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Raffaella Trocchianesi
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This document explores different approaches to museum design, including the future of museums. It analyzes case studies of experimental museums and the use of metaphors and narratives in museum displays. It also discusses the role of the visitor in these innovative models.
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ESAME ALLESTIMENTO Raffaella Trocchianesi 19 Giugno MUSEOLOGIA SPERIMENTALE (MUSEO FUTURO) (1 PRIMO CASO STUDIO) Nel 2020, al Museo Madre di Napoli, si è svolto un workshop curato da Jeffrey Schnapp e Laura Valente, focalizzato su temi come il futuro della musealizzazione, l'identità istituzionale...
ESAME ALLESTIMENTO Raffaella Trocchianesi 19 Giugno MUSEOLOGIA SPERIMENTALE (MUSEO FUTURO) (1 PRIMO CASO STUDIO) Nel 2020, al Museo Madre di Napoli, si è svolto un workshop curato da Jeffrey Schnapp e Laura Valente, focalizzato su temi come il futuro della musealizzazione, l'identità istituzionale dei musei e il loro impatto sia nel mondo fisico che virtuale. Il workshop ha esplorato l'interazione multisensoriale, la reinterpretazione degli spazi, la progettazione e la ricerca. La domanda centrale era: quale metafora rappresenta meglio il museo del futuro? Che cosa potrà diventare un museo e quale ruolo avrà il visitatore? Vennero presentati diversi esempio tra cui: Museo come microscopio: è un museo che può avere anche un solo oggetto esposto. Un microscopio apre un mondo inaccessibile, così piccolo che lo percepiamo solo quando raggiunge la scala adatta alle nostre facoltà percettive. Un museo che adotta il microscopio come metafora fondante costituirebbe l'intera esperienza dei visitatori intorno a esplorazioni forensi di un'unica opera d'arte, smantellandola e ricostruendola, esaminandone le viscere e mappandone le connessioni al mondo. Museo come telescopio: è un museo predisposto per offrire una visione orizzontale, un paesaggio di opere che si arricchisce attraverso il confronto tra un’opera e l’altra. Un telescopio è una sorta di microscopio al contrario: un macroscopio che apre una finestra su un mondo di oggetti vissuti come aggregazione. Ma come costruire un’esperienza per il visitatore, raccontare una storia, ritrarre un’intera istituzione culturale su questa ampia scala? Un museo che adotta il telescopio come metafora fondante pensa in grande. Un esempio è l’Atlante Mnemosyne di Aby Warburg, che creava un atlante associando diverse opere per similitudine. Museo come palcoscenico: è un museo performativo, non solo visivo. Propone modalità performative nell’esposizione. I musei sono sempre stati luoghi di spettacolo, sia per le convenienze sociali dell’alta società sia per forme d’arte specifiche, come la musica. Se un museo adottasse la metafora del palcoscenico non come un’appendice alla sua missione, ma piuttosto come sua identità fondamentale, come potrebbe mettere in scena le opere della collezione? Come potrebbe curare una mostra di spettacoli? Un esempio fu lo spettacolo teatrale intitolato Habit di David Levine, in cui un appartamento funzionale viene costruito nello spazio espositivo. Tre attori recitano, in un loop continuo, uno spettacolo di 90 minuti per otto ore al giorno. Pur rimanendo fedeli al copione, gli attori adattano la loro interpretazione alle necessità quotidiane: se devono cucinare, recitano mentre cucinano; oppure si allontanano dalla scena quando devono usare il bagno. I visitatori arrivano e se ne vanno a loro piacimento, girando attorno all’appartamento e ascoltando gli attori nella loro quotidianità. Oggi il museo viene utilizzato come palcoscenico da artisti e persone dello spettacolo, che tramite i loro canali social danno visibilità al museo. Museo come giocattolo: è un museo che basa l’esposizione su una maggiore interazione tra l’utente e ciò che è esposto. Se vedere è credere, giocare è interagire. Giocare significa mobilitare l’intera gamma delle nostre capacità sensoriali: olfatto, tatto, gusto, udito e vista. Nel museo contemporaneo, l’occhio, pur essendo solo uno degli organi sensoriali che modellano la cultura e l’esperienza umana, vuole sempre la sua parte. Dunque, quale forma assumerebbe un museo in cui la giocosità delle interazioni multisensoriali fosse la regola d’oro? Un esempio è stata la mostra Children’s Museum Verona – La stanza della luce. Come viaggia la luce? Da cosa è composta? Ha componenti visibili? Com’è fatta un’ombra? Tutte queste domande trovano risposta in questa sensory room, dove gioco e scienza si mescolano per stimolare i cinque sensi. Si imparano a conoscere i segreti della luce, della rifrazione e della riflessione, si può fotografare la propria ombra, scrivere con la luce, inventare storie con il teatro delle ombre e sperimentare tanto altro. Un altro esempio è la Triennale di Milano, dove gli interni sono stati modellati a mo' di gioco. Museo come magazzino: la maggior parte del patrimonio culturale dell’umanità è invisibile perfino agli addetti ai lavori del settore museale perché relegata nei depositi. Piuttosto che considerare il deposito una zavorra per la missione di un museo, cosa succederebbe se i futuri musei assumessero la forma di veri e propri magazzini? In che modo l’esperienza di tale emporio potrebbe diventare ricca di significati? Uno degli esempi più eclatanti di "museo magazzino" è il deposito Boijmans Van Beuningen di Rotterdam. Museo come piazza: i musei erano percepiti un tempo da molti come fortezze proibite. Progressivamente, i musei si stanno trasformando in istituzioni pubbliche dai muri sempre più permeabili. Le loro porte ora si aprono non solo sul quartiere, sulla città e sulla regione, ma anche su una piazza grande quanto il mondo intero: il World Wide Web. Come potrebbe essere reinventato il museo come spazio virtuale e fisico di intersezione tra realtà interna ed esterna? Un esempio è il MoMA, che dal 2019 ha ampliato del 30% i suoi spazi espositivi. Il piano terra ospita ora esibizioni gratuite, aperte a chiunque. Le persone che passeggiano per strada possono, attraverso le vetrine, vedere ciò che vi è all’interno. Museo come laboratorio: l’arte contemporanea e la storia sono fonti di conoscenza che camminano di pari passo con altre forme di sapere. Come potrebbe essere rimodellata l’esperienza del visitatore se un museo si concepisse come un laboratorio di ricerca, un luogo che pone domande piuttosto che fornire risposte, che coinvolge il pubblico nelle sue ricerche e la cui funzione primaria è quella di generare nuove conoscenze? Un esempio è il Bode-Museum di Berlino, dove i laboratori e workshop a porte chiuse sono stati sostituiti da laboratori trasparenti e pubblici. I tre spazi hanno ora tre funzioni: "Spazio per idee," "Spazio libero," e "Piattaforma." Museo come computer: i musei sono sempre stati sistemi informativi, con i propri strumenti per accesso, conservazione, stoccaggio, recupero e visualizzazione. Negli ultimi decenni, i sistemi computazionali sono diventati la loro spina dorsale e sono ora parte integrante sia delle loro operazioni interne sia dei modi in cui si interconnettono e interagiscono con il mondo esterno. Se un museo adottasse il computer come sua metafora principale e si riformulasse come un dispositivo computazionale, come funzionerebbe? Ovviamente, tutto ciò presuppone un database, una rete, UX/UI, potenza di calcolo con analisi dei dati, ed esperienze immersive. Ormai i dati non solo documentano la storia delle culture, ma sono una componente basilare del patrimonio culturale stesso, come affermato da Jeffrey Schnapp. Troviamo diversi esempi come Google Arts and Culture, o la Casa del Monte "HoloMuseum" ad Andria a Barletta, dove viene utilizzata la realtà virtuale (VR). Ricapitolando, uno degli strumenti nell’ambito della progettazione di un allestimento è la metafora, ossia l’utilizzo di un’immagine simbolica per rappresentare il concetto alla base della propria idea di museo, allestimento o esperienza. Un altro strumento è il modello narrativo, ovvero la modalità con cui si imposta la narrazione del percorso espositivo e il tipo di relazione tra visitatore e contenuti. Infine, un altro strumento è il modello allestitivo, l’approccio progettuale con cui si interviene nello spazio per mettere in scena o allestire il tema scelto. MUSEO PER LA MEMORIA DI USTICA (2 CASO STUDIO) L'installazione permanente di Christian Boltanski al Museo per la Memoria di Ustica a Bologna circonda i resti del DC9 abbattuto il 27 giugno 1980 mentre volava verso Palermo. Un anno dopo il ritorno a Bologna del relitto dell'aereo, esso viene presentato in un'ambientazione suggestiva ed evocativa, creata appositamente per la città dal noto artista francese. Le 81 vittime della tragedia sono commemorate attraverso 81 luci che, appese al soffitto del museo, si accendono e si spengono a ritmo di un respiro. Attorno al velivolo ricostruito, 81 specchi neri riflettono l'immagine dei visitatori che camminano lungo il ballatoio, mentre 81 altoparlanti, nascosti dietro ogni specchio, diffondono frasi sussurrate, pensieri semplici e universali, sottolineando l'imprevedibilità e l'inevitabilità della tragedia. Nove grandi casse nere, posizionate dall’artista intorno ai resti riassemblati del DC9, custodiscono decine di oggetti personali appartenuti alle vittime: scarpe, pinne, boccagli, occhiali e vestiti, che simboleggiano l'assenza dei corpi. Questi oggetti, invisibili agli occhi dei visitatori, sono presentati solo attraverso immagini organizzate da Boltanski nella "Lista degli oggetti personali appartenuti ai passeggeri del volo IH 870", una pubblicazione che coinvolge direttamente lo spettatore nella memoria dell'evento, rendendolo partecipe nella ricostruzione della verità. L'opera di Christian Boltanski esplora da sempre il concetto di tempo, il valore reliquiale della testimonianza e la sua esposizione attraverso installazioni rigorose e toccanti. Per Boltanski, la dimensione evocativa della memoria richiede interpretazioni molteplici e soggettive: ogni narrazione è abbandonata per lasciare spazio alla solitudine del pensiero individuale, richiamando all'azione e alla ridefinizione di una realtà che ci rende sempre protagonisti e complici. In questo contesto, la narrazione giornalistica di un evento di cronaca è ricostruita utilizzando l’aeromobile, i fatti e le esperienze personali, rappresentati attraverso oggetti e storie, creando così una messa in scena allestitiva. La metafora centrale alla base dell’esposizione è l’assenza. MUSEO DELL’INNOCENZA (3 CASO STUDIO) Il Museo dell'Innocenza è sia un romanzo di Orhan Pamuk che un museo ideato e realizzato dallo stesso autore. Fin dall'inizio del progetto negli anni '90, Pamuk ha sviluppato il romanzo e il museo in parallelo. Il romanzo, una storia d'amore, è ambientato tra il 1974 e i primi anni 2000 e racconta la vita a Istanbul dal 1950 al 2000 attraverso ricordi e flashback, concentrandosi su due famiglie, una benestante e l'altra di classe media inferiore. Il museo espone gli oggetti che i personaggi del romanzo usavano, indossavano, provavano, vedevano, collezionavano e sognavano, tutti accuratamente disposti in scatole e vetrine. Non è necessario aver letto il libro per apprezzare il museo, né è indispensabile aver visitato il museo per comprendere appieno il romanzo. Tuttavia, chi ha letto il romanzo coglierà meglio le numerose sfumature del museo, e chi ha visitato il museo troverà nuove profondità nel romanzo. Il libro è stato pubblicato nel 2008, mentre il museo ha aperto le sue porte nella primavera del 2012. Pamuk ha anche redatto un manifesto moderno per i musei. Il manifesto propone che i musei diventino più piccoli, più individualisti e più economici, con l'obiettivo di rappresentare non lo Stato, ma il mondo dei singoli esseri umani. Le risorse destinate ai grandi musei monumentali dovrebbero essere ridistribuite verso istituzioni più piccole, che raccontino le storie personali. Questi musei dovrebbero celebrare i quartieri, le strade, le case e i negozi, trasformando gli edifici monumentali in elementi delle loro esposizioni. In sintesi, Pamuk immagina un futuro in cui i musei si avvicinano sempre più alle persone, diventando parte delle loro vite quotidiane, con le case stesse che si trasformano in musei. In questo contesto, si assiste a una narrazione letteraria che prende vita attraverso personaggi, oggetti ed eventi, creando una rappresentazione scenica con oggetti simbolici. La metafora centrale è la Wunderkammer. 