Storia del Miglioramento Genetico delle Piante PDF

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Università degli Studi di Torino

Prof.ssa Comino

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plant breeding genetic improvement plant genetics agriculture

Summary

Il documento illustra la storia del miglioramento genetico delle piante, dal passato remoto alla modernità, focalizzandosi sul ruolo cruciale del plant breeding per affrontare le sfide future legate alla nutrizione globale. Vengono analizzati metodi storici di selezione, poi approfonditi concetti come la selezione assistita da marcatori molecolari (MAS).

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LEZ 1 03/10/2023 Prof.ssa Comino STORIA DEL MIGLIORAMENTO GENETICO DELLE PIANTE Questo corso mira a riuscire a conoscere e studiare le piante nell’ottica di poterle migliorare, e tale processo di miglioramento si chiama plant breeding. Il fine dello studio è que...

LEZ 1 03/10/2023 Prof.ssa Comino STORIA DEL MIGLIORAMENTO GENETICO DELLE PIANTE Questo corso mira a riuscire a conoscere e studiare le piante nell’ottica di poterle migliorare, e tale processo di miglioramento si chiama plant breeding. Il fine dello studio è quello di creare delle piante che siano sempre meno impattanti sull’ambiente, cioè che riescano a produrre molto sfruttando meno risorse possibili (acqua, sali minerali) a temperature sempre maggiori. Inquadramento storico di ciò che verrà affrontato nel corso La vita sulla terra iniziò circa quattro miliardi di anni, ma l’Homo sapiens emerse come specie circa 200.000 anni fa. Nonostante sia una delle milioni di specie che esistono sulla Terra, è quella che ha avuto un maggiore impatto sulla terra, perché le nostre attività le attività umane hanno nel tempo causato quelli che sono i maggiori cambiamenti chimici, geologici, fisici, atmosferici e biologici del nostro pianeta. In questo arco di tempo, l’uomo ha operato dei profondi cambiamenti fisici: ha rimosso montagne esistenti, ha arginato fiumi (che va a cambiare il letto e le zone circostanti del fiume), ha causato estinzioni (es. il dodo, uccello che popolava le isole Mauritius, che è scomparso all’arrivo degli uomini su quella terra nel XVII secolo), ha modificato altre specie animali (i cani, pur essendo molto diversificati tra loro, derivano dalla stessa specie, canis lupus). L’uomo, quindi, non ha agito solo sugli animali, ma ha anche modificato, consapevolmente o inconsapevolmente, i genomi delle piante per migliaia di anni: le ha addomesticate per fini a lui utili (produrre più cibo, aumentare le resistenze agli insetti, facilitare la raccolta, oppure aumentare delle caratteristiche qualitative). Tuttavia, è adesso che dobbiamo far pronte alla sfida più impegnativa: la popolazione sta crescendo sempre di più, e i livelli di CO2 nell’atmosfera sono sempre maggiori, per cui ci si chiede come si possa riuscire a nutrire così tante persone senza andare a danneggiare ulteriormente il nostro pianeta. Bisogna riuscire a nutrire molte persone avendo a disposizione meno risorse. In questo panorama, si inserisce il miglioramento genetico vegetale, di cui si sta cercando di capire il ruolo da ricoprire nell’affrontare questa sfida. Per farlo, dobbiamo risalire al ruolo che ha avuto nel passato remoto, in un passato più recente, e a questo punto ipotizzare un possibile ruolo futuro. o Passato remoto: Dal momento che l'Homo Sapiens ha avuto origine circa 400.000-250.000 anni fa, le principali colture sono state domesticate da circa da circa 13.000-5000 anni fa: lo sviluppo delle civiltà umane è strettamente correlato con lo sviluppo dell'agricoltura. La rivoluzione neolitica, avvenuta circa 10.000 anni fa, ha segnato il passaggio dell'uomo da cacciatore ad agricoltore. Si pensa che ci sia stato un graduale cambiamento, dal continuo spostamento in cerca di cibo, ad una forma di migrazione stagionale, per arrivare alla nascita di insediamenti permanenti (con conseguente deforestazione di alcune aree). L’uomo si è stanziato in quelle zone dove la terra permetteva di coltivare bene determinate specie: laddove ci sono le civiltà più antiche, ci sono anche più le zone in cui ha avuto origine la domesticazione delle piante. La zona della Mezzaluna fertile, diventò molto importante per il frumento e l’orzo, il Centro America per il mais e la patata. Le modificazioni genetiche che si hanno avuto sulle piante nascono come conseguenza della coltivazione: esiste una variabilità naturale all'interno della specie, e il seme che deriva dalle “piante migliori” è maggiormente rappresentato nelle generazioni successive. È stato possibile seguire l’evoluzione di alcune specie vegetali andando a studiare i ritrovamenti nei siti archeologici: una specie molto studiata è il mais, di cui è stato possibile tracciare l’evoluzione grazie al numero di reperti risalenti a vari anni che sono stati rinvenuti. Da quando è iniziata la sua domesticazione fino a 500 anni fa, la pannocchia di mais si è diversificata moltissimo dal suo progenitore ancestrale, il teosinte, che aveva una pannocchia molto piccola, pochi semi, e che produceva cariossidi con tegumenti esterni duri e persistenti. 1 La selezione dell’uomo ha permesso di esercitare una selezione negativa per quanto riguarda il tegumento molto duro, per mezzo di una mutazione. Sono state ridotte le ramificazioni (è stato selezionato uno sviluppo più verticale) ed è aumentato il peso dei semi: l’energia che prima la pianta utilizzava per far crescere le numerose ramificazioni ora viene orientata alla produzione di una pannocchia con un numero maggiore di semi. Un altro esempio di selezione condotta dall’uomo sulle piante è stato quello di scegliere delle piante che non disseminano (non disperdano il seme): il frumento selvatico dissemina grazie al rachide fragile (e ciò fa sì che acquisisca il vantaggio di massimizzare la dispersione dei semi e di amplificare le possibilità di potersi riprodurre), mentre quello domesticato non dissemina grazie al rachide più resistente (che però fa in modo che, per l’uomo, la raccolta sia facilitata). L’uomo, con il tempo, ha selezionato questa seconda mutazione. Molte delle specie oggi in coltivazione sono frutto di estesi riarrangiamenti genomici. Un esempio è quello della poliploidia: le piante che contengono più di due corredi cromosomici molto spesso sono più grandi, e quindi tendono a essere selezionate da parte dell'uomo. Il frumento tenero (esaploide) è il risultato di ibridazioni inter-specifiche a partire da tre specie ancestrali. Il genere Brassica è un esempio di come tre genomi ancestrali, ricombinati in vari modi, abbiano dato origine a specie diverse. Una delle varietà maggiormente coltivate al mondo, il riso «Indica IR64», è il prodotto di un complesso programma di breeding, di miglioramento genetico, che ha causato sostanziali modificazioni, mutazioni, delezioni e riarrangiamenti genomici. Il cibo che mangiamo proviene da piante già ampiamente modificate dalla loro forma originale. Anche le varietà «tradizionali» sono organismi ampiamente modificati geneticamente. o Passato recente: Il XX secolo è stato ricco di novità e progressi: dalla lampada a gas a Google, dalle navi a vapore alle navicelle spaziali. La popolazione mondiale, in soli cento anni, si è quadruplicata grazie ai progressi fatti in campo industriale, medico e alimentare. Sono stati necessari grandi miglioramenti nelle tecniche di breeding e propagazione delle piante per stare al passo con questa spropositata crescita della popolazione. Mendel e Darwin hanno aperto la strada al breeding “scientifico”, cioè il miglioramento genetico a livello scientifico. Soprattutto nei primi anni del XX secolo si ha l’arrivo degli ibridi (generalmente si parla dell’ibrido di mais, ma il concetto si può estendere ad altre specie). La progenie di due genitori geneticamente differenti mostra spesso una maggiore crescita e produttività. Questo effetto viene definito "vigore ibrido" o "eterosi" (George Shull). Anche se gli agricoltori hanno lo svantaggio di dover acquistare i semi ogni anno da chi li ha prodotti, l’aumento delle rese ha più che compensato l'aumento dei costi. Norman Borlaug fu il padre della “rivoluzione verde”: lui applicò o principi del miglioramento genetico soprattutto al frumento, con lo scopo di aumentare la resa lavorando sia sui genotipi che sulle pratiche agronomiche e l’utilizzo dei fertilizzanti. Uno dei risultati più significativi che ha ottenuto è stato lo sviluppo di varietà di frumento semi-nane ad alto rendimento: si sono riscontrate migliori varietà di frumento, migliori pratiche agricole, e l’utilizzo dei fertilizzanti. L'introduzione di varietà semi-nane e resistenti alle malattie ha permesso la conversione di alcuni Paesi (Messico, India, Pakistan) da importatori a esportatori di grano. Anche il riso ha avuto un miglioramento genetico per quanto riguarda la produttività, optando per varietà migliori che venivano coltivate con giuste pratiche agronomiche e con uso di fertilizzanti. La produttività delle colture ha tenuto il passo con l’aumento della popolazione, grazie all’aumento delle rese. Non sono aumentate tanto le aree coltivate, quanto la produzione delle colture: sono quindi aumentate le rese/ettaro. Produrre più cibo senza utilizzare più terra è necessario per limitare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. o Ora: 2 I breeders moderni utilizzano metodi molecolari, tra cui il sequenziamento del DNA e la proteomica, affiancati alla sperimentazione in campo. Attualmente, si può parlare di tecniche molto fini, tra cui: o La Marker assisted selecjon, cioè la selezione assisjta da marcatori molecolari; o Gli studi di genome-wie associajon; o La tecnologia del DNA ricombinante e piante transgeniche MARKER ASSISTED SELECTION (MAS) I marcatori molecolari sono delle sequenze presenti sul DNA rilevabili con delle sonde o con la PCR e, in base alla loro presenza o assenza, sono in grado di caratterizzare in modo univoco un determinato genotipo. Tenendo conto che il fenotipo è espressione fisica di un genotipo, se io posso in qualche modo andare a selezionare il genotipo (anche in modo precoce) non devo aspettare che la pianta si sviluppi per vedere il suo fenotipo, ma posso già in diciamo tempi precoci andare a fare una selezione andando a vedere se c'è o non c'è quella determinata sequenza. Selezionare un marcatore del DNA è più rapido rispetto a selezionare un fenotipo. Utilizzo dei marcatori molecolari: ad ogni generazione di incrocio i geni vengono riassortiti in modo casuale. I marcatori ci permettono di "vedere" quali geni ogni individuo ha ereditato e di selezionare, quindi, un individuo piuttosto che un altro. Esempio: Introgressione di un gene per la resistenza. Si vuole introdurre un gene per la resistenza ad un’avversità in una varietà “élite” di pomodoro. Si incrociano due piante, quella “élite” e quella che ha una pessima produzione ma che possiede il gene per la resistenza. Alcune piante della progenie erediteranno la resistenza alle malattie, altre no. A questo punto, si possono utilizzare i marcatori molecolari (analisi del DNA della progenie) per conoscere il loro genotipo e identificare le piante con il gene di resistenza. È più veloce e più facile che infettare le piante e osservarne il fenotipo. Se una pianta non è una varietà “élite”-resistente, metà dei suoi geni derivano dalla varietà donatrice del gene di resistenza. Occorre incrociare (re-incrociare) ripetutamente per tornare al pomodoro “élite”, utilizzando i marcatori per identificare le piante con il gene di resistenza alle malattie, ad ogni generazione. Questo metodo di incrocio viene definito backross. Ci vogliono diversi anni per ottenere una pianta con l’introgressione del gene per la resistenza, e l’introduzione dei marcatori molecolari permette di velocizzare la selezione e di accelerare i programmi di breeding. Dopo alcune generazioni si ottiene la varietà “élite”, resistente alla malattia. Esempio: utilizzo della MAS per l’ottenimento di riso resistente alla sommersione (Sub1) Molte regioni risicole sono soggette ad alluvioni. In Pakistan, nel 2010, un enorme alluvione sommerse circa 70.000 km2, e distrusse gran parte del raccolto. Il riso sensibile non sopravvive ad inondazioni prolungate, perché ha bisogno di fotosintetizzare. Ma si è visto che, invece, il riso Sub1 è tollerante alla sommersione: arresta la sua crescita durante l’inondazione, ma può sopravvivere fino a 17 giorni. 