Summary

Questi appunti forniscono un'introduzione al concetto di bioimmagini, spiegando la loro origine e la loro evoluzione tecnologica. Vengono descritte diverse forme di classificazione delle immagini, partendo dagli esempi classici come le proiezioni e la tomografia, oltre a quelle basate sulla provenienza dell'energia utilizzata o sulla tipologia di informazioni ottenute sul corpo umano.

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INTRODUZIONE Lezione 1 Contesto di riferimento. Il termine Bioimmagini deriva dalla parola inglese Bioimaging, che significa immagini, ottenute tramite microscopio, di tessuti biologici; quindi, bioimmagini in italiano, significa appunto diagnostica per...

INTRODUZIONE Lezione 1 Contesto di riferimento. Il termine Bioimmagini deriva dalla parola inglese Bioimaging, che significa immagini, ottenute tramite microscopio, di tessuti biologici; quindi, bioimmagini in italiano, significa appunto diagnostica per immagini dal punto di vista clinico. Si tratta di un area della medicina, della ingegneria, della fisica, che si occupa di generare immagini (vere, ricostruite o virtuali) dell'interno del paziente, allo scopo di fornire informazioni utili alla diagnosi, ma non solo. Infatti, le bioimmagini sono usate anche per la Image guidance, ovvero per la integrazione di tecniche avanzate di imaging in sala operatoria per il miglioramento degli esiti delle terapie (chirurgia assistita dal calcolatore, radioterapia guidata da immagini). Storia delle bioimmagini. Le bioimmagini iniziano dal punto di vista storico, con la scoperta dei raggi x, in quanto quest’ultimi sono in grado di penetrare i tessuti e interagire in maniera subatomica con i tessuti stessi. Le immagini mediche si sono evolute con il tempo in concomitanza con l’evoluzione tecnologica. Nei primi periodi si è data importanza alla risoluzione spaziale, mentre successivamente si è data importanza all’informatica, all’elettronica e alla capacità di ricostruire velocemente l’immagine. Negli ultimi anni si è data importanza alla risoluzione in ampiezza (Immagini 3D: TC, SPECT, PET), alla risoluzione temporale (visualizzare nel tempo immagini 2D e 3D) e immagini digitali. Esempio di classificazione di bioimmagini Possiamo classificare le immagini in più modi: 1) Mappe: non si vede l’anatomia, ma vi è rappresentazione di una grandezza fisica riferita alla superficie corporea a partire da misure in punti discreti; questi tipi di immagini sono usate anche e soprattutto a scopo diagnostico, per identificare, per esempio, zone calde altamente vascolarizzate dove si possono trovare lesioni tumorali, ma anche nella chirurgia estetica poiché ad esempio il grasso, non è molto vascolarizzato e quindi risulta una zona più fredda rispetto al resto del corpo. 2) Proiezioni: immagini su di un piano di proiezione a partire da un centro (eventualmente all’infinito) che riguardano l’intero spessore che viene attraversato; Attenzione però, in quanto una proiezione è diversa da una sezione: ad esempio un’immagine RX viene ottenuta schiacciando su un piano tutte le informazioni che riguardano il torace, a partire dal primo strato di pelle che i raggi X attraversano, fino all’ultimo strato di pelle che i raggi X attraversano per fuoriuscire dal corpo. 3) Tomografie: immagini ricostruite da sezioni virtuali del corpo rappresentanti varie grandezze fisiche; La sezione si ottiene a partire da un’immagine 3D di cui se ne visualizza una parte, una sezione: si vede solo quello strato di sezione. Tante sezioni, tanti strati vanno a formare un volume 3D che viene detta tomografia. A seconda dell’utilizzo di raggi x, di onde radio frequenza o di radio farmaci, potremo avere rispettivamente la tomografia, la risonanza magnetica o la PET. Un altro tipo di classificazione di bioimmagini può essere fatta sulla base della provenienza dell’energia. 1) Le Immagini possono essere basate sull’emissione spontanea di energia da parte del corpo umano (mappe EEG e ECG, termografia, magneto-cardiografia, magneto-encefalografia), ovvero non si utilizza alcun tipo di energia esterna, ma si sfrutta l’energia proveniente dal corpo umano. ESEMPIO: la termografia che non utilizza una forma di energia dall’esterno ma la temperatura del corpo che va ad interagire con un particolare sensore della termocamera e va a formare l’immagine. 2) Immagini basate sull’interazione dei tessuti con energia inviata dall’esterno (che è spesso usata nelle immagini mediche e può essere energia fotonica di tipo x, rx, radiofarmaci o onde meccaniche quali ultrasuoni o radiofrequenze per la RM o energia elettrica in generale). Energia elettromagnetica (RX, CT, MR, SPECT, PET) Energia meccanica (US) Energia elettrica 3) Immagini basate sull’utilizzo di agenti di contrasto e/o radiofarmaci (fMRI, SPECT, PET, angiografia, MR e CT) iniettati nel corpo. Gli agenti di contrasto sono sostanze che consentono di rendere più visibili alcune strutture anatomiche o di seguire alcuni processi fisiologici. È necessario però sottolineare che, oltre all’energia che viene emanata dai radiofarmaci iniettai nel corpo, si sfrutta anche un’altra fonte energetica esterna per alimentare il sensore e ottenere l’immagine Un altro tipo di classificazione si può avere in base al tipo di immagine che si ottiene dal punto di vista clinico: 1) Immagini strutturali o anatomiche (CT, MR, RX, US) che permettono di riconoscere le diverse parti anatomiche dell’individuo. 2) Immagini funzionali (fMR): si ottengono informazioni sul funzionamento di un organo 3) Immagini metaboliche (PET): si studiano dal punto di vista molecolare, il metabolismo che avviene all’interno del corpo. Sia la risonanza che la CT danno informazioni anatomiche, ma la CT riesce a distinguere anche le ossa in quanto si ottiene un segnale iper- intenso (segnale che si riesce a contrastare). La risonanza invece, non permette di visualizzare bene le ossa, perché si vedono come zone ipo- densa, ma permette di visualizzare bene il cuore, i polmoni e il fegato perché questo esame riesce a far visualizzare bene i tessuti molli. Nella PET si vedono delle zone iper- intense (rene, fegato, vescica) e questo avviene in quanto si inietta nel corpo un mezzo di contrasto che lavora dal punto di vista molecolare, con dei processi metabolici che interessano gli organi. Poiché il liquido di contrasto deve essere eliminato tramite l’urina, vi sono delle zone come il rene e la vescica che maggiormente captano il liquido. Anche il cervello in questo caso, si vede molto bene. Quindi un soggetto può essere visto da più punti di vista a seconda della forma energica che si utilizza e anche in base all’interazione che la forma energetica ha con i singoli tessuti. Formazione di un’immagine. In generale, nella vita di tutti i giorni, siamo in grado di vedere gli oggetti in quanto una fonte energetica, il sole, emette dei fotoni (onde elettromagnetiche) che interagiscono con degli oggetti. Le interazioni possono essere: Riflessione totale Riflessione e trasmissione Riflessione, trasmissione e assorbimento Nel caso del visibile, si ha una riflessione totale, cioè i fotoni della banda del visibile, emesse dalla fonte energetica (il sole) non sono in grado di essere assorbiti, ma vengono riflesse. Le onde riflesse arrivano su un sensore (occhio umano ad esempio) e si ottiene un’immagine, che è una funzione spaziale di due variabili, x e y. La rappresentazione degli oggetti della scena è l’intensità del segnale. A seguito dell’interazione dell’oggetto con una fonte energetica emerge una determinata grandezza caratteristica (attenuazione, riflettanza, attività della sorgente). In questo modo si associa alla scena la distribuzione spazio-temporale f(x, y, z, t) della grandezza fisica in questione. Per immagini statiche bidimensionali a livelli di grigio si ha una funzione z=f(x,y) dove z è il livello di grigio nel punto di coordinate (x,y), ma si possono avere anche immagini con due variabili spaziali (x e y) e una variabile temporale, come ad esempio negli ultrasuoni che sono utilizzati per immagini ecografiche in cui si vede come varia la scena nel tempo. Raramente si utilizza la mappa di colori nelle immagini mediche, ma si può utilizzare per immagini nucleari o per ricostruzioni virtuali. L’informazione delle immagini è contenuta in una mappa di colore di grigi, dove il bianco è il segnale massimo mentre il segnale nero è il segnale minimo. Per immagini statiche bidimensionale a colore RGB si ha una funzione vettoriale. Questa è una funzione bidimensionale f(x,y) che rappresenta la variazioni della variabile dipendente z lungo le variabili indipendenti x e y. Dal punto di vista di immagini si traduce nel suo complementare, dove si vede un picco massimo al centro e 0 ai bordi. In questo caso il bianco, per una questione di visualizzazione è il segnale minimo mentre il nero è il segnale massimo. Lungo le variabili spaziali x e y, si vede come varia l’intensità del risultato dell’interazione della fonte energetica con l’oggetto della scena. Questa è una funzione bidimensionale che è sinusoidale lungo x e y, ma è costante lungo l’asse z. CARATTERISTICHE DELLE IMMAGINI Lezione 2 Cosa abbiamo visto Un processo di imaging comporta in generale: 1. La generazione di un fascio di energia (senza una fonte di energia non è possibile evidenziare le caratteristiche deli oggetti della scena) 2. L'interazione (trasmissione, riflessione, attenuazione) dell'energia generata con la materia costituente la scena osservata: per evidenziare determinate caratteristiche degli oggetti della scena è necessaria una forma di interazione tra la forma di energia considerata e l’oggetto stesso; nel caso della luce visibile si hanno i fotoni, ossia onde elettromagnetiche, che vengono riflessi dalla superficie dell’oggetto della scena. 