21_21 DESIGN SIGHT - MEASURING: THIS MUCH, THAT MUCH, HOW MUCH? (4 CASO STUDIO) La mostra ideata da Tatsuya Maemura e realizzata a Tokyo nel 2015 esplora il concetto delle unità di misura, evidenziando come l'umanità abbia creato strumenti concettuali per misurare, trasmettere informazioni e manipolare elementi naturali difficili da gestire direttamente, come oggetti tangibili, aria, acqua, luce e suono. Questi strumenti, definiti "unità", sono fondamentali nella nostra vita quotidiana, permettendo di quantificare lunghezze, pesi, tempi e altre dimensioni della realtà attraverso metri, grammi, secondi e altre misure. La mostra ha l'obiettivo di familiarizzare i visitatori con le diverse unità di misura utilizzate per quantificare vari fenomeni, invitandoli a riflettere sui processi e sulla progettazione che portano alla creazione degli oggetti che ci circondano. La mostra, inoltre, offre l'opportunità di esplorare le realtà socioculturali e le circostanze storiche che hanno dato origine a queste unità. L'esperienza espositiva inizia in modo coinvolgente, permettendo ai visitatori di interagire con un totem dotato di uno scanner 3D, che rileva la posizione delle mani e simula la dimensione relativa di oggetti tondi che passano sugli schermi. Questa introduzione ludica rende immediatamente accessibile il tema della mostra, preparandoli per la parte centrale dell'esposizione, che approfondisce i prodotti e le infografiche legate alle unità di misura. La mostra è altamente interattiva, con numerosi punti che invitano i visitatori a giocare con il concetto di tempo, sfidando altri utenti, o a misurare altezza e altre dimensioni di persone e oggetti. Gli espositori stessi, realizzati con elementi modulari come cassette di plastica, non solo presentano gli oggetti ma anche interagiscono con essi, creando una sinergia tra contenitore e contenuto. Un elemento particolarmente innovativo è la possibilità di "pesare le parole", un concetto che trasforma l'idea astratta del peso delle parole in un'esperienza tangibile. La mostra si configura così come una narrazione corale, dove diversi elementi si uniscono sotto il comune concetto di misura, permettendo ai visitatori di sperimentare e confrontarsi direttamente con le unità di misura sia in modo tangibile che intangibile. In sintesi, la mostra offre una riflessione complessa e coinvolgente sulla misurazione, un tema che, sebbene tecnico, è presentato in modo accessibile e interattivo, stimolando una riflessione profonda su come queste unità influenzano la nostra percezione e interazione con il mondo. La metafora del confronto emerge chiaramente, poiché i visitatori sono costantemente invitati a confrontarsi con le misure e con le altre persone, rendendo il concetto di misura non solo un processo tecnico, ma anche un'esperienza personale e culturale. DOLLAR STREET TRIENNALE DI MILANO | 2019 (5 CASO STUDIO) La mostra realizzata alla Triennale di Milano è uno degli esiti di una ricerca che l’artista ha condotto insieme a sociologi ed economisti. L’esposizione riprende l’idea di creare un appartamento costituito da arredi di cultura occidentale, tutti completamente laccati in grigio. L’obiettivo di questa mostra era visualizzare i risultati della ricerca. Ogni arredo è dotato di un pulsante che consente di avviare un loop di immagini accompagnate da dati relativi all’immagine visualizzata. In questo caso, ci si trova di fronte a una narrazione socioeconomica degli stili di vita, ricostruita dalla dimensione individuale a quella globale attraverso oggetti e dati economici. La metafora è il viaggio, mentre il modello espositivo è l’appartamento. Un altro strumento importante nella progettazione di uno spazio espositivo è il progetto dei percorsi, la collocazione delle opere/oggetti/materiali, i loro significati e le loro interrelazioni. Altre variabili importanti sono le caratteristiche dello spazio ospitante. Una volta messa a punto un’idea generale, bisogna stilare un elenco dei requisiti e delle qualità espositive/allestitive e, infine, definire la tipologia dell’esperienza. È essenziale immaginare l’approccio dell’utente all’elemento espositivo. Di fondamentale importanza, quindi, è il progetto della narrazione. L’allestimento non è altro che un racconto tridimensionale che deve essere concretizzato. Partitura allestitiva Un elemento cruciale nella progettazione di uno spazio espositivo è la partitura allestitiva. Questo strumento di analisi e progettazione rappresenta la sequenza lineare del percorso espositivo. Le informazioni sono organizzate in un diagramma composto da linee orizzontali parallele, ciascuna delle quali corrisponde a una variabile di progetto. L’idea è di visualizzare il percorso, accompagnando l’utente dall’inizio alla fine. Si legge da sinistra a destra ed è composto da diversi layer. Il primo riguarda i contenuti, il secondo la distribuzione spaziale, il terzo uno zoom sugli elementi espositivi, il quarto descrive le azioni e le interazioni meccaniche tra visitatore e sistema esposto, e il quinto la lunghezza parziale e totale della visita (il tempo impiegato). Gli aspetti percettivi possono essere oggetto di progetto (suono, colore, odore, visione, tatto). È possibile lavorare con i suoni, utilizzando suoni focalizzati o diffusi, suoni evocativi, narrativi o descrittivi. Si può intervenire anche sui colori, lavorando con colori localizzati, simbolici o indicativi. Anche l'aspetto dell'olfatto è di fondamentale importanza, così come quello visivo. Posso immergermi in uno spazio, consultare, leggere, ecc. Anche l’aspetto tattile, con l’uso di texture e finiture, è rilevante. Posso interagire con dispositivi che ricordano aspetti materici e non. È utile utilizzare un colorscript per verificare gli abbinamenti cromatici delle varie sale e un soundscript per analizzare il suono durante i vari momenti della mostra. Mostra That’s Opera – Atelier Brückner – Brussels 2008 Un esempio tipico è la mostra "That’s Opera" realizzata dall'Atelier Brückner a Bruxelles nel 2008, dove l’aspetto sonoro è stato sviluppato in sinergia con l’esposizione. La mostra era composta da diverse sezioni che mettevano in luce tutti gli elementi costitutivi di un’opera. Nella sezione "Voci e Costumi", si è scelto di unire suono e visione. La sezione dell’orchestra era organizzata con una serie di leggii che si attivavano grazie a sensori di prossimità. APPROCCIO METODOLOGICO Modelli allestitivi: L’atteggiamento progettuale con cui si interviene nello spazio per mettere in scena/allestire il tema scelto. Possono esserci diversi atteggiamenti progettuali nella realizzazione di uno spazio allestitivo: Dentro/Fuori: Adattare o accentuare il rapporto tra interno ed esterno; Rotazione: Mettere in evidenza l’importanza simbolica o funzionale di una forma o di uno spazio inserito in un contesto ‘altro’ Accentramento: creare una forma composta che integri e replichi, nella sua centralizzata geometria, elementi ripetuti e regolati Tensioni/direzioni: ordinare l’intervento tenendo conto delle caratteristiche dello spazio ospitante; Evidenziare: intervenire nello spazio attraverso tagli e giustapposizioni; Reticolo: far risaltare e articolare aspetti specifici attraverso la moltiplicazione regolare di elementi Rompere lo schema: giocare con forme geometriche composte e mettere in discussione assetti simmetrici Distanziare parassitare: lavorare sulle relazioni tra spazio contenitore e nuovo intervento Attraversare: individuare tensioni e direttrici È bene progettare secondo una griglia. Essa fornisce un ampio campo di variazioni per la verifica del sistema di controllo dell’organizzazione spaziale. MOSTRE ALL’INTERNO DELLA BASILICA PALLADIANA (6 CASO STUDIO) Negli ultimi vent'anni, diverse esposizioni si sono tenute all'interno della Basilica, ciascuna con stili e temi distinti, inseriti in un contesto ampio e solenne. Una delle prime fu quella di Mario Botta nel 1986, che attraversò longitudinalmente la biblioteca palladiana con un arco. Utilizzò tavoli in plexiglass per mostrare schizzi e una rete metallica per le diapositive. La metafora della mostra era l'accoglienza e l'abbraccio, rappresentati dalla forma ad arco. Sempre nel 1986, Renzo Piano realizzò il secondo progetto, caratterizzato da un taglio longitudinale e dalla creazione di una struttura trasversale. La metafora era quella della nave, ispirata dall'aspetto del tetto dell'edificio, simile alla chiglia di una nave rovesciata. L'esposizione era costituita da pannelli autoportanti alti circa 2,4 metri con una parete centrale longitudinale. Nel 1989, Gino Valle ideò il terzo progetto, costruendo una "scatola nella scatola" con un volume che scorreva e ruotava, organizzando i contenuti come in una pinacoteca. Il percorso espositivo, stretto all'inizio e più largo alla fine, creava un effetto prospettico. Dietro la parete principale si trovavano piccole sale con informazioni grafiche e video. Polesello, nel 1992, passò dalla scala architettonica a quella urbanistica, creando uno spazio urbano con pareti disposte come edifici paralleli, simili a un quartiere "Siedlungen". Lo spazio era diviso in due sezioni longitudinali: la prima con dieci pause brevi e regolari, la seconda con un quadrato e alcuni triangoli a rappresentare spazi pubblici. Nel 1995, Tadao Ando concepì una città metafisica, composta da quattro torri e due scalinate. Nonostante la struttura massiccia, rispettava il contesto della Basilica. Le torri ospitavano progetti di chiese, musei e altro, mentre all'esterno vi era una narrazione più generale. Gabetti & Isola, nel 1996, realizzarono un intervento puntuale, creando una rigida rete che evocava una foresta artificiale con un corridoio centrale. I contenuti dell'esposizione erano disposti su pannelli di legno grezzo recuperato dai cantieri. Frank Gehry progettò nel 1997 quattro volumi irregolari, creando una sorta di pelle reticolare agganciata alle pareti della Basilica. Tuttavia, il progetto non venne mai realizzato per ragioni economiche. La metafora era quella del parassita. Nello stesso anno, Sverre Fehn non intervenne direttamente sulla Basilica, ma creò un unico elemento, simile a un foglio piegato, aggiungendo tavoli. La metafora era il foglio bianco, con una parete bianca che tagliava lo spazio in diagonale, come un foglio ripiegato, su cui erano presentati schizzi e riflessioni sul rapporto tra architettura, ambiente e persone. Nel 1998, Oswald Mathias Ungers costruì una griglia regolare con 162 pezzi quadrati, di cui 152 pieni e 10 vuoti. I visitatori potevano camminare senza seguire un percorso prestabilito, e i progetti erano disposti secondo semplici associazioni tra loro. La metafora era quella delle connessioni libere. Nel 2000, Álvaro Siza lasciò la Basilica libera, con la metafora dello studio di un architetto. Progettò arredi con tavoli e sedie, creando uno spazio simile a un atelier. Nel 2001, Toyo Ito si distaccò dalla Basilica, utilizzando colonne tessili luminose con proiezioni e suoni, senza luce naturale. L'esibizione esprimeva la poetica di Ito e la sua visione dell'architettura, centrata sull'esperienza sensoriale. Nel 2002, Steven Holl realizzò divisioni trasversali in rete metallica, con la metafora "abitare l’architettura". Alberto Campo Baeza, nel 2004, rese la luce protagonista, utilizzando giochi di luce con poster giganti, disegni e testi. I proiettori ricreavano artificialmente spettacoli di luce in loop, con la metafora del "trompe-l’oeil". Infine, nel 2006, SANAA