3 Si è pensato, quindi, di incrociare la varietà Swarna, alto rendimento ma sensibile alle inondazioni, con la varietà Sub1, a più basso rendimento ma che sopravvive alle inondazioni. Dal primo incrocio, si selezionano le piante che contengono il gene di Sub1 e le si vanno ad incrociare nuovamente con altre piante Swarna, selezionando ogni volta solo le piante che contengono il gene di Sub1. Dopo alcune generazioni si ottiene la varietà Swarna resistente, però, alle inondazioni. I progressi nelle tecnologie genomiche facilitano il breeding, anche per tratti complessi. - Sono disponibili daj di sequenza del genoma per più di 100 specie vegetali; - Il breeding molecolare e la mappatura dei geni sono approcci sviluppaj ed ujlizzaj per molte specie; - Studi di Genome-wide associa0on (GWA) servono per ad associare i caraneri ai marcatori ujli per la MAS. I metodi GWA permettono di identificare geni associati a tratti complessi, che molto spesso non hanno, alla base del loro controllo, un unico gene, ma ne hanno di più (come possono essere la produzione o l’efficienza nell’utilizzo dell'acqua). Riuscire a condurre degli studi di GWA consente di andare a vedere quale sia il peso dei diversi geni sulla manifestazione di un determinato carattere e complesso. LA MODIFICAZIONE GENETICA (GM) È un altro metodo di breeding. Negli anni '70, gli scienziati hanno sviluppato dei metodi e strumenti (enzimi di trascrizione, ligasi) che consentivano loro di ricombinare il DNA da fonti diverse. Negli anni '80, questi metodi sono stati estesi per consentire l'inserimento dei geni nel genoma di una pianta. Le piante o altri organismi portatori di un gene introdotto usando i metodi del DNA ricombinante sono spesso indicati come organismi transgenici o organismi geneticamente modificati (OGM). Con la MAS, per riuscire a inserire un carattere di interesse all’interno di un genoma, bisognava effettuare diversi incroci e diversi cicli di selezione. La tecnologia del DNA ricombinante (o GM), d’altra parte, consente di introdurre un singolo gene in un genoma. È un metodo più veloce della selezione convenzionale. Il gene d’interesse, recuperato da un organismo donatore, viene isolato mediante metodi di biologia molecolare e stabilmente inserito nel genoma ospite. Riassumendo: MAS 1. Il trano desiderato deve essere individuato; 2. Le risorse genejche devono essere disponibili; 3. Le piante devono essere incrociabili. i. GM 4. Il gene può derivare da qualsiasi specie; 5. Le risorse genejche non sono richieste; 6. La pianta deve essere propagata vegetajvamente. Il futuro: L’alimentazione umana è decisamente carente per quanto riguarda alcuni minerali e alcune vitamine, che devono essere introdotte attraverso la dieta. L’incremento del contenuto in β-carotene nel cibo può prevenire la carenza di vitamina A che, attualmente, causa numerose malattie, come la cecità, soprattutto a livello infantile. Per incrementare il livello di β-carotene nelle piante occorrono maggiore sintesi, maggiori riserve o minore catabolismo. I cibi arricchiti (piante biofortificate) in β-carotene sono stati ottenuti sia con approcci GM che non-GM. Un’altra sfida è l’ottenimento di piante tolleranti alla siccità: si stima che il 70% dell’acqua a livello globale venga utilizzato nell’agricoltura (produrre cibo per una persona per un giorno richiede 3000 litri d’acqua). 4 Nel 2011 sono state sviluppate varietà di mais che ottimizzano l’uso dell’acqua. Queste varietà sono state ottenute con moderni metodi di breeding molecolare (MAS), senza l’utilizzo della tecnologia del DNA ricombinante. Il plant breeding è in grado di supportare l'agricoltura africana e quella dei paesi in via di sviluppo. Nei prossimi 50 anni, dovremo produrre più cibo di quanto ne è stato prodotto nella storia dell’umanità, e dovrà essere spartito in modo decisamente più equo. Molte persone chiedono una seconda rivoluzione verde, chiedono di sviluppare approcci che riducano al minimo il degrado ambientale, migliorando la salute umana. I progressi della genetica e delle sue nuove tecnologie (che superano i problemi legati alla trasformazione genica) rendono questo possibile. La cisgenesi consiste nel trasferimento, per mezzo dell’ingegneria genetica, di geni che derivano dalla stessa specie o da specie molto vicine, evitando così di andare a superare delle barriere interspecifiche. Vantaggi: o Risparmiare tempo per gli incroci di backcross; Ujle per le piante propagate vegetajvamente, come la patata e la mela. Svantaggi: o Deve esserci un gene di resistenza (o di interesse) nel gene-pool della specie o di specie molto vicine. Utilizzo delle tecniche di editing genomico: ZFNs e TALENs (nucleasi che possono tagliare il filamento in siti specifici) possono essere programmate per tagliare in modo specifico. Il sistema CRISPR/Cas, invece, usa l’RNA per guidare il taglio. Tutte queste tecniche di editing genomico causano delle mutazioni. Innesto su piante transgeniche (transgrafting): un germoglio transgenico può essere innestato su un portainnesto transgenico: in questo modo, il frutto e il polline non contengono il transgene. 5 LEZ. 2 04/10/2023 Prof.ssa Comino SISTEMI RIPRODUTTIVI È fondamentale sapere quanta variabilità sia presente nella popolazione, se ci sia presenza di mutazioni o di poliploidia, tutte caratteristiche che dipendono chiaramente dal tipo di sistema riproduttivo della pianta presa in esame. A seconda della struttura genetica di una specie andremo quindi a scegliere quale sarà il miglioramento genetico più adatto per quello che può essere il nostro fine. Come si può vedere quindi miglioramenti genetici e riproduzione sono argomenti strettamente correlati. Quest’oggi andremo quindi ad iniziare ad affrontare i diversi tipi di sistemi riproduttivi vegetali. SISTEMA RIPRODUTTIVO DEGLI ANGIOSPERMI Nelle angiosperme, anche dette piante superiori, si ha la produzione di un frutto, il cui compito è quello di proteggere il seme. I sistemi riproduttivi delle angiosperme possono essere di tre tipi: § PROPAGAZIONE VEGETATIVA: si trana di una riproduzione asessuata tramite le parj vegetajve; § APOMISSIA: si trana di una riproduzione asessuata con la produzione di semi, a sua volta divisa in embrionia avvenjzia e apomissia gametofijca; § ANFIMISSIA: si trana di una riproduzione sessuata per seme (richiede la fecondazione e quindi i due gamej). APOMISSIA Si tratta di una riproduzione asessuata, ovvero ho la produzione di un embrione senza fecondazione. Ci sono due modalità diverse di formazione di un embrione senza l’unione di due gameti: § il primo caso, chiamato EMBRIONIA AVVENTIZIA o APOMISSIA SPOROFITICA, in cui l’embrione si forma direnamente da una cellula somajca (con corredo cromosomico completo, in caso di una specie diploide 2n); § il secondo caso, chiamato APOMISSIA GAMETOFITICA, in cui l’embrione si forma da un sacco embrionale non ridono (il sacco embrionale è l’organo che dovrebbe dare origine ai gamej); in questo caso non si ha la formazione di embrione da una cellula somajca ma da cellule gametofijche, cioè che 6 sarebbero dovute andare incontro a meiosi e dare vita ai gamej (per qualche mojvo non avviene e si forma l’embrione). Le piante che vanno incontro ad apomissia, non vanno incontro solo a riproduzione apomittica, ma possono andare in contro anche a riproduzione tramite anfimissia, in questo caso si parla di piante apomittiche facoltative, in quanto in grado di produrre sia semi apomittici (generati con riproduzione asessuata) che semi anfimittici (generati tramite riproduzione sessuata, cioè tramite l’unione di due gameti). Una pianta in base alle esigenze può effettuare riproduzioni diverse. Le piante che nascono da semi apomittici, non essendo formati dall’unione di due gameti, sono quindi dei cloni genetici della pianta madre, perché derivano completamente da tessuto materno (c’è quindi solo l’informazione genetica materna), sia questo una cellula somatica o un sacco embrionale non ridotto. Alcuni esempi di piante apomittiche sono: I vantaggi della riproduzione apomittica sono svariati. § Uno di quesj è la possibilità di riprodursi anche in assenza di condizioni favorevoli per la riproduzione sessuata, come ad esempio l’assenza di impollinatori, o gli ambienj estremi in cui è difficile che i due gamej si possano incontrare per dare origine allo zigote (e quindi all’embrione). § Un altro vantaggio è quello di avere un risparmio energejco, non producendo l’ovulo né producendo il polline. Sono però presenti anche degli svantaggi: § si riduce la variabilità genejca della specie, non andando incontro alla meiosi e alla formazione di gamej, e l’assenza di meiosi porta anche all’accumulo di mutazioni che possono essere negajve. 