bambini al genere femminile. Durante la pubertà incominciano a produrre testosterone nelel quantità normali per individui di sesso maschile. L'elevata concentrazione di testosterone è in grado di virilizzare gli individui: aumenta massa muscolare, producono peluria, hanno aspetto fenotipico masculino, cambiano la voce ecc. Queste persone, cresciute come femmine, decidono di cambiare genere quando raggiungono la pubertà; hanno orientamento sessuale tipico del genere maschile. Iperplasia surrenalica congenita: ghiandole surrenali producono ormoni importanti per la sopravvivenza (adrenalina) e vengono rilasciati negli steroidi che regolano la pressione sanguigna (aldosterone, cortisolo, androgeni deboli “androsembione”). * Ormoni forti, deboli: con quanta facilità l’ormone si lega al recettore. Gli steroidi vengono prodotti dal colesterolo. Abbiamo 3 vie: - Aldosterone: regola la concentrazione di sali; - Cortisolo; - Ormoni sessuali: testosterone, diidrosterone o estradiolo; * 21 idrossilasi: enzima necessario per far sì che il progesterone possa essere convertito in aldosterone e in cortisolo. Se questa non funziona o è assente, non possiamo produrre gli ormoni, c’è un blocco. Il progesterone segue la terza via, quindi produco molti più androgeni di una persona normale. I bambini sono a rischio di morte precoce: rischiano di diventare disidratati non appena nascono, non producendo cortisolo il loro metabolismo è completamente andato, non riescono a regolare la concentrazione glucidica ecc. Vengono immediatamente trattati con sterone e cortisolo per mantenerli in vita. Sono stati posti ad un’elevata quantità di androgeni, che in elevate quantità possono competere col testosterone e altri ormoni per legare tutti i recettori che ci sono. Questi sono esposti a livelli di androgeni deboli durante le fasi dello sviluppo. Se sei un maschio non ci sono grandi incidenze, ma se sei femmina dovresti crescere senza androgeni, quindi la loro presenza ti mascolinizza. Esempio: clitoride molto grande che sembra pene. Sono donne che tendono a preferire uno stile di vita da maschio, preferenze omosessuali. Conigli, se castrati, si sviluppano come femmine, anche comportamentalmente. Prendi i testicoli, li inserisci ad embrione geneticamente femmina, questo si sviluppa con caratteristiche tipiche dei maschi. Teoria ormonale delle differenze sessuali legate alle caratteristiche e comportamento riproduttivi: il testosterone ha un effetto mascolinizzante solo durante un determinato periodo “critico”. Questo è il periodo perinatale (appena prima e appena dopo la nascita). Il periodo critico è una finestra temporale durante lo sviluppo in cui alcune esperienze interne o esterne all’organismo influenzano lo sviluppo del cervello. Non esiste solo per la mascolinizzazione da parte del testosterone. Il cervello e le sue funzioni si sviluppano perché esistono finestre temporali di plasticità: i circuiti ormonali possono essere cambiati durante quel periodo; passato quel periodo, non è più possibile modificare queste caratteristiche. Durante il periodo critico avviene l’effetto organizzativo del testosterone, che modifica la morfologia e le funzioni delle strutture del cervello. E’ il meccanismo e la modificazione del cervello da parte del testosterone. Gli effetti organizzativi sono irreversibili. Il testosterone presente durante il periodo critico dello sviluppo modifica poi non può più essere cambiato. L’effetto organizzativo è diverso da quello attivazionale: effetti transitori causati dagli steroidi sessuali nell’animale adulto. Quando raggiunge la pubertà produce gli ormoni sessuali che agiscono sulle aree organizzate durante il periodo critico. Quando gli steroidi agiscono su queste aree, determinano comportamenti diversi tra maschi e femmine “comportamento sessualmente dimorfico", esempio ratto. 1° esperimento: ruolo del testosterone nel mascolinizzare il comportamento sessuale femminile. - Maschio normale non trattato (castrato alla nascita); Vogliamo capire se il testosterone mascolinizza e altera i comportamenti sessuali e se lo fa durante il periodo critico. Dovrei eliminare il testosterone dai maschi. Momento critico nei roditori è a cavallo della nascita, posso castrare il piccolo appena nato che non viene esposto a tutta la quantità di testosterone durante tutto il periodo. Animale non castrato: gli mettiamo nella gabbia una femmina in mestruo (periodo fertile) il maschio cerca di montarla. Mettiamo un altro maschio, non monta, lo picchia. - Femmina Mettiamo femmina con un maschio fa lordosi (se in mestruo), se la mettiamo con un’altra femmina non la monta. Se prendiamo una femmina e la trattiamo con testosterone, durante il periodo critico, poi le diamo il testosterone poco prima di testarla: quando si trova con un maschio non fa la lordosi, quando si trova con una femmina cerca di montarla. Abbiamo mascolinizzato il comportamento della femmina. Se prendiamo un maschio e lo castriamo alla nascita, così non è completamente esposto al testosterone durante periodo critico e gli diamo l’estradiolo: osserviamo che il maschio si è de-mascolinizzato, mostra comportamenti femminili, davanti al maschio fa la lordosi, davanti ad una femmina non la monta. Questo dimostra che durante il periodo perinatale, il testosterone è necessario per mascolinizzare il comportamento riproduttivo del ratto. Area del cervello mediale pre-ottica che nel roditore è essenziale per far sì che il maschio manifesti comportamenti riproduttivi maschili nelle condizioni appropriate. Il nucleo sessualmente domotico dell’area preottica SDMPOA. - Maschi hanno un’area con maggiori neuroni delle femmine. Se prendo una femmina e la espongo al testosterone durante il periodo critico, il suo nucleo raggiunge le dimensioni del maschio. Se questo viene fatto nella vita adulta non succede niente. Il testosterone ha organizzato la struttura e la morfologia del nucleo dell’ipotalamo. La conseguenza dell’effetto organizzativo a livello del cervello