creò una "white box", uno spazio neutro, lucente, bianco traslucido, con piccoli volumi geometrici. I visitatori potevano muoversi liberamente. La metafora era il museo. MOSTRE ALL’INTERNO DELLA CHIESA DI SAN SILVESTRO Byrne, nel 2008, mantenne l’impostazione delle navate, ma allargò gli spazi per dare maggiore importanza ai modelli rispetto alle spiegazioni. Creò un pavimento flottante e utilizzò colori scuri. Mansilla e Tuñón, nel 2009, realizzarono un allestimento simile a una mostra nomade, ponendo gli oggetti in scatole secondo la concezione di poter spostare tutti gli elementi in un tempo relativamente breve. Pier Paride Vidari 24 Giugno Il teorema di J. afferma che una curva piana semplice e chiusa divide il piano in due regioni: una interna (dentro) e una "esterna" (fuori). Questo concetto può essere utilizzato per spiegare una moltitudine di questioni sia storiche che contemporanee. Tutto è collegabile a un luogo specifico e riconoscibile. Il rapporto tra esterno e interno, quindi, è caratteristico di diversi fenomeni. Partendo dall’esterno possono presentarsi diversi approcci: Dentro e fuori Il rapporto tra dentro e fuori è esemplificato nella città di Babele, dove la costruzione del recinto tra dentro e fuori è riconducibile alla curva di Jordan. Il palazzo del re si trovava in prossimità delle mura per questioni di sicurezza (riferimento al pallino della curva di Jordan). Anche in Italia troviamo città costruite secondo il concetto di dentro e fuori, come ad esempio le mura della città di Gradara o quelle di Pizzighettone. La soglia Tra dentro e fuori esiste una condizione di passaggio: un limite, una soglia. I limiti, per esempio in tutti i rami dell'analisi matematica, sono usati per definire la continuità, la derivazione e l'integrazione. Descrivono l'andamento di una funzione all’avvicinarsi del suo argomento a un dato valore. Un esempio di trattamento della soglia è quello di Andrea Bruno, che ha recuperato le memorie storiche del circo romano di Tarragona riutilizzando le mura e la torre medievale, cioè la Porta del Tempo. La passerella invita chi proviene dal viale urbano ottocentesco a passare attraverso un'apertura intagliata diagonalmente nelle mura medievali, raggiungendo così il circo romano. Quando si progetta un allestimento, la soglia diventa un elemento di fondamentale importanza. Prima di entrare nell'area proposta dal progetto per una mostra o un museo, è importante evidenziare uno spazio preparatorio, una comunicazione. Ad esempio, l'ingresso della mostra di Cézanne allestita dopo il restauro del Palazzo Strozzi di Firenze. In questo caso sono state applicate delle grafiche sulla facciata. La soglia può avere valore multiplo, come nell'esempio del 1986 a Venezia per l’esposizione al Museo Correr su Le Corbusier, progettata da Castiglioni, Marras e Vidari. In questo caso, poiché l'ingresso si affacciava su Piazza San Marco, un luogo altamente affollato e di passaggio, all'esterno è stata posizionata un'insegna con scritto "Le Corbusier", e all'interno del passaggio che conduceva alle sale della mostra, un elemento sospeso rosso aveva la funzione di indirizzare gli utenti verso la mostra. Altro esempio è quello realizzato nel 2023 all'esterno di un palazzo in Corso Venezia 48, dove è stato posto un elemento dinamico che sembrava in movimento per autodenunciare il contenuto della mostra all’interno. Nella città Altro esempio è l’Altes Museum a Berlino, realizzato tra il 1823 e il 1830 su progetto di Schinkel. Si tratta di un parallelepipedo regolare preceduto da un portico monumentale sorretto da 18 colonne ioniche, lungo 87 metri e con una scalinata di 23 metri di ampiezza. In questo caso, la soglia/ingresso è trionfale e monumentale. Presenza urbana Sempre a Berlino troviamo la Neue Nationalgalerie di Mies van der Rohe. In questo caso, la copertura poggia su soli otto pilastri in acciaio. È l'ultima realizzazione di Mies in Germania, senza tempo e rapportabile ai templi greci. Lo spazio espositivo quadrato di circa 65 metri di lato è nel sottosuolo, mentre il piano terra è destinato a mostre temporanee e vendite. Il soffitto è costituito da una grande griglia di metallo scuro, su cui sono spesso installati schermi LCD. La struttura si erge su una gradonata conferendole un aspetto trionfale. La soglia si manifesta in vari modi, come nel caso dell’Altes Museum di Berlino, con gradini e colonnato, o con una corta che prelude all’ingresso vero e proprio, come nel Deutsches Museum di Monaco. Oppure, la soglia può impregnare la città, come nel Guggenheim di Bilbao. La presenza del museo può manifestarsi a livello urbano, come nel Musée d'Orsay (1986), visibile dalla Senna. Precedentemente una stazione ferroviaria, all’ingresso troviamo totem con le informazioni più immediate, già disponibili in varie lingue, nel piazzale d’ingresso. Questo comunica la presenza del museo e fornisce agli utenti informazioni preziose. Le informazioni sono posizionate all’ingresso delle strutture, fruibili come luogo d’incontro per gli utenti. L’esposizione, in questo modo, inizia già dall’esterno. L’ingresso della vecchia stazione diventa l’ingresso del museo, e sono predisposti anche sistemi espositivi nella piazza antistante l’ingresso per comunicare le mostre ospitate e gli avvenimenti speciali. Percorso esterno urbano Museo a cielo aperto d’architettura moderna (MAAM) a Ivrea, esposizione esterna dove le persone possono entrare in contatto con le opere. Comunicazione La struttura piramidale esterna del Louvre in vetro comunica la presenza del museo. L'industria vetraria fornitrice ha risolto i problemi causati dal sole utilizzando un vetro float, prodotto in forni elettrici, con grafite e molibdeno nella composizione vetrosa. L'enorme atrio sottostante la piramide consente allestimenti adatti all’informazione dedicata ai visitatori, oggi completamente automatizzata. Ingresso Altro esempio è a Rovereto, il Museo d'Arte Moderna e Contemporanea MART, inaugurato nel 2002 e progettato dagli architetti Mario Botta e Giulio Andreolli. È un importante centro museale del Trentino. La sede principale si trova in Corso Bettini 43, dove si espongono principalmente opere d'arte moderna e contemporanea. La piazza d'ingresso ospita frequentemente allestimenti temporanei ed è coperta da una cupola in vetro che definisce lo spazio. Altro esempio è il Musée Picasso nel quartiere del Marais, il cui nome è presentato come una bandiera, con la firma del pittore in nero su fondo rosso. Anche Kenzo Tange, nel progetto del Musée des Arts Asiatiques, prevede lungo i confini del museo delle insegne con il logotipo e delle indicazioni. Molto caratteristico è anche il recinto che delimita il dentro e il fuori. Museo Situato tra le abbondanti bellezze naturali delle montagne di Shigaraki, il Museo Miho è stato progettato dall'architetto cino-americano I.M. Pei, noto soprattutto per aver progettato la piramide di vetro del Museo del Louvre di Parigi. Pei ha ideato un approccio suggestivo e sereno al museo, ispirato all'utopia eterea descritta nel Taohua Yuan Ji (La primavera dei fiori di pesco), un'antica opera scritta dal poeta cinese Tao Yuanming. I visitatori vengono condotti lungo una passerella avvolta da ciliegi piangenti, attraversano un tunnel e percorrono un ponte sospeso prima di arrivare al museo. Dopo aver attraversato il tunnel ad arco, la prima vista del museo si ha dal tetto a capanna dell'ingresso, situato all'estremità di un ponte che attraversa una valle. Circa l'80% del Museo Miho è stato realizzato nel sottosuolo per preservare l'ambiente naturale, quindi gran parte della struttura è sepolta nel fianco della montagna, fuori dalla vista. Entrando attraverso l'ingresso sobrio, i visitatori si trovano racchiusi da dolci pareti di calcare color miele, mentre la luce penetra da un tetto di vetro in mezzo a un panorama di montagne che si stagliano gradualmente in lontananza. L'intero tetto è costituito da cornici spaziali formate da combinazioni geometriche di triangoli, una forma scelta per la sua semplicità. L'ampio spazio formato dal tetto crea una straordinaria bellezza strutturale. Uscendo dall'area espositiva, dopo essersi immersi nelle opere d'arte orientali e occidentali, i visitatori hanno la sensazione di entrare nel mondo della natura grazie all'abbondante scenario naturale e alla luce naturale sempre presente. Ci auguriamo che i visitatori possano godere di questo spazio introspettivo e sperimentare la bellezza in varie forme. Come ha dichiarato Pei, "credo che si possa notare un tentativo molto consapevole da parte mia di rendere la silhouette dell'edificio confortevole nel paesaggio naturale". Entrare Il progetto di P.P. Vidari, intitolato Mostra Dialogo nel Buio, mira a ridurre i pregiudizi sociali tra il mondo dei non vedenti e quello dei normovedenti attraverso un allestimento che propone diversi ambienti completamente immersi nel buio, stimolando così tutti gli altri sensi. Dallo spazio esterno e di confine si arriva all’interno. La trattazione degli spazi può avvenire in modi diversi a seconda della realtà in cui andiamo ad allestire il progetto. Esistono quindi vari approcci: Spazio adattato Un esempio di spazio adattato è il Musée d’Orsay. Inizialmente una stazione, è stato trasformato in museo attraverso un progetto di Gae Aulenti e un progetto illuminotecnico di Piero Castiglioni. Come parte della riprogettazione, è stata creata una grande navata centrale in uno spazio cavernoso che un tempo ospitava binari del treno, sotto un drammatico soffitto a volta in vetro. Le travi di sostegno originali sono state evidenziate e sono stati utilizzati nuovi materiali industriali, come la rete metallica. Le pareti sono state rifatte in pietra grezza. È stata prestata particolare attenzione alla schermatura della luce che entrava dalle finestre. Spazio ricostruito La Villa Garin de Cocconato, nota anche come Villa Arenes, è situata su una collina che fu probabilmente l’acropoli della città greca. Fu in seguito l’area delle terme romane e, successivamente, il sito della casa eretta da Goubernatis. Nel 1823 fu acquistata da Cocconato e nel 1963 divenne museo. Matisse visse e lavorò nella villa, che faceva parte di un complesso comprendente i giardini. Successivamente si decise di trasformarla in museo, pensando a tutto in ricordo dell’artista, dalle finiture e pavimenti agli arredi. Fu anche ricostruita la cappella di Saint Marie du Rosaire, progettata ed eseguita dal pittore a Vence. Spazio evocativo A Nizza, nel Musée des Arts Asiatiques progettato dall’architetto Kenzo Tange, la forma evoca il fiore di loto che galleggia nell’acqua. A Berlino, Daniel Libeskind allestisce il Museo Ebraico, creando uno spazio drammaticamente deformato che raccoglie duemila anni di storia e cultura ebraica in Germania. A Ivrea, Vidari realizza il Museo d’Architettura Moderna (MAAM), che si sviluppa lungo un percorso di circa due chilometri dove sorgono gli edifici più rappresentativi della cultura olivettiana, progettati dai più importanti architetti italiani tra gli anni ’30 e ’60. Lungo il percorso si trovano sette stazioni tematiche. Nel museo Fondazione Luigi Rovati a Milano, Mario Cucinella è stato incaricato del recupero architettonico del palazzo, dell’ampliamento e dell’annessione di ulteriori aree da destinare a funzione museale. Lo spazio espositivo ipogeo è composto da tre sale circolari e una grande sala ellittica. Spazio simbolico Aldo Rossi nel 1995 ricostruì, in una vecchia zona industriale, il Museo Bonnefanten. Molto caratteristica fu la grande scala d’accesso alle sale dell’esposizione. Nel 1985, il Giappone “inventò” un'Expo internazionale per proporsi come leader della tecnologia mondiale e, contemporaneamente, imitare il successo della Silicon Valley degli USA. Il luogo scelto fu Tsukuba. Nel padiglione italiano, tra gli altri, ci fu un progetto di Achille Castiglioni e grafica di Pier Luigi Cerri, portato a compimento da Pier Paride Vidari. Castiglioni si ispirò allo “Studiolo del Santo” di Antonello da Messina