7 § Le piante, essendo tune genejcamente uguali, saranno quindi ben adanate all’ambiente in cui si trovano, ma, se l’ambiente dovesse cambiare per un qualsiasi mojvo, la poca variabilità genejca è un fanore fortemente negajvo. PROPAGAZIONE VEGETATIVA Il secondo tipo di riproduzione asessuata che si può avere nelle angiosperme è la PROPAGAZIONE VEGETATIVA, in questo caso non si ha una produzione di un seme, ma si basa sulla totipotenza delle cellule somatiche delle parti vegetative della pianta (si hanno sempre i cloni). Per totipotenza si intende la capacità di una cellula differenziata di riprodursi e formare linee cellulari diverse da quella in cui si era differenziata. Alcune piante sono in grado di produrre delle parti vegetative, quali rizomi, bulbi, tuberi e stoloni. Da queste parti vegetative si può rigenerare un’intera pianta, perché sono presenti delle gemme. Alcuni esempi di questo tipo di piante sono gli asparagi (rizomi), l’aglio (bulbi), patate (tuberi) e fragole (stoloni). Oltre a questi esempi di riproduzione per propagazione vegetativa, che si tratta di metodi naturali, esistono anche dei metodi di propagazione vegetativa artificiale, usati dall’uomo per produrre piantine e quindi per moltiplicare il materiale vegetale. § Per onenere una talea si mene una parte della pianta che si vuole riprodurre in acqua e anendere che produca radici. § Le margone, ujlizzate ad esempio con gli agrumi, consistono nel creare dei tagli sul fusto della pianta e poi coprirli, creando delle condizioni di umidità favorevole, in questo modo in corrispondenza dei tagli compariranno delle radici, quando saranno presenj si potrà tagliare la parte della pianta con le nuove radici e piantarlo. § Le propaggini non sono altro che rami che vengono parzialmente interraj, in corrispondenza di un piccolo taglio, dove si formeranno delle radici. § Negli innesj invece vengono messi a contano due piante diversi, una chiamata pianta aerea ed una dena radicale, la prima verrà inserita nella seconda, si avrà una fusione delle due piante nel punto dell’innesto e avremo una pianta composta quindi nella parte superiore dalla pianta innestata e nella parte inferiore dalla parte radicale. 8 § Un’altra tecnica di propagazione vegetajva molto importante è la micropropagazione, una tecnica ujlizzata in laboratorio, nella quale, partendo da espianj vegetali (che possono essere organi, tessuj o anche solo cellule), si onengono piante complete, in condizione di sterilità e in condizioni controllate, con l’uso di substraj di composizione nota. Come per l’apomissia, anche in questo caso la propagazione vegetativa può essere facoltativa, nel caso ci sia la possibilità di produrre un seme, o obbligata, se la produzione di seme è assente o si ha una scarsa fioritura. Difficilmente una pianta si riproduce solo per via vegetativa, perché chiaramente se non funziona qualcosa la pianta continua con la sua vita, ma una volta che è morta non ha una discendenza. ANFIMISSIA L’anfimissia è l’unico tipo di riproduzione sessuata per le angiosperme. Il seme è il risultato di una fecondazione, unione di due gameti prodotti grazie ad un processo di meiosi. Si ha quindi una meiosi ed una successiva gametogenesi. Questi gameti avranno un corredo cromosomico dimezzato. Con l’impollinazione, tramite la quale si ha l’unione del gamete femminile con quello maschile, si ha quindi la fecondazione, che porta alla formazione dello zigote, e l’ovario andrà a trasformarsi in quello che sarà il frutto, che conterrà al suo interno il seme, che sarà trasformazione dell’ovulo fecondato. Bisogna ricordarsi e tener presente che il ciclo biologico per le piante include due generazioni diverse morfologicamente e cariologicamente, che si susseguono in modo alternato: § una generazione aploide, molto ridona, che è rappresentata dal GAMETOFITO, il quale, a sviluppo completo, porta alla produzione dei gamej à dura solo nel periodo della fecondazione; § una generazione diploide, più lunga e appariscente, che è rappresentata dallo SPOROFITO, il quale, a maturità, porta alla produzione delle spore tramite meiosi (lo sporofito, oltre agli organi riproduuvi - i fiori -, è cosjtuito da radici, fusto e foglie) à quella che vediamo noi nelle piante superiori. Quindi le piante che noi vediamo, per quanto riguarda le angiosperme, siano esse erbacee o arboree, sono gli sporofiti, il quale produrrà un gametofito, che durerà per un tempo limitato nel tempo e sarà difficilmente visibile per la sua dimensione, che produrrà i gameti. Quando due gameti si andranno ad unire si avrà la formazione di un nuovo sporofito e si ripeterà il ciclo. L’alternanza tra le due generazioni è segnata da due eventi specifici, che sono comuni a tutti gli esseri viventi che si riproducono per via sessuale: la meiosi e la fecondazione. L’alternanza di queste due generazioni ha come effetto positivo di creare VARIABILITÀ GENETICA. La variabilità genetica si origina essenzialmente con i processi di: ricombinazione: scambio di materiale genejco tra cromosomi omologhi ed omeologhi. segregazione: separazione delle forme alleliche alternajve di un gene in un individuo eterozigote; la segregazione porta alla inclusione casuale nei gamej di uno dei 4 cromajdi presenj all’inizio della meiosi. fecondazione: unione sessuale del gamete maschile con quello femminile determinando la formazione di uno zigote funzionale. 9 Nella ricombinazione avviene il processo del CROSSING-OVER, che avviene durante la profase I, e consiste nello scambio tra materiale genetico di due cromatidi non fratelli, cioè facenti parte di due cromosomi omologhi diversi. Gli eventi di crossing-over possono essere più di uno per ogni coppia di cromatidi non fratelli e possono avvenire in ogni punto del cromosoma, si hanno quindi tantissime possibilità di variazioni. Dopo il crossing-over, i cromatidi fratelli non saranno più identici. Il secondo processo è la segregazione. Durante la prima divisione meiotica abbiamo la separazione dei cromosomi omologhi, però a seconda di come si vanno a posizionare i cromosomi omologhi prima della separazione, sulla linea, ci possono essere diverse combinazioni. Il tipo di segregazione, quindi come si separano i cromosomi omologhi durante la prima divisione, dà origine a quello che viene detto ASSORTIMENTO INDIPENDENTE, che avviene grazie alla successione di meiosi I e meiosi II: § in Anafase I i cromosomi omologhi vengono separaj; § in Anafase II i cromajdi fratelli vengono separaj. L’unione di crossing-over e di assortimento indipendente porta ad avere 4 cellule aploidi con corredo genetico altamente diversificato. Il terzo evento che porta variabilità genetica è la FECONDAZIONE, ovvero l’unione del gamete maschile con quello femminile che porta alla formazione di un embrione funzionale. Nelle angiosperme, gli organi riproduttivi si trovano all’interno del fiore. Il fiore è formato dal ricettacolo, dal calice (formato dai sepali), dalla corolla (formata dai petali), dall’organo sessuale maschile chiamato androceo (formato dagli stami) e dall’organo sessuale femminile chiamato gineceo (formato dal pistillo). Questo è un esempio di fiore ermafrodita, ovvero che contiene sia l’organo maschile che quello femminile. L’organo maschile, o androceo, è formato da più STAMI, formati da una parte sottile, detta filamento, e una parte ingrossata, detta antera, formata da 4 sacche polliniche. Lo stame ha la funzione di generare i gametofiti maschili (granuli di polline). L’organo femminile, gineceo o PISTILLO, è formato dalle foglie carpellari (carpelli), dove vengono prodotti gli ovuli o primordi seminali che conterranno i gameti femminili. Può essere formato da un singolo carpello o da più carpelli, in alcuni casi liberi, in altri fusi tra loro. Nel pistillo si possono riconoscere tre zone distinte: l’OVARIO, la cavità che racchiude gli ovuli; lo STILO, una parte sterile più o meno lunga, dove verranno depositati i granuli di polline, che saranno trattenuti lì dalle secrezioni stigmatiche; lo STIGMA, la cavità superiore allo stilo. L’ovario può assumere forme diverse: 10 11 LEZ. 3 10/10/2023 Prof.ssa Comino SISTEMI RIPRODUTTIVI - SECONDA PARTE Sia nell’apparato riproduttivo maschile che in quello femminile abbiamo dei processi sporogenetici e susseguentemente gametogenetici. La sporogenesi per quanto riguarda l’apparato femminile prende il nome di MEGASPOROGENESI, o MACROSPOROGENESI, per l’apparato maschile di MICROSPOROGENESI. La RIPRODUZIONE SESSUATA (anfimissia) si origina essenzialmente con i processi di: a) sporogenesi: processo che nelle piante superiori porta alla formazione delle spore femminili (megasporogenesi) o maschili (microsporogenesi) b) gametogenesi: processo che porta alla formazione dei gamej c) fecondazione: unione sessuale del gamete maschile con quello femminile determinando la formazione di uno zigote funzionale. In genere entrambi i gamej sono aploidi ed il nucleo risultante dalla loro fusione è diploide. Quindi la sporogenesi e la gametogenesi permettono di creare i gameti all’interno di androceo e gineceo, poi questi gameti potranno andare incontro alla fecondazione. Sporogenesi e gametogenesi sono comuni sia per quanto riguarda la formazione del gamete femminile, sia per quanto riguarda la formazione del gamete maschile. Nel fiore l’antera che abbiamo detto è l’androceo, contiene le sacche polliniche che dovranno poi dare origine ai gameti maschili. Poi c’è il pistillo che contiene l’ovario, in cui c’è l’ovulo, che invece dovrà poi dare origine al gamete femminile. Qua c’è un passaggio di sporogenesi, indicato in rosa, che c’è sia per la formazione dei gameti maschili, sia per la formazione dei gameti femminili e poi c’è un passaggio ancora di gametogenesi, in cui vedete si finalizza la formazione dei gameti maschile e femminile, che poi si dovranno unire per dare origine alla fecondazione. a) Sporogenesi Nella sporogenesi avviene la meiosi, che è la divisione cellulare che caranerizza questo processo e si verifica proprio quando un organismo a propagazione sessuale deve produrre dei gamej, quindi da un tessuto diploide, ci sono delle cellule deputate alla formazione dei gamej, che vanno incontro alla meiosi. Nei vegetali, la meiosi, avviene in tessuj prevenjvamente differenziaj che sono deputaj alla formazione dei gamej che sono contenuj all’interno dell’androceo e nel gineceo e prendono rispeuvamente il nome di “microsporocij” o “cellule madri delle microspore” e di “megasporocij”, o “cellule madri delle megaspore”. 