si manifesta nel comportamento maschile riproduttivo. Femmina: se al posto del testosterone uso l’estradiolo ho lo stesso effetto. Nel maschio le cellule dei genitali vengono virilizzate e mascolinizzate se è presente il diidrotestosterone; a partire dallo stesso ormone avremo la 5 alfa reduttasi che prende il testosterone e lo trasforma in diidrotestosterone. Nello stesso individuo e lo stesso sesso, quelle cellule avranno attivato un altro gene, che esprimono un altro gene. Il testosterone entra e viene cambiato in estrogeno. In realtà non esistono ormoni maschili e femminili, esistono cellule maschili e femminili. La mascolinizzazione dell’area preottica dipende dall’estrogeno. Feto produce proteina alfa feto proteina, AFP, che raggiunge il circolo sanguigno della madre e lega gli estrogeni prodotti dalla madre, agisce come scudo. Gli estrogeni non possono diffondere all’interno del tessuto e delle cellule degli embrioni e dei feti. Protegge il cervello femminile dagli estrogeni prodotti dalla mamma. Lezione 07/01 Evoluzione biologica e selezione naturale Darwin cercò di proporre un meccanismo che potesse spiegare qualcosa di semplice: l’osservazione di alcune caratteristiche che erano state osservate da filosofi molto prima di lui. Il fatto che nel mondo naturale si osserva una grande varietà di specie, caratteristiche e fenotipi, ma spesso, specie diverse, organismi diversi mostrano somiglianze. Perché specie così diverse possono essere raggruppate in base a somiglianze? L’unica classificazione proposta prima di Darwin per cercare di spiegare era la scala natura: una classificazione basata su una scala di somiglianza tra gli animali e l’uomo. Alla base della scala abbiamo le specie più distanti, man mano che ci avviciniamo abbiamo specie che ci assomigliano. Le specie più vicine all’uomo erano definite come un livello di perfezione. Dopo Darwin gli organismi vengono raggruppati in base a organismi che mostrano un’origine comune. Utilizzando somiglianze, legate all’anatomia o agli aspetti di genetica, si cerca di ricostruire le relazioni evolutive. Si hanno quindi livelli diversi, si parte dai più ampi, i domini, che include un numero elevato di specie al loro interno. L’albero della vita si basa sul dominio degli archei, dei batteri e degli eucarioti. Si passa ai regni, poi ai phylum, sottotipo, classe, ordine, famiglia, genere, specie, nome comune. Esempio: classificazione dell’homo sapiens: dominio eucarioti, regno animale, phylum cordati, sottotipo vertebrati, classe mammiferi, ordine primati, famiglia ominidi, genere homo, specie sapiens. Nel genere homo, ci siamo solo noi, tutte le altre specie che vi appartenevano, sono estinte. Darwin Le somiglianze tra i caratteri di specie diverse che sono osservabili, dipende dal fatto che le specie derivano da un progenitore comune, che nel tempo si sono diversificate. Possiamo riconoscere tra specie diverse dei caratteri che le rendono simili. Possiamo classificarle all’interno di un gruppo tra specie imparentate. Si differenziano perché devono essere avvenuti dei meccanismi di diversificazione/speciazione. Le specie diverse hanno un progenitore comune. Le differenze derivano dal ruolo che ha l’ambiente nel selezionare gli individui con caratteristiche favorevoli. All’interno di una popolazione non tutti gli individui si assomigliano, alcune caratteristiche possono essere favorevoli: in un determinato ambiente possono aumentare la sopravvivenza o la probabilità di sopravvivenza di individui, quindi se questi durano a lungo si riproducono e i geni associati ai caratteri vantaggiosi favorevoli verranno trasmessi alla prole. Tutti gli individui di quella specie mostreranno il carattere favorevole. Storia evolutiva Bisogna determinare se somiglianze tra specie diverse rappresentano una storia comune. Si parte dallo studio dell’anatomia comparata e della genomica comparata di oggi (sequenze di DNA in diverse specie) e quello che si è cercato di fare è studiare le omologie e differenziare e distinguere le omologie e le analogie. Omologie: somiglianze dovute ad una discendenza comune. Permettono di ricostruire gli alberi filogenetici, che raccontano l’evoluzione delle specie. Un carattere omologo tra specie diverse era presente nel progenitore comune. Servono per ricostruire la storia evolutiva di una specie. Esempio: braccio dell’uomo, arto anteriore del gatto, pinna pettorale della balena e l'ala del pipistrello. Senza vedere le ossa, non si noterebbe la somiglianza tra essi. Andando a studiare le ossa si osserva che l’organizzazione ossea delle 4 caratteristiche sono identiche. Il disegno della struttura è la stessa. Anche se troviamo strutture che nella specie attuale che stiamo studiando hanno funzioni totalmente diverse, la struttura è uguale e deriva da un antenato comune. Il progenitore è il tetrapodo, che si è originato dai pesci. Caratteri ancestrali condivisi: caratteri presenti nel progenitore comune e rimasti pressoché uguali nella storia evolutiva della specie. Li utilizziamo per creare i gruppi un po’ più ampi. Esempio: tutti gli animali con la colonna vertebrale appartengono ad un sottogruppo con un progenitore comune. Caratteri derivati condivisi: sono più recenti. Li utilizziamo per ridurre i livelli, per andare ai livelli sempre più precisi, che indicano un’evoluzione più recente. Esempio: prendiamo i mammiferi, che quasi tutti hanno le narici nella parte anteriore del muso. Se andiamo a vedere dov’è posto il naso nei mammiferi acquatici, si trovano all'estremità del capo. La narice a sfiatatoio è un carattere derivato dei mammiferi acquatici. La ghiandola mammaria è un carattere ancestrale, è presente in tutti i mammiferi. Strutture vestigiali: rimangono presenti in una specie perché presenti in un progenitore comune (magari anche con una funzione importante), ma nell’evoluzione della specie non sono più utili, ma sono presenti. Esempio: coccige (rimanenza della coda), appendice (la maggior parte degli antenati sono erbivori: