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ProsperousOrangutan1588

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public health epidemiology disease prevention healthcare

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This document discusses hygiene, focusing on promoting and maintaining individual and collective health. It covers various aspects, including the definition of hygiene, methodologies for health promotion and disease prevention, epidemiological principles, and different types of diseases and their prevention strategies. It also explores the factors influencing health, such as behavioral, genetic, and environmental determinants, and the role of public health in addressing global challenges related to health. The document highlights the importance of prevention and promoting well-being.

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IGIENE Indice Definizione di IGIENE.............................................................................................................. 2 METODOLOGIE PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE E PER LA PREVENZIONE DELLE MALATTIE..........................................................................

IGIENE Indice Definizione di IGIENE.............................................................................................................. 2 METODOLOGIE PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE E PER LA PREVENZIONE DELLE MALATTIE....................................................................................................................4 PRINCIPI DI METODOLOGIA EPIDEMIOLOGICA................................................................. 6 MISURE DI FREQUENZA....................................................................................................... 7 FONTI DI DATI EPIDEMIOLOGICI........................................................................................ 11 GLI STUDI EPIDEMIOLOGICI............................................................................................... 13 PRINCIPI GENERALI DI EPIDEMIOLOGIA DELLE MALATTIE INFETTIVE........................ 17 MALATTIE CRONICHE E DELLA DISABILITÀ......................................................................22 PREVENZIONE o PROFILASSI DELLE MALATTIE INFETTIVE.......................................... 24 DISINFEZIONE...................................................................................................................... 29 DISINFESTAZIONE............................................................................................................... 31 STERILIZZAZIONE................................................................................................................ 32 PREVENZIONE o PROFILASSI IMMUNITARIA....................................................................36 COSTITUZIONE DEI VACCINI.............................................................................................. 37 IMMUNOPROFILASSI PASSIVA o SIEROPROFILASSI.......................................................41 LA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CRONICHE E DELLA DISABILITÀ......................... 42 EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE DELLE MALATTIE INFETTIVE DI MAGGIORE INTERESSE EPIDEMIOLOGICO A LIVELLO GLOBALE..................................................... 45 - INFEZIONI A TRASMISSIONE AEREA / AERODIFFUSE............................................ 45 - INFEZIONI A TRASMISSIONE ORO-FECALE............................................................. 48 - INFEZIONI TRASMESSE DA ALIMENTI (MTA)............................................................50 - INFEZIONI A TRASMISSIONE PARENTERALE O SESSUALE (MST)........................54 - INFEZIONI TRASMESSE PER MEZZO DI VETTORI (VBD)........................................ 56 - INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA (ICA).......................................................58 PROMOZIONE DELLA SALUTE E PREVENZIONE DELLE MALATTIE NELLE DIVERSE FASI DELLA VITA.................................................................................................................. 58 Laboratorio (La coltura su terreno).........................................................................................59 STILI DI VITA E SALUTE....................................................................................................... 61 AMBIENTE E SALUTE.......................................................................................................... 65 1 08/10 L'IGIENE è “la disciplina che si propone di promuovere e conservare la salute sia individuale che collettiva”. Appartiene alle scienze biomediche che, attraverso il potenziamento dei fattori utili alla salute e l’allontanamento o la correzione dei fattori responsabili delle malattie, tende a conseguire uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale dei singoli e delle collettività. L’igiene ha come oggetto di interesse l’uomo sano. L’ambito di intervento non è limitato solo al singolo individuo, bensì esteso all’intera collettività. Gli interventi non sono limitati al soggetto ma estesi all'ambiente fisico, biologico e sociale nel quale esso si trova inserito. Definizione dell’OMS di SALUTE (1948) “Stato di completo benessere fisico, mentale e sociale del singolo e della collettività e non semplice assenza di malattia o di difetti”. Per la prima volta nella storia viene considerato il benessere non solo fisico e psichico dell’uomo (assenza di patologie, alterazioni fisiologiche e/o anatomiche), ma anche quello mentale e sociale (aspetti culturali, morali). Questa definizione viene perfezionata nel 1978, con la Dichiarazione di Alma-Ata: l’OMS precisa che “la salute è un diritto fondamentale dell’essere umano, e l’accesso al più alto grado possibile di salute è un obiettivo sociale di estrema importanza, che interessa il mondo intero e presuppone la partecipazione di molti altri comparti socio-economici oltre a quello sanitario”. Con la Carta di Ottawa (1986) si incomincia a prendere in considerazione una nuova dimensione della salute, quella della prevenzione: si sottolinea che è necessario attivare tutte le possibili procedure per mettere la popolazione in grado di aumentare il controllo della propria salute e far prendere coscienza che la Sanità è una risorsa. La promozione della salute sostiene lo sviluppo personale e sociale attraverso: > l’informazione > l’educazione alla salute > il potenziamento delle competenze A questo scopo, i governi devono attuare: - la creazione di politiche pubbliche per la promozione della salute (es: regolamentazione e divieto fumo in alcuni luoghi pubblici) - la creazione di ambienti favorevoli alla salute (es: ambiente di lavoro e aule pulite; creazione di piste ciclabili nelle città; servizi di disinfestazione nelle città) - il rafforzamento dell’azione comunitaria a favore della salute (es: tramite lo sviluppo di progetti volti a promuovere la salute della comunità, vedi Frutta nelle Scuole) - lo sviluppo delle capacità individuali (es: tramite campagne di sensibilizzazione sulla promozione della salute) - il riorientamento dei servizi sanitari servizi sanitari verso la promozione della salute (es: tramite campagne di screening e controlli selettivi di alcune fasce più a rischio della popolazione) Secondo la definizione dell’OMS, la SANITÀ PUBBLICA è “la scienza e l’arte di promuovere la salute, di prevenire le malattie e di prolungare la vita attraverso sforzi organizzati della società”. La sanità