12 Cosa succede durante la sporogenesi maschile? Le cellule madre della microspora (2n), che sono contenute nelle sacche polliniche, vanno incontro a meiosi e formano 4 microspore (Meiosi: da 1 cellula se ne formano 4 ridotte, quindi 4 cellule aploidi). Ognuno di queste 4 microspore, darà poi origine ad un granello pollinico, quindi tutte e 4 le cellule che vengono create, sono tutte vitali. Dopo la sporogenesi, in questo caso dopo la microsporogenesi, perché siamo nel gamete maschile, c’è il passaggio invece di gametogenesi. Ognuna di queste 4 subisce 2 mitosi; quindi si formano delle cellule binucleate. C’è stata la mitosi, quindi si sono formati 2 nuclei, ma non sempre si ha quella separazione completa delle cellule. La prima mitosi però, chiaramente, porta all’origine di queste due cellule, una che viene detta generativa e l’altra, quella che viene detta cellula vegetativa, ovvero quella che permette appunto alla cellula di sopravvivere. Chiaramente queste mitosi sono tutte e 2 aploidi, non c’è altra possibilità di divisione in mitosi. Avviene la prima divisione mitotica, si forma il granulo pollinico, che normalmente quindi è binucleato, uno che è la cellula generativa, l’altro, il granulo, che è la cellula vegetativa, e poi avviene una seconda mitosi. La prima mitosi avviene quasi subito dopo la meiosi, mentre la seconda mitosi può avvenire anche in tempi molto differenti a seconda delle piante e avviene per quanto riguarda la cellula generativa, per cui si formano due nuclei generativi. Quindi, prima mitosi, si forma un nucleo vegetativo ed un nucleo generativo, seconda mitosi, che interessa solo la cellula generativa, fa sì che si formino poi due nuclei generativi. Quindi, finale di tutto, il gametofita maschile, ha 3 nuclei diciamo, un nucleo vegetativo e 2 nuclei generativi. Nel processo di megasporogenesi dalla cellula madre della megaspora, che è diploide, per meiosi si formano 4 cellule aploidi, che sono le megaspore. Di queste 4 cellule per, soltanto una va incontro a gametogenesi, mentre le altre 3 degenerano. Abbiamo visto che nella gametogenesi maschile, ci sono poi 2 divisioni mitotiche, mentre per quanto riguarda la gametogenesi femminile, ci sono sull’unica megaspora funzionale, 3 eventi di mitosi. Quindi, da un nucleo se ne formano 2, da 2 nuclei se ne formano 4, da 4 nuclei se ne formano 8. Il risultato finale, è che il gametofita femminile, una volta completate le 3 mitosi, contiene 8 nuclei aploidi (non sono 8 cellule completamente separate). b) Gametogenesi Questo (a destra) è un ingrandimento del sacco embrionale del gametofita femminile, in cui sono avvenute già e 3 mitosi. Noi abbiamo 3 nuclei che si vanno a posizionare dalla parte opposta rispeno all’apertura; quindi, dov’è quello che viene chiamato il micropilo, che è l’apertura dove può arrivare il granulo pollinico, quindi dalla parte opposta ci sono le 3 cellule anjpodali. Poi ci sono 2 cellule centrali, che vengono chiamaj nuclei polari (i quali, vedremo, hanno una funzione molto importante). A livello del micropilo invece, ci sono altri 3 nuclei, di cui il primo, centrale, è la vera cellula uovo, è l’oosfera e 13 poi, quelle vicine, sono quelle che vengono chiamate cellule sinergidi, che normalmente sono di sostegno appunto alla cellula uovo, sostegno energejco proprio. c) Fecondazione A questo punto, abbiamo il gamete maschile, che è questo granulo pollinico con 3 nuclei, uno vegetajvo e due generajvi, abbiamo la cellula uovo, che è formata da 8 nuclei aploidi ben posizionaj e a questo punto può avvenire la fecondazione, perché sono presenj i gamej. Nelle piante superiori, si parla spesso di doppia fecondazione e questo è dovuto al fano che quando il polline arriva sullo sjgma, che è questa apertura del pisjllo, dal granulo pollinico si forma quello che viene definito il tubeno pollinico, quindi si forma una protuberanza che scende lungo lo sjlo e fa raggiungere i nuclei all’interno del sacco embrionale, fino ad arrivare al micropilo. Al micropilo cosa succede? Succede che un nucleo spermajco va a fecondare la cellula uovo: prima fecondazione. Quindi un nucleo generajvo dei 2 andrà a fecondare la cellula uovo e si formerà lo zigote e da lì si formerà poi l’embrione. L’altro nucleo spermajco generajvo che avevamo visto esserci nel granulo pollinico, va a fecondare i 2 nuclei polari che avevamo visto al centro del sacco embrionale. Si uniscono le 2 cellule polari, più il nucleo generajvo maschile e danno origine a quello che viene definito l’endosperma, che è un tessuto triploide (3n; tessuto di riserva all’interno del seme) perché rappresenta l’unione delle due cellule polari più ancora il nucleo generajvo, di quel gamete maschile. È un tessuto che permene all’embrione di svilupparsi all’interno del seme. Quindi questo è il motivo per cui si parla di doppia fecondazione, perché la prima fecondazione, avviene fra la cellula uovo ed uno dei 2 nuclei generativi del granulo pollinico l’altra fecondazione, invece, avviene attraverso l’unione delle due cellule polari femminili con il nucleo generativo maschile, formando questo tessuto 3n, l’endosperma, che è un tessuto di riserva del seme. Il nucleo vegetativo rimane all’interno del granulo pollinico perché è quello che gli permette di vivere e il nucleo del granulo pollinico, rimane lì. Gli altri due invece si fondono. 14 In questo caso si vede (da sopra) : il polline arriva sullo stigma, si forma questo tubetto pollinico e qui ci sono già i due nuclei spermatici, quello vegetativo neanche ce lo fa vedere, non interessa la fecondazione, i due nuclei spermatici che scendono lungo lo stilo, raggiungono il micropilo, dove c’è la cellula uovo e uno dei due nuclei generativi spermatici vanno a fecondare la cellula uovo, l’altro invece va a fecondare le due cellule polari, che sono quelle centrali nel sacco embrionale e si va a formare l’endosperma, questo tessuto che è 3n. Una volta avvenuta la fecondazione, si creano dei segnali per cui, avvenuta la fecondazione, succede che l’ovulo a questo punto, mette in atto tutti dei meccanismi per trasformarsi in seme, perché è avvenuta la fecondazione, quindi ci sono dei segnali molecolari molto precisi e chiaramente l’ovario si va poi invece a trasformare nel frutto. Quindi vedete qua due nuclei spermatici del granulo pollinico. Uno di questi va a fecondare la cellula uovo, l’altro va invece a fecondare le 2 cellule polari, da questo si andrà a dare poi origine all’endosperma, questo tessuto 3n contenuto nel seme, invece lo zigote darà poi origine all’embrione. Quindi lo zigote diploide perché deriva dall’unione di 2 gameti e l’embrione anche diploide. Questa è un’immagine solo per farvi vedere: il tubetto pollinico cade sullo stigma, in quel momento ci sono una serie di segnali tra sigma e polline, nel senso che non sempre si può originare questo tubetto pollinico, perché ci possono anche essere dei segnali di incompatibilità che vedremo, questo è un processo che esiste proprio nei vegetali. Quindi normalmente, se c’è compatibilità, allora c’è la formazione di questo tubetto pollinico, però c’è comunicazione tra polline e stigma, c’è produzione di questo tubetto pollinico, scendono questi due nuclei spermatici o si forma il secondo nucleo spermatico, a seconda del momento in cui avviene la seconda mitosi e poi avviene la fecondazione. Chiaramente, una volta che c’è stata la doppia fecondazione, si forma zigote, endosperma, questo dà origine ad un vero e proprio seme ed il seme, quando viene messo nella terra, dà origine ad una nuova pianta e questa pianta ci permette di andare a vedere la fase sporofitica, quindi quella molto evidente 2n. IMPOLLINAZIONE Le piante si possono propagare in tre modi: Apomissia e propagazione vegetajva: riproduzione per via asessuata; Anfimissia: riproduzione per via sessuata composta da sporogenesi, gametogenesi e fecondazione. L’embrione è l’unione di due gamej che danno origine ad uno zigote che poi si svilupperà. Affinché avvenga la riproduzione sessuata deve esserci l’incontro e la fusione dei due gameti femminile (cellula uovo contenuta nel sacco embrionale) e maschile (granulo pollinico che contiene tre nuclei: uno vegetativo e due germinativi che permettono la doppia fecondazione nelle piante superiori). L’impollinazione può avvenire in due modi: 15 § Se i gamej femminile e maschile provengono dalla stessa pianta si parla di autoimpollinazione, autofecondazione o autogamia. Il polline e la cellula uovo appartengono entrambi alla pianta A. § Se i gamej maschili e femminili provengono da due piante disjnte ma appartenenj alla stessa specie si parla di impollinazione incrociata o allogamia o allofecondazione. In una pianta, normalmente, non esiste il 100% di autogamia o di allogamia; queste due situazioni non si escludono a vicenda e si parla di specie prevalentemente autogame in cui prevale l’autofecondazione o allogame in cui prevale allofecondazione. Autoimpollinazione: Si ha quando, all’interno dello stesso fiore o di fiori diversi ma sulla stessa pianta, il polline esce dalle antere e cade sullo stigma che riceve quindi il gamete maschile, il quale può entrare all’interno del pistillo. Alloimpollinazione: Si ha quando il polline di un fiore viene trasportato sul fiore di un’altra pianta che presenta un corredo genomico differente. Questo avviene ad esempio grazie agli insetti, al vento o all’acqua. STRUTTURE FIORALI La situazione in cui si ha la separazione dei sessi su individui differenti è la situazione meno frequente nelle piante mentre è la più frequente negli animali. Piante dioiche: esistono delle piante femminili, ovvero in cui tutti i fiori della pianta presentano solo l’apparato femminile e delle piante maschili in cui tutti i fiori presentano solo l’apparato riproduttivo maschile. Piante monoiche: presentano entrambi i sessi sulla stessa pianta. Gli apparati riproduttivi posso essere su fiori diversi della stessa pianta e vengono chiamati fiori unisessuati o diclini (i fiori maschili e femminili sono separati), oppure possono essere prodotti dallo stesso fiore che viene chiamato fiore ermafrodita o monocline. La presenza del dioicismo o del monoicismo va ad influire sulla presenza dell’autofecondazione o dell’allofecondazione. Esempi di piante dioiche: Acjnidia; Asparago; Canapa; 16 Luppolo; Salice. DIOICISMO Sessi separati (5% angiosperme) In realtà, non esiste il 100% di piante con fiori maschili o femminili ma ci possono essere individui sub-dioici che presentano prevalentemente fiori maschili o femminili e poi alcuni fiori ermafroditi. Le specie sub-dioiche, a loro volta si dividono in: § Sub-androiche: presentano prevalentemente fiori maschili con qualche fiore ermafrodita; § Sub-ginoiche: presentano prevalentemente fiori femminili con qualche fiore ermafrodita; Es. Fiori dell’actinidia Il fiore a sinistra è maschile perché ci sono molti stami, quello bianco a destra è femminile perché presenta il pistillo. Es. Salice (a destra) Ci sono fiori completamente diversi a seconda che siano piante femminili o maschili. Negli animali la determinazione del sesso è di tipo cromosomico, esistono dei cromosomi sessuali eteromorfi. Nelle piante, invece, nelle specie dioiche, esistono pochi casi in cui è stato evidenziato l’eteromorfismo cromosomico. Esempi di piante dioiche caratterizzate da eteromorfismo cromosomico: Normalmente, l’eteromorfismo cromosomico si presenta negli individui maschili. I cromosomi sessuali hanno dimensioni maggiori degli autosomi e il cromosoma Y è più grande del cromosoma X. Fanno eccezione alcune specie di Fragaria (e. fragola) in cui è eteromorfo il sesso femminile. Un altro esempio di pianta dioica caratterizzata da eteromorfismo cromosomico è la canapa. Anche qua l’eteromorfismo cromosomico è caratteristico degli individui maschili perché quelli femminili sono rappresentati dallo stesso cromosoma (XX). L’asparago si propaga in modo vegetativo à i turioni (la parte commestibile e commerciabile dell’asparago) che vengono presi da una pianta maschile daranno origine ad una pianta maschile, mentre, quelli che vengono presi da una femminile daranno origine ad una pianta femminile. I turioni commerciali dell’asparago sono prodotti sia dalla pianta maschile che da quella femminile. Però, quella maschile produce una quantità maggiore di turioni (produzione quantitativa), mentre quelle femminili producono una qualità migliore (produzione qualitativa). Nell’asparago, il sesso è determinato da un solo gene, e l’allele per il sesso maschile è dominante (Mm). È anche possibile che nell’asparago, essendo una specie sub-androica, si possano avere anche delle piante ermafrodite. 