Appunti Secondo Parziale Storia Dell'Architettura II_Frati PDF
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These notes cover the history of architecture in Europe from the 1500s, focusing on the spread of Renaissance styles outside of Italy. It details the influence of Italian architects and the evolution of architectural styles in different European countries, including France, Spain, and others; while also highlighting examples of key buildings/castles.
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lOMoARcPSD|7990600 Lezione 15/04/2023 EUROPA ‘500 - Barocco portato al di fuori dell’Italia. Arriva in Europa il linguaggio sviluppato da Bramante e dai s...
lOMoARcPSD|7990600 Lezione 15/04/2023 EUROPA ‘500 - Barocco portato al di fuori dell’Italia. Arriva in Europa il linguaggio sviluppato da Bramante e dai suoi allievi. - La personalità del maestro è fondamentale per capire l’invenzione di un linguaggio. Intervengono anche altri soggetti che prendono un’importanza anche maggiore degli architetti ovvero i committenti, con la loro volontà di rappresentare il potere. Si passa dall’Italia centrale per l’Appenino e le Alpi. - Si instaura un rapporto fra architettura e città, quelle europee hanno la necessità di essere adeguate a un ruolo nuovo e rinnovato, gli stati hanno una coesione sempre maggiore, dimensioni maggiori che richiedono spazi adeguati. Una relazione fra architettura e urbanistica che si fa sempre più necessaria. L’Europa ha stati con strutture amministrative non ancora stabili. Si formano regni nazionali che hanno bisogno, di conseguenza, di città capitali e architetture adeguate a ruoli di primo piano. Legame con le esperienze italiane, dominio su luoghi dove la cultura ha fatto passi da gigante. GRANDI CANTIERI TARDO GOTICI: FRANCIA: DUOMO DI ROUEN, ritratto di Monet. UNGHERIA: CHIESA DI SANTA BARBARA KUTNA HORA, XVI secolo, intreccio di linee che prendono vita dalle linee verticali dei pilastri senza interruzione dati da capitelli etc. Forme iperboliche all’esterno. INGHILTERRA: domina il PERPENDICULAR GOTHIC, intrecci di nervature che dissolvono la struttura, la fanno apparire come una trina leggerissima e trasparente. Es. San Giorgio Windsor. SPAGNA: DECORATIVISMO, elementi architettonici di secondo piano rispetto alle strutture, aperture, coronamenti etc. Le decorazioni prevalgono sulle ragioni statiche e costruttive dell’architettura. Es. S. Gregorio Valladolid. Stessa cosa accade in PORTOGALLO, es. Convento del Cristo. ___________________________________FRANCIA___________________________________ Primo dei paesi europei che stabilisce un rapporto fruttuoso con l’Italia dominandola sul piano politico e lasciandosi dominare sul piano strutturale. Protagonisti sono i re che scendono in Italia per campagne militari, a Napoli, e attraversandola vedono tutti i successi dell’architettura rinascimentale. A partire da Carlo VIII che scende in Italia a cui segue Luigi XII che fa esperienza diretta dell’architettura italiana e poi Francesco I che chiama artisti alla sua corte ospitando Leonardo da Vinci nei suoi ultimi anni di vita, presenza importante perché apre la strada all’ emigrazione di tanti artisti italiani. Dopo il sacco di Roma tanti artisti si spostano in Francia. Con la battaglia di Pavia il ruolo di Francesco viene ridimensionato ed è Carlo V ad avere le redini del potere. Si serve comunque dell’architettura. I trattati sono sempre più diffusi, stampati, a partire dalla Francia stessa, a partire dalle opere di Serlio, scritte in volgare italiano e francese con tante illustrazioni. Oltre a Serlio ci sono due francesi, uno che si basa su Serlio e sull’architettura precedente di Vitruvio, sulla conoscenza dell’architettura basata su uno schema letterario consolidato. Anche autori successivi, propongono una organizzazione della materia proponendo conoscenze sempre più codificate, così come avviene in Italia con Vignola. Tre nomi che possiamo fare di trattatisti francesi sono: Du Cerceau (1559), Bullant (1564) e De l’Orme (1568). 4 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Quali sono gli effetti? Inizialmente si tratta di edifici cortigiani ovvero i castelli, con struttura quadrangolare con torri angolari, circolari solitamente, strutture simili alle ville medicee. A questo tipo si applica il linguaggio fatto di elementi autonomi e isolati, che sono le aperture, le cornici marcapiano, i timpani, inseriti in modo frammentario come nell’architettura gotica. Come in CHATEAU DE BURY (1511-1524) - DU CERCEAU (Molineuf). Luoghi suggestivi, facilmente raggiungibili dalla capitale Parigi. Spesso avevano ambienti di servizio, scuderie, luoghi di riposo, ambienti per i membri secondari della corte, servi, secondo schemi assiali, simmetrici giocando anche sulla grande dimensione. Un altro esempio è il castello con struttura a ponte sul fiume, CASTELLO DI CHENONCEAU di BOHIER (1515-1524). All’interno sono organizzate con ingresso autonomo dalla corte con luogo di passaggio, una sala, che corrispondono all’impostazione di ville rinascimentali come quella di Poggio a Caiano. CASTELLO REALE DI BLOIS (1516-1524): si deve adattare al contesto, si inserisce un elemento nuovo, una scala a chiocciola che ha anche funzione di loggia che si apre sulla corte d’onore e manifesta la presenza del re, dei cortigiani, in modo quasi improvviso e stupefacente. Dalla scala si può osservare dall’alto l’area destinata all’incontro delle persone. Diventa luogo di spettacolo, non solo funzionale, ma di esibizione del potere. Impiego dell’ordine architettonico correttamente in sequenza ma con proporzioni ancora poco soddisfacenti. Si applica il linguaggio a un tipo che è ancora resistente. Il corpo del castello assume una forma più compatta, intorno al mastio c’è la corte d’onore con le maniche che la circondano, sale, scala non posizionata su un angolo ma fa da perno all’intera distribuzione, al centro. L’idea del castello con le sue torri cilindriche coperte da tetti conici presente anche nell’architettura italiana come nel Palazzo di Urbino o anche fuori dall’Italia come nel CASTELLO DI NEUSCHWAINSTEN, in Germania, della Disney. CASTELLO DI CHAMBORD (1519-1524): qui interviene DOMENICO DA CORTONA, come se si combinasse di due linguaggi, direzione orizzontale data dalle cornici marcapiano con regolare e ordinata sequenza di aperture, l’altra fatta di elementi verticali, tetti, camini (fondamentali). Due temi, una più all’italiana, ampia, orizzontale, l’altra più ritmica, più verticale di stampo ancora gotico. Scale al centro anche qui, sembrano anticipare dalla successione degli ordini, tutto corinzio, nelle scale angolari combinazione di elementi classici, balaustra di stampo michelangiolesco, la rampa elicoidale all’interno della scala sa di pilastro composito modificato. La scala centrale si percorre con passo lento, di aspetto cerimoniale, fa salire con eleganza e introspezione i personaggi della corte, rendono la scala un oggetto di contemplazione. Deve essere adeguata a questo scopo, la balaustra con colonnelli dimezzati prende forme squadrate e non cilindriche. Archi radiali risolvono il problema della combinazione del sostegno verticale e del capitello che termina con l’abaco orizzontale altrimenti sarebbe uno snodo difficile. Soluzione già vista in Caprarola di Peruzzi. 5 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 CASTELLO DI FONTAINEBLEAU (1528) – LE BRETON: si dà importanza ai camini; nella Porta d’oro c’è una citazione del palazzo di Urbino realizzato da Francesco di Giorgio Martini delle logge del Palazzo che lì sono aggettanti, qui no. Sovrapposizione delle finestre come elementi isolati che non entrano in dialogo vero, sperimentale, momento di passaggio. Qui sono impiegati artisti italiani, la galleria come manifestazione del gusto del committente, visioni attraverso dipinti o sculture, si raccontano storie, si propongono interpretazioni filosofiche, ideologiche e morali del mondo. Troviamo per la prima volta l’introduzione delle ampie specchiature dipinte e delle cornici scolpite in un dialogo alla pari con l’architettura. Ci vuole un architetto locale che abbia conoscenze attraverso esperienza diretta dell’importanza del linguaggio antico: DE L’ORME. È stato anche a Roma e al ritorno si occupa di edifici per grandi personalità che hanno chiara la funzione figurale dell’architettura. CHATEAU SAINT MAUR DES FOSSES: si trova presso Parigi, presenta l’inserimento di logge su più livelli, enorme timpano a chiudere la facciata e torri che stringono. Uso del bugnato, ampiezza e regolarità delle aperture. Alternanza fra conci lisci e conci bugnati, novità dell’architettura, come usato da Giulio Romano, Vignola e Sangallo. Progetta anche un castello che è stato smontato e rimontato in un altro luogo: CHATEAU D’ANET (1547): portale che propone una sovrapposizione degli ordini tuscanico dorico, ionico e corinzio molto decorato. Il fusto è quasi aggredito nel basso, quasi ellenistica come cosa. La trabeazione sporge in corrispondenza dei sostegni, presenta una sequenza a imbuto dei piani della facciata, nicchie e aperture. Altro episodio interessante è la sua cappella palatina, smontata e rimontata anche questa, con riproposizione di formule italiane bramantesche ma anche nella conservazione di tratti locali come le due torri in facciata, residuo dell’architettura medievale dalla carolingia in poi. Il porticato con le colonne accoppiate sembra rifarsi a strutture romane. L’interno guarda ai progetti di Bramante per San Pietro: pilastro smussato che sostiene un pennacchio trapezoidale con volta a lacunari che presenta una formula innovativa perché i lacunari creano una rete di archi che definiamo “archi solidi”, la cui proiezione sul piano orizzontale è un arco. Ha valore puramente decorativo. La formula decorativa si riflette sul pavimento che è davvero una proiezione della volta. La struttura è a croce greca cupolata, la lanterna sembra imitare quella del progetto di Bramante per San Pietro. Nel padiglione di ingresso c’è l’idea della serliana (dopo la formulazione di Serlio). È presente un cervo sulla sommità perché il castello è dedicato alla dea Diana, della Caccia. 6 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 LOUVRE COUR CARRÉE (1546) - LESCOT: uno dei cortili principali del Louvre, arricchito inizialmente da ali e poi sostituito dal completamento della corte quadrata circondata da quattro maniche e si comincia a costruire quella rivolta verso la campagna. Lescot impiega formule innovative quali l’inserimento delle finestre all’interno delle specchiature del portico, invenzione di Lescot, come Michelangelo a Palazzo Medici, come in Palazzo Pitti da Ammannati. Arco più corto della finestra. Imponenza segnalata dai piedistalli che elevano ancora di più gli ordini inferiore e intermedio. Essendo una facciata molto estesa non si nota la ripetizione eccessiva degli elementi come era accaduto invece in San Pietro con Sangallo. Verrà completata nelle ali Nord ed Est successivamente. C’è una tendenza all’espansione laterale. __________________________________SPAGNA_____________________________________ Carlo V (1516-1558), nemico di Francesco I, effettua la ristrutturazione di edifici esistenti con l’aggiunta di padiglioni in più come ad esempio nel: PALACIO DE CARLOS V (1526-1568, Granada) – MACHUCA: fa parte del complesso palaziale di Alhambra. Presenta una successione di ordini, è un ambiente molto arioso, confortevole per il clima torbido; il portico isola gli ambienti interni. È Filippo II (1556-1598), però, a dare una svolta all’architettura spagnola soprattutto con l’impianto dell’Escorial. MONASTERIO DE SAN LORENZO DE EL ESCORIAL (1563-1582) – J.B. DE TOLEDO È caratterizzato da una griglia di linee ortogonali, infatti il protettore è San Lorenzo e la griglia rappresenta dove è stato martirizzato il santo. Filippo II pensa per sé un palazzo-monastero, un edificio religioso con al suo centro la chiesa e gli ambienti monastici. Attorno ai cortili si articolano sale e stanze di residenza. L’impianto è rigoroso per un edificio che imposta il territorio, si trova in un luogo disabitato, deserto, rigoroso e geometrico modifica il paesaggio circostante. Fa uso di pietra grigia spesso lasciata ruvida e questi edifici caratterizzeranno l’architettura spagnola dei secoli successivi. La griglia viene riproposta anche all’interno degli edifici religiosi. C’è passaggio chiaroscurale nelle trabeazioni, nelle cornici che interrompono. 