la digestione di frutta, foglie e vegetali richiede più tempo) ? min 29. Analogie/omoplasie: somiglianza nella funzione di alcune caratteristiche, che non dice nulla relativamente alla storia evolutiva della specie. Non si ha un’origine comune. Esempio: ali del pipistrello, dell’uccello e degli insetti. Nel pipistrello si ha un’origine epidermide, nell’uccello si ha un'evoluzione delle penne e negli insetti le ali sono composte da una struttura completamente diverse. Osserviamo 3 caratteristiche molto simili: hanno la funzione del volo, ma non possiamo utilizzarle per creare una storia evolutiva per queste 3 specie diverse. Tutto ciò che ha a che fare con una somiglianza di funzione non dice niente sull’origine. Evoluzione divergente: processo che a partire da un progenitore comune con determinate caratteristiche determina l'evoluzione di strutture diverse. Arto anteriore di un tetrapode utile per la locomozione si evolve in una pinna utile e un’ala per l’uccello. Evoluzione convergente: si hanno strutture che non condividono quasi nulla, da un punto di vista evolutivo, ma che hanno la stessa funzione. Esempio: ali, forma idrodinamica dei pesci e degli acquatici. È lo stesso ambiente che ha selezionato strutture simili, che non ci aiutano a ricostruire la storia evolutiva recente. Ricostruzione della storia evolutiva tramite fossili ha dei limiti: - Preservazione dei resti; - Osservazioni della substrato roccioso; Probabilmente molte specie non hanno lasciato fossili. Metodo per studiare omologie e analogie anche a livello molecolare. Permette di andare lontano nel tempo con anche accuratezza. L’idea alla base dell’utilizzo di tecniche molecolari. 1) Tutte le specie viventi condividono il DNA. Avevano un progenitore comune il cui codice genetico si basava su un linguaggio di nucleotidi; Esempio: mioglobina di 5 specie diverse, osserviamo dei colori diversi a livello della molecola. Dove c’è il rosso abbiamo un’alta somiglianza nella sequenza amminoacidica. Dove c’è il rosa, abbiamo un’elevata somiglianza, ma qualche differenza, dove è bianca abbiamo una maggiore differenza. Esiste una sequenza di amminoacidi che rimane identica tra le specie diverse, la regione che lega l’ossigeno. Specie che hanno un minor differenza di amminoacidi sono maggiormente imparentate. Omologie molecolari danno un’idea più precisa sulla data. Come avviene l’evoluzione? DNA, mutazioni (casuali), che determinano un cambiamento del genotipo, cambiamenti nel fenotipo, variabilità nella popolazione (adattamenti), cambiamenti nelle frequenze alleliche nel pool genico, muove specie: evoluzione ed estinzione. Evoluzione biologica: accumulo, nel corso delle generazioni, di cambiamenti genetici osservabili nella forma e nel comportamento (nel fenotipo) di una popolazione di organismi di una specie. Esempio: cranio di homo sapiens moderno e cranio di homo sapiens arcaico (stessa specie). Cranio di homo sapiens e homo erectus. Popolazione: gruppo di individui della stessa specie che possono riprodursi dando origine a prole fertile e che vive nella stessa area geografica. Specie: gruppo di organismi con struttura, funzione e comportamento simili. Sono in grado di accoppiarsi e generare prole fertile. Esempio: il mulo è un ibrido. Non rappresenta la definizione di specie, è ibrido e non è sterile. La parte che ha a che fare coi cambiamenti genetici prende il nome di “microevoluzione” studio dell’evoluzione a livello genetico, la seconda prende il nome di “macroevoluzione”, come si evolvono le specie. Cosa richiede l'evoluzione biologica? Richiede che esista variazione genetica. Individui che appartengono alla stessa specie. La variazione genetica deve essere espressa nel fenotipo, dobbiamo essere in grado di osservare variabilità e variazione nel fenotipo. La variazione deve essere ereditabile. Se esistono differenze genetiche tra individui diversi, questi devono essere in grado di trasmettere questi geni alla prole, quindi ci deve essere ereditarietà. Si ipotizza che nell’arco delle generazioni, generazioni diverse accumulino differenze genetiche e quindi fenotipiche. Variabilità genetica nella popolazione, questa deve essere espressa nel fenotipo. Appartengono alla stessa specie ma vivono in ambienti diversi: queste popolazioni possono divergere, diventare diverse. A partire dalla variabilità genetica, eventualmente, popolazioni diverse possono accumulare differenze fenotipiche. Meccanismi alla base dell’evoluzione: 1) Mutazioni; 2) Deriva genetica; 3) Migrazione (o sesso genico); 4) Accoppiamento non casuale; 5) Selezione naturale. Tutti possono cambiare le frequenze alleliche di una popolazione. Mutazioni: meccanismo primario che genera variabilità genetica in una popolazione. Possono avvenire per errore di copiatura dell’acido nucleico o per eventi casuali ambientali (radiazioni, farmaci) o genetici (ricombinazione). Sono trasmissibili solo quelle che avvengono a livello dei gameti. Cambiamenti permanenti, ereditabili nella sequenza del DNA (o nella struttura dei cromosomi). Mutazioni sono causate sia da rari errori spontanei nella replicazione del DNA o da stress ambientali (radiazioni, mutageni chimici, ecc.). - benché usualmente dannose, le mutazioni possono essere silenti o raramente vantaggiose; - Le mutazioni sono la fonte della variazione genetica che permette il verificarsi dell’evoluzione. Nel corso dei cambiamenti evolutivi hanno un ruolo trascurabile. Frequenze alleliche: come fenotipi variano all’interno della popolazione. Importanti effetti sulle frequenze alleliche. Le differenze possono essere causate dalle dimensioni di una popolazione. Deriva genetica: può causare evoluzione attraverso fluttuazioni casuali del pool genico di una popolazione. Le dimensioni piccole di una popolazione potrebbe portare dei cambiamenti molto drastici sulle frequenze alleliche. Un allele presente u A una bassa frequenza potrebbe essere perso per puro effetto del caso. In popolazioni di grandi dimensioni eventi casuali