17 Situazione dioica normale: In questa situazione, la pianta femminile, essendo omozigote recessiva, produce solamente gameti m, mentre la pianta maschile produce sia gameti m che M. Come progenie, avrò quindi 50% di individui femminili (qualità maggiore ma minore quantità) e 50 % di individui maschili (maggiore quantità ma qualità minore). Situazione sub-androica (ho una pianta maschile con fiori anche ermafroditi): È possibile che in questa pianta avvenga l’autofecondazione. Entrambi i parentali possono produrre gameti m e M che, una volta incrociati, daranno origine a 25% di progenie solo piante femminili, 50% di progenie maschile in una situazione di eterozigosi e 25% di progenie maschile in una situazione di omozigosi. Queste importantissime perché andandole ad incrociare con delle piante femminili ottengo il 100% di progenie maschile. Invece se incrocio un individuo maschile eterozigote con uno femminile ottengo il 50% di individui maschili e il 50% di individui femminili. L’incrocio sopra riportato è l’unico che mi permette di ottenere al 100% individui maschili. Quindi, se ho delle piante maschili omozigoti, queste vengono moltiplicate per via vegetativa e coltivate in isolamento con piante femminili in modo che ci sia allofecondazione e che la progenie sia esclusivamente costituita da piante maschili. Questo consente di avere maggiore produzione. MONOICISMO Sono le piante che presentano entrambi i sessi sulla stessa pianta. I sessi possono essere presenti nello stesso fiore (fiori ermafroditi o monoclini) oppure sono su fiori separati (fiori diclini). Esempi di piante monoiche con fiori diclini: § Nel mais il pennacchio in cima rappresenta il fiore maschile, mentre, il fiore femminile si trova più riparato dove si svilupperà la pannocchia. Nella seconda immagine, il fiore a sinistra è quello femminile, mentre quello a destra è quello maschile. § Un altro esempio è la betulla. Sulla stessa pianta ci sono i fiori femminili che presentano il pisjllo e producono i gamej femminili e i fiori maschili che presentano gli stami e sono in grado di produrre i gamej maschili. Esempi piante monoiche con fiori ermafroditi: Un esempio sono i fiori di pesco che contengono sia il pistillo che gli stami al loro interno e sono in grado di produrre sia gameti femminili che maschili. 18 ALLOFECONDAZIONE E AUTOFECONDAZIONE Il dioicismo favorisce l’allofecondazione perché avviene tra piante diverse e le piante dioiche presentano o solo fiori maschili o solo femminili. Il monoicismo favorisce l’allofecondazione o l’autofecondazione a seconda della struttura fiorale. Nel caso di fiore ermafrodita: se il fiore presenta gli stami molto lunghi ma il pisjllo corto oppure stami e pisjllo quasi della stessa lunghezza, il polline può cadere sul pisjllo e avviene l’autofecondazione; se il fiore presenta il pisjllo che è più lungo degli stami, viene favorita l’allofecondazione; La salicaria è una pianta che può presentare queste tre situazioni. La presenza di piante che svolgono l’impollinazione anemofila (vengono aiutate dal vento o dagli insetti) può favorire l’allofecondazione o l’autofecondazione. Se c’è un fiore con gli stami più corti del pistillo, il vento o gli insetti possono portare più facilmente via il polline. Negli altri due casi, invece è più facile che il vento faccia cadere il polline sul pistillo. Nel caso di fiore ermafrodita ma in generale di piante monoiche, il tipo di impollinazione dipende anche dalla dicogamia, ovvero dalla maturazione sfasata degli organi sessuali. Più precisamente si divide in: Proteroginia se maturano prima gli organi sessuali femminili e poi quelli maschili. Nell’immagine a sinistra si vede che gli sjgmi sono già receuvi mentre gli stami non sono ancora maturi. Quando, invece, le antere rilasciano il polline, ormai lo sjgma non è più receuvo (immagine a destra); Proterandria se maturano prima gli organi sessuali maschili e poi quelli femminili. Nell’immagine si vede che quando le antere disperdono già il polline gli sjgmi sono ancora chiusi (fiore sopra). Mentre, quanto il pisjllo si apre e gli sjgmi sono receuvi, le antere ormai hanno già rilasciato il polline (fiore sono); I fenomeni come la proteroginia o la proterandria portano ad allofecondazione perché la pianta produce fiori che difficilmente andranno ad impollinare fiori della stessa pianta. Più facilmente questi fiori potranno impollinare fiori di altre piante che presentano già gli stigmi recettivi. Un altro caso riguarda la cleistogamia, ovvero la fecondazione a fiore chiuso. 19 Quindi, quando il fiore è ancora chiuso sono maturi sia il pisjllo che gli stami. Viene così rilasciato il polline su uno sjgma che è receuvo. Questo fa sì che venga favorita l’autofecondazione perché il polline, essendo il fiore chiuso, non può andare su altri fiori. 20 LEZ. 4 11/10/2023 Prof.ssa Comino SISTEMI RIPRODUTTIVI - TERZA PARTE L’INCOMPATIBILITÀ L’incompatibilità è un insieme di meccanismi che vanno ad impedire l'autofecondazione oppure l'incrocio tra genotipi che risultano molto simili tra loro, possiamo quindi descriverli come dei sistemi di controllo genetico che determinano questa incompatibilità tra polline e pistillo della stessa pianta, per questo viene detta autoincompatibilità. Questa situazione obbliga la pianta ad una fecondazione incrociata: tra piante diverse tra di loro. L’autoincompatibilità è quindi incapacità di una pianta fertile, ermafrodita, che si riproduce per seme, ad originare zigoti a seguito di autofecondazione. Questo primo situazione risulta molto diverso rispetto alla maschiosterilità, poiché nel sistema di autoincompatibilità sia il polline che gli ovuli sono vitali, ma l'impossibilità di produzione del seme tra individui simili tra di loro è proprio dovuta a degli ostacoli che sono fisiologici e morfologici che impediscono l'autofecondazione; possiamo concludere che questa situazione porta ad allofecondazione. Esistono poi basi genetiche, dell'autoincompatibilità, che derivano dall’analisi dei risultati di diverse combinazioni di incrocio, le quali hanno portato al riconoscimento di un singolo locus multiallelico definito locus S; questo contiene due geni: uno che contiene il determinante femminile (che viene espresso nel pistillo) e uno maschile che è espresso nel polline. Questi due geni sono in stretta associazione tra di loro e vengono trasmessi alla progenie come fossero un unico locus S o più correttamente un unico aplotipo S. L’autoincompatibilità può verificarsi in diversi stadi di incompatibilità, di determinazione. Quando parliamo di stadi di determinazione intendiamo lo stadio in cui la parte femminile del fiore ed il gametofito maschile ricevono l'informazione per la determinazione delle reazioni di incompatibilità. Esistono due tipi di incompatibilità che si differenziano in base allo stadio di determinazione: L’incompajbilità gametofijca, nei sistemi gametofijci l’incompajbilità è sono i controlli dei geni S e tra di loro non si manifestano mai dei rapporj di dominanza e recessività (è come se fossero codominanj). L’incompajbilità sporofijca, nei sistemi sporofijci è la pianta madre che conferisce al polline la reazione di incompatibilità, inoltre si possono avere delle situazioni dominanza e recessività a livello degli alleli S presenti nei locus S. INCOMPATIBILITÀ: sistema gametofi@co In questo sistema qualsiasi granello pollinico può germinare e quindi permettere la fecondazione dell’oosfera, purché l’allele S del granulo pollinico, nel suo corredo cromosomico aploide, non sia presente nei tessuti diploidi del pistillo (dello stigma e dello stilo). 21 § Esempio A: caso in cui i genojpi parentali coincidono con il locus (è presente un’autofecondazione o un incrocio tra due individui strenamente imparentaj), dal momento in cui il granulo pollinico è presente nei tessuj diploidi dello sjgma e dello sjle non posso avere progenie. § Esempio B: caso in cui i genojpi parentali sono parzialmente compajbili con il locus, l'unico granulo pollinico che non viene riconosciuto sarà S3 poiché non è presente in tessuto diploide di sjgma e sjlo, allora può fecondare S1 e S2 dando due progenie S1S3 e S2S3. § Esempio C: caso in cui i genojpi parentali presentano alleli diversi dal locus, i gamej S3 e S4 germinano tuu perché non hanno alleli in comune con tessuto diploide dello sjgma e sjlo. Quindi è il genoma del polline (n) che determina il risultato di compatibilità o meno. INCOMPATIBILITÀ: sistema sporofi@co Quando parliamo di autoincompatibilità sporofitica può esistere il caso dell'omomorfica oppure eteromorfica: Omomorfica significa che non c'è differenziazione dei caraneri morfologici di fiori, quindi si presentano nello stesso modo a livello morfologico. L'autoincompajbilità viene determinata dal fenojpo s del polline in combinazione e dall’interazione con gli alleli s nello sporofito parentale diploide, quindi è il genoma dello sporofito 2n a determinare il risultato della reazione. à è il tessuto prodono dal polline a interferire Il granulo pollinico contenente S2 (immagine a sx) presenta sulla superficie anche un determinante S1, quindi anche S2 non entra perché è il genotipo dello sporofito che ha prodotto il polline a determinare il risultato della reazione; invece nel caso in cui a livello sporofitico non sono condivisi alleli s (immagine a dx), allora il polline feconderà gli ovuli. Eteromorfica vuol dire che c'è una differenziazione a livello di morfologia fiorale. Nella primula il sistema sporofijco è di jpo eteromorfico e a livello di locus S esiste una relazione di dominanza: ci sono due alleli S e s che controllano la reazione di incompajbilità e la morfologia del fiore (lunghezza sjlo, lunghezza del filamento delle antere e dimensione polline). [a destra] Fiori a SPILLO: stilo lungo e filamenti staminali corti (ss) [a sinistra] Fiori a SPAZZOLA: stilo corto e filamenti staminali lunghi (Ss) Quali sono le unioni possibili? § ss X ss (due fiori a SPILLO): risulta un’unione impossibile sia per fanori genejci, risulta esserci condivisione dei determinanj presenj sullo sporofito maschile e femminile, sia per fanori morfologici poiché le antere risultano più basse rispeno al pisjllo. § Ss X Ss (due fiori a SPAZZOLA): risulta anch’essa un’unione impossibile, ma solamente per fanori genejci, il fenojpo è sempre quello della pianta madre poiché esiste una condizione di dominanza che non fa verificare l’autofecondazione. 