FATTORI SOGGETTIVI E ATTENZIONE (Italian PDF)

Summary

This document focuses on subjective factors affecting attention, highlighting how individual variables (expectations, psychological state) and situational contexts influence attentional processes. It explores attention as a selective process, distinguishing between voluntary and automatic attentional shifts. The text discusses the interplay between attention and awareness, and how information processing is influenced by attentional limitations.

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FATTORI SOGGETTIVI In queste situazioni di incertezza, è interessante notare come (possibilità di commettere errori) aumenta il peso di fattori soggettivi che dipendono o da variabili costituzionali del soggetto, o da situazioni contingenti; a seconda della situazione in cui il soggetto si trova: as...

FATTORI SOGGETTIVI In queste situazioni di incertezza, è interessante notare come (possibilità di commettere errori) aumenta il peso di fattori soggettivi che dipendono o da variabili costituzionali del soggetto, o da situazioni contingenti; a seconda della situazione in cui il soggetto si trova: aspettative, esperienza, stato psicologico, stile cognitivo, valutazione del contesto, ecc. Se ci si trova in uno stato di allarme, è più facile avere dei falsi allarmi, piuttosto che delle omissioni, mentre se sono in uno stato di relativa tranquillità è più probabile che abbia degli errori con percentuali di tipo inverso. Esempio: una sentinella che sta facendo la guardia attorno ad un campo durante una notte, se si trova in una situazione di pace ed è nel proprio territorio, è più probabile che classifichi un rumore percepito (difficilmente discriminabile dal rumore di fondo) come del tutto normale; piuttosto che in una situazione di guerra, in cui è più probabile che il nemico possa voler attaccare, in cui invece può confondere un rumore innocuo e procurare in falso allarme. ATTENZIONE ATTENZIONE Definizione di James (1890 → approccio prevalente= strutturalismo / ma lui era un funzionalista): “l’attenzione è la presa in possesso da parte della mente, in forma chiara e vivida, di uno fra tanti oggetti o fra tanti treni pensieri possibili. Essa implica il ritiro di alcune cose allo scopo di occuparsi con maggiore efficacia di altre”. Sottolineava aspetti legati alla consapevolezza: dobbiamo continuamente scegliere su cosa focalizzarci. Noi spostiamo continuamente e volontariamente le nostre capacità attentive, che coincidono con un’elaborazione di tipo consapevole, su flussi di informazioni differenti che possono provenire dall’ambiente esterno o far parte dei nostri flussi di pensiero. Avviene quindi un’elaborazione attiva delle informazioni rilevanti (provenienti dall’interno o dall’esterno); James sottolinea però un limite importante: non è possibile occuparsi consapevolmente contemporaneamente di più cose. In realtà ci sono forti evidenze che a fronte di processi legati alla consapevolezza che si possono dedicare soltanto ad un flusso di elaborazione alla volta, il sistema si è evoluto per non escludere dall’elaborazione gran parte delle altre cose che nel frattempo succedono nell’ambiente: mentre la consapevolezza si occupa di una cosa, il sistema si è evoluto perché ciò che avviene nell’ambiente occupi comunque un qualche tipo di elaborazione, che in realtà è molto profonda, fino al livello del significato. Questa elaborazione può diventare consapevole o meno, ma indipendentemente da questo può arrivare ad influenzare il comportamento manifesto (= atto motorio semplice o complesso, il risultato dell’attività cognitiva, o meglio un output). Secondo James l’elaborazione è di tipo seriale, ma ci sono in realtà evidenze di parallelismo nella nostra attività mentale e comportamentale: es. posso fare il caffè mentre ascolto la radio, facendo entrambe le cose con accuratezza. Multitasking= possiamo passare da un flusso di elaborazione all’altra in modo molto efficiente (non si tratta di elaborazione in contemporanea) 38 FUNZIONI DELL’ATTENZIONE - Monitoraggio dell’interazione con l’ambiente: Selezione delle informazioni rilevanti per un determinato compito; protezione della capacità limitate del sistema di elaborazione delle informazioni: non possiamo elaborare consapevolmente più flussi di elaborazione. Un altro limite significativo del nostro sistema di elaborazione è la memoria a breve termine, o memoria di lavoro, poiché ha una capacità limitata: 7 ±2 unità di informazione è la capacità normale della memoria a breve termine umana. Una delle funzioni dell’attenzione è quella di proteggere questo spazio cognitivo fragile (poiché dettato da questi limiti). Esempio: se sto facendo un calcolo a mente e qualcuno sta dicendo dei numeri, posso decidere anche di spostarmi, perché non è possibile contemporaneamente sopportare questo carico cognitivo; se l’informazione trattata nella memoria a breve termine è simile all’informazione interferente si hanno seri problemi. Ci siamo evoluti per proteggere il sistema e monitorare l’ambiente allo stesso tempo. - Controllo sui processi cognitivi: Organizzazione e pianificazione dell’attività mentale in base agli scopi dell’individuo. Posso iniziare un’attività, eventualmente rilevare errori, interromperla o modificarla. - Attenzione e coscienza Parlando di attenzione si parla anche di coscienza, ossia consapevolezza, che si fa coincidere con i contenuti della memoria di lavoro. ARGOMENTI: - Attenzione spaziale: possiamo selezionare informazione sulla base sella loro posizione nello spazio (ci occupiamo principalmente di attenzione spaziale visiva). L’orientamento può essere volontario o automatico. - Attenzione selettiva: ricerca dell’informazione (processo preattentivo ed attentivo). Filtraggio dell’informazione irrilevante; ascolto dicotico, effetti Stroop* e Simon, percezione subliminale; neglect. - Risorse attentive: limiti dell’elaborazione, interferenza da doppio compito (attenzione divisa su più attività) - Processamento automatico e controllato - Sindrome frontale e SAS (sistema attenzionale supervisore): cosa succede in caso di lesioni che compromettono le funzionalità di tipo attentivo → solitamente hanno a che fare col lobo frontale. ➔ ATTENZIONE SPAZIALE Osservando introspettivamente, noi spostiamo l’attenzione nello spazio percettivo, e quasi sempre la spostiamo dove spostiamo gli occhi. In realtà ci sono evidenze nette che dimostrano come sia prima l’attenzione a spostarsi nello spazio, e il punto in cui arrivano gli occhi è il luogo in cui è già stata ancorata la nostra attenzione nello spazio percettivo. 39 È introspettivamente evidente anche il fatto che possiamo spostare l’attenzione nello spazio anche in assenza di movimenti oculari; si parla in questo senso di orientamento esplicito e implicito dell’attenzione. Orientamento esplicito = si verifica quando l’individuo si muove anche da un punto di vista motorio verso una certa regione dello spazio. Cerco esplicitamente di raccogliere informazioni spostando l’attenzione verso quella regione dello spazio, coi sensi e col corpo. Orientamento implicito= si verifica quando l’individuo cerca di prestare attenzione a ciò che succede in una determinata regione dello spazio, ma in assenza di un comportamento motorio esplicito. In entrambi i casi posso orientare l’attenzione in modo volontario, oppure questa può essere catturata da una qualsiasi novità presente nell’ambiente. → Ci siamo evoluti per cogliere qualsiasi discontinuità percettiva presente nell’ambiente; l’adattività di un organismo che non si lascia sfuggire qualsiasi novità presente nell’ambiente è evidente. Questi concetti sono stati verificati sperimentalmente da un filone di ricerca iniziato negli anni 80 da Posner, un ricercatore che ha creato un compito molto semplice. 1. Il soggetto è posizionato davanti allo schermo di un computer, dove appare un punto di fissazione centrale sul quale gli si chiede di mantenere gli occhi. → Posner voleva studiare l’orientamento implicito dell’attenzione, perché il soggetto era istruito a mantenere gli occhi in un punto prefissato centrale. 2. Appaiono poi due box ai lati del punto di fissazione; il compito del soggetto è molto semplice poiché deve essere misurato il tempo di reazione semplice = con uno stimolo (cerchietto) ed una risposta (premere con l’indice della mano preferita sulla barra spaziatrice). Il cerchio può apparire a destra o a sinistra in modo totalmente casuale, ma il soggetto deve comunque premere il tasto. 3. Prima della comparsa del cerchio, uno dei due box brilla un po’ → il ricercatore voleva simulare una novità visiva nell’ambiente percettivo. Lo stimolo può apparire immediatamente dopo la novità nello stesso box che ha brillato, oppure può apparire nell’altro. - Condizione valida → la novità cattura l’attenzione e poi lo stimolo si verifica in quella regione dello spazio visivo - Condizione invalida → l’attenzione viene catturata in una certa regione dello spazio ma ciò che è rilevante accade immediatamente dopo dall’altra parte. - Condizione neutra → entrambi i box sfarfallavano = attenzione diffusa nello spazio visivo (nell’immagine = ogni riga corrisponde a momenti diversi) Il tempo di reazione è leggermente diverso nelle prove valide e invalide: PROVE VALIDE (70%): l’attenzione è stata diretta sulla posizione giusta: 215 ms (millisecondi) PROVE NEUTRE: l’attenzione è stata distribuita su tutte le posizioni: 240 ms PROVE INVALIDE (30%): l’attenzione è stata portata sulla posizione sbagliata: 274 ms Questo significa che se si concentra l’attenzione su una certa regione dello spazio, si ha un vantaggio, un beneficio rispetto ad una situazione di attenzione diffusa o rispetto ad essere focalizzati su un altro punto di attenzione. 40 L’attenzione può essere orientata nello spazio in assenza di movimenti oculari, dando origine a benefici e costi attentivi misurabili nella prestazione del soggetto: BENEFICIO = TR prove neutre – TR prove valide = 25 ms COSTO = TR prove invalide – TR prove neutre = 34 ms Per verificare se anche l’orientamento volontario dell’attenzione determina costi e benefici attentivi: Per alterare il minimo possibile la condizione sperimentale Posner ha pensato di mantenere esattamente lo stesso compito (tempo di reazione semplice con uno stimolo), inserendo il fatto che nessun box doveva scintillare (poiché qualsiasi novità presente nello spazio visivo cattura automaticamente l’attenzione) ed inserendo, prima della comparsa di uno stimolo e sopra il punto di fissazione, una freccia che indicava sinistra o a destra; dopodiché lo stimolo: - può effettivamente comparire nella direzione puntata dalla freccia = prova valida - compare nella direzione opposta alla freccia = prova invalida Ha riproposto un’altra volta l’esperimento, concordando con il soggetto di chiamare il box di sinistra 1 e quello di destra 2: sopra al punto di fissazione, prima della comparsa dello stimolo, appare 1 o 2. 