hanno effetti lievi sulla frequenza allelica. In quelle di piccole dimensioni gli effetti casuali possono avere effetti importanti. Nelle popolazioni di grandi dimensioni non ha un effetto importante. Esempio: popolazione di pinguini, alleli diversi. La frequenza degli individui è di 1000 su 10000, 10%. Immaginiamo che per puro caso l’iceberg si spezzi e metà muoiano: metà sopravvivono, incluso 450 degli alleli diversi. Si passa da un 10% ad un 9%. Tra 10 individui solo uno è rosso, si trova nella metà che si spezza, quindi muore, quindi l’individuo rosso compare. In popolazioni di piccole dimensioni, piccoli eventi casuali possono avere effetti importanti per quanto riguarda gli alleli. Esempi importanti: - Collo di bottiglia (bottleneck); - Effetto del fondatore (the founder effect). Abbiamo una bottiglia con palline blu e rosse, la giriamo: chi tra questi individui esce dalla bottiglia è puramente casuale. Non è detto che quello che raccogliamo rappresenti la vera distribuzione fenotipica. Ogni qualvolta abbiamo una popolazione di piccole dimensioni e avviene un evento catastrofico che elimina individui della popolazione, è probabile che gli individui eliminati non siano quelli presenti in maniera maggiore/minore. Popolazioni degli elefanti marini in Canada, come conseguenza della caccia per le pellicce, venivano uccisi solo gli esemplari con le caratteristiche preferite dai cacciatori. Evento puramente casuale: riduzione della diversità fenotipica. La popolazione attuale è molto omogenea, è a rischio di estinzione. Il collo di bottiglia è stato un evento casuale. L'effetto del fondatore si ha quando gli individui di una popolazione migrano in un nuovo territorio in numero ridotto. Un piccolo numero di individui di una popolazione fonda una nuova popolazione che è riproduttivamente isolata da quella originale. Rimangono isolati per un certo periodo di tempo. Le frequenze alleliche sarà nel tempo diversa dalla frequenza allelica che si osservava nella popolazione originale. 20 palline blu, 10 rosse: migrano, 1 blu, 3 rosse. Esempio: isola. Amish Pennsylvania Con la deriva genetica 1 o più alleli possono scomparire o fissarsi nella popolazione. Fissarsi significa che nella popolazione, a quel locus genico, sarà presente solo quell’allele. Flusso Genico e Migrazione Ogni volta che individui di una popolazione migrano in un'altra popolazione, portano con sé gli alleli caratteristici della loro popolazione d'origine e aggiungono nuovi alleli alla popolazione di destinazione. Quando avviene una migrazione tra due popolazioni diverse, ciascuna delle quali è caratterizzata dallo stesso gene ma con alleli differenti, si verifica uno scambio genetico. Per esempio, una popolazione potrebbe introdurre il gene per il colore degli occhi marroni in un'altra popolazione. Attraverso l'accoppiamento, questi alleli possono combinarsi, dando luogo alla formazione di nuovi genotipi. La migrazione, quindi, può trasferire molti alleli, e la popolazione risultante può presentare caratteristiche molto diverse. Flusso genetico: è il trasferimento di alleli dentro o fuori da una popolazione, causato dal flusso migratorio di individui fertili. Questo fenomeno contribuisce a mantenere costante la variabilità genetica. Selezione Naturale La selezione naturale è un processo che agisce contro i caratteri deleteri e a favore di quelli vantaggiosi. Un carattere vantaggioso aumenta la probabilità di sopravvivenza e di riproduzione degli individui che lo possiedono. La selezione naturale si basa su tre principi fondamentali: 1. Variazione dei fenotipi e conseguente variazione genetica. 2. Ereditabilità: i geni e gli alleli che determinano i fenotipi devono essere trasmissibili dai genitori alla prole. 3. Adattamento: i caratteri vantaggiosi migliorano la capacità di sopravvivenza e riproduzione in un determinato ambiente. Quando Darwin formulò la teoria dell’evoluzione tramite selezione naturale, si basò su quattro osservazioni fondamentali: 1. Variabilità fenotipica: gli individui di una popolazione presentano una variabilità di caratteri fenotipici. Gran parte di questa variabilità è ereditabile. 2. Non tutti i caratteri sono ereditabili: alcuni caratteri, acquisiti durante la vita, non vengono trasmessi alla prole. 3. Sovrapproduzione della prole: tutte le specie producono più prole di quanta l'ambiente possa sostenere. Tuttavia, le risorse limitate creano pressioni selettive. 4. Sopravvivenza differenziale: non tutti gli individui riescono a procurarsi le risorse necessarie per sopravvivere, e molti non sopravvivranno. Da queste osservazioni, Darwin dedusse due principi fondamentali: 1. Successo riproduttivo differenziale: gli individui che sopravvivono sono quelli con caratteri che aumentano la probabilità di sopravvivenza. Con il tempo, questi caratteri diventano predominanti nella popolazione. 2. Adattamento evolutivo: caratteri vantaggiosi vengono accumulati nel corso delle generazioni, aumentando la capacità di sopravvivenza e riproduzione degli individui. Esempi di selezione naturale: I fringuelli di Darwin: diverse specie di fringuelli con becchi adattati a specifiche fonti di cibo. Virus: l’adattamento alle difese immunitarie o ai farmaci. Resistenza agli antibiotici: alcuni batteri sviluppano resistenza agli antibiotici. Tolleranza al lattosio: il gene per la lattasi si è mantenuto in alcune popolazioni umane, rendendo possibile la digestione del latte anche in età adulta. Modalità di Azione della Selezione Naturale 1. Selezione stabilizzante: favorisce i fenotipi intermedi ed elimina gli estremi. ◦ Esempio: peso alla nascita nei neonati (tra 2 e 4 kg). I neonati troppo piccoli possono avere difficoltà ad assorbire nutrienti, mentre quelli troppo grandi possono causare complicazioni durante il parto. 