7 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 ______________________________BELGIO, GERMANIA_______________________________ RATHAUS ANTWERPEN (1561-1565, ANVERSA): è il Palazzo del Comune di Anversa, esprime grande chiarezza e luminosità, rappresenta una trasparenza delle istituzioni locali che devono dialogare con la collettività. ANTIQUARIUM MONACO DI BAVIERA (1569): la luce, molto importante al Nord, illumina le gallerie come nell’Antiquarium del Palazzo ducale di Monaco di Baviera. Presenta una decorazione di stampo più italiano, imita le grottesche, la decorazione scultorea è frutto di grandi collezioni allestite per la fruizione pubblica. CHIESA DI SAN MICHELE (1583-1597, Monaco) Michaelskirche Muenchen: la planimetria riprende il Gesù di Vignola, tranne il passaggio tra una cappella all’altra. L’abside presenta cappelle radiali. In questa chiesa esiste un matroneo, la luce entra da spazi intermedi, filtrata, utile alla predicazione. La facciata ha un’impostazione ancora tradizionale come una casa a più piani. C’è l’dea di telaio, una corrispondenza precisa tra elementi verticali e assenza di aggetti importanti. Tutto si svolge su un unico piano. Il colore distingue le linee dalla superficie senza un plasticismo vero e proprio, i riempimenti sono realizzati in argilla. Il doppio ingresso favorisce la circolazione, l’entrata e l’uscita, una formula raramente utilizzata nelle chiese italiane, ma più nei santuari tedeschi e francesi di pellegrinaggio. FRANCIA ‘600 PARIGI Enrico IV (1589-1610) si occupa di rendere adeguata la città al ruolo di Capitale. I lavori al Louvre continuano, vengono potenziati anche altri punti nevralgici della città. Enrico è il motore dell’urbanistica della Parigi del 1500 e del secolo successivo. Prima di Enrico: la città si sviluppava intorno al fiume, nell’isoletta (Île de la Cité, cioè Isola della Senna) c’era la sede del vescovo e del re che però ha a disposizione anche altri luoghi nella città come il Louvre e la Bastiglia come fortezza speculare. C’è una serie concentrica di fortificazioni che segna e limita temporaneamente la città. I ponti (PONT NEUF) avevano anche scopi commerciali dato che erano circondati da botteghe. Altre zone della città devono essere ancora urbanizzate perché periferiche. Deve essere completato il fronte Sud della città. Tutte le funzioni politiche e commerciali si sviluppavano sull’asse Nord-Sud e si raddoppia sui due ponti. Enrico IV sceglie il LOUVRE come luogo di residenza, progetto già avanzato nella sua realizzazione. Destina il giardino a una funzione residenziale, viene liberata l’area dalle mura e destinata a residenza costruendo la PIAZZA DEL DELFINO (PLACE DAUPHINE) triangolare di forma regolare attraversata da una strada, la RUE DAUPHINE. Presenta un fronte regolare con 8 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 ripetizione del modulo, isola lo spazio pubblico e rende chiaro l’intervento di un potere che sovrintende alla progettazione urbanistica e architettonica. RUE DAUPHINE: strada dritta, relativamente larga e lunga già sperimentata in Strada Nuova a Genova. Si dota una zona di espansione della città di una zona di viabilità. Nella piazza sono presenti cellule abitative tutte uguali, efficienti, isolate l’una dall’altra per ragioni di sicurezza in caso di incendio. Un altro intervento è la realizzazione di due ponti che collegano insieme due sponde, due quartieri isolati e lontani tra loro che vengono messi in comunicazione con la zona del Louvre. Nonostante siano due ponti, costituisce un’unica infrastruttura. Unico intervento marcato monumentalmente dalla statua equestre che dà le spalle al fiume. Secondo intervento urbanistico di Enrico è PLACE DES VOSGES: piazza quadrata con poche strade di ingresso, ci si entra in modo evidente, celebrato, dato che per entrarci si passa obbligatoriamente sotto ai padiglioni reali oppure si entra da strade laterali ma è comunque un ingresso improvviso, scenografico. La forma è regolare e ripetuta attraverso moduli, anche piuttosto semplici. Le aperture sono in asse, il paramento in pietra, le pareti in laterizio. C’è poi un cornicione con il tetto che presenta abbaini, camini che ci permettono di differenziare le cellule abitative già dall’esterno. Le grandi finestre permettono il riscaldamento degli ambienti interni, la superficie restante è lasciata ai sostegni. C’è alternanza di conci larghi e stretti, una citazione delle architetture italiane. La struttura si può mettere a confronto con PLACE DUCALE CHARLEVILLE MÉZIÈRES (1606). Tra gli interventi progettati per Enrico troviamo anche la PLACE DE FRANCE (1609): non viene realizzata nella periferia Nord-Ovest, ancora rurale destinata alla urbanizzazione. Presenta una forma stellare in cui convergono più strade. Al piano terra dei palazzi sono presenti dei portici e la porta d’ingresso. Le piazze reali, quindi, servivano per manifestare il potere attraverso forme regolari, assolute, geometrie ortogonali e radiali. 9 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Il figlio di Enrico IV, Luigi XIII (1617-1643), arriva al potere dopo un lungo apprendistato protetto dalla madre Maria de’ Medici, figlia di Francesco I (influenza italiana) e dal cardinale Richelieu a cui Luigi è estremamente legato. La città è già impostata secondo i progetti precedenti, Parigi è già segnata da numerosi interventi. PLACE DAUPHINS E PLACE VEDÔME già realizzate, il cantiere del Louvre è già iniziato, il Chateau du Louvre è ancora lì. Si occupa dell’urbanizzazione delle zone ancora rurali, il quartiere a Ovest, l’Île de la Cité, e l’Île Saint-Louis vengono ripensate con degli schemi. Si predilige una scacchiera sull’Île Saint- Louis e isolati regolari del quartiere di Richelieu, a Ovest del centro. Protagonista delle iniziative è l’architetto LOUIS LE VAU. Luigi XIV viene aiutato dalla madre e dal cardinale Mazzarino durante un periodo di debolezza del regno, in cui ci fu il tentativo delle forze borghesi di farsi valere, la rivolta dei nobili che compongono il Parlamento noto come la “Fronda”. Assedio della città da parte della nobiltà che vuole far uscire la corte della città. Luigi, a questo punto, capisce che le fortificazioni sono inutili. Alcuni modelli come le piazze vengono riproposti, altri no. Al posto delle mura che vengono smantellate si realizzano i BOULEVARDS che hanno come prospettiva finale le porte della città che continuano ad avere valenza simbolica come entrata in città. Le cortine, fasce profonde di territorio destinate alla fortificazione, vengono liberate da questa funzione e sono usate per scopi pubblici come strade e passeggiate. Le porte mantengono un loro ruolo e vengono potenziate prendendo un valore ancora più simbolico. Perdono lo scopo militare, sono archi di trionfo, luoghi di dogana, di controllo fiscale. Porte con elementi simbolici che vengono dall’esperienza classica romana, con le forme degli obelischi e delle piramidi. La città, quindi, viene privata delle fortificazioni. Su cosa ci si basava per la sicurezza della capitale? Su un sistema periferico di fortezze a garantire la sicurezza dello stato fortemente aggredito dalle potenze concorrenti, in politica antifrancese, di Spagna e Germania. Fortezze che devono essere aggiornate alle necessità della guerra basata sulle armi da fuoco. Caso di Brisach al confine tedesco. BRISACH – STEVIN: città fortificata lungo il fiume che lo sfrutta come elemento di allontanamento, sia per raccogliere le acque e convogliarle nei fossati, sia per allontanare gli attacchi. Usato per aumentare la distanza fra città e assedianti e impedire che i colpi, tiri parabolanti, creino danni. Fortificazioni che si prolungano, edifici pensati in modo più orizzontale, torri e campanili mozzati lasciando in piedi quelli più importanti per evitare che cadano. C’è un rapporto con la cultura italiana militare, teorica, dalla metà del ‘500, basandosi su precedenti esperienze e congetture teoriche. Trattati di architettura, fortezze quattrocentesche già osservate. I teorici italiani propongono una riflessione sul rapporto fra le fortificazioni e la città. Assumono una geometria sempre più razionale per garantire il minor sviluppo possibile per coprire maggiore superficie a parità di lunghezza del circuito. La forma circolare non è la migliore da gestire sia per implicazioni geometriche per passare dal disegno alla muratura sia per inserire nelle cortine le torri. Meglio una geometria poligonale. Poligoni esagonali, ottagonali etc. che non sempre entrano in rapporto efficiente con la viabilità e la forma dei lotti interni alla città perché la griglia ortogonale è la più semplice per la suddivisione delle strade e dei lotti. Con lotti rettangolari si realizzano edifici di forme più regolari. 10 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Per la città che deve essere efficiente, economica, standardizzata, si preferisce la griglia ortogonale. Problema di gestione dei trasporti, garantire rapidi spostamenti da centro a periferia e attribuzione della popolazione ai tratti di fortificazione da difendere. Lo schema radiale è quello che favorisce un rapporto migliore tra strutture e fortificazioni. I trattati di Cattaneo e quello di De Marchi pongono la questione, ponendo attenzione alla viabilità e alla vita della città. L’esito di queste ricerche sono Trattati più tardi di Lorini e Scamozzi, divulgatore del linguaggio palladiano. Si propongono forme che sono vie di mezzo tra la forma ampia delle fortificazioni e la forma della viabilità con strade ortogonali, griglia etc. Esiti concreti di queste intuizioni: SABBIONETA (1560-1584) (Provincia di Mantova): città voluta dai Gonzaga di forma poligonale e orientamento ortogonale della viabilità. PALMANOVA (1593-1600) (Provincia di Udine): realizzata su progetto di Scamozzi, è un insediamento fortificato, ha già una profonda dimensione nei terrapieni, nei baluardi, nei fossati, nel sistema difensivo e al suo interno un sistema ortogonale che si riflette nella struttura viaria e negli isolati. Vie che contribuiscono alla veloce mobilitazione. La piazza è in rapida connessione con le mura, isolati di forme quasi ortogonali garantiscono un certo ordine e una certa praticità per la distribuzione dei lotti. Scamozzi ha impiegato l’ennagono (9 lati). L’ottagono riesce a mediare fra poligono e cerchio. NEUF BRISACH – VAUBAN: disegno città di Brisach, nuova e vecchia. Protagonista di questo intervento è Sébastien Le Prestre de Vauban che costruisce una rete di fortezze al confine della Francia lasciando che Parigi sia una città aperta. PLACE DES VICTOIRES: piazza circolare realizzata sotto Luigi XIV. Più razionale è l’intervento in PLACE VENDÔME: classico quadrato, che viene smussato agli angoli per avere una disposizione degli edifici più razionale che si affacciano sulla piazza. Longitudinalità data dalla strada e dal monumento equestre del Re. Place des Victoires Place Vendôme Si sviluppa in questo contesto un’architettura più monumentale. PALAIS DE LUXEMBOURG (1615) – DE BROSSE: costruito sotto Luigi XIII con lo scopo di realizzare una reggia alternativa al Louvre, di campagna, destinata a trattenere in Francia artisti, per dare un cantiere- scuola agli artisti presenti in Francia. È caratterizzato da schemi quadrati, torri agli angoli e asse longitudinale. L’asse è segnalato dal padiglione centrale che segna l’assialità in facciata con due fronti identici che si ripetono anche sull’altro lato del palazzo. Si fa uso del bugnato a piano terra, con aggressione del concio. La cupola è segnata da costoloni come in San Pietro. Nel fronte sull’acqua c’è sovrapposizione ordini e ripetizione delle fasce orizzontali date dalla distinzione delle bugne. 