1= molto probabile che lo stimolo appaia a sx 2= molto probabile che lo stimolo appaia a dx Ancora una volta c’erano prove valide e invalide. → Non si tratta di una cattura automatica dell’attenzione da qualcosa che succede nella periferia dello spazio visivo, ma l’individuo, sulla base delle istruzioni che ha ricevuto, decide volontariamente di spostare l’attenzione da una parte o dall’altra. Nonostante dal punto di vista dell’output comportamentale questi due meccanismi, ossia la cattura automatica dell’attenzione o lo spostamento volontario dell’attenzione, diano origine a prestazioni simili; sono due meccanismi che hanno caratteristiche molto differenti, che introducono la differenza tra ciò che avviene in modo volontario, strategico, consapevole nella nostra attività mentale e ciò che invece è originato da automatismi. Orientamento automatico - Non può essere interrotto - Non dipende dalle aspettative - Non è soggetto ad interferenza - Dipende dal lobo parietale Orientamento volontario - Può essere interrotto - Dipende dalle aspettative - È soggetto ad interferenza - Dipende dal lobo frontale ➔ Orientamento automatico dipende dal lobo parietale, orientamento volontario dipende dal lobo frontale Se si ha un soggetto con lesioni nei lobi frontali, è più facile che abbia deficit di orientamento volontario dell’attenzione, ma che non abbia alcun problema nella cattura automatica dell’attenzione da parte di uno stimolo esterno; per cui è un soggetto che fa fatica a spostare strategicamente l’attenzione nello spazio per 41 reperire informazioni utili a svolgere un determinato compito, ma orienta l’attenzione come gli altri nel caso in cui ci sia una novità presente nell’ambiente che cattura momentaneamente l’attenzione. = svolgerà normalmente il compito con i box che sfarfallano, mentre nell’esperimento con freccette o numeri scompaiono benefici e costi ed il tempo di reazione tende ad essere sempre lo stesso nelle varie condizioni I pazienti con lesioni parietali hanno una prestazione opposta: hanno pochi problemi ad orientare l’attenzione in modo volontario, strategico, ma dimostrano di avere problemi ad orientare l’attenzione in modo automatico rispetto a nuovi stimoli. Rimangono concentrati nella loro attività. = faranno male il compito di orientamento automatico col box che sfarfalla e faranno bene quello con freccetta o numero. → La doppia dissociazione per il neuropsicologo è oro= quando un gruppo di pazienti va bene in un compito A ma non in un altro B ed ha una lesione in una determinata area, mentre un’altra popolazione di pazienti lesionati in un’altra area non hanno problemi nel compito A ma in un altro B. Questo significa che questi due processi mentali hanno basi neurali differenti ed indipendenti tra loro. ➔ Orientamento automatico non può essere interrotto, orientamento volontario può essere interrotto Posner ha posto la condizione: sfarfalla il box di sinistra, poi prima che appaia lo stimolo, sfarfalla anche il box di destra; poi lo stimolo può apparire a sx o a dx. Soprattutto se c’è una rapida sequenza, l’attenzione rimane sul primo box che ha sfarfallato. Qualsiasi novità presente nell’ambiente cattura automaticamente l’attenzione e non può essere interrotto questo movimento. Se invece si pone la freccetta a sinistra e immediatamente dopo si fa sfarfallare il box di destra, il vantaggio è per il box di dx. ➔ Orientamento automatico non dipende dalle aspettative, orientamento volontario dipende dalle aspettative Posner ha posto la condizione: il rapporto tra prove valide e invalide è 70 – 30. Quindi l’indizio che si ha, indipendentemente dallo sfarfallio o dalla freccetta, è indicativo rispetto a dove appare lo stimolo per la maggior parte delle volte. Se si porta questo rapporto al 50%, l’indizio non è assolutamente informativo su quello che succede immediatamente dopo. Quando il box sfarfalla si hanno comunque costi e benefici attentivi, ossia il soggetto sposta l’attenzione → non dipende dalle aspettative: se c’è una novità l’attenzione viene richiamata, indipendentemente dal fatto che questo si traduca o meno in un vantaggio. In questa condizione il soggetto non fa la fatica volontaria di spostare lo sguardo verso la freccia, ma mantiene un’attenzione diffusa. ESPERIMENTO: presentare al soggetto un insieme di lettere, dicendogli di premere il pulsante destro se trova la lettera T, e quello di sinistra se non la trova. I dati di interesse sono quelli in cui la lettera è presente. Quando è presente, può essere insieme ad un’altra lettera, fino a 30 altre lettere (distrattori); i distrattori possono essere I e Z (1° caso), oppure I e Y (2° caso); poi si misura il tempo di reazione. Il tempo di reazione, nel secondo caso, varia molto poco rispetto al numero di distrattori presenti. Il tempo di reazione, nel primo caso, varia proporzionalmente rispetto al numero di distrattori presenti. Mentre nel 2° caso la T ha una caratteristica che la distingue dalle altre due lettere (il trattino orizzontale), questa si perde nel 1° caso, perché anche la Z ha tratti orizzontali. 42 Rispetto al modo in cui noi analizziamo una scena visiva questo suggerisce che il più delle volte è complessa, formata da molti oggetti con particolari dettagli, ma se c’è un oggetto che ha una caratteristica distintiva è facilmente distinguibile. RICERCA DELL’INFORMAZIONE -> FENOMENO DEL POP-OUT (Treisman): Quando puntiamo gli occhi da qualche parte, avvengono due fasi: Processamento preattentivo: estrazione automatica delle singole caratteristiche di ogni stimolo presente (estratte in modo automatico- senza l’intervento dell’attenzione): questa fase avrebbe luogo in parallelo, indipendentemente dalla quantità di informazione presente. Processamento attentivo: l’attenzione (spaziale) focalizzata è necessaria per combinare le caratteristiche rilevate grazie al processamento preattentivo. Questo tipo di elaborazione avviene in modo SERIALE, ossia con un oggetto per volta →fortemente dipendente dal numero di distrattori presenti. Secondo questa teoria, quando uno stimolo (di interesse) si contraddistingue per una caratteristica, il soggetto riesce a rispondere sulla base del primo processo, che è molto veloce. Questo processo preattentivo permette di catturare l’attenzione nella regione dello spazio in cui si trova lo stimolo. = POP OUT Quando uno stimolo non ha una caratteristica distintiva (perché ogni sua componente è condivisa anche con i distrattori), il primo processo di tipo preattentivo non individua qualcosa che consente di direzionare il secondo processo, quindi avviene un processo di ricerca casuale per cui si può spostare l’attenzione verso quello stimolo in tempi più o meno ridotti. I risultati di questi tipi di studi sono molto utilizzati nel marketing (es. una confezione colorata in modo particolarmente diverso alle altre), nei sistemi di interazione uomo - macchina (per l’ergonomia generale del sistema), o nei siti web ben fatti. ➔ ATTENZIONE SELETTIVA: filtraggio dell’informazione irrilevante Il nostro cervello è programmato per selezionare l’informazione rilevante derivante nell’ambiente in un determinato momento e proteggerci da quella non rilevante. - L’informazione non rilevante è comunque profondamente elaborata, fino al livello del significato. - Può produrre o meno consapevolezza, ma in entrambi i casi influenza il comportamento. Il primo ad occuparsene è stato Cherry, negli anni 50 (quando era prevalente l’approccio neo- comportamentista). Il ricercatore parte da osservazioni soggettive introspettive: per parlare del fenomeno riporta la situazione “cocktail party”: una situazione rumorosa in cui il filtraggio delle informazioni deve essere molto efficace per poter comunicare. L’attenzione è sulle persone con cui si sta parlando, ma se un gruppo vicina nomina il proprio nome, l’attenzione del singolo è catturata da ciò. → riteneva che l’informazione non rilevante non sia rilevata, o lo è solo per caratteristiche superficiali. Cherry (1953) – ASCOLTO DICOTICO Per simulare una situazione con più flussi comunicativi, Cherry dava ai partecipanti delle cuffie in cui presentava due messaggi diversi: uno per ogni orecchio. Compito: prestare attenzione e ripetere immediatamente uno dei messaggi presentati → compito chiamato shadowing- ombreggiamento 43 Risultati: - Compito portato a termine senza difficoltà - Nei primi test →nessuna informazione semantica (=di contenuto) relativa al messaggio disatteso - Realizzazione del cambiamento di lingua nel messaggio disatteso: no - Realizzazione del cambiamento di sesso nel messaggio disatteso: si Conclusioni: sono codificati solo gli aspetti fisici dell’informazione non rilevante (es: provenienza, frequenza), ma non il significato, quindi il filtro selettivo che opera sugli aspetti fisici del segnale è di tipo precoce (se decidiamo di non considerarlo non entra nel sistema di elaborazione delle informazioni.) Domanda: l’attenzione selettiva opera precocemente o tardivamente nel sistema di elaborazione di informazione? Selezione precoce: l’attenzione agisce come un filtro che blocca l’elaborazione delle informazioni irrilevanti Selezione tardiva: le informazioni irrilevanti vengono processate in modo completo. L’attenzione interviene tardivamente e controlla l’accesso al flusso di coscienza. Questo primo esperimento sembrava favorire l’idea di una selezione precoce. Altri esperimenti condotti da Cherry e non solo hanno dimostrato l’opposto: c’è un’elaborazione profonda del messaggio a livello del significato, che non necessariamente raggiunge la consapevolezza. - Se il messaggio è lo stesso (nella stessa o in lingue diverse) i soggetti lo notano (se sono bilingui) - I soggetti notano la presenza del proprio nome nel messaggio disatteso - Quando il messaggio inizia in un orecchio e continua nell’altro, molto spesso i soggetti passano da un canale all’altro | La prova più forte del fatto che viene elaborato anche ciò che viene detto anche nell’orecchio a cui non si presta attenzione è dato da questa manipolazione: se il soggetto deve ripetere ciò che viene detto nell’orecchio di destra, ma ad un certo punto il messaggio viene destrutturato (perde di senso, si elencano oggetti non inerenti al contesto), e contemporaneamente dall’orecchio di sinistra si sente un messaggio strutturato e coerente con quello che si stava proponendo a destra; è probabile che il soggetto integri i due messaggi in un unico flusso comunicativo significativo. Poi il soggetto se ne rende conto e ritorna alla sua attività principale. → Se il soggetto fa questa integrazione, significa che elabora anche ciò che viene presentato all’orecchio a cui non deve prestare attenzione; questa elaborazione, qualora sia fortemente coerente col contesto del momento, non viene inibita e “prende il sopravvento” sull’altro tipo di informazione che in quel momento si è del tutto destrutturata. L’informazione irrilevante (anche in assenza di consapevolezza) è elaborata e produce inevitabilmente un effetto sull’attività cognitiva e sul comportamento; indicativo di questo sono i risultati che si ottengono con esperimenti sulla percezione subliminale. SOMMINISTRAZIONE SUB-LIMINALE DI STIMOLI (sub-liminali= sotto-soglia assoluta) È necessaria una certa intensità di uno stimolo perché evochi una certa sensazione. = Nella modalità visiva, per percepir qualcosa è necessario che permanga nello spazio visivo per un po' di tempo, se invece si presentano stimoli per peridi molto brevi (10-15 millisecondi), i soggetti non hanno alcuna consapevolezza di ciò che è stato mostrato; al limite possono dire di aver percepito un flash, ma non saprebbero dire di cosa si tratti. 