3. L’acquisizione del segnale prodotto, tramite un opportuno sensore (i fotoni riflessi arrivano su un sensore che deve essere sensibile alla determinata forma di energia e all’intensità considerata) Il prodotto finale è rappresentato matematicamente come una funzione g(x, y, z, t) (funzione di 3 variabili spaziali (x,y,z) nello spazio 3D e una variabile temporale t se si ha acquisizione di immagini dinamiche) OGNI VOLTA CHE SI STUDIA UN NUOVO TIPO DI IMAGING BISOGNA CHIEDERSI: Che forma di energia si utilizza? Che tipo di interazione si ha? (nelle immagini mediche che riguardano l’interno del corpo umano si avrà nella maggior parte dei casi ci sarà un fattore di trasmissione ossia la forma energetica deve attraversare il mezzo e poi questa verrà attenuata o riflessa) Come si visualizza il risultato? Che tipo di sensore si utilizza in base alla sua sensibilità sul risultato? Infine, bisogna rappresentare la funzione matematica soprattutto nel nostro caso in cui analizziamo immagini digitali Sommario II lezione: Analisi dei segnali nello spazio e nella frequenza Caratteristiche dell’immagine 1. Risoluzione spettrale, spaziale (o geometrica), radiometrica, temporale 2. Contrasto (o risoluzione in contrasto): è importante capire per ogni modalità di imaging quale contrasto si ottiene 3. Rapporto segnale/rumore e contrasto/rumore: 4. Analogico vs. Digitale Richiami di analisi dei segnali Il segnale è completamente definito da: 2A è l’ampiezza picco-picco ωp pulsazione in rad fp frequenza in Hz T periodo in sec θ fase in rad La sinusoide semplice è un segnale che mette ben in evidenza le caratteristiche che rappresentano tutti i segnali che abbiamo a disposizione. Una sinusoide semplice monodimensionale funzione del tempo è un segnale che varia nel tempo (x che è il segnale che varia nel tempo t). Può essere rappresentata in più forme analitiche. Se la pulsazione è in radianti si può scomporre (vedi formula x(t)) con la frequenza in Hertz (Hz) che essendo l’inversa del periodo permette anche un’altra rappresentazione col periodo T. Con tali forme analitiche si è in grado di rappresentare la forma di segnale. Il segnale immagine Vediamo a destra una funzione a tettoia nel 2D. Andiamo a fare delle analogie per vedere quali caratteristiche (ampiezza, fase, periodo, frequenza) rappresentano tale figura. Sinusoide: ampiezza. L’ampiezza è la distanza picco-picco, cioè la distanza tra il valore minimo e il valore massimo che il segnale può assumere. L’intensità rappresenta nelle immagini mediche a livelli di grigio, la scala di livelli di grigio su cui si può far affidamento. Se si ha un range di livello di grigio più basso, una intensità più bassa come nella seconda figura, si traduce in una ampiezza minore. Nell’esempio specifico, l’ampiezza rappresenta quanta intensità intercorre tra il bianco (valore massimo) e il nero (valore minimo). In particolare, il valore massimo, in un segnale monodimensionale è A, il valore minimo è -A, mentre la differenza tra il punto massimo e il punto minimo è 2A. Come possiamo vedere, se in un segnale monodimensionale, diminuisce l’ampiezza, diminuisce la distanza tra massimo e minimo e la stessa cosa succede per l’immagine, in quanto diminuisce la differenza tra la massima e la minima intensità inferiore, ovvero diminuisce il range di livelli di grigio. Ovviamente, quello che vale per i segnali monodimensionale è valido anche per le immagini bidimensionali. Per i segnali monodimensionali, infatti, se l’ampiezza è molto elevata si riescono a vedere bene le oscillazioni e le differenze tra uno stato superiore e uno stato inferiore, e questo vale anche nelle immagini bidimensionali dove si vede bene la differenza tra i colori chiari e i colori scuri. Nelle immagini, quando un segnale è molto basso, cioè oscilla poco tra i suoi valori massimi e minimi, bisogna appunto amplificare il segnale. Sinusoide: frequenza In un segnale monodimensionale, la frequenza definisce quanto velocemente o ogni quanto avviene un ciclo completo della sinusoide. Il tempo impiegato per effettuare un ciclo completo della sinusoide è il periodo T. Nel caso dell’imaging, la frequenza dice quanto spazio si impiega per completare un ciclo completo di bianchi e neri. Nell’esempio preso in esame, si sta analizzando solo una delle due componenti dell’immagine, quindi solo lungo l’asse x. Quindi la frequenza spaziale varia solo lungo x, mentre, lungo l’asse y non vi è alcun tipo variazione. Aumentare la frequenza in un segnale monodimensionale, significa completare il ciclo completo della sinusoide in un tempo minore, e quindi all’aumentare della frequenza diminuisce il periodo. In un segnale bidimensionale invece, aumentare la frequenza significa ottenere un ciclo completo di bianchi e neri in uno spazio minore. Quindi, all’aumentare della frequenza spaziale, (come ad esempio nel terzo esempio) si notano di più delle strisce bianche e nere, ovvero è meno evidente la variazione dei livelli di grigio nell’immagine, mentre sono più evidenti le variazioni “brusche” dei livelli di grigio. Se la frequenza spaziale diminuisce, sono più evidenti le variazioni dei livelli di grigio (ovvero si notano di più i cambi da bianco a nero). Sinusoide: fase. La fase, in un segnale monodimensionale, ci dice da dove deve partire tale segnale, mentre in un segnale bidimensionale questo si traduce in uno sfasamento delle linee bianche e nere. Richiami di analisi dei segnali: Serie di Fourier DEF: Un segnale periodico può essere rappresentato da una serie di sinusoidi di frequenza pari o multipli della frequenza del segnale (armoniche). Sia f(x) un segnale periodico con frequenza f1 allora questo può essere scomposto in serie come segue Come si vede dall’esempio, il segnale iniziale, può essere scomposto in più sinusoidi: da una prima armonica (sinusoide fondamentale) che ha la stessa frequenza del segnale considerato e una seconda armonica che ha una frequenza maggiore. Se si sommano entrambe le sinusoidi, si ottiene la sinusoide iniziale, che può essere visualizzata sia nel dominio del tempo, o nel dominio delle frequenze. Sommando le due armoniche si ottiene il segnale in esame rappresentato dove i tratti meno marcati sono fatti apposta per notare le due armoniche che lo compongono. Nel dominio della frequenza il tutto si traduce in due picchi (uno in alta e uno in bassa frequenza) essendoci due armoniche. Questo concetto si può applicare all’infinito a qualsiasi segnale periodico monodimensionale. All’infinto vuol dire che anche il segnale più complesso in termini di frequenza, può essere rappresentato come somma di infinite sinusoidi. Ad esempio, vediamo l’onda quadra che è formata armonica fondamentale che ha frequenza pari a quella dell’onda quadra e successivamente si ha una serie infinita di sinusoidi con frequenze multiple alla frequenza del segnale iniziale. Più aumentano i termini della somma di sinusoidi, più si tende alla perfezione da un punto di vista di rappresentazione dell’onda quadra. È conveniente scomporre il segnale in due componenti, in quanto non si considera la fase, ma solamente una variabile che si deve rappresentare. La notazione di Eulero è di fondamentale importanza in quanto utilizza i numeri complessi, utili nei dispositivi elettrici in cui viene utilizzata una corrente alternata. La notazione con numeri complessi è utile perché la forma trigonometrica ad essi associata, può essere vista come un vettore che ruota intorno all’origine con una certa velocità (pulsazione = velocità angolare). Grazie alla notazione di Eulero, inoltre, abbiamo informazioni non solo sulla fase, ma anche sulla direzione di propagazione del segnale. Nelle immagini sopra, si vede che segnale monodimensionale U(t) che varia nel tempo con frequenza, ampiezza e pulsazione, la sua rappresentazione sottoforma di sinusoide complessa (spirale che ruota attorno all’asse t) e infine la rappresentazione complessa della sinusoide nel piano complesso sottoforma di vettore. Se non ci fosse la rappresentazione complessa, non ci sarebbe un modo per misurare la variazione del segnale. Una sinusoide può variare “in avanti” e “indietro”, nel caso della rappresentazione complessa può ruotare in senso orario (avanti) o antiorario (indietro). Questo concetto è importante quando si misura un segnale: bisogna sapere se una corrente va in un senso o in un altro. Con la rappresentazione di Eulero si hanno informazioni sia sulla fase che sulla direzione di propagazione del segnale (oraria o antioraria). I coefficienti della serie di Fourier vengono calcolati come segue: Cosa succede se il segnale è aperiodico? Si assume che È come se la finestra temporale su cui si va ad integrare che di solito va da 0 a T (periodo della funzione stessa) si “allarga” e va da -∞ a +∞. Quindi tutto ciò che è stato ricavato riguardo la serie di Fourier, si può generalizzare integrando tra più e meno infinito per ricavare i coefficienti. Oggigiorno, la maggior parte dell’analisi in frequenza è eseguita su calcolatori, in quanto si ha a che fare con segnali digitali. Non è possibile quindi parlare di integrazione come visto con l’analisi di Fourier, ma serve quindi un’estensione per i segnali discreti (quindi digitali): L’operazione di integrazione è sostituita la sommatoria fatta su passi discreti che vanno da 1 a M numero di campioni. (L’integrale è infatti una somma infinitesima su campioni analitici di infiniti numeri compresi in un intervallo da limite inferiore a limite superiore). Per velocizzare il calcolo, di solito la DFT (Discrete Fourier Trasform) è implementata tramite un “algoritmo” veloce detto FFT (Fast Fourier Trasform) che si basa su un calcolo veloce dei coefficienti. Anziché nel tempo, con la FFT, i segnali si visualizzano in frequenza, prendendo sia le frequenze positive che negative (frequenza negativa non significa nulla se non quando le si dà un’accezione di direzionalità e quindi un modo in cui si vede muovere il