11 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 CHAPELLE DE LA SORBONNE (1635- 1642) – LEMERCIER: chiesa della Sorbona, realizzata per un pubblico elevato di studenti e professori. Longitudinale ma con asse trasversale centrale, allungamento della croce greca che compare anche nella chiesa di San Biagio e Carlo ai Catinari ancora prima che a Parigi. Le cappelle sono orientate come l’abside, non danno verso l’aula. Aumentano ancora di più il senso longitudinale. La Sorbona ha due ingressi principali, uno sull’asse longitudinale, uno sull’asse trasversale. Due entrate vogliono dire due facciate: una esterna sulla piazza, con corpo centrale con colonne con ritmi diversi che stringono la facciata e stessa cosa al piano superiore con le lesene. Due ali collegate da volute semplificate che fanno riferimento ai progetti romani come in Santa Susanna. L’altra facciata guarda invece al cortile interno dell’università e corrisponde al braccio trasversale della croce. In questa impostazione notiamo un principio di assialità che caratterizza tutta l’architettura francese cinquecentesca, lo troviamo in cose laiche e religiose. MAISON LA FITTE (1642-1646) – MANSART: Architettura perfettamente simmetrica, tema centrale della monumentalità, con maggiore altezza e due ali che si protendono verso il cortile a cui sono associate due sale con forma ellittica, novità del barocco romano, in senso trasversale. L’accesso è sul diametro minore. La parte centrale della facciata in posizione assiale si ripete anche sull’altra facciata, colonne e lesene come articolazioni, ritmi diversi. Il Louvre è ancora così, un lato costruito e uno no. Anche nelle residenze private della corte si ripropongono questi modelli, come in VAUX LE VICOMTE (1656-1661) – LE VAU: realizzato per volere di Nicolas FOUQUET, finanziere di Luigi XIV. Si tratta di un impianto molto ambizioso, cade, scatena invidia nella corte e nel re stesso. Tutto disposto lungo un asse di simmetria, si cerca una commistione, gradualità fra edificio e panorama. Protagonista di queste ricerche è l’architetto giardiniere LOUIS LE VAU, che realizza un giardino alla francese, percorsi fintamente naturalistici che si inseriscono nella natura. Queste cose verranno poi sviluppate a Versailles. L’architetto Le Vau usa un linguaggio classicista nell’ordine gigante che inquadra le facciate, nelle decorazioni che trovano posto nei vuoti lasciati dagli elementi architettonici. C’è una precisa e gerarchica organizzazione di tutti gli elementi. Degli elementi precedenti restano: l’isolamento, elementi simbolici come l’acqua, fossato, vedute attraenti, specchi d’acqua, peschiere, fontane. A lui viene commissionata anche la 12 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 CONTINUAZIONE DEL LOUVRE (1664): va completato sul lato che guarda alla città e sul lato Nord. Problematico perché esiste ancora il castello medievale, ci sono isolati che devono essere distrutti, corte d’onore come luogo di manifestazione del potere. Tutti i progetti, alcuni di Bernini e Berrettini, sono frutto di riflessione e di richiesta del re. Viene proposto un basamento a scarpa, di stampo militare, richiama la formula del castello, costituzione bugnata rinforzata agli spigoli, aggetti sugli angoli al centro. È di enormi dimensioni, quasi 200m. Il linguaggio è adeguato alla scala urbana. Viene impiegato un portico definibile di ordine gigante perché comprende un piano attico. Portico che si stacca dalla parete interna. Proposte di Rainaldi: altezze vertiginose, riduzione del Proposta di Le Vau progetto con articolazione su più livelli tagliati in orizzontale. Proposta troppo frantumata, rinuncia alle forme curve, c’è una cupola, citazione della serliana, troppe cose poco controllate. Progetti di Bernini: ci lavora dal 1663 al 1665, presente nel 1664 in loco per cercare di portare fino in fondo questa commissione. Non si arriva a una decisione finale. Le maestranze locali sono abituate a lavorare in un certo modo ed è anche difficile comunicare. Le proposte di Bernini non vengono acquisite. La prima proposta presenta un ordine gigante che fascia superfici piane che dà plasticismo alle curve concave e convesse con dimostrazione esterna della forma ovale della sala delle feste. Di questo viene realizzato un plastico. La seconda proposta presenta una superficie concavo-convessa con pareti concave che guardano verso la città, ma il corpo centrale si stacca dalla superficie delle ali ed è ugualmente concavo. Rallenta il plasticismo, forma forzata, non lascia intendere l’interno. L’ultimo dei progetti presenta fronti piani, piatti, in cui l’unico aggetto è la colonna e l’inserimento anche della pietra nella scarpa. Livello inferiore pieno di pietra (?). Progetto di Pietro da Cortona: propone un ovale, come la proposta di Rainaldi, un corpo che si stacca e si protende anche lateralmente nelle ali, nasce poi un vuoto e riprende dallo spigolo. COLONNADE DU LOUVRE: realizzata per Luigi XIV, presenta un portico con colonne binate che creano un grande rapporto chiaroscurale mettendo in evidenza le colonne e anche agli angoli e al centro. Poco valore ai diversi aggetti. 13 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Lezione 16/04/2023 Durante il 1600 si assiste ad una evoluzione dell’architettura francese. Inizialmente intraprende un legame nei confronti dell’architettura italiana, in particolare nei confronti di quella romana. Con l’episodio di Fontainebleau inizia una autonomia con scelte classiciste che si fanno sempre più forti e con il Palais De Luxembourg un distacco dall’architettura italiana. La Francia, quindi, prende una strada autonoma sempre più classicista. HÔTEL DES INVALIDES (1680) – MANSART: impianto assiale grandioso, ospedale destinato ai veterani di guerra, ai servitori dello stato che si sono sacrificati per la costruzione della monarchia. Grande impianto con funzione ospedaliera ma anche monumento alla monarchia stessa. Struttura ortogonale, cortili ispirati sia agli ospedali già visti nel ‘400 con formula a croce e grandi sale, ben illuminate per garantire salubrità e cortile realizzato sul modello già affermato nelle architetture regie francesi. Cappella reale palatina combinata con la chiesa: grande edificio a pianta centrale che nasconde un corpo longitudinale che è la chiesa dell’ospedale. Al centro troviamo la pianta, a destra e sinistra possibili modelli di ispirazione all’architettura romana dei primi decenni del ‘500. A sinistra le varie proposte per San Pietro che confermano sempre l’impianto bramantesco della croce greca cupolata o con deambulatorio o forma del quincux, a destra interferenza del modello michelangiolesco per San Giovanni dei Fiorentini, non realizzata ma che propone un’alternativa allo schema bramantesco, un impianto radiale, probabilmente con coppie di colonne, una variazione del ritmo, quattro direzioni principali invece di due che si intersecano. Una complicazione del modello che troviamo nella chiesa Des Invalides con deambulatorio, croce greca e sistemazione cappelle circolari. Questo corpo è direttamente collegato alla chiesa retrostante che sta oltre l’immagine in alto, oltre l’altare, accessibile attraverso la vetrata, c’è introspezione fra questi due ambienti nonostante siano separati. Se analizziamo tutto l’edificio in sezione vediamo il netto sviluppo verticale, molto più forte rispetto a qualunque altro edificio italiano, con doppia cupola, in anticipo rispetto alle ricerche illusionistiche del Piemonte. Ciascuna delle due cupole è illuminata da una serie di finestre che si aprono in un tamburo in basso, quello in alto ha funzione di tiburio per la cupola inferiore e funzione di tamburo per quella superiore. Forte illuminazione che genera un effetto spettacolare, la prima cupola è più impostata come fa Raffaello nella cappella Chigi con immagini incorniciate, quindi una cupola come supporto di immagini. È sfondata quindi consente la visione ulteriore dell’immagine che appartiene alla seconda cupola. Sono due gusci autonomi, l’osservatore, spostandosi, ha l’impressione di essere sotto una costruzione ma anche sotto un cielo popolato di figure, creando una suggestione forte; anche il secondo livello è autonomo per quanto riguarda l’illuminazione, serie di finestre del tamburo-tiburio, garantiscono una ottima illuminazione diffusa. Architettura e decorazione sono in un dialogo molto limpido, c’è una netta separazione delle funzioni, l’architettura rimane geometrica, spigolosa, la decorazione va a occupare gli spazi interstiziali, soprattutto le superfici tra un elemento lineare e un altro. 14 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 All’esterno stesso principio, gli elementi del telaio costituiscono la forma dell’architettura, le colonne sono posizionate a coppie con un ritmo molto variato, che tende ad addensarsi in prossimità delle aperture principali che creano un’ulteriore variazione. Nel tamburo si nota il rinforzo con dei veri e propri contrafforti mascherati da coppie di colonne come in San Pietro in Vaticano, sono corrispondenti ai piloni angolari in corrispondenza dell’addensamento della struttura, un principio rigoroso e razionale che garantisce stabilità e si riflette nell’impaginazione esterna. Su questi contrafforti si vede il passaggio attraverso delle volute alla superficie successiva e consueto ordinamento della superficie sferica della cupola attraverso dei costoloni esterni. L’oro confonde un po’ le idee con la sua brillantezza togliendo matericità all’architettura (come nei saloni di Versailles). Questione urbanistica generale su Parigi che perde le sue fortificazioni ritenute inutili e dannose da Luigi XIV e dai suoi collaboratori, in quanto la città così può resistere ad eventuali pressioni dell’esercito. Toglie le fortificazioni della città capitale, impone un sistema di fortificazioni territoriale e allo stesso tempo suggerisce questa perdita di sicurezza interna alla città che porta a scegliere altri luoghi di residenza e Versailles è la prima che possiamo chiamare così, cioè una residenza. Una residenza è la sede del monarca, quindi dell’apparato statale che lo segue e lo affianca nella gestione dello stato. L’apparato amministrativo dell’antico regime, dello stato assoluto, è costituito da nobili, funzionari di sua fiducia che si conquista con rapporti personali. È la convivenza col Re che garantisce un accesso alle chiavi del potere. D’altra parte, la Francia, a partire da Enrico IV in poi, si sta unificando, ma è un processo lento, difficoltoso, dovuto al forte radicamento che la