44 Si sottopone l’immagine C ad un centinaio di persone e gli si chiede se l’individuo, a pelle, ispiri fiducia → giudizio intuitivo, impulsivo → l’immagine viene scelta in modo da non evocare sempre giudizi positivi o negativi (50% giudizi positivi e 50% negativi = immagine neutrale) Si prendono poi altri soggetti e si sottopone la stessa immagine chiedendo di dare un giudizio intuitivo; ma prima a metà delle persone si fa vedere in modo subliminale (per 10-15 ms) un’immagine aggressiva (A), e all’altra una positiva (B). Le persone non hanno consapevolezza dell’immagine subliminale (al massimo alcuni dicono di aver visto un flash). Il 70-75% di soggetti esposti a immagine subliminale negativa davano giudizi di negatività; mentre percentuali leggermente più ridotte riflettono il risultato per l’esposizione a immagine positiva. Questo perché rileviamo la negatività con più urgenza. La somministrazione subliminale di stimoli è vietata → ha effetti significativi soprattutto sulle masse di indecisi. IL NEGLECT: altre prove a favore della selezione tardiva Neuropsicologia = studio dei pazienti che hanno acquisito un danno al sistema nervoso centrale, in particolare quello di interesse per le funzioni cognitive di alto livello è il cervello vero e proprio e la corteccia cerebrale. Esistono pazienti che soffrono di negligenza spaziale unilaterale (pazienti neglect), in cui generalmente l’area lesionata è intorno al lobo parietale dell’emisfero di destra, dove si trova la corteccia parieto- temporo - occipitale (=riceve informazioni già fortemente elaborate dai singoli organi di senso e le mette insieme per restituire l’unitarietà degli stimoli esterni → genera la percezione soggettiva). Quando la lesione interessa quest’area il paziente si comporta come se non esistesse lo spazio contro laterale alla lesione: non considera l’ambiente nella parte sinistra del corpo. Il paziente può arrivare a non riconoscere il lato sinistro del proprio corpo e pertanto avere difficoltà a camminare; tuttavia le aree motorie non sono intaccate dalla lesione: il cervello riceve e invia informazioni alle parti di sinistra del corpo, ma non le considera. È una patologia che tende a regredire nel tempo, ma all’inizio (quando si verifica sempre la fase più acuta) il soggetto può avere un orientamento esplicito del proprio corpo verso destra (es. testa inclinata a dx, occhi rivolti a dx). Esempi di test: → scrivi spontaneamente su un foglio (tendono ad utilizzare solo la parte dx del foglio) → traccia un segno che divida a metà una linea (viene divisa in ¾ e ¼ = la metà della metà) La dislessia (nella lettura) da neglect può comportare: - Midline corporea → si considera ciò che è a destra e non ciò che è a sinistra del proprio corpo (in un foglio si percepisce la parte destra) - Midline centrata sull’oggetto → percepisco la parte destra di un oggetto, ma non la parte sinistra (si legge la metà destra di ogni parola) 45 Altri esempi di test: - Copia l’orologio → il paziente fa il cerchio completo ma trascura i numeri a sinistra - Copia la casa → trascura i dettagli di sinistra - Copia il fiore → trascura i dettagli di sinistra - Disegno spontaneo: disegna un volto di una donna → trascura l’occhio sinistro - Disegno spontaneo di un orologio → il cerchio è fatto bene ma i numeri sono compressi sulla destra Se prima toccandogli la spalla sinistra il paziente riferiva di non aver percepito nulla, si hanno miglioramenti quando (toccato a sinistra) dice di aver percepito lo stimolo a destra. Un deficit che può rimanere costante è che il soggetto rileva il tocco a sinistra, ma se viene stimolato su entrambe le spalle, lo percepisce solo a destra, e non a sinistra. → il disturbo da neglect è anche rappresentativo, non solo percettivo Se si chiede ad un paziente di immaginare di essere al centro della sua città e di riferire cosa vede, è probabile che egli riporti solo ciò che nella scena è nella parte destra; per fargli dire ciò che si trova a sinistra va posizionato in modo che quella porzione di spazio sia percepibile a destra. → Tutti i dati portano ad indicare come questo sia un deficit di tipo attentivo post-percettivo, ma perché avverrebbe prevalentemente in seguito a lesioni destre? L’idea è che l’emisfero di destra possieda i circuiti cerebrali capaci di rappresentare entrambi i lati dello spazio, mentre quello di sinistra possiederebbe soltanto i circuiti cerebrali per rappresentare lo spazio contro laterale. → Il paziente si comporta come se non esistesse la parte sinistra dell’ambiente (corporea ed extracorporea) anche se non presenta deficit sensoriali o motori di alcun tipo. Il fatto che non ne sia consapevole significa che l’informazione non è stata elaborata oppure è stata elaborata ma si tratta di un deficit di consapevolezza? Elaborazione e consapevolezza sono intimamente collegate o vanno considerate come due fasi differenti dell’attività mentale? - Sia dalla letteratura su soggetti normali che in quella su soggetti neglect, le due fasi sono scollegate tra loro. - Anche se non si è consapevoli, c’è un’influenza di ciò che è stato elaborato sul comportamento. ESEMPIO (Halligan e Marschall, 1988): In quale casa vorresti vivere? Disegni di due case identiche, ma in una ci sono fiamme provenienti da sinistra: il paziente (posizionato centralmente rispetto alle due immagini) dichiara che le due case sono identiche, ma forzato alla scelta, sceglie quella senza fiamme nel 90% dei casi. Quindi l'informazione è elaborata anche quando la mediazione dell'attenzione può essere esclusa a causa di una lesione. → l’informazione elaborata di cui non si ha consapevolezza influenza comunque decisione e comportamento. 46 ➔ RISORSE ATTENTIVE La definizione di James: “l’attenzione è la presa in possesso da parte della mente, in forma chiara e vivida, di uno fra tanti oggetti o fra tanti treni pensieri possibile. Essa implica il ritiro di alcune cose allo scopo di occuparsi con maggiore efficacia di altre” tende a mettere in evidenza i limiti del sistema: si prende in esame un solo flusso di pensieri alla volta. Tuttavia ci sono evidenze (anche introspettivamente) che dimostrano chiaramente come sia possibile fare più cose contemporaneamente, ad esempio: posso fare il caffè ed ascoltare la musica, ma non posso fare il caffè e scrivere una lettera. INTERFERENZA DA DOPPIO COMPITO Due attività possono interferire in modi differenti tra loro: > Interferenza periferica Posso fare il caffè ed ascoltare la musica contemporaneamente perché per ascoltare servono da un punto di vista periferico le orecchie, oltre a meccanismi di comprensione e organizzazione delle conoscenze = cose che hanno natura verbale, simbolica, e non percettiva o visivo-spaziale, utile invece per fare il caffè. Quando due attività non richiedono gli stessi meccanismi di input e/o output ed i processi cognitivi implicati sono differenti, allora è possibile svolgere le due attività contemporaneamente. Invece scrivere una lettera e fare il caffè non è possibile, perché entrambe le attività richiedono occhi (interferenza periferica da input) e mani (interferenza periferica da output). > Interferenza centrale Ci sono attività che non hanno interferenza periferica, ma non è possibile svolgere contemporaneamente. Esempio: mentre ascolto la radio che riproduce il notiziario, non posso scrivere una lettera. Sono due attività che non hanno interferenza periferica: servono occhi e mani per la lettera e le orecchie per ascoltare la radio; eppure, non è possibile svolgerle contemporaneamente (non si parla di multitasking, ossia di alternare l’attenzione, ma di farle contemporaneamente). Due attività di questo tipo non si possono svolgere insieme, perché in entrambi i compiti si ha a che fare con alcuni aspetti che hanno a che fare con la comprensione e la produzione del linguaggio, e che non sono completamente automatici. Se non c’è interferenza periferica, può comunque esserci un tipo di interferenza centrale: quando il materiale è simile (es. un notiziario in radio e un giornale) vengono utilizzati gli stessi processi cognitivi. Abbiamo due emisferi cerebrali che sono strutture anatomiche separate, funzionanti in maniera indipendente ma armoniosa: uno è dedicato ad elaborazioni di tipo linguistico, l’altro ad elaborazioni di tipo visivo-spaziale → se le due attività richiedono funzioni diverse il cervello è in grado di gestirle. → L’interferenza centrale può essere presente non soltanto quando deve essere elaborato materiale simile dalle due attività, ma può esserci anche per una semplice competizione per risorse cognitive (o attentive). Se le risorse attentive sono dedicate ad un compito che non può essere svolto in modo automatico per sua natura o perché non è più svolto in condizioni ottimali, allora questo richiede tutte le risorse attentive, impedendo di svolgere altri compiti contemporaneamente (anche se non ci sono interferenza periferiche o da materiale simile). La tecnica utilizzata per verificare se un’attività può essere svolta in modo automatico o meno è la procedura del compito secondario: si danno al soggetto due compiti da fare che non devono interferire dal punto di vista periferico e gli si diche he ha un’attività primaria da svolgere col massimo dell’efficienza, poi c’è un’attività secondaria che il 47 soggetto deve svolgere con le risorse che gli rimangono. Si misura la prestazione nel compito secondario rispetto a quando viene svolta come unica attività. Se è svolta grossomodo alla stessa maniera, significa che il compito primario non satura la richiesta di risorse attentive, se invece si rileva un decremento nelle prestazioni del compito secondario (rispetto a quando è svolto da solo), allora si deduce che il compito primario richiede o tutte o gran parte delle risorse che il sistema può erogare nell’unità di tempo. Ci sono alcune attività che per loro natura non sono del tutto automatizzabili, ad esempio comunicare. Nel linguaggio ci sono comunque alcuni aspetti fortemente automatici, ce ne rendiamo conto quando parliamo in una lingua che non è quella madre: quando si ascolta mancano alcuni automatismi che ci portano a dover mettere maggior impegno nella comprensione, o nella formulazione. ➔ SINDROME FRONTALE Dell’importanza della differenza tra attività controllate e automatiche, evidenze arrivano anche da soggetti con lesioni ai lobi frontali (che sono particolarmente sviluppati nella nostra specie). I lobi frontali: - sono quelli con lo sviluppo post-natale più significativo, poiché continua fino ai 15 anni di età, - sono anche quelli più sensibili alle involuzioni fisiologiche legate all’invecchiamento. - Qui ha sede la corteccia associativa (o integrativa) prefrontale, che ha a che fare con strategia, pianificazione, volontarietà, scopi, e personalità. LESIONI FRONTALI → causano disturbi di personalità: le persone possono diventare o più mansuete (apatia - deficit di innesco di attività mentale) o più esuberanti, aggressive, incapaci di controllare il proprio stato emotivo. Tuttavia, non determinano in genere deficit nelle capacità cognitive. Questa è stata la giustificazione utilizzata per la psico-chirurgia degli anni ’30 del 900; quando veniva praticata una disconnessione o asportazione di alcune regioni dei lobi frontali che favorivano la prima versione comportamentale, ossia all’apatia → metodo utilizzato su individui colpevoli di crimini efferati. In entrambi i profili (apatico e disinibito) sono riscontrabili alcuni SINTOMI PRINCIPALI: - Perseverazione = quando il soggetto intraprende un’attività, fa molta fatica ad uscirne; per farlo smettere è necessario che ci sia un altro stimolo intenso, che gli distolga l’attenzione. Si può verificare la presenza di questo deficit di flessibilità del comportamento con il Wisconsing Card- Sorting Test: si da un mazzo di carte suddivisibili sulla base di criteri differenti al paziente; se gli si chiede di dividerle in base al seme, egli è in grado di farlo senza problemi. Se si mescolano e sottopongono le stesse carte, chiedendo però di suddividerle per colore, è facile che il paziente non riesca, perché continua ad utilizzare le regole che aveva utilizzato precedentemente. - Sindrome da dipendenza ambientale (es. comportamento d’uso) = i pazienti tendono a mettere in atto schemi comportamentali già fortemente acquisiti, che vengono evocati automaticamente da un certo tipo di stimolo; ad esempio, una giacca evoca automaticamente il fatto di indossarla. Il soggetto è “prigioniero” rispetto a quello che l’ambiente gli presenta nell’unità di tempo. Sono entrambi disturbi del controllo → cosa il soggetto fa non dipende da scopi ed intenzioni. * L'effetto Stroop consiste nel ritardo di elaborazione del colore della parola che si riflette in un rallentamento dei tempi di reazione e nell'aumento degli errori nella condizione incongruente (parola verde scritta in rosso) rispetto a quella congruente (parola rosso scritta in rosso). 