Biologia e Genetica PDF
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prof. Combi
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Questi appunti forniscono un'introduzione alla biologia e alla genetica, coprendo argomenti come l'organizzazione biologica, le caratteristiche degli organismi viventi, la teoria cellulare e le differenze tra cellule procariote ed eucariote. Vengono anche trattati i batteri, le loro forme e il loro metabolismo, così come la composizione chimica della materia vivente. L'acqua viene esaminata in dettaglio in relazione alla vita.
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, STP T1, A.A. 2018/2019, prof. Combi Biologia e genetica BIOLOGIA: da βίος = vita e λόγος = parola scienza che studia gli organismi viventi e i loro rapporti con l’ambiente che li circonda (e che li influenza), intendendo con ambiente l’insieme di spazio, interazioni tra gli organismi e gli orga...
, STP T1, A.A. 2018/2019, prof. Combi Biologia e genetica BIOLOGIA: da βίος = vita e λόγος = parola scienza che studia gli organismi viventi e i loro rapporti con l’ambiente che li circonda (e che li influenza), intendendo con ambiente l’insieme di spazio, interazioni tra gli organismi e gli organismi stessi. L’organizzazione biologica è gerarchica: - da atomi a organismi: atomi molecole macromolecole cellule organismi - da organismi a ecosistemi: popolazione (individui della stessa specie nello stesso ambiente) comunità (individui di specie diverse nello stesso ambiente) ecosistema biosfera (il tutto – anche se il tutto è relativo perché esistono altri mondi) Caratteristiche generali della materia vivente (se ne manca una, allora non si tratta di materia vivente): 1) complessità specificamente determinata: ogni organismo vivente deve avere nelle proprie cellule delle informazioni che distinguano la cellula come appartenente a una specie, ovvero il DNA (o genoma), l’informazione genetica. 2) capacità di accrescimento: differenza tra “accrescimento” e “crescita”: crescita: aumento delle dimensioni (es: il cristallo di ghiaccio) accrescimento: evoluzione dell’individuo, sviluppo intrinseco che avviene durante il processo di crescita (es: da neonato ad adulto) Perché la materia vivente compia crescita e accrescimento sono necessari processi metabolici. 3) capacità di autoriprodursi: la riproduzione può essere: asessuata: le cellule di un organismo vivente si dividono, dando due cellule identiche a se stesse e alla cellula madre. È propria dei batteri, di alcune piante e in qualche modo alla mitosi delle cellule somatiche umane. sessuata: due organismi viventi di sessi diversi, ma della stessa specie, dànno origine a una progenie con un patrimonio genetico misto evolutivamente è più vantaggioso, perché si ha la creazione di nuove identità che possono essere favorevoli per la sopravvivenza e quindi si diffondono. È propria degli eucarioti. 4) capacità di rispondere a stimoli: capacità di reagire a ciò che l’ambiente pone davanti; per fare ciò è necessario recepire gli stimoli (principalmente con la vista). 5) movimento: i movimenti possono essere semplici (es. quelli dei procarioti) o complessi (es. quelli dei procarioti). 6) adattamento all’ambiente: cfr. Darwin. Un esempio di adattamento all’ambiente è il mimetismo, sempre allo scopo ultimo della sopravvivenza (es: Biston bitularia, la farfalla delle betulle: prima quelle bianche sopravvivevano perché si mimetizzavano con il tronco chiaro delle betulle mentre quelle nere morivano; quando i trochi divennero scuri a causa dello smog, quelle nere, avvantaggiate rispetto ai predatori, sopravvivevano, mentre quelle bianche morivano) (es: anemia falciforme ancora diffusa nelle zone dove è presente la malaria perché offre una protezione da essa). TEORIA CELLULARE: - la cellula è l’unità fondamentale della materia vivente; - gli organismi viventi sono formati da cellule; - le cellule derivano esclusivamente dalla divisione di altre cellule. “Dove compare una cellula, ce ne deve essere una che la precede, così come animali possono venire solo da animali e piante da piante” (Rudolph Virchow, 1858) Dimensioni delle cellule: le cellule sono di diversi tipi e diverse dimensioni: cellule umane: ordine di grandezza del micrometro 1 μm = 10-6 m cellule batteriche: ordine di grandezza del nanometro 1 nm = 10-9 m Forme (morfologia) delle cellule: le cellule hanno diversa morfologia; la forma è sempre dipendente dalla funzione della cellula ed è stata assunta in anni di evoluzione. Esempi: - il globulo rosso è piccolo e rotondo, perché ha la funzione di trasportare ossigeno al sangue: deve passare attraverso i vasi ( piccolo) senza romperli e con il massimo del volume possibile per l’ossigeno ( rotondo, non ha nucleo) - l’adipocita è grosso e rotondo, perché ha la funzione di immagazzinare grasso, ecc… LE CELLULE PROCARIOTE (O PROCARIOTICHE): sono quelle costitutive dei batteri. Si tratta di cellule semplici dotate di: parete cellulare, all’esterno, rigida per dare protezione (di solito i batteri sono costituiti da una sola cellula); membrana cellulare esterna; citosol, una soluzione acquosa in cui sono immersi, liberi, il DNA, l’RNA, le proteine, gli zuccheri, i ribosomi ecc. LE CELLULE EUCARIOTE (O EUCARIOTICHE): sono quelle costitutive degli altri organismi viventi. Si tratta di cellule più complesse, dotate di: membrana cellulare esterna; nucleo (ricoperto da una membrana cellulare), che contiene gli acidi nucleici; organelli (ricoperti da membrane cellulari) con funzioni specifiche, quindi specializzati. Gli organismi possono essere: → unicellulari: batteri → pluricellulari: tutti gli altri organismi (animali, piante, funghi). Presentano più cellule, ciascuna delle quali presentano forma e funzione tipica. Divisione dei compiti: le cellule cooperano per la vita dell’organismo ma ciascuna di essa si limita a svolgere un ruolo limitato e specifico e quindi si può specializzare per svolgerlo al meglio vantaggio selettivo rispetto ai monocellulari. N.B.!: il genoma (DNA) delle cellule che compongono un organismo multicellulare è identico, ciò che cambia è l’espressione genica, cioè come viene letta e trascritta l’informazione genetica: cellule diverse esprimono geni diversi. CLASSIFICAZIONE: si utilizza il sistema di classificazione a tre domini: 1) dominio Eubacteria (eubatteri): batteri comuni 2) dominio Archaea (archea): batteri più evoluti 3) dominio Eukarya: animali, piante, funghi protisti Batteri (eubatteri e archeobatteri) I batteri hanno la stessa morfologia e struttura (hanno diverso il metabolismo cellulare). Le forme sono: cocchi: sferici bacilli: a bastoncino spirilli: a spirale. EUBATTERI: la struttura degli eubatteri prevede: parete batterica: struttura rigida, responsabile della forma della cellula e della sua protezione. È costituita da peptidoglicani (polipeptidi + polisaccaridi), un complesso macromolecolare di grandi dimensioni che avvolge come una rete l’intera cellula. Può essere distrutta da un enzima, detto lisozima. membrana: sotto la parete esterna, circonda un singolo compartimento con citosol. citosol: soluzione acquosa che contiene, liberi, DNA, RNA e proteine: - DNA: si tratta di una sola molecola, singola e circolare, che tende ad avvolgersi su se stessa per due motivi: occupare poco spazio nella cellula e proteggersi dagli enzimi che potrebbero romperlo; - RNA; - proteine. flagelli: organi di movimento fatti della proteina flagellina (nei procarioti). Divisione cellulare: è asessuata e consiste nella scissione binaria: la cellula si ingrandisce, il DNA si duplica e si sposta verso le due estremità opposte, la membrana e la parete iniziano ad approfondirsi fino a formare il setto divisorio, dando luogo così a due cellule figlie identiche tra loro e alla madre. ARCHEOBATTERI: si tratta di organismi diversi sia dagli eubatteri che dagli eucarioti. organismi unicellulari, microscopici morfologicamente indistinguibili dai batteri (sono privi di un nucleo delimitato da membrana); per altre caratteristiche (processo di trascrizione e traduzione) sono più simili agli eucarioti sono batteri specializzati non hanno importanza infettiva vivono in condizioni estreme (ovvero dove gli altri organismi non vivono) di temperatura (termofili, es: vulcani), di salinità (alofili), di pressione (es: le profondità oceaniche), , perché hanno sviluppato un metabolismo specifico per vivere in quelle condizioni. Gli archeobatteri sono: a) metanobatteri/metanogeni: producono metano b) alobatteri/alofili: hanno affinità per il sale c) sulfobatteri: ricavano energia da composti con zolfo. La composizione chimica della materia vivente I componenti chimici della materia vivente possono essere classificati in due grandi gruppi: composti inorganici: H 2 O, ioni minerali (cationi e anioni) - cationi più importanti: Na+, K+, Ca++, Mg++ - anioni più importanti: Cl-, SO 4 --, PO 4 ---, CO 3 -- composti organici (compongono le cellule, perlopiù macromolecole) Bioelementi: gli unici elementi che entrano a far parte della cellula sono riducibili due gruppi: ELEMENTI COMUNI ELEMENTI NON COMUNI idrogeno H sodio Na carbonio C magnesio Mg azoto N fosforo P ossigeno O zolfo S cloro Cl potassio K calcio Ca La cellula come composizione chimica è semplice. Ripasso di chimica Atomo: è la più piccola unità di materia fatto di particelle: nucleo centrale contenente neutroni (non carichi) e protoni (carica positiva) nube di elettroni (carica negativa) in movimento attorno al nucleo Gli atomi si combinano tra loro mediante interazioni dette legami chimici. I principali sono: legame ionico: elettroni vengono passati da un atomo donatore (+) ed uno accettore (-). Questi atomi vengono detti elettropositivi (facile alla cessione di elettroni) ed elettronegativi. Si trasferisce un elettrone da un atomo all’altro. legame covalente: gli elettroni vengono condivisi da due atomi per raggiungere stabilità elettronica. I legami covalenti possono essere divisi in 2 categorie: - polare: se la nuvola elettronica è spostata più verso uno dei due atomi, gli elettroni sono più vicini a uno dei due atomi e non nel mezzo e quindi l’atomo che ha gli elettroni leggermente più vicini assume una parziale carica negativa e l’altro atomo la avrà positiva; - non polare: se la nuvola elettronica è distribuita equamente, nessuno dei due atomi è eccessivamente elettronegativo o elettropositivo. L’acqua L’acqua è un solvente universale per gli esseri viventi. Importanza biologica dell’acqua: la vita ha avuto origine nell’acqua e l’acqua è essenziale per la vita: a. la Terra come pianeta dell’acqua; molti organismi vivono nell’acqua (mari, laghi, fiumi, stagni) b. la materia vivente ha evoluto numerosi meccanismi che sfruttano a proprio vantaggio le caratteristiche dell’acqua. (es. sudorazione come mezzo di raffreddamento dell’organismo) c. l’acqua è indispensabile a tutti gli organismi viventi, che se ne devono rifornire costantemente. Gli organismi hanno sviluppato meccanismi per ridurre le perdite di acqua. d. l’acqua è la sostanza più abbondante nelle cellule; circa il 70%-95% del peso corporeo di un organismo è costituito da acqua. La materia vivente deve essere considerata come una