nobiltà regionale ha nel proprio territorio. Per distogliere la nobiltà tradizionale bisogna staccarli dal loro territorio. Staccare i nobili dal proprio territorio impedendo che realizzino nella periferia del regno quasi degli stati autonomi e che accumulino ricchezza, potere e forza militare. Per realizzare questo bisogna convincerli, si crea un luogo gradevole dove invitare la nobiltà a vivere per aiutare il Re nelle sue funzioni rappresentative e amministrative. La residenza, quindi, non è solo la sede della corte ma diventa una sorta di città autonoma, di autosegregazione della nobiltà francese. Un enorme impianto deve garantire l’accoglienza di migliaia di persone abituate a uno stile di vita molto costoso, quindi, a dei livelli di densità molto ampi, ma anche un servizio che normalmente accompagna una corte piccola o grande che sia (personale amministrativo, artigiani, servitori, cavalli, carrozze, beni materiali). I nobili vengono ingaggiati in una continua competizione tra loro per guadagnarsi delle posizioni di prestigio all’interno della corte. A seconda poi dell’importanza dell’azione (compito) si manifesta anche la gerarchia fra queste persone. È un grande teatro, ognuno deve mostrare la propria gradevolezza e il proprio ruolo acquisito, un grande palcoscenico dove spesso ci sono dei veri e propri spettacoli come feste a tema. Ognuno deve sforzarsi di arrivare al livello richiesto, produce anche spreco di risorse, consumo di oggetti di altissimo pregio, consuma le risorse dei nobili che non possono dedicarsi ad altre cose se non a questa e perdono il rapporto col loro territorio. Quindi la reggia è più un modello di comportamento, più che insediativo e avrà molto successo tanto da essere adottato da molte corti europee. In questo modo si controlla la nobiltà che altrimenti rischia di essere anarchica. VERSAILLES: si trova a una distanza sufficiente tale che possa essere raggiunta in giornata da Parigi, o viceversa, per svolgere attività cerimoniali o altro, a circa una ventina di chilometri. Quindi è una località periferica ma non troppo, distanza che garantisca sicurezza alla corte: sufficiente lontananza dalla città turbolenta e faticosa e vicinanza per raggiungerla a cavallo. Luogo che deve garantire tutti i piaceri possibili alla corte, deve essere ventilato, non serve poter vedere particolari vedute perché è essa stessa la reggia una veduta; poche 15 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 volte è stata realizzata una cosa del genere. Come nella Villa di Adriano a Tivoli che guarda su se stessa, non ha nessuna necessità di rapportarsi col paesaggio perché viene costruito al suo interno attraverso una serie di memorie delle esperienze di Adriano. Il paesaggio qui è costruito attraverso il verde e fa da scena al grande spettacolo della nobiltà che più volte al giorno va in scena. Lo schema che si usa per Versailles è uno schema che si ripeterà, per il suo successo e per la sua interpretazione molto efficace del rapporto fra spazio costruito e spazio naturale, fra manufatto ed ecofatto. In cosa consiste questo passaggio graduale: asse longitudinale molto chiaro che porta le diverse funzioni, che è visualizzato nella carta dall’elemento centrale, dall’acqua che si impone nel giardino. Si arriva da Parigi o da altre città che vengono fatte convergere (non convergono naturalmente, è un tridente così schematico e geometricamente rigoroso) in una piazza di impostazione radiale e quindi circolare. La piazza d’armi serve a gestire l’arrivo degli invitati o delle derrate alimentari e intorno al tridente organizzazione di una vera e propria città di servizio costituita da quartieri organizzati in modo molto razionale ma che non dimenticano la funzione rappresentativa, formula della piazza reale più volte inserita nel tessuto edilizio, piazza di forma regolare con pochi accessi e i prospetti omogenei. Arrivati alla piazza di accoglienza si passa poi a una serie di cortili sempre più piccoli, la corte d’onore è il cuore dell’edificio, prima parte anche costruita, inquadrata come negli edifici villani destinati alla villeggiatura, al piacere della campagna con una formula a C che inserisce il paesaggio in una cornice architettonica. Al centro esatto dell’edificio si trova la camera del Re dove svolge la sua vita fisiologica: il corpo del Re garantisce la sopravvivenza a tutto lo stato, a tutto il popolo. La cura del suo corpo è particolarmente importante nella cerimonia su cui è impostata tutta la giornata, esegue tutte le funzioni corporali in pubblico, dà vita a una serie di competizioni per ottenere compiti al suo servizio. Luigi XIV definisce sé stesso come Stato “L’Ètat, c’est moi!”, intorno a lui ruota davvero tutto il resto, il vero fulcro di tutta la Costituzione. Il palazzo si estende per fasi in larghezza, raggiungendo la dimensione di 400 m di larghezza, una barriera visiva per chi arriva, oltre il quale troviamo una serie di giardini all’italiana con formule geometriche di particolare complessità basate su griglie, sistemi radiali o su forme a spirale, complicate che derivano dalla geometria adottata dal barocco italiano. Il giardiniere che ha inventato il giardino di Versailles è lo stesso di Fouquet cioè Le Vau, grande giardiniere che ha sperimentato in una residenza più piccola questo modello di arredo, giardino che può cambiare durante le stagioni, ricco di colori e profumi. Oltre questa prima fascia di giardino più minuzioso, razionale, geometrico, costruito e concepibile come manufatto, si trovano poi delle frantumazioni e seguono percorsi più ampi per profondità e per larghezza che è anche il carattere del viottolone, cioè della strada che si segna nei boschi per permettere al cacciatore di tornare dopo la caccia, per dargli qualche punto di riferimento. Il modello di queste strade che tagliano il parco oltre il giardino all’italiana è un modello già esistente e usato in contesti di caccia, è questo il caso in cui si realizzano i “casini di delizia”, luoghi dove i nobili vanno a passare qualche giorno per divertirsi, rilassarsi e praticare la caccia, anche modo in cui la nobiltà conferma il suo potere sul territorio (la caccia è possibile solo con dei documenti che lo attestino) e allenamento fisico come simulazione di una guerra. La nobiltà pratica questo sport e le tenute che affiancano le ville e i casini devono essere adeguate a questa funzione, spazi per entrare rapidamente all’interno della tenuta dopo la caccia e orientarsi. Questa rete di percorsi rettilinei molto lunghi con spesso snodi radiali e prospettive di traguardi finali si ispirano a questo genere di percorsi. 16 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Nella parte più variata la piantumazione segue principi più locali, piante autoctone o che hanno facilità di sviluppo a queste latitudini e non richiedono troppa manutenzione. La natura viene piegata alle necessità della corte. Natura naturata. Nel dettaglio le fasi di avvicinamento dallo spazio costruito allo spazio naturale: viali alberati che convergono sulla camera del Re, l’edificio ha impianto longitudinale nell’impianto iniziale e poi trasversale nei suoi ampliamenti successivi. Enorme sbarramento che l’edificio costituisce sia dal giardino, sia percepito dalla città. Giungere della corte nella piazza ancora da allestire, prato ancora da pavimentare: prima corte, seconda corte e corte d’onore inserita fra le due ali dell’edificio. Protagonista della prima fase di costruzione è l’architetto Mansard, autore della stessa chiesa Des Invalides. Serie con corte reale, la corte di marmo e la separazione degli appartamenti, quello centrale è quello del Re, non molto distante quello della Regina disposto in modo simmetrico. La camera del Re presenta uno spazio chiuso dove si trova il letto. Corte di marmo con la pavimentazione in marmo ed elementi architettonici di colonne in marmo rosa, altrimenti troviamo cornici in pietra chiara e specchiature in mattone a vista, scelte già vista nella piazza reale. Il fronte interno si ispira a formule classicheggianti più romane, basamento a bugnato, l’ordine intermedio di stile ionico con colonne ritmate in modo continuo mentre si addensano a coppie nella parte centrale. Tendenza a sottolineare gli assi e dilatare il fronte dei grandi palazzi. Disegni del palazzo, piantumazioni temporanee che creano degli effetti particolari, grottesche quasi cinquecentesche. Nella parte più profonda del giardino viali e vialetti con siepi che isolano i percorsi, garantiscono un minimo di privacy visto che il palazzo è privo di servizi igienici. Voltaire scrive una lettera lamentandosi della puzza a Versailles, cultura che guarda molto all’aspetto esteriore senza badare troppo al resto. Nel secolo successivo verrà corretta questa cosa. Nel fondo grande specchio d’acqua che fa da asse portante, può essere usato per la pesca, per gite in barca, divertimento della corte, crea anche un effetto di foschia nelle giornate calde, rende quasi impalpabile l’orizzonte. Ottenimento di una indefinitezza e di una infinitezza dell’architettura, in questo caso del paesaggio. Negli ampliamenti laterali si ripete sostanzialmente lo stesso modulo impiegato nella parte centrale, ripetizione addensamento del corpo con le colonne binate in corrispondenza di ali o di maniche in profondità o come chiusura della manica trasversale e la ripetizione quasi ossessiva dello stesso modulo, campata. All’interno la grandiosità viene risolta nelle maniche, lunghe più di un centinaio di metri, per necessità di rapidità dell’esecuzione si ricoprono le pareti con immagini come nella Galleria delle Battaglie, di grandi maestri non solo francesi, esposizione di capolavori che però mettono l’architettura in secondo piano, ancora più evidente nella Galerie Des Glacés, parete illuminata dalle finestre sul retro, corpo trasversale in pianta aggiunta dietro la camera del Re, finestre che guardano verso il giardino, luce che penetra e si riflette sulle specchiature della parete opposta. Gli spazi residui sono decorati a oro che fa perdere il senso della matericità dell’architettura. Effetto che nel barocco romano si controlla di più e che darà vita in Italia successivamente al Rococò, dove le decorazioni aggrediscono l’architettura. 