pubblica in Italia è assicurata dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN, che fornisce l’insieme delle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione a tutta la popolazione in tutto il territorio nazionale) e a livello locale dai Servizi di igiene e sanità pubblica (SISP), responsabili in ciascuna ASL. Nel 2018, sulla base di dati dell’OMS del 2015, è stata stilata una classifica Health Care Efficiency riguardante i servizi sanitari di 56 Paesi, in cui la vita media della popolazione è di almeno 70 anni. 2 Hong Kong si colloca al primo posto della graduatoria, l’Italia al quarto, superata in Europa solo dalla Spagna. Per rispondere ai problemi delle diseguaglianze e ai bisogni di salute, sono stati coniati dei nuovi termini che hanno a che fare con delle strategie innovative e globali. GLOBAL HEALTH è la salute globale, che riguarda tutti i Paesi, sviluppati e non. Raggruppa la sanità pubblica (Public Health), la sanità internazionale (International Health) e la medicina tropicale (Tropical Medicine). Si tratta di “un’area di studi, ricerche e pratiche che ha come priorità il miglioramento della salute e il raggiungimento dell’equità nella salute per tutti a livello mondiale” (Koplan et al., 2009); L’OMS ha varato il “13° Programma Generale di Lavoro” per il 2019-2023 con l’obiettivo del “triplo miliardo”, cioè un miliardo in più di persone che possano accedere all’assistenza sanitaria universale e godere di una salute migliore. Con il 14° Programma Generale si volge particolare attenzione al cambiamento climatico, l’invecchiamento, la migrazione, le minacce pandemiche. ONE HEALTH (una sola salute, comprendente quella degli animali, dell’uomo, delle piante) è un approccio integrato e interdisciplinare alla progettazione e all’attuazione di azioni e politiche nell’interfaccia salute uomo-animale-ambiente. Le linee strategiche che si possono percorrere per proteggere e potenziare la salute dell’uomo sono: - allontanare e/o correggere tutti i fattori potenzialmente nocivi; - incrementare il livello di benessere, potenziando la presenza dei fattori protettivi ed aumentando il grado di resistenza all’azione dei diversi fattori di danno. Il BENESSERE INTERNO LORDO (BIL) è un indicatore (numero vero e proprio) per misurare la qualità della vita e la felicità delle popolazioni. È stato messo a punto nel 2009, al fine di valutare la qualità della vita e il livello di soddisfazione dei singoli. Il BENESSERE EQUO e SOSTENIBILE (BES) è un indicatore per delineare un quadro completo degli elementi che determinano la qualità della vita nelle diverse realtà economiche e sociali. Tiene contro del reddito medio disponibile, povertà assoluta, speranza di vita… L’obiettivo n° 3 dell’Agenda 2030 riguarda l’ambito Salute e Benessere: “Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”. Traguardi da raggiungere entro il 2030: > ridurre il tasso di mortalità materna globale a meno di 70 per ogni 100.000 bambini nati vivi; > porre fine alle morti prevenibili di neonati e bambini sotto i 5 anni di età; > porre fine alle epidemie di AIDS, tubercolosi, malaria e malattie tropicali trascurate; > ridurre di un terzo la mortalità prematura da malattie non trasmissibili; > rafforzare la prevenzione e il trattamento di abuso di sostanze, tra cui l’abuso di stupefacenti e il consumo nocivo di alcol; > garantire l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva; > ridurre il numero di decessi e malattie da sostanze chimiche pericolose e da contaminazione e inquinamento dell’aria, acqua e suolo; > sostenere la ricerca e lo sviluppo di vaccini, farmaci per malattie trasmissibili e non. Le proposte a questi scopi sono: - potenziare le risorse e dei servizi sanitari; - migliorare il coordinamento pubblico-privato della sanità; - rafforzare i sistemi di mitigazione dell’impatto ambientale sulla salute; - mettere in pratica l’approccio multisettoriale e integrato proposto dal paradigma “One Health”; 3 - potenziare gli interventi per il trattamento del disagio psichico, promuovendo la tutela della salute mentale; - promuovere un’infrastruttura pubblica europea per lo sviluppo di vaccini e farmaci. 09/10 METODOLOGIE PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE E PER LA PREVENZIONE DELLE MALATTIE MODELLO UOMO-AMBIENTE-SOCIETÀ Stabilisce quei fattori sempre coinvolti nello stato di salute e/o malattia come fattori comportamentali (dieta, fumo, alcolismo, abitudini sessuali, stili di vita), fattori genetici (età, sesso, predisposizione genetica) e fattori ambientali (ambiente fisico di vita e di lavoro, ambiente sociale). Questi vengono detti DETERMINANTI DI SALUTE, cioè fattori che influenzano e determinano lo stato di salute e il benessere di un individuo o di una comunità. I determinanti di salute sono alla base della Sanità Pubblica, perché consentono di analizzare i fattori che influenzano l'insorgenza delle malattie. Si possono distinguere determinanti modificabili (comportamentali, ambientali) e non modificabili (genetici). ​ INDIVIDUALI età, sesso, patrimonio genetico ​ SOCIO-ECONOMICI condizioni economiche, stato occupazionale, contesto socio-culturale ​ AMBIENTALI aria, acqua e alimenti, area di residenza, abitazione, rifiuti ​ STILI DI VITA alimentazione, attività fisica, abitudine al fumo, abuso di sostanze o farmaci ​ ACCESSO AI SERVIZI sistema scolastico, sistema sanitario, servizi sociali, trasporti, attività ricreative MODELLO DI DAHLGREN E WHITEHEAD (o modello arcobaleno) Costituito da una serie di cerchi concentrici, ognuno di quali rappresenta un determinante di salute. Permette di avere una visione “multisettoriale” della salute, considerando una gerarchia di valore dei determinanti di salute. Al centro sono presenti gli individui con le loro caratteristiche biologiche, ovvero i fattori genetici ed individuali (non modificabili). Man mano che ci si sposta verso l’esterno, si trovano i fattori modificabili (stili di vita individuali, reti sociali, ambiente di vita e di lavoro, condizioni socio-economiche e ambientali generali). I cerchi più esterni quindi con un’area maggiore (distali, più remoti dall'individuo) costituiscono i fattori che influiscono maggiormente sullo stato di salute. Questo modello riflette l'idea della cultura europea di Welfare, correlata al diritto alla salute. MODELLO CDC (Centers for Disease Control and Prevention) Secondo questo modello lo stato di salute delle persone sarebbe condizionato per il 50% dai fattori socio economici, per il 20% dall’ecosistema, per il 20% dal patrimonio genetico e per il 10% dall’assistenza sanitaria. Questo modello mette in primo piano il ruolo dello stile di vita delle persone; rispecchia la visione della salute negli Stati Uniti e l’enfasi che viene posta sulla responsabilità individuale di ognuno nei confronti della propria salute. 