soluzione acquosa. Polarità delle molecole d’acqua: l’acqua possiede un’estremità con una parziale carica positiva e l’altra negativa, ovvero esistono più poli di carica. Se ci sono delle molecole d’acqua vicine tra loro mediante legame covalente si creano interazioni tra di esse (legame idrogeno). - l’atomo di ossigeno è più elettronegativo (tende ad attrarre gli elettroni) parziale carica negativa; - atomi di idrogeno parziale carica positiva Legame a idrogeno: i legami a idrogeno si formano tra un atomo di idrogeno, legato covalentemente ad un atomo elettronegativo e un atomo elettronegativo, come ossigeno, azoto o fluoro di molecole diverse oppure della stessa molecola (legame a idrogeno intramolecolare). Ogni molecola di acqua può interagire con altre 4 molecole di acqua. Proprietà dell’acqua: le principali proprietà dell’acqua sono: 1) polarità: dovuta a una diversa distribuzione delle cariche elettriche tra l’ossigeno e gli atomi di idrogeno 2) coesione: dovuta ai legami a idrogeni tra le molecole d’acqua. La coesione spiega alcune caratteristiche dell’acqua, come la sua elevata tensione superficiale e il suo elevato punto di ebollizione (acqua se forma legami covalenti polari con molecole di acqua) 3) adesione: dovuta a legami a idrogeno tra l’acqua e altre sostanze polari (acqua se forma legami covalenti polari con altre molecole polari) 4) alto calore specifico (quantità di calore che un grammo di una sostanza deve assorbire per aumentare la sua temperatura di un grado; più è la massa d’acqua più alto è il calore che serve per rompere i legami formatisi, ciò ci consente di mantenere sempre costante il calore del nostro corpo), a seguito dei numerosi legami a idrogeno tra le molecole d’acqua. Ciò consente agli organismi di mantenere relativamente costante la temperatura interna e fa sì che gli oceani e le altre masse d’acqua mantengano una temperatura costante. 5) alto calore di evaporazione (quantità di calore che serve per far evaporare l’acqua all’interno nelle nostre cellule, importante per esempio quando si ha la febbre attraverso fazzoletto bagnato sulla fronte). Le molecole d’acqua, quando passano allo stato di vapore, portano con loro una grande quantità di calore, determinando così un raffreddamento per evaporazione. 6) tendenza a dissociarsi (può convertirsi in ioni) per dare ioni idrogeno (protoni H+) e ioni idrossido (OH-). Dissociazione dell’acqua: l’acqua ha una bassa tendenza a ionizzarsi (H+ = ione idronio e OH- = ione idrossile) e gli ioni che si formano sono pochissimi e tendono a combinarsi velocemente. Questa tendenza a dissociarsi dell’acqua è importante per il pH (scala con cui si misura il livello di acidità e basicità di una sostanza): - se in una sostanza sono più abbondanti gli ioni H+ sarà più acida - se in una sostanza sono più abbondanti gli ioni OH- sarà più basica. Per misurare questi livelli si usa l’acqua distillata (sostanza neutra) come livello intermedio che divide la scala del pH in due. pH= - log 10 [H+] = - log 10 10-7 Molecole idrofiliche e molecole idrofobiche: l’acqua è un solvente di composti ionici (es: sali) e di composti polari (carboidrati, aminoacidi, nucleotidi). Le molecole si possono suddividere in: molecole polari idrofiliche: sono capaci di formare legami con l’acqua; si sciolgono in essa molecole apolari idrofobiche: non hanno carica e non riescono formare legami con l’acqua, perché hanno esaurito i loro legami con altre molecole (sulla superficie di queste molecole non si verifica uno sbilanciamento nella distribuzione degli elettroni). Composizione chimica di una cellula: 70 % fatta di acqua 30% altre sostanze chimiche Le macromolecole presente in maniera più abbondante nella cellula sono le proteine. 15 % proteine 6% RNA 4% ioni, molecole piccole 2% fosfolipidi (membrana plasmatica) e polisaccaridi 1% DNA Esistono 4 classi principali di molecole organiche che si trovano nella cellula: Componenti base e semplici Componenti base complessi delle cellule (monomeri) delle cellule (polimeri) zuccheri polisaccaridi acidi grassi grassi/lipidi/membrane amminoacidi proteine nucleotidi acidi nucleici I legami chimici che: - uniscono i monomeri => condensazione (perdita di acqua) - demoliscono i polimeri => idrolisi (aggiunta di acqua). Carboidrati (o glucidi o saccaridi o zuccheri) Formula bruta (da cui il nome carboidrati: idrati del carbonio): (CH 2 O) n I carboidrati comprendono composti che contengono un gruppo carbonilico C=O a un’estremità (aldeide) o al centro (chetoni) della molecola e su tutti gli altri atomi di C un gruppo alcolico OH. Hanno pesi molecolari e funzioni biologiche molto diverse. Funzioni: i carboidrati hanno varie funzioni: 1. fonte di energia per la cellula (“carburante” cellulare) 2. riserva energetica (zuccheri complessi) 3. materiali di partenza per la sintesi di altri costituenti cellulari 4. sostegno (cellulosa parete delle cellule vegetali; chitina forma esoscheletro degli insetti,..) 5. segnali di identificazione delle cellule (segnali presenti sulle cellule/recettori in modo da essere riconosciuta da altre cellule) Classificazione: i carboidrati si classificano a seconda di quanti zuccheri semplici lo compongono: → monosaccaridi: 1 monomero = zuccheri (nome in –osio) → disaccaridi: 2 monomeri → oligosaccaridi: da 2 a circa 10 monomeri → polisaccaridi: oltre qualche decina di monomeri I MONOSACCARIDI Esempi di monosaccaridi: il glucosio è il monosaccaride più abbondante nelle cellule prodotto dalle piante mediante fotosintesi, a partire da anidride carbonica prodotto dagli altri organismi a partire da composti organici (gluconegenesi) fonte di energia per tutte le cellule. Isomeri: glucosio e fruttosio Isomeri: composti con la medesima formula molecolare ma con struttura, e quindi proprietà, diverse. Glucosio aldoso Fruttosio chetoso (N.B: in soluzione i monosaccaridi non sono lineari, ma si richiudono ad anello) I DISACCARIDI Due monosaccaridi uniti per condensazione. Es: saccarosio (glucosio + fruttosio), maltosio (glucosio + glucosio), lattosio (glucosio + galattosio). I POLISACCARIDI macromolecole polimeri di unità ripetute di zuccheri semplici, generalmente il glucosio catena lineare o ramificata. Funzioni: di riserva: glicogeno (cellule animali) e amido (cellule vegetali) di sostegno: cellulosa (parete cellulare delle cellule vegetali); chitina (esoscheletro degli insetti); altri polisaccaridi (matrice extracellulare delle cellule eucariotiche). Amido, glicogeno e cellulosa: i legami chimici che tengono unite le molecole di glucosio nell’amido e nel glicogeno sono dello stesso tipo e diversi da quelli presenti nella cellulosa. La cellulosa però non può essere idrolizzata, cioè rotta dagli stessi enzimi che sono in grado di idrolizzare l’amido e il glicogeno. Questo avviene perché l’uomo non possiede gli enzimi per digerire la cellulosa mentre possiede gli enzimi per digerire la cellulosa, mentre possiede degli enzimi per digerire l’amido e il glicogeno. Lipidi I lipidi sono un gruppo eterogeneo di composti che hanno in comune la caratteristica di essere insolubili in acqua (idrofobi). I lipidi più importanti dal punto di vista biologico sono: lipidi semplici (in cucina) lipidi complessi (nel nostro corpo) Funzioni: strutturale: componenti principali delle membrane biologiche riserva energetica: si ricorre ad essi solo dopo aver bruciato gli zuccheri, perché i lipidi hanno poca energia alcuni lipidi sono “messaggeri chimici” (cellule segnali) sia all’interno della cellula (secondi messaggeri) che tra cellule diverse (ormoni) alcuni lipidi sono vitamine (vitamina A, D, E, K) ACIDI GRASSI Presentano catene non ramificate di idrocarburi con un gruppo carbossilico (COOH) ad una estremità. Caratteristiche: generalmente hanno un numero pari di atomi di carbonio: 16-18 se ci sono solo legami covalenti semplici (-C-C-C) = “saturo” se c’è almeno un doppio legame (blocca i due carboni e la molecola diventa rigida e provoca ripiegamento - C=C-) = “insaturo” gruppo COOH: “testa” polare idrofila catena idrocarburica: “coda” non polare idrofoba Avendo testa idrofila e coda idrofobica sono dette molecole anfipatiche. LIPIDI SEMPLICI (o lipidi neutri o gliceridi o grassi neutri) Sono i lipidi più abbondanti negli esseri viventi. Funzione: riserva energetica per tutte le cellule. Costituzione: glicerolo + 1, 2 o 3 molecole di acido grasso Il glicerolo è un alcol a 3 atomi di carbonio, contenente 3 gruppi chimici (gruppi OH), a ciascuno dei quali può essere legato un acido grasso. - monogliceridi: glicerolo + 1 acido grasso - bigriceridi: glicerolo + 2 acidi grassi - trigliceridi: glicerolo + 3 acidi grassi. I trigliceridi sono i principali lipidi di deposito sia negli organismi animali che vegetali (sono contenuti nei grassi che si usano comunemente per cucinare, come burro o olio d’oliva). Poiché sono insolubili in acqua, sono presenti nelle cellule sotto forma di goccioline, che in alcuni tessuti specializzati – come il tessuto adiposo – possono occupare gran parte della cellula. LIPIDI COMPLESSI I lipidi complessi sono i fosfolipidi (i più abbondanti tra le membrane), i glicolipidi e gli steroidi. → fosfolipidi: derivano da trigliceride meno un acido grasso = 2 acidi grassi, glicerolo, gruppo fosfato. Al gruppo fosfato si lega il gruppo polare molecole anfipatiche → glicolipidi: abbondanti nelle membrane cellulari delle cellule nervose. Comprendono i cerebrosidi e i gangliosidi, che fanno parte del sistema neurale (costituiscono la membrana delle cellule del sistema nervoso). → steroidi: colesterolo struttura ad anello importante costituente delle membrane biologiche precursore degli ormoni steroidei che comprendono gli ormoni sessuali sia maschili che femminili. Dal momento che possiede una coda apolare, il colesterolo tende a formare strutture complesse. Ciò che li differenzia sono le teste polari. Il colesterolo deve costituire la membrana e la struttura anfipatica lo porta a poterlo fare. Proteine (o peptidi) Le proteine, macromolecole i cui amminoacidi sono i monomeri, sono le più abbondanti nella cellula. Esistono diversi tipi di proteine con diverse funzioni: TIPO DI PROTEINA FUNZIONE enzimi ogni enzima è responsabile di catalizzare una specifica reazione chimica (es: DNA polimerasi) proteine strutturali rafforzano e proteggono le cellule e i tessuti (es: collagene della matrice extracellulare o le proteine del citoscheletro) proteine di deposito riserva di amminoacidi proteine di trasporto - trasportano specifiche sostanze tra le cellule (es: emoglobina trasporta l’ossigeno nei globuli rossi) - fanno passare specifiche sostanze attraverso le membrane cellulari (es: proteine trasportatrici del glucosio, degli amminoacidi) - funzionano come pompe o canali ionici (es: pompa sodio/potassio) proteine regolatorie alcune sono ormoni (es: insulina) o fattori di crescita altre controllano l’espressione di specifici geni proteine contrattili partecipano ai movimenti cellulari (es: actina e miosina nella costrazione muscolare) proteine di protezione difendono l’organismo contro agenti invasori (es: anticorpi del sistema immunitario) GLI AMINOACIDI Esistono 20 aminoacidi naturali che compongono le