22 § ss X Ss e viceversa Ss X ss: questa risulta essere l’unica unione possibile poiché non c’è riconoscimento tra i fenojpi degli sporofij maschili e femminili, tuno ciò originerà una progenie formata dal 50% Ss e dal 50% ss. I SITI D’AZIONE In questo caso andiamo a differenziare l'autoincompatibilità a seconda del sito di azione in cui può avvenire: § A livello dello sjgma, che causa una inibizione della germinazione del polline (se il granulo non germina mai). § A livello dello sjlo, avviene la germinazione del polline, ma c’è una inibizione della crescita del tubeno pollinico. § A livello dell’ovario, in questo caso si ha una inibizione della fecondazione. cosa succede a livello molecolare? A livello molecolare non sono ancora state descritte nel dettaglio le reazioni, ma sono stati caratterizzati tre sistemi: Due sistemi di tipo gametofitico: il primo è quello delle Solanaceae, se si effenua il riconoscimento da parte dei locus S esistono delle RNasi che degradano i trascriu necessari al polline per germinare; il secondo sistema è il Papaver rhoeas, qui il locus S dello sjgma codifica per una proteina che auva un meccanismo di trasduzione del segnale che va ad inibire la germinazione del polline (che condivide l’allele S). Un sistema di jpo sporofijco invece è quello delle Brassicacee, dove il determinante femminile risulta essere cosjtuito da un recenore chinasico, che viene espresso a livello dello sjgma, quello maschile, invece, è una proteina ricca in cisteine (SCR) prodona dal tessuto diploide dell’antera, ma rimane sul rivesjmento del granulo pollinico maturo (sistema proteina-recenore). Quando le due glicoproteine self si legano inizia una reazione di rigeno del polline self, quindi viene impedita completamente la reazione di idratazione e di crescita del tubeno. Il sistema delle Brassicacee risulta quello meglio descrino e conosciuto nel denaglio fin ora. LA MASCHIOSTERILITÀ La maschiosterilità è una condizione di determinate piante le quali non riescono a produrre gameti maschili (possono essere utilizzate SOLO come parentali femminili), nel caso venissero prodotti non risulterebbero funzionali, quindi per poter produrre progenie queste piante devono per forza andare incontro ad allofecondazione. È una condizione che viene replicata anche a livello manuale, viene detta emasculazione genetica delle piante: viene tolto dai fiori il gamete maschile in modo tale che queste piante siano obbligate a produrre seme per allofecondazione. La maschiosterilità è una condizione di determinate piante le quali non riescono a produrre gameti maschili, nel caso venissero prodotti non risulterebbero funzionali, infatti se raccolgo un semem da pianta maschiosterile so che esso è da incrocio e non da fecondazione (è 100% ibrido). Quali sono i tipi di maschiosterilità? Esistono tre diversi tipi di maschiosterilità: 23 Maschiosterilità genejca: è data da mutazioni monofanoriali e dipende da un singolo gene nucleare dove l’allele per tale condizione è recessivo, le piante maschiosterili saranno ms ms, potranno ricoprire solamente il ruolo di parentali femminili. ms ms potrà incrociarsi con Ms Ms (maschioferjle omozigote), dando il 100% di progenie maschioferjle eterozigote. Un altro incrocio possibile è con un maschiofeterjle eterozigote, questo darà 50% di individui maschiosterili e 50% di individui maschioferjli. Questo jpo di maschiosterilità risulta svantaggiosa dal punto di vista della produzione di un seme ibrido poiché è impossibile onenere un 100% di piante maschiosterili. Maschiosterilità citoplasmajca (mitocondriale): è legata a dei geni mitocondriali e segue l’eredità materna, le piante che risultano con questa condizione contengono un fanore S a livello citoplasmajco, perciò fungono solamente da parentale femminile. Possono essere incrociate con una pianta maschile (ferjle a livello citoplasmajco) onenendo una progenie al 100% maschiosterile citoplasmajca. Molto ujle per la produzione di seme ibrido, a differenza della condizione precedente (è seme da incrocio e non da autofecondazione). Maschiosterilità genejco-citoplasmajca: è il risultato dell’interazione tra fanori nucleari e citoplasmajci, i fanori R o Rf (ristoratori), solo se sono allo stato dominante, rendono ferjli delle piante con fanore S a livello citoplasmajco. È in grado di restaurare la maschioferjlità, ma deve essere almeno in eterozigosi. Se, infau, incrocio una pianta maschiosterile rr con una maschiosterile RR onerrò una progenie al 100% maschioferjli perché la forma dominante del fanore R supera la maschiosterilità citoplasmajca; onerrò lo stesso risultato anche con un incrocio tra pianta maschiosterile citoplasmajca rr e una maschioferjle citoplasmajca RR. Se abbiamo invece una pianta maschiosterile che si va ad incrociare con una pianta maschioferjle, anche nel caso avessimo in questa pianta una situazione di sterilità a livello citoplasmajco questa sarà superata dal fanore R presente nel nucleo, si onerrà perciò una situazione di 50% di maschioferjli ed un 50% di maschiosterili. La sterilità citoplasmatica (CMS) in carota si manifesta come presenza di petali al posto degli stami: petaloidy. Oppure con la presenza di brattee verdi al posto degli stami: green bract-like organs. Se invece c’è la presenza del gene nucleare Rf, il fiore viene espresso nel modo corretto (almeno un allele dominante à cambia completamente il fenotipo). Per riassumere... 24 Allofecondazione (i gamej derivano da piante diverse): svolgono tale fecondazione piante con caranerisjche di dioicismo e monoicismo, fiori unisessuaj ed ermafrodij (grazie a fenomeni di impollinazione entomofila/anemofila, dicogamia, incompajbilità e maschiosterilijtà). Allofecondazione molto più favorita in natura. Nelle specie prevalentemente allogame si ha una popolazione formata da mescolanza di individui caranerizzaj da un pool di geni che si combinano tra loro nelle generazioni, ci saranno quindi piante altamente in eterozigosi. Autofecondazione (i gamej derivano dalla stessa pianta o da piante altamente imparentate): svolta da fiori ermafrodij con fenomeno di cleistogamia, ovvero la fecondazione a fiore chiuso. Nelle specie prevalentemente autogame si ha una mescolanza di linee in omozigosi. 25 LEZ. 5 17/10/2023 Prof. Barchi STRUTTURA GENETICA DELLE POPOLAZIONI Nelle piante abbiamo due principali sistemi di riproduzione: Sistema di autoimpollinazione: un sistema di autofecondazione Sistema di impollinazione incrociata: un sistema di impollinazione tra due individui diversi Definiamo inoltre: Pianta autogama: pianta che si autofeconda Pianta allogama: pianta in cui avviene la fecondazione tra due individui diversi Una pianta non sarà mai totalmente autogama o allogama, una pianta potrà essere preferibilmente autogama o allogama. PASSAGGIO SPONTANEO DA UN MECCANISMO DI ALLOGAMIA A IL MECCANISMO DI AUTOGAMIA Nell’ambito delle angiosperme possiamo assistere a un passaggio da un meccanismo di allogamia ad un meccanismo di autogamia, considerandolo come una via evolutiva tra le più comuni. Questo meccanismo però non risulta essere cosi esclusivo della specie, infatti possiamo trovare piante di specie simili che hanno natura e meccanismi di impollinazione completamente diversi. Ad esempio, prendendo in considerazione Arabidopsis Lyrata e Arabidopsis Thaliana due specie molto vicine tra di loro a livello di parentela, notiamo che mentre Arabidopsis Lyrata risulta essere autoincompatibile e per questo abbia tendenzialmente una riproduzione in allogamia, Arabidopsis Thaliana invece è una specie che si autofeconda facilmente (se la accoppiassi con altre piante sarebbe allogama). In questo caso quindi abbiamo un esempio di due specie appartenenti allo stesso genere, ma che nonostante questo presentano due comportamenti riproduttivi completamente diversi. Il meccanismo di autofecondazione risulta essere favorito nel breve periodo per tre grandi motivi: 1. Viene onenuto un vantaggio riproduuvo sfrunando un meccanismo di doppia fecondazione, le piante che subiscono tale transizione possono inizialmente trasmenere il loro DNA sia per autoimpollinazione che per impollinazione crociata; 2. La pianta ouene vantaggi nel caso in cui l’ambiente circostante risulj essere difficile riuscendo comunque a produrre semi, nonostante la possibilità di incroci sia bassa; à se non ci sono api la pianta non sì può riprodurre per allogamia 3. Grande capacità di colonizzazione; Lo svantaggio lo ritroviamo nella situazione iniziale (erano allogame), quando la pianta tende ad andare in autogamia, risulta essere la depressione da inbreeding, evento che si verifica all’inizio del passaggio da allogamia ad autogamia (le specie manifestano tanti caratteri negativi). Questa depressione da incrocio può manifestarsi come una ridotta vigoria delle progenie rispetto alla generazione precedente. Superata però questa condizione, una pianta autogama potrà poi autofecondarsi normalmente. Nel lungo periodo però, l’autogamia risulta essere problematica. Questo perché la pianta che ha cambiato modalità di impollinazione, passando da allogamia ad autogamia, tende a perdere tutti quei meccanismi genetici e strutturali a livello del fiore, che prima erano preposti all’impollinazione incrociata (allogamia). Infatti, paradossalmente in molte specie si sono diffusi diversi meccanismi che favoriscono il mantenimento dell’allogamia, questi meccanismi sono: Dioicismo: piante maschili e femminili separate che impediscono l’impollinazione; Proteroginia e proterandria: sviluppo prima dell’apparato riproduuvo maschile o di quello femminile; Autoincompajbilità: impossibilità di autofecondarsi. 26 È importante sottolineare che il passaggio da parte di una pianta allogama a un meccanismo riproduttivo autogamo è un evento molto raro. Nonostante l’elevata frequenza di transizioni verso l’autoimpollinazione, solo il 10-15% delle piante da seme è prevalentemente autoimpollinante, questo perché, secondo l’ipotesi di Stebbins, l’autoimpollinazione è vista come un vicolo cieco evolutivo e i taxa autogami soffrono di un elevato rischio di estinzione, come conseguenza di un ridotto potenziale di adattamento. Il passaggio da allogamia ad autogamia inoltre determina anche dei cambiamenti a livello morfologico: Le antere e gli sjgmi sono molto vicini tra loro, così da favorire l’autoimpollinazione; Cleistogamia: meccanismo di impollinazione a fiore chiuso; Riduzione della dimensione del fiore: autofecondandosi la pianta non necessità di grandi quanjtà di polline; Possiamo quindi evidenziare le due grosse differenze: una fecondazione incrociata ci dà una maggiore flessibilità e adattabilità delle piante a un ambiente, portandoci a ricondurlo al meccanismo ancestrale; l’autofecondazione invece si è probabilmente sviluppata come una risposta ad una pressione selettiva per favorire l’adattamento immediato (genotipo che si è adattato molto bene all’ambiente e che viene selezionato). Specie più longeve (i.e. pluriennali o perenni) tendono ad essere allogame, mentre quelle annuali tendono ad essere autogame. Da considerare: § Molte piante annuali occupano ambienj difficili (ad esempio tempi ridou per la crescita e la riproduzione). Per cui può essere favorito il selfing per mijgare la limitazione di polline. § Piante perenni spesso si trovano in ambienj altamenj compejjvi, dove sono premiate le progenie compejjve (che spesso derivano da outcrossing) LA GENETICA DI POPOLAZIONE Il concetto di popolazione è definito come “insieme di individui dentro una specie che occupano un certo spazio e che condividono un insieme di geni, detto pool genetico”. Il pool genetico è l’informazione genetica complessiva presente in una popolazione; esso viene mantenuto nel corso del tempo grazie alle diverse generazioni che si susseguono. Per poter studiare la struttura genetica di una popolazione è importante tenere conto del suo meccanismo di riproduzione, che ci porta a definire 3 grandi diverse tipologie di popolazione: § Le popolazioni di specie