4 MODELLO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE SUI DETERMINANTI SOCIALI DELLA SALUTE DELL’OMS Per la prima volta si fa riferimento ai fattori coinvolti nelle diseguaglianze, cioè nella diseguale distribuzione della salute all’interno della popolazione. La figura si legge da sinistra verso destra. ❖​ contesto politico e socioeconomico ❖​ posizione socioeconomica ❖​ condizione di vita e di lavoro, fattori psicosociali, coesione sociale, comportamenti individuali, sistema sanitario La finalità dell'Igiene è la descrizione dello stato di salute della popolazione e l'identificazione dei determinanti e dei fattori associati a malattia. Promozione e prevenzione sono due concetti diversi ma complementari tra loro, che affrontano determinanti di salute diversi ma nascono con un obiettivo in comune, ovvero il miglioramento della salute della popolazione. PROMOZIONE della salute = processo mediante il quale la popolazione acquisisce i mezzi per accrescere il controllo sulla propria salute e sui suoi determinanti per migliorarla (Carta di Ottawa, 1986). → agisce sui cerchi più esterni del modello arcobaleno PREVENZIONE = si rivolge alle malattie e agisce su rischi specifici ed ha lo scopo di eradicare, eliminare, ridurne al minimo l'impatto e ritardarne l'evoluzione. → agisce sui cerchi più interni del modello arcobaleno La PREVENZIONE consiste dunque nell’insieme di attività, interventi ed opere attuati con il fine prioritario di promuovere e conservare lo stato di benessere ed evitare l'insorgenza di malattie. Qualora questo non fosse possibile, il fine diventerà quello di limitare la progressione delle malattie stesse, migliorandone l’esito ed evitando la comparsa di complicanze tardive. Nel caso di malattie già presenti in forma conclamata si dovranno favorire tutti gli interventi utili ad evitare le complicanze. CAMPI DI INTERVENTO DELLA PREVENZIONE - UOMO vaccinazioni, screening e diagnosi precoce, dieta, stile di vita - AMBIENTE 5 potabilizzazione dell'acqua, smaltimento dei rifiuti, abbattimento inquinamento atmosferico, cura delle abitazioni e degli ambienti comuni - ALIMENTI sorveglianza della catena alimentare - ORGANIZZAZIONE SANITARIA - EDUCAZIONE SANITARIA Prevenzione primaria: forma classica della prevenzione, quella principale; prevede tutti gli interventi destinati a impedire l'insorgenza di malattie nella popolazione, combattendo le cause e i fattori che portano alle malattie. esempio = profilassi vaccinale, potabilizzazione dell'acqua Prevenzione secondaria: individua e tratta i casi di malattia il più precocemente possibile. esempio = procedure di screening e diagnosi precoce Prevenzione terziaria: impedisce l'aggravamento di malattie croniche in atto, riducendone la gravità e la complicazione. esempio = dieta per un diabetico, prevenzione della disabilità PRINCIPI DI METODOLOGIA EPIDEMIOLOGICA Il termine epidemiologia deriva dall'unione di tre parole del greco antico: epì (sul), démos (popolo), logos (studio), che insieme possono essere grossolanamente tradotte in “discussione/studio sulla popolazione”. L'EPIDEMIOLOGIA è la disciplina che ha per oggetto di studio gli eventi che riguardano lo stato di salute / malattia di una popolazione, le cause che li determinano, i fattori che aumentano o riducono il rischio di sviluppare uno stato morboso (fattori di rischio e fattori protettivi) e le condizioni che favoriscono o ostacolano l’azione delle cause, dei fattori di rischio e dei fattori protettivi. L'obiettivo principale è quello di descrivere lo stato di salute o malattia e le condizioni di rischio di popolazioni e gruppi. Questo è reso possibile dall'individuazione dei determinanti e dei fattori di rischio che influenzano la salute e le malattie. L’epidemiologia è fondamentale anche per valutare l’efficacia e l’appropriatezza degli interventi diagnostici e sanitari. Cosa studia l'epidemiologia? Frequenza → “quando” e “quanto” la malattia compare Distribuzione → “dove” la malattia compare (indagine a livello geografico) Determinanti → fattori che inducono una variazione nella frequenza o nei caratteri della malattia Salute/malattia → studio di gruppi di individui sia sani che malati Popolazioni → studio di gruppi di individui Le misure in Epidemiologia sono necessarie per descrivere la frequenza di qualsiasi evento sanitario in una popolazione (sia esso una malattia, una prestazione sanitaria o una condizione di rischio). Per il calcolo delle misure è fondamentale disporre di dati sanitari (reali e attendibili) e dati di tipo demografico-sociale, relativi alla popolazione in studio. La quantificazione delle malattie può riferirsi ad una vasta gamma di eventi e fenomeni ad esse correlati. All'interno di una popolazione si osserva una fascia di individui suscettibili, cioè biologicamente particolarmente predisposti a prendere un agente infettivo (= a rischio). Tra gli individui suscettibili 6 alcuni incontrano l’agente causale, quindi sono esposti ad esso. Una fascia degli individui esposti si infetta (infetti). Solo una parte degli individui infetti si ammala (malati); solo una parte dei malati muore (morti). L’epidemiologia permette, ad esempio, di calcolare la proporzione degli esposti sulla popolazione totale, oppure dei malati sugli esposti. Esistono due settori principali dell'epidemiologia: EPIDEMIOLOGIA DESCRITTIVA = studia le caratteristiche di una malattia, come la sua distribuzione, a livello di un popolazione, senza interferire con il fenomeno in studio. WHAT? WHO? WHERE? WHEN? EPIDEMIOLOGIA ANALITICA = studia le cause della malattia, utilizzando dati ad hoc cioè appositamente sviluppati, comprendendo quali sono i determinanti che hanno portato allo sviluppo della malattia. WHY? Un terzo settore dell’epidemiologia è quello molecolare, che studia i meccanismi molecolari che portano all'insorgere di una malattia. 11/10 MISURE DI FREQUENZA Servono per descrivere un qualsiasi evento sanitario, sia esso una malattia, una condizione di rischio o una prestazione sanitaria, in una popolazione. - Numero assoluto (o frequenza) Esprime la frequenza di comparsa di un fenomeno nel tempo di osservazione. Manca di denominatore. 𝑁(𝑡𝑥) si legge "N sta a tx" N = numero di casi osservati tx = intervallo di tempo nel quale è avvenuta l'osservazione Solitamente è il primo dato che si utilizza per descrivere un fenomeno; non può essere utilizzato per paragonare. - Rapporti (o ratio) Permettono il confronto tra due numeri assoluti, consentendo di comparare due variabili tra loro indipendenti. Formula generale: 𝑁𝑥 𝑁𝑦 Nx = frequenza della prima variabile Ny = frequenza della seconda variabile Il fattore presente al numeratore non compare mai al denominatore. Esempi: 𝑡𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑎𝑙𝑖𝑡à 𝑚𝑎𝑠𝑐ℎ𝑖𝑙𝑒 ​ rapporto di mortalità differenziale per sesso 𝑡𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑎𝑙𝑖𝑡à 𝑓𝑒𝑚𝑚𝑖𝑛𝑖𝑙𝑒 * 100 𝑡𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑎𝑙𝑖𝑡à 𝑎𝑙 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑥 ​ rapporto di mortalità in tempi diversi 𝑡𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑎𝑙𝑖𝑡à 𝑎𝑙 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑦 * 100 - Proporzioni Descrive la quantità relativa di una popolazione con una determinata caratteristica rispetto alla popolazione totale. 𝑁𝑥 𝑃 Nx = popolazione con una determinata caratteristica 7 P = popolazione totale In questo caso, il numeratore è incluso nel denominatore. - Tassi (o rate) Metodo di misura più utilizzate in epidemiologia. Consistono nel rapporto tra il numero degli eventi che avvengono in un certo periodo e la popolazione a rischio in quel periodo. Vengono usati così spesso perché eliminano i bias o "confondenti", errori causati dalle variazioni socio-demografiche (es: migrazioni, spostamenti per matrimonio) della popolazione. 𝑁(𝑡𝑥) 𝑅 = 𝑃(𝑡𝑥) * 𝐾 R = tasso N(tx) = numero di casi osservati in un intervallo di tempo P(tx) = popolazione in cui i casi sono stati osservati nello stesso intervallo di tempo K = costante (di solito multiplo di 10) I tassi sono utilizzati, il più delle volte, per morbosità (casi di morte o malattia in una popolazione). Prevalenza = misura il numero totale di eventi presenti nella popolazione in studio in un determinato momento. Costituisce una misura statica (si riferisce unicamente a quel momento). Non è un tasso, perché non si tiene conto del fattore tempo, ma una proporzione. 