proteine. Struttura: ciò che cambia nella struttura è la catena laterale (detta anche residuo o radicale) Categorie: gli aminoacidi sono divisi in tre categorie sulla base di caratteristiche chimico-fisiche: CATEGORIA CARATTERISTICHE ESEMPI gruppo A apolari non hanno una carica netta) glicina (il più semplice: R è H), idrofobi alanina, valina gruppo B polari, ma non hanno una carica netta serina, trionina, cisteina idrofili (contiene S) gruppo C polari hanno una carica netta aspartato-, glutammato-, (la polarità conferisce particolari caratteristiche) lisina+, arginina+ Simboli: i simboli degli aminoacidi possono essere a 3 lettere (le prime 3 lettere dell’aminoacido; è il più usato) o a 1 lettera. Legame peptidico: gli aminoacidi sono i monomeri che formano il peptide, ovvero il polimero. Gli aminoacidi si legano tra loro mediante il legame peptidico, un legame covalente: condensazione (- H 2 O) tra OH del gruppo –COOH del primo aminoacido e l’H del gruppo NH 2 del secondo aminoacido, e così via. il primo aminoacido aggiunto ha il gruppo NH 2 libero aminoacido N-terminale l’ultimo aminoacido aggiunto ha il gruppo –COOH libero aminoacido C-terminale la reazione è reversibile: l’idrolisi (+ H 2 O) di un polipeptide lo scinde nei suoi aminoacidi. Se si prendono a confronto proteine diverse di uno stesso individuo: cellule che derivano da tessuti diversi di uno stesso individuo e che quindi svolgono funzioni diverse hanno in parte proteine in comune (proteine housekeeping, essenziali per la cellula) e in parte proteine diverse e specifiche. Se si prendono a confronto proteine ‘uguali’ di individui diversi: cellule che derivano dallo stesso tessuto e quindi svolgono la stessa funzione, ma sono di individui diversi, ci possono essere leggere varianti nella sequenza aminoacidica (polimorfismo proteico per esempio può esserci una mutazione che causa il mancato funzionamento di una proteina e quindi patolgie, ma in generale il polimorfismo proteico non è sempre negativo). STRUTTURA DELLE PROTEINE: a) struttura primaria: struttura lineare data dalla sequenza degli aminoacidi; è presente quando la proteina si è appena formata. b) struttura secondaria: data da avvolgimenti intracatena dovuti a legami idrogeno tra i gruppi CO- e NH- di legami peptidici lontani nella sequenza primaria. Tipi di struttura secondaria più comuni: α-elica: la proteina – in alcuni tratti della sua catena – è avvolta a elica, con diametro regolare e struttura costante, perché il gruppo NH di ogni legame peptidico forma un legame idrogeno con il gruppo C=O di un legame peptidico localizzato 4 legami peptidici più avanti nella stessa catena, mentre le catene laterali degli aminoacidi sporgono all’esterno e interagiscono con l’ambiente cellulare o extracellulare. β-foglietto: interessa alcuni tratti della catena della proteina. I singoli segmenti polipeptidici in un β-foglietto sono tenuti insieme da legami tra i gruppi C=O e NH di legami peptidici che si trovano in segmenti diversi del foglietto, distanti tra loro. Alcuni aminoacidi sono: - forti formatori di elica, come leucina, metionina e glutammato; - forti formatori di foglietti, come isoleucina, valina e fenilalanina - distruttori di elica, come glicina e prolina, e sono responsabili del ripiegamento e curvatura dell’α-elica. c) struttura terziaria: dipende dalla struttura primaria di un polipeptide; essa: - è data dall’insieme delle strutture secondarie; - è determinata da legami non covalenti – ma forti – tra i residui laterali di aminoacidi che possono essere anche molto lontani nella sequenza primaria è una struttura tridimensionale, che comprende anche α-eliche e β-foglietti. Se la proteina non assume la struttura tridimensionale corretta rischia di non funzionare. d) struttura quaternaria: è presente solo in alcune proteine, cioè nei polipeptidi (sono necessarie almeno 2 catene di aminoacidi). Un esempio è l’emoglobina, che trasporta ossigeno al sangue legando questo al gruppo eme. L’emoglobina è costituita da 4 catene: vi sono 2 catene dette α-globine e 2 catene dette β-globine. REGOLAZIONE DELL’ATTIVITA’ DELLE PROTEINE AD OPERA DELLA CELLULA: essa è necessaria per rispondere (velocemente) agli stimoli esterni. I meccanismi principali sono: 1. modificazione covalente della proteina: la cellula modifica la composizione chimica della proteina mediante legami covalenti. fosforilazione: aggiunta di un gruppo fosfato (proveniente dall’ATP consumo di energia) a un aminoacido laterale grazie alla catalisi degli enzimi chinasi, con conseguente cambio di conformazione. La reazione è reversibile defosforilazione: distacco di un gruppo fosfato grazie alla catalisi degli enzimi fosfatasi. 2. regolazione allosterica: la cellula attiva o inibisce la proteina mediante una seconda molecola (attivatrice o inibitrice) 3. taglio proteolitico: es: attivazione di ormoni, ad esempio di insulina: - l’insulina viene sintetizzato sottoforma di precursore (proinsulina), che ha un ‘pezzo’ in più - nel momento in cui deve entrare in azione, la cellula fa sì che si formino legami tra gli aminoacidi di cisteina presenti nei due ‘pezzi’ funzionanti dell’insulina (ponti disolfuro, legami forti) - l’insulina viene tagliata da enzimi proteolitici dopo che la catena polipeptidica si è ripiegata ed ha assunto una forma specifica - esplicata la sua funzione, l’insulina viene degradata (nel citoplasma rimane la proinsulina). Acidi nucleici Gli acidi nucleici sono: DNA = acido desossiribonucleico RNA = acido ribonucleico. I monomeri degli acidi nucleici sono i nucleotidi, che si legano mediante legami fosfodiesterici esono formati da: - 1 gruppo fosfato - 1 zucchero pentoso (ribosio o desossiribosio) - 1 base azotata tra: adenina purine guanina (in DNA e RNA) (2 anelli) citosina pirimidine timina (in DNA) (1 anello) uracile (in RNA) Purine e pirimidine si legano con legami a idrogeno formando sempre le stesse coppie: C+G 3 legami a idrogeno A + T (nel DNA) 2 legami a idrogeno A + U (nel RNA) Regola di Chargaff: se il DNA è a doppio filamento: → la quantità di purine è uguale a quella di pirimidine: A + G = T + C → la quantità di A è uguale a quella di T, e la quantità di C è uguale a quella di G. IL DNA è a doppio filamento più grande dell’RNA, perché porta l’informazione per tutti i geni presenta una struttura a doppia elica a diametro costante (perché una purina si lega sempre a una pirimidina): - scheletro: formato dallo zucchero + gruppo fosfato - centro: basi azotate unite (A+T, C+G) mediante legami a idrogeno; questo perché il DNA deve essere stabile (non deve interagire con altre molecole, quindi deve saturare tuti i legami), ma anche facile da dividere e duplicare. i due filamenti sono antiparalleli i nucleotidi non legati da legame fosfodiesterico: il gruppo OH dello zucchero del primo nucleotide si lega con il gruppo P del secondo nucleotide (legame tra zucchero e gruppo fosfato): inizio catena: estremità 5’ (è libero il fosfato) fine catena: estremità 3’ (è libero il gruppo OH sul C3’ dello zucchero) L’RNA ha un singolo filamento più piccolo del DNA, perché porta l’informazione per poche proteine essendo piccolo, può passare dal nucleo al citoplasma lo zucchero che lo costituisce è il ribosio, che ha un ossigeno in più del desossiribosio ha l’uracile al posto della timina. il filamento si ripiega su se stesso e si appaia A+U e C+G. Nella cellula esistono diversi tipi di RNA, i principali sono: mRNA RNA messaggero codifica per le proteine rRNA RNA ribosomale forma i ribosomi tRNA RNA transfer fa sì che la sequenza di aminoacidi sia corretta snRNA small nuclear RNA entra nella struttura dello spliceosoma snoRNA small nucleolar RNA per modificare chimicamente l’Rrna scRNA small cytoplasmic RNA trasporta proteine nel reticolo endoplasmatico miRNA micro RNA controllo post-trascrizionale (blocca la possibilità di leggere l’mRNA può essere sfruttato a livello terapeutico per bloccare la codifica di proteine anomale che provocano patologie senza colpire il gene) Cellule eucariotiche Le cellule eucariotiche hanno un nucleo e tanti organelli con funzioni specifiche, fatti di membrana (con una struttura uguale anche nelle cellule procariotiche) e ricoperti da membrana plasmatica. COMPARTIMENTI FUNZIONE PRIMARIA citosol pathway metabolici, sintesi proteica nucleo contiene acidi nucleici, sintesi DNA e RNA reticolo endoplasmatico sintesi di lipidi e proteine apparato di Golgi modificazione e smistamento delle proteine lisosomi degradazione intracellulare perossisomi ossidazione di molecole tossiche mitocondri ciclo di Krebs, sintesi di ATP LE MEMBRANE BIOLOGICHE: strutture fondamentali che hanno consentito l’evoluzione di cellule complesse. Se nei procarioti c’è solo la membrana plasmatica, negli eucarioti: membrana plasmatica: delimita il citoplasma (=membrana esterna) Membrana plasmatica = complesso di lipidi / carboidrati / proteine che delimita la cellula, regola gli scambi con l’ambiente esterno e contiene sistemi di trasporto e segnale. membrane degli organelli: delimitano gli organelli intracellulari (=membrane interne). L’unità fondamentale della membrana sono i lipidi, in particolare i fosfolipidi (lipidi complessi) che presentano una testa polare idrofila (con il gruppo fosfato) e due code apolari idrofobiche (se sono presenti ‘gomiti’ nelle cose, l’acido grasso è insaturo). Nella membrana ci possono essere, oltre ai fosfolipidi, anche glicolipidi. Per via della loro struttura i fosfolipidi si dispongono a formare la membrana in un doppio strato (se non ci fosse un ambiente acquoso ma ad esempio olio basterebbe un solo strato), in cui: - le teste polari (idrofile) sono rivolte verso l’ambiente acquoso interno ed esterno della cellula; - le code apolari (idrofobe) sono rivolte verso l’interno della membrana, stando il più possibile lontane dall’acqua. In questo doppio strato i fosfolipidi si affiancano tra loro, senza formare legami, così che si possano muovere (struttura dinamica). Questo modello è detto a mosaico fluido, in cui i fosfolipidi e i glicolipidi sono le “tesserine” che compongono il mosaico, in cui sono più o meno immerse proteine globulari e glicoproteine, a formare una struttura dinamica (vista l’assenza di legami chimici tra i fosfolipidi). → fosfolipidi con acidi grassi saturi: gli acidi grassi non presentano doppi legami. Se la membrana ha solo fosfolipidi con acidi grassi saturi, allora è più rigida e compatta, perché i fosfolipidi sono molto vicini tra loro → fosfolipidi con acidi grassi insaturi: gli acidi grassi di alcuni fosfolipidi presentano doppi o tripli legami ( catene con ripiegamento). Se la membrana ha fosfolipidi con acidi grassi insaturi, allora è più fluida, perché i fosfolipidi non sono così vicini tra loro come nel caso precedente. Nelle membrane ci devono essere fosfolipidi con acidi grassi sia saturi che insaturi, perché devono avere la giusta fluidità. Per modificare la fluidità della membrana: se la membrana è troppo lassa usa il colesterolo (che ha una parte polare con OH e una parte apolare): il colesterolo si inserisce tra gli acidi grassi insaturi, con il gruppo OH vicino alle teste idrofile, e la parte apolare vicino alle code idrofobe si può