autogame; § Le popolazioni di specie allogame; § Le popolazioni di specie apomiuche e a propagazione vegetajva: le specie apomiuche sono specie che riproducono senza la fecondazione, mentre le popolazioni a propagazione vegetajva sono quelle che si riproducono ad esempio con bulbi, rizomi o cloni. La genetica di popolazione studia la frequenza dei geni e dei genotipi e la sua variazione nel tempo, semplicemente applicando le leggi di Mendel all’intera popolazione. Il modello più semplice di popolazione mendeliana è sempre quello di un unico locus genico con due alleli che possono andare a formare tre possibili genotipi: due omozigoti (uno recessivo e uno dominante), e uno eterozigote. Dinamica delle popolazioni Oltre al meccanismo di riproduzione, per poter studiare la struttura genetica di una popolazione, dobbiamo anche considerare se le piante che compongono la popolazione sono annuali o poliannuali ottenendo così altre due grandi categorie di popolazioni: Popolazioni a generazioni separate: composte da specie di piante annuali, il cui ciclo vitale si ripete anno per anno e che quindi non vedranno mai una sovrapposizione temporale tra la generazione precedente e quella successiva Popolazioni a generazioni sovrapposte: composte da specie di piante poliannuali che hanno però una sovrapposizione tra le varie generazioni 27 Questo concetto ci permette di definire dei modelli di dinamica delle popolazioni e di definire il concetto di fitness (concetto tendenzialmente vegetale). La fitness (w) è il contributo di figli che ogni pianta dà alla generazione successiva: Se w=1: la fitness rimane costante nel tempo Se w1: la fitness aumenta e anche la popolazione crescerà nel tempo POPOLAZIONI DI SPECIE AUTOGAME Se consideriamo una popolazione autogama teorica possiamo dire che abbiamo un 100% di autofecondazione, che in queste condizioni abbiamo un’assenza di selezione, e che tutti gli individui che la compongono sono il risultato di infinite generazioni di autofecondazione. Possiamo così supporre che ogni individuo sia in omozigosi per tutti i loci, anche se per loci diversi. Nelle specie autogame gli individui ottenuti sono quindi il risultato di numerosi cicli di autofecondazione e prendono il nome di linee pure. Una linea pura, proprio per il meccanismo di autofecondazione, è una linea che in omozigosi ha tutti i loci, è importante però che in una popolazione di piante autogame ho la possibilità di trovare diverse linee pure (ad esempio abbiamo due linee pure composte una da individui in omozigosi recessiva e una da individui in omozigosi dominante). Gli individui di popolazioni autogame, avendo alle spalle un lungo periodo di autofecondazione non risentono degli effetti negativi dati dalla depressione da inbreeding. Le piante che compongono questo tipo di popolazione vengono definite “fossilizzate”, cioè sono piante statiche proprio perché quando si autofecondano si ottiene una pianta geneticamente uguale a quella della generazione precedente. Questo comporta che se gli individui sono ben adattati ad un determinato ambiente, grazie alla loro “situazione genica” possono fissarsi. Lo svantaggio è che se esse subiscono un brusco cambiamento nell’ambiente circostante non riescono ad adattarsi velocemente ad esso, in quanto tendono ad essere identiche all’interno della stessa linea. In realtà non esiste una popolazione autogama al 100%, infatti essa ha sempre un minimo livello di variabilità che crea nuove combinazioni, permettendo l’adattamento e l’evoluzione della specie. Questa variabilità può essere ottenuta sia grazie all’incrocio naturale occasionale sia grazie a delle mutazioni spontanee: § Gli incroci naturali occasionali (si creano regioni del genoma in eterozigosi) sono permessi grazie al mantenimento di un minimo livello di meccanismo allogamo e essi determinano l’aggiunta di nuove linee pure, con combinazioni alleliche diverse da quelle originarie, che in seguito risenjranno degli effeu della selezione naturale e di conseguenza potranno essere eliminate o affermarsi a seconda della loro capacità di adanamento à alcune linee pure moriranno § Le mutazioni insorgono quasi sempre nello stato di eterozigosi: la mutazione coinvolge solo uno dei due alleli e spesso sono recessive, cioè per vedere il suo effeno dovremo trovarci in una situazione di omozigosi recessiva; nelle specie autogame la mutazione la ritroviamo sempre e solo in un’unica generazione. Se la mutazione ha effeu posijvi allora verrà mantenuta, se invece ha degli effeu negajvi l’individuo verrà eliminato. (la frequenza dei singoli alleli mutaj varia tra uno ogni centomila e uno ogni milione e quindi manteniamo un minimo di variabilità. 28 Nella tabella che segue, viene mostrato il numero di mutazioni osservate per diversi geni, tra le quali quelle osservate per il gene R che influisce sul colore. Nelle popolazioni ibride di piante autogame, la percentuale di eterozigosi diminuisce nel corso delle generazioni successive. Partendo da un individuo in eterozigosi alla G0 con una quota di eterozigosi del 100%, generiamo 4 individui: uno omozigote dominante, uno omozigote recessivo e due eterozigoti. In questi 4 individui la quota di eterozigosi è diventata del 50%. Dopo l’autofecondazione di questi 4 individui della G1, i due individui in omozigosi daranno sempre dei figli in omozigosi, mentre i due individui in eterozigosi daranno 2 individui omozigoti dominanti, 4 individui eterozigoti e 2 individui omozigoti recessivi; sommando alla G2 avrò: 6 individui in omozigosi dominante, 4 individui in eterozigosi e 6 individui in omozigosi recessiva, ottenendo così una quota di eterozigosi del 25%. Andando avanti nelle generazioni successive vediamo appunto che la quota di eterozigosi di riduce del 50% per ogni generazione successiva. Quindi nel momento in cui abbiamo un incrocio in una popolazione prevalentemente autogama, a partire da un genotipo ibrido per n coppie alleliche in eterozigosi, la frazione di piante omozigoti dopo m generazioni segreganti è uguale a: [(2m-1)/ 2m]n. Ad esempio se io prendo due alleli, e quindi due geni, alla G5, considerando m=4 e n=2, ottengo che l’87% degli individui avrà portato dopo 5 generazioni quei due loci in omozigosi. Dopo una serie infinita di generazioni di autofecondazioni, la popolazione risulterà costituita da un elevato numero di linee pure omozigoti per alleli diversi, precisamente da n coppie alleliche posso ottenere 2n linee pure omozigoti diverse. Importante: quando noi osserviamo una popolazione autogama la variabilità dentro la popolazione non è data dalla variabilità dentro i figli di una linea pura, visto che i figli saranno esattamente uguali alla generazione precedente, ma la variabilità sarà dovuta dalle differenze tra le linee pure. Considerando una popolazione di piante autogame di specie che sono state introdone recentemente in coljvazione riusciamo a vedere una grande rappresentazione della variabilità. Infau gli alleli favorevoli per una determinata specie risultano essere sparsi in tanj individui. Nelle specie che hanno un’anjca tradizione colturale e che quindi sono coljvate, le varietà migliori tendono ad accumulare gli alleli migliori in molj dei loci ubicaj nello stesso cromosoma. Ad esempio, 21 = 2 linee pure (AA, aa) 22 = 4 linee pure (AABB, AAbb, aaBB, aabb) 240 = 1.009.511.627.776 linee pure Teoricamente con 40 geni ci possono essere più di mille miliardi di combinazioni possibili di omozigosi (dominante e recessiva insieme). 29 Una generazione di piante autogame è costituita da un infinto insieme di individui geneticamente molto simili, ma diversi perché tra un individuo e l’altro cambia come sono messi in omozigosi. Più consideriamo geni e più gli individui saranno diversi. Le uniche variabilità che possiamo vedere in una popolazione autogama sono dovute alle differenze tra omozigosi. In realtà nelle popolazioni autogame naturali c’è sempre una quota di eterozigosi. Quando creiamo una nuova combinazione, generando variabilità, si fa un incrocio di Mendel e si ottiene una F1 teorica, cioè un individuo eterozigote in tutti i loci. Se si genera nuova variabilità, quell’individuo avrà una sua fitness (contributo di figli che ogni pianta da alla generazione successiva) o capacità riproduttiva; se la fitness è forte, esso ha una grande adattabilità e si è casualmente creata una combinazione che da’ dei vantaggi alla pianta in quell’ambiente e viene mantenuta. Presenza costante di una quota di variabilità genetica nelle popolazioni naturali (possibilità di evoluzione) Nelle popolazioni di specie autogame la limitata variabilità dovuta all’autofecondazione è bilanciata dal rilascio di nuova variabilità derivante da mutazioni e da incroci naturali ed al vantaggio selettivo degli eterozigoti 30 LEZ. 6 18/10/2023 Prof. Barchi Popolazioni di specie allogame Contrariamente alle autogame, le popolazioni allogame non sono costituite da linee pure, ma da un insieme di individui altamente eterozigoti. È in genere presente un’ampia variabilità genetica, fondamentale per un ottimo adattamento all’ambiente, il cui mantenimento è favorito dall’impollinazione incrociata tra i diversi individui. Rispetto alle autogame (dove non c’è il concetto di impollinazione libera), le allogame risentono maggiormente della depressione da inincrocio (manifestazione degli alleli recessivi) e allo stesso modo è ancora più evidente l’effetto dell’eterosi nell’ibrido prodotto da un incrocio. Rispetto alle autogame, l’elevata eterozigosi fa sì che eventuali mutazioni deleterie recessive vengano mascherate dall’effetto dominante dell’altro allele. Di conseguenza, la rimozione di queste mutazioni da parte della selezione naturale è resa più complicata (la mutazione si manifesta unicamente negli omozigoti recessivi). Osserviamo quello che succede nelle popolazioni di specie allogame, quest’ultime sono costituite da individui altamente eterozigoti, al contrario di quello che avviene per gli altri autogami. È presente un’importante variabilità genetica che ha il grosso vantaggio di permettere una buona adattabilità all’ambiente. Le piante autogame e le popolazioni di piante autogame sono caratterizzate da un buon adattamento ad uno specifico ambiente, ma nonostante questo appena viene modificato l’ambiente non sempre riescono a rispondere alle variazioni. Le popolazioni di piante allogame, a differenza delle precedenti, hanno un’ampia variabilità genetica che permette loro di adattarsi all’ambiente, il cui mantenimento è anche favorito dall’impollinazione incrociata fra diversi individui. Differentemente dalle piante autogame, le piante allogame risentono della depressione da inincrocio (o da inbreeding) la quale comporta la manifestazione dei caratteri recessivi mantenuti in eterozigosi. Nelle piante allogame diventa evidente il meccanismo dell’eterosi, in cui l’incrocio fra due linee inbred, ovvero tra piante allogame autofecondate per più cicli e portate dunque in condizioni di omozigosi recessiva, fa ottenere un individuo eterotico, cioè con caratteristiche notevolmente migliori rispetto ai genitori. Nelle popolazioni allogame l’eterozigosi fa in