2. Selezione direzionale: favorisce un fenotipo estremo rispetto all'altro. ◦ Esempio: i cambiamenti nei becchi dei fringuelli di Darwin quando l'ambiente muta. 3. Selezione diversificante: favorisce entrambi i fenotipi estremi, eliminando quelli intermedi. Questo tipo di selezione può portare alla formazione di nuove specie. La selezione naturale elimina le mutazioni deleterie (selezione negativa) e favorisce le mutazioni vantaggiose. Tuttavia, alleli deleteri possono essere mantenuti nella popolazione attraverso due meccanismi: Diploidia: molti alleli deleteri sono recessivi e restano nascosti negli eterozigoti. ◦ Esempio: la fenilchetonuria, una malattia metabolica, è presente negli omozigoti, ma gli eterozigoti sono portatori sani. ◦ Altro esempio: l'acondroplasia, una condizione dominante letale negli omozigoti, è mantenuta attraverso gli eterozigoti. Vantaggio dell’eterozigote: in alcune condizioni ambientali, l'eterozigote ha un vantaggio selettivo rispetto agli omozigoti. ◦ Esempio: l’anemia falciforme offre protezione contro la malaria negli eterozigoti, mantenendo l'allele falciforme nella popolazione. Accoppiamento Non Casuale: Selezione Sessuale La selezione sessuale è un processo che seleziona caratteri apparentemente svantaggiosi per la sopravvivenza, ma vantaggiosi per il successo riproduttivo. Selezione intra-sessuale: competizione tra individui dello stesso sesso, spesso fisica. ◦ Esempio: corna dei cervi, utilizzate nei combattimenti tra maschi. Selezione inter-sessuale: preferenze di un sesso per determinati caratteri nell'altro sesso. ◦ Esempio: la coda del pavone, un carattere che segnala qualità genetiche nonostante sia svantaggioso per la sopravvivenza (ad esempio, per sfuggire ai predatori). La selezione sessuale è spesso associata al dimorfismo sessuale, dove i maschi e le femmine di una specie mostrano differenze evidenti nei caratteri fisici e comportamentali. Lezione 08/01 Flusso Genico e Migrazione Ogni volta che individui di una popolazione migrano in un'altra popolazione, portano con sé gli alleli caratteristici della loro popolazione d'origine e aggiungono nuovi alleli alla popolazione di destinazione. Quando avviene una migrazione tra due popolazioni diverse, ciascuna delle quali è caratterizzata dallo stesso gene ma con alleli differenti, si verifica uno scambio genetico. Per esempio, una popolazione potrebbe introdurre il gene per il colore degli occhi marroni in un'altra popolazione. Attraverso l'accoppiamento, questi alleli possono combinarsi, dando luogo alla formazione di nuovi genotipi. La migrazione, quindi, può trasferire molti alleli, e la popolazione risultante può presentare caratteristiche molto diverse. Flusso genetico: è il trasferimento di alleli dentro o fuori da una popolazione, causato dal flusso migratorio di individui fertili. Questo fenomeno contribuisce a mantenere costante la variabilità genetica. Selezione Naturale La selezione naturale è un processo che agisce contro i caratteri deleteri e a favore di quelli vantaggiosi. Un carattere vantaggioso aumenta la probabilità di sopravvivenza e di riproduzione degli individui che lo possiedono. La selezione naturale si basa su tre principi fondamentali: 1. Variazione dei fenotipi e conseguente variazione genetica. 2. Ereditabilità: i geni e gli alleli che determinano i fenotipi devono essere trasmissibili dai genitori alla prole. 3. Adattamento: i caratteri vantaggiosi migliorano la capacità di sopravvivenza e riproduzione in un determinato ambiente. Quando Darwin formulò la teoria dell’evoluzione tramite selezione naturale, si basò su quattro osservazioni fondamentali: 1. Variabilità fenotipica: gli individui di una popolazione presentano una variabilità di caratteri fenotipici. Gran parte di questa variabilità è ereditabile. 2. Non tutti i caratteri sono ereditabili: alcuni caratteri, acquisiti durante la vita, non vengono trasmessi alla prole. 3. Sovrapproduzione della prole: tutte le specie producono più prole di quanta l'ambiente possa sostenere. Tuttavia, le risorse limitate creano pressioni selettive. 4. Sopravvivenza differenziale: non tutti gli individui riescono a procurarsi le risorse necessarie per sopravvivere, e molti non sopravvivranno. Da queste osservazioni, Darwin dedusse due principi fondamentali: 1. Successo riproduttivo differenziale: gli individui che sopravvivono sono quelli con caratteri che aumentano la probabilità di sopravvivenza. Con il tempo, questi caratteri diventano predominanti nella popolazione. 2. Adattamento evolutivo: caratteri vantaggiosi vengono accumulati nel corso delle generazioni, aumentando la capacità di sopravvivenza e riproduzione degli individui. Esempi di selezione naturale: I fringuelli di Darwin: diverse specie di fringuelli con becchi adattati a specifiche fonti di cibo. Virus: l’adattamento alle difese immunitarie o ai farmaci. Resistenza agli antibiotici: alcuni batteri sviluppano resistenza agli antibiotici. Tolleranza al lattosio: il gene per la lattasi si è mantenuto in alcune popolazioni umane, rendendo possibile la digestione del latte anche in età adulta. Modalità di Azione della Selezione Naturale 1. Selezione stabilizzante: favorisce i fenotipi intermedi ed elimina gli estremi. ◦ Esempio: peso alla nascita nei neonati (tra 2 e 4 kg). I neonati troppo piccoli possono avere difficoltà ad assorbire nutrienti, mentre quelli troppo grandi possono causare complicazioni durante il parto. 