17 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 EUROPA ‘600 _________________________________INGHILTERRA_________________________________ L’Inghilterra è dominata fin dall’inizio del Cinquecento dagli effetti del Perpendicular Style. Prime realizzazioni nel momento in cui ci si comincia a guardare intorno e a interessare alle esperienze italiane, ad esempio nel: NONSUCH PALACE (1538): realizzato per Enrico IV, presenta forme ancora gotiche nel telaio, nelle ampie finestrature, nella frammentazione del linguaggio. È un edificio scomparso ma di cui si hanno numerose riproduzioni e che ha fatto scuola. Altro edificio poco conservato è il: SOMERSET HOUSE (1547- 1552) – JOHN THORPE OLD: troviamo, come abbiamo spesso visto, l’inserimento di elementi architettonici di scala più grande, decorazioni, aperture in un palinsesto tradizionale. Dalla tessitura della muratura osserviamo il bugnato, certa regolarità e inserimento del portale come arco di trionfo. C’è una certa libertà di interpretazione, nel timpano che si combina con l’architrave delle finestre, l’architrave comune a questi due elementi si ispessisce in presenza di colonne, rende dinamico il costrutto. Decisiva è l’esperienza di un architetto inviato in Italia e che scrive un trattato, JOHN SHUTE (1563) che rielabora idee vitruviane filtrate da Serlio o da altri trattatisti italiani. Ripropone gli schemi del telaio, dell’ordine, attraverso proporzioni normative, le sue proposte sono destinate ad avere un discreto successo. Interessante il confronto fra corpo della colonna e corpo umano, già noto nelle Cariatidi dell’Eretteo greco. La riflessione sull’ordine architettonico si rende più facile da seguire e da applicare, avviene con grande rapidità in molti edifici successivi come nella corte di onore di un college di Cambridge, THE GATE OF HONOUR, CAIUS COLLEGE CAMBRIDGE (1572-1573) dedicata a un professore Caius. Erano previste tre porte che dovevano rappresentare le virtù, gli atteggiamenti corretti degli studenti: l’umiltà, la virtù e l’onore. Facevano entrare nelle zone dell’università. Impostazione di questo portale molto simile a uno di quelli proposti da Serlio nel suo libro straordinario dedicato, negli anni ‘50 del ‘500, ai portali, che raccoglieva una trentina di combinazioni possibili. C’è stretta aderenza al modello, ma mancano comunque degli elementi come i piedistalli; nel libro ci sono delle colonne qui ci sono paraste; lo schema complessivo è molto simile anche nel passaggio fra corpo centrale e ali laterali attraverso queste semplici curve. In più qui sul dado centrale della porta si inseriscono dei pinnacoli in forma di obelisco e il corpo cubico a quattro facce tutte timpanate, combinazione particolare della sima l’una con l’altra e strana torre esagonale che può somigliare alla torre dei venti vitruviana o di altri trattatisti, con l’orologio meridiana per la misurazione e il rapporto con i fenomeni naturali. Successivamente a queste sperimentazioni si crea una formula che ebbe abbastanza successo, il palazzo di residenza nobiliare esterna alle città in luoghi isolati che dominano il paesaggio o entrano in rapporto stretto con l’ambiente circostante dove è importante l’introspezione creata tramite grandi finestre vetrate che occupano quasi tutte le superfici e allo stesso tempo obbligano a una estrema razionalità nell’organizzazione della facciata per evidenti ragioni di stabilità e quindi con effetti di rigidità geometrica in cui si inseriscono gli elementi classicheggianti. Es. portico su colonne cinghiate e trabeate. Ultimo dei casi che occupano la seconda metà del ‘500: 18 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 HARDWICK HALL (1590-1596): in pianta dilatazione e arricchimento grazie ad elementi aggettanti vista anche nella Maison La Fitte. L’articolazione interna razionale con l’infilata delle porte che garantisce introspezione e ha funzione di cannocchiale prospettico negli edifici. Articolazione ricca, chiara gerarchia all’interno dell’edificio, dominata sempre dall’assialità. Aggetti che emergono anche verticalmente, ancora di sapore di torre castellana anche se di militaresco non c’è più nulla. Il vero portatore di una rivoluzione architettonica in Inghilterra è INIGO JONES (1573-1652). Soggiorna più volte in Italia nel 1603 e nel 1613 e ha occasione nel frattempo di visitare Parigi, si aggiorna su tutte le tendenze più recenti dell’architettura, comunque di stampo classicista. In Italia intrattiene rapporti con Scamozzi che lo introduce all’architettura veneta, soprattutto palladiana, impronta decisiva per l’architettura inglese del XVII e XVIII secolo, anche XIX se si guarda anche alle colonie anglicane. La prima opera in cui possiamo osservare un rigore, una novità di impianto e purezza classicista è QUEEN’S HOUSE (1616-1635), realizzata per la regina a Greenwich in una località vicino Londra ma in campagna, quindi, con l’opportunità di osservare il panorama a 360 gradi. Presenta una forma quadrata in cui si può inserire con una griglia una serie di nove quadrati ulteriormente frazionati al loro interno. Inizialmente l’edifico si compone di due corpi collegati tra loro da un ponte (le doppie linee rappresentano la strada che passava sotto il ponte e che separava i due corpi). Successivamente viene tamponata e riempita da altri ambienti. Gli ambienti centrali collegati direttamente dal ponte sono rafforzati da un aggetto o da un portico/loggia, si sottolinea la centralità di questi luoghi privilegiati confermando anche l’assialità dell’intero edificio secondo due direzioni. L’effetto all’esterno è quello di una facciata molto controllata con corrispondenza assiale delle aperture, ma anche ritmo che si addensa al centro e prolungamento delle linee verticali (da Bramante in poi). Successione del bugnato a piano terra e superficie di sacrificio al piano superiore: adozione delle due formule economiche che Palladio usava nelle sue ville molto apprezzate dalla committenza veneta del suo secolo. Effetto di queste scelte: rende l’edificio limpido, che si distacca per rigore e per una ricercata semplicità dai precedenti. Altro interessante contenuto di Jones è la SALA DEI BANCHETTI: BANQUETING HOUSE (1619-1622): concepita per le feste, i ritrovi mondani e la socialità dove è importante naturalmente l’esterno ma assume il valore di quinta architettonica, di rapporto quasi rovesciato. L’interno presenta una successione di colonne con ballatoio che molto spesso funge da luogo in cui si può assistere allo spettacolo, come in Villa Barbaro dove è dipinta una soluzione simile: qui è riproposta in termini tridimensionali. All’esterno il ritmo appare lo stesso ma nella parte centrale del prospetto al posto delle paraste troviamo delle colonne che si staccano dalla parete, sono autonome e danno una visione laterale accidentale e una maggiore plasticità alla facciata. Le paraste si addensano sugli spigoli, rafforzandoli, incorniciano e stringono l’intera facciata. 19 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Difficile coesistenza fra le colonne d’angolo, voluta angolare a 45° non molto riuscita, sembrano elementi prefabbricati inseriti anche dove non c’è necessità. Fregio pulvinato, tipico palladiano. Non possiamo dire che questa architettura sia una copia di modelli palladiani ma una reinterpretazione di quel linguaggio, uso degli elementi in una libera ricomposizione. Una cesura nella vita della città di Londra, per le sperimentazioni che obbliga a intraprendere anche in architettura, è rappresentata dall’incendio, THE GREAT FIRE del 1666 che distrugge quasi completamente la città, completamente il centro, costituito grosso modo di materiali come legno, paglia, terra cruda. Molte immagini rappresentano questa tragedia, anche realizzate da osservatori lontani. Ha avuto una esposizione mediatica notevolissima, tutto il mondo ha guardato a Londra anche per vedere come si sarebbe risollevata la città. Immagini del tempo boeme e tedesche, interesse internazionale. Il Saint Paul è andato a fuoco e deve essere ricostruito, 87 parrocchie che costituivano un quartiere, torre di Londra, un disastro che richiede un’immediata reazione. Negli anni successivi, più architetti ma non solo, propongono soluzioni diverse. Questa di EVELYN propone un sistema radiale, piazze di forme compiute verso cui convergono viali larghi, dritti e di grande profondità, schema che si ispira al modello della Roma di Sisto V, proposta che sarà molto interessante. Ha il difetto, però, di avere molte strade larghe che non garantiscono il rapporto di vicinato, che invece presuppone HOOKE che propone uno schema ortogonale di isolati in cui si divide la città con 5 piazze, di cui una enorme che farà da piazza d’armi, luogo di manifestazione del potere. Negli isolati, cosa interessante, ci sono giardini e piazze di sapore reale come quelle francesi già sperimentate da Enrico IV e dai suoi successori. È un Impianto semplice. In altre ipotesi (KNIGHT) si dà ascolto alle esigenze dei proprietari, impianto semplice, strade parallele e perpendicolari che però non è rigido ma interpreta le preesistenze creando andamenti anomali e uno schema ideale di griglia (anomalie dovute alle preesistenze). Nessuna di queste proposte viene accolta, non sono soddisfacenti. Quella che le soddisfa è quella di CHRISTOPHER WREN (1632-1723): ha una formazione di scienziato, è naturalista, viene coinvolto in questa vicenda per gradi. Nel 1663 entra nella commissione che doveva pensare al restauro della cattedrale di Saint Paul ed essendo già nella commissione è naturale che si occupi anche del problema della città. La sua proposta è una proposta razionale ma anche pratica allo stesso tempo che sfrutta le idee altrui. Troviamo il principio radiale di Evelyn, lo schema ortogonale di Hooke, una più minuta divisione in lotti e quartieri che accoglie le esigenze di chi abita la città di Knight. Diverse formule vengono sintetizzate in questa proposta che comunque non verrà accettata dalla popolazione così come dalla commissione che si occupa della ricostruzione di Londra. Perché? Spostare le strade avrebbe significato doverle ricostruire ma sono un manufatto costoso, richiedono strati, materiali, spaccamenti e se sono già presenti è un costo elevato rifarle. L’altro aspetto è che significa realizzare un nuovo impianto non solo della maglia stradale ma anche della distribuzione della proprietà. Una cosa che permane nella città è proprio questa: gli edifici sono scomparsi ma la proprietà dei lotti e la loro geometria rimangono un vincolo che per superarlo avrebbe richiesto un esproprio. La monarchia inglese non ha questa capacità di dialogo nei 20 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 confronti della proprietà privata. I rapporti politici della monarchia non sono come quelli francesi, spagnoli o tedeschi. Il risultato è un risultato lontano dalle aspettative degli esperti, confermando sostanzialmente l’impianto precedente. Cosa fa Wren? Si è occupato della costruzione di quasi tutte le chiese (51/87), ha dato sfogo alle sue capacità combinatorie dell’architettura e lo vediamo nella raccolta dei suoi disegni. PIANO PER SAINT PAUL: ci si arriva per gradi, il progetto iniziale (1673) è molto coraggioso. Presenta un impianto centrale, ispirato a San Pietro (non a caso si chiama Saint Paul, i santi Paolo e Pietro reggono la chiesa), ma la chiesa anglicana si è staccata da quella romana quindi la cattedrale di Saint Paul rappresenta l’alternativa a San Pietro a Roma. L’impianto è a croce greca cupolata, si distacca da San Pietro, però, per l’inserimento di un percorso ruotato a 45° rispetto a quello di Bramante, così come è interessante lo svuotamento dei piloni che si alleggeriscono e che offrono al loro interno percorsi alternativi come piccoli deambulatori e cappelle. Il culto dei santi non è molto interessante per la chiesa anglicana e la liturgia è preconciliare: non ci sono stati molti cambiamenti dopo il Concilio di Trento e prevede l’isolamento del presbiterio attraverso dei tramezzi chiude completamente il corpo alla vista dei fedeli. L’impianto non viene accettato, si propone a Wren di trasformalo in un impianto longitudinale (1673) che sposa le esigenze controriformiste anche se non necessario. Aggiunge una cellula di forma tendenzialmente ellittica ma si tratta di uno spazio cupolato con due esedre e portico stretto fra due torri che imita formule medievali inglesi e si propone come un’interpretazione locale di schemi anche romani. Il risultato finale (1675-1710) è completamente diverso da quello che Wren aveva pensato in autonomia. L’esito di queste discussioni fa parte di una commissione, chiesa fortemente longitudinale su impostazione tradizionale del romanico-inglese, ma anche del gotico- inglese, che prevede uno sviluppo longitudinale ma anche una interruzione dello sviluppo stesso attraverso dei percorsi trasversali, al centro della