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑖 Prevalenza puntuale: 𝑅 = 𝑃 * 𝐾 𝑝𝑟𝑒𝑣𝑎𝑙𝑒𝑛𝑧𝑎 (𝑡0) t0 = momento in cui i casi sono stati osservati P = popolazione totale in quell’istante (t0) K = costante 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑖 Prevalenza periodale: 𝑅 = 𝑃 * 𝐾 𝑝𝑟𝑒𝑣. 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑖𝑐𝑎 (𝑡1−𝑡0) t1-t0 = intervallo (più lungo) di tempo nel quale i casi sono stati osservati P = popolazione media nel periodo t1-t0 K = costante Incidenza = misura il numero di "nuovi casi" di malattia che insorgono in una popolazione in un determinato periodo di tempo. Talvolta può individuare la probabilità che un soggetto possa ammalarsi in quel lasso di tempo. Costituisce una misura dinamica ed è un tasso. 8 𝑁𝑛 𝑅𝑖𝑛𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎 (𝑡1−𝑡0) = 𝑃 * 𝐾 t1-t0 = intervallo di tempo nel quale i casi sono stati osservati Nn = numero di nuovi casi di malattia compresi nell'intervallo t1-t0 P = popolazione a rischio di ammalarsi nel periodo t1-t0 K = costante Incidenza cumulativa o rischio = rappresenta il numero dei nuovi malati, in un determinato periodo di tempo, nella popolazione a rischio. È un dato che spesso viene espresso in percentuale. 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑖 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑖 𝑅𝑖𝑛𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎 (𝑡0−𝑡1) = 𝑃 * 𝐾 t0 - t1 = tempo in cui i casi sono stati osservati P = popolazione a rischio in t0 K = costante Tasso di incidenza o incidenza persone/tempo o densità di incidenza = numero di nuovi casi nell'ambito di una popolazione a rischio in un’unità di tempo. 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑖 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑖 𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑐𝑖𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎 = 𝑃 * 𝐾 P = popolazione per tempo K = costante Tasso di attacco = applicato solitamente alle malattie infettive a carattere epidemico. Rappresenta il rapporto tra il numero dei nuovi malati e il numero di soggetti esposti a un certo rischio. 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑖 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑖 𝑇𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑎𝑐𝑐𝑜 = 𝑆 * 𝐾 N = numero di nuovi malati S = soggetti esposti a un certo rischio K = costante Mortalità = esprime il numero di morti in una popolazione. E' una misura di incidenza perché tratta dei nuovi eventi. Spesso si compara l'incidenza di una malattia con la mortalità. 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑀𝑜𝑟𝑡𝑎𝑙𝑖𝑡à = 𝑝𝑜𝑝𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 * 𝐾 Letalità = esprime in percentuale il rapporto tra il numero di morti di una determinata malattia e il numero i casi di quella malattia. 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑡𝑖𝑎 𝐿𝑒𝑡𝑎𝑙𝑖𝑡à = 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑐𝑎𝑠𝑖 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑎𝑙𝑎𝑡𝑡𝑖𝑎 * 𝐾 RELAZIONE TRA INCIDENZA E PREVALENZA Prevalenza = Incidenza * durata malattia - solitamente malattie di breve durata e ad alta incidenza hanno una bassa prevalenza - malattie di lunga durata e a bassa incidenza hanno un'alta prevalenza 9 Si può rappresentare questa relazione con un grande imbuto, in cui il livello del liquido presente (prevalenza) è correlato all’apertura della valvola e dell’ingresso di nuovo liquido (incidenza). Più liquido scorre, più si riempie l'imbuto [all'aumentare dei nuovi casi di malattia in un determinato momento, aumenta il numero complessivo di casi di malattia in quel momento]. Il livello del liquido è influenzato inoltre da due altre valvole, quella della guarigione e quella della morte. La prevalenza aumenta all’aumentare dell’incidenza, e diminuisce all'aumentare della morte e della guarigione. Questo modello non tiene conto dell'immunità, cioè delle persone che hanno contratto la malattia e diventano immuni ad essa. Fattori che determinano un aumento della prevalenza: > maggiore durata della malattia > prolungamento della vita dei malati senza guarigione > aumento dei nuovi casi (incidenza) > immigrazione di casi > emigrazione di persone sane > immigrazione di persone suscettibili > miglioramento delle capacità diagnostiche Fattori che determinano una diminuzione della prevalenza: > minore durata della malattia > elevato tasso di letalità della malattia > diminuzione dei nuovi casi > immigrazione di persone sane > emigrazione di casi > emigrazione di persone suscettibili > miglioramento del tasso di guarigione dei casi TIPI DI TASSI - tassi grezzi (crude rate) Esprimono tutti gli eventi che si sono verificati, in un certo periodo di tempo, nella popolazione studiata. Sono influenzati dalle caratteristiche della popolazione a cui si riferiscono. 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑅𝑔𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 = 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎 𝑝𝑜𝑝𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 * 𝐾 - tassi specifici (specific rate) 10 Esprimono gli eventi che si sono verificati, in un certo periodo di tempo, in una ristretta fascia della popolazione, costituita da individui selezionati in base all’età (tassi specifici per classi di età) o al sesso (tassi specifici per sesso). Si utilizzano per attuare confronti tra due o più popolazioni che presentano una distribuzione diversa per una caratteristica. esempio: evento morte 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑢𝑛𝑎 𝑓𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑒𝑡à 𝑅𝑒𝑡à−𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑓𝑖𝑐𝑜 = 𝑝𝑜𝑝𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑎 𝑓𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑒𝑡à * 𝐾 I tassi grezzi consistono in un singolo numero che non considera le varie differenze nella popolazione. Nei tassi specifici la popolazione viene divisa per gruppi e si ricercano degli individui in quei gruppi ristretti. Quando si effettua un confronto tra più popolazioni, che hanno una differente distribuzione per diverse variabili, non è possibile utilizzare i tassi grezzi. Per ovviare a possibili errori dati da confondenti, si ricorre alla standardizzazione dei tassi. I tassi standardizzati derivano da tassi grezzi “adjusted”, cioè corretti per qualche variabile. Esistono due tipi di standardizzazione: diretta o indiretta. In entrambi casi, l'obiettivo è quello di creare un solo tasso “normalizzato”, in modo che al momento del confronto non venga influenzato dalle differenze presenti nella composizione delle popolazioni. FONTI DI DATI EPIDEMIOLOGICI Le informazioni/statistiche sanitarie servono a descrivere fenomeni biologici e sociali all’interno delle popolazioni e a procedere ad una corretta pianificazione dello sviluppo socio-economico di una collettività. La raccolta dei dati può essere a livello locale, regionale o anche nazionale. I dati possono essere di due tipi: aggregati o individuali. - aggregati: non sono riferiti ad un singolo individuo, ma descrivono una caratteristica di un gruppo o di una popolazione. - individuali: osservazioni dirette su una singola persona; possono essere documenti sanitari già esistenti (esami clinici, cartella clinica, scheda di dimissioni ospedaliera) oppure indagini fatte ad hoc tramite interviste, questionari o