come simbolo del lavoro. Il modello di studio, con il quale Castiglioni “rifaceva” lo studiolo di San Girolamo, prevedeva un PC al posto dei libri presenti nell'originale, simbolo della possibilità di accedere al sapere con estrema facilità grazie alla rete. Gli ambienti erano due: oltre alla zona del lavoro (lo studiolo evocato), un altro ambiente rappresentava la complessità del resto del mondo, simbolicamente proposto come un cubo fatto di una rete complessa (la “gabbia delle connessioni”). La traiettoria del raggio laser che simbolicamente connetteva le due stanze rappresentava il lavoro con il mondo. Il tutto veniva riflesso da uno specchio posto a soffitto. Spazio contaminato Negli spazi dedicati al Fuori Salone 2023 a Milano, anche la zona di San Marco/Brera fu utilizzata per proporre allestimenti, contrapponendosi a monumenti di grande importanza come la chiesa di San Marco. Spazio deformato Il primo museo che affrontò la deformazione dello spazio in senso anti-classico fu il Museo Guggenheim. Qui è stata creata una passerella elicoidale sulle cui pareti erano affisse le collezioni di quadri. Nel Museo Archeologico di Bolzano, lo spazio si deforma in relazione al racconto e al percorso. L’effetto è dovuto alla vetrina adottata per proteggere la mummia risalente tra il 3300 e il 3100 a.C. Nelle vetrine climatizzate vengono esposti anche gli accessori. Il passaggio obbligato dei visitatori, con il rispetto verso la mummia, produce un effetto quasi religioso. A Lucerna troviamo il Bourbaki Panorama, un dipinto lungo 112 metri e alto 10 metri, uno degli ultimi dipinti circolari del XIX secolo. A Montreal, nel Musée d'Archéologie et d'Histoire, ci troviamo di fronte a un tempo contemporaneamente presente e passato, vero e falso. È stata realizzata una passerella sopraelevata per ammirare il plastico della città e l’esposizione di pietre. Altri esempi di spazi deformati includono il Guggenheim di Bilbao di Gehry, quello di Minneapolis e il museo d’arte contemporanea Kiasma di Steven Holl. A Milano, nel 2002, l’architetto Vidari, con Marras e Vidari, realizzò la mostra Dialogo nel Buio (dall’idea del dottor A. Heinecke di Amburgo). Un allestimento che propone comportamenti “diversi” in vari ambienti, basato sul buio totale e sull’attivazione di tutti gli altri sensi. Gruppi di otto-dieci persone, accompagnati da una guida, seguono un percorso articolato in diverse sezioni o situazioni. Le più ricorrenti sono uno o più spazi di natura, un brano di città, interni di vario tipo e, infine, un bar. Partendo da una grotta, si attraversa a piedi un canneto vicino al mare e si visita il capanno della guida. Da qui, dopo un breve tragitto in una barca a motore, si raggiunge un piccolo borgo di marinai e, infine, la visita si chiude al bar, chiacchierando con la guida e altri avventori. Ogni visitatore “normale” viene calato per una o due ore nella vita e nella condizione di un cieco e, in questa breve esperienza - quasi una vacanza - viene assistito da chi è cieco davvero e sempre. L’abile e il disabile, secondo la definizione di chi ha configurato i canoni della normalità, per una volta si scambiano i ruoli. Spazio urbano deformato Graz, Peter Cook realizza una struttura “aliena” che si integra nello spazio. È a tutti gli effetti un esempio di architettura POP. Grazie all’uso sapiente dell’illuminazione, di notte sembra una navicella spaziale. Raffaella Trocchianesi 25 Giugno POLTRONA FRAU MUSEUM (7 CASO STUDIO) L'installazione, situata in uno spazio a forma di L di 70x14 metri, presenta un percorso espositivo articolato in diverse aree tematiche. L'ambiente, sobrio e lineare, è dominato dal bianco con un soffitto ribassato. I visitatori iniziano il loro percorso con l'esposizione dell'intelligenza delle mani e proseguono attraverso la chiostrina, una zona con la poltrona Vanity Fair di Poltrona Frau, collocata in una scatola ribassata con ghiaia e illuminazione indiretta. Successivamente, il percorso include una serie di nove totem che non espongono prodotti, ma illustrano il processo produttivo mediante schermi e una parete materica come sfondo. Questi totem presentano anche la poltrona Vanity Fair e sono affiancati da una controparete in legno con monitor che proiettano le fasi di lavorazione. Le strutture a torre, rivestite di tessuti e alte tra i 4 e gli 8 metri, sono disposte in modo irregolare per motivi estetici. Le torri storiche raccontano la storia produttiva dell'azienda nel tempo, mentre le torri iconiche espongono oggetti celebri come la Sanluca, la Dezza e la Vanity Fair, con monitor che illustrano ogni decennio e sezioni descrittive sui dettagli dei prodotti. Nell'area Contract, una sala con nicchie presenta un'architettura e un prodotto contract su una pedana girevole, accompagnati da un suono ambientale legato all'architettura. Il percorso torna poi verso i totem per esporre altre icone come L’Oeuvre e L’Intervista. Infine, l'area Motion e Lounge, organizzata simile all'area Contract, presenta una Ferrari al centro e spazi per esplorare materiali, colori, texture e grafici. L'area Lounge è dedicata sia al ristoro che all'approfondimento dei materiali esposti, con tavoli, sedie e altri arredi. NESTLE’ CENTER ‘THE NEST’ (8 CASO STUDIO) Durante uno spettacolare viaggio multimediale, i visitatori vengono informati sui 150 anni di storia dell'azienda e sui prodotti, come il cioccolato Cailler, il condimento Maggi e la maionese Thomy - un viaggio che inizia dall'inizio e porta al futuro. La mostra affronta anche altri temi, ad esempio la gestione delle risorse o il rapporto tra acqua e produzione. Barrisol ha realizzato 3000 mq di forme organiche uniche basate sul design di architetti Concept Consult Svizzera. Il nuovo Barrisol® Reverso® di riferimento è stato utilizzato per offrire il miglior risultato ottico 3D tecnico. La perfezione della finitura permette meravigliose scene di proiezione di colori basate sulla scenografia di Tinker.. FORMA. LA CITTA’ MODERNA E IL SUO PASSATO (9 CASO STUDIO) La mostra, allestita nel secondo ordine dell'Anfiteatro Flavio, ha come tema la storia, l'archeologia e le trasformazioni urbanistiche dell'area archeologica del centro di Roma. Le sezioni tematiche della mostra sono sei: “L’area archeologica centrale e la riscoperta dell’antichità classica (XVI-XVII secolo)”, “Roma dall’età dei papi al breve periodo napoleonico (1700-1814)”, “Dalla fine dell’occupazione francese a Roma capitale (1814-1870)”, “Roma capitale d’Italia (1870-1922)”, “Roma antica nell’ottica della retorica fascista (1922-1943)”, e “Roma moderna, dal Secondo Dopoguerra a oggi”. La mostra ripercorre la lunga storia dell’area, dai primi scavi di antichità condotti da Alessandro Farnese sul Palatino nel Rinascimento fino ai contemporanei progetti di recupero e valorizzazione. Il percorso espositivo, progettato da Doriana O. Mandrilli, è arricchito da una selezione di sculture inedite provenienti dall'area e da un grande nastro ondulato alto 3 metri, che si avvolge attorno ai fornici del Colosseo, su cui sono proiettate immagini e documenti storici e archeologici. L’ultima sezione della mostra è dedicata alla proposta progettuale di Massimiliano Fuksas per la ristrutturazione di tutta l’area centrale dei Fori Imperiali, da piazza Venezia fino al Colosseo. L’assetto di quest’area è uno dei problemi più importanti di Roma, che riguarda non solo la città antica ma anche lo sviluppo di quella moderna, con il suo carattere, la sua forma e il modo in cui essa può essere usata dai suoi abitanti. Il nuovo progetto propone di restituire all'uso contemporaneo gli spazi già destinati in antico a piazze urbane, come i Fori di Roma, riattivando percorsi naturali e storici tuttora funzionanti, come quello della via Sacra. Strutturato in forma di nastro su una lunghezza di 300 metri e sorretto da archi interni, il soffitto teso Barrisol ha trovato la sua naturale collocazione per valorizzare questo luogo storico. I teli sono stati utilizzati come supporto murale per la proiezione di immagini, testi e video. In un universo blu notte, questa passeggiata dal 1500 a oggi ci immerge nella storia del nostro pianeta. Baldomero Pestana, la verdad entre las manos L'esposizione «Baldomero Pestana. La verità tra le mani» recupera la opera di uno dei grandi punti di riferimento della fotografia ispanoamericana del XX secolo. L'ampia retrospettiva di Baldomero Pestana, nato e scomparso nella provincia galiziana di Lugo (Castroverde, 1917 – Bascuas, 2015), invita a percorrere i luoghi in cui abitò durante la sua vita avventurosa (Buenos Aires durante l'infanzia, Lima, dove visse tra il 1957 e il 1967 e Parigi durante la penultima tappa) prima di tornare alla sua Galizia nel 2008. MUSEO DEL DUOMO DI MILANO (10 CASO STUDIO) Nelle vicinanze del Duomo di Milano è stato allestito un museo dedicato alla storia del monumento. La mostra si concentra sull'accurata presentazione e sull'ampia varietà delle opere della collezione del Duomo, evidenziando la loro organizzazione armoniosa. Sono esposti modelli in legno, pietra e vetrate, che devono integrarsi perfettamente nell'ambiente espositivo. Un aspetto chiave della mostra è il simbolismo associato alla costruzione del Duomo e alla collezione, come il tetto percorribile che simboleggia la connessione con il cielo. Dal punto di vista tecnico, l'esposizione affronta la sfida del peso degli elementi esposti, con strutture metalliche progettate per sostenerli. Il progetto, realizzato dallo studio Canali e ispirato da Carlo Scarpa, presenta un allestimento neutro e luminoso che contrasta con la grandiosità delle opere. Sono stati utilizzati anelli in legno con supporti metallici su una base rialzata per creare un effetto di leggerezza, accentuato dall'illuminazione. La disposizione degli oggetti è studiata per stabilire un percorso espositivo attraverso divisori che collegano le statue e richiamano le navate del Duomo, creando un effetto di passeggiata e spezzando la linearità verticale e orizzontale. I pannelli sono rivestiti in marmo di Candoglia per aggiungere eleganza all'ambiente. Per le opere in oro e bronzo, che richiedono un'illuminazione speciale, sono state progettate teche in vetro che garantiscono anche sicurezza. La disposizione degli elementi segue un principio di giustapposizione e include teche con un binario verticale per i passaggi stretti. Per le vetrate, è stata creata una stanza ovale con una struttura che permette una disposizione ottimale delle opere. Durante i lavori, le opere sono state posizionate a grandezza naturale per testare l'esposizione. Il progetto include anche un'attenta progettazione dei portali che guidano i visitatori verso l'uscita, contribuendo a un'esperienza coerente e ben organizzata. ESPOSITORI E VETRINE L’azienda Goppion è una delle aziende leader nella realizzazione di vetrine. Troviamo diversi esempi di vetrine allestitive, ne è un esempio la vetrina per l’esposizione della Gioconda, composta da un parallelepipedo su cui è poggiato un supporto inscatolato da un volume vetrato. O ad esempio una vetrina fruibile a 360° o anche una vetrina bifacciale. Talvolta troviamo anche vetrine stanze disposte sui 3 o 4 lati dello spazio. Troviamo soluzioni di vetrine composte da più volumi che vanno a far si che si crei una correlazione con lo spazio circostante. Altre soluzioni particolari sono quelle di addossarsi alle pareti creando delle notevoli trasparenze. Possono presentarsi anche espositori scorrevoli. LA PROSSEMICA MUSEALE, ALBINI, FEHN, VENEZIA Albini affermava: "A ogni quadro deve essere assegnato un proprio volume d’aria, quasi una zona d’influenza del suo spazio pittorico". È importante creare una prossemica tra l’utente e il modello esposto. Palazzo Bianco Genova 194 Albini crea un sistema dal carattere brutalista, utilizzando un supporto in ferro costituito da due mensole asimmetriche leggermente rastremate, innestate su un telescopio collegato a un motore elettrico. Questo sistema permette di alzare, abbassare e ruotare la scultura, consentendo di