chiesa con la cupola e profondo transetto e facciata che si dilata oltre la larghezza della basilica. A livello strutturale la scelta iniziale viene confermata, croce greca con enorme cupola e campate cupolate su volte a botte che le reggono. Le navate laterali sono molto più basse in proporzione alla navata centrale ma dall’esterno questa differenza non si nota, perché tutta la chiesa è fasciata da un unico involucro che nelle parti periferiche è a vela, non ha nessuna funzione se non di quinta a chiusura dell’edificio. Grande imponenza, forte verticalità, ispirazione classicheggiante romana, scelta di coppie di colonne sugli spigoli messe a 45° come nei campanili barocchi romani di qualche decennio precedente es. San Carlino. L’involucro, che appare cieco, non ha nessuna necessità di illuminare la navata centrale, illuminata direttamente dalle finestre che si aprono al di là di queste pareti che hanno scopo puramente decorativo. L’interno è molto luminoso. La cupola è palladiana, ispirata a vari modelli, sia a quelli di Bramante per San Pietro ma anche alla purezza del linguaggio palladiano e alla profondità dei portici come nel Louvre che è in costruzione negli anni ’60-’70. È un’architettura più semplice, maestosa con effetti chiaroscurali di maggiore nettezza, le colonne si staccano dalla profonda ombra dell’interno del tamburo. A Saint Paul si svolgono anche 21 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 delle installazioni, interessante commistione fra architetture storiche e installazioni contemporanee. Il classicismo si riflette in una netta distinzione fra architettura e decorazione, in un organizzata e ordinata distribuzione delle scale, ordine gigante corrispondente alla campata della cupola e navata centrale e in proporzione le stesse formule in dimensioni minori nelle campate laterali e nelle cappelle. Cupola: si propone come quella in Des Invalides, la doppia cupola forata con introspezione verso il cielo o un’altra configurazione con illuminazione autonoma delle due cupole. La forma è molto diversa, non c’è doppia sfera: c’è una forma sferica in basso maggiormente percepibile dal pubblico e una conica in alto completamente forata illuminata autonomamente che spinge in modo molto trattenuto. La forma obliqua della struttura riduce le spinte e insistendo sulle redini della cupola collabora nella stabilità della cupola sferica sottostante. Questo sistema coinvolge anche il tamburo che ha pareti oblique: la parete curva del tamburo non è un cilindro ma è anch’esso un tronco di cono con l’inclinazione delle finestre per un effetto prospettico, dal basso sembrano più lunghe, alte. All’esterno questo non è visibile perché il tamburo è completamente circondato dal colonnato che dà ordine e regolarità all’architettura della cupola. Quindi non c’è bisogno del contraffortamento perché la struttura è stabile, non c’è bisogno di arricchire il tamburo di ulteriori elementi, c’è semplicità e purezza nella forma conclusiva, diversamente dalle altre cupole che di solito sono frammentate da un rapporto chiaroscurale e strutturale fra il tamburo e i contrafforti. Qui sarebbero stati inutili e quindi non sono stati inseriti. Wren si occupa anche della realizzazione di un enorme ospedale HOSPITAL GREENWICH (1692): anche questo viene realizzato per i veterani ma qui, in Inghilterra, si tratta di marinai perché l’Inghilterra ha la flotta marittima. Vengono accolti nell’ospedale costruito sotto la Queen’s House, con cui entra quasi in conflitto, in dialogo con la residenza della regina. Questa si trova leggermente più in alto rispetto al Tamigi e all’ospedale, l’ospedale occupa lo spazio fra la collina e il fiume e deve tener conto della presenza della Queen’s house, che nel frattempo, anche per l’intervento di Wren è andata chiudendosi, è diventata un cubo chiuso, Queen’s House opaco, la trave è stata eliminata e i vuoti fra i due corpi sono stati riempiti da nuove stanze. Questo rende la Queen’s House un elemento ancora più autonomo rispetto al paesaggio e quasi isolato. La prima proposta di Wren non ne tiene conto, viene criticata. Si impone nel dialogo fra i due edifici in cui l’ospedale viene concepito, come sempre, come grande sala illuminata da due parti in modo da garantire luce e ricambio dell’aria, quella pura, considerata una medicina per il malato. Si ottiene sia con grandi altezze sia con grandi finestrature anche se la temperatura dell’ambiente si abbassa. L’impianto è simmetrico, non c’è ragione di segregazione dei sessi, sono tutti malati, anche per una questione di economia progettuale. Una possibilità è inserire la Queen’s House all’interno dell’impianto con grande viale porticato che guarda alla piccola residenza reale ma viene giudicata troppo prossima, si rischia promiscuità, impianto dilatato che si dilata ulteriormente verso il fiume. Il risultato è un impianto molto articolato con le sale che si distribuiscono in più direzioni mantenendo un doppio percorso su un unico asse ma con una diversa dilatazione che costituisce il cono visivo verso la residenza della Regina. 22 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Impianto scenografico, godibile sia dall’alto che dal basso, dal fiume, da una distanza corretta per abbracciarlo correttamente. La densità dei sostegni corrisponde alla profondità maggiore dei corpi, in presenza di spazi longitudinali lì si propone come manifestazione una concentrazione dei valori architettonici con le colonne, un finto pronao, maggiore profondità dei corpi e il distaccarsi dal piano della facciata di qualche elemento. C’è il manifestarsi di qualche punto di maggiore sensibilità nel progetto, anche se non si vede nella visione frontale, lo si può intuire. I fianchi sono costituiti da grandi colonnati con colonne binate che raddoppiano il ritmo e lo rendono meno noioso. Rende più palpabile la presenza del portico che si riflette anche in alto nella opacità della balaustra. Sugli angoli ci sono degli elementi verticali, cupole su tamburi rafforzati agli spigoli con l’addensamento di colonne impiegato anche nella facciata del Saint Paul. Ambiente magnifico che celebra la potenza del regno e il sacrifico del suo popolo come in Des Invalides. Altro episodio di tutt’altro tenore che vede attori un complesso di borghesi, produce per sé un ambiente piacevole, un luogo di villeggiatura, come una spa, dei bagni, che produce effetti di cura fisica e spirituali. BATH (1767) WOOD: è il nome della cittadina, che prende nome dalla sua stessa funzione già nota nel medioevo e potenziata nel 1700 attraverso un impianto ormai barocco, caratterizzato da piazza centrale circolare su cui convergono le strade. Una novità assoluta è rappresentata da una forma semiovale che guarda verso il panorama in una posizione elevata rispetto a un prato che si trova sotto e il resto del paesaggio. Effetto architettonico di questa quinta continua e curva che nonostante la sua incessante ripetizione di una stessa formula, stessa campata, incorniciata da coppie di colonne, non risulta sgradevole perché animata dalla diversa predisposizione data dall’impianto curvo. È in modo concavo invece che convesso, stesso problema che si affronta negli edifici di spettacolo antichi come gli anfiteatri. Gli edifici sono tanti lotti disposti radialmente arricchiti da giardini e cortili sotterranei a un livello inferiore e cantine che si sviluppano lungo le scale. Tutta Bath è così organizzata. Connessione di questi due spazi urbani, piazza circolare. Il semicerchio guarda il panorama. 23 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 ____________________________REGNO DI SPAGNA _________________________________ L’impero di Carlo V culturalmente per un certo periodo rimane unito, ma politicamente no, con la salita al trono di Spagna del figlio FILIPPO II e l’Impero degli Asburgo, del ramo austriaco. Qualcosa già visto sia in ambito spagnolo che tedesco. In Spagna avviene una trasformazione della città dell’impero spagnolo. PLAZA MAJOR – MADRID: impostazione molto rigida della Piazza Maggiore a Madrid che quasi si disinteressa del tessuto circostante come avviene a Parigi per le piazze di Luigi XIV, o nei QUARTIERI SPAGNOLI che a NAPOLI garantiscono l’espansione della città verso Nord-Ovest con impianto regolare che si adatta all’inclinazione del terreno dove sarebbe improprio inserire organismi stellari o poligonali. L’incrocio viene sottolineato nella piazza QUATTRO CANTI a PALERMO che è più un incrocio che una piazza della Palermo barocca. Incrocio di due strade preesistenti che tagliano la città islamica, sottolineare l’incrocio con formula romana, smusso come avvenuto già su Via Gregoriana di San Carlino. Nelle nuove città, lo sviluppo di schemi ortogonali che si adattano alle circostanze, a percorsi preesistenti o all’inclinazione dei suoli come avviene a L’AVANA (Cuba). Si tratta di episodi di urbanistica in ambito spagnolo. Le città siciliane vengono distrutte dal terremoto del 1693 che rade al suolo quasi tutte le città dell’area. Schemi diversi dovuti alla diversa conformazione dei luoghi. A NOTO si preferisce uno schema a scacchiera che si adatta meglio all’orografia, all’inclinazione del suolo, a GRAMMICHELE schema stellare come quello di Palmanova ma in questo caso si imposta sugli assi principali che hanno direzione data dall’esagono della piazza centrale, non 9 lati. Sperimentazione degli schemi urbanistici più in voga all’epoca. Per l’architettura è interessante anche l’ambito TEDESCO, soprattutto in Boemia, paese in lingua slava ma di cultura tedesca, dove arriva anche Guarini con un progetto per una chiesa di Praga. CHIESA DI SANTA MARIA ALTOETTING – PRAHA: santuario tedesco. Guarini propone la sua tipica collaborazione fra spazi ovali o ellittici con l’articolazione delle coperture attraverso costoloni o archi che si intrecciano fra loro. Questa poetica si sposa con un principio dell’architettura locale, edifici di ambito mendicante a sala con ispessimento della parete, murature trasversali che fanno da sostegno alle coperture e isolano spazi collaterali usati come cappelle o espansioni della navata unica centrale. La tradizione qui trova nella proposta di Guarini un grande stimolo al rinnovamento senza svilire le abitudini spaziali e costruttive del luogo. Così anche il classicismo che gradualmente si impone rispetto alla tradizione gotica che si incontra nel corso del ‘500 come nella chiesa di San Michele a Monaco con impostazione strutturale tradizionale con decorativismo. Gradualmente si incontrano e si dà vita a spazi più coerenti come la CHIESA DELLA COLLEGIATA DI SALISBURGO (1696-1707) – VON ERLACH: possiamo notare l’inserimento di importanti impianti decorativi che non intaccano lo schema strutturale, sembra di assistere a quello che fa Bernini con la cattedra dietro il baldacchino o adozione di schemi precedenti, San Carlo Dei Catinari e la Sorbona. Adozione della croce greca con l’allungamento dell’asta longitudinale, coesistono due impianti, centrale e longitudinale. Rispetto alla Sorbona si lasciano gli altari sui fianchi, si ripete lo schema funzionale del San Carlo. Gli architetti boemi o attivi in Boemia interpretano di più e più volentieri gli schemi guariniani, anche per ragioni ideologiche. In Boemia c’è una reazione ai movimenti protestanti, gli imperatori asburgici sono cattolici e impongono non solo la confessione ma cercano di riconquistare la popolazione attraverso l’aiuto dei gesuiti o di altri ordini missionari. Si adottano quindi delle 24 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 forme architettoniche tipicamente