vettore). Principi di elaborazione di immagini Questi concetti che abbiamo visto, possono essere applicati alle immagini bidimensionali. Per semplicità si suppone che si abbia una sola frequenza: si ha sia una modulazione in ampiezza, che definisce l’intensità dei livelli di grigio, sia una velocità di modulazione dell’ampiezza, che definisce la rapidità con cui cambiano i livelli di grigio. Così come avviene nei segnali monodimensionali, che possono essere visti come somma di sinusoidi, la stessa cosa avviene nei segnali bidimensionali. Quindi un’immagine (in basso a destra) può essere scomposta in una somma di immagini: da un’immagine che rappresenta la sinusoide fondamentale (in alto a sinistra) che ha la stessa frequenza del segnale di partenza e da un’altra serie di segnali che hanno una frequenza multipla a quella di partenza. Ovviamente maggiori saranno le armoniche che si aggiungono, maggiore sarà l’approssimazione del segnale iniziale. Vedremo che nell’imaging digitale si hanno dei limiti di costruzione, cioè non si possono aggiungere più frequenze rispetto a quanto la strumentazione elettronica consente: questo concetto vale soprattutto quando si ricostruiscono i segnali in frequenza nel caso di RM. Sinusoide: direzione Supponiamo di ruotare la funzione di un angolo generico, allora il segnale avrà due componenti di frequenza. La frequenza non sarà più uno scalare, ma un vettore k, che avrà un componente lungo x e una componente lungo y. Sinusoide: descrizione in 2D Possiamo generalizzare la sinusoide in 2D e dire che la rappresentazione analitica dell’immagine I(r), dove r sono le coordinate espresse sotto forma vettoriale (x, y o anche x, y, z), ha come caratteristiche: Frequenza: la frequenza ha due componenti Direzione Ampiezza Fase Il segnale immagine. Il vettore (u,v) rappresenta le frequenze spaziali in genere espresse come cicli/mm e la velocità di variazione dei toni di grigio dell’immagine. Questo significa che in un’immagine, quando si hanno cambi repentini di tonalità, si hanno delle alte frequenze, al contrario quando ci sono dei cambi morbidi e lenti di variazione di grigio o di colore, si hanno delle basse frequenze, cioè si impiega molto spazio per cambiare la tonalità. Ciò significa che in un’immagine i cambi repentini hanno un contenuto in frequenza elevato, invece le zone delle immagini che risultano sfocate, hanno un contenuto in bassa frequenza. Quindi, per avere immagini molto ben definite, bisogna avere dei contenuti spettrali molto elevati. Ad esempio, nell’onda quadra il dettaglio è lo spigolo che è la somma di tante alte frequenze (per vedere i dettagli c’è bisogno di avere un contributo elevatissimo di alte frequenze). In analogo nelle immagini: per avere contorni nitidi e ben definiti bisogna avere un contenuto spettrale molto elevato. L’andamento generale dell’onda quadra (ad es. ogni quanto avviene un evento) invece è dato dalle basse frequenze. Da questa figura si può notare che un’immagine è data da un insieme di contributi sinusoidali, la quale però tali sinusoidi possono essere acquisiti ad altri angoli, ovvero non è un solo angolo, ma tutte le possibili combinazioni della direzione x, y. Frequenze spaziali Una generica funzione f(x,y)=f(x) invariante lungo l’asse y è scomponibile in una somma di funzioni del tipo cos(ωx) e sen(ωx): una scomposizione in esponenziali immaginari exp(jωxx) è del tutto equivalente, e rappresenta nei suoi coefficienti le sinusoidi in modulo e fase. I soli coefficienti non nulli della Trasformata di Fourier saranno quindi quelli caratterizzati da ωx diverso da 0. Supponiamo di prendere in considerazione le pulsazioni lungo x e lungo y : vediamo nella seconda piccola immagine una frequenza dell’immagine, che ha contributo zero lungo y e un certo contributo in bassa frequenza lungo x. breath-hold che può esser fatto in inspirazione o in espirazione, trattenendo l’aria o buttando fuori l’aria) c) Four-dimentional CT (4-D) (or respiratory correlated CT) (tiene conto del movimento respiratorio: fa una ricostruzione campionandola rispetto al ciclo respiratorio. In tal caso si parla di TC 4D in cui non si ha solo una ricostruzione volumetrica, ossia 3D con tre coordinate spaziali x,y,z quindi nel piano e con profondità, ma anche una quarta dimensione che è il tempo: fa vedere il volume nel tempo) Slow CT: Consente di ottenere l’inviluppo di tutte le posizioni delle strutture anatomiche di interesse all'interno di un ciclo respiratorio. Come vediamo qui accanto, se si posiziona una sferetta sulla zona toracica, tramita la slow CT è possibile vedere tutte posizioni occupate durante il ciclo respiratorio. Se si vuole un’immagine definita questa non è la strategia migliore. La prima immagine a sx (a) ci mostra una lesione tumorale: molti dei dettagli non sono visibili quando si applica il protocollo slow TC, in quanto questo permette l’acquisizione di un’immagine sfocata (come mostrato in figura b). Tale protocollo è utile invece, ad esempio, quando si vuole semplicemente conoscere tutte le posizioni in cui si potrà trovare la lesione tumorale. Questa informazione, dunque, è molto utile quando si regola un fascio radioterapico, in quanto quest’ultimo deve colpire una zona più grande del tessuto in modo tale da poter essere sicuri che venga colpita la lesione tumorale. La realizzazione del protocollo slow TC avviene con due metodi: 1. Se si utilizza un protocollo elicoidale, bisogna settare una velocità molto bassa del lettino. 2. Se invece si usa il protocollo step and shoot (metodologia di acquisizione tornata utile in caso di artefatti da movimento soprattutto per la TAC 4D), per ogni singola slice vengono effettuate diverse acquisizioni (fermando il lettino) corrispondenti a differenti fasi del respiro (per essere sicuri di prendere tutto ciò che fa parte della fetta) e poi le singole acquisizioni verranno mediate. L’output è un’immagine sfocata (blurred) e con scarsa qualità in cui però si può individuare il range di movimento di tutte le strutture. Ad esempio, guardando l’immagine sopra (i) si vede il fegato sfocato (perché si vedono tutte le posizioni ad esso corrispondenti durante il movimento) ma non più a fettine come nel caso di artefatti da movimento non compensati. Inhale and exhale breath-hold Breath-hold CT: paziente trattiene il respiro (solitamente in espirazione) e viene eseguita la scansione. I protocolli e la strumentazione di acquisizione possono variare a seconda che l’acquisizione avvenga con respiro controllato dal paziente, o con un aiuto strumentale. 1. Self-held breath-hold without respiratory monitoring: significa chiedere al paziente di trattenere il respiro e di fare un’acquisizione. Tipicamente però un paziente potrebbe non essere in grado di trattenere il respiro per 30/40 s (essendo pazienti che probabilmente avranno dei problemi polmonari). Tali pazienti potrebbero essere in grado però, di mantenere il respiro per pochi secondi per poi riposarsi, in maniera alternata, ma ciò non assicura che la posizione diaframmatica durante un’ispirazione sia uguale a quella assunta dopo una nuova ispirazione. Proprio per questo si usano sistemi per regolare il respiro in maniera più controllata, cioè attraverso dei feedback (quindi dando un controllo retro-azionato al paziente). 2. Active-breathing control: è un metodo attivo, in cui viene imposto un controllo al paziente utilizzando uno spirometro. Quindi, si dà al paziente uno spirometro durante l’acquisizione TC, non tanto per misurare il volume polmonare, ma per bloccare il respiro ad un certo volume polmonare prestabilito. Quindi, il paziente ha la possibilità di riposarsi, e quando si riprende l’acquisizione si può bloccare il respiro ad allo stesso volume polmonare che si aveva in precedenza. 3. Self-held breath-hold with respiratory monitoring: è un altro modo per dare un feedback al paziente. In questo caso si utilizza un feedback visivo del proprio volume polmonare; tipicamente si usano degli occhialini con un visore (o un visore sullo scanner) con cui il paziente può visualizzare la sua curva respiratoria e mantenere il respiro ad un certo livello. Quando si sta mantenendo il respiro in una certa posizione un segnale visivo, ad esempio, si illumina in verde, altrimenti diventa rosso. Il segnale respiratorio è in tal caso ricostruito grazie a delle sferette poste sulla zona addominale-toracica che sono visualizzate da una telecamera a raggi infrarossi e che muovendosi durante la respirazione del paziente, permettono la ricostruzione del respiro. Oltre agli occhialini, si può usare per lo stesso scopo, una cintura addominale toracica su cui ci sono degli estensimetri, ovvero dei trasduttori di spostamento, che convertono lo spostamento (e quindi in tal caso la deformazione che subiscono a causa del dell’allargamento o del restringimento della cassa toracica in base al volume polmonare) in segnale respiratorio. Quindi la curva è ricostruita grazie ad un segnale elettrico estratto dalla deformazione degli estensimetri. In entrambi i casi lo scopo è quello di ricostruire la curva respiratoria e farla visualizzare al paziente per consentirgli di trattenere il respiro. 4. Abdominal press: si usa un piatto che preme sull’addome in una certa posizione; a quel punto trattenendo il respiro la posizione è più riproducibile. Nella prima immagine a sx vediamo gli artefatti da movimento (le linee). Nella seconda il Breath-hold, ossia un respiro controllato: si vede la scalettatura tra un pacchetto e l’altro, ma all’interno dei pacchetti l’acquisizione dà luogo ad un’immagine di buona qualità, infatti, le sferette sono più riproducibili rispetto alla realtà. Il più diffuso in clinica è la tecnica Self-held breath-hold without respiratory monitoring, per una questione di praticità in quanto non si usano ulteriori strumenti. Nel caso in cui si voglia fare un’acquisizione di elevata qualità, ossia è necessario un controllo e una precisione assoluta, bisogna usare un ulteriore strumento e in particolare, la tecnica più usata è il Self-held breath-hold with respiratory monitoring. 