osservarla da ogni lato. Palazzo Rosso Genova 1951-62 Albini progetta elementi metallici squadrati e distanzia l’opera pittorica dal muro. Crea un braccio orizzontale che sostiene l’opera e ne permette il movimento. In questo caso, si ha sia la prosecuzione delle esperienze di Palazzo Bianco, sia la sperimentazione di nuovi temi. Venezia, Palazzo Grassi, etruschi a venezia Albini progetta una vetrina che custodisce i pezzi di una biga, con una base lignea sopraelevata e una vetrina obliqua, suggerendo così il movimento all’utente attraverso la forma. Per esporre il trono, crea una soluzione particolare con una base irregolare che suggerisce l’inchino. ALLESTIMENTI PIERLUIGI CERRI (11 CASO STUDIO) Cerri esplora il concetto di sistema attraverso l'uso della griglia e degli abachi, creando allestimenti che integrano estetica e funzionalità. Ecritures, Parigi 1976: L'approccio di Cerri emerge con una forte impostazione scenografica senza perdere la visione del progettista. Nella mostra di Arnaldo Pomodoro, Cerri utilizza una pedana in doghe di abete che copre gran parte della sala, fungendo da delimitazione e pavimentazione, creando un effetto di palcoscenico. Venezia 79, La Fotografia, 1979: Qui Cerri gioca con la profondità spaziale, creando continuità attraverso un piano obliquo su cui sono disposte le fotografie. L'uso di tiranti per alleggerire il piano inclinato e la contrapposizione tra elementi verticali e obliqui aggiunge dinamismo all'allestimento. Mobel Haus Italien, Stoccarda 1983: Questo progetto è più complesso, suddiviso in vari spazi interconnessi da un soffitto reticolare esistente. Cerri introduce un sistema modulare con elementi mobili e un controsoffitto reticolare che supporta sia l'illuminazione che quinte verticali, creando un ambiente flessibile e adattabile. Design Furniture From Italy, Tokyo 1984: Cerri collabora con l'artista giapponese Isamu Noguchi, creando un contrasto tra la monumentalità delle opere di Noguchi e la leggerezza delle scatole espositive, realizzate con materiali traslucidi e strutture in legno e metallo. Le scatole contengono un sistema di illuminazione integrato, enfatizzando l'aspetto scenografico. Installazione B&B, Milano 1988: In questa installazione, Cerri presenta prodotti su pedane inclinate in abete, con l'obiettivo di offrire un nuovo punto di vista sugli oggetti esposti. L'ambiente è arricchito da pareti rivestite con specchio piuma, un materiale leggero e trasparente, che crea particolari giochi di riflessi. Lo sguardo inquieto, Milano 1988: Una mostra fotografica che Cerri trasforma in una sorta di padiglione-tenda, con leggii e monitor disposti lungo lo spazio espositivo. Un binario elettrificato con proiettori rafforza la verticalità e la visibilità delle fotografie, mentre i leggii in legno e vetro extrachiaro sono appositamente modificati per l'occasione. L’idea Ferrari, Firenze 1990: Qui, Cerri adotta un approccio fuori scala, esponendo automobili in cubi di grandi dimensioni. Le strutture sono realizzate con materiali pregiati come marmo, corten e legno di pero, creando un ambiente sofisticato e tecnologicamente avanzato, dove le auto sembrano modelli incastonati. Ethnos, Gioielli da terre lontane, Milano 1997: Dedicata ai gioielli, questa mostra presenta un ambiente magico fatto di luci e trasparenze, creato da pannelli Drop-paper e un soffitto di fibre ottiche. Cerri utilizza vetrine quadrate con illuminazione integrata per esporre i gioielli, con piccoli volumi e piani inclinati per diverse configurazioni. Medardo Rosso, Torino 2004: In questa mostra, Cerri utilizza pedane in legno di faggio per creare isole espositive. Le isole sono collegate da moquette nera e le pedane sono raccordate al pavimento con profili in legno massello, creando un'esperienza espositiva organizzata attorno a contrasti e affinità tematiche. Frank O. Gehry, Milano 2010: Cerri adatta il linguaggio di Gehry utilizzando fogli di cartone alveolare come elemento espositivo, creando un progetto che riflette l'approccio innovativo del celebre architetto. Raffaella Trocchianesi 26 Giugno Come possiamo creare spazi a realtà aumentata attraverso le tecnologie digitali? Attraverso: Spazi fisici potenziati da sensori Connessione tra spazi fisici e digitali Artefatti intelligenti Spazi fisici potenziati da sensori L'intero spazio è ricettivo e si modifica in base ai comportamenti dei visitatori. Il museo è concepito sia come uno spazio sensibile che cambia in base ai movimenti e ai gesti, sia come uno spazio immersivo dove la tecnologia può essere nascosta o esplicita. Un esempio è stato la Uffizi Virtual Experience presso la Fabbrica del Vapore, dove è stato ‘spostato’ un museo e, tramite pannelli LED, le persone potevano immergersi in un'esperienza che ricreava l’ambientazione degli Uffizi in un luogo diverso Connessione tra spazi fisici e digitali Peter Greenaway ha realizzato una copia dell’Ultima Cena, una reinterpretazione fotografica del famoso dipinto di Leonardo animato da una luce che rivela i rapporti e il significato dell’opera. Inoltre, lo Stedelijk Museum è stato il primo museo al mondo a sviluppare un tour audio. La nuova app Stedelijk ARtours è composta da storie, video, foto e realtà aumentata sulla famosa collezione di design dello Stedelijk. Seguendo le visite, il museo si riempie di storie e immagini che circondano questa illustre collezione: dalla storia della collezione e dei primi acquisti di Willem Sandberg alle mostre di design più controverse e ai vari stili grafici del passato del museo. Artefatto intelligente La tecnologia digitale è riconoscibile nei singoli dispositivi e negli artefatti interattivi sparsi per il museo. Come possiamo interagire con questi dispositivi? Interazione mediata: i visitatori interagiscono con dispositivi riconoscibili come strumenti digitali (tavoli interattivi, touch screen, ecc.). Esempio: Gallery One - Collections Walls, Cleveland. Interazione incarnata: i visitatori interagiscono con i contenuti digitali usando i gesti. Esempio: Sculpture Lens, Gallery One, Interactive Pen, Cooper Hewitt Museum. Interazione incorporata: i visitatori interagiscono con i contenuti digitali manipolando oggetti dotati di sensori incorporati. La tecnologia deve essere intuitiva e semplice, fare attenzione alle diverse motivazioni dei visitatori, offrire diverse alternative e coinvolgere i visitatori a più livelli: fisico, cognitivo ed emotivo. ARCHEOLOGIA INVISIBILE MUSEO EGIZIO (12 CASO STUDIO) La mostra del Museo Egizio di Torino è progettata per presentare la ricerca scientifica in archeologia in modo didascalico e accessibile a un ampio pubblico. L'allestimento si apre con uno spazio caratterizzato da una grande scala e da oggetti esposti in nicchie illuminate, la cui funzione è prevalentemente strumentale. Proseguendo, il visitatore entra in un'esperienza immersiva che esplora il mondo dell'archeologia attraverso vari temi scientifici. L'esposizione è organizzata in stanze tematiche che trattano argomenti come colori, pigmenti, radiografie, tomografie e sbendaggi virtuali. Ogni tema è presentato attraverso nicchie colorate e monitor che offrono ricostruzioni 3D, permettendo una comprensione visiva e interattiva. Una sezione speciale è dedicata ai papiri e ai tessuti, dove i visitatori possono toccare e osservare da vicino gli oggetti, esposti sia in nicchie vetrate che interattive. L'ultima sala è dedicata ai sarcofagi e presenta un videomapping avanzato, con proiezioni laterali e centrali che illuminano e spiegano i problemi archeologici associati ai sarcofagi. Questo spazio conclude l'esperienza con una narrazione tematica, combinando elementi analogici e digitali per rappresentare la ricerca archeologica e il museo come strumento di scoperta ROBOT THE HUMAN PROJECT, MUDEC (13 CASO STUDIO) La mostra, progettata da FM Studio e Camera Nebbia, esplora il tema della robotica in modo chiaro e coinvolgente. L'entrata è caratterizzata da monitor che mostrano testimonianze di persone di diversi settori riguardo il loro rapporto con l'automazione. La mostra è concepita per iniziare e concludere con contenuti centrati sulle esperienze personali, richiedendo ai visitatori di rispondere a domande durante il percorso e confrontare le loro risposte con quelle degli altri partecipanti. All'inizio, il focus è sugli automi storici, con oggetti che rappresentano le varie epoche. L'allestimento usa colori predominanti bianco e grigio, con accenti rossi per evidenziare i collegamenti interdisciplinari della robotica, come nella scienza e nella cinematografia. Successivamente, la mostra si sposta sulla robotica moderna, che include non solo automi umanoidi, ma anche robot da calcolo e dispositivi assistivi. Una sezione particolare è dedicata alla bionica, con espositori interattivi che facilitano l'interazione del pubblico. Un'altra sezione interessante esplora il ruolo dei robot nell'arte. L'esposizione utilizza schemi e diagrammi per visualizzare le informazioni. Verso la fine, un robot interroga i visitatori sui temi trattati, e una sezione finale mostra come la robotica influisce sulla società e sull'ambiente attraverso video. L'esperienza si conclude con una grande parete che proietta una mappa che visualizza le percentuali delle risposte date dai visitatori, offrendo un riepilogo interattivo dell'esperienza. MUSEO LAVAZZA, CINO ZUCCHI (14 CASO STUDIO) Allestimento gestito da Neo. All’ingresso, il museo offre una portata narrativa molto ricca: non si tratta solo di esporre oggetti o raccontare una storia, ma di esplorare un uso e un costume radicati nella società, come il caffè. All'ingresso, i visitatori ricevono uno smart object, una tazzina, che consente di sbloccare contenuti interattivi posizionandola sui piattini segnati all'interno del museo. Il museo è suddiviso in diverse sezioni. La prima parte è dedicata alla storia del caffè e della famiglia Lavazza. Questa sezione ricrea una bottega storica, utilizzando arredi autentici e segnalando punti di interesse con evidenziazioni gialle. I visitatori possono ascoltare storie attraverso diffusori sonori tondi e seguire una linea del tempo che alterna video e materiali statici per illustrare la storia attraverso i decenni. La sezione successiva esplora la coltivazione e la produzione del caffè. Le informazioni sono presentate su pareti con testi stampati e monitor. Un bancone centrale consente ai visitatori di interagire e scoprire dettagli sui prodotti; anche in questa sezione, appoggiare la tazzina sul bancone sblocca contenuti aggiuntivi. Continuando il percorso, la sezione dedicata alle macchine da caffè dei bar combina elementi analogici e digitali. Le macchine sono esposte davanti a pannelli sospesi che mostrano scene di consumo del caffè in vari decenni. Adiacente a questa area, una sezione celebra le icone e la cultura dei bar, con rappresentazioni di piazze, tavolini e furgoncini. Infine, c'è una sala dedicata alla comunicazione e alla pubblicità di Lavazza, con immagini fotografiche, monitor e set pubblicitari. L'esposizione si conclude con un tavolo interattivo al centro, circondato da un tendaggio a fili, che offre un'esperienza finale coinvolgente. ALLESTIMENTI STUDIO FM (15 CASO STUDIO) 1. Roy Lichtenstein Multiple Visions, Mudec: L’allestimento, progettato da Corrado Anselmi e con la parte grafica dello studio FM, esplora la tecnica del puntinato di Lichtenstein. Le campiture puntinate sono riprodotte tridimensionalmente a pavimento e a parete, utilizzando una palette di colori ispirata all’artista e seguendo la sua concezione spaziale. 2. Frida Kahlo, Mudec: Progettato da Panstudio Architetti e con grafica a cura dello studio FM, l’allestimento si ispira all’architettura di Barragán piuttosto che allo stile di Kahlo. L'esposizione immersiva utilizza colori vivaci e un apparato didascalico su spessori colorati, alternando ritmicamente i colori arancione, blu, rosso e verde. Una vetrina esterna offre un’anteprima senza bisogno di biglietto. Anche qui, l’apparato grafico riflette la tematica dell’esposizione e l’ambiente circostante. 