modificare la fluidità della membrana anche modificando la temperatura, ma si tratta di un processo che la cellula non esegue naturalmente. Le proteine di membrana possono essere: integrali = intrinseche = transmembrana: attraversano il doppio strato fosfolipidico (es: canali ionici) periferiche = estrinseche: appoggiate su una delle due facce della membrana plasmatica ancorate ai lipidi o alle proteine: non costituiscono la membrana, ma sono agganciate ad altre sostanze e sporgono all’interno o all’esterno. Il ‘livello di immersione’ delle proteine di membrana dipende dalla natura degli aminoacidi che le costituiscono: se gli aminoacidi sono apolari, allora la proteina tenderà a stare vicino alle code; viceversa, se gli aminoacidi sono polari, allora la proteina tenderà a stare vicino alle teste. I movimenti delle componenti della membrana possono essere: a) rotazione intorno al proprio asse maggiore: la compiono tutte le componenti della membrana; non implica un cambiamento sulle molecole adiacenti. b) diffusione laterale: consiste in uno spostamento rimanendo nello stesso strato lipidico; avviene frequentemente. c) diffusione trasversale o flip-flop: consiste nel cambiamento di strato lipidico; non avviene spesso ed è più difficile per via della polarità e apolarità delle componenti della membrana. Asimmetria della membrana: la membrana è asimmetrica perché i due strati lipidici hanno una distribuzione ineguale di lipidi, proteine e residue saccaridi. Per questo è importante che il flip-flop sia complicato da compiere: infatti i sistemi tendono all’equilibrio, quindi se fosse semplice i doppi strati lipidici tenderebbero a raggiungere la simmetria; è importante invece che ci sia asimmetria, perchP essa consente di trasmettere impulsi attraverso le membrane, ed è alla base della differenza di potenziale a cavallo della membrana (ci sono cariche diverse sui due strati). Funzioni delle membrane biologiche: 1) contorno e barriera di permeabilità (delimitando anche le funzioni negli organelli) 2) organizzazione e localizzazione della funzione 3) processi di trasporto 4) rilevamento del segnale (i recettori sono per lo più sulle membrane) 5) comunicazione cellula-cellula. IL TRASPORTO ATTRAVERSO LE MEMBRANE BIOLOGICHE → trasporto di piccole molecole o ioni a) passivo: è spontaneo e avviene senza consumo di energia da parte della cellula; va lungo gradiente di concentrazione, liberando un po’ di energia. diffusione semplice: molecole molto piccole (es: O 2 , CO 2 , N 2 , benzene, alcoli) possono attraversare la membrana. La diffusione sposta i soluti verso l’equilibrio, tendendo a formare, da una distribuzione casuale, una situazione di equilibrio, con concentrazioni uguali in ogni punto. La diffusione tende al minimo contenuto di energia libera: le molecole si muovono secondo il gradiente di concentrazione e, se ioni carichi, si spostano secondo il gradiente elettrochimico. diffusione facilitata: gli ioni, che sono carichi e quindi polari, diffondono grazie alle proteine canali o proteine vettori (dette anche carrier o trasportatori) nella membrana: - proteine canali: delimitano pori; hanno una parte idrofila e una idrofoba. i canali ionici sono generalmente specifici (selet- tivi) per un determinato ione. Lo stato di apertura o di chiusura dei canali ionici può essere controllato mediante: ligando (un’altra molecola) potenziale controllo meccanico - proteine vettori/carrier/trasportatrici: ogni membrana cellulare ha la propria serie caratteristica di proteine vettrici. Possono essere aperte verso l’esterno o verso l’interno (le conformazioni sono equivalenti) e trasportano lo ione con cambi conformazionali: osmosi: l’acqua diffonde da una regione a concentrazione di soluti inferiore a una in cui la concentrazione è più elevata. Ciò avviene in presenza di una membrana semipermeabile, ma impermeabile nel soluto in cui si trova: non potendo spostare il soluto, la cellula sposta il solvente (l’acqua) per equilibrare la concentrazione. L’acqua, molecola piccola ma polare, insolubile nei lipidi, diffonde comunque rapidamente grazie a delle proteine transmembrana, le acquaporine, che formano pori attraverso cui passa l’acqua (“a metà” tra diffusione semplice e diffusione facilitata). bilancio idrico nelle cellule: una soluzione in cui è immersa una cellula può essere ipotonica (meno concentrata), isotonica (uguale concentrazione) o ipertonica (più concentrata): b) attivo: richiede energia (consumo di ATP), perché va contro gradiente di concentrazione. Questo trasporto è sempre mediato da proteine “pompe”, che sono capaci di riconoscere i composti polari o ioni che devo passare, legarli e trasportarli – cambiando la propria conformazione, consumando energia – contro il gradiente di concentrazione elettrochimico, consumando energia idrolizzando ATP (il trasporto è termodinamicamente sfavorevole). Le pompe devono provvedere non solo al trasporto delle molecole di soluto, ma anche all’accoppiamento di tale trasferimento ad una reazione che ceda energia. Spesso quindi il trasporto è accoppiato, ovvero la stessa pompa trasporta due molecole: - una contro gradiente: trasporto attivo (consuma energia) - una lungo gradiente: trasporto passivo (libera energia, usata per il trasporto contro gradiente) Es: pompa sodio/potassio (Na+-K+ ATPasi): la pompa sodio/potassio consuma ATP per mantenere il potenziale di membrana. Essa usa l’energia dell’idrolisi dell’ATP per pompare Na+ fuori dalla cellula e K+ dentro, entrambi contro il loro gradiente di concentrazione elettrochimico (fa 2 trasporti attivi), perché non deve esserci equilibrio di concentrazione tra Na+ e K+ (per il potenziale). Per ogni ATP consumato, la pompa butta fuori 3 Na+ e porta dentro 2 K+. → trasporto di macromolecole: avviene mediante la formazione di vescicole di membrana contenenti la macromolecola da trasportare. 1. esocitosi: trasporto verso l’esterno della cellula. Vengono secreti in questo modo neurotrasmetti- tori, ormoni, enzimi, proteine del latte, muco, anticorpi, proteine della matrice extracellu- lare, ecc. Le vescicole nel citoplasma si avvicinano sempre più alla membrana plasmatica, fino a fondersi con essa rilasciando all’esterno il loro contenuto; la vescicola diventa quindi parte della membrana plasmatica stessa. L’esocitosi può essere: - costitutiva: avviene sempre - regolata: avviene quando è necessario. 2. endocitosi: trasporto verso l’interno della cellula: la membrana plasmatica si approfondisce fino a formare una vescicola contenente la macromolecola da trasportare. L’endocitosi può essere: endocitosi mediata da recettori (la più comune): processo estremamente specifico, in quanto consente di incorporare solo quelle sostanze (ligandi) che sono riconosciute e legate da specifici recettori della membrana plasmatica. I ligandi (ormoni, fattori di crescita, enzimi…) vengono concentrati su alcune regioni della membrana plasmatica, dette fossette rivestite; il rivestimento delle fossette si trova sulla faccia della membrana rivolta verso il citosol ed è costituito principalmente da due proteine, la clatrina e la proteina adattatrice (o proteina di assemblaggio). Passaggi (es. per l’endocitosi del colesterolo, rivestito di LDL): I. avvicinandosi il colesterolo alla membrana plasmatica, tutti i recettori si avvicinano; II. si forma il rivestimento in clatrina; III. la membrana si approfondisce fino a quando si forma la vescicola (la membrana si chiude per fusione, consentendo il distacco della vescicola); IV. si elimina la clatrina; V. la vescicola si fonde con il lisosoma, che in seguito digerisce l’LDL e libera il colesterolo. fagocitosi: incorporazione di grossi aggregati insolubili oppure di frammenti di cellule o di cellule intere. Nel corpo umano è effettuata generalmente solo dai fagociti, che comprendono leucociti neutrofili del sangue e i macrofagi (gli “spazzini” del sangue). La fagocitosi ha funzione di difesa contro organismi invasori. I. specifici ligandi sul materiale da inglobare vengono riconosciuti da recettori della membrana plasmatica II. la membrana plasmatica si estende, formando estroflessioni dette pseudopodi, fino a ricoprire la cellula da inglobare III. i due pseudopodi si fondono, formando il vacuolo fagocitico o fagosoma (la vescicola) IV. il fagosoma si fonde con i lisosomi primari a formare lisosomi secondari V. il lisosoma digerisce il contenuto fagocitico. pinocitosi: trasporto di materiale disciolto (soluzioni liquide) all’interno della cellula. Ciò avviene ad esempio nell’intestino: i microvilli (estroflessioni sempre presenti) consentono la creazione di vescicole contenenti materiale liquido. Principali compartimenti intracellulari 1) NUCLEO La maggior parte delle cellule eucariotiche ha un nucleo, anche se esistono eccezioni (i globuli rossi non hanno nucleo; alcune cellule eucariotiche hanno più nuclei). Il nucleo può essere in diverse posizioni della cellula, a seconda del tipo cellulare. Struttura del nucleo: involucro nucleare: struttura che circonda il nucleo, costituita da due membrane concentriche – membrana nucleare interna ed esterna – fuse in alcuni punti, i pori nucleari. La membrana esterna continua in quella del reticolo endoplasmatico. pori nucleari: complessi di proteine che formano delle aperture lungo l’involucro nucleare e che permettono il passaggio – per trasporto passivo – di materiali dal citoplasma al nucleo e viceversa, limitando la dimensione che le molecole che possono passare devono avere (il complesso del poro sporge nel poro, diminuendone il diametro). Trasporto attraverso i pori nucleari: - piccole molecole (ioni, piccole proteine…) passano liberamente attraverso i pori (trasporto passivo), e la velocità di ingresso è inversamente correlata al loro diametro: più larga è la molecola, più lento è il suo ingresso; - molecole con diametro superiore a quello del poro (es: proteine che formano i ribosomi) per entrare devono presentare una sequenza amminoacidica segnale NLS. Import ed export dal nucleo (attraverso i pori nucleari): → dal nucleo al citoplasma devono uscire: - RNA (messaggero, ribosomiale, transfer) - subunità dei ribosomi (fatti di proteine e rRNA) → dal citoplasma al nucleo devono entrare: - proteine che costituiscono le subunità ribosomiali - proteine che servono al nucleo (essendo grosse, entrano attraverso sistemi di trasporto specifici). Nel nucleo ci sono i cromosomi (=DNA legato a proteine), il cui numero è caratteristico per ogni specie: nelle cellule somatiche umane sono 46 (23 coppie diploidi). diplodi: sono le cellule che presentano coppie di cromosomi omologhi (2n) nell’uomo cellule somatiche (tutte tranne i gameti). Un membro del cromosoma deriva dalla madre e uno dal padre. I membri di ogni coppia di cromosomi sono chiamati omologhi aploidi: sono le cellule che hanno solo una copia di ciascun cromosoma (n) nell’uomo i gameti. I cromosomi sessuali sono costituiti da una coppia di cromosomi non completamente omologhi. Gli autosomi sono cromosomi non sessuali. Cariotipo umano: è possibile fare un’analisi del cariotipo umano (analisi prenatale), ovvero far crescere le cellule dal liquido amniotico, farle dividere e vederne la metafase. Ciò