4D TC (TAC 4D) L’ultimo protocollo, il più interessante dal punto di vista ingegneristico, perché consente di fare anche elaborazioni di immagini, è quello di effettuare una ricostruzione 4D, una vera acquisizione risoluta nel tempo. Piu fette vengono acquisite durante un intero ciclo respiratorio (4-128): quante fette devono essere acquisite, dipende dalla lunghezza del ciclo respiratorio di ogni paziente. Di solito senza affaticamento, si impiega tra i 4 e i 6 secondi per un’escursione respiratoria completa, quindi tra 4 e 6 secondi bisogna acquisire un numero di fette sufficienti a coprire tutto il movimento. Bisogna inoltre considerare il tempo impiegato dal tubo radiogeno a girare: ad es. supponiamo che impiega 0.5 secondi con una escursione respiratoria che dura 5s, allora bisogna acquisire almeno 10 fette; in realtà se ne acquisiscono un po’ di più per essere sicuri di prendere tutte le posizioni possibili. Quindi, bisogna acquisire più fette nello stesso ciclo respiratorio e bisogna trovare un modo per acquisire il segnale respiratorio. Contemporaneamente si acquisisce il segnale respiratorio sincronizzandolo con l’acquisizione delle immagini. Acquisendo il segnale respiratorio e gli slice, e sapendo quando è stata acquisita la singola immagine, si sincronizza l’acquisizione di ogni fetta con il segnale respiratorio, e quindi si riordinano le fette. FI= full inhale = completa inspirazione MI=mid inhale = media inspirazione ME=mid exhale = media espirazione FE=full exhale = piena espirazione Queste informazioni sono note perché si conosce, rispetto a quale punto della curva respiratoria, è stata acquisita l’immagine stessa. L’acquisizione dell’immagine avviene grazie ad un TIMESTAMP sull’immagine. Si riordinano le immagini in basa alla fase/ampiezza respiratoria: si riordinano tutte le immagini costruendo un pacchetto per la fase di FI, uno per la fase di MI, uno per fase di ME, e uno per fase FE. In realtà si acquisiscono almeno 10 slice in un ciclo respiratorio, e partire da queste, si ottiene la ricostruzione dell’immagine. Facendo ciò, si ottengono tante matrici 3D che si muovono nel tempo: prima si vede la matrice FE, poi MI, ecc. e in questo modo si può dare la componente temporale ad una singola immagine, che non è banale e quindi entrano in gioco altri strumenti da utilizzare per effettuare la ricostruzione che vediamo di seguito. TIPICA DOMANDA DI ESAME: Qual è la condizione necessaria da imporre per ottenere una TC 4D? È necessario innanzitutto acquisire il segnale respiratorio del paziente, acquisito con la strumentazione simile a quella utilizzata nel breath-hold: o Misura del volume polmonare attraverso uno spirometro: si ricava la curva respiratoria usando, durante la TC, uno spirometro che permette la ricostruzione della curva respiratoria. o Monitoring del moto del diaframma: si usa la cintura estensimetrica posta sul diaframma, che converte la deformazione del torace in un segnale elettrico, che restituisce il segnale respiratorio. o Tracking ottico di punti esterni, impintati o di superficie: avviene il posizionamento di sferette o blocchetti che emettono luce infrarossa, e che pertanto, vengono visualizzati da una telecamera che quindi sarà in grado di visualizzare il movimento antero-posteriore o testa-piedi della sferetta, e di ricostruire il segnale respiratorio. La condizione necessaria è quindi avere uno strumento che ricostruisca il segnale respiratorio. Successivamente, bisogna sincronizzare l’acquisizione del segnale respiratorio con l’acquisizione dell’immagine TC, ossia bisogna sapere esattamente in quale istante temporale è stata acquisita la singola immagine, in modo da poter associare alla singola immagine TC l’instante respiratorio in cui è stata acquisita. Qualsiasi sia lo strumento, ci deve essere una sincronizzazione della scrittura immagine con il dato respiratorio. Tra gli strumenti sopraelencati, il più utilizzato, poiché è stato il più semplice da realizzare, è il tracking ottico di punti esterni. Una ditta nota in tale ambito, che si chiama VARIAN, ha prodotto fin dagli anni 2000 una semplice telecamera che viene attaccata al lettino TC, e monitora lo spostamento di un blocchetto con delle palline al suo interno, che emettono luce nell’ambito dell’infrarosso. L’approccio di ricostruzione della TC 4D può essere di due tipi: o A posteriori (retrospective): le immagini tomografiche sono acquisite durante l’intero ciclo espiratorio e poi riordinate a fine scansione, grazie all'acquisizione del segnale respiratorio (4DCT). Si acquisiscono tutte le immagini e poi si riordinano in base alla sincronizzazione del ciclo respiratorio. o A priori (prospettive): le immagini tomografiche sono acquisite solo in corrispondenza di una determinata fase respiratoria (gated CT). Le immagini sono acquisite solo in determinati istanti della finestra respiratoria di interesse. Il Tracking ottico di punti esterni è il sistema più utilizzato nella TC 4D. GE e la VARIAN si sono accordate insieme per vendere la TC con la telecamera infrarossa. La Philips invece, aveva investito molto sulla cintura estensimetrica che però ha qualche problema di movimentazione. Lo spirometro è stato invece abbandonato essendo complesso inserirlo ne tubo TC, rispetto alla cintura estensimetrica poco ingombrante e al sistema con telecamera. Oltre ai settaggi che l’operatore imposta per stabilire la zona di interesse, l’operatore visualizza anche la curva respiratoria aspettando che si stabilizzi: quando ci si sdraia si respira più velocemente e poi man mano ci si rilassa si rilassano anche i muscoli toracici, e quindi il respiro rallenta. L’operatore fa poi un conto di massima per capire quanto dura un ciclo respiratorio, per settare i parametri corretti in modo tale da avere un numero di acquisizioni di immagini all’interno di una finestra temporale. Ad es. se un ciclo respiratorio dura 5s, il tubo radiogeno viene acceso per almeno 6s in una certa posizione per acquisire la fetta. TAC 4D → ACQUISIZIONE RETROSPETTIVA Consiste nell’acquisire tutte le fette, per poi essere riordinate. Quello che si vede nell'immagine accanto, è l’acquisizione retrospettiva: prima si acquisiscono le immagini e solo successivamente si riordinano. Ci sono due metodi di acquisizione: o HELICAL MODE: metodo standard per la ricostruzione tomografica o CINE MODE: metodo step and shoot che nel caso della TC 4D è più utilizzato perché più semplice da usare. Cine mode Il lettino resta fermo per tutta la durata di un ciclo respiratorio (Tb) più la durata di 1 (full reconstruction, se si sta effettuando una ricostruzione a 360°) o 2/3 di rotazione (se si sta effettuando una half- reconstruction, ossia una ricostruzione a 180°) del gantry (Tg): bisogna far stare fermo il lettino un po' di più rispetto alla durata del ciclo respiratorio, perché bisogna tener conto del tempo che il tubo impiega a girare per avere un’acquisizione completa. Ad ogni couch position (posizione del lettino) viene acquisito un numero di immagini che è funzione di diversi parametri e andrà riordinato in base al tempo di stampa dell’acquisizione. I tomografi sono ormai quasi tutti multi-slice, quindi in un ciclo respiratorio si acquisiscono contemporaneamente più fette che vanno riordinate nello stesso modo. Helical mode Viene usata l’acquisizione elicoidale, ossia il metodo standard in cui si setta la velocità del lettino. In tal caso non bisogna valutare quanto il lettino deve stare fermo, ma quanto lentamente deve andare il lettino stesso, in modo da avere abbastanza dati nel pattern elicoidale per ricostruire l’immagine. Per ogni slice location devono essere acquisiti dati per tutta la durata di un ciclo respiratorio (Tb) più la durata di 1 (full reconstruction) o 2/3 di rotazione (half-reconstruction) del gantry (TJ): si stabilisce così il passo dell’elica, e quindi la velocità di movimentazione del lettino, considerando la durata del ciclo respiratorio e il tempo di ricostruzione dell’immagine, pertanto anche la rotazione del tubo deve essere regolata. RIASSUMENDO: Il lettino si muove con una certa velocita in base al pitch factor programmato Il pitch factor deve soddisfare le seguenti relazioni: La velocità di acquisizione in modalità helical si riduce (rispetto al 3D) da 6 a 20 volte. Il metodo CINE-MODE è più facile da settare potendo fare dei calcoli rapidi per stabilire quanto fermo deve stare il lettino. Helical mode vs. Cine-mode Se si fanno dei calcoli rapidi, con la CINE- MODE si impiega meno tempo ad acquisire una TC 4D rispetto alla HELICAL-MODE. La zona utile non inizia al tempo zero e non finisce a 4.3 o 8.3 a causa del tempo richiesto per la formazione di un’immagine (240° di rotazione in questo caso -180° +60°). CONSIDERAZIONI: La modalità cine-mode è più veloce In helical mode i dati ricostruiti da uno stesso set sono relativi a due cicli respiratori diversi (seg1 e seg2) La modalità cine-mode si basa su un unico ciclo respiratorio per set La modalità cine-mode richiede un tempo aggiuntivo per spostare il lettino (-1 sec per set) TAC 4D: re-binning: riordinamento delle immagini. A questo punto le immagini vengono riordinate rispetto o alla fase del segnale respiratorio, ossia in base alla posizione del cosθ del segnale respiratorio, o in base all’ampiezza. Ci sono inoltre, alcuni algoritmi (il che dipende dalle ditte produttrici) che combinano l’ordinamento, sia considerando la fase che l’ampiezza del segnale respiratorio. Il software dell’RPM calcola la fase del segnale Le immagini ricostruite (esempio GE) o i sinogrammi (esempio Philips) vengono divise temporalmente sulla base del numero di bin programmato (solitamente 10) La fase è