2. Selezione direzionale: favorisce un fenotipo estremo rispetto all'altro. ◦ Esempio: i cambiamenti nei becchi dei fringuelli di Darwin quando l'ambiente muta. 3. Selezione diversificante: favorisce entrambi i fenotipi estremi, eliminando quelli intermedi. Questo tipo di selezione può portare alla formazione di nuove specie. La selezione naturale elimina le mutazioni deleterie (selezione negativa) e favorisce le mutazioni vantaggiose. Tuttavia, alleli deleteri possono essere mantenuti nella popolazione attraverso due meccanismi: Diploidia: molti alleli deleteri sono recessivi e restano nascosti negli eterozigoti. ◦ Esempio: la fenilchetonuria, una malattia metabolica, è presente negli omozigoti, ma gli eterozigoti sono portatori sani. ◦ Altro esempio: l'acondroplasia, una condizione dominante letale negli omozigoti, è mantenuta attraverso gli eterozigoti. Vantaggio dell’eterozigote: in alcune condizioni ambientali, l'eterozigote ha un vantaggio selettivo rispetto agli omozigoti. ◦ Esempio: l’anemia falciforme offre protezione contro la malaria negli eterozigoti, mantenendo l'allele falciforme nella popolazione. Accoppiamento Non Casuale: Selezione Sessuale La selezione sessuale è un processo che seleziona caratteri apparentemente svantaggiosi per la sopravvivenza, ma vantaggiosi per il successo riproduttivo. Selezione intra-sessuale: competizione tra individui dello stesso sesso, spesso fisica. ◦ Esempio: corna dei cervi, utilizzate nei combattimenti tra maschi. Selezione inter-sessuale: preferenze di un sesso per determinati caratteri nell'altro sesso. ◦ Esempio: la coda del pavone, un carattere che segnala qualità genetiche nonostante sia svantaggioso per la sopravvivenza (ad esempio, per sfuggire ai predatori). La selezione sessuale è spesso associata al dimorfismo sessuale, dove i maschi e le femmine di una specie mostrano differenze evidenti nei caratteri fisici e comportamentali. Lezione 9/1/25 Evoluzione della nostra specie La nostra specie si è evoluta attraverso un processo complesso e lungo, caratterizzato da modifiche graduali nel tempo che hanno portato all’acquisizione di caratteristiche specifiche, i cosiddetti caratteri derivati, che distinguono le specie moderne dai loro antenati più remoti. Questi caratteri derivati sono fondamentali per separare specie affini, poiché derivano da antenati più recenti e riflettono adattamenti unici a diversi ambienti ed esigenze ecologiche. Caratteri derivati dei primati I primati presentano una serie di caratteri derivati che li distinguono da altre categorie di mammiferi. Tali caratteri si sono evoluti principalmente in relazione alla vita arboricola. 1. Faccia appiattita e occhi in posizione frontale ◦ Questa caratteristica consente la visione stereoscopica, fondamentale per percepire la profondità. Tale capacità è cruciale per la vita sugli alberi, permettendo di valutare accuratamente la distanza tra i rami. 2. Mani e piedi con pollice e alluce opponibili ◦ L’opponibilità di pollice e alluce consente la presa prensile, rendendo possibile afferrare i rami e manipolare oggetti. 3. Palmi callosi ◦ Questi garantiscono una maggiore sensibilità al tatto, migliorando la manipolazione degli oggetti e il riconoscimento del cibo (ad esempio, distinguere tra frutti maturi e non maturi). 4. Assenza di specializzazione alimentare ◦ I primati sono generalmente onnivori, in grado di adattarsi a diete diverse in base all’ambiente. Solo poche specie, come lo scimpanzé e l’uomo, hanno un comportamento carnivoro occasionale, ma la dieta di base resta prevalentemente varia. Divisione dei primati I primati si suddividono in due grandi gruppi: 1. Proscimmie ◦ Include specie come lemuri e loris, che rappresentano forme più primitive di primati. 2. Scimmie vere e proprie ◦ Questo gruppo si suddivide ulteriormente in: ▪ Scimmie antropomorfe: Specie simili all’uomo, come scimpanzé, gorilla, oranghi e gibbone. ▪ Scimmie del Vecchio Mondo: Specie che popolano Africa e Asia. ▪ Scimmie del Nuovo Mondo: Specie che abitano l’America Meridionale. Caratteri derivati degli ominidi Gli ominidi si distinguono dalle scimmie del Vecchio Mondo, pur condividendo un antenato comune con esse circa 23 milioni di anni fa. Tra i caratteri derivati degli ominidi si evidenziano: 1. Assenza della coda ◦ Questo tratto rappresenta un adattamento alla vita terrestre o arboricola più evoluta. 2. Arti anteriori più lunghi ◦ Un adattamento alla vita arboricola che consente movimenti efficaci sugli alberi. 3. Aumento della dimensione del cervello ◦ Gli ominidi presentano un cervello più sviluppato, in proporzione al corpo, rispetto ad altri primati. 4. Lobi delle orecchie sviluppati ◦ Questa caratteristica è unica rispetto ad altre scimmie. 5. Longevità maggiore ◦ Gli ominidi, e in particolare la nostra specie, hanno un ciclo di vita più lungo. L’età massima di circa 70 anni era già raggiunta dai nostri antenati. La longevità è correlata anche a un periodo di sviluppo più lungo (prepubertà estesa). Adattamento agli alberi (non nell’uomo moderno) ◦ Gli scimpanzé, ad esempio, costruiscono nidi sugli alberi per proteggersi durante il sonno. Locomozione sulle nocche ◦ Gli scimpanzé, pur essendo capaci di tenere una posizione eretta e di compiere azioni come il lancio di oggetti, utilizzano principalmente una locomozione quadrupede, con le braccia lunghe che si appoggiano al terreno. La separazione tra uomo e scimpanzé Circa 12 milioni di anni fa, esisteva un antenato comune tra scimpanzé, Homo sapiens e gorilla. La linea evolutiva che ha portato alla comparsa dell’uomo si è separata da quella degli scimpanzé circa 6 milioni di anni fa. Tuttavia, ricostruire con precisione ciò che è avvenuto in questo lasso di tempo è complesso, a causa della scarsità di reperti fossili e dei “buchi” nelle evidenze disponibili. Caratteri derivati degli ominini Gli ominini comprendono le specie appartenenti alla nostra linea evolutiva. Questi presentano caratteri specifici che li distinguono da scimpanzé e gorilla. 1. Locomozione bipede ◦ L’evoluzione di una postura eretta e della locomozione bipede è una delle caratteristiche distintive principali. 2. Morfologia della dentatura ◦ La dentizione si è modificata in risposta ai cambiamenti nella dieta e nell’ecosistema. 