perché nella metafase si verifica il massimo della risoluzione dei cromosomi. Il cariotipo o cariogramma è la disposizione ordinata, l’assetto dei cromosomi di un individuo, cioè l’insieme dei suoi cromosomi, le strutture che contengono il DNA e quindi l'informazione genetica. Nell'essere umano, il cariotipo normale è costituito da 46 cromosomi: - 22 coppie di cromosomi omologhi = autosomi (uguali in uomo e donna) - 1 coppia di cromosomi del sesso: nell’uomo, XX per il sesso femminile e XY per quello maschile. Nella metafase il cromosoma possiede strutture doppie costituite da cromatidi fratelli tenuti insieme a livello del centromero. Centromero = regione specializzata che separa due bracci cromosomici. Alla metafase i cromosomi si allineano e assumono questa forma, in cui i cromosomi sono compattati in modo da poterli distinguere l’uno dall’altro nel nucleo e distribuirli sul fuso mitotico senza commettere errori. Composizione dei cromosomi: i cromosomi sono costituiti da DNA e proteine. In particolare, il DNA si avvolge sopra complessi di proteine dette istoni, compiendo 2 giri attorno a ogni proteina istonica forma un complesso basico. Un’altra proteina istonica, detta H1, rende stabile l’avvolgimento, portando così alla formazione del nucleosoma, l’unità costituente dei cromosomi, formata da 8 molecole di istoni + 146 coppie di nucleotidi di DNA. Tra i nucleosomi c’è del DNA libero, detto DNA intercalare o DNA linker. La sequenza dei nucleosomi si ripiega quindi su se stessa a formare fibre di cromatina, accorciandosi e aumentando di diametro. Esistono quindi: - cromosomi dispersi nel nucleoplasma: costituiti da DNA e proteine (cromatina); ben visibili quando la cellula si sta dividendo. Contengono i geni; - proteine istoniche: piccole proteine basiche che formano la struttura intorno cui si avvolge il DNA; - proteine non istoniche: proteine che formano la struttura di supporto. Il genoma umano (aploide) presente nel nucleo di una cellula è costituito da circa 3x109 paia di basi divise in 23 molecole. La dimensione del nucleo è di circa 5 micron, quindi il DNA deve essere compattato. Quando la cromatina non è compatta come quando lo è nella metafase, ci sono degli stati intermedi: - dove il gene non deve essere letto, l cromatina è compatta - dove il gene deve essere letto, la cromatina è meno compatta. La cromatina può essere eucromatina eterocromatina DNA attivo trascrizionalmente DNA non attivo trascrizionalmente (il DNA viene trascritto in tutte le cellule più compatta meno compatta e sempre attiva) facoltativa costitutiva lo stato di attivazione dipende sempre inattiva dall’esigenza della cellula (cromatina sempre (regioni del cromosoma che compatta, che non possono essere lette - meno contiene geni) compatte - oppure no - compatte) 2) NUCLEOLO Si trova nel nucleo (generalmente ce n’è uno per cellula) ed è la fabbrica dei ribosomi: infatti è formato prevalentemente da rRNA (RNA ribosomiale) e proteine che formano i ribosomi (importate dal citoplasma. Il nucleolo è la sede della sintesi di RNA ribosomale e dell’assemblaggio delle subunità dei ribosomi, che vengono poi trasportate nel citoplasma attraverso i pori nucleari. 3) LAMINA NUCLEARE Consiste in una rete di filamenti a ridosso della membrana interna dell’involucro nucleare ed è formata dalla polimerizzazione di proteine delle laminine. Funzione: - dare forma al nucleo - proteggere il nucleo impedendone la deformazione. Sia la lamina nucleare che l’involucro nucleare si disaggregano prima della divisione cellulare, per riformarsi avvenuta la mitosi. 4) RETICOLO ENDOPLASMATICO (RE oppure ER) Fa parte del sistema di endomembrane insieme all’apparato di Golgi. Consiste in un labirinto di membrane appiattite (cisterne) e interconnesse, in continuità con l’involucro nucleare. Lo spazio interno è detto lume del reticolo. A seconda della presenza o assenza di ribosomi sulla sua superficie, il RE si divide in: a) reticolo endoplasmatico rugoso/ruvido (RER): Struttura: - è fatto di sacculi appiattiti e rivestiti da membrana; - il lume è in continuità nei sacculi e in contatto diretto con l’involucro nucleare; - sulla membrana che lo riveste ci sono ribosomi (altri ribosomi, nella cellula, sono liberi nel citoplasma), la sede della sintesi delle proteine da esportazione, destinate a uscire dalla cellula, a formare la membrana plasmatica o ad andare sui lisosomi. Funzioni: sintetizzare le proteine da esportazione e inviarle all’apparato di Golgi. b) reticolo endoplasmatico liscio (REL): è la sede della sintesi. Struttura: - è simile al RER, ma non presenta ribosomi e ha struttura più tubolare; - il lume è in continuità tra i ‘tubicini’ del REL; - è in diretto contatto con il reticolo endoplasmatico rugoso. Funzioni: - sede della sintesi di lipidi e steroidi (come colesterolo); - inattivazione e detossificazione di composti tossici (es: barbiturici). Ciò che viene sintetizzato nel RE viene poi trasportato per esocitosi attraverso vescicole che si distaccano dal RE e vanno a destinazione; le proteine di esportazione vanno all’apparato di Golgi. 5) APPARATO DI GOLGI (O COMPLESSO DI GOLGI O GOLGI) Struttura: è costituito da cisterne appiattite impilate (dittiosomi), definite sacculi, e da piccole vescicole. A differenza del reticolo endoplasmatico, tra le cisterne del Golgi non esiste continuità, quindi il trasporto avviene mediante vescicole. Il Golgi si distingue in: cis Golgi: regione in prossimità del reticolo endoplasmatico ( faccia cis), verso il nucleo intermedio: regione intermedia trans Golgi: regione in prossimità della membrana plasmatica ( faccia trans). Funzioni: ricevere le proteine da esportazione dal RER e modificarle chimicamente (in ogni cisterna avvengono modifiche diverse), rendendole riconoscibili per lo smistamento. Le modificazioni delle proteine nell’apparato di Golgi consistono nell’aggiunta di gruppi chimici: - glicosilazione = aggiunta di zuccheri; - solfatazione = aggiunta di gruppi solfato; - fosforilazione = aggiunta di gruppi fosfato. Nel Golgi avviene il corretto folding delle proteine da esportazione. Trasporto attraverso vescicole: può essere: trasporto anterogrado: in avanti trasporto retrogrado: le vescicole vuote tornano indietro, altrimenti il RE perderebbe membrana. 6) LISOSOMI Struttura: sono piccole sacche (vescicole del Golgi) delimitate da una singola membrana, piene di enzimi idrolitici (idrolasi), prodotti nel RE e modificati nel Golgi, che demoliscono ciascuno una specifica macromolecola: proteine, lipidi, carboidrati e acidi nucleici. La caratteristica comune a questi circa 40 enzimi lisosomiali è che lavorano tutti a pH acido (pH = 5), più basso della cellula, che ha pH = 7. Questo significa che nel citoplasma ci sono più ioni H+ rispetto a quelli all’interno del lisosoma: il pH è mantenuto acido grazie a pompe protoniche poste sulla membrana dei lisosomi, che trasportano contro gradiente – consumando energia – ioni H+ dal citosol. Questa differenza di pH è importante: la compartimentazione degli enzimi idrolitici e il fatto che essi funzionino solo in ambiente acido evita l’autodigestione da parte della cellula (cioè che si degradino molecole anche nel citoplasma). Tra i lisosomi si distinguono: lisosomi primari: si formano per gemmazione dal Golgi. Hanno contenuto omogeneo e sono pieni dei soli enzimi lisosomiali lisosomi secondari: si formano dalla fusione dei lisosomi primari con vescicole circondate da membrana come un fagosoma o un endosoma. Hanno contenuto eterogeneo (contengono materiale da digerire). Funzione: degradare materiale. Si distingue: a. eterofagia, ovvero digestione di materiale esogeno: - corpi estranei ingeriti tramite fagocitosi; - macromolecole assordite dall’esterno della cellula per endocitosi. b. autofagia, ovvero digestione di parti della cellula stessa: - parti fatiscenti della cellula; - macromolecole della cellula. Malattie: con l’invecchiamento, vi sono alcuni danni tissutali causati da lisosomi che ‘perdono’ il loro contenuti. Ad esempio: artrite reumatoide: danno a livello delle giunture nelle cellule cartilaginee causato dal rilascio di enzimi lisosomiali; malattie genetiche, note come malattie lisosomiali, in cui manca per mutazione genica un enzima lisosomiale. esempio: malattia di Tay-Sachs, una malattia genetica del metabolismo di tipo autosomico recessivo (non si tramanda per via del sesso) dovuta alla mancanza di un enzima lisosomiale, l’esosaminidasi A, che normalmente degrada alcuni gangliosidi (= lipidi complessi con testa composta da oligosaccaridi). Tale mancanza provoca un accumulo di gangliosidi nelle cellule cerebrali, portando a un progressivo deterioramento del sistema nervoso (cecità, ritardo mentale) e alla morte entro i primi anni di vita. 7) PEROSSISOMI O MICROBODIES Struttura: sono organuli delimitati da una singola membrana, dall’aspetto simile ai lisosomi (ma senza pH acido), contenenti enzimi detossificanti. Funzioni: ancora in parte sconosciute. Le funzioni principali sono: - detossificazione da molecole tossiche formate dall’organismo stesso (es: acqua ossigenata H 2 O 2 , metanolo, etanolo); - beta-ossidazione (= degradazione) degli acidi grassi. 8) MITOCONDRIO Struttura: organello formato da 2 membrane: - membrana esterna: normale, a contatto col citoplasma; - membrana interna: presenta tanti ripiegamenti, detti creste mitocondriali (ci sono ripiegamenti per avere una superficie più estesa), ma ha una composizione chimica diversa dalle altre membrane. La soluzione acquosa presente nella membrana interna è detta matrice mitocondriale; - tra le due membrane c’è uno spazio intermembrana; - sulla membrana interna ci sono quasi tutti i complessi proteici implicati nella produzione di ATP nell’ultima fase della respirazione cellulare); - sono presenti nel citoplasma in quantità diverse a seconda del tipo cellulare (sono più numerosi nelle cellule che hanno bisogno di più energia, come quelle di muscoli e cervello) - nella matrice mitocondriale è presente un DNA proprio del mitocondrio (DNA mitocondriale), diverso da quello presente nel nucleo DNA mitocondriale: è circolare, con pochi geni (solo quelli necessari per produrre le proteine coinvolte nella respirazione cellulare; quelle che servono per il mitocondrio sono prodotte nel citoplasma a partire dal DNA nucleare). Funzione: sede della respirazione cellulare (produzione di ATP – quindi di energia – a partire da zuccheri o altre molecole contenute negli alimenti). Ipotesi sull’origine endosimbiotica dei mitocondri: secondo quest’ipotesi in origine il mitocondrio era una cellula batterica in grado di produrre energia a partire dall’ossigeno. In quell’epoca l’ossigeno si stava appena formando nell’ambiente, quindi altre cellule che non erano in grado di sopravvivere in ambienti con ossigeno morivano, mentre i mitocondri sopravvivevano. Successivamente il mitocondrio sarebbe stato inglobato per fagocitosi da una cellula procariotica più grande che poi non l’ha degradato, ma l’ha mantenuto, perché il mitocondrio era capace di detossificare l’ambiente dall’ossigeno (endosimbiosi). In seguito all’evoluzione, sarebbe così nata la cellula eucariotica contenente il mitocondrio. Questa teoria spiegherebbe molte cose, come: - l’uso dell’ossigeno da parte del mitocondrio; - la presenza di due membrane mitocondriali. I mitocondri poi sono ereditati per via materna, pertanto hanno un DNA diverso da quello nucleare. 