modo che le mutazioni deleterie vengano mascherate grazie all’effetto dominante di uno solo dei due alleli. Nonostante ciò, la mutazione deleteria rimane presente nella popolazione, perciò se una pianta si autofeconda ha 1/4 di probabilità di dimostrare il carattere legato all’allele recessivo (la mutazione si manifesta unicamente negli omozigoti recessivi). Questo è il concetto alla base della depressione da inbreeding, condizione che comporta il manifestarsi nelle piante di caratteri negativi non presenti in eterozigosi e spesso difficili da eliminare. Fra tutte le specie allogame è stato molto studiato il mais, nel quale gli individui ottenuti in seguito all’autofecondazione mostrano una tendenza ad andare in omozigosi, portando inizialmente a una forte depressione da inbreeding, per cui molte piante muoiono, altre diventano negative e meno efficienti. Le piante che sopravvivono vengono autofecondate per più generazioni producendo linee inbred, ossia delle linee pure ma ottenute da piante allogame. Incrociando due linee pure si ottiene un ibrido F1, il quale manifesta l’eterosi, dunque le caratteristiche migliori della generazione parentale. Poiché si parte da due linee inbred omozigoti in tutti i loci, gli ibridi F1 sono tutti uguali fra di loro, e sono quindi molto produttivi, lo svantaggio è quello di dover essere acquistati ogni anno, in quanto la generazione F2 segrega completamente. Un concetto molto importante nelle specie allogame è il concetto di panmissia, secondo cui gli individui si interincrociano liberamente, tutti gli individui hanno quindi la stessa probabilità di incrociarsi, tenendo conto che all’interno della popolazione se i geni favoriscono la fitness si assiste a un aumento della loro frequenza, se invece ha degli effetti negativi la loro frequenza diminuisce. 31 Legge di Hardy-Weinberg (HW) Le popolazioni naturali sono caratterizzate da unioni casuali che consentono di mantenere teoricamente inalterate le frequenze geniche nel corso del tempo. Questo è un assunto della legge di Hardy-Weinberg, una legge fondamentale nella genetica di popolazione, secondo cui vengono mantenute in equilibrio le frequenze alleliche e genotipiche fra una generazione e l’altra. La legge di Hardy-Weinberg (si applica solo alle specie allogame) è un modello di riferimento teorico che però non esiste in pratica poiché ha degli assunti abbastanza importanti, in quanto in una popolazione: non devono avvenire delle mutazioni nel corso delle generazioni; la popolazione deve essere isolata e non avvengono migrazioni da altre popolazioni; la popolazione ha dimensioni infinite; non esiste selezione poiché tuu gli individui si riproducono ugualmente bene e sopravvivono à significa che non c’è selezione; le unioni sono casuali. Si può riassumere la legge di Handy-Weinberg in un unico enunciato: “In una popolazione infinitamente grande, ad accoppiamento casuale ed in assenza di mutazione, migrazione e selezione, le frequenze alleliche (geniche) non variano nel tempo e le frequenze genotipiche si ottengono dallo sviluppo del seguente binomio” (p+q)2 = p2 + 2pq + q2 = 1 Nel binomio p e q rappresentano le frequenze alleliche, p2 è il genotipo omozigote dominante, q2 è il genotipo omozigote recessivo, 2pq equivale agli eterozigoti. Tali frequenze si raggiungono in una generazione di unioni casuali basandosi su un solo locus, guardando più loci sono invece necessarie alcune generazioni in più. Una volta determinate le frequenze geniche e le frequenze genotipiche di una particolare generazione, è possibile prevedere le frequenze geniche e genotipiche anche nelle generazioni successive. Ipotizzando di avere una popolazione in cui la frequenza di p(A) di q(a) è 0,5 la frequenza genotipica sarà data dalla somma di p2 + 2pq + q2 (come riportato in figura) e risulterà essere costituita dal 50% di individui eterozigoti, il 25% da individui omozigoti dominanti e il 25% da individui omozigoti recessivi. Se venissero rispettate le condizioni di Handy-Weinberg la popolazione non cambierebbe nel corso delle varie generazioni e gli individui ottenuti presenterebbero anch’essi una frequenza allelica uguale a quella degli individui di partenza. Considerando un’altra popolazione, in cui le frequenze alleliche sono: p(A)=0.7 e q(a)=0.3, avremo una popolazione la cui distribuzione genotipica sarà quella riportata nell’immagine che segue: Quindi in una popolazione in equilibrio di Handy-Weinberg la composizione genetica rimane costante nel corso delle generazioni. Può essere definita come la legge dell’immobilità di una generazione ed è abbastanza improbabile che avvenga. Per calcolare e ricavare le frequenze genotipiche basta fare una proporzione dei diversi genotipi in una data popolazione ottenendo delle frequenze la cui somma è uguale a 1. 32 Le frequenze alleliche (o geniche) corrispondono alla proporzione di un allele in un dato locus, ossia la frequenza di un dato allele sul totale degli alleli possibili ad un dato locus. In cui D è il numero di individui omozigoti dominanti (moltiplicato per 2 perché gli alleli dominanti sono 2), H il numero di individui eterozigoti (i cui l’allele dominante/recessivo è uno solo) e R è il numero di omozigoti recessivi (moltiplicato per 2 perché gli alleli recessivi sono 2). Dunque, considerando un esempio numerico, in cui abbiamo 100 individui omozigoti dominanti (AA), 80 individui eterozigoti (Aa), 20 individui omozigoti recessivi (aa), le frequenze di p e q sono: L’equilibrio di HW si raggiunge in una popolazione, e basandosi sulla sola osservazione si può dedurre se una popolazione sia in equilibrio o meno. Nel seguente esempio si osservano 3 popolazioni distinte, si nota come la popolazione 2 sia in equilibrio di HW: [dalla linea gialla in poi le popolazioni entrano in HW e da quel momento in poi non cambia niente] La prima e la terza popolazione non erano inizialmente in equilibrio di HW poiché nella prima generazione le frequenze genotipiche non sono coerenti frequenze genotipiche della seconda generazione. L’immagine riportata di fianco è utile per capire quelle che sono le frequenze di p e q. Considerando il caso in cui si ha la frequenza di p=0.5 e la frequenza di q=0.5, si osserva come il 50% dei genotipi siano in eterozigosi, mentre un 25% di individui omozigoti dominanti e omozigoti recessivi. 33 Gli agenM responsabili della microevoluzione Le frequenze alleliche di una popolazione cambiano, nel corso del tempo, solo se le condizioni del modello di Hardy-Weinberg non sono rispettate. I processi che generano il cambiamento microevolutivo, includono mutazione, flusso genico, deriva genetica, selezione naturale e accoppiamento non casuale Assunzioni : Fattori di disturbo: 1. La dimensione della popolazione è 1. Deriva genejca in popolazioni di piccole sufficientemente grande. dimensioni 2. La selezione naturale è trascurabile 2. Selezione naturale 3. La mutazione è trascurabile 3. Mutazione 4. La migrazione è trascurabile 4. Migrazione e flusso genico 5. La riproduzione è sessuale ed allogama 5. Unioni non casuali tra individui (accoppiamento casuale = random majng) genejcamente simili (inbreeding) 6. Le generazioni non si sovrappongono 6. Sovrapposizione delle generazioni 7. L'organismo studiato è diploide 7. Aploidia e poliploidia Le mutazioni Fra i fattori di disturbo dell’equilibrio di HW vi è la mutazione. La mutazione è un cambiamento spontaneo del DNA che in alcuni casi può essere ereditabile. Le mutazioni sono eventi rari in quanto il rapporto dei gameti che portano una mutazione in un locus genico è di 1:100000 (o 1:1000000). Perché una mutazione sia ereditata dalle generazioni successive questa deve riguardare le cellule che producono i gameti. La frequenza delle mutazioni fortunatamente è bassa ma, nell’ottica di diversi milioni di anni, comporta la maggiore variabilità. Le mutazioni possono essere di tre tipi: § Deleterie: alterano la strunura, la funzione di un gene e sono mutazioni che vengono selezionate dalla selezione naturale. Tra le mutazioni deleterie vengono riscontrano le mutazioni letali che comportano la morte dell’individuo. Spesso però le mutazioni letali sono presenj sull’allele recessivo e dunque, affinché l’individuo muoia, è necessario che i due alleli siano presenj in omozigosi, viceversa se la 34 mutazione è presente sull’allele dominante basta anche solo l’eterozigosi per determinare la morte dell’individuo; § Vantaggiose: totalmente contraria rispeno alla mutazione deleteria, porta vantaggi all’individuo che ne è affeno. Vale lo stesso discorso di omozigosi e/o eterozigosi a seconda che l’allele sia recessivo o dominante. § Neutrali: rappresentano la maggior parte delle mutazioni, non comportano nessun effeno all’individuo (a livello del DNA non cambiano la sequenza). La mutazione non avviene su regioni codificanj o al terzo nucleojde del codone, senza andare ad alterare la sequenza amminoacidica. Le mutazioni neutrali possono essere mutazioni che cambiano il fenojpo di un individuo senza modificarne la fitness, tunavia la mutazione se in un determinato momento è neutrale non è deno che dopo un determinato periodo di tempo potrebbe rivelarsi ujle, in quanto potrebbero cambiare le condizioni in cui l’individuo vive. Basj pensare alla possibilità dell’uomo, specialmente europeo, di poter digerire il lane anche da adulto e questo ha rappresentato un vantaggio evolujvo, in quanto nelle situazioni di scarsa reperibilità di cibo era possibile introdurre anche il lane come alimento all’interno della propria dieta. Le mutazioni comportano la variazione nelle frequenze geniche, causando l’uscita dall’equilibrio di HW, ciò avviene perché vi è un tasso di mutazione che modifica l’allele p(A) in q(a) e un tasso di retromutazione che porta q(a) ad essere p(A). All’equilibrio vi è un equilibrio fra il tasso di mutazione e il tasso di retromutazione pu=qv. La mutazione nell’equilibrio di HW fa cambiare le frequenze alleliche, fino al momento in cui non si raggiunge un equilibrio, dato dal rapporto fra il tasso di mutazione singolo e il tasso di mutazione complessivo. La migrazione e il flusso genico Un secondo elemento che non fa rispettare la legge di HW è la migrazione e il flusso genico. La migrazione consiste nello scambio di geni fra due popolazioni, portando ad un cambio delle frequenze alleliche, e che può provocare cambiamenti della loro struttura genetica quando le popolazioni interessate sono caratterizzate da differenti frequenze alleliche e quando il numero di individui coinvolti non è trascurabile; dunque un cambio nelle frequenze alleliche delle generazioni successive. Naturalmente il flusso genico, non avviene solo fra individui, ma anche con il polline e con i semi, in quanto il vento o gli animali che trasportano i semi sono responsabili del flusso genico. Per fare un esempio, considerando una popolazione Y in cui le frequenze p e q sono p = 0.1 e q = 0.9, successivamente all’impollinazione, gli alleli vengo portati in una popolazione in cui le frequenze sono differenti: p = 0.8 e q = 0.2. Portando gli alleli a da una

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