48 SAS – Sistema Attenzionale Supervisore Nell’unità di tempo, abbiamo una serie di stimoli presenti nell’ambiente che vengono percepiti in modo automatico ed è possibile che evochino in modo automatico delle attività, ossia competano per attivare il sistema motorio in una certa direzione = viene detta SELEZIONE COMPETITIVA delle attività sulla base della percezione ambientale. L’attività che viene messa in atto dipende: - L’individuo può muoversi in modo automatico → se si accendono le luci rosse posteriori della macchina davanti freno automaticamente - Oppure questo riflesso può essere regolato dal Sistema Attenzionale Supervisore ed essere inibito in favore di un’altra attività → mi rendo conto che c’è abbastanza spazio e che posso superare; dunque, invece di frenare viene messa in atto un’altra attività. Gli automatismi genererebbero un comportamento stereotipato (che è proprio quello dei pazienti con lesioni ai lobi frontali), noi invece siamo dotati di flessibilità del comportamento; una risposta può nascere in automatico o può essere selezionata sulla base di scopi ed intenzioni. Il Sistema Attenzionale Supervisore: - Ha a che fare con la pianificazione e programmazione della selezione degli schemi comportamentali → è in grado di attivarli e inibirli a seconda di scopi ed intenzioni deliberate del soggetto. - Opera maggiormente in situazioni non abitudinarie, soprattutto in situazioni di tipo problematico, che richiedono pensiero produttivo (produrre nuove strategie). - Garantisce flessibilità del comportamento. Questa doppia motorizzazione (processo automatico e controllato) è il motivo per cui quando si utilizzano i lobi frontali viene consumata una quantità impressionante di energie. APPRENDIMENTO DEFINIZIONE di APPREDIMENTO Apprendimento = qualsiasi cambiamento duraturo nel modo di agire di un organismo, sulla base della sua esperienza, che gli permette di meglio adattarsi all’ambiente esterno. Due esempi semplici di apprendimento: - Abituazione: diminuzione della risposta comportamentale in seguito alla ripetuta presentazione dello stimolo (tipico per stimoli non dannosi e non rilevanti). - Sensibilizzazione: l’aumento della risposta comportamentale in seguito alla presentazione ripetuta dello stimolo (tipico per stimoli dannosi). 49 APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO Le forme di apprendimento associativo sono quelle più automatiche, di basso livello. Sono state introdotte e studiate principalmente dai comportamentisti; come ambito di riferimento studiano l’adattamento che un organismo ha nei confronti dell’ambiente di riferimento, attraverso la rilevazione di rapporti di co-occorrenza tra eventi, dove: - gli eventi possono essere osservati da un organismo (dunque sono presenti nel mondo) → l’organismo è spettatore → CONDIZIONAMENTO CLASSICO - il primo evento preso in considerazione (che fa parte del condizionamento) ha a che fare con il comportamento dell’organismo → l’organismo è attore → CONDIZIONAMENTO OPERANTE APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO: CONDIZIONAMENTO CLASSICO Il condizionamento classico è stato introdotto da PAVLOV, un fisiologo russo che era lontano da problemi di natura mentale o psicologica: si occupava digestione ed in particolare della saliva. Il suo apparato sperimentale era caratterizzato da un cane a cui veniva misurata la salivazione al momento della presentazione del cibo → voleva studiare il riflesso di salivazione: nel momento in cui il cane vede il cibo, produce saliva. Dopo un po' di tempo, si rilevò che il cane arrivava a manifestare comportamenti legati al cibo (tra cui la salivazione), non solo alla sua presentazione, ma anche in relazione ad eventi che precedono la presentazione, se avvengono in modo sistematico. Ad esempio, avveniva quando nella stanza entrava l’inserviente che dava da mangiare al cane. Pavlov si rese conto che la produzione di saliva di fronte al cibo è parte di un riflesso, mentre la produzione della stessa di fronte ad altri eventi che precedono l’arrivo del cibo è frutto di processi di apprendimento. Ha quindi deciso di studiare in modo sistematico questo fenomeno, facendo precedere in modo sistematico l’arrivo del cibo (stimolo incondizionato che attiva una risposta incondizionata, ossia il riflesso di salivazione) ad uno stimolo acustico che inizialmente è neutro (ossia in alcun modo, se viene presentato da solo prima del condizionamento, produce salivazione). Sono sufficienti pochissime associazioni (5 o 6) per trasformare lo stimolo neutro in uno stimolo condizionato, che produce una risposta condizionata. Fasi principali del condizionamento classico: 1. Acquisizione: nei primi trial in cui si associa lo stimolo che prima è neutro e poi diventa condizionato allo stimolo incondizionato → inizialmente 0 salivazione, che aumenta progressivamente, insieme alle associazioni. Si arriva ad un massimo di risposta condizionata= l’apprendimento si è consolidato. 2. Estinzione: si sospende l’associazione dello stimolo incondizionato (cibo) con lo stimolo condizionato (campanella) – presentazione della campanella da sola. → progressivamente, dopo pochi trial l’animale smette si salivare in risposta allo stimolo condizionato. 3. Periodo di riposo: periodo in cui lo stimolo condizionato non viene presentato, che può essere molto variabile (minuti, ore, giorni), ma se c’è stato un apprendimento ben consolidato può passare anche un mese; dopo il quale lo stimolo incondizionato non sarà mai più neutro. 4. Recupero spontaneo: presentazione al cane della stessa campanella → si ha una certa quantità di produzione di saliva 50 Diventa interessante verificare quale associazione temporale tra stimolo condizionato e stimolo incondizionato è più adatta per avere un condizionamento più o meno efficiente: > Condizionamento ritardato: la comparsa del suono precede la comparsa dello stimolo incondizionato → condizionamento efficace > Condizionamento di traccia: la comparsa del suono precede la comparsa dello stimolo ed il suono si interrompe prima della comparsa di questo → condizionamento + efficace, ma non deve esserci distanza temporale eccessiva tra scomparsa dello stimolo condizionato e l’arrivo dello stimolo incondizionato > Condizionamento simultaneo: si ha contemporaneità tra comparsa del cibo e del suono → condizionamento non efficace > Condizionamento retrogrado: il suono segue l’arrivo del cibo → condizionamento non efficace = tutto ciò ha molto senso: i processi di apprendimento associativo si sono sviluppati per cercare di rendere interpretabile il mondo esterno rispetto ad eventi che possono essere molto positivi o molto negativi (stimoli nocivi). Se il cibo arriva contemporaneamente allo stimolo condizionato o addirittura dopo, questo aspetto di previsione cade completamente. GENERALIZZAZIONE, DISCRIMINAZIONE, SELETTIVITÀ DEL CONDIZIONAMENTO Nonostante il condizionamento classico sia una forma di apprendimento - cieco → ossia automatico, che non richiede l’intervento di processi mentali di alto livello - immanente → recupero spontaneo e riacquisizione successiva dimostrano quanto sia difficile eliminare completamente gli effetti dell’apprendimento; - non intelligente → poiché avviene anche in organismi che non hanno forme di apprendimento cognitivo di ordine superiore I fenomeni della generalizzazione, della discriminazione e della selettività del condizionamento dimostrano chiaramente come di fatto il comportamento dell’organismo possa essere modellato in modo molto fine a seconda della sua esperienza rispetto a ciò che avviene nell’ambiente. ➔ Processo di generalizzazione Si condiziona un animale con un suono di una certa frequenza, dunque nel periodo di acquisizione si associa il cibo (stimolo incondizionato) ad un suono (stimolo neutro che diventa condizionato) ad esempio di 1000 Hz. Dopo il periodo di acquisizione si presentano suoni di diversa frequenza, che vanno dai 700 ai 1300Hz. Verificando la risposta condizionata (salivazione), si osserva che la sua quantità dipende da quanto lo stimolo presentato è simile allo stimolo con cui l’animale è stato condizionato: la risposta massima si ha con 1000Hz, e man mano che ci si allontana da questo valore, la risposta condizionata diminuisce sempre di più. In generale, per questo animale, la classe dei suoni diventa di per sé predittiva e associata a qualcosa di rilevante, tanto più il suono assomiglia a quello originale con cui ha avuto esperienza. 51 ➔ Processo di discriminazione Con un altro cane, nel periodo di acquisizione si presentano suoni di frequenze differenti, che vanno dai 700 ai 1300Hz. Al suono si fa seguire il cibo solo quando la frequenza è di 1000 Hz. Si osserva che l’animale produce salivazione solo nel caso da 1000 Hz → a seconda di cosa succede nell’ambiente l’animale ha sviluppato un repertorio comportamentale che gli ha permesso di discriminare all’interno della classe dei suoni ciò che è rilevante è ciò che non lo è. ➔ Processo di selettività del condizionamento Esempio che riguarda il condizionamento sull’avversione alimentare in seguito all’assunzione di cibo → si immagini quanto sia importante da un punto di vista adattivo ed evoluzionistico il fatto che, qualora venga ingerito qualcosa che produce malessere e l’organismo sopravviva, si sviluppi un comportamento di avversione alimentare verso quella particolare sostanza. In questo caso è sufficiente 1 associazione. Si fanno fare esperienze diverse a dei topi: in seguito all’ingestione di alcuni alimenti (caffè e saccarosio) gli si provoca malessere: t1, t2 e t3 sono i tempi, distanziati di mezz’ora, al momento dei quali vengono presentati i vari sapori oppure viene indotto un malessere viscerale tramite un’iniezione di cloruro di litio. CASI T1 T2 T3 COMPORTAMENTO 1 Ingerisce caffè - Malessere Sviluppa avversione al caffè 2 Ingerisce caffè Ingerisce Malessere Avversione al saccarosio ma non saccarosio al caffè 3 - Ingerisce caffè Malessere Avversione al caffè - Ingerisce caffè Nessun malessere 4 Ingerisce saccarosio Ingerisce caffè Malessere Nessuna avversione al caffè, - Ingerisce caffè Nessun malessere avversione al saccarosio Sembra esserci una sorta di processo algoritmico, un ragionamento di fondo che in realtà non c’è, nei topi come nell’essere umano. APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO - THORNDIKE Se nel condizionamento classico l’organismo è principalmente spettatore rispetto ad eventi che si susseguono nell’ambiente; nel condizionamento operante l’organismo è attivo, opera nell’ambiente → da qui deriverà il termine condizionamento operante. Prima di arrivare al termine condizionamento operante, ci sono state le ricerche pionieristiche di Thorndike, a partire dai primi anni del 900 → apprendimento per prove ed errori di Thorndike (1911). Egli si occupava della capacità di un animale di risolvere dei problemi: si inventava problemi che gli animali non avevano mai affrontato, per fare in modo che non potessero riprodurre strategie di soluzione già scoperte in passato, ma dovessero produrne una nuova. La scatola illustrata poteva avere vari sistemi di chiusura, poniamo che utilizzasse per bloccare la porticina due pezzi di legno, che andavano spostati. Il gatto non ama stare al chiuso, in