3. Padiglione Italia, Biennale di Venezia, 2014: Progettato da Cino Zucchi e con la grafica dello studio FM, l'allestimento, intitolato "Innesti", include un portale che evolve da temporaneo a permanente, simboleggiando il concetto dell'innesto. Il design prevede un grande foglio con post-it fluorescenti, creando un effetto di immersione e valorizzando gli elementi espositivi attraverso uno spessore aggiuntivo. 4. Ermenegildo Zegna Centenary, 2010: Realizzato dallo Studio Antonio Citterio, Patricia Viel & Partners, con la parte grafica dello studio FM, l’allestimento prevede piccole vetrine ordinate in una griglia ben definita, mettendo in relazione elementi diversi tra loro. I materiali eterogenei sono presentati su pannelli trasparenti, senza manichini, con elementi sospesi che reggono gli abiti. ESPOZIONE BIENNALE DI VENEZIA 2018 (16 CASO STUDIO) Svizzera: Ha proposto un allestimento immersivo, permettendo ai visitatori di inserirsi direttamente in un progetto, con l’unico arredo rappresentato da una cucina, offrendo diverse concezioni dello spazio. Spagna: Ha utilizzato un allestimento denso di oggetti, con una metafora che rappresenta una mappa di materiali e parole chiave. Gli arredi, bianchi e semplici, hanno creato un ambiente che riprendeva la struttura del cartongesso, ispirandosi al concetto di cantiere. Finlandia: Ha esplorato il tema della biblioteca, creando una grande isola centrale in feltro e sistemi a muro per sostenere libri aperti, enfatizzando la consultazione. Ungheria: Ha progettato sedute con materassi da sport e grandi pareti con griglie metalliche su cui erano appesi monitor, offrendo un ambiente di esposizione funzionale e informativoi Brasile: Ha rappresentato un paesaggio di dati con istogrammi e grandi mappe informative. I visitatori potevano utilizzare cannocchiali per esaminare dettagli dei progetti, integrando elementi di lettura e osservazione. Perù: Ha creato una parete di gomitoli di lana che si collegano a quella opposta, rappresentando la transizione dal bidimensionale al tridimensionale. Lussemburgo: Ha esplorato il concetto di terreno edificabile, occupando solo l'8% della sala per riflettere la percentuale di proprietà pubblica nel paese, trasformando il dato in spazio tridimensionale. Grecia: Ha presentato una gradonata di elementi su steli, reinterpretando stilisticamente elementi tradizionali in chiave contemporanea. Romania: Ha costruito uno spazio urbano con setti che imitano facciate di edifici, reinterpretando i giochi in un contesto formale che contrasta con l’ambiente circostante. Argentina: Ha aggiunto pilastri e setti per creare uno skyline, integrando materia e contenuto narrativo. L’allestimento ha incluso foto, cornici corten per monitor e drappeggi tessili, enfatizzando l'illusione. Italia: Curata da Mario Cucinella, ha lavorato sul tema del libro, utilizzando grandi setti che riprendono pagine in scala e lightbox per le immagini territoriali, con un’organizzazione progettata per creare un effetto prospettico. Pier Paride Vidari 1 Luglio STRUTTURA TEMPORALE Il tempo è una delle grandezze fondamentali della nostra cultura, in particolare filosofica. Il tempo è legato alla percezione del “divenire” e della “durata”. Nella storia si stabilisce l’ordine di una successione di eventi. Contrariamente allo spazio, il tempo ha una successione unidirezionale obbligatoria. Acronico: Senza tempo, senza cronologia. A-temporalità: Indifferenza o estraneità agli aspetti temporali. Sincronia: Contemporaneità, coordinata o meno, di movimenti, interventi e simili. Dal greco syn e chronos: contemporaneo, che ha lo stesso tempo, nello stesso istante. Essere sincronico significa che un insieme di fatti o elementi avviene o è esaminato nello stesso arco o intervallo di tempo considerato. Diacronia: In linguistica, lo studio e la valutazione dei fatti linguistici secondo una prospettiva evolutiva. Riguarda lo sviluppo dei fatti linguistici nel tempo. L’arco di tempo nel quale si svolgono i fatti narrati o comunicati, nel caso del museo, è il dispiegarsi dei reperti nell’arco temporale o cronologico. Nell’Ultima Cena leonardesca, ad esempio, ci immedesimiamo nel tempo della corte di Ludovico il Moro, nel periodo in cui Leonardo dipingeva. Cronotopo: Parola che definisce la combinazione di spazio e tempo. Per noi può essere interpretato come il “luogo del tempo”, dove proponiamo una ricostruzione in cui il tempo viene ‘congelato’. Il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. In un allestimento, poiché il movimento è affidato al movimento del visitatore, il tempo è il momento in cui l’intelletto rivive l’emozione dell’opera di volta in volta mostrata e viene pertanto letta e osservata. IL CRITERIO CRONOLOGICO Ordinare i reperti e le relative informazioni secondo la sequenza cronologica significa disporre le “stazioni” attraverso le quali si allestisce seguendo l’ordine suggerito dalla storia. L’ordinamento cronologico nel museo è il più tradizionale e immediato, in particolare se si tratta di un museo storico o archeologico. Musèe d’Histoire Marsiglia L’esposizione segue l’ordine cronologico, con 26 secoli di storia della più antica città della Francia, grazie a 4000 oggetti esposti e a un centinaio di dispositivi multimediali. L’ordinamento cronologico è ancora molto usato, sebbene in generale venga adottato nelle singole sezioni del museo, come ad esempio nelle sale del Louvre di Parigi IL CRITERIO TEMATICO Alla Pinacoteca di Brera viene utilizzato il criterio tematico. Le esposizioni sono divise in gruppi tematici. Nell’ottobre 2018 si è concluso il riallestimento di tutte le 38 sale. La Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi ordina le opere secondo un criterio tematico per regioni italiane. Naturalmente, eventuali nuove acquisizioni possono condurre a modificare, evolvere o trasgredire i criteri iniziali. Anche le condizioni spaziali, cioè la stessa museografia, hanno un peso rilevante nella disposizione delle sale e delle opere. TOTEM (ELEMENTO TOTEMICO) OGGETTO PRINCIPE Nel mondo sciamanico, il totem riveste il ruolo di riferimento e memoria sociale e culturale. L’elemento totemico, cioè la memoria collettiva, ha contribuito nel corso dei secoli a dare significato a molti monumenti e a costituire il riferimento per l’intera collettività. La questione centrale nei confronti dei sedimenti culturali è: perché l’esigenza di ricordare? Esiste dunque una necessità delle memorie? Possiamo presumere che, senza le memorie, tutti perderemmo l’orientamento culturale e cosmologico, ci sentiremmo privi dei riferimenti e saremmo perduti? Nelle collezioni non tutti gli oggetti hanno lo stesso valore. Per esempio, l’enorme successo legato alla presenza della Gioconda leonardesca nel Louvre va al di là del valore intrinseco del dipinto. Questo successo ha obbligato il museo ad allestire il luogo in modo speciale. All’interno della collezione si può quindi stabilire una presenza particolarmente emblematica. Un oggetto specialmente importante della collezione può essere letto come rappresentativo dell’intero museo. Può infine diventare, e essere considerato, il simbolo del museo stesso. Nel museo, la sostanza visiva è sempre preponderante rispetto a quella linguistica. STRUMENTI DEL PROGETTO Mappe generali, tratte da una fonte il più possibile certa e controllate mediante il rilievo. Schizzi Planimetria generale in scala 1:100, formato A3 Planimetria con i materiali dell’esposizione, formato A3 Planimetria generale in scala 1:50, formato A... Sezioni Modellino, scala 1:100 Rendering (materiali) Relazione al progetto, in A4 Bibliografia/e Rappresentazione Prima della progettazione vera e propria, bisogna fissare un concept. I concept possono essere di due tipi: uno di tipo filosofico, uno di tipo geometrico. Di fondamentale importanza è anche la costruzione di una Story-Board, semplici tabelle dove vengono elencate sala per sala il percorso, gli oggetti, le specifiche, le luci, i suoni ecc. Schizzi di progetto, importanti per definire le prime idee su carta Per la rappresentazione fanno fede le normative U.N.I. o il manuale dell’architetto (C.N.R., Manuale dell’architetto, Roma, data dell’edizione più recente) o anche il manuale dell’ingegnere. Nelle prime pagine del Manuale dell’architetto si trovano le norme e i dati usati in architettura. Col tempo, l’uso dei CAD e il gusto dei progettisti, certe rappresentazioni si sono andate modificando leggermente ma non sostanzialmente Quote: Le linee delle dime non devono entrare nel disegno (salvo situazioni particolari). Il pallino deve essere visibile. Le quote con la freccia sono più usate nel disegno meccanico o per indicare dei raggi di curvatura. La Relazione: Prefazione o premessa, Nella prefazione o premessa si sottolineano gli inquadramenti generali e si spiega perché l’autore ha questo tipo d’interesse. Ricerca: descrizione del tipo di ricerca e dei suoi scopi. Se si citano dei dati occorre sempre citarne la fonte. Concept: Il concetto generale è inteso a definire l’anima del progetto. Descrizione o relazione generale Si “racconta” quello che si è fatto, omettendo la maggior parte delle iniziative abbandonate (salvo che non siano ancora importanti). Descrizione tecnica: questa è la descrizione più importante e decisivi per definire il progetto stesso e dare l’impressione della sua raggiunta maturità. Occorre descrivere minutamente il progetto in generale e nelle sue varie parti. Quindi si descriveranno gli aspetti tecnici e si farà riferimento alle tavole di progetto. Infine si raggrupperanno le descrizioni tecniche di componenti come gli apparecchi per l’illuminazione o gli impianti. Occorre essere molto precisi e definire i dati quantitativi, le misure generali ed eventualmente dei particolari. Nella professione è da questa descrizione che si può arrivare al o ai capitolati d’appalto e quindi al costo dell’opera. Bibliografia. COMPOSIZIONE Le parole composizione e componimento in generale indicano l'atto e l'oggetto del comporre, del mettere insieme oggetti o idee per lo più con finalità artistiche, o estetiche letterarie, intellettuali. Alcuni specifici significati sono: nelle arti, disposizione e collocazione degli elementi all'interno di un campo visivo in fotografia, le scelte effettuate per determinare il soggetto e la sua relazione con l'ambiente in musica, l'arte di creare ed eseguire opere musicali in letteratura, testo di natura letteraria o "opera letteraria in architettura, l'analisi degli approcci logici e artistici presenti nello sviluppo di un progetto in tipografia, le operazioni, manuali o semiautomatiche per ottenere una forma di stampa in chimica, formula di una sostanza pura o distribuzione dei componenti di una miscela negli scacchi, creazione di un problema scacchistico in matematica, l'applicazione di una funzione al risultato di un'altra funzione in linguistica, processo per cui una nuova parola si genera a partire dall'unione di due o più parole o radici il titolo di diverse opere del pittore russo Vasily Kandinsky e di altri artisti Anche in ogni allestimento si cerca di costruire un microambiente per posizionare correttamente l'oggetto e l’insieme degli oggetti che si desidera esporre. Un esempio particolare è la navata di una chiesa cattolica, con l’altare al centro e il tabernacolo come punto visivo privilegiato in uno spazio simmetrico. A Milano, ad esempio, gli allestimenti si distinguono per una varietà compositiva, fedele alle simmetrie della tradizione classica, pur con modalità e materiali aggiornati. Nel museo archeologico di Milano, si crea una composizione che gioca con pareti e vetrine tridimensionali accostate alle pareti stesse. A Roma, la Centrale Montemartini ospita 400 statue romane con epigrafi e mosaici, creando una composizione legata all’archeologia industriale. La composizione può essere realizzata anche attraverso l'uso delle luci, come ad esempio nell’esposizione delle Gallerie d’Italia di Valter Palmieri nel 2023 o a Palazzo Reale nel 