modulistica. L'epidemiologia è una scienza biomedica a tutti gli effetti; si avvale della demografia [studio della struttura delle popolazioni e dei fenomeni che ne determinano i mutamenti] e della statistica [scienza che permette di ottenere informazioni dai dati numerici]. La rappresentazione di una popolazione può avvenire secondo due diverse modalità: STATO DELLA POPOLAZIONE = struttura e composizione per classe di età, genere, etnia, ecc. Per fare ciò la demografia si avvale del censimento. Il censimento rappresenta una vera e propria fotografia dello stato della popolazione e delle caratteristiche di coloro che ne fanno parte. Attualmente l’ISTAT attua un censimento permanente, ovvero rilevazione periodica attiva a cadenza annuale. MOVIMENTO DELLA POPOLAZIONE = rilevazioni continue passive attraverso le Anagrafi comunali (nascite, morti, matrimoni, cambiamenti di residenza..) e Anagrafi sanitarie (cause di morte..). FONTI DI DATI SANITARI Comprendono dati di morbosità e di mortalità, che costituiscono uno degli strumenti tradizionalmente più usati per il monitoraggio dello stato di salute della popolazione. ​ dati di mortalità 11 La CCM (Certificazione delle cause di morte) permette di raccogliere informazioni sistematiche circa le più importanti patologie causa di morte della popolazione. Dal 2011, poi, in Italia è stata adottata la compilazione della scheda di morte per la registrazione del decesso. A livello internazionale, ICD-10 (International Classification of Diseases and Causes of Death) classifica le cause di morte riunendo le malattie in settori, gruppi, categorie e sottocategorie. ​ dati di morbosità Sono i dati relativi alla frequenza delle malattie disponibili in Italia e provengono da varie fonti: - SIMI (Sistema Informativo delle Malattie Infettive), basato sulle notifiche dei medici curanti e, per alcune malattie, sui sistemi di sorveglianza; - SDO (scheda di accettazione e dimissione ospedaliera); - gli archivi degli esenti da pagamento del ticket sanitario; - le prescrizioni farmaceutiche territoriali e ospedaliere; - Banca Dati Assistito (BDA) di ASL e Regioni; - registri di patologie; - i sistemi di sorveglianza delle ASL; - indagini ad hoc. La legge italiana obbliga il medico alla segnalazione del caso sospetto di malattia infettiva all'ASL di competenza. Il Servizio di Igiene Pubblica dell'ASL raccoglie e invia i dati alla Regione di appartenenza. La Regione invia la notifica al Ministero della Salute, dal quale passeranno all’ISS. Questi dati si troveranno nel Bollettino Epidemiologico Nazionale (BEN). Altri database specifici possono essere INFLUNET (su cui è possibile monitorare i casi di influenza in tempo reale), il SEIEVA (per i casi di epatite) e lo SPESS (che raccoglie i dati di sorveglianza dei pediatri sentinella). La Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) viene obbligatoriamente compilata sia in caso di ricovero ordinario sia in caso di DH. Raccoglie dati anagrafici relativi al paziente, informazioni sulla degenza e diagnosi di dimissione. La Banca Dati Assistito (BDA) contiene tutte le informazioni a carattere sanitario di ogni individuo (prestazioni mediche, vaccinazioni effettuate ecc.). I registri di patologie sono degli strumenti di rilevazione di informazioni riguardanti delle malattie, degli specifici fenomeni sanitari. Sono degli archivi informatizzati che possono essere realizzati entro una struttura (registro ospedaliero) o entro un territorio (registro di popolazione). Sono molto utili a fini epidemiologici e a scopi di ricerca. Alcuni esempi: RNIC (Registro Nazione Ipotiroidei Congeniti); Registro nazionale AIDS; Registro nazionale di Creutzfeldt-Jacob (malattia neurodegenerativa rarissima); Registro nazionale mesoteliomi; Registro malformazioni congenite; Registro tumori; Registro malattie rare (permette di stabilire la rarità di una malattia). Altre fonti di dati di interesse epidemiologico: > dati INPS per le invalidità; > registri INAIL degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali; > sistemi di indagini Multiscopo; > sistemi di indicatori Socio-sanitari Regionali; > banche dati riguardante le persone con handicap e gli aspetti della disabilità; 12 > archivi dei Medici di Medicina generale (MMG) e Pediatri di Libera Scelta (PLS). 15/10 GLI STUDI EPIDEMIOLOGICI Condotti sulla popolazione, descrivono quantitativamente un fenomeno e permettono di comprendere l’andamento e la frequenza di una malattia. Sfruttano il metodo epidemiologico, che consiste nel: 1) porre un'ipotesi 2) verificarla per mezzo di una ricerca specifica 3) utilizzare le conclusioni per porre nuove ipotesi (cioè, usarle come base per altri studi) Gli studi epidemiologici possono essere di tipo osservazionale o sperimentale. - studi osservazionali: si basano sull'osservazione di quanto accade, senza modificare la realtà oggetto di studio. Si distinguono in descrittivi e analitici. - studi sperimentali: si basano su interventi che modificano la realtà in studio [ad esempio simulando un trattamento preventivo o curativo], per ridurre il rischio di sviluppare una malattia in soggetti sani o lo sviluppo di complicanze in soggetti malati. Possono essere di tipo preventivo (per comprendere i risultati delle campagne di sensibilizzazione) o terapeutico (per comprendere i risultati dopo sperimentazioni cliniche). L’ordine degli studi epidemiologici è sempre: studi descrittivi ➝ studi analitici ➝ studi sperimentali Gli studi osservazionali vengono classificati in: > STUDI EPIDEMIOLOGICI DESCRITTIVI: studiano la frequenza e la distribuzione spaziale e temporale delle malattie o altri eventi sanitari in popolazioni o gruppi di individui. Per fare ciò utilizzano misure di frequenza (quali incidenza e prevalenza), informazioni di tipo demografico e dati già esistenti (le statistiche correnti) ricavate da censimento, schede di mortalità, servizi di sorveglianza e notifica. Passaggio fondamentale negli studi epidemiologici descrittivi consiste nell’accertare le caratteristiche degli individui interessati o meno da un determinato evento. Gli studi descrittivi possono essere sempre sintetizzati tramite rappresentazioni grafiche. VANTAGGI Sono studi rapidi e poco costosi perché sfruttano spesso dati già disponibili e parzialmente elaborati. Sono completi per mortalità e morbosità, utilizzano classificazioni standard e consentono il confronto tra realtà temporali e geografiche differenti. SVANTAGGI Considerano un solo fattore di rischio per volta. Sfruttano dei dati che sono spesso disponibili in ritardo 3 (4) tipologie: - studi descrittivi di distribuzione geografica = valutano la frequenza di fenomeni morbosi o fattori di rischio in diverse aree geografiche. - studi descrittivi di andamento temporale = valutano le variazioni che si verificano nel tempo nella frequenza dei fenomeni morbosi dei fattori di rischio. Per le malattie croniche, che presentano una storia naturale più lunga, la scala temporale utilizzata è di anni o decadi. I cambiamenti della loro frequenza nel tempo possono verificarsi per vari fattori, da soli o combinati: modificazioni della struttura della popolazione per età (effetto età), oppure eventi che si verificano in un periodo di tempo definito, causando un aumento o diminuzione del rischio di malattia (come guerre o 13 catastrofi naturali: effetto periodo di calendario), infine modificazioni delle abitudini di vita di soggetti nati in un certo periodo (effetto coorte di nascita). - studi descrittivi ecologici = si pongono a metà tra studi descrittivi e analitici, ipotizzano