9) CITOSCHELETRO Si tratta di un sistema essenzialmente costituito da proteine che formano strutture filamentose. Funzioni: - contribuisce al sostegno del citoplasma e mantiene la forma - presiede ai movimenti cellulari - coinvolto nei movimenti intracellulari. Tipologie: esistono tre categorie di filamenti, che si distinguono per dimensione, posizione nella cellula, proteine che li compongono e funzione. Essi sono microtubuli, filamenti intermedi e microfilamenti. a) microtubuli: sono quelli con il diametro maggiore (sono i più grossi). I microtubuli sono abbastanza diffusi nel citoplasma e protendono tutti verso la membrana plasmatica, ma tutti hanno origine comune in una regione vicino al nucleo, detta centro di organizzazione microtubulare (nei centrioli inizia l’assemblaggio dei microtubuli). I microtubuli sono polari. Struttura: cilindrici, sono costituiti da polimeri della proteina tubulina: 1. un filamento di tubulina α si unisce a uno di tubulina β a formare un dimero (legato a una molecola di GTP, una molecola energetica analoga all’ATP ma con la guanina invece dell’adenina) 2. i dimeri si allineano, a formare il protofilamento, che ha un orientamento specifico (costante alternanza di α-β-α-β-α-β…) 3. i protofilamenti si dispongono in circolo allineandosi e delimitando un canale centrale, a formare il microtubulo. Il risultato è una struttura perfetta e ordinata, in cui si possono distinguere le estremità: - inizio: estremità - (estremità α), vicina al nucleo - fine: estremità + (estremità β), lontana dal nucleo, dove si possono aggiungere dimeri e allungare il microtubulo. Instabilità dinamica: per allungare un microtubulo, altri dimeri di tubulina a GTP (hanno una carica energetica) si aggiungono all’estremità +. Man mano che si aggiungono dimeri, la polimerizzazione procede più velocemente dell’idrolisi del GTP, e i primi dimeri perdono la loro carica energetica, mentre la regione in cui i microtubuli hanno ancora la carica di GTP è detta cappuccio a GTP. L’accorciamento del microtubulo avviene quando i protofilamenti di tubulina a GDP sono instabili e si staccano dalla parete del microtubulo, e quindi la tubulina a GDP torna libera nel citosol; i dimeri sono rimossi dall’estremità +. Funzioni: i microtubuli sono implicati nel: movimento dei cromosomi (formano il fuso mitotico) movimento delle cellule (ciglia e flagelli) movimento di componenti cellulari (piste molecolari) → Ciglia: piccole strutture piliformi (fasci di microtubuli riuniti nel corpo basale) rivestite da membrana che si protendono dalla superficie di molti tipi di cellule eucariotiche. Funzione: muovere la soluzione acquosa che ricoprono la cellula, consentendone il movimento, con un colpo propulsivo veloce e un ritorno in posizione lento (es: nelle narici le ciglia muovono il muco). → Flagelli: la struttura è simile a quella delle ciglia, ma i flagelli sono più lunghi (nelle cellule eucariotiche sono gli spermatozoi sono flagellate). Funzione: spostare l’intera cellula, con un movimento simile a quello di un serpente. → Struttura di ciglia e flagelli: la struttura interna è identica per ciglia e flagelli. La struttura interna è detta assonema o struttura 9+2, perché ci sono: - 9 coppie di microtubuli disposti ad anello alla periferia - 1 coppia centrale con funzione di sostegno (non è implicata nel movimento). Ogni coppia è fatta di un microtubulo completo e uno parziale, perché quest’ultimo sfrutta un pezzo dell’altro microtubulo. Ogni coppia è inoltre agganciata a proteine motrici (dineine, che sono in grado di muoversi sui microtubuli dall’estremità + all’estremità -, cioè in direzione centripeta) essenziali per il movimento: - quando ciglia o flagello sono dritti, le proteine sono una al fianco dell’altra; - quando arriva l’impulso (per il movimento) con ATP, l’ATP fa sì che le dineine di una coppia di microtubuli si aggancino alla coppia adiacente; - le dineine si muovono verso il basso (estremità -), provocando un movimento di scorrimento che determina il ripiegamento del ciglio o flagello - quando la dineina si stacca, il ciglio o flagello torna in posizione originaria. Esistono poi altre proteine motrici che vanno dall’estremità - all’estremità +, dette chinesine. Esse si muovono sui microtubuli trasportando qualcosa: sono movimenti attivi, che quindi consumano ATP (es: aiutano il movimento delle vescicole). Nel neurone i neurotrasmettitori si muovono efficacemente sull’assone, molto lungo, grazie all’aiuto dei microtubuli che formano piste molecolari; il neurotrasmettitore viene poi rilasciato per esocitosi. b) filamenti intermedi: comprende tipi di filamenti fatti da proteine diverse, di tipi diversi per ogni cellula o tessuto. Questi filamenti si assemblano tutti nello stesso modo: 1. una proteina singola (ad esempio la cheratina) si intreccia con una proteina analoga a formare un dimero: le due proteine si allineano in modo da avere le estremità N-terminali da una parte e le estremità C-terminali dall’altra 2. due dimeri si uniscono a formare un tetramero, in cui i due dimeri si dispongono il senso antiparallelo e sfasati 3. due tetrameri si uniscono a formare un ottamero, in cui i due tetrameri sono affiancati 4. otto ottameri formano un filamento intermedio. Si ottiene così una struttura “a fune”, complessa, fatta da un solo tipo di proteina. Questo intreccio ha lo scopo di dare una maggiore resistenza ed elasticità rispetto ai fili singoli paralleli. Funzione: i filamenti intermedi garantiscono che a un tessuto si possano applicare forze meccaniche senza rompere il tessuto, proteggendo le cellule dai danni. Tipologie: i filamenti intermedi possono essere: citoplasmatici: - cheratine (negli epiteli) - neurofilamenti (nelle cellule nervose) - vimentina e vimentino-simili (tessuto connettivo, muscolare e neurogliale) nucleari: lamine nucleari (in tutte le cellule animali) c) microfilamenti (filamenti actinici): presenti in tutte le cellule eucariotiche, sono filamenti lunghi e sottili (diametro 7 nm) della proteina di actina. Struttura: ogni microfilamento è costituito da due filamenti di actina intrecciati, che possono essere presenti singolarmente, in fasci o in reti tridimensionali. Funzioni: le principali sono: - contrazione muscolare: nelle cellule muscolari, l’actina di associa on la miosina a formare le fibre della contrazione muscolare scivolamento reciproco dei singoli filamenti; - concorrono ai movimenti cellulari (tra cui le correnti citoplasmatiche, i movimenti ameboidi e la formazione del solco di divisione durante la citodieresi): filamenti di actina da soli non possono contrarsi, a possono generare movimento, assemblandosi e disassemblandosi; - formano i microvilli, estroflessioni citoplasmatiche in cellule specializzate per funzioni di assorbimento; - ruolo di sostegno per varie strutture cellulari (in molte cellule è presente una rete di microfilamenti al di sotto della membrana plasmatica). Contrazione muscolare: i muscoli sono volontari (striati) o involontari (lisci). I muscoli striati presentano linee (strie) con strutture che si ripetono con regolarità. Si distinguono delle unità, chiamate sarcomeri. Sarcomeri: - delimitati alle estremità da due dischi Z (fatti di proteine) cui sono agganciati i microfilamenti di actina, tanto piccoli che al microscopio non si risolvono e quindi al microscopio appaiono come bianchi - nella sezione centrale è presente la miosina, una proteina motrice. Quando il muscolo è rilassato, le miosine sono sovrapposte in maniera limitata (la striscia nera più scura che si vede al microscopio) all’actina. Quando il muscolo è contratto, i dischi Z si avvicinano grazie alle miosine che si muovono sull’actina, portando alla sovrapposizione di una zona più ampia. Processo di contrazione muscolare: - attacco: in assenza di ATP le teste di miosina sono legate strettamente ai filamenti di actina. - rilascio: una molecola di ATP si lega alla miosina, causando una variazione di conformazione che riduce l’affinità per l’actina la miosina si stacca dall’actina - distacco: idrolisi di ATP ADP e P rimangono legati alle proteine. - trazione: distacco del P e legame della testa miosinica (usando l’energia liberata nel passaggio precedente) ad una nuova molecola di actina. La miosina però si riattacca in un punto diverso (sull’actina adiacente) rispetto a quello cui era ancorata precedente. Questa situazione però è instabile per la miosina, che non si trova nella sua posizione naturale. - rilascio di ADP e movimento in avanti della miosina, che si mette nella sua posizione naturale provocando il movimento e quindi l’accorciamento del muscolo. Il ciclo riprende. Microvilli (vedi pinocitosi): piccole estroflessioni della membrana cellulare, il cui asse centrale è costituito da actina. La struttura di un microvillo: - microfilamenti fascicolati di actina che percorrono l’intera lunghezza del microvillo, consolidandone la struttura; - legami trasversi tra le molecole di actina dei microfilamenti che connettono alla membrana plasmatica; - calotta di proteine all’estremo distale dei microfilamenti. La funzione principale è quella dell’assorbimento, che avviene per pinocitosi. I microvilli inoltre si muovono nel lume, generando correnti che garantiscono il massimo assorbimento (es. nell’intestino). Il movimento avviene per trazione di actina da parte dei filamenti intermedi che si trovano alla base del microvillo. Strutture esterne alla cellula eucariotica A. MATRICE EXTRACELLULARE È una soluzione acquosa contenente proteine che si organizzano in reticoli di proteine. La matrice extracellulare è presente in quantità diversa nei tessuti. Funzione: impalcatura, protezione e supporto. Composta da: TIPO DI PROTEINA FUNZIONE LUOGO collagene: conferisce resistenza e deve collagene: sotto gli mantenere ben adeso l’epitelio al tessuto epiteli connettivo sottostante elastina: conferisce elastina: negli organi che elasticità e flessibilità a tessuti che si possono distendere o collagene ed elastina devono potersi estendere o cambiare forma. contrarre (es: vescica, (proteine strutturali) Con l’invecchiamento aumenta la rigidità del tessuto polmonare, cute, collagene (aumentano i legami crociati tra le intestino…) molecole) e diminuiscono le molecole di elastina ossa e articolazioni meno flessibili e maggior raggrinzimento della cute. proteoglicani dare resistenza alla compressione; ad esempio nella matrice (complessi di proteine e fungono da “spugne” che assorbono quantità della cartilagine e delle polisaccaridi) elevate di acqua capsule articolari fibronectina e adesione di cellule nel tessuto laminina (proteine adesive) B. GIUNZIONI CELLULARI Sono strutture che tengono unite le cellule. Ne esistono di tre tipi principali: 1° giunzioni strette/serrate/occludenti/sigillanti/tight junctions: regioni di “saldatura” tra cellule che rivestono cavità corporee (es: intestino, vescica). Queste saldature non lasciano spazio tra le membrane delle cellule adiacenti, cioè sono “occludenti” e sigillano gli spazi tra le cellule. Funzione principale: impedire che il liquido presente nelle cavità che queste giunzioni rivestono entri nel tessuto stesso. Il passaggio di sostanze viene bloccato grazie alla fusione parziale di uno dei foglietti fosfolipidici delle membrane cellulari. 