romane, ma la popolazione apprezza di più la conservazione almeno sul piano funzionale e la sensibilità spaziale delle formule tradizionali ancora tardo-gotiche. Guarini interpreta bene il dialogo tra barocco romano e l’impostazione lineare e trasparente dell’architettura gotica. SAN LORENZO, GABEL – HILDEBRANDT: c’è un richiamo al San Lorenzo di Torino (tra l’altro ha lo stesso nome) anche se l’impianto si allunga, ma c’è comunque l’alternanza di forme convesse e concave tipica di Borromini e Guarini. viene assunta da architetti come Hildebrandt a Praga e altre città. BELVEDERE DI VIENNA – HILDEBRANDT: residenza che si ispira a quella di Versailles ma esprime altri valori architettonici. L’addensamento sugli angoli non si distingue in modo così netto dalle ali, è una sorta di graduale passaggio fra il volume centrale della Sala delle Feste e il corpo più basso delle ali, sia sul fronte verso il giardino sia sul fronte verso la città. C’è uno sfumare delle articolazioni architettoniche dalla parte centrale verso gli estremi. EINIELDEN, DIENTZENHOFER SMIRICE (1700-1713) CHIESA DI SAN NICOLA PRAHA – DIENTZENHOFER: propone il san Lorenzo in una formula depurata, quasi quadrata con l’alternanza di linee concave e convesse o fusione delle campate, dove gli archi solidi che si proiettano sul piano orizzontale, archi in modo inclinato o curvo, generano un intreccio di strutture che danno grande fluidità allo spazio interno la cui fluidità è aumentata dalla funzione della 25 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 decorazione sia pittorica che scultorea. Il colore imprime un dinamismo che impedisce di osservare e distinguere le cellule spaziali e strutturali di cui la chiesa è costituita. È ispirata al gotico ma ci sono elementi che trascendono dalle necessità strutturali gotiche come i costoloni che finiscono nel nulla o forme di assoluta fantasia che partono da matrici poligonali e lineari di stampo gotico ma che sono barocche per dinamismo e per fluidità. Sempre di DIENTZENHOFER è la Chiesa di San Giovanni a Praga, Santa Maria Maddalena a Karlovy Vary (1733-36). Di SANTINI Sedlec, Kladruby, San Giovanni di Nepomuk. Di NEUMANN: WURZBURGER RESIDENZ (1719): inserisce una scala a tripla rampa che obbliga lo spettatore a guardare in alto, perché non c’è altro di fronte a sé e obbliga alla contemplazione degli affreschi di Tiepolo. CHIESA DEI 14 SANTI (1746): Neumann ha la capacità di scenografo, nel costruire spazi fluidi, composti da numerose cellule che si compenetrano o si sommano ma che diventano indistinguibili a causa della decorazione che avvolge tutto. Gli archi rimangono ancora leggibili e ci consentono una distinzione fra le campate che animano questo spettacolare luogo che prevede anche al suo interno dei punti di pausa, come l’altare e il sacello che sono collocati al centro dello spazio e impediscono a chi lo frequenta di sentirsi protagonista obbligando sia visivamente che fisicamente a percorrerlo tutto con effetti di illuminazione rarefatta o concentrata, sperimentazioni precedenti. 26 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Lezione 22/04/2024 ITALIA TARDO-BAROCCA Momento di snodo fra il Barocco, che ha attinto al linguaggio de ‘500 romano per poi modificarlo e lanciarlo in Europa con varianti di notevole creatività e diversità, e periodo in cui si abbandona il vecchio linguaggio e se ne crea uno nuovo, più o meno consapevolmente; volontà di costruire un nuovo repertorio e risolvere in maniera diversa i problemi. L’Italia è ancora un centro o sta diventando una periferia? CARTA GEOGRAFICA REALIZZATA DA MATTEO RICCI: non c’è l’Europa al centro ma l’Oceano Pacifico. È stata realizzata da Matteo in Cina con l’intenzione di far conoscere la Cina agli Occidentali ma anche agli Orientali ancora più a Oriente della Cina, ovvero ai Giapponesi. L’Europa non può essere più considerata come il centro del mondo anche se lo domina sul piano commerciale e nel secolo successivo anche sul piano politico. Di conseguenza ancora meno possiamo considerare l’Italia come un luogo intorno a cui ruota tutta la cultura dell’epoca. Lenta uscita di scena di Roma e dell’Italia del suo linguaggio e, allo stesso tempo, troviamo in Italia dei germi di una ricerca ancora basata sul classicismo e impostata in modi sempre più razionali, maggiore rigidità e freddezza espressiva. Panorama romano della seconda metà del ‘600: Questa fase viene chiamata “Tardo-barocca” nella storiografia e da qui usciranno molte personalità importanti. Sul piano decorativo viene chiamato “Rococò”, in Inghilterra “Neopalladianesimo” o Classicismo da cui scaturirà come frutto di queste ricerche una nuova stagione che sul piano culturale e filosofico viene detta “Illuminismo” e sul piano artistico “Neoclassicismo”. Il panorama romano, un po’ come in tutto il resto d’Europa, è dominato da personalità che usano i mezzi della finzione e della composizione per generare stupore. Es. Sfondato di ANDREA POZZO, pittore gesuita che ha decorato la cupola e i soffitti del Gesù di Vignola e che a Sant’Ignazio ci presenta una ricca composizione architettonica da una parte dominata dall’ordine in basso, le colonne sporgenti su piedistalli piuttosto ingombranti, aggetto rispetto alla trabeazione curva e poi come in Pietro da Cortona in poi, la sovrapposizione dei costoloni e della decorazione più fitta e più plastica dei lacunari. Autore anche di altre decorazioni (es. Mondovì) che impiegano l’ordine architettonico come principale meccanismo per creare effetti di coinvolgimento, visto che la prospettiva lineare è ancora più efficace nel coinvolgimento. Colore, maggior ricchezza decorativa soprattutto nel punto più vicino all’osservatore, negli aggetti, nelle mensole. Tentativo di risucchiare l’osservatore in uno spazio inesistente, virtuale, con l’illusione di avere una trasparenza come nelle chiese piemontesi di Vittone o nel Des Invalides a Parigi. Roma è una città che costantemente chi la frequenta o chi vi è per ragioni politiche e culturali fa da palcoscenico a grandi manifestazioni di popolo o alla vita straordinaria dei ceti dirigenti. L’architettura è talvolta nascosta da parate, una grande festa, per una migliore visibilità viene allestito un vero e proprio teatro che va a coprire Palazzo Farnese (Gagliardi, Festeggiamenti in onore di Cristina di Svezia - 1656). Come se l’architettura sparisse di fronte all’esigenza di espressività, di stupore. 27 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Oppure le architetture vengono progettate e vivono pochi giorni in altre occasioni, es. Rappresentazione Resurrezione in piazza Navona, progettato da Rainaldi, esercizio di progettazione, cupola a forma di bulbo, colonne libere rispetto ai pilastri centrali. Spazio trasparente attraverso cui si vede non solo la statua del redentore ma anche il paesaggio rubano, la folla, introspezione, effetti di trasparenza. Il paesaggio urbano viene riplasmato anche in zone come la parte tra Trinità dei Monti e Piazza di Spagna che devono ancora essere sistemate, la festa è un’occasione per un pensiero urbanistico, paesaggistico, combinati terra, verde e cartapesta per creare un effetto di ruscellamento, di frana apparente e allo stesso tempo con fuochi e fumi che si elevano verso l’alto. Tema che verrà ripreso poco dopo nella sistemazione definitiva nella scalinata tra Trinità e Piazza di Spagna. Tentativo di rendere mobile, ma allo stesso tempo teso, questo spazio all’epoca della stampa. Sistemazione di cui è regista Bernini. Morti i tre protagonisti negli anni ’60-’80 del secolo, si sono affiancate altre personalità, come Carlo Rainaldi. La loro eredità viene ripresa e rielaborata in termini più manovrabili, semplificati e accessibili non solo alla colta committenza ma anche a un pubblico e a una schiera di giovani professionisti in modo più semplice, gestibile e rigido. Protagonista di questa stagione intermedia, di conclusione dell’uso di un linguaggio barocco, è CARLO FONTANA (1638-1714): un comasco, dell’area ticinese, originario di una zona che ha sempre visto maestranze e progettisti arrivare in Italia dal resto d’Europa. Fu allievo presso Giovanni Maria Bolino, collaboratore di Pietro da Cortona e di Bernini, dopo il suo arrivo a Roma appena quindicenne nel 1553. Viene notato subito e preso a benvolere per i suoi talenti di disegnatore, capace di trasformare idee buone, schemi, schizzi eseguiti rapidamente dai maestri in disegni geometricamente compiuti, esecutivi, fino al dettaglio da poter portare in cantiere da mostrare allo scalpellino o al carpentiere, ma anche per il suo carattere, per la sua dolcezza ed empatia nel rapporto con gli altri. Fontana si inserisce in un momento grandioso, durante gli anni ’50-’60, anni dei grandi capolavori di Bernini, assumendone, proprio di Bernini, l’atteggiamento classicista, depurando il linguaggio dei tre dallo sperimentalismo, dalle stranezze, da ciò che è difficile, quindi, gradualmente riducendo il linguaggio barocco a qualcosa di imitabile. È difficile imitare, infatti, le geniali idee borrominiane con i suoi diversi dimensionamenti, oppure le correzioni ottiche di Bernini o la rigorosa geometria capace di dilatare gli spazi di Borromini. Questa capacità di divulgare e semplificare di Fontana ha un grande esito, non solo nei progetti, ma anche nella sua attività di insegnante, in quanto membro dell’accademia di San Luca, e dopo esserne diventato Accademico e dunque abilitato all’insegnamento ne diventa anche Principe, capo di questa organizzazione che allestisce mostre, indice concorsi, indirizza giovani, sceglie i temi e ha una strettissima collaborazione con i committenti principali. Figura che nel corso della seconda metà del ‘600 si afferma fino a diventare il “Dominus” della situazione, colui che gestisce, che facilita gli altri, la figura più importante. 1667 ingresso nell’accademia, 1694-1700 principe. Sotto di lui si formano grandi maestri del futuro, tra questi Specchi, Fischer von Erlach, Hildebrandt e Juvarra che passa dal suo studio. Non gli bastava l’attività di lavoro, di docente, di consulente e orientatore delle commissioni e dei progetti, è forte in lui anche una volontà di autopromuoversi, già vista efficacemente attraverso i trattati arricchiti da illustrazioni prese dal proprio repertorio, come fece Palladio negli anni ’70 del ‘500; lui fa lo stesso producendo dei volumi dedicati ai singoli monumenti di cui ha qualche responsabilità come ad esempio il Vaticano, Palazzo Ludovisi a Montecitorio di cui traccia una storia e quindi documenta tutte le fasi che hanno preceduto il proprio intervento e dà conto delle proprie scelte. Rende edotto il lettore non solo del suo stile ma anche di come l’attività di un professionista si inserisce in una lunga storia che non contraddice le scelte precedenti ma è un inserimento dolce, rispettoso ma comunque innovativo. Tutto questo determina il suo successo come figura professionale prima che come inventore di formule. 