l'associazione tra un fattore di rischio e una patologia a livello di popolazione. - studi descrittivi case-report = descrivono l'esperienza di un singolo caso di malattia, o di un gruppo di pazienti con medesima diagnosi, con particolare rilevanza clinica. Solitamente si riferiscono a quadri insoliti la cui analisi può portare alla formulazione di nuove ipotesi. SORGENTI DI DISTORSIONE DEL DATO Esistono i cosiddetti bias di informazione, cioè errori sistematici nel processo di acquisizione delle informazioni, dovuti alla variabilità dei metodi di rilevazione o ai criteri di classificazione. L’errore negli studi ecologici si presenta quando le associazioni rilevate risultano false a livello individuale. > STUDI EPIDEMIOLOGICI ANALITICI: anche detti studi eziologici; studiano ed individuano le relazioni causa-effetto tra le malattie e i fattori di rischio / protettivi, che ne possono favorire od ostacolare insorgenza e diffusione. Servono ad analizzare anche altre correlazioni, quali le comorbosità o tra diversi fattori di rischio. Possono essere di due tipi: - studi analitici trasversali (cross-sectional studies) = analizzano dati riguardo una popolazione, o più spesso un suo campione, riferiti esclusivamente ad un momento preciso. Sono anche detti studi di prevalenza perché rilevano istantaneamente i dati di prevalenza delle malattie, dei fattori di rischio, i comportamenti dei soggetti. Solitamente gli studi trasversali si utilizzano per descrivere malattie molto frequenti, a lungo decorso e a bassa letalità Fasi dello studio trasversale: 1) identificazione della popolazione bersaglio da sottoporre allo studio; 2) selezione di un campione rappresentativo; 3) definizione delle variabili di indagare e messa a punto degli strumenti di rilevazione; 4) definizione del tempo nel quale la ricerca deve essere effettuata. VANTAGGI Richiedono breve tempo di compilazione e un limitato impiego di risorse. SVANTAGGI Sono osservazioni “brevi”, perciò non possono essere utilizzati per descrivere malattie infettive o malattie a breve durata. Non consentono di determinare la sequenzialità temporale, quindi di distinguere causa ed effetto, e permettono di valutare solo la prevalenza. - studi analitici longitudinali = si realizzano con dei dati ottenuti nel corso del tempo. Se utilizzano dati già raccolti e riferiti al passato, sono detti retrospettivi; se inaugurano una raccolta di dati che proseguirà nel futuro, sono detti prospettici. Gli studi longitudinali prospettici / di follow-up sono anche detti studi di coorte prospettici, perché prevedono l'arruolamento di una COORTE, ovvero un gruppo di persone con una caratteristica in comune o che vive un'esperienza comune nell'arco di un tempo definito. Questo gruppo di persone viene monitorato nel tempo per valutare l'incidenza di un fenomeno o di una malattia. Nella coorte si distingue un gruppo di soggetti esposti e un gruppo di soggetti non esposti ad un fattore di rischio / di protezione: il confronto tra i due gruppi consente di calcolare misure di frequenza dell’evento oggetto di studio, misure di associazione e misure di impatto. 14 La coorte è detta chiusa o fissa quando tutti i soggetti entrano nello studio allo stesso momento (o in tempi molto ravvicinati), perciò vi è un numero di arruolati fisso e, a follow-up iniziato, nessuno può essere aggiunto alla coorte. Gli individui che non rispondono più ai criteri di inclusione (esempio: cessazione esposizione al fattore di rischio) oppure che muoiono vengono esclusi dalla coorte. La coorte chiusa, col passare del tempo, tende a diventare sempre più piccola (specie se si tratta di individui anziani, che possono passare a miglior vita durante il periodo dello studio). La coorte è detta dinamica o aperta quando il reclutamento dei soggetti avvengono in tempi diversi, anche relativamente lunghi, fino a raggiungere il numero di soggetti prefissato. Esempi di coorte aperta possono essere gli studenti di una scuola o la popolazione residente in un'area geografica. COME PIANIFICARE UNO STUDIO DI COORTE PROSPETTICO? 1- definire la popolazione da cui selezionare i soggetti inclusi nella ricerca, seguendo determinati criteri, detti soggetti eleggibili (escludere individui che già presentano la malattia o non facilmente seguibili) 2- valutare nei soggetti eleggibili l’esposizione al fattore 3- valutare costi da affrontare, informazioni da raccogliere, fattibilità complessiva dello studio VANTAGGI PROSPETTICI L’osservazione degli eventi avviene nel suo ordine naturale (prima esposizione, poi comparsa di malattia). Vengono condotti su gruppi molto selezionati. Consentono di valutare diverse esposizioni e diversi effetti e sono adatti a tutti gli studi clinici. SVANTAGGI PROSPETTICI Sono studi molto costosi, lunghi e complessi sul piano organizzativo, perché richiedono l’arruolamento di un numero elevato di soggetti. Sono validi solo per malattie ad alta incidenza. Gli studi di coorte retrospettivi sfruttano delle informazioni già disponibili e si muovono “a ritroso” per individuare i fattori di rischio di una malattia già presente nei soggetti della coorte. Presuppongono l'esistenza di archivi attendibili che rappresentino il punto di partenza di una coorte sotto osservazione. Questi archivi devono contenere informazioni che permettano al ricercatore di ricostruire a posteriori la storia di esposizione e malattia del soggetto. Sono spesso utilizzati per studi di coorte di tipo occupazionale, per esempio nel caso di coorti costituite da persone che hanno lavorato per un certo periodo nella stessa azienda. Si analizza l’attività lavorativa di questi individui, si guardano i dati di mortalità e si rileva la frequenza della patologia di interesse nella coorte. Al termine dello studio, l'associazione tra il fattore in studio e un evento viene misurata dal confronto dei tassi di incidenza negli esposti rispetto ai non esposti. ll rischio di andare incontro alla malattia in studio è calcolato, per ciascun gruppo come rapporto tra il numero di casi osservati e il numero di soggetti componenti il gruppo stesso. Un tipo di studio analitico longitudinale retrospettivo è lo studio caso-controllo: hanno lo scopo di confermare il sospetto che un determinato fattore di rischio sia associato ad una determinata patologia. Il ricercatore seleziona due gruppi di soggetti: i CASI, cioè i soggetti malati o affetti dalla particolare condizione in studio, e i CONTROLLI, ovvero i soggetti sani, accomunati ai primi dall’esposizione allo stesso fattore di rischio in passato (in genere si reclutano in rapporto 1:3). L'attendibilità dei risultati dipende dalla corretta selezione dei casi e dei controlli. I controlli devono essere selezionati anche sulla base di parametri di confrontabilità con i casi (es: 10 casi in una 15 fascia d'età 20-30 anni, 30 controlli nella stessa fascia d'età). È buona norma poi escludere le patologie che, anche presuntivamente, possono essere associate con l'esposizione a fattore di rischio o di protezione in studio. Le fonti di dati degli studi caso-controllo possono essere ospedali, ambulatori, consultori, studi medici, registri dei tumori. Attraverso gli studi caso-controllo non è possibile calcolare i tassi di incidenza di malattia (non si dispone infatti del denominatore dato dalla popolazione da cui provengono i casi esposti e non esposti e i controlli esposti e non esposti); si può però calcolare l'ODDS RATIO, o odds di esposizione nei casi e nei controlli. L’odds ratio misura il rischio relativo, cioè il rischio che la prevalenza della malattia