divisa in %. Per convenzione 0% corrisponde al picco di inspirazione e 50% al picco di espirazione Qui vediamo un ciclo respiratorio regolare sempre con gli stesi picchi e con regolarità. Non si hanno problemi a riordinare. TAC 4D: Limiti. Cosa succede se il respiro è irregolare? (cosa che capita molto spesso avendo pazienti che si sottopongono alla TC per problemi respiratori o polmonari). Variazioni dell’ampiezza e/o del periodo respiratorio mettono in discussione il corretto ordinamento delle immagini determinando artefatti nella ricostruzione del volume acquisito. Ad es. potrebbero essere allineati due massimi che però sono a livelli diversi dell’escursione respiratoria, e ciò causerebbe artefatti. (ampiezza verde e fase rossa nella figura) Come si vede in figura, il fegato risulta scorporato a causa della mancata regolarità del respiro, sia in termini di periodo respiratorio (durante la scansione 4D, che dura di più di una normale TC, dovendo acquisire più fette, il ciclo respiratorio potrebbe non avere la stessa durata) che di ampiezza, (in quanto l’ampiezza stessa varia perchè ci possono essere ampie o brevi escursioni): tutto ciò causa artefatti. Per risolvere tale problema si possono dare dei feedback al paziente per farlo respirare in maniere più o meno regolare: Si può scandire il tempo con una guida vocale da parte dell’operatore o con un ritmo musicale o una guida visiva per il controllo del respiro (occhialini o visori) Utilizzo di configurazioni multiple di punti di controllo: metodi più articolati che utilizzano la configurazione di diversi punti di controllo che possano individuare e compensare le irregolarità del respiro e riordinare in maniera più idonea. Metodi di correzione degli algoritmi per il calcolo della fase. Amplitude/phase-based sorting. TAC 4D→ PROSPECTIVE SORTING: GATED CT Quest’altro protocollo si propone di ottenere una ricostruzione prospettica delle immagini. Non è una vera acquisizione 4D, ma si tratta di un’acquisizione GATED (protocollo che si utilizza spesso nell’acquisizione dell’imaging e che ritroveremo anche in altri tipi di acquisizioni). GATED = si stabilisce a priori, quindi in maniera prospettica, il punto del respiro in cui deve essere effettuata l’acquisizione. Si vuole ad es. ottenere un’acquisizione pulita, libera da artefatti da movimento, ma solo di massima inspirazione. Per fare ciò ovviamente, bisogna sempre acquisire il segnale respiratorio. Si stabilisce il punto del ciclo respiratorio desiderato, e si accende il tubo radiogeno solo in corrispondenza di tale punto. Quindi così facendo non si fa una 4D ma una 3D “gatizzata” solo in alcuni istanti del respiro. Si tratta comunque di una TC con buona definizione, quindi si otterrà una buona qualità dell’immagine. Questo protocollo può essere utile quando si fa terapia: in questi casi si utilizza una finestra di gating in modo tale da colpire il tumore sempre nella sua vera posizione, che si vede nell’imaging. In fase di terapia: quanto possiamo basarci sul monitoring di un segnale esterno? →Stabilire correlazione interno- esterno per real-time targeting in terapia. Di solito l’exhale è più riproducibile dell’inhale: ossia la fase di espirazione è più riproducibile rispetto alla fase di ispirazione, quindi si usa molto di più la finestra di exhale. Confronto tra retrospettiva e prospettiva La retrospettiva è una TC 4D vera e propria, quindi se si vuole visualizzare il movimento di organi è l’esame adatto. Ovviamente bisogna tener in conto che si sta dando molta dose al paziente perché bisogna acquisire molte fette per la stessa posizione. Se si vuole invece una TC 3D, in cui non si ha necessità di vedere la dinamica, ma si vuole che l’immagine sia pulita, senza artefatti da movimento, si può decidere di acquisire prospetticamente, ossia decidere a priori in quale istante della curva respiratoria si vuole acquisire e ottenere l’immagine. CT cardiaca È stato fatto tutto questo discorso per il movimento respiratorio, in quanto è quello che provoca i maggiori artefatti nella zona toracica-addominale. Se si vuole però acquisire una TC per visualizzare il cuore, si possono utilizzare le tecniche per la ricostruzione, sia retrospettiva che prospettica dell’acquisizione TC cardiaca. In tal caso non interessa la curva respiratoria, ma la curva che dà informazioni sull’istante temporale della posizione del cuore, ovvero l’ECG. Nella CT cardiaca dunque, si ha un’acquisizione di immagini sincronizzata con l’elettrocardiogramma. Si posizionano gli elettrodi sul paziente e si sincronizza (c’è un ingresso sul tomografo TC) l’elettrocardiogramma con le varie acquisizioni delle immagini. Anche in tal caso, si può effettuare una TC gatizzata, stabilendo di acquisire un’immagine del cuore per una certa curva dell’ECG, oppure si acquisiscono tante immagini del cuore stesso, (in questo caso l’acquisizione delle immagini deve avvenire in tempi molto stretti a causa del battito cardiaco), per ottenere immagini dinamiche. Quindi in questo caso si parla di TC cardiaca con il riordino retrospettivo, perché vengono acquisite tante immagini in funzione dell’ECG. RICAPITOLANDO C’è un protocollo di acquisizione standard che consiste nel posizionare il paziente e stabilire margini di acquisizione, corrente nel tubo in base alla zona da acquisire, energia utilizzata, ecc. Esiste inoltre un ulteriore protocollo che tiene conto dei movimenti del paziente. In generale, esistono due movimenti fisiologici: i movimenti respiratori → esistono diverse tecniche per compensarli, come il TC breath-hold, la TC 4D o la GATED TC il movimento cardiaco → TC cardiaca 4D o GATED TC cardiaca. La base comune di entrambi i protocolli è che sia nel caso di TC cardiaca che respiratoria, bisogna acquisire il segnale cardiaco o respiratorio, quindi o la curva respiratoria, o nel caso del cuore, la curva cardiaca con ECG. ALTRE TECNICHE TC E QUALITA’ DELL’IMMAGINE Lezione 9 Cosa abbiamo visto È possibile variare il protocollo TC in base all’esame da eseguire, non solo dal punto di vista anatomico (ad esempio, in base alla zona da trattare, l’energia da utilizzare, lo spessore dello slice, i parametri di risoluzione spaziale e temporale), ma anche per compensare alcune problematiche che derivano dai movimenti. Per tenere in conto i movimenti respiratori esistono diversi approcci: Il metodo più accurato è 4DCT Per acquisire una TC 4D, bisogna sincronizzare il regnale respiratorio con l’acquisizione delle immagini. Si è visto inoltre che ci sono diversi approcci per acquisire il segnale respiratorio. Infine, si è visto che non è possibile solo sincronizzare l’acquisizione delle immagini con il segnale respiratorio, ma si possono sincronizzare immagini anche con un segnale ECG, ed ottenere una CT cardiaca. In entrambi i casi si è visto che è possibile ottenere sia una TC 4D risoluta nel tempo (immagini dinamiche nel tempo), sia una TC gatizzata, in cui si sceglie una finestra temporale in cui acquisire immagini TC (utilizzando o il segnale respiratorio o il segnale ECG) che non soffrono di artefatti da movimento. Sommario lezione IX Tecniche TC non convenzionali o Dual Enercy CT (DECT) o Cone Beam CT (CBCT) o Tilted gantry Digital Tomosynthesis Qualità dell’immagine CT Dual Energy CT: principi fisici È una tecnica sempre più presente nella pratica clinica. Questa tecnica è nata inizialmente in ambito di ricerca (c'è voluto un po' per vederla commercializzata) in quanto è stata diffusa inizialmente solo in determinati ospedali. Spesso le ditte produttrici danno in prova delle tecnologie nuove a degli ospedali, che sono detti Beta Clinical Site, quindi ospedali di riferimento per le aziende produttrici. Nelle lezioni precedenti, si è visto che le interazioni che caratterizzano la formazione delle immagini a raggi X sono principalmente due: 1. Effetto fotoelettrico 2. Effetto Compton. Si è visto inoltre che, l’effetto fotoelettrico dipende da: dall’energia fotone in arrivo (che deve essere molto elevata) dal numero atomico Z del materiale incontrato. La dipendenza che esiste tra numero atomico e la possibilità che questo fenomeno avvenga, è una potenza di 3 o 4 rispetto al numero atomico del materiale stesso. Possiamo concludere dicendo che, l’effetto fotoelettrico è altamente dipendente dal numero atomico del materiale incontrato. Effetto Compton invece dipende: dall’energia fotone in arrivo (quindi sia nell’effetto fotoelettrico che nell’effetto Compton l’energia del fotone in arrivo deve essere abbastanza elevata da poter scalzare un elettrone dall’orbitale dell’atomo della materia incontrata e quindi provocare ionizzazione, solo che nel caso dell’effetto Compton si genere il fenomeno di scattering, mentre nell’effetto fotoelettrico avviene assorbimento totale). linearmente dal numero atomico Z dell’elemento. Quindi, se facciamo un paragone tra l’effetto Compton e l’effetto fotoelettrico, si può dire che l’effetto Compton dipende un po’ meno da Z rispetto all’effetto fotoelettrico. Questo discorso, è importante, perché al numero atomico è legato anche la dipendenza del coefficiente di attenuazione: la capacità di un materiale di attenuare i fotoni in arrivo, dipende strettamente dal numero atomico dell’elemento. La Dual Energy CT (anche detta DECT) si basa principalmente sull’effetto fotoelettrico, assumendo che il coefficiente di attenuazione varia al variare dell’energia utilizzata. Si prende come riferimento il coefficiente di attenuazione dell’acqua e dello iodio. Ogni materiale tra H2O e I sarà una combinazione lineare dei due. Supponiamo di prendere un’energia specifica (in questo particolare esempio l’energia di 33.2 keV), un materiale poco attenuante (come ad esempio l’acqua = curva blu in figura) e un materiale molto attenuante (come lo iodio, che attenua ancora di più del tessuto osseo; infatti il mezzo iodato viene utilizzato come mezzo di