più era motivato ad uscire dalla scatola in cui veniva messo poiché era affamato e fuori era presente il cibo. 52 In una situazione di questo tipo, l’animale si comporta per prove ed errori: mette in atto tutti i comportamenti di cui è in grado, dai più inefficaci (es. mordere le sbarre o miagolare), fino a riuscire ad attuare il comportamento adatto. Immediatamente dopo la prima risoluzione del problema, Thorndike rimetteva l’animale in gabbia (con lo stesso sistema di chiusura), per diverse volte. Quello che faceva il ricercatore era osservare l’animale e misurare il tempo che questo impiegava ad uscire dalla gabbia. Nel susseguirsi delle prove, il tempo (in secondi) cala progressivamente; ma una volta scoperto (per caso) il meccanismo da utilizzare, l’animale non riproduce solo e immediatamente quel comportamento, ma continua ad andare per prove ed errori - tuttavia è facile che il comportamento richiesto avvenga un po' di tempo prima. L’animale ci mette sempre meno perché va sempre meno a caso, ed è più probabile che il comportamento richiesto venga emesso prima → fino a quando l’animale arriverà ad avere un comportamento del tutto efficace, dopo la 20esima prova infatti la prestazione si stabilizza. Thorndike parla di legge dell’effetto: L’apprendimento per prove ed errori può produrre per caso la soluzione, e qualora l’effetto desiderato si associ in modo sistematico ad un solo comportamento, allora si ha apprendimento. = aumento della frequenza della risposta che ha prodotto un esito positivo. In questo modo Thorndike ha spiegato come anche animali semplici, che non hanno le capacità cognitive per comprendere i meccanismi di causa-effetto (che è principalmente umana e di alcuni animali a noi vicini), hanno la capacità di modificare il proprio repertorio comportamentale sulla base di regolarità presenti nell’ambiente tramite semplici meccanismi di associazione → con la legge dell’effetto. L’animale non comprende, ma associa – e in questo modo apprende. CONDIZIONAMENTO OPERANTE All’intero dell’apprendimento associativo SKINNER è stato il comportamentista che ha introdotto il concetto di condizionamento operante. In realtà, dopo le prime ricerche sul condizionamento classico di Pavlov e sulla legge dell’effetto da Thorndike, egli ha per la prima volta sistematizzato le forme di apprendimento che generano comportamenti, distinti tra: - comportamenti rispondenti, derivati da riflessi innati o appresi tramite il condizionamento pavloviano - comportamenti operanti, non derivati da riflessi innati ma emessi spontaneamente dall'organismo (rinforzo positivo o negativo→ introdotti da Skinner). Skinner box → scatola in cui viene messo l’animale, che si trova in un ambiente nuovo e per prove ed errori arriverà a premere la leva, che produce l’effetto della comparsa del cibo (rinforzo positivo). Skinner ha studiato anche gli effetti dell’apprendimento con rinforzi negativi, ad esempio utilizzando una griglia leggermente elettrificata, il cui effetto fastidioso non scompare finché non si preme la leva. L’animale inizialmente impiegherà un po' di tempo per soddisfare l’effetto desiderato, poi ne impiegherà sempre meno. 53 Rinforzo positivo e negativo: ha lo scopo di aumentare la probabilità di emissione di una risposta desiderata, fornendo stimoli positivi (es. cibo) o eliminando stimoli negativi (es. suono fastidioso). - Rinforzatori primari = eventi che rinforzano in modo innato: es. cibo - Rinforzatori secondari: es. affetto e stima altrui, voto a scuola. Punizione positiva o negativa: ha lo scopo di diminuire la probabilità di comparsa di una risposta non voluta fornendo uno stimolo negativo (es. fare la multa se si passa col rosso → punizione positiva) o sottraendo qualcosa di positivo (es. togliere la paghetta→ punizione negativa). Riprendendo il lavoro di Thorndike e chiarendo la differenza col condizionamento classico di Pavlov, Skinner pensava di aver coperto tutte le situazioni possibili in un organismo si può trovare, ossia l’organismo non fa nulla e ci sono regolarità presenti nell’ambiente, l’organismo opera e a questo seguono delle conseguenze in termini di rinforzi o punizioni. Noi oggi sappiamo che in questo modo hanno spiegato gran parte delle forme di apprendimento associativo, ma naturalmente esistono forme di apprendimento intelligente. SCHEMI DI RINFORZO Considerando la Skinner box come condizione di riferimento, ogni volta che il ratto preme la leva, arriva il rinforzo positivo. Skinner sperimentò diversi programmi di rinforzo in funzione di: - Tempo (in cui vengono forniti i rinforzi) → intervallo fisso, intervallo variabile - Prestazione → rapporto fisso, rapporto variabile Dopo aver associato la pressione della leva al rinforzo per qualche trial, Skinner modificava il paradigma (usando animali diversi) per cui il rinforzo poteva essere: → Nel caso di schemi di rinforzo basati sul tempo = fornito ad intervallo fisso → Sia che l’animale non premesse la leva, sia che continuasse a farlo, il cibo era distribuito ad esempio ogni 10 secondi fornito ad intervallo variabile → Sia che l’animale non premesse la leva, sia che continuasse a farlo, l’intervallo poteva variare, es esempio ogni 5 secondi, ogni 2, ogni 20, etc. → Nel caso di schemi di rinforzo basati sulla prestazione= Rinforzo a rapporto fisso → l’animale veniva rinforzato quando emetteva la riposta per diverse volte consecutive Rinforzo a rapporto variabile → l’animale doveva emettere la risposta, e il rinforzo veniva dato dopo un numero variabile di volte che questo avveniva. Considerando 10 minuti come lasso di tempo generale (asse x), Risposte cumulative (asse y)= quanto velocemente vengono prodotte le risposte massime che l’animale può produrre. Trattini= momenti in cui l’animale viene rinforzato Più è ripida la curva, più l’animale raggiunge il massimo di risposte cumulative in un tempo breve. 54 Intervallo fisso → l’animale viene rinforzato ogni 2 minuti. Apprende a emettere il comportamento desiderato sostanzialmente allo scadere del tempo, poi si ferma e riprende di nuovo allo scadere del tempo. Intervallo variabile → l’animale ha un’emissione del comportamento desiderato che è costante. Gli schemi di rinforzo basati sul tempo sono meno efficaci nei termini di risposte cumulative desiderate rispetto ai programmi di rinforzo basati sulla prestazione, che invece ottengono il massimo possibile di risposte cumulative in 4 o addirittura 2 minuti. Rapporto variabile → è il programma di rinforzo che produce il ritmo di emissione della risposta desiderata più veloce. L’animale apprende che il rinforzo arriva sulla base della propria prestazione. ➔ il tipico schema di rinforzo intermittente a cui sono sottoposti i giocatori d’azzardo è a rapporto variabile MODELLAMENTO (shaping) I comportamentisti, attraverso i paradigmi del condizionamento classico e del condiz. operante, avevano la pretesa di spiegare anche l’apprendimento di attività complesse, sia negli animali che nell’uomo. → secondo la visione comportamentista, non c’erano differenze di tipo qualitativo tra i meccanismi alla base dell’apprendimento umano ed animale, ma essendo l’essere umano più complesso e con un cervello maggiore, poteva sopportare maggiori catene di condizionamento. In epoca comportamentista è stato introdotto il concetto di modellamento (shaping). Questa tecnica viene utilizzata quando è necessario apprendere un comportamento complesso, che non sia ad esempio la semplice pressione di una leva a cui segua un rinforzo positivo come l’arrivo del cibo; l’uomo ne usufruisce dunque da quando è in grado di ammaestrare gli animali. Consiste nel rinforzare progressivamente, rispetto ad un comportamento complesso, delle sequenze sempre più complesse → si premiano tutte le risposte che si avvicinano a quella desiderata, aumentando la ricompensa quando ci si avvicina alla risposta completa Esempi: Insegnare un piccione a girare su sè stesso Addestramento animali da circo Imparare a sciare, a nuotare, etc. Anche per una forma di apprendimento molto complessa come quella del linguaggio, i comportamentisti avevano la pretesa di spiegarlo attraverso i semplici meccanismi di imitazione e rinforzo. Chomsky, con motivazioni molto semplici, dimostrò molto chiaramente che i meccanismi alla base dell’apprendimento associativo non possono spiegare forme di apprendimento così complesse. IMPRINTING – KONRAD LORENZ Tra le forme di apprendimento più primitive, di tipo biologico, vi è anche l’imprinting, che è stato scoperto da Lorenz; un etologo che si è occupato di come si forma l’attaccamento in specie animali non così vicine alla nostra, anche se in realtà alcuni aspetti dell’attaccamento tra madre e figlio sono rintracciabili anche nella specie umana. Ha studiato come primo animale le oche selvatiche, cercando di individuare in base a quali caratteristiche si sviluppa l’attaccamento tra i pulcini (appena dopo la schiusa delle uova) e la madre. 55 Nei primi esperimenti voleva verificare se cambiando le uova all’interno di ogni nido ci fossero delle differenze in questo tipo di attaccamento, osservando che non se ne presentavano, rispetto a quando in ciascun nido rimanevano le uova fatte dalla madre. → Non essendoci un legame biologico, è chiaro che il legame deve essere appreso sulla base di qualche parametro Ha quindi cercato di capire se l’attaccamento che i pulcini dimostrano nelle prime 48h di vita (periodo in cui si verifica l’imprinting – che si manifesta col fatto che il pulcino stia del tutto attaccato alla madre), deve essere necessariamente rivolto verso un animale della stessa specie, o se possa essere un altro animale, o addirittura lui stesso. Ha quindi preso le uova ed al momento della schiusa, al posto della madre si è presentato lui. Nella finestra temporale delle prime 48h di vita i pulcini si attaccano al primo oggetto in movimento più grande di loro → Lorenz ha infatti dimostrato che non è nemmeno necessario che sia un essere vivente, è riuscito a far sviluppare l’imprinting anche con un piccolo robot mobile. L’attaccamento diventa sostanzialmente irreversibile nel periodo in cui il pulcino cresce e fino a quando non diventa indipendente; è un meccanismo che ha una base genetica forte per la base della specie, che assicura la sopravvivenza perché il pulcino sta completamente attaccato alla madre. Questo permette poi di sviluppare altri comportamenti come la capacità di nuotare: i pulcini non hanno l’istinto di andare nell’acqua, ma quando la madre lo ritiene opportuno va nell’acqua ed anche se all’inizio resistono, l’imprinting è più forte di ogni altro aspetto ed alla fine la seguono, attivando schemi motori innati per nuotare. Fece anche molti altri esperimenti: ad esempio fece sviluppare l’imprinting di ciascun uovo con un collaboratore differente, dopodiché li posizionò in fila e raccolse tutti i pulcini liberandoli davanti a loro, osservando che ciascuno di essi andava in modo istintivo e automatico verso la propria “mamma” senza alcun tipo di errore. L’imprinting può essere considerato come una forma di apprendimento biologicamente predeterminato, ma interagisce con fattori di tipo ambientale. FORME DI APPRENDIMENTO DI ORDINE SUPERIORE – epoca comportamentista Le forme di apprendimento di ordine superiore sono state scoperte nel tardo comportamentismo, hanno portato a quello che è stato chiamato neo - comportamentismo, che si è visto “costretto” a considerare all’interno del proprio modello stimolo-risposta anche degli stati mentali, delle rappresentazioni mentali della realtà sulla base delle quali può avvenire apprendimento (apprendimento latente e mappe cognitive). Apprendimento per concetti: anche un ratto impara il concetto → un ratto che viene posto di fronte a due porticine, dove sopra la prima c’è un volto, e sopra l’altra ce ne sono due (alla fine del percorso che si apre da questa porta si pone del cibo). Il ratto nel giro di qualche tentativo smette di andare a caso, ma si muove nell’ambiente prendendo il percorso che inizia con la porta con due volti. Se si prende il ratto che è stato condizionato in un particolare ambiente a comportarsi in un certo modo e lo si porta in un ambiente nuovo dove il percorso che si trova davanti inizia ugualmente con due porte ma invece dei volti si mettono uno o due segmenti, o un cerchio e due cerchi (= in modo astratto si mantiene la struttura), il ratto non ha alcun dubbio nell’intraprendere il percorso in cui ci sono due segmenti / due cerchi. Il topo è in grado di apprendere dall’esperienza e riprodurre la strategia appresa in un altro ambiente, che considera analogo al primo. Ancora più significativi sono gli studi di Tolman sull’apprendimento latente= i risultati presuppongono che il ratto si faccia delle vere e proprie mappe cognitive, delle rappresentazioni mentali della realtà rispetto all’ambiente in cui si trova. 