2° giunzioni adesive/ancoranti/anchoring junctions: tengono unite le cellule. Comprendono: - desmosomi - emidesmosomi - giunzioni aderenti. Funzionamento: in alcuni punti delle membrane ci sono ispessimenti provocati dalla formazione di complessi proteici cui sono agganciati i filamenti intermedi; così i desmosomi uniscono meccanicamente cellule adiacenti sfruttando la resistenza dei filamenti intermedi. 3° giunzioni comunicanti/gap junctions: permettono il passaggio di molecole tra una cellula e l’altra, grazie alla formazione di un poro, creato dalla giustapposizione di complessi proteici, i connessoni. Permettono il passaggio di molecole. Le giunzioni comunicanti permettono quindi che la comunicazione fra cellule adiacenti sia rapida, cosicché queste cellule possano rispondere a uno stimolo rapidamente e contemporaneamente (e non aspettare che lo stimolo venga elaborato dal sistema nervoso). La comunicazione cellulare La comunicazione cellulare consiste nella trasmissione di un segnale da una cellula trasmittente a una cellula ricevente; il segnale può essere di tipo chimico (molecola) o elettrico (impulso elettrico). La comunicazione è essenziale per la vita della cellula: una cellula che non può inviare/ricevere segnali viene indotta al suicidio cellulare per apoptosi. I punti critici (dove si possono fare errori) della comunicazione tra cellule si verificano durante la trasduzione del segnale, quando la cellula attua un cambiamento di forma. Il segnale infatti non resta sempre lo stesso per tutto il tragitto, viene modificato in base alle esigenze delle cellule che lo trasportano. A ogni trasformazione c'è un alto rischio di sbagliare a convertire in segnale, il quale può non arrivare alla fine oppure dare indicazioni sbagliate. La comunicazione cellulare avviene in fasi successive: 1. emissione del segnale (chimico o elettrico) verso le cellule bersaglio; 2. ricezione; 3. trasduzione; 4. risposta. MECCANISMI DI COMUNICAZIONE: esistono diverse forme di comunicazione, che si differenziano in base alla distanza che separa cellula trasmittente e ricevente: a) segnalazione a lunga distanza → trasmissione endocrina (A): rilascio di ormoni nella circolazione sanguigna, che li trasporta alle cellule bersaglio (trasporto passivo), dove avverrà il riconoscimento, grazie a recettori specifici. In seguito al legame tra ormone e recettore, all’interno della cellula vengono attuati dei meccanismi intracellulari di risposta al segnale. → comunicazione di tipo neuronico (C): invio di molecole segnali, da parte di cellule di uno stesso tessuto, lungo l’assone, grazie ai microtubuli. b) segnalazione locale → trasmissione paracrina (B): secrezione di una molecola segnale, da parte di cellule di uno stesso tessuto, che viene recepita solo dalle cellule adiacenti (comunicazione rapida) es: sinapsi → comunicazione contatto-dipendente (D): avviene quando la cellula trasmittente e ricevente sono a contratto tra loro (es: tra le giunzioni gap). Avviene attraverso le giunzioni comunicanti oppure tramite contatto molecolare tra la molecola segnale emessa dalla cellula trasmittente e il recettore situato sulla membrana cellulare di quella ricevente, che elaborerà poi una risposta. La segnalazione cellulare prevede tre fasi: 1) ricezione del segnale: i recettori presenti sulla cellula ricevente si legano alla molecola segnale. Le molecole segnale sono dette primi messaggeri (dalla cellula alla cellula bersaglio); le molecole prodotte successivamente sono dette secondi messaggeri (prodotti dentro la cellula bersaglio); la cellula può rispondere in tanti modi diversi, producendo più secondi messaggeri. I recettori possono essere: recettori di membrana: presenti sulla membrana plasmatica della cellula. Sono specifici per determinate molecole segnale, le quali devono semplicemente accostarsi alla cellula. I recettori di membrana possono, a loro volta, essere classificati in diverse categorie: a) recettori associati alla proteina G: possono esistere in due forme, ovvero in forma inattiva, con GDP (non energizzata), e in forma attiva, con GTP (energizzata): I. normalmente si trova la forma inattiva, in cui le tre subunità della proteina G sono; II. quando la molecola segnale (detta ligando) si lega al recettore, il complesso ligando- recettore si associa alla proteina G e si verifica un cambio conformazionale; III. quando il recettore viene attivato, si lega alla proteina G che viene attivata anch’essa, e si verifica quindi il rilascio di GDP che viene sostituito da GTP; IV. una delle subunità della proteina G si separa dalle altre due, staccandosi dal recettore; V. la proteina G va ad attaccarsi a un’altra proteina (ad esempio un enzima) sulla cellula, attivandola così che svolga la sua funzione (ad esempio creando un secondo messaggero all’interno del citoplasma); VI. quando la segnalazione è finita, tutto torna allo stato di inattività. b) recettori tirosin-chinasici: sono composti da due subunità normalmente separate tra loro, all’interno delle quali sono presenti chinasi e tirosine (degli aminoacidi) in forma inattiva. I. le chinasi sono presenti in membrana in forma inattiva, ovvero presentano due subunità normalmente disassemblate; II. quando il ligando specifico si lega alle due subunità esse si avvicinano: la vicinanza determina l’attivazione del complesso ricettoriale dimero, che si attiva. Il dimero è in grado di aggiungere un gruppo fosfato da altre molecole (fosforila le tirosine su proteine diverse); III. i dimeri si cross-fosforilano tra di loro: le chinasi dei monomeri attivano a vicenda le tirosine dell’altro, fosforilandole IV. alle tirosine fosforilate si legano proteine intracellulari che si attivano se erano inattive, si inibiscono se erano attive (fosforilano altre proteine); V. ciascuna proteina fosforilata o fosforila altre proteine o attua la risposta. Il vantaggio di questo tipo di recettore è che permette l’attivazione contemporanea di molteplici proteine intracellulari amplificazione del segnale. c) recettori a canale ionico o a controllo di ligando: il canale ionico si apre o si chiude in risposta al legame della molecola segnale (ligando). Parte del recettore (proteina) che costituisce il canale forma la “porta” he apre e chiude il canale. Il recettore risponde a determinati segnali con un cambiamento di conformazione, determinando l’entrata o l’uscita della molecola. recettori intracellulari: sono rari, perché per poter entrare, le molecole devono essere in grado di passare la membrana, quindi devono essere molto piccole e idrofobe; recettori intranucleari: sono rarissimi, perché le cellule devono essere piccolissime per arrivare al nucleo. 2) trasduzione: il segnale cambia forma viene trasportato da molecole sempre diverse a seconda dello stadio della comunicazione cellulare in cui ci si trova. Man mano che la comunicazione procede, vengono coinvolte sempre più molecole (amplificazione del segnale durante le fasi di trasduzione). È nella trasduzione che si trovano i punti critici. 3) risposta: la cellula attua una risposta, che può essere veloce o lenta a seconda del tipo di risposta. Esistono tre tipi di risposte cellulari ai segnali: a) eccitazione o inibizione di neuroni o cellule muscolari; b) influenza dell’attività enzimatica c) effetti sull’attività genica. La risposta prevede una modificazione dell’attività a livello del nucleo: - modifica della funzione di alcune proteine attivazione/disattivazione risposta veloce - modifica del metabolismo cellulare - modifica della struttura della cellula - modifica dell’espressione genica risposta più lenta. La risposta in un primo momento deve essere immediata, anche se limitata; successivamente, quando vengono modificati i geni, la risposta sarà aumentata. Tutte le cellule devono poter rispondere, e a questo scopo ogni cellula ha recettori diversi. Se una cellula non sa rispondere muore, e l’organismo ricicla ciò che può: questa morte è detta apoptosi ed è controllata dall’organismo mediante stimoli. La morte della cellula per necrosi invece è provocata da danni esterni (ad esempio una ferita), e non consente all’organismo di riciclare. I virus I virus sono agenti infettanti che possono provocare patologie (parassiti) e incapaci di vita autonoma non sono cellule, non sono considerati materia vivente in quanto non sono in grado di autoriprodursi, non si nutrono, non si accrescono e non rispondono ai segnali; per poterlo fare devono infettare delle cellule ospiti. Costituzione dei virus: capside (involucro esterno), fatto generalmente di proteine (un solo tipo o diversi tipi di proteina) un acido nucleico, DNA o RNA, racchiuso nel capside. Classificazione: i virus si classificano in base a: a) tipo di ospite che infettano: - virus batterici = batteriofagi = fagi: virus che infettano le cellule batteriche - virus animali: virus che infettano le cellule animali - virus vegetali: virus che infettano le cellule vegetali. b) acido nucleico che contengono: - virus con DNA a singolo filamento - virus con DNA a doppio filamento - virus con RNA. VIRUS A DNA (a doppio filamento) VIRUS A RNA RNA a filamento singolo: non è infettivo se non adenovirus: causa infezioni del tratto in presenza di polimerasi virus-specifica (es: virus respiratorio che causano morbillo e orecchioni) retrovirus (RNA a filamento singolo): il loro herpesvirus: provocano diverse malattie genoma dirige la sintesi di una molecola di DNA da infiammatorie cutanee (es: varicella) parte dell’enzima trascrittasi inversa. Le copie dell’RNA virale vengono sintetizzate quando il tratto virus dei papillomi umani: verruche e di DNA virale incorporato viene trascritto dalla RNA lesioni poco rilevanti, ma possono causare una polimerasi della cellula ospite. trasformazione maligna es: virus dell’HIV: contro questo virus il vaccino (iniezione di proteine virali) è inefficace c) forma: è determinata dall’organizzazione delle subunità proteiche, dette capsomeri, che costitui- scono il capside: - virus elicoidali (es: virus del mosaico del tabacco): appaiono come lunghi bastoncelli. Il loro capside è un cilindro cavo costituito da proteine che formano un solco, nel quale si adatta l’RNA - virus a struttura poligonale o poliedrica (es: adenovirus): appaiono in forma sferica. La struttura più frequente è quella icosaedrica, con 20 facce identiche. - virus complessi: con componenti sia elicoidali che poliedriche. Batteriofagi I batteriofagi si suddividono in due categorie: 1° batteriofagi virulenti: dànno luogo al ciclo litico: Ciclo litico (veloce, permette ai virus di infettare rapidamente nuove cellule) a. aggancio (o adesione): il virus aderisce ai recettori posti sulla cellula ospite il virus infetta solo il suo specifico ospite. b. penetrazione (infezione): il virus penetra attraverso la membrana plasmatica della cellula ospite ed entra nel citoplasma, infettando la cellula. Iniettano solo il loro acido nucleico, mentre il capside resta all’esterno. c. replicazione e sintesi: il genoma virale sfrutta i meccanismi di replicazione e trascrizione della cellula ospite per sintetizzare nuove proteine (che andranno a formare le capsidi di nuovi virus) e nuovo genoma. d. assemblaggio: i componenti virali neosintetizzati vengono assemblati per formare nuovi virus, detti virioni. e. rilascio: i virus assemblati rompono la membrana cellulare e vengono liberati all’esterno. 