contrasto). Il coefficiente di attenuazione dello iodio, ha un andamento discontinuo in funzione dell’energia, ma dal punto preso in considerazione (33.2 keV) in poi, l’andamento diventa continuo. Sia nel caso dell’acqua, che nel caso dello iodio, il coefficiente di attenuazione cambia con l’energia, in particolare il coefficiente di attenuazione diminuisce. Quindi, si può dire che qualsiasi altro materiale che si trova, come numero atomico, tra l’acqua (che rappresenta i tessuti molli, che contengono molta acqua) e lo iodio (che rappresenta i tessuti estremamente densi), può essere visto come una combinazione lineare dei due coefficienti di attenuazione (quello dello iodio e quello dell’acqua) ad una determina energia. Quindi, per prima cosa, si stabilisce l’energia specifica che si vuole utilizzare, e conoscendo il coefficiente di attenuazione dell’acqua e dello iodio a questa energia, è possibile dire che tutti gli altri coefficienti di attenuazione saranno una combinazione lineare tra tali coefficienti di attenuazione (quello dello iodio e quelli dell’acqua) all’energia specifica. RIASSUMENDO: ad una determinata energia, un qualsiasi coefficiente di attenuazione che si trova tra due coefficienti di attenuazione di riferimento (quello del materiale molto attenuante, e quello del materiale poco attenuante) può essere visto come una combinazione lineare che dipende da entrambi i coefficienti di attenuazione (vedere formula sopra). Inoltre, se sono noti i dati, acquisiti a due energie diverse, tutte le energie comprese tra questi due estremi, potranno essere ricostruite. Pertanto, facendo due acquisizioni (una ad alta energia, e una a bassa energia) tutti i livelli intermedi potranno essere ricostruiti a posteriori. Quindi, idealmente, si può ricostruire una TC ad un livello monoenergetico (monocromatrico) ben preciso. Nella formula accanto, è espressa l’intensità che arriva sul rivelatore r allo specifico angolo θ, calcolata per tutto lo spettro completo tra i due estremi di energia, Emax e Emin (all’esponente è presente l’espressione della trasformata di Radon). Quindi, tornando all’esempio precedente, si calcola l’intensità del fascio che arriva sul rivelatore quando l’energia presa in considerazione, è compresa tra 50 e 75 keV. Sostituendo l’espressione del coefficiente di attenuazione lineare, come combinazione lineare dei coefficienti di riferimento (quello dell’acqua e quello dello iodio), si risolve un sistema di equazioni, che permette di dare informazioni sui coefficienti della combinazione che bisogna avere, per ricostruire l’immagine monocromatica. Bisogna avere dunque un sistema, che acquisisce le proiezioni (a bassa energia, e ad alta energia), mentre tutte le altre proiezioni possono essere ottenute a posteriori, interpolando opportunamente i dati, oppure usando le stesse tecniche dell’imaging radiografico (come, ad esempio, la sottrazione di immagini). Grazie a questo tipo di ricostruzione, si possono mettere in evidenza particolari tessuti. La ricostruzione delle immagini può avvenire in due modi: 1. Si può effettuare nell’ambito delle proiezioni (usando il sinogramma). Utilizzando questa modalità di ricostruzione, si acquisiscono due sinogrammi, mettendo dunque in evidenza le immagini ottenute alle alte energie e quelle ottenute alle basse energie: tutti gli altri sinogrammi possono essere interpolati come combinazione lineare dei due sinogrammi ottenuti precedentemente. Dopo aver ottenuto il sinogramma desiderato, si retroproietta il sinogramma filtrato per ottenere l’immagine. 2. Si può effettuare nell’ambito dell’immagine. Utilizzando questa modalità di ricostruzione, bisogna prima ricostruire le due immagini, cioè ricostruire le mappe dei coefficienti di attenuazione (quella ad alta energia e quella a bassa energia), e poi ottenere l’immagine finale, interpolando i dati provenienti dalle due immagini ottenute. Il principio fisico che sta dietro questi concetti, è noto da molti anni, ma quello che è stata sviluppata negli anni, è la tecnologia che permette l’applicazione di questi concetti fisici. 1) Dual Source: una possibilità, dal punto di vista della tecnologia utilizzata, è quello di utilizzare due tubi radiogeni disposti a 90° tra di loro, in cui un tubo radiogeno emette fotoni a bassa energia (80 keV) mentre, l’altro emette fotoni ad alta energia (140 keV). Successivamente, si ottengono i due spettri energetici, e a partire da quest’ultimi, si ricostruisce l’immagine desiderata. Come già detto prima, viene ricostruita un’immagine ad un’energia compresa tra le energie utilizzate dai due tubi radiogeni. L’interpolazione (che permette di ottenere l’immagine finale) può avvenire nel sinogramma o nelle immagini. Per spiegare gli svantaggi che comporta l’utilizzo di questa tecnologia, si guardi l’immagine sotto, dove, sull’asse delle ascisse è riportata ciò che si desidera, ossia l’informazione che riguarda la possibilità di ottenere una separazione dello spettro energetico il più accurato possibile e allo stesso tempo avere una dose efficace, ossia non dover usare troppa dose per ottenere tale separazione: maggiore è questo valore, più la separazione dello spettro energetico è accurato. Sull’asse delle ordinate, è riportata l’informazione che quantifica se la tecnologia utilizzata, è sensibile ai movimenti: maggiore è il valore di questa informazione, minore sarà la sensibilità ai movimenti della tecnologia utilizzata (perché diminuisce il tempo di acquisizione), e viceversa. Quindi, se ci si trova in una zona del piano che è molto vicino allo zero, significa che non si riesce a separare bene lo spettro energetico e che si ha un’alta dipendenza dei movimenti. Se ci si sposta invece, in una zona del piano che si trova molto lontano dallo zero (verso l’angolo destro del piano stesso) allora, si ottiene un’ottima separazione spettrale, e non c’è un’alta dipendenza dei movimenti. La Dual Source, si colloca a metà strada in questo piano: infatti, utilizzando due tubi disposti a 90° tra loro, significa che l’acquisizione dell’immagine utilizzando una bassa energia, non avviene contemporaneamente all’acquisizione dell’immagine utilizzando un’alta energia. Infatti, passerà un tempo di circa 10 secondi, che è il tempo necessario affinché il tubo possa girare. I due sinogrammi, o le due immagini, che verranno combinati per ottenere in uscita il sinogramma o lo spettro desiderato, non saranno perfettamente sincroni dal punto di vista temporale, e quindi c’è un’importante sensibilità al movimento. Nello stesso tempo, con questo tipo di tecnologia, non è possibile separare perfettamente gli spettri energetici. 2) Un’altra possibilità, dal punto di vista della tecnologia utilizzata, è quello di utilizzare un kV Switching molto veloce. In questo caso, c’è un unico tubo radiogeno con un’elettronica molto rapida e sofisticata, che è in grado di cambiare l’energia utilizzata in pochissimi secondi (quindi passa rapidamente da una bassa energia ad un’alta energia): c’è un’unica sorgente che mette sia bassa che alta energia. Si può dire che si riesce quasi ad ottenere le proiezioni (quella ad alta e quella a bassa energia) nello stesso momento. Guardando il grafico, infatti, si nota che questa tecnologia è migliore della precedente, perché migliora la sensibilità ai movimenti, ma non riesce a separare gli spettri energetici. Lo svantaggio principale di questa tecnologia, è che si basa su un’elettronica molto sofisticata, che in caso di problemi, può acquisire spettri sovrapposti. 3) Un’altra tecnologia possibile è quella che si basa su un rivelatore particolare (chiamata Dual Layer) i cui elementi sono sensibili in maniera differente, alla bassa energia e all’alta energia. Il rivelatore Dual Layer è formato da due strati di rivelatori: il primo strato di è in grado ricevere i fotoni a bassa energia, mentre il secondo strato è in grado di ricevere fotoni ad alta energia. Poco tempo fa, questa tecnologia (chiamata nel grafico precedente come Photon-counting detector) veniva considerata immatura, in quanto i materiali usati devono essere estremamente sensibili, per evitare che ci sia sovrapposizione degli spettri energetici. Utilizzando questa tipologia di tecnologia, dal punto di vista temporale, le acquisizioni avvengono contemporaneamente (cioè entrambi gli spettri vengono acquisiti nello stesso istante) e nello stesso tempo, ha una capacità molto alta di discriminare gli spettri energetici. Con il passare del tempo, i rivelatori usati si sono evoluti dal punto di vista della sensibilità, e quindi si è passato da una bassa sensibilità alla differenziazione spaziale, ad un’alta sensibilità alla differenziazione spaziale. 