3. Aumento delle dimensioni cerebrali ◦ Il cervello si è sviluppato sempre di più, in proporzione al corpo, permettendo lo sviluppo di capacità cognitive complesse. Influenza dei cambiamenti climatici Negli ultimi 6 milioni di anni, il clima del pianeta è diventato progressivamente più freddo e variabile. Questo cambiamento ha avuto un ruolo cruciale nell’evoluzione degli ominini, generando pressioni selettive che hanno favorito lo sviluppo di nuovi caratteri derivati. Incertezza climatica ◦ I cambiamenti climatici hanno reso le risorse alimentari più variabili e difficili da prevedere, costringendo gli ominini ad adattarsi a una gamma più ampia di ecosistemi e a diete diverse. Ipotesi ecologiche ◦ I caratteri derivati degli ominini, come la postura eretta, potrebbero essere stati favoriti dalla necessità di muoversi in ambienti aperti, come la savana, dove le foreste erano meno diffuse. Confronto con altri primati Gli scimpanzé, seppur capaci di assumere una posizione eretta, presentano tratti come l’alluce opponibile non in linea con il piede e ginocchia piegate. Gli australopiteci rappresentano una forma intermedia tra scimpanzé e Homo sapiens, con caratteri sia ancestrali che derivati, come la locomozione bipede e una dentizione più simile a quella umana. Cambiamenti climatici, habitat e pressioni selettive L’ambiente terrestre ha subito negli ultimi milioni di anni profonde trasformazioni climatiche e ambientali, che hanno avuto un ruolo cruciale nell’evoluzione degli ominini. Una delle principali dinamiche è stata il cambiamento climatico, che ha portato a una modifica degli habitat e delle risorse disponibili, creando nuove pressioni selettive. Periodi di raffreddamento globale hanno reso l’ambiente più freddo, secco e arido, determinando una significativa riduzione delle foreste tropicali e la formazione di paesaggi più aperti. In Africa, in particolare, si sviluppò un paesaggio a mosaico caratterizzato dall’alternanza di foresta e savana. Questi cambiamenti hanno avuto un impatto significativo sull’ecologia degli ominini. Le specie arboricole, che basavano la loro sopravvivenza su un habitat forestale, si trovarono a competere per risorse sempre più scarse. Di conseguenza, molte di esse subirono un declino, mentre alcune iniziarono ad adattarsi alla vita in ambienti più aperti. Per queste ultime, la transizione dalla vita arboricola a quella terrestre comportò la specializzazione su nuove risorse alimentari, come tuberi e radici, particolarmente caloriche. La necessità di muoversi su terreni aperti potrebbe aver favorito l’evoluzione del bipedismo, una caratteristica distintiva degli ominini che consentì loro di spostarsi con maggiore efficienza e di accedere a nuove nicchie ecologiche. Adattamenti strutturali per la locomozione bipede L’evoluzione del bipedismo è stata accompagnata da una serie di modifiche anatomiche che hanno reso possibile la locomozione eretta. Questi adattamenti hanno interessato diverse parti dello scheletro umano, consentendo di migliorare l’efficienza del movimento su due arti. 1. Foro occipitale Il foro occipitale, ovvero l’apertura alla base del cranio dove si collega la colonna vertebrale, è posizionato più anteriormente nell’uomo rispetto alle grandi scimmie. Questa posizione consente alla colonna vertebrale di articolarsi in modo perpendicolare al cranio, favorendo una postura eretta e un bilanciamento efficace del capo. 2. Colonna vertebrale La colonna vertebrale umana presenta quattro curvature: due ancestrali, toracica e sacrale, e due derivate, cervicale e lombare. Questa conformazione è fondamentale per distribuire uniformemente il peso corporeo e garantire la stabilità nella postura eretta. Negli scimpanzé, invece, la colonna vertebrale ha una sola curvatura toracica, il che rende la posizione eretta meno stabile e più dispendiosa dal punto di vista energetico. Le curvature derivate si sviluppano durante la crescita: la curvatura cervicale compare quando il bambino impara a tenere la testa eretta, mentre quella lombare si forma intorno al primo anno di vita, quando inizia a camminare. 3. Gabbia toracica La gabbia toracica nell’uomo ha una forma a botte, che migliora l’equilibrio e la mobilità delle braccia durante la locomozione. Al contrario, nelle scimmie è a imbuto rovesciato, una forma più adatta all’arrampicata e alla vita arboricola. 4. Bacino Il bacino umano è corto, largo e robusto, caratteristiche che gli permettono di sostenere il peso del corpo e di garantire una solida articolazione con il femore. Questa configurazione è fondamentale per il bilanciamento durante la locomozione bipede. 5. Arti inferiori Le gambe umane sono più lunghe delle braccia, un adattamento che aumenta l’efficienza del movimento. Inoltre, il femore forma un angolo mediale verso il ginocchio, portando quest’ultimo vicino alla linea centrale del corpo. Questo è un adattamento unico rispetto alle scimmie, il cui femore non forma alcun angolo. 6. Piede Il piede umano presenta diverse caratteristiche specifiche per la locomozione bipede: L’alluce non è opponibile e allineato alle altre dita, permettendo una spinta e un equilibrio più efficace. Gli archi longitudinali e trasversali del piede fungono da ammortizzatori, aumentando la stabilità e riducendo l’impatto durante il cammino. 7. Tendine d’Achille Il tendine d’Achille è più lungo e robusto rispetto a quello delle scimmie, consentendo una maggiore forza propulsiva durante la camminata e la corsa. Efficienza del bipedismo Studi scientifici hanno dimostrato che la locomozione bipede umana è significativamente più efficiente rispetto a quella degli scimpanzé. Questi ultimi, quando camminano su due arti, consumano molta più energia rispetto agli esseri umani. Grazie a questa efficienza, l’uomo è in grado di percorrere lunghe distanze – tra 8 e 15 km al giorno – con un dispendio energetico contenuto. Un aspetto particolarmente interessante è la capacità degli esseri umani di praticare la “caccia per persistenza”, una strategia che consiste nel seguire una preda per lunghe distanze fino a sfinirla. Questo tipo di caccia ha rappresentato un importante vantaggio evolutivo per l’uomo. Vantaggi selettivi del bipedismo L’adozione della locomozione bipede ha comportato numerosi vantaggi selettivi, che hanno contribuito al successo evolutivo degli ominini: 1. Termoregolazione La postura eretta riduce l’esposizione diretta ai raggi solari, diminuendo il rischio di surriscaldamento. Questo ha permesso agli ominini di svolgere attività nelle ore più calde della giornata, un momento in cui i predatori erano meno attivi. 