2° batteriofagi temperati: in alternativa alla lisi può instaurarsi una convivenza nella quale il DNA virale si inserisce nel genoma della cellula = ciclo lisogeno (fase di latenza). Ciclo lisogeno (caratterizzato da una fase di latenza più o meno lunga; l’infezione è massiccia) a. aggancio: il fago aderisce alla superficie del batterio. b. penetrazione: il DNA del fago entra nella cellula batterica. c. integrazione: il DNA fagico si integra nel DNA batterico. d. replicazione: il profago integrato si replica quando il DNA batterico viene replicato. I virus che compiono il ciclo lisogeno sono più pericolosi in quanto il genoma del virus può danneggiare geni importanti per la sopravvivenza della cellula ospite (spesso geni che regolano il ciclo cellulare). Ciò può portare alla proliferazione incontrollata della cellula. Se invece il virus colpisce le cellule senza danneggiare il genoma è curabile. Prioni I prioni sono proteine che, a causa di un errore di assemblaggio (mutazione), possono assumere una conformazione sbagliata (proteina PrP ripiegata in modo errato) e diventare patogeni. Sembra che i prioni si aggreghino e si accumulino a livello encefalico e in alcuni altri tessuti, causando seri danni. L’aggregazione induce le PrP normali ad assumere anche loro il ripiegamento scorretto, aumentando esponenzialmente i prioni. I prioni causano encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE), ad esempio: encefalopatia spongiforme bovina (BSE), detto morbo della mucca pazza: esempio di malattia da prioni. Essa è provocata dall’azione di proteine prioniche che, accumulandosi, provocano la morte di numerose cellule cerebrali. Il risultato è un cervello che presenta numerosi buchi, dovuti all’azione delle proteine prioniche. Non sempre però un uomo, mangiando carne di bovino infetta, contrae l’infezione. Creutzfeldt Jakob: BSE trasmesso all’uomo. Kuru: malattia dell’uomo (cannibalismo) Reazioni chimiche ed enzimi Per comprendere meglio le reazioni che avvengono nella cellula è necessario avere bene a mente: prima legge della termodinamica: l’energia si può convertire da una forma all’altra, ma non si può né creare né distruggere. La quantità di ENERGIA LIBERA prima di una reazione è necessariamente uguale alla quantità di energia dopo la trasformazione. seconda legge della termodinamica: nell’universo il grado di disordine può solo aumentare (ENTROPIA = quantità di disordine di un sistema). In un processo spontaneo il disordine, cioè la quantità di energia inutilizzabile, può solamente aumentare e deriva dalla trasformazione di una parte o di tutta l’energia libera presente all'inizio della reazione in energia inutilizzabile. Metabolismo: per creare strutture ordinate occorre uno sforzo ed impiego di energie; non è un processo spontaneo. Le cellule necessitano di energia per creare il livello di ordine che rende possibile la vita: - gli organismi viventi sono complessi; da qui la necessità di prelevare dall’ambiente esterno materia (per sintetizzare nuove molecole) ed energia (per compiere il lavoro); - l’energia e la materia non si creano e non si distruggono, possono solo essere trasformate; - vi è un flusso di materia ed energia; se questo flusso si arresta, si ha la morte (della cellula o dell’organismo); - i due processi di utilizzo di materia ed energia sono correlati tra loro: gli organismi viventi sono “macchine” che funzionano ad “energia chimica” - negli organismi viventi si verificano molte reazioni chimiche (metabolismo; enzimi). Per creare l’ordine, la cellula ha bisogno di una serie di reazioni chimiche e di energia che preleva dall’ambiente sottoforma di nutrienti e la trasforma in energia utilizzabile per creare l’ordine (processi di biosintesi). vie cataboliche: consistono nella demolizione di molecole complesse (reagenti), dalle quali si ottengono prodotti semplici. La scomposizione dei reagenti crea maggiore disordine (si producono molteplici piccole molecole da un'unica grande molecola), quindi queste reazioni sono spontanee e non richiedono energia. La conseguenza di reazioni di tipo catabolico è la produzione di energia, sia utilizzabile che inutilizzabile, che viene liberata sotto forma di calore; vie anaboliche: consistono nella creazione di prodotti complessi a partire da reagenti semplici (sintesi di molecole). In questo caso il processo prevede la riduzione del disordine e non è, quindi, spontaneo, richiede l’impiego di energia chimica da parte della cellula. Energia cellulare: ATP (adenosin tri-fosfato) è una molecola caratterizzata dalla presenza di una coda composta da 3 gruppi fosfati, uno dei quali può essere liberato rilasciando energia. Viene prodotta (dagli organismi eucariotici) durante la respirazione cellulare (vedi dopo). Reazioni chimiche enzimatiche: all’interno della cellula si svolgono numerosi reazioni chimiche in cui gli enzimi hanno la funzione di facilitatori di reazione essi aumentano la velocità di reazione quando essa si svolge in condizioni non ottimali. Esiste un enzima specifico per ogni tipo di reazione che avviene all'interno della cellula. Le reazioni chimiche, per avvenire in maniera spontanea, devono svolgersi con liberazione di energia: ciascun reagente di partenza è dotato di una certa energia, contenuta nei legami chimici che tengono insieme le cellule, rompendo i quali si libera energia. L’energia iniziale di ciascun reagente è detta energia libera (G). Sommando la G di tutti i reagenti ottengo la G dei reagenti (energia libera totale di partenza). Anche i prodotti delle reazioni chimiche possiedono una determinata quantità di energia libera (G dei prodotti). Perché una reazione avvenga in maniera spontanea, il contenuto energetico dei prodotti deve essere sempre inferiore a quello dei reagenti (ΔG negativo). Reazioni esoergoniche ( ΔG negativo): reazioni che avvengono spontaneamente (liberano energia) e hanno come conseguenza una diminuzione nel contenuto di energia libera del sistema. Reazioni endoergoniche ( ΔG positivo): reazioni che necessitano di un apporto di energia e non sono termodinamicamente spontanee. Nelle condizioni ambientali adatte alla materia vivente (di pH, temperatura e pressione atmosferica) la maggior parte delle reazioni avviene con velocità bassissima; perciò, evolvendosi, gli organismi hanno sviluppato gli enzimi, catalizzatori delle reazioni chimiche cellulari che ne aumentano la velocità Reagente A + Reagente B → Prodotti Ogni reazione enzimatica richiede una quantità di energia minima che i reagenti devono necessariamente possedere perché la reazione abbia luogo, ma spesso le molecole, che dovrebbero reagire tra loro, non lo fanno perché mancano di sufficiente energia. Questa energia minima è detta energia di attivazione E A e normal-mente è l’energia cinetica che le molecole accumulano muovendosi nella cellula; quando due molecole si urtano, se possiedono abbastanza energia cinetica, possono reagire formando dei prodotti. Per ogni reazione c’è una specifica energia di attivazione che è la quantità minima di energia che due molecole devono possedere prima che una loro collisione dia luogo a una reazione. Gli enzimi hanno il compito di ridurre l’energia di attivazione rendendo più probabile lo svolgimento di una reazione. Enzimi: macromolecole (normalmente proteiche, ma possono anche essere composte da RNA) che hanno il compito di facilitare le reazioni chimiche. Il nome termina in –asi; la radice indica la funzione. Sono caratterizzati dalla presenza di un sito attivo, il sito di legame a cui si legano specifici substrati, cioè i reagenti delle reazioni (sistema chiave-serratura specificità del substrato). In seguito al legame tra l’enzima e i/il substrati/o avviene la vera e propria reazione chimica, cioè la catalisi dei reagenti. In seguito alla catalisi l’enzima libera il prodotto e viene successivamente riutilizzato. Cinetica enzimatica: la velocità di una reazione enzimatica (V) aumenta con l’aumentare della concentrazione del substrato fino a raggiungere un valore massimo (Vmax). A questo punto tutti i siti di legame per il substrato sulle molecole di enzima sono occupati. La velocità di reazione non può più aumentare, perché ci sono troppi reagenti per gli enzimi presenti nella cellula. Proprietà degli enzimi: specificità di reazione: ogni enzima catalizza un solo tipo di reazione, come una idrolisi, una polimerizzazione. specificità di substrato: capacità di discriminare tra molecole molto simili. La reazione avviene a carico di un ristrettissimo numero di composti tra loro simili, detti substrato. Nella maggior parte dei casi, il substrato è rappresentato da un solo composto. specificità di gruppo: non sempre gli enzimi sono così specifici. Alcuni enzimi accettano sostanze tra loro correlate purché Alcuni enzimi accettano sostanze tra loro correlate, purché queste posseggano un gruppo chimico comune. Riguarda soprattutto enzimi coinvolti nella sintesi o degradazione dei polimeri. Ne deriva che una cellula deve possedere tanti enzimi quante sono le reazioni da catalizzare. Regolazione dell’attività enzimatica: generalmente gli enzimi sono regolabili, ovvero la loro capacità catalitica può aumentare (attivazione) o diminuire (inibizione) regolazione di tipo allosterico. Di solito, se una reazione è naturale è reversibile. L’inibizione può essere di due tipi e dipende dal tipo di inibitore e da come si lega alla cellula: inibizione irreversibile: in genere questi enzimi inibitori sono tossici per le cellule (es: penicillina) inibizione reversibile: dissociabile dall’enzima. Questo enzima inibitore può essere di due tipi: → competitivo: compete con il substrato per il sito attivo, ma non può essere attivo, ma non può essere processato riduce attività dell’enzima finché non si stacca dal sito attivo → non competitivo: si lega in un punto diverso dal sito attivo (sito allosterico), senza bloccare legame del substrato inibisce attività enzimatica finché è legato al suo sito. Livelli di regolazione dell’attività di un enzima: - Espressione del gene: regolazione della quantità di molecole di enzima da sintetizzare. - Compartimentazione cellulare: regolazione dell’attività confinando una serie di enzimi in comparti subcellulari delimitati da membrane. - Regolazione allosterica: modifica l’attività dell’enzima in risposta ad altre molecole che incontra. Es. inibizione a feedback da prodotto finale. - Regolazione per fosforilazione: il trasferimento di un gruppo fosfato dall’ATP all’enzima da parte di una chinasi può determinarne l’attivazione. Il flusso dell’energia AUTOTROFISMO: sono organismi autotrofi (dal greco αὐτος = “da se stesso” e τρόφος = “alimen- tazione”) quelli capaci di nu