2022, curata da Corrado Anselmi. La Galleria Paulo Darze, a Vitória, Salvador di Bahia, ospita opere di Antonio Dias: composizioni asimmetriche, adatte ai dipinti. SUPPORTI Si usano supporti o piedistalli per sorreggere e sottolineare la presenza degli oggetti esposti, in relazione alla loro importanza, al peso e alla quantità e qualità dell’informazione. Piedistalli, basi, supporti e piattaforme spesso richiamano tipologie tipiche di altri ambienti. È spesso necessario progettarli appositamente. La percezione visiva va sempre verificata rigorosamente. Un supporto posto al di sotto di una statua, scolpita per essere vista appoggiata a terra, non dovrebbe alterare il suo cono prospettico di percezione. Il punto di osservazione, a volte, può cambiare, migliorando la lettura dell'oggetto esposto, ormai "vissuto" in un modo diverso in quanto all'interno di un museo. I materiali usati, oltre ai tradizionali ferro, pietra e legno, sono spesso ottimi materiali pratici come il laminato plastico con struttura in legno o metallica. È opportuno aggiungere peso alla base del supporto mediante sacchetti sigillati di sabbia o d'acqua, per evitare spostamenti, oppure fissare il supporto al pavimento. La loro forma, così come quella delle vetrine, svolge anche la funzione di protezione dell'oggetto, che risulterà così fuori dalla portata del visitatore. Devono essere progettati con uniformità, per esempio formando delle gradonate continue, oltre a tenere conto delle dimensioni dell'oggetto esposto, al fine di dare al museo un’immagine generalmente piacevole e comprensibile. I supporti sono spesso un elemento tipico del design espositivo. Generalizzando, si può parlare di supporti “liberi” e di vetrine (dove gli oggetti sono più protetti). I supporti possono costituire un sistema completo che, di fatto, corrisponde alla museografia. Franco Albini, a Palazzo Bianco a Genova nel 1950, progettò un supporto per un gruppo di piccole statue. L’albero telescopico in acciaio, azionato da una pompa idraulica, permetteva di posizionare le statue a varie altezze e di ruotare la piccola piattaforma. C Carlo Scarpa, nel 1952, creò dei supporti per le sculture a Palazzo Abatellis. Giocò con l’illuminazione, facendo illuminare il busto sorretto da un supporto maestoso. Anche la scala divenne un elemento di allestimento. Nel 1969, Carlo Scarpa allestì la mostra sugli affreschi fiorentini restaurati dopo l’alluvione del 1966 alla Hayward Gallery di Londra. Questa mostra fu ospitata in molti musei con diverse denominazioni. Scarpa creò dei setti murari su cui addossare i dipinti. Nel 1974, Franco Albini, Franca Helg e Antonio Piva progettarono l’allestimento nella Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano. L’allestimento fu realizzato secondo i concetti e i principi di leggerezza e unicità dei progettisti. Si trattava di maglie di nylon tenute tese da elementi neri in basso e in alto che mantenevano teso il telo MATERIALI PER SUPPORTI VETRO Si presume che il vetro sia stato scoperto in Asia Minore, utilizzando forni per cuocere ceramiche nei quali erano state casualmente poste terre con un elevato contenuto di silice e acidi alcalini. Per fusione (che avviene a 1300–1500°C) e poi per raffreddamento, si produce una soluzione solida di vari silicati in masse amorfe, omogenee, impermeabili, lucide, trasparenti e resistenti a molti reagenti chimici. Le materie prime sono: silice, soda e potassa (alcali), carbonato di calcio, ossido di piombo, acido borico, ecc. Industrialmente, il vetro viene prodotto anche in lastre che, se piane da entrambe le facce e con particolari caratteristiche, danno il cristallo. Vetro al piombo: è caratterizzato da brillantezza, elevato indice di rifrazione per la luce e bassa temperatura di rammollimento. A questa classe appartengono i cristalli, la cui suddivisione è stata modificata dalle direttive CEE del 1973. Prima di tale data, la classificazione dei vetri al piombo era: Cristalli pesanti: con più del 30% di diossido di piombo. Mezzi cristalli: contenenti quantità minori di ossidi di piombo, assieme ad altri ossidi come bario e zinco. Cristalli di Boemia: vetri sodico-calcico-potassici privi di impurità e con buona brillantezza. La normativa CEE si presenta come mandato M/135 relativo ai prodotti. I tipi più comuni sono: Cristallo superiore: con più del 30% di ossido di piombo. Cristalli al piombo: con più del 24% di ossido di piombo. Vetro sonoro superiore: contenente, oltre all'ossido di piombo, anche ossido di zinco, bario e potassio in quantità uguale o maggiore al 10%, singolarmente o globalmente. Ricordiamo i cristalli anti-vandalismo come il "Visarm" di Saint-Gobain, o il cristallo stratificato del tipo "Blindovis" di Saint-Gobain, che offrono garanzie a diversi livelli, fino al Blindovis di Saint-Gobain antiproiettile oppure l'Hardglas che utilizza uno strato esterno di policarbonato. Accenniamo anche ai cristalli stratificati (Parsol) isolanti nei confronti dei raggi ultravioletti e ai cristalli antiriflesso. Molti cristalli possono essere accoppiati (per esempio, Blindovis all'esterno e Climalit all'interno) per sommarne l'efficacia. Esiste anche una versione Visarm dotata di cristallo Securit sensibile alla rottura, accoppiato a un cristallo Visarm o Blindovis. Visarm SGG VISARM STADIP® è un cristallo stratificato composto da due lastre unite su tutta la superficie, con interposizione di materiale plastico. Ricordiamo che il vetro è un materiale estremamente importante nell'allestimento. In particolare, le sue caratteristiche di trasparenza, affidabilità e sicurezza lo rendono un elemento fondamentale. I cristalli di sicurezza anti-infortunio, antivandalismo e anticrimine sono soggetti alle norme U.N.I. n.° 7172 (ormai superata) e n.° 9187. CONTROLLO DEL MICROCLIMA Il controllo del microclima interno allo spazio di esposizione è essenziale, anche all’interno delle vetrine. Per garantire questa prestazione, negli anni sono stati messi a punto sistemi costruttivi che contemporaneamente assolvono anche alle altre funzioni essenziali per una vetrina avanzata: controllo degli scambi d’aria tra interno ed esterno controllo dei valori di umidità relativa eliminazione della polvere e dei gas inquinanti facile e sicura apertura dell’anta illuminazione filtrata dalla radiazione UV e IR flessibilità degli allestimenti interni VETRINE e vetrine sono scatole trasparenti che racchiudono gli oggetti da esporre, proteggendoli dai visitatori e dalle offese ambientali. Esse sono microambienti chiusi, spesso dotati di impianti che permettono di mantenere condizioni climatiche controllate, di sistemi di allarme passivi o attivi e di un allestimento interno e scenico che utilizza sia lo spazio della vetrina che quello circostante, giocando sulla trasparenza della vetrina stessa. Una tipica vetrina è dotata di montanti metallici, di una copertura in alto, dove generalmente trovano posto le luci, e di una base, dove possono essere collocati strumenti di controllo o altro. Tutto deve essere accessibile. Esistono diversi tipi di vetrine: Vetrine isolate: per lo più al centro delle sale, da usare con molta discrezione. Vetrine addossate al muro: utilizzano la parete come sfondo, risultando meno fastidiose, ma un lato non è accessibile. Vetrine incassate nelle pareti: annullano l'effetto d'ingombro, ma tre lati sono inaccessibili. Sperimentalmente si conviene che le vetrine ottimali siano poste a 90-110 cm da terra, siano alte circa 100 cm, profonde 75 cm e di ampiezza 150 cm. VETRINE DEL PASSATO Museo Garda, Ivrea: Caso di vetrine ottocentesche, da restaurare e conservare (musealizzazione dell’allestimento storico). Franco Albini, 1950: Realizza l’allestimento delle Gallerie Comunali di Palazzo Bianco a Genova, con vetrine in metallo e cristallo. 1956: Albini realizza l’allestimento dei Tesori di San Lorenzo a Genova, creando una vetrina in metallo e cristallo per il Santo Graal. Parigi, Louvre, ala Richelieu: Vengono realizzate delle vetrine in tecnovetro con semplici parallelepipedi. Architetto Pier Paride Vidari, 1986: Realizza una struttura espositiva alla Fondazione Sophia Antipolis, con pannello posteriore per le grafiche e supporto anteriore per gli oggetti. Le parti trasparenti sono in metacrilato. Inoltre, progetta il Glaspavillon del Deutsches Museum a Monaco per la mostra Mehanik, dove la vetrina è utilizzata per mostrare e sostenere gli oggetti. Il progetto di una vetrina va molto curato: i vetri dovrebbero essere antiriflesso, impedire furti e sfondamenti, e proteggere contro polvere, insetti e raggi ultravioletti. Può essere climatizzata, con temperatura e umidità controllate mediante materiali igroscopici o umidificatori; può avere un sistema di ventilazione filtrante, ad esempio con carbone attivo. Va ricordato che, essendo ambienti chiusi, possono favorire la crescita di muffe. La vetrina può contenere direttamente un impianto d'illuminazione, che riduce il riflesso dovuto alle illuminazioni esterne. Può essere montata direttamente a parete e le superfici in vetro possono essere serigrafate per fornire informazioni. VETRINE SPECIALI Victoria and Albert Museum, Londra: Mostra paramenti sacri e incunaboli. Notare il piano basso a forma di leggio per le informazioni immediate e il punto d’informazione accanto alla vetrina. Museo Archeologico di Bolzano: Vetrina con lenti d’ingrandimento per consentire la visione ingigantita delle monete. Museo nel Castel Tirolo, Merano: Vetrine-parete appese per sfruttare lo spazio dell’antica sala riadattata a museo. Luci incassate a soffitto e luci interne alla vetrina. Vetrine armadio con parti mobili a cassetto verticale per evitare deterioramenti causati dalla luce solare. VETRINE PROTETTIVE Architetto Mario Bellini, 1984: Progetta delle vetrine protettive tronco-piramidali per custodire la collezione "The Glasses of the Caesars". In questo caso, è necessaria una protezione per difendere l'elemento esposto. Molto caratteristico è anche l’effetto della luce che viene indirizzata in determinati punti per esaltare i colori e la bellezza dell’oggetto esposto. La Dama con l’ermellino: È inglobata in una struttura massiccia inquadrata da una vetrina protettiva con un parapetto di contorno per creare distanza dall’afflusso delle persone. Museo Archeologico di Bolzano (1998): Vetrina protettiva per l’uomo preistorico dell’età del bronzo (Ötzi), trovato sul ghiacciaio di Similaun, una mummia di circa 5300 anni. Nelle vetrine climatizzate vengono esposti anche gli accessori. Modelli, ricostruzioni, immagini stereoscopiche, video e stazioni multimediali interattive permettono di dare uno sguardo al passato del versante meridionale della catena alpina. Cecina, Museo Archeologico Etrusco Guarnacci (2003): Pesante vetrina con struttura in acciaio verniciato a fuoco e goffrato, che protegge i materiali ritrovati, per lo più piccoli oggetti di bronzo. L’illuminazione è costituita da fibre ottiche. Il pavimento è in piastrelle esagonali in cotto. Senigallia, Museo/Area Archeologica La Fenice: Nel 1989, durante i lavori di fondazione del Teatro "La Fenice", sono emersi reperti di età romana e sono ancora visibili i solchi delle ruote dei carri. Sono anche presenti tombe medievali. Una di esse è lasciata in situ con lo scheletro nella posizione originale, protetta da una lastra di cristallo di spessore tale da sostenere i visitatori, a filo del pavimento. La struttura è in lamiera forata elettrosaldata e zincata. L’illuminazione è fornita da faretti ad incandescenza. Parigi, Grande Louvre, Galleria Carré: La Gioconda è protetta dal 2008/2009 da un cristallo resistente a vari tipi di esplosivi e a qualsiasi agente corrosivo. L’enorme afflusso di visitatori ha reso necessarie ulteriori difese per il dipinto. Bolzano, grande vetrina di sicurezza: Incassata in una falsa parete al Museo Archeologico e contenente reperti archeologici fittili di grande delicatezza. TECHE SPECIALI Alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola a Genova sono state mostrate le due versioni dell’ Ecce Homo