56 APPRENDIMENTO LATENTE Se si presenta ad un ratto un labirinto di questo tipo, dove c’è un punto di partenza, ed un punto di arrivo con del cibo, divisi da porte e tende; inizialmente il ratto si muove casualmente, fino ad arrivare per prove ed errori al cibo. In seguito, ogni volta che il ratto sarà messo nel labirinto, farà sempre meno errori (misurati nel numero di deviazioni che non portano verso il punto di interesse). Schema di apprendimento che ha in asse x i numeri di tentativi (1 ogni giorno fino a 17 giorni), ed in asse y gli errori significativi. I ratti di entrambi i gruppi sono inseriti nel labirinto da affamati. Si crea un gruppo 1, con le condizioni precedentemente citate, in cui il ratto commette sempre meno deviazioni: dalle 10 iniziali passa a circa 3, dunque ha appreso a muoversi in questo ambiente di riferimento. Si aggiunge un gruppo 2, di ratti posti nello stesso ambiente, ma senza il cibo come rinforzo alla fine, per 10 giorni: fino al decimo giorno la quantità di errore varia di molto poco. Se tuttavia dall’11° giorno si mette il cibo nel punto di arrivo, il ratto ottiene una prestazione anche più significativa del gruppo 1, commettendo al 17° giorno solo 2 errori. Si potrebbe dire, dunque, che un effetto novità fa si che i ratti del gruppo 2 abbiano una prestazione più efficiente, dunque esistono forme di apprendimento latente. Apprendimento latente = forma di apprendimento che avviene in assenza di rinforzo e non è evidente finché non viene introdotto un rinforzo. Questo tipo di esperimento ha cambiato la prospettiva: ha fatto capire che gli organismi sono attivi in un ambiente anche se non sono rinforzati ad apprendere → dunque esistono gli stati mentali ed esiste l’apprendimento senza rinforzo. Il comportamentismo classico (apprendimento = prestazione), valutava l’apprendimento nei termini della prestazione effettiva, ma di fatto c’è una distinzione tra processo interno (apprendimento) e comportamento o performance, ossia processo osservabile. L’apprendimento viene inferito dal comportamento ma non coincide con esso. FORME DI APPRENDIMENTO DI ORDINE SUPERIORE – epoca cognitivista Le forme di apprendimento di ordine superiore hanno a che fare più tipicamente con la nostra specie, ma sono presenti anche in tutte quelle che hanno forme di pensiero che permettono di risolvere problemi non semplicemente per prove di errori, attraverso forme di apprendimento di tipo associativo. In epoca cognitivista, l’attenzione riguardo a questo argomento si è concentrata principalmente su forme di apprendimento sociale: apprendimento osservativo; ma già prima dell’epoca cognitivista gli psicologi della Gestalt avevano introdotto il concetto di insight = intuizione improvvisa. 57 INSIGHT Storicamente, i gestaltisti avevano una visione completamente diversa rispetto ai comportamentisti, che non basava l’apprendimento su forme di associazione così semplice come i comportamentisti pretendevano. Utilizzavano animali diversi, più evoluti e quindi più vicini a noi come gli scimpanzè. Il principale Gestaltista che si è occupato di questi tipi di situazioni fu Kohler, il quale creava situazioni – problema in cui gli animali si trovavano in un contesto nuovo, in cui dovevano sviluppare delle strategie per riuscire a risolvere un problema; tuttavia, nei suoi esperimenti la soluzione per prove d’errori non arrivava, a differenza delle situazioni di Thorndike. Esempio: alcune banane sono appese in alto; lo scimpanzè ha tutti gli elementi per risolvere il problema: - ha una serie di bastoni da infilare uno dentro l’altro per formarne uno sufficientemente lungo su cui potersi arrampicare per raggiungere il cibo - oppure ha delle casse piene di sassi, per cui l’animale deve svuotare le casse ed impilarle tra loro. Situazioni di questo tipo per uno scimpanzè non sono assolutamente immediate, dunque si tratta di problemi che richiedono diversi passaggi. Si verifica una sequenza tipica di comportamento: tentativi per prove ed errori → fallimento, pausa di osservazione dei potenziali strumenti, se avviene l’insight → tentativo riuscito Se uno o due animali insieme hanno l’insight e ce n’è un altro che sta osservando, qualora quell’animale poi venga collocato in una situazione problematica uguale o simile, dimostrerà di aver appreso la strategia. Si tratta quindi di forme di apprendimento associativo, insieme a forme di apprendimento intelligente, di ordine superiore. Secondo i Gestaltisti, l’insight si ha per una improvvisa ristrutturazione del campo percettivo, dove gli elementi presenti entrano in una relazione dinamica innovativa e producono una soluzione creativa, innovativa di un problema. Esempio: se ho bisogno di un cacciavite ma non lo ho a disposizione, posso provare ad usare al suo posto un coltello o una forbice, si tratta di oggetti che entrano in una relazione dinamica innovativa con la vite, tramite insight. L’insight non avviene solo con oggetti concreti, ma anche con sistemi di conoscenze astratti, per cui si possono spiegare le forme di innovazione e creatività umana che non hanno a che fare soltanto con oggetti concreti, ma anche con sistemi formali di tipo concettuale. APPRENDIMENTO OSSERVATIVO L’apprendimento osservativo è una forma di apprendimento sociale, che fa parte degli apprendimenti di ordine superiore, apprendimenti intelligenti di tipo cognitivo. L’imitazione è un apprendimento sociale fondamentale nella nostra specie: consente di apprendere per osservazione già dai primi momenti di vita; quando un neonato apre gli occhi si concentra sul volto umano piuttosto che su altri oggetti (verso i quali perde l’attenzione rapidamente). È evidente la valenza adattiva dal punto di vista evoluzionistico di questa innata propensione ad elaborare il volto umano (che veicola una serie di aspetti comunicative ed emotivi non verbali) per una specie che ha a che fare con le cure parentali per molti anni. La decodifica delle espressioni facciali delle emozioni 58 (soprattutto negative) è fondamentale per avere delle reazioni immediate qualora si sia in una situazione negativa di pericolo. Il neonato non solo si concentra sul volto umano, ma dopo poche ore di vita inizia ad imitare. L’apprendimento per osservazione è stato studiato anche in animali abbastanza evoluti, ad esempio è nota una ricerca condotta negli anni 60’, in un’isola giapponese. I ricercatori che hanno avuto a che fare coi macachi di quest’isola hanno iniziato a lasciare sulle spiagge delle patate (con cui gli animali non avevano mai avuto a che fare) come cibo. Le scimmie hanno preso l’abitudine di uscire dalla foresta per andare a mangiare le patate, dopo averle pulite con le zampe (perché sporche di sabbia). Un giorno una femmina ha avuto una sorta di insight: iniziò a lavare le patate nel mare. Si osservò che questo nuovo comportamento si è propagato all’interno dell’isola attraverso legami di parentela: gli individui più vicini alla femmina hanno per primi appreso osservando, per poi fare proprio questo comportamento ed influenzare altri individui socialmente vicini a questi → propagazione per imitazione e legami sociali / di parentela. L’apprendimento sociale attraverso osservazione e imitazione dei propri simili, almeno nelle specie più evolute, è fondamentale. NEURONI SPECCHIO Nella nostra specie come in quelle più evolute, esiste una base biologia dell’apprendimento di tipo osservativo: i neuroni specchio. Oggetto di studio dalla metà agli anni ’90, i neuroni specchio sono neuroni motori che entrano in azione non solo quando l’animale fa un movimento finalizzato, ma anche quando l’animale osserva un altro individuo (non necessariamente della propria specie) che compie un’azione finalizzata. Nella corteccia premotoria, ci sono questi neuroni che hanno la funzione di decodificare un’azione e le sue intenzioni, dimostrando che la percezione dei movimenti finalizzati altrui, non ha una natura solo percettiva, ma anche intrinsecamente motoria → percepire un atto finalizzato, significa già simularlo e predisporsi all’azione. L’evoluzione per selezione naturale, nelle specie più evolute ed in particolare nella nostra, ha premiato il fatto che nel momento in cui guardiamo un individuo (con movimenti biologici simili a quelli della propria specie) che compie un’azione finalizzata, ci sia oltre che una comprensione anche una sorta di simulazione motoria dell’azione stessa → percepire un movimento vuol dire apprenderlo. Questo spiega perché è così importante l’apprendimento di tipo osservativo, in particolare è utile osservare chi è già pratico in una certa attività che si vuole imparare. LA MEMORIA PROCESSI DI MEMORIA La memoria ha a che fare con tre processi fondamentali: - Codifica (acquisire l’informazione) - Immagazzinamento o tempo di ritenzione (mantenimento nella memoria) - Recupero (“ripescarla” cioè riportarla allo stato attivo) Prima di affrontare i vari temi che riguardano la memoria va considerato il fatto che un’informazione può essere memorizzata per un breve o lungo periodo (conoscenza semantica). La differenza tra una traccia mnestica a lungo rispetto a quella a breve termine sta nel fatto che nella prima c’è un periodo di inattività: se fino al momento del recupero non mi sono occupato consapevolmente dell’informazione, ma essa è 59 ancora disponibile nel sistema, allora si tratta di una traccia mnestica a lungo termine → può anche essere mantenuta per un periodo relativamente breve (es. ricordarsi cosa si è mangiato a colazione fino a un paio di giorni dopo), fino a tutta la vita. Un’altra distinzione fondamentale è quella tra memoria (o conoscenza) dichiarativa e procedurale; - Conoscenza dichiarativa (esplicita): è suddivisibile in conoscenza semantica (racchiude parole del lessico, conoscenze del mondo, etc.) ed episodica (ricordi - con rispettive collocazioni temporali → si distinguono tra autobiografici e pubblici) - Conoscenza procedurale (implicita): non è chiaramente definibile in termini verbali. Racchiude tutte le procedure apprese (ad esempio allacciarsi le scarpe, andare in bici) che entrano a far parte del repertorio comportamentale. Sono procedure che hanno prevalentemente una natura percettivo-motorio. Conoscenza dichiarativa e procedurale sono due tipi di memoria che fanno parte del nostro bagaglio di conoscenze che possono essere a breve o lungo termine → gran parte sono disponibili a lungo termine. CODIFICA La codifica si riferisce al modo in cui l’informazione viene immagazzinata nel sistema, può essere in forma visiva, proposizionale o in una forma