4) Un’ulteriore possibilità è quella di ottenere le due immagini tramite un tubo radiogeno, che prima effettua una rivoluzione a bassa energia, e successivamente un’altra rivoluzione ad alta energia. Questa tecnologia è stata una delle prime tecnologie sviluppate in questo ambito. Ovviamente, in questo tipo di acquisizione delle immagini, la distanza temporale tra le due acquisizioni, è molto elevata, e quindi soffre maggiormente del problema della sensibilità ai movimenti. Una volta ottenuti questi due pattern di dati (quello a bassa energia e quello ad alta energia), si può ricostruire l’immagine di interesse nello spazio del sinogramma o nello spazio delle immagini. Con la Dual Energy CT, (senza l’utilizzo di mezzi di contrasto o di altri strumenti particolari) si riesce ad ottenere immagini molto precise e puntuali, di distretti anatomici e tessuti molli, che altrimenti non sarebbero visibili utilizzando la TC convenzionale senza mezzi di contrasto. Nelle immagini accanto, è possibile vedere una TC angiografica senza l’utilizzo di mezzi di contrasto. Dalla geometria parallela alla geometria conica Un’altra innovazione avvenuta nell’ambito della CT, è stata quella di passare da una geometria a fette (da cui deriva il nome tomografia, dove di solito l’acquisizione avviene con una certa apertura del tubo radiogeno che è a ventaglio) ad una geometria conica, in cui viene acquisito un certo spessore del corpo. In realtà, tutto ciò è avvenuto con l’innovazione della tecnologia multi-slice (quando si acquisiscono più fette). Infatti, se gli slice aumentano sempre di più, fino a riempire un campo di vista molto elevato, il fascio aperto non ha più la forma di un ventaglio, ma la forma di un cono. La tecnologia fan beam ha i seguenti vantaggi: velocità di acquisizione: maggiore è il fascio di acquisizione, maggiore sarà la velocità dell’acquisizione stessa. diminuzione del surriscaldamento del tubo perché si fa un'unica rotazione. Non si utilizza il collimatore, perché si acquisisce tutto il FOV. Dal punto di vista tecnologico, questo salto è avvenuto quando i rivelatori messi sul mercato, sono stati in grado di coprire il FOV desiderato (cioè quando è stato immesso sul mercato il FPD). La Cone Beam CT, consiste nell’avere una sorgente con un intero FP (Flat Panel, cioè un foglio completo) che acquisisce l’intera proiezione del paziente. Infatti, la sorgente, girando attorno al paziente, è in grado di acquisire in un tempo molto breve, l’immagine. Dal punto di vista tecnologico, ci sono diversi dispositivi che possono fare questo tipo di acquisizione. Questa tipologia di acquisizione viene utilizzata soprattutto in ambito interventistico, cioè quando bisogna avere una guida di immagini durante l’intervento, ma non è usata in ambito diagnostico perché comporta importanti svantaggi. Il vantaggio di questa acquisizione, è la possibilità di acquisire in tempi molto brevi un volume molto grande, mentre lo svantaggio è che, se aumenta il cono di radiazione, aumenta l’effetto dovuto alle radiazioni secondarie. Si è visto nelle lezioni precedenti, che uno dei problemi che deve essere limitato, è quello che deriva dal fatto che i raggi X interagiscono troppo con i tessuti, dando luogo a radiazione secondarie. Quando si acquisisce una singola fetta, la probabilità che una singola radiazione deviata venga rivelata è bassa, perché il rivelatore è molto piccolo. Quando si utilizza la tecnologia multi-slice, la probabilità che i fotoni deviati colpiscano il rivelatore, è maggiore, e quindi c’è più rumore. Con una geometria conica, che ha un campo di vista molto elevato, la probabiltà di scattering è ancora più elevata. In questo esempio, la prima immagine è una TC normale, mentre la seconda immagine è una Cone Beam CT. Si può notare che lo scattering è scarso nel primo caso, mentre è molto più evidente nella seconda TC (immagine molto artefattata). Per questo motivo, questa tecnologia si sta affermando sempre di più, non in ambito diagnostico, ma in ambito operatorio. Tilting gantry Un’ulteriore evoluzione tecnologica che è avvenuta negli anni, è lo sviluppo di scanner con gantry (parte rotante) che bascula. L’esame TC nasce come un esame che permette di ottenere proiezioni assiali, in cui il paziente si posiziona sul lettino che scorre all’interno del gantry, ottenendo dei pattern elicoidali o slice. Con la TC non c’è la possibilità di acquisire le fette in senso longitudinale, coronale o saggittale (come avviene nella RM), a meno che esse non vengano ricostruite. Quello che è possibile fare però, è variare l’angolo di inclinazione del gantry. Alcuni gantry sono in grado di basculare attorno al proprio asse tra +30° e -30°, e quindi sono in grado di consentire l’acquisizione di slice obliqui, che possono mettere in evidenza, ad esempio, delle piccole lesioni, che non si riuscirebbero a vedere se si acquisiscono delle fette assiali. Digital Tomosynthesis La tomosintesi, nota anche come tomosintesi digitale, è una modalità di imaging simile (perché anche in questo caso vengono effettuate delle acquisizioni da diverse angolazioni dello stesso oggetto), ma distinta dalla TC, che utilizza un angolo più limitato nell'acquisizione dell'immagine. Quindi, il numero di proiezioni è limitato. RIASSUMENDO: anziché esserci un gantry circolare intorno al paziente, è presente un tubo che copre all’incirca un angolo di 60°, e che permette l’acquisizione di molto radiografie attorno all’angolo stesso. Questa particolare tecnologia viene usata per la mammografia. Nella mammografia (ma in generale anche per tutte le applicazioni radiografiche), come già visto nelle lezioni precedenti, vengono acquisite proiezioni da più angoli di inclinazione, per non incorre in falsi negativi. Quindi, in questo caso vengono acquisite tante proiezioni, e si ricostruisce in maniera digitale, una vista volumetrica del distretto interessato dall’esame diagnostico. QUALITÀ DELL’IMMAGINE. Quando si parla di qualità dell’immagine CT, alcune assunzioni fatte per l’imaging radiografico continuano a valere, ma bisogna considerare che con la CT si ottiene un’immagine volumetrica, e che si utilizza un’apparecchiatura più sofisticata, pertanto si può andare incontro a maggiori fonti di rumore e a maggiori fonti di artefatti. Ci saranno quindi, delle ripercussioni sul contrasto e sull’immagine stessa. Inoltre, poiché le tecniche di ricostruzione dell’immagine possono variare (acquisizione tomografica, acquisizione della proiezione, problemi di aliasing poiché si sta passando da una proiezione analitica in discreta, si deve filtrare e retroproiettare: tutti questi fattori causano problemi), ci possono essere dei problemi sia sulla risoluzione spaziale che sulla risoluzione spettrale. I fattori influenzanti sono: 1. Caratteristiche del fascio: un fascio estremamente collimato, dà meno problemi di scattering, mentre un fascio poco collimato dà maggiore scattering 2. Energia: se si utilizza una bassa o un’alta energia, si visualizzano determinati tessuti piuttosto che altri. 3. Trasmissività del soggetto: un soggetto obeso attenua di più perché c’è più materiale, ma avviene più scattering rispetto a un soggetto magro. 4. Slice Thickness: lo spessore della fetta che viene scelto. 5. In generale, tutti i problemi di scattering, che influenza la risoluzione dell’immagine (che dipende a sua volta dalla risoluzione del display utilizzato) 6. Algoritmi di ricostruzione. Risoluzione spaziale: fattori geometrici. Un fattore molto importante, anche in ambito della radiologia, è la dimensione della sorgente, che idealmente deve essere puntiforme, anche se nella reltà non è così. QUINIDI: Per questo motivo ci deve essere una certa distanza tra oggetto e sorgente, e bisogna collimare il fascio in modo da prendere la parte di interesse. I fattori geometrici che influenzano la qualità dell’immagine, sono la dimensione della sorgente e il collimatore. Altri fattori, sono anche lo spessore del rivelatore e lo Slice Thickness. La Slice Thickness, che è lo spessore della fetta, può essere scelta: ad esempio, se si vuole un’immagine super-risoluta, non è possibile scegliere una Slice Thickness di 0.3 mm, se lo spessore del rivelatore è di 0.5mm. Di solito la Slice Thickness ha un valore compreso tra 0.5/0.6 mm in su, per ottenere una immagine super-risoluta; in ambito diagnostico la Slice Thickness ha uno spessore di circa 1,5mm/2mm/2.5mm. RIASSUMENDO: altri fattori geometrici sono la dimensione delle celle del rivelatore e la Slice Thickness. Risoluzione spaziale: fattori non geometrici. Nel caso della TC, la dimensione della matrice display standard è di 512x512 pixel. La dimensione dei singoli pixel (che varia tra 0.6mm e 1.5mm) invece, dipende dal campo di vista (cioè da quanto si ingrandisce sull’oggetto). Quindi, questi parametri vengono settati prima di effettuare l’esame diagnostico. Algoritmi di ricostruzione. Siccome non si può utilizzare una retroproiezione semplice (in quanto si otterrebbe un’immagine sfocata) devono essere utilizzati altri algortimi di ricostruzione. Tali algoritmi in generale, si basano sul fatto che le righe del sinogramma vengono filtrate con un filtro passa-alto, in modo tale da mitigare le basse frequenze. DA AGGIUNGERE ALLA LEZIONE PRECEDENTE: le basse frequenze non vengono annullate, ma vengono soltanto mitigate quando si utilizza un filtro passa-alto, mentre le alte frequenze vengono enfatizzate. Infatti, non si utilizza un filtro passa- alto a gradino, ma un filtro passa-alto a rampa. A seconda dell’algoritmo utilizzato dalla ditta produttrice del dispositivo TC, ci saranno delle ricadute sulla qualità dell’immagine. Tecniche CT ad alta risoluzione Esistono delle tecniche TC ad alta risoluzione, come nel caso di immagini toraciche, in cui viene usata una Slice Thickness, di circa 1-2mm (anche meno di 1mm). Uno degli svantaggi principali nell’utilizzare una Slice Thickness molto piccola, è dato dal fatto che, rispetto ad una Slice Thickness più grande, si riceve meno segnale sul rivelatore per formare un singolo pixel. Infatti, se si utilizza una Slice Thickness maggiore, arriveranno sul rivelatore una maggior quantità di fotoni, rispetto al caso in cui viene utilizzata una Slice Thickness molto piccola. Più la Slice Thickness è piccola, più il rapporto segnale-rumore è basso, ma aumenta la risoluzione. Per diminuire il rumore, si può aumentare l’intensità del fascio di raggi X, ma così facendo, aumenta la dose fornita al paziente. Quindi, uno dei prezzi da pagare per ottenere un’alta risoluzione dell’immagine, è l’alta dose che viene fornita al paziente. RIASSUMENDO: Algoritmi di ricostruzione ad elevata frequenza spaziale Aumentano la risoluzione Aumentano il rumore Il rumore può essere limitato aumentando la dose Risoluzione in contrasto nella TC. La risoluzione in contrasto è la capacità di discriminare due tessuti. Nel caso della TC, la risoluzione in contrasto è notevolmente migliore rispetto alla risoluzione in contrasto della radiografia. Questo avviene perché, si acquisiscono i coefficienti di attenuazione lungo il