28 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 CHIESA DI SAN BIAGIO (1665) smontata e ricostruita col titolo di SANTA RITA DA CASCIA: ha elementi di vario genere, si intuisce una cupola ellittica all’interno di un tiburio oblungo, quindi una formula borrominiana, oppure la prospettiva usata negli sguanci dei tre portali che formano un arco di trionfo, quindi una formula berniniana e di Pietro da Cortona lo sfuggire dell’angolo in alto, in basso la scatola ritmata dall’ordine architettonico e in alto il prisma del tiburio con smusso concavo che viene ancora più valorizzato dal pinnacolo che si colloca esattamente al centro della curva, sull’angolo ma anche in risposta all’arretramento del volume superiore attraverso lo smusso. Per quanto riguarda microarchitetture ALTARE IN SANTA MARIA TRASPONTINA (1674): si simula un volume avvolgente attraverso le colonne che crea un effetto di trasparenza, non ci interessa cosa c’è oltre le immagini, oltre i raggi dorati, ma si intuisce o perlomeno ci si illude, se il volume non c’è che la disposizione curva delle colonne continui anche oltre le immagini; quindi, si creano degli effetti illusivi giocando su quello che l’osservatore si aspetta. La scultura crea ulteriore movimento e confusione tra i linguaggi. Fontana è autore prevalentemente su commissioni papali di grandiosi progetti mai realizzati, di sistemazioni di spazi pubblici della città, per esempio, il COLOSSEO (1675-1679) che già Sisto V, con Domenico Fontana, prevedeva di adattarlo a industria di seta. Adattamento dell’edificio antico, perduta la sua funzione originale e compromesse le sue strutture viene pensato come un invaso da utilizzare o in termini civili o in termini religiosi come in questo caso. Uno spazio teatrale di forma ovale come l’arena del Colosseo stesso in cui si inserisce una cappella dedicata ai santi martiri, alle migliaia di cristiani qui giustiziati; quindi, una quinta architettonica che si distingue nettamente dalle rovine, da un paesaggio slabbrato, incerto, quasi sfocato, intorno al linguaggio nitido, geometrico, poco decorativo perché così si nota meglio la differenza. L’elemento decorativo è costituito dalle statue che in modo tradizionale prolungano i sostegni verticali. Questa forte distinzione dei linguaggi aumenta ancora di più il naturalismo della rovina, un’anticipazione dei temi romantici del paesaggio, costituito dalla natura che si riappropria di se stessa, dei materiali che l’uomo ha impiegato per costruire. Gli autori del disastro del Colosseo sono gli stessi Papi nello smontare l’edificio per ricavarne materiali. Il rapporto con la città può essere letto anche attraverso la facciata di una chiesa di grandi dimensioni sul Corso (Via Lata da Santa Maria del Popolo fin sotto il Campidoglio): SAN MARCELLO AL CORSO (1682-1683): facciata curva che dialoga con più punti di vista, visto il dinamismo obbligato dell’osservatore trattandosi non di una piazza ma di una strada posta trasversalmente alla facciata stessa. È una facciata avvolgente che può essere interpretata anche in senso simbolico come abbraccio nei confronti del credente ma che qui viene ridotta e resa in termini molto più corrispondenti, chiari e appropriati rispetto alle altre facciate curve già incontrate come quelle sinuose di Borromini, a quelle estroflesse, compresse che quasi esplodono verso l’osservatore di Pietro da Cortona. Qui non c’è niente di tutto questo, è un’unica curva in cui sono inseriti elementi architettonici in perfetta corrispondenza l’uno con l’altro ai diversi piani. 29 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Es. scelta di collocare la colonna sull’angolo che viene indebolito, svuotato. La colonna è ribattuta da lesene che si trovano sia sullo schermo (fondo) della facciata sia in senso trasversale, le ritroviamo a formare un vuoto o una croce e questo avviene sia in alto che in basso. Il pronao è come aggiunto a questo sistema, coronato da un timpano curvo e spezzato dentro il quale viene inserita una piccola cornice a edicola che non contiene nulla, che si propone come traguardo, come elemento di introspezione che può incuriosire lo spettatore, che dimostra la propria scenograficità, essendo un elemento non funzionale a contenere un’immagine perché non c’è, né pittura né scultura si trovano al suo interno. È un gioco, uno schermo trasparente, intermedio tra la facciata vera e propria e lo spazio vuoto della strada. La voluta qui è ridotta a una semplice linea curva che si trasforma in una palma, che ha senso simbolico della vittoria e si associa ai martiri che hanno vinto la morte donando la loro vita. Questo elemento decorativo accompagna festosamente e in modo meno rigido e netto rispetto a una semplice linea il fluire delle forme dal fastigio alle ali laterali della facciata. Sempre ricorrendo agli insegnamenti dei grandi maestri del primo Barocco, troviamo la CAPPELLA CYBO (1683-1687) in Santa Maria del Popolo: chiesa straordinariamente piena di capolavori, di pittura e architettura, dipinti di Caravaggio e Cappella Chigi. Qui interviene il colore a rendere meno evidente uno schema cortonesco, abbondanza di colonne sullo spigolo che rende più fluente lo spazio fra un braccio e l’altro della croce greca che fa da impianto all’edificio. Il fluire da un volume all’altro è aumentato dall’inserimento di tanti elementi, dall’indebolimento dello spigolo e dall’uso di forme curve che sotto la luce naturale vengono valorizzate ancora di più, effetto di gradualità fra un volume e l’altro, continuo passaggio morbido. Tra i grandi progetti della Roma dell’epoca troviamo per i Ludovisi il progetto per MONTECITORIO (1694): in grigio le strutture berniniane, in nero la proposta di un ampliamento in profondità dietro il palazzo e di riconfigurazione della piazza antistante. Progetto non realizzato ma che mostra comunque delle forme semplici sia perché pure, sia nella loro articolazione interna. Adozione di struttura radiale con celle quadrangolari che si ripetono all’interno e la forzatura del fronte retrostante, un’ampia esedra piena che va riempiendosi di ambienti di forma quadrata con qualche difficoltà di connessione fra curva e segmento e una simmetria non necessaria se guardiamo a come si articola la città in strade, in isolati di profili diversi, ma serve perché almeno in pianta sembra dialogare con la piazza. Forme che presentano, più che un dialogo con l’esistente e un’intelligente mediazione fra volontà di esprimersi e le necessità del paesaggio urbano, l’imposizione di forme assolute che prefigura già verso la fine del ‘600 le ricerche del pieno secolo successivo o addirittura novecentesche. PROGETTO DI COMPLETAMENTO DI PIAZZA SAN PIETRO (1694): dei tre porticati berniniani sono stati realizzati due, il terzo no che doveva fare da filtro fra la Piazza e la Spina di Borgo. Fontana propone di prolungare il trapezio, viene ripresa la forma delle ali oblique nelle stesse dimensioni, con la stessa divergenza e vengono applicate verso il Tevere, verso la Spina di Borgo che sarebbe stata per più di metà sacrificata come avverrà nel 1929 dopo il Concordato. Avrebbe chiuso la piazza una riproposizione berniniana del porticato, una rettilinea dominata dall’enorme torre campanaria che avrebbe costituito una barriera visiva tra l’esedra di conclusione e l’intera piazza che avrebbe assunto delle dimensioni clamorosamente monumentali, oltre i 400m. 30 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 Un elemento verticale di notevoli dimensioni che avrebbe dovuto dialogare in modo proporzionato con spazi smisurati. Sul piano di un linguaggio si prendono moduli esistenti e si ripetono X volte per ottenere forme similari a quelle di partenza. Nulla di questo viene realizzato ma Fontana fa comunque tesoro di queste ricerche di modularità, di razionalità, di imposizione di forme assolute in un grande progetto che viene parzialmente realizzato e poi continuato di fuori dalla sua possibilità di controllo visto che Fontana muore nel 1714 e questo grande monumento ha una lunghissima gestazione e fasi per un secolo e mezzo successive ovvero l’ospizio. OSPIZIO SAN MICHELE A RIPA (1701-1704): ospizio, istituto di accoglienza e di cura inizialmente dedicato ai giovani reclusi, quindi oggi lo chiameremmo “riformatorio” in cui è contemperata sia la funzione di detenzione punitiva sia la funzione rieducativa, è un’istituzione modernissima per il tempo dove il deviante non viene semplicemente escluso dalla società ma viene inserito in un percorso di promozione umana. Per fare questo, innanzitutto, c’è bisogno di scegliere un luogo adeguato, periferico, controllabile, ben raggiungibile. Nella mappa della città lo si vede lungo il Tevere, alle porte della città comunicante con la campagna, zona ben connessa ma lontana dalla vita sociale. Ampia disponibilità di spazio, ampia aerazione vicino al fiume dove ci sono correnti d’aria, già in un’ottica curativa in cui le correnti d’acqua e d’aria accompagnano anche il cambiamento di vita e di cura medica degli ospiti. Di questa enorme pianta, di oggi, dobbiamo considerare i due terzi alla nostra sinistra, effetto del progetto di Fontana, in cui i due cortili sono distinti per funzione: quello centrale dedicato ai ragazzi più ordinato, sulla sinistra si trovano i laboratori dove i giovani, a volte solo vagabondi o orfani, non necessariamente trasgressori di regole e rei, semplicemente devianti, devono imparare un mestiere, di tessitori di arazzi, in prospettiva si stanno costruendo dei futuri artigiani di alta qualità. Futuri esecutori di oggetti di grande pregio che devono trovare anche soddisfazione nel proprio lavoro manuale. Il Papa Clemente XI Albani darà il nome a questa manifattura che manterrà per secoli, gli “arazzi albani”, uno dei prodotti più pregiati di Roma. I ragazzi che si trovano riuniti in questi ambienti hanno momenti di socialità nel cortile e poi vengono ospitati in celle singole, elemento di progresso perché viene garantita la privacy e l’autonomia. Ci sono comunque elementi di controllo, quindi le grate non vengono oscurate e questi monolocali sono dotati di doppia finestra, una verso il fiume e il paesaggio e dall’altra parte verso il cortile, l’ambiente comune o addirittura, per qualche camera, la chiesa. Si può partecipare alla vita sociale interna dell’ospizio e anche ai riti religiosi. Il doppio affaccio garantisce anche un’ottima circolazione d’aria, è tutto considerato per il benessere dei reclusi, non solo per escluderli e nasconderli ma anche per farli crescere con almeno un minimo di comfort durante il loro soggiorno. L’esito è un enorme edifico costruito anche con esigenze di economicità in cui i moduli sono ripetuti ma i cui corpi, distinti funzionalmente, sono anche distinti dal punto di vista volumetrico e delle altezze come si vede dall’affaccio monumentale sul fiume, come un biglietto da visita per chi viene dal Nord. Mantiene ritmo e imponenza che risolve un problema ovvio in questo genere di grandi monumenti, che è quello della ripetitività dei moduli. Fontana nelle capelle mantiene un legame maggiore con i linguaggi dei suoi maestri: 31 Downloaded by Francesca Golini ([email protected]) lOMoARcPSD|7990600 CAPPELLA ALBANI in San Sebastiano (1705): architettura più controllabile, più piccola i cui costi della decorazione sono sopportabili, anzi volentieri sostenuti dai committenti. Si vedono medaglioni riccamente decorati e la rielaborazione del tema della linea nel costolone berrettiniano e borrominiano che diventa decorazione pura e si distingue dalle vele dove non si sente più la necessità di creare griglie simili alle volte cassettonate o a lacunari. La funzione di Fontana è quella di rendere il linguaggio difficile, creativo, sperimentale e talvolta frammentario dei grandi maestri del primo Barocco, accessibile, chiaro, rigoroso, didatticamente facile da insegnare e professionalmente facile da ripetere e da adattare alle diverse circostanze. Nei decenni successivi troviamo una grande attenzione alla città oltre che alla scala architettonica. Gli episodi più interessanti sono a scala urbana nel riconnettere alcuni luoghi ancora slabbrati intorno alla viabilità del grande piano di Sisto