2. Risparmio energetico La locomozione bipede è più efficiente rispetto alla quadrupedia, consentendo agli ominini di spostarsi su lunghe distanze con un minor consumo di energia. 3. Mani libere La liberazione delle mani ha rappresentato un vantaggio cruciale, permettendo lo sviluppo di strumenti, la raccolta di cibo e l’aumento delle capacità cognitive attraverso la trasmissione culturale. Questi vantaggi, probabilmente combinati tra loro, indicano che il bipedismo è stato uno dei primi adattamenti fondamentali nella linea evolutiva umana, comparendo tra 6 e 4 milioni di anni fa. L’evoluzione del genere Homo Australopitecine Le australopitecine, vissute circa 4 milioni di anni fa, sono tra i primi ominini bipedi di cui abbiamo evidenza. Le impronte fossili di Laetoli, rinvenute in Tanzania, testimoniano la loro capacità di camminare eretti. Presentavano un bacino simile a quello umano. Il femore era inclinato verso la tibia, come negli esseri umani. Il piede non aveva l’alluce opponibile, favorendo una locomozione efficiente. Tuttavia, le australopitecine conservavano ancora caratteristiche ancestrali negli arti superiori, utili per l’arrampicata sugli alberi. Vivevano esclusivamente in Africa orientale e non si diffusero altrove. Homo erectus Comparso circa 1,8 milioni di anni fa, l’Homo erectus fu la prima specie a migrare fuori dall’Africa, raggiungendo l’Eurasia (Georgia, Cina, Indonesia). Presentava caratteristiche anatomiche molto simili all’Homo sapiens: Struttura ossea robusta. Altezza fino a 1,80 m. Capacità di utilizzare il fuoco e cuocere il cibo, un fattore che migliorò significativamente la dieta e le capacità cognitive. Homo sapiens L’Homo sapiens arcaico emerse in Africa tra 600.000 e 300.000 anni fa, evolvendosi in tre linee principali: 1. Neanderthal, in Europa. 2. Denisoviani, in Asia. 3. Homo sapiens sapiens, da cui discendiamo noi. Due ipotesi evolutive 1. Ipotesi multiregionale / Modello policentrico Secondo questa ipotesi, l’Homo erectus emigrò dall’Africa e successivamente le popolazioni rimasero separate. La deriva genetica e la selezione naturale portarono all’evoluzione di specie diverse adattate ai rispettivi ambienti. Tuttavia, questa ipotesi non è supportata da dati genetici ed è considerata obsoleta. 2. Ipotesi monocentrica (“Out of Africa”) L’Homo sapiens moderno si è evoluto in Africa circa 200.000 anni fa, migrando successivamente in tutto il mondo. Studi genetici confermano che tutti i gruppi etnici attuali derivano da un antenato comune vissuto in Africa tra 200.000 e 250.000 anni fa. Questo modello è supportato da dati genetici, come lo studio del DNA mitocondriale, che permette di ricostruire l’albero genetico e la storia delle migrazioni umane. Lezione 10/01 Evoluzione e sport Vi sono importanti implicazioni sia per quanto riguarda la salute che le performance sportive. Tutti gli animali sono predisposti a svolgere attività fisica; muoversi nell'ambiente è una caratteristica comune a tutti gli esseri viventi. L'attività fisica rappresenta infatti una risposta a determinati aspetti motivazionali condivisi, quali la ricerca delle risorse alimentari necessarie per sopravvivere e svilupparsi, e la ricerca dei partner sessuali per l'accoppiamento. Un altro aspetto cruciale è evitare i pericoli, come i predatori. A seconda della specie, ogni animale ha sviluppato caratteristiche morfologiche e comportamentali selezionate per rispondere in modo ottimale a queste sfide. L’adattamento umano alla resistenza fisica Tra i primati, l’Homo sapiens è una specie peculiare, essendo bipede. Questa condizione ha comportato una serie di adattamenti, tra cui lo sviluppo della capacità di sostenere attività fisica aerobica. Gli esseri umani sono in grado di coprire lunghe distanze anche in climi torridi grazie all’evoluzione di caratteristiche che consentono una termoregolazione efficace. Durante la nostra evoluzione, siamo passati da scavare per cercare tuberi, come facevano le australopitecine, a nutrirci di carcasse di animali cacciati da altri, fino a diventare veri e propri cacciatori (Homo erectus), capaci di seguire le prede e di scagliare oggetti per colpirle. Questa abilità ha portato allo sviluppo dell’articolazione della spalla e alla coordinazione mano-occhio, consentendoci di lanciare oggetti con grande precisione e velocità. Adattamenti evolutivi legati alla termoregolazione Le popolazioni umane si sono adattate a una vasta gamma di ecosistemi: In climi artici, come gli eschimesi, tendono a essere basse e tarchiate per conservare il calore. In climi equatoriali, come i Masai, presentano corpi longilinei e una bassa percentuale di massa grassa per favorire la dissipazione del calore. Regole evolutive Regola di Bergmann: Popolazioni che vivono in climi rigidi tendono a essere più basse e massicce per conservare il calore. Regola di Allen: Corpi longilinei e appendici più lunghe favoriscono la dissipazione del calore, motivo per cui gli atleti africani sono più performanti in ambienti caldi. Differenze sessuali e selezione sessuale: Esistono significative differenze sessuali nella nostra specie. Gli uomini, in media, sono il 7% più alti, il 15% più pesanti e hanno canini più lunghi rispetto alle donne. Hanno spalle più larghe (circa il 10%), un torace più ampio, muscoli più sviluppati e ossa più forti e spesse. La massa muscolare negli uomini aumenta considerevolmente dopo la pubertà, quando i livelli di testosterone possono diventare fino a 20 volte superiori rispetto a quelli delle donne. Gli uomini maturano più lentamente rispetto alle donne, ma la spermatogenesi inizia molto prima. Le donne, invece, maturano prima e presentano caratteristiche quali un seno sviluppato, fianchi più larghi e una percentuale di grasso corporeo maggiore, caratteristiche che si riflettono anche sulle performance sportive.

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