si abbassa nei soggetti non esposti. Si può dire che una malattia è associata ad un potenziale fattore di rischio quando la percentuale degli esposti tra i casi è significativamente maggiore rispetto alla percentuale degli esposti nei controlli. VANTAGGI CASO-CONTROLLO Sono studi ad alta efficienza: poco costosi, semplici da eseguire, adatti per le malattie rare e con periodo di latenza molto lungo. Permettono di identificare più fattori di rischio in contemporanea. SVANTAGGI CASO-CONTROLLO Sono meno validi rispetto agli studi di coorte. La selezione di casi e controlli è problematica ✴ Uno dei più famosi studi prospettici di coorte riguarda il fumo e venne condotto a partire dal 1950 da due medici inglesi, Doll e Hill, che valutarono il ruolo del fumo di tabacco nella genesi di cancro al polmone. L’abitudine al fumo fu rilevata mediante un questionario inviato per posta, al quale risposero 34.439 medici, che sono stati poi seguiti con nuove somministrazioni dello stesso questionario in anni successivi (1957, 1966, 1971, 1978, 1991 e 2001) per registrare eventuali cambiamenti dell’abitudine al fumo. Da questo studio risultò che il cancro polmonare era associato al fumo di tabacco in 1 caso su 2, e che l’aspettativa di vita dei non fumatori era in media di 10 anni in più rispetto a quella dei fumatori. Gli individui che non rispondono più ai criteri di inclusione (cessazione esposizione al fattore di rischio per perdita abitudine al fumo) oppure che muoiono vengono esclusi dalla coorte. ✴ Doll e Hill hanno eseguito anche uno studio caso-controllo per indagare l’associazione tra fumo di tabacco e tumore polmonare, reclutando 1357 casi e altrettanti controlli. ✴ Un esempio di studio prospettico su coorte chiusa è il Framingham Heart Study, progetto iniziato nel 1948 che prende in considerazione dati clinici ed epidemiologici. Tra il 1950-1952 sono stati esaminati 5.127 uomini e donne di età compresa tra i 30 e 59 anni non affetti da cardiopatia coronarica. Questa coorte è stata seguita e riesaminata ad intervalli regolari per tre anni ed è stato così possibile identificare numerosi FR per le malattie cardiovascolari, inclusi quelli principali: fumo, ipercolesterolemia e ipertensione, sovrappeso. ✴ Un esempio di studio retrospettivo su coorte aperta è quello condotto sui lavoratori del cantiere navale di Portsmouth. La coorte era costituita da tutti i 24.545 maschi bianchi impiegati nel cantiere tra il 1952 ed il 1977. Lo scopo dello studio era valutare l’eventuale correlazione tra i lavoratori impegnati nella costruzione dei sommergibili nucleari e il rischio di morte per leucemia o tumori. Si andò a valutare la lunghezza del periodo di lavoro e la durata dell’esposizione alle radiazioni, dati che vennero poi usati per confrontare la mortalità tra i lavoratori esposti e non. 18/10 16 PRINCIPI GENERALI DI EPIDEMIOLOGIA DELLE MALATTIE INFETTIVE Una malattia infettiva è una patologia causata da agenti microbici che entrano in contatto con un soggetto recettivo. All'interno di questo soggetto trovano le condizioni ideali per riprodursi e produrre un'alterazione funzionale. La malattia, in generale, è il risultato della complessa interazione tra il sistema immunitario del soggetto ricettivo e l'organismo estraneo. L'incontro tra un microrganismo e un ospite recettivo è detto INFEZIONE. L'infezione implica l'ingresso e la moltiplicazione del patogeno nell'ospite. La malattia infettiva è l'espressione clinica dell'infezione. Si parla di: INFEZIONE ESOGENA → se l'agente infettivo proviene dall'ambiente esterno INFEZIONE ENDOGENA → l'agente infettivo è già presente nel soggetto ricettivo (es: cute, mucosa orale, ecc.) Generalmente dovuta a microrganismi opportunisti, che partono da innocui e si spostano in un altro distretto per approfittare di condizioni di stress dell'organismo, favorevoli per la loro proliferazione. ICEBERG DELLE MALATTIE Costituisce una rappresentazione ideale del decorso di una malattia. La parte non visibile costituisce i casi di esposizione al microrganismo in cui però non si presenta la malattia per la mancanza dell’ambiente favorevole alla sua proliferazione (esposizione senza infezione). Salendo si trova la malattia subclinica o infezione, che può causare anche una reazione misurabile (la produzione di anticorpi) ma è asintomatica e meno grave della malattia clinica. All'infezione non segue dunque necessariamente la malattia; dipende tutto dalle caratteristiche del microrganismo, dell'ospite ricettivo, e della modalità di trasmissione. Quando l’infezione si trasforma in malattia clinica invece mostra segni e sintomi caratteristici, e può essere di lieve o grave entità. Il presupposto per l’insorgenza di una malattia infettiva è il contatto ospite-agente infettante. A questo punto ci possono essere diverse evoluzioni: rapida neutralizzazione del microrganismo: contagio senza infezione moltiplicazione del patogeno e risposta immunitaria, senza sviluppo di malattia → infezione sub-clinica trasformazione del soggetto in portatore, che pur presentando l’infezione in forma asintomatica è in grado di trasmetterla eliminando agenti patogeni moltiplicazione del patogeno e risposta immunitaria, sviluppo di malattia → malattia clinica Fino a qualche secolo fa la causa principale di morte erano le malattie infettive. Col tempo si è verificata una transizione epidemiologica, per la rilevanza in termini di mortalità che hanno assunto le malattie croniche non trasmissibili (malattie neurodegenerative, malattie immuno-mediate, malattie endocrino-metaboliche, anomalie della sfera genitale e riproduttiva, cancro). LA TRASMISSIONE DELLE INFEZIONI Parte da un fonte detta serbatoio o sorgente di infezione, che libera il microrganismo infettante. Il microrganismo raggiunge e prende contatto con un ospite recettivo. Se, in presenza di determinate condizioni favorenti, il microrganismo riesce a penetrare nell’ospite, dà luogo ad infezione. L’infezione può essere estinta in tempi relativamente brevi, può rimanere in stato latente per un lungo periodo, oppure può sfociare in malattia. 17 Caratteristiche dell'agente patogeno Per definizione, le malattie infettive riconoscono un agente causale unico, specifico e necessario, caratterizzato da: ❖​ patogenicità La patogenicità è la capacità di un microrganismo di invadere i tessuti umani e di moltiplicarsi, andando a provocare danno all'ospite anche con eventuale liberazione di tossine. È influenzata da fattori ambientali, da fattori propri dell’ospite, dalla dose, dalla via di ingresso e dalla sorgente di infezione. Alcuni microrganismi possono essere patogenici sia per l’uomo che per gli animali. ❖​ virulenza La virulenza è il parametro che indica il grado di aggressività di un particolare ceppo nell'ambito della stessa specie patogena. Misura l'attitudine di un ceppo rispetto ad un altro a determinare una maggiore severità della malattia indotta. La patogenicità e la virulenza dipendono direttamente dall'invasività, che corrisponde alla capacità di un microrganismo di superare le barriere di difesa superficiale ed invadere il resto dell’organismo (provocare danni a distanza). ❖​ carica infettante La carica infettante è il numero minimo di microrganismi necessari per dare inizio all'infezione. Questo parametro dipende dall'infettività, che è la capacità di un microrganismo di penetrare, attecchire e moltiplicarsi all’interno dell’ospite. La carica infettante è molto variabile da una specie all'altra. ❖​ tossigenicità La tossigenicità è la capacità di produzione di sostanze tossiche