cammino, in modo tale da poter discriminare in profondità, a differenza della proiezione in cui tutti i coefficienti di attenuazione vengono riportati su un unico piano. Come si è visto nella lezione 2, il contrasto dipende molto dal rumore. Quindi in un’immagine TC dove è presente molto rumore (come avviene, per esempio, nel caso della TC ad alta risoluzione, perché viene usata una Slice Thickness piccola) il contrasto sarà basso. Per aumentare il contrasto, bisogna aumentare l’intensità, (ma aumentare l’intensità comporta un aumento della dose fornita al paziente), oppure si possono usare degli algoritmi di ricostruzione specifici per ridurre il rumore e migliorare il contrasto (ci si riferisce sempre agli algoritmi di retroproiezione). Il contrasto, dipende anche dal display, e dalla capacità dello stesso di contrastare le immagini. RIASSUMENDO: il contrasto dipende dal rumore; il rumore dipende da quanti fotoni vengono rivelati; per aumentare il numero di fotoni rivelati, si può aumentare l’intensità del fascio (aumenta la dose fornita al paziente), o aumentare la Slice Thickness (diminuisce la risoluzione spaziale). Quindi, bisogna cercare di bilanciare correttamente questi parametri in base alle necessità. Un altro problema da tenere in considerazione è la dimensione del paziente: un protocollo TC, che prevede una certa intensità del fascio e una certa dimensione della Slice Thickness, può dare un risultato diverso in termini di contrasto e di rumore, a seconda che il paziente sia più grosso o più magro. Infatti, se il paziente è più grosso, avverrà più scattering rispetto ad un paziente più magro. Un altro parametro molto importante da cui dipende il contrasto, è l’efficienza del rivelatore, ovvero dalla capacità dello stesso, di discriminare le diverse intensità ricevute. Flusso di fotoni. L’intensità del fascio dipende da alcuni parametri del tubo radiogeno che sono pre-settati nel momento in cui si sceglie la regione anatomica da trattare, ma tali parametri, possono essere modificati dal tecnico radiologo se devono essere effettuate particolari applicazioni per lo specifico paziente: kVp: energia di alimentazione del tubo radiogeno mAs: corrente che scorre nel catodo Filtri anti-scattering: servono per mitigare il rumore. Come già visto, il filtro anti-scattering può bloccare del segnale, e quindi provocare la diminuzione del rapporto segnale-rumore. La qualità dell’immagine è un compromesso, non solo in termini di intensità, tra la dose che si fornisce al paziente, e la qualità dell’immagine che si vuole ottenere. La qualità dell’immagine, inoltre, è un compromesso tra la tempistica (ad esempio, se si vogliono acquisire più slice dello stesso paziente, le tempistiche dell’esame aumentano, ma aumenta la risoluzione spaziale dell’immagine ottenuta, e viceversa) e l’intensità del fascio stesso (il rapporto segnale rumore aumenta, se aumenta l’intensità del fascio, e quindi se si dà più dose al paziente). Misura del livello di rumore in CT. Per misurare la qualità, e in particolare per misurare il rumore dell’immagine CT, tipicamente vengono usati dei fantocci ad acqua (viene utilizzata l’acqua perché, è un materiale omogeneo). Se il sistema di misura ha poco rumore, allora quando si effettua la scansione del fantoccio ad acqua, bisognerebbe vedere nell’immagine acquisita, un unico livello di grigio. Siccome, nella realtà questo non avviene, nell’immagine ottenuta vengono selezionate alcune regioni di interesse (ROI), e si calcola la deviazione standard (nel caso dell’acqua l’attenuazione in unita HU è zero). Se intorno allo zero, la deviazione standard è molto alta, allora il rumore sarà elevato, viceversa invece, se la deviazione standard misurata è bassa, il rumore sarà basso e i voxel dell’immagine TC hanno un valore che sta intorno allo zero. Per misurare il rapporto segnale-rumore, esistono diversi tipi di fantocci. Un esempio è il fantoccio acqua-equivalente, costituito da un materiale polimerico, che ha un coefficiente di attenuazione uguale a quello dell’acqua. Esistono anche dei fantocci che hanno l’involucro costituito da un materiale acqua-equivalente, e una serie di inserti che possono essere inseriti nel fantoccio stesso (costituiti da materiali polimerici) che hanno lo scopo di replicare i coefficienti di attenuazione dei diversi tessuti. Grazie ai fantocci appena descritti, possono essere fatti sia delle misure per la risoluzione spaziale (la capacità di discriminare le linee nell’unità spaziale→ es. in figura 10 linee in un cm), e sia delle misure per la risoluzione in contrasto (la capacità di discriminare il materiale in foreground, rispetto al materiale in background). Infine, un’altra cosa molto importante che si fa con i fantocci nel caso di imaging CT, è la calibrazione della scala di Hounsflied. Infatti, come visto nelle lezioni precedenti, con l’imagin CT viene utilizzata un’unica scala di livelli di grigio, ognuno dei quali rappresenta un determinato tessuto (ad esempio, c’è un unico livello di grigio che rappresenta l’osso, o un unico livello di grigio che identifica l’aria, e così via). Per fare ciò, si utilizzano dei fantocci acqua-equivalenti con dei cilindretti sulla sua superficie, di materiale diverso, che replicano i tessuti umani, e che nell’immagine, devono corrispondere ad un unico livello di grigio se la calibrazione del dispositivo è corretta. I tomografi, quindi, vengono controllati durante la manutenzione, con questa tipologia di fantocci, per valutare il rapporto segnale-rumore, la risoluzione spaziale, la risoluzione spettrale, la risoluzione in contrasto e infine, per valutare la corrispondenza dell’unita della scala di Hounsfield (detti CT number o numeri CT). Artefatti. Durante un esame TC, possono verificarsi degli artefatti. Gli artefatti sono diversi dal rumore, in quanto il rumore è insito nel tipo di acquisizione, mentre l’artefatto è causato da qualche elemento esterno. Esistono diversi tipi di artefatti: Movimento. Streak Metalli Volume parziale Ring Artefatti da movimento: causano strisce nell’immagine, e questo viene reso ancora più evidente dalla retroproiezione. Questo avviene perché, si rico struisce la stessa fetta utilizzando un numero di proiezioni che sono state acquisite in un arco temporale. Streak artifacts: è causato dalla presenza di oggetti molto densi nella scena. Infatti, se si considera la matrice in figura, si calcolano le sue proiezioni e si ricostruisce la matrice iniziale applicando la retroproiezione semplice, si nota che non si ritorna alla stessa matrice iniziale, ma si ottengono delle strisciate (non si riottiene l’immagine iniziale). Infatti il centro dell’immagine (o delle matrice) finale corrisponde con il centro dell’immagine iniziale, ma non corrisponde il resto dell’immagine. Lo streak artifacts, sono detti anche artefatti a stella, e sono dovuti dal fatto che si utilizza un numero finito di proiezioni. L’artefatto a stella, quindi, è molto evidente per oggetti molto densi rispetto allo sfondo omogeneo. Aumentando il numero delle proiezioni utilizzate, gli artefatti a stella tendono ad essere sempre più mascherati, ma lascia in ogni caso, un annebbiamento di fondo nella ricostruzione. L’artefatto a stella, è molto evidente nel caso in cui sono presenti dei metalli o materiali che hanno un elevato numero atomico, nell’oggetto da studiare tramite l’esame TC, ad esempio, in pazienti che portano delle protesi dentarie. In questi casi, ci può essere completo assorbimento (Photon starvation) dei fotoni incidenti (non c’è più fascio in uscita perché il numero atomico del materiale è molto elevato), oppure può avvenire l’indurimento del fascio (Beam hardening), cioè i fotoni incidenti, in parte vengono assorbiti e in parte vengono rilasciati (anche se il fascio che arriva sul rivelatore non ha la stessa intensità del fascio che arriva correttamente sul rivelatore). Questa tipologia di artefatti, possono essere mitigati attraverso l’utilizzo della Dual Energy CT, interpolando opportunamente i sinogrammi, oppure attraverso delle tecniche di imagin processing, che agiscono sul sinogramma. Artefatto da volume parziale: Supponiamo di voler acquisire una fetta che si accavalla tra due organi. Alla fine, dopo l’acquisizione di questa fetta, si produrrà una sola immagine. Nell’immagine finale, si visualizza sia una parte dell’organo che un’altra parte di un altro organo, ma non si è a conoscenza quanta porzione di un organo e quanto dell’altro organo, vengono rappresentati nell’immagine. Questo artefatto viene indicato come artefatto da volume parziale. L’unico modo per poter mitigare tale artefatto è quello ottenere delle fette molto sottili, e quindi la risoluzione tra le fette deve essere molto elevata, altrimenti si ha una stima errata della posizione dell’organo. RIASSUMENDO: l’artefatto da volume parziale è tanto più pronunciato, quanto maggiore è lo spessore della fetta. Ring artifact: dipende dalla presenza sul rivelatore, di qualche cella difettosa, o che non è calibrata correttamente. La cella difettosa o non calibrata correttamente, restituirà un segnale che non è perfettamente calibrato rispetto al resto del segnale. Siccome la cella del rivelatore non funzionante ruoterà attorno al paziente, il segnale non calibrato che restituisce tale cella, sarà relativo a tutti i punti che si trovano su una circonferenza. Sull’immagine questo artefatto, è presente se sono visibili dei cerchi. IMAGING NUCLEARE Lezione 10 In questa lezione si vedranno immagini fotoniche in quanto si utilizzano delle onde elettromagnetiche, e dunque, fotoni. Sono presenti sempre radiazioni ionizzanti. L’imaging nucleare e quello radiologico sono sempre stati separati, infatti in ambito ospedaliero esistono due unità separate: l’unità legata all’imaging nucleare dove ci sono le apparecchiature

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