multidimensionale. Il codice si riferisce all’insieme di regole che noi utilizziamo per trasformare le informazioni provenienti dall’ambiente circostante in modo che possano essere conservate nella memoria. Si distingue tra codifica incidentale e codifica intenzionale - Talvolta l’individuo ha l’intenzione di acquisire del materiale, per averlo a disposizione nel futuro: si tratta di codifica intenzionale, ad esempio prendere appunti per un esame. - Tuttavia, anche il semplice fare qualcosa produce delle tracce mnestiche (più o meno durature): si tratta di codifica incidentale, ad esempio ricordare cosa si è mangiato oggi a colazione. Se c’è l’intenzione di ricordare, è più probabile che la codifica sia efficace, e dunque che si produca una traccia mnestica che si mantiene a lungo. La ricerca ha però dimostrato come al di là dell’intenzionalità, una cosa importante che determina la profondità di codifica (e quindi la probabilità di recuperare l’informazione nel tempo), è quanto è stata profonda a livello del significato il tipo di elaborazione del materiale. Si tratta di esperimenti che verificano il tipo di codifica incidentale: sottopongono a gruppi di soggetti diverse modalità di interazione col materiale a disposizione → Teoria dei livelli di elaborazione (Craik & Lockhart, 1972): distinzione tra codifica superficiale e codifica profonda (semantica). Presentavano a tre gruppi lo stesso materiale, ma gli chiedevano di svolgere operazioni diverse: - Nel caso della codifica superficiale, i soggetti dovevano basarsi su caratteristiche fisiche dello stimolo: è scritto con lettere maiuscole? - Dove era richiesta una codifica intermedia, ci si basava sulle caratteristiche fonetiche: fa rima con…? - Codifica profonda era basata su caratteristiche semantiche: è un tipo di animale, oggetto…? Si tratta di un compito di codifica incidentale, dunque i soggetti non sapevano che alla fine del compito veniva chiesto di ricordarsi quante più parole possibili della lista con cui avevano avuto a che fare, e con cui avevano svolto compiti di tipo differente. 60 Il ricordo risulta essere estremamente correlato al tipo di compito che i soggetti hanno svolto con il materiale: inferiore al 50% per chi ha svolto il compito di codifica superficiale, arriva al 65% nel caso del compito di codifica intermedio, arriva al 90% nel caso del compito di codifica profonda. La codifica incidentale è molto più probabile se in modo non intenzionale, si ha a che fare con del materiale in modo profondo. → da questo tipo di ricerche derivano implicazioni di tipo applicativo: se quando si ha l’intenzione di studiare non si fa lo sforzo di arrivare alla dimensione del significato, si otterrà una codifica più superficiale; dunque, inevitabilmente, il ricordo prodotto sarà meno pronunciato. STRATEGIE DI APPRENDIMENTO Strategie di apprendimento e memorizzazione per la preparazione agli esami universitari. La premessa è che naturalmente ciascuno deve cercare di sviluppare un proprio metodo, tuttavia se gli elementi che compongono il metodo PQ4R fossero presi in considerazione, apprendimento e memorizzazione dell’informazione non farebbero altro che giovarne→ si tratta di un metodo che ha dimostrato scientificamente la propria validità. 1. preview = scorrere il capitolo → cercare di farsi un quadro d’insieme 2. questions = porsi delle domande relative al contenuto 3. read = leggere attentamente cercando di rispondere alle domande precedentemente formulate 4. reflect = riflettere, mettere in relazione le nuove conoscenze con quanto si possiede già 5. recite = ripetere quanto si è letto senza guardare il testo Se non si ricorda a sufficienza, riprendere il testo e ripetere le fasi 2/3/4 per le parti in cui si sono incontrate difficoltà di rievocazione 6. review = (rassegna finale) alla fine di ogni capitolo del testo è necessario ripensarlo nel suo insieme e ricordarne i principali concetti espressi Se si utilizza questo metodo, è dimostrato che la prestazione di studenti universitari è di gran lunga migliore. La fase di sottolineatura del materiale è importante per fissare l’informazione, ma l’importante è che quando si va a recuperare il materiale, non si osservino solo le parti sottolineate. COME MIGLIORARE LA CODIFICA Esistono delle modalità di organizzazione del materiale che facilitano la codifica; hanno l’obiettivo di associare l’informazione da acquisire cercando di creare degli aggregati di informazione e/o cercando di associarla ad informazioni già possedute e stabilizzate: - Chunking = gli items si ricordano meglio se in blocchi Si parla molto spesso di informazione che non ha già un’organizzazione intrinseca significativa. Ad esempio quando si ha a che fare con liste di parole, se si memorizza ogni parola da sola, per ciascuna viene occupato 1 dei 7 (±2) slot di memoria a breve termine; se invece si utilizza il Chunking, ossia il mettere insieme più informazioni, allora ogni aggregato di informazioni occupa un solo slot di memoria. Questi aggregati sono più efficaci quando hanno carattere immaginativo e bizzarro, ad esempio per ricordare le parole lupo, sigaro e tappeto, posso immaginare un lupo che fuma un sigaro sdraiato su un tappeto. - Associazione dell’informazione a rime o ritmi Cercare di collegare una cadenza di un certo tipo all’informazione da memorizzare 61 - Mnemotecniche a carattere immaginativo Hanno tutte lo scopo principale di associare l’informazione che deve essere ricordata con informazione già acquisita e che non è difficile recuperare. Funzionano soprattutto quando il materiale non ha un ordine intrinseco, ma si cerca di attribuirgli una struttura 1. Metodo dei loci = si prende in considerazione un percorso fisico a cui si è abituati, estremamente facile da ricordare e durante esso si fissano dei luoghi. In seguito, si colloca l’informazione in ciascun luogo fissato → ricordo come passeggiata tra i loci della memoria: capacità di ricordare fino a 2000 items di una lista dopo 1 sola presentazione. 2. Metodo delle parole piolo = si apprende una lista di parole ad alto valore immaginifico e successivamente si associano gli elementi da ricordare → si creano delle coppie di informazioni dove la prima è stabilita, iper-appresa, e viene associata alla seconda 3. Inserimento delle parole in una storia. 4. Uso di acronimi= es. Per ricordare i colori dell’arcobaleno in ordine: Red, Orange, Yellow, Green, Blue, Indigo, Violet → utilizzo la frase Richard Of York Gave Battle In Vain. 5. Uso di rime, ritmi = es. 30 giorni a novembre con aprile… IL RECUPERO Nel momento in cui l’informazione è stata codificata e mantenuta nel tempo (da qualche secondo a tutta la vita), l’informazione può essere recuperata. Il recupero può avvenire in tre situazioni diverse: 1. Rievocazione libera = avviene quando non ho alcun elemento che riguarda il materiale da recuperare, rispetto a quando è stato codificato (acquisito). Es. durante un esame si usa la rievocazione libera: si risponde senza alcun tipo di suggerimento 2. Rievocazione suggerita = avviene quando c’è qualche suggerimento per il recupero. Es. durante un esame orale, se siamo in difficoltà il docente può suggerire. 3. Riconoscimento = avviene quando si deve riconoscere il materiale appreso in fase di codifica presentato insieme ad altro materiale non presente in fase di codifica. Es: ho appreso una lista di parole e al momento del riconoscimento presentano una lista con quelle + altre parole, e devo riconoscere le prime. La facilità del recupero è più difficile nella fase di rievocazione libera, più semplice nel caso di rievocazione suggerita, e ancora più semplice nel caso del riconoscimento. L’importanza dei cues (suggerimenti) è anche documentata dal fenomeno del principio di specificità della codifica: quando la situazione di recupero e quella di codifica sono compatibili tra loro, il recupero è facilitato → la compatibilità tra le situazioni di codifica e di recupero aumenta il ricordo. - Effetto del contesto ambientale = si ha un ricordo libero (non un riconoscimento) migliore se il contesto di codifica e di recupero è lo stesso (es. la stessa stanza). - Effetto del contesto interno = effetto anche di alcool, droghe, stato d’animo: recupero migliore se stesse condizioni durante la codifica e il recupero. Questo avviene perché molto probabilmente, mentre codifichiamo l’informazione abbiamo a che fare con altra informazione presente nell’ambiente circostante, e la presenza di questi stimoli anche nel momento del recupero facilita il processo. Questo funziona sia per il contesto ambientale che per quello “interno”. 62 Situazione: si forniscono verbalmente a dei soggetti delle liste di parole (6, 10 o 15) da studiare e ripetere: nel caso delle 6 parole il compito rientra nelle nostre capacità di memoria a breve termine, mentre 10 e 15 parole eccedono questa capacità. Sia che si chieda al soggetto di mantenere l’ordine delle parole (recupero seriale), sia che si lasci al soggetto la possibilità di rievocarle con l’ordine che preferisce (recupero libero), si osserva che la probabilità che la parola venga recuperata è funzione della posizione seriale che occupa nell’elenco. Effetto di posizione seriale → è più probabile che vengano ricordate le prime (effetto primacy) e le ultime parole (effetto recency) di una lista. Osservando il caso delle 15 parole nel recupero libero (dove l’effetto è più netto), la probabilità di recuperare le prime parole va dal 40 all’ 80% circa, mentre la probabilità di recuperare le parole in posizione centrale (dalla 4*alla 10* circa) è intorno al 20%, infine, le ultime parole hanno di nuovo una probabilità più elevata di essere ricordate Questo effetto è stato scoperto nell’800 da Ebbinghaus, poi è stato ripreso in epoca cognitivista. Man mano che ci vengono dette le parole, cerchiamo di aggiornare la lista ripetendola (la ripetizione è il meccanismo di base per il mantenimento dell’informazione nella memoria di lavoro, oltre che essere utile per creare tracce mnestiche a lungo termine) ed inevitabilmente le prime parole sono quelle che vengono ripetute maggiormente = maggiormente ricordate -> si spiega così l’effetto primacy L’effetto recency si spiega col fatto che le ultime parole sono le ultime ad essere entrate nel sistema, dunque il tempo tra codifica e recupero è minore (soprattutto nel caso del recupero libero). Le parole a metà della lista non hanno né il vantaggio delle prime parole di essere state ripetute più volte, né il vantaggio legato al breve tempo tra codifica e recupero. OBLIO È esperienza soggettiva evidente il fatto che sia possibile codificare l’informazione e recuperarla in un primo momento, ma non è detto che permanga nel tempo = possiamo dimenticare. Ci sono molte differenze individuali nell’oblio umano (esperienza normale), ma al di là di queste sono stati individuati due fenomeni che stanno alla base della dimenticanza: - Passare del tempo (decadimento) → più il tempo passa tra il momento della codifica e quello del recupero, più è probabile che decada l’informazione (fenomeno osservabile anche nella memoria a breve termine) - Interferenza con altri ricordi → può essere retro-attiva (ricordi acquisiti ora interferiscono con ricordi codificati in precedenza), o pro-attiva (ricordi acquisiti in passato interferiscono con i nuovi) 63 Curva dell’oblio di Ebbinghaus (1885): Ebbinghaus forniva del materiale senza senso (per essere sicuro che i soggetti non utilizzassero conoscenze già acquisite), ossia delle liste di tre lettere ai soggetti, che dovevano studiarle. Per essere sicuro che tutto il materiale fornito fosse stato codificato, faceva ripetere per due volte consecutive il materiale presentato → forniva il materiale per