del quadro ad olio su tavola di Antonello da Messina (Messina, 1426 circa – 1479 Le teche sono state realizzate da Goppion. Ogni vetrina è costituita da un basamento in metallo rivestito di ardesia e da una campana in cristallo. Nel basamento sono collocati gli apparati passivi e attivi per la stabilizzazione dell’umidità relativa. La struttura è realizzata con quattro lastre in cristallo fotosaldate sul fronte, sui fianchi e sul cielo. La lastra frontale, davanti al dipinto, è in cristallo accoppiato anti-riflesso. Per favorire l’osservazione del dipinto, il sostegno è posto sul retro e assicurato al telaio superiore e alla lastra di cristallo. Aprendo l’anta, il sostegno è facilmente accessibile per la collocazione e l’ispezione del dipinto. L’anta è dotata di serratura e compressori per garantire la migliore tenuta all’aria. VETRINE DIDATTICHE Nei musei universitari e nei musei di fisica, le vetrine sono spesso molto semplici nella struttura, ma rispondono a esigenze di tipo didattico. Nei musei naturalistici, che continuano la tradizione dei naturalia et mirabilia, le vetrine sono pagine aperte del libro della natura. VETRINE A STRUTTURA MERO I supporti, con o senza vetrine, possono costituire un sistema completo che, di fatto, corrisponde alla museografia. La struttura Mero ha nel nodo la caratteristica fondamentale, dove si concentrano tutti gli sforzi. Ne troviamo di diverse nel Museo di Storia Naturale di Milano. VETRINE MODERNE Kenzo Tange crea una vetrina completamente in cristallo presso il Museo des Arts Asiatiques a Nizza Vetrina, struttura in acciaio inox e rotaia di sostegno. Santa Maria alla Scala, Siena. (Tecnovetro) VETRINE DI PROGETTO Vetrine che diventano dei veri e proprio elementi tridimensionali spaziali ALLESTIMENTO CANTIERE Per l’organizzazione dell’allestimento dei cantieri bisogna innanzitutto considerare diverse situazioni: Scarico materiale: Occorre assicurarsi che vi sia la possibilità d’operare con facilità lo scarico dei materiali (e il loro ricarico nel corso dello smontaggio). I materiali di solito sono di due tipi: quelli occorrenti all’allestimento e quelli che verranno mostrati. Una volta scaricati, occorre accumulare i materiali in modo che non intralcino l’inizio dei lavori nell’area delle operazioni. Tracciamenti: Dopo aver disposto strategicamente i materiali, si passa al tracciamento del perimetro da allestire, con un semplice nastro adesivo di carta (occorrerà poi rimuoverlo) direttamente sul pavimento. Se il perimetro è già definito, questa operazione non sarà necessaria Pareti: Ovviamente, fra le prime operazioni da compiere vanno erette la maggior parte delle pareti badando di lasciare degli ampi valichi per il passaggio di operatori e materiali e badando di proteggere il pavimento. Alcune sezioni delle pareti serviranno da struttura controvento, e converrà sfruttare queste cesure per creare delle partiture nel «racconto». Imprevisti: In cantiere può capitare di tutto: dalla mancanza di corrente, all’invasione di insetti alla presenza di estintori non previsti, e così via. Creare un ufficio: Se possibile, sarà utile predisporre un piccolo ufficio che servirà anche da quartiere generale. Dipingere: Dipingere le pareti e proteggere il pavimento: ovviamente queste operazioni sono da farsi dopo che le pareti sono definitivamente sistemate e prima dell’applicazione delle parti grafiche sulle pareti stesse. Nella maggior parte dei casi si utilizza una pittura a tempera, che deve poi però asciugare. Composizione: Comporre gli elementi dell’allestimento Rifocillarsi: È bene preoccuparsi di chi lavora all’allestimento, compreso dove trovare il cibo e, eventualmente, stabilire i turni di lavoro e riposo Grafica Ingresso: L’ingresso, anche quando non è distinto dall’uscita, deve avere una certa enfasi e proporre il titolo Posizionamenti: Il posizionamento esatto di materiali e delle grafiche è molto importante. Qui vediamo il sistema tradizionale che consiste nel porre a pavimento i materiali che andranno poi sulla parete. Oggi si usano le livelle laser. Esse, dotate di un’accurata messa in bolla, tracciano linee di riferimento Grafica: La grafica serve a spiegare e comunicare, e rientra nei materiali in mostra Strutture espositive: Alcune strutture espositive, supporti con varie forme a scalino. La preparazione e costruzione di grandi strutture espositive è uno dei momenti salienti del cantiere. Celino: La copertura: la posa del celino sarà una delle ultime operazioni da compiere Leds: Si può tracciare un confine utilizzando solo dei Leds incassati nel pavimento. Audiovisivi: Il posizionamento degli audiovisivi è sempre difficile: occorre controllare, per quanto riguarda la proiezione delle immagini, la luminosità dell’ambiente e l’altezza di osservazione. Inoltre è importante la diffusione sonora, affinché non disturbi e sia un corretta integratore della comunicazione Parte finale: L’uscita) deve avere una posizione chiara, ed essere una specie di ultimo «saluto» da parte dell’esposizione, anzi un arrivederci. Deve anche lasciare in sospeso l’idea: «Peccato che sia già finita!» Fuori dal recinto: Frequentemente si possono trovare condizioni e preesistenze, anche non strettamente legate ai temi della mostra. In questo caso si trattava del grande affresco di Renato Guttuso, già collocato nel negozio Olivetti di Roma e conservato presso gli stessi ambienti, luogo dell’allestimento. I COLORI I colori delle pareti sono il vero sfondo ottico dell'allestimento. Perciò va considerata la quantità di luce (riflettanza) che ritorna, e che quindi disturba la visione dell'oggetto, il riflesso della luce sull'oggetto stesso e il contrasto di colore. Significa che la luce è in realtà l’elemento più importante. I colori più usati sono il bianco e il grigio, un colore molto usato un tempo, e in parte ancora oggi, è il rosso pompeiano. Un colore usato da molti progettisti contemporanei è il grigio. COLORI AL LOUVRE La piccola rivoluzione al Louvre: colorata di blu intenso la parete nella quale è allestita la vetrina della Gioconda, a suo volta il quadro è inserito in uno sfondo blu ancora più intenso COLORI ALLA PINACOTECA DI BRERA I saloni napoleonici della Pinacoteca di Brera a Milano, con gli allestimenti di sette sale rinnovate nei colori e nell’illuminazione; COLORI AGLI UFFIZI Sale rosse per il Rinascimento. In generale 14 sale sono state riallestite anche per accogliere opere che erano relegate nei depositi COLORI ALL’ACCADEMIA CARRARA In occasione di Bergamo e Brescia elette "Capitali della Cultura 2023" anche l'Accademia Carrara si è rinnovata. L'allestimento è opera dell'architetto Antonio Ravalli, che ha proposto un aggiornamento dei colori. COLORI IN UNA MOSTRA A Milano nel 2021 a Palazzo Morando venne esposta la mostra Federica Galli Green Gran Tour, l’uso del colore è proposto per risultare in contrasto ai preziosi bianchi e neri delle acque forti dell’artista. A Milano nel 2022 a Palazzo Reale venne esposta la mostra Sorolla. Uso del grigio sulle pareti per valorizzare i bianchi luminosi del pittore. Pier Paride Vidari 3 Luglio BODY MESUREMENTS Le misure del corpo umano sono sempre state un riferimento alla progettazione. L’altezza media in italia si assesta sui 177cm mentre L’altezza delle donne è 164cm. L’asse visivo si attesta intorno ai 164cm ALLESTIMENTO TATTILITA’ Lo spiegone Un tempo, nei musei, lungo i corridoi che precedevano le sale o comunque gli ambienti allestiti, si proponevano spiegazioni generali della sezione che si stava per visitare. Spesso si trattava di un contenuto succinto, della lunghezza di un foglio A4. Addirittura, nei casi più semplici, si vedevano foglietti di carta incollati malamente sulla soglia della sala. Queste spiegazioni sono diverse rispetto alle più dettagliate didascalie poste nelle immediate vicinanze delle opere. In gergo, tali indicazioni sono note come "spiegone". Totem Si sta diffondendo sempre più l'uso di informazioni fornite ai visitatori mediante sistemi automatici. Si tratta dei totem informatici, disponibili in numerosi modelli e ormai molto utilizzati anche in altre occasioni. Quando si desidera fornire ausilio a persone ipovedenti o non vedenti, si possono utilizzare totem informatici appositi. I principali sono le cosiddette mappe tattili, progettate per l'uso da parte dei non vedenti attraverso il tatto e utili a tutti. Esistono molti tipi di mappe tattili, tutte utili non solo a chi ha handicap visivi, ma anche ai visitatori normovedenti. Alcune strutture informative sono particolarmente ricche e progettate per rimanere all'aperto. Alcuni totem informativi possono avere caratteristiche multimediali. Naturalmente, nelle sale dove sono esposti i materiali, i suoni possono nuocere alla concentrazione del visitatore. Percorsi Per completare le informazioni, è doveroso aggiungere che sono ormai praticati percorsi che utilizzano piastrelle in rilievo. Si vedono facilmente, per esempio, nei passaggi delle metropolitane. Queste piastrelle speciali, oltre a fornire informazioni per ipovedenti e non vedenti, sono pensate anche per tutti gli utenti. DIORAMI SIMULAZIONI Molto utilizzati sono anche la riproduzione di diorami, modellini che raffigurano oggetti, città, persone e animali. Ad esempio riproduzioni di animali nel museo di Storia Naturale di Milano, o simulazioni di contesti e città storiche. INGRESSO SOLINGEN Mostra Antike Waffen Jagdgewehere aus Brescia, per Deutsch/Italienische Kulturage. arch P. P. Vidari Questo allestimento fu realizzato all'interno del Museo della Lama (Deutsches Klingenmuseum) di Solingen (Germania). L'elemento visibile (che richiama De Chirico) era presente sia all'esterno dell'ingresso che nell'atrio, per sottolineare la diversità rispetto al contesto del museo quotidiano. Nei corridoi del Museo trovarono spazio i pannelli autoportanti, che indicavano anche il percorso da seguire, senza interferire con le strutture esistenti nel museo, ma sovrapponendosi ad esse. Mostra Von der Mechanik zur Elektronik - Olivetti Konzept und Form, nel Glaspavillon del Deutsches Museum. arch. P. P. Vidari Questa mostra era ospitata in un contesto museale di maggior fama internazionale, ma in quel momento il Glaspavillon del Museo era privo di una sua identità. Esso, inoltre, era posto accanto all’ingresso, nella corte principale. Città della scienza di SOPHIA ANTIPOLIS, Valbonne, , allestimento: Tecnologie e storia della progettazione Olivetti alla Galerie de la Fondation Sophia Antipolis, arch. P. P. Vidari All’interno erano simulati degli ambienti particolari, per raccontare la storia delle macchine Olivetti, e i posti di lavoro informatici più avanzati. In basso una proposta di work station, progetto di Hans von Klier. 2017, PAVIA castello Visconteo, mostra Longobardi, designer: Angelo Figus La mostra Longobardi a Pavia è nata dalla collaborazione internazionale fra tre istituzioni – Musei Civici Pavia, Museo Archeologico nazionale di Napoli e Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo. Un evento straordinario per la quantità di materiali esposti. AUDIOVISIVI Audiovisivo Che permette contemporaneamente di udire e vedere, che riproduce suoni e immagini: mezzi audiovisivi, il cinema, la radio, la televisione e simili, considerati nel loro insieme. I mezzi audiovisvi più utilizzati sono: Commento sonoro: può essere anche portatile (come un telefono), necessario per i musei all'aperto. Sequenze sincronizzate suono, luce:molto scenica, adatta a monumenti o ricostruzioni (es. Musei storici) Proiezione di pellicola cinematografica: è il più comune, necessita di sala o saletta apposita e di buio Diapositive: Il mezzo più semplice. Ormai si usano due o tre proiettori abbinati ad una centralina e ad un nastro di commento e sonoro Multivisioni con diapositive, e colonna sonora. Mezzo complesso (si possono usare molte decine di proiettori di diapositive, collegati e a centraline governate da computer), necessita di buio, dispendioso. È molto scenografico e molto adattabile agli ambienti. Può essere multischermo, fino a