un determinato tempo di studio, ed il soggetto doveva fare una rievocazione libera, poi si forniva altro tempo per apprendere ed il soggetto riprovava a ripetere, andando avanti così finché non riusciva per due volte consecutive a ripetere tutto il materiale. Dopodiché andava a verificare il recupero dell’informazione a diverse distanze di tempo. Il periodo in cui il fenomeno dell’oblio si presenta in modo più significativo si colloca nelle prime ore, immediatamente dopo la codifica: nelle prime 8 ore si va sotto il 40% di informazione trattenuta. Il calo di informazioni ricordate cala anche tra le 24h e il mese, ma è molto meno pronunciato rispetto all’informazione persa immediatamente dopo. Ci sono molti fattori che influenzano la curva dell’oblio: il tipo di informazione che va ritenuta (sensata o meno), il tempo per apprenderla, le condizioni di recupero, la motivazione, etc. → Il semplice passare del tempo è cruciale per la perdita dell’informazione, le fasi più delicate sono quelle immediatamente successive alla codifica. Il fatto che non ci sia solo il passaggio del tempo a determinare l’oblio è evidente anche in questo ESPERIMENTO: sono confrontati due gruppi di soggetti che studiano lo stesso tipo di materiale (sillabe senza senso) e che sono valutati dopo un numero variabile di ore dalla codifica, ma i gruppi fanno cose differenti nel periodo tra codifica e recupero: in un caso sono svegli e nell’altro dormono. Il decadimento dell’informazione è presente in entrambi i casi, ma in tutte le fasi di recupero è meno pronunciata quando il soggetto dorme, soprattutto sulla lunga distanza di tempo. Dunque, oltre al passare del tempo sono determinati anche le interferenze, che possono essere: - Interferenza retroattiva: la nuova informazione inibisce il recupero di informazioni vecchie - Interferenza proattiva: le informazioni vecchie inibiscono il recupero di materiale appreso di recente. Questi due tipi di interferenza sono più marcati ed evidenti qualora il materiale appreso in precedenza e quello appena acquisito siano simili tra loro. 64 MODELLO MULTIPROCESSO DELLA MEMORIA Il modello multiprocesso della memoria è stato introdotto alla fine degli anni ’60: questo modello da conto di tutti i processi mnestici principali; è stato in parte revisionato ma gli aspetti fondamentali che lo compongono sono tuttora considerati validi. Si ritiene che ci siano 3 principali magazzini di memoria: memoria sensoriale, memoria a breve termine e memoria a lungo termine. Ciascun magazzino è differenziabile sulla base di quanta informazione può essere presentata, per quanto tempo e quali sono i meccanismi di decadimento e mantenimento dell’informazione. MEMORIA SENSORIALE = luogo in cui gran parte dell’informazione presente nella realtà viene rappresentata ma per un tempo incredibilmente breve (intorno ai 2 secondi). È paragonabile al processo di colorazione della Polaroid, ma inverso. Questa rapida perdita di informazioni (per decadimento o interferenza) è stata verificata da Sperling. Sottoponeva ai soggetti un insieme di lettere per un tempo molto breve, (qualche centinaio di millisecondi), dopodiché chiedeva ai soggetti di recuperare l’informazione. Creava due gruppi che sottoponeva a condizioni differenti: 1. In uno chiedeva al soggetto di recuperare tutta l’informazione → il ricordo si stabiliva circa sulle 4 lettere [linea tratteggiata]. I partecipanti dichiaravano di avere l’impressione di ricordarle tutte, ma man mano che iniziavano a dire le prime, non ricordavano più le altre. 2. Nell’altra presenta al soggetto un tono (alto, medio o basso), ed egli sa che se è alto, deve riportare le prime tre, se è medio quelle della seconda riga, e se è basso quelle dell’ultima. Il tono viene presentato ad intervalli differenti rispetto a quando viene presentato lo stimolo: possono comparire in contemporanea oppure no. → quando vengono presentati in contemporanea il ricordo è totale, mentre man mano che passa il tempo il ricordo cala, fino ad arrivare alla stessa probabilità di quando è richiesto un recupero totale, quando è passato un secondo. Questo significa che effettivamente tutte le lettere sono presenti, dunque se devo riportare solo una piccola e determinata parte di esse, allora riesco a esprimerla prima che svanisca. In questo modo Sperling ha dimostrato in modo convincente che la memoria sensoriale è un magazzino di memoria dove c’è una rappresentazione di gran parte dell’informazione presente nell’ambiente esterno, per un tempo molto breve. 65 Ciò che viene rappresentato nella memoria sensoriale e sopravvive al decadimento o interferenze che si hanno in questo magazzino di memoria, viene rappresentato nel magazzino di memoria a breve termine (o memoria di lavoro). MEMORIA A BREVE TERMINE = magazzino di memoria che utilizza la reiterazione o ripetizione come meccanismo di base per il mantenimento dell’informazione, dove l’informazione viene mantenuta per circa 30 secondi - 1 minuto, e dove può essere mantenuta solo una piccola quantità di informazioni (7±2 unità di informazione) → il primo ad affermarlo fu Miller, uno dei primi cognitivisti ad occuparsi di processi di memoria, scrisse l’articolo “The Magical Number 7”. | Sottoponendo a dei soggetti un qualsiasi tipo di materiale e chiedendogli immediatamente dopo di recuperare l’informazione, osservò che riuscivano a recuperare 7±2 unità di informazione. Se la quantità di stimoli è tra 5 e 9, è facile che il soggetto li riporti tutti o ne perda pochi, mentre quando si eccede le perdite sono maggiori. Il meccanismo di reiterazione è di tipo sub-vocalico, ossia noi ripetiamo proprio queste informazioni; se il soggetto, nel frattempo, è costretto ad occupare il processo sub-vocalico di mantenimento dell’informazione ad esempio ripetendo una sillaba (la-la-la-la-la-la) mentre gli viene data l’informazione da memorizzare a breve termine, ecco che si ha un decadimento drammatico della prestazione. Nella memoria a breve termine l’informazione rappresentata può provenire dall’ambiente esterno o può essere informazione già posseduta (nella memoria a lungo termine), che è in uno stato di inattività, ad esempio il fatto che Roma è la capitale d’Italia, oppure nel fare una operazione matematica si utilizzano i numeri (stimolo proveniente dall’esterno), ma le regole da utilizzare sono recuperate dalla memoria a lungo termine. Lo spazio di lavoro è abbastanza limitato e sensibile alla perdita d’informazione per semplice decadimento, ma anche per interferenza (il materiale simile produce maggiore interferenza rispetto a materiale dissimile). La differenza fondamentale tra una traccia mnestica a lungo termine ed una a breve termine è lo stato di attività: se è attiva si tratta di informazione a breve termine, mentre se una volta codificata non è mantenuta attiva, ed è possibile recuperarla dopo che la consapevolezza si è focalizzata su altro, allora è una traccia mnestica a lungo termine (che non significa eterna: va da una decina di secondi ad anni). La memoria a breve termine è stata di recente (dagli anni ’80 - ‘90) ri-sistematizzata in un sistema più complesso, chiamato MEMORIA DI LAVORO. Il ricercatore principale che se ne è occupato è Baddeley, il quale ritiene che la memoria a breve termine sia composta da più magazzini; essi si occupano di: - mantenere informazioni di tipo verbale (circuito fonologico) → se ne occupa l’emisfero sinistro - mantenere informazioni di tipo visivo-spaziale (denominato taccuino visuo-spaziale) → se ne occupa l’emisfero destro Il tutto sarebbe coordinato da una sorta di esecutivo centrale (così denominato da Baddeley), che è un meccanismo di natura attentiva che ha lo scopo di coordinare il lavoro di queste due componenti della memoria di lavoro. Esempio: si immagini di fare un compito di memoria che prevede di dover dire quante finestre ha la propria casa. Tipicamente attivo un’ immagine mentale (utilizzando il taccuino visuo-spaziale) della casa e ci navigo detro, così ogni volta che entro in una stanza e vedo una finestra ho un contatore (i numeri sono materiale di tipo verbale) che viene aggiornato nel circuito fonologico. 66 Nell’immagine c’è il modello multiprocesso della memoria proposto da Atkinson e Shiffrin a fine anni ’60. Viene ridefinito considerando la memoria di lavoro ed il fatto che la memoria sensoriale è presente per le varie modalità sensoriali (iconic=visiva, echoic=uditiva, haptic=tattile, etc.). Ciò che arriva ad essere rappresentato nella memoria di lavoro attraverso meccanismi di tipo attentivo può essere mantenuto tramite ripetizione o immagazzinato per crearne una traccia mnestica a lungo termine. In ciascuna di queste fasi può esserci dimenticanza per decadimento o inteferenza. MEMORIA A LUNGO TERMINE= contiene informazione disponibile dal momento della codifica per un periodo indefinito che può essere anche illimitato (rispetto alla vita massima che l’individuo può avere). Mentre la memoria di lavoro ha una capacità limitata in tempo e unità di informazione, in quella a lungo termine la quantità di informazione e il tempo in cui si ricordano possono essere illimitati. Il recupero dell’informazione da questo magazzino a quello della memoria di lavoro può non funzionare (retrieval failure), questo avviene perché è stata persa (oblio) oppure perché non è temporaneamente disponibile – fenomeno del “ce l’ho sulla punta della lingua”. La probabilità che le informazioni passino dalla MBT alla MLT è in funzione: - della reiterazione delle informazioni nella MBT - dell'integrazione e organizzazione del materiale in strutture organizzate → la probabilità di ricordare a lungo termine un’informazione dipende da quanto riesco ad integrarla con un sistema di conoscenze Si distinguono due tipi di conoscenza: - Conoscenza dichiarativa (esplicita – accessibile direttamente): - semantica → es. cos’è una bici? - episodica → es. quando sei andato in bici l’ultima volta? - Conoscenza procedurale (implicita – accessibile solo svolgendo l’azione) → es. come si va in bici? Non a tutti i concetti che ho del mondo sono collegate conoscenze episodiche, semantiche e procedurali → per i concetti più astratti è più probabile che ci siano informazioni di tipo semantico ed eventualmente episodico. Attendibilità del recupero= l’ informazione recuperata dalla memoria a lungo termine (soprattutto per gli aspetti episodici – di tipo autobiografico o pubblici) è davvero attendibile o possono verificarsi delle distorsioni che riguardano codifica, mantenimento e recupero della stessa? Tema molto rilevante anche dal punto di vista applicativo, ad esempio per testimonianze oculari nel caso di procedimenti giudiziari. 67 La ricercatrice Elizabeth Loftus si è occupata per prima di studiare le testimonianze oculari, costruendo un esperimento che è diventato il punto di partenza e di riferimmento per questo filone di ricerca, che è arrivato a dimostrare come effettivamente il ricordo può non essere fedele rispetto a ciò che è successo. ESPERIMENTO: mostrava ai partecipanti il filmato di un incidente tra veicoli ed in seguito li sottoponeva ad un questionario composto da varie domande che andavano ad indagare il tipo di incidente che era avvenuto. Le domande presentavano delle variazioni: un prima domanda poteva essere a quale velocità andavano le due macchine quando si sono scontrate? Poi in un’altra veniva definito l’impatto con termini differenti, che già implicavano la gravità dell’incidente, quali fracassate, scontrate, andate a sbattere, urtate, toccate. Risultati = più “gravemente” veniva descritta la situazione, maggiore era la velocità che essi “ricordavano” Termine utilizzato

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