per l'organismo (esoenzimi, metaboliti tossici, endo- ed esotossine). ❖​ contagiosità La contagiosità è la capacità del microrganismo di passare da un ospite ad un altro, a seguito della sua eliminazione all'esterno tramite diverse vie da parte dell'ospite. Dipende da tantissime variabili, tra cui: - durata del periodo in cui l'ospite è infettante - quantità di agente eliminato dall'ospite Il periodo di incubazione è l'intervallo di tempo tra il contatto iniziale con un agente infettivo e la comparsa del primo segno o sintomo della malattia. Maggiore è la durata del periodo di incubazione, maggiori sono le probabilità di ritardo diagnostico. SERBATOIO DI INFEZIONE = specie animale o vegetale o il substrato inanimato nel quale i microrganismi patogeni normalmente vivono e si moltiplicano. SORGENTE DI INFEZIONE = soggetto (uomo o animale) che alberga i microrganismi in quel momento e li espelle, consentendone la trasmissione a soggetti sani e recettivi. La penetrazione dei microrganismi nell'ospite suscettibile può avvenire attraverso diverse porte d'ingresso, che non coincidono necessariamente con il luogo in cui essi estrinsecano il loro effetto principale: > mucose dell'apparato respiratorio > mucose dell'apparato digerente > mucose dell'apparato genito-urinario; > congiuntiva > placenta > cute (attraverso piccole lesioni e ferite) Talvolta le porte di ingresso coincidono con le vie di espulsione, e sono: 18 > apparato respiratorio, per mezzo dell'espettorato e delle secrezioni espulse con la tosse e gli starnuti > apparato digerente, per mezzo delle feci > apparato genito-urinario, per mezzo delle secrezioni uretrali e vaginali > cute > sangue infetto EVOLUZIONE DELL'INFEZIONE Il periodo di incubazione è seguito da un periodo “morto”, detto prodromico, in cui l’infezione è inapparente, che precede la manifestazione dell'infezione. L’infezione può dare luogo a malattia clinica o subclinica, che può evolversi conducendo a morte, oppure può regredire portando a completa guarigione o cronicizzazione. I PORTATORI sono i soggetti che, pur presentando l’infezione in forma asintomatica, albergano nel proprio organismo ed eliminano agenti patogeni. I portatori mantengono l'endemia, cioè fanno sì che quel patogeno sia sempre presente e diffuso tra la popolazione. I portatori possono provocare delle epidemie, perché potendosi muovere liberamente trasmettono infezioni a largo raggio. In rapporto al momento in cui il portatore espelle i microrganismi, se ne possono distinguere diversi tipi: - portatore precoce = soggetto che inizia ad eliminare i microrganismi già durante il periodo di incubazione, prima dell'esordio clinico. - portatore sano = soggetto che si infetta ed espelle i microrganismi senza mai manifestare la malattia. - portatore convalescente = soggetto che continua ad eliminare i microrganismi anche dopo la guarigione (sembra guarito perché non ha più i sintomi della malattia, ma non lo è). ESEMPIO pazienti affetti da colecisti calcolotica, i cui calcoli contengono Salmonella Typhi. - portatore cronico = soggetto che continua ad espellere i microrganismi per molti anni dopo la guarigione. ESEMPIO malati di morbillo che sono portatori cronici del virus Herpes Zoster. L'ospite è dotato di diversi meccanismi di difesa: barriere naturali (apparato tegumentario, digerente [lisozima della saliva, succhi gastrici, flora batterica], respiratorio [muco e cellule ciliate], uro-genitale [secreto delle ghiandole mucose, deflusso dell'urina], congiuntiva [lacrime]). L’immunità naturale è dovuta a macrofagi, fagociti, cellule del sistema linfatico, mentre l’immunità 19 acquisita è presente quando il soggetto è stato vaccinato oppure ha già incontrato il microrganismo e ha sviluppato gli anticorpi contro quest’ultimo. 30/10 CATENA DI CONTAGIO La propagazione e il passaggio dell’agente infettivo all’ospite avviene attraverso la catena di contagio, che può essere di vario tipo. ​ omogenea omonima: la trasmissione avviene all'interno della stessa specie. È il caso dei microrganismi patogeni esclusivi della specie umana, come quelli che causano morbillo, rosolia e febbre tifoide, in cui l’uomo costituisce contemporaneamente sia il serbatoio che la sorgente che il soggetto recettivo dell’infezione. ​ omogenea eteronima: la trasmissione avviene tra specie diverse. È il caso delle antropozoonosi, cioè malattie in cui il patogeno ha spesso come serbatoio organismi animali, come la rabbia, la brucellosi. ​ eterogenea omonima: la trasmissione avviene all'interno della stessa specie, ma con l’intervento obbligato di un vettore (es: insetto), che costituisce il tramite tra microrganismo e soggetto recettivo. È il caso della malaria. ​ eterogenea eteronima: la trasmissione avviene tra specie diverse, ma richiede la presenza di un vettore. È il caso della pediculosi, leishmaniosi, peste. TRASMISSIONE IMMEDIATA, diretta o per contatto = la modalità di trasmissione classica delle malattie veneree o di varie zoonosi. La trasmissione avviene direttamente tra il soggetto malato / portatore e la persona sana. Include i contagi per via aerea, dovuti ai droplets o goccioline di secrezione, che vengono emesse all'esterno in dimensioni lavaggio sociale permette l’eliminazione della flora batterica transitoria. Ha la durata di 1 min, si può fare tranquillamente con acqua e sapone. > lavaggio antisettico permette l’eliminazione della flora transitoria e di parte di quella residente. Si esegue in acqua e detergenti antisettici (clorexidina, derivati del fenolo, iodofori). Viene fatto prima e dopo aver indossato dei guanti, oppure prima e dopo la venuta in contatto con pazienti immunodepressi e contagiosi. Talvolta è sostituito dalla frizione antisettica (eseguita con una soluzione a base alcolica al 70%). Richiede un tempo pari a circa 3 min. > lavaggio chirurgico elimina la flora transitoria e residente da unghie, mani, avambracci. Si esegue con una soluzione liquida antisettica contenente metanolo almeno all’85%, oppure iodofori, clorexidina e derivati dei fenoli. Si ripete e si prolunga l’operazione per circa 8 min. DISINFESTAZIONE Procedura che ha lo scopo di eliminare i macroparassiti (artropodi e roditori), che possono essere vettori / serbatoi di microrganismi patogeni, oppure nocivi o semplicemente molesti. I macroparassiti sono organismi animali e vegetali ad alto livello di organizzazione strutturale e funzionale, che si sviluppano e si moltiplicano a danno di un altro organismo. - agenti eziologici (elminti) - vettori di germi patogeni (insetti) - serbatoi di infezioni (ratti) 31 La disinfestazione può essere integrale (quando agisce su tutti i parassiti) o selettiva (agisce su una popolazione animale selezionata. Si usano insetticidi contro gli insetti vettori di germi patogeni, rodenticidi contro i ratti). INSETTICIDI ❇ piretrine: sostanze naturali estratte da diverse piante di crisantemo. Sono insolubili in acqua e solubili in solventi organici, agiscono contro gli insetti per inalazione, con un effetto abbattente rapido. Vengono utilizzati soprattutto negli ambienti domestici perché non sono tossici per l'uomo né per l'ambiente. Si trovano anche negli shampoo antipediculosi. ❇ composti clorurati organici: in questa categoria rientra il dicloro-difenil-tricloroetano (DDT), che agisce sugli insetti per contatto e ingestione. Ha una lunga azione residua, infatti viene utilizzato per la disinfestazione di pareti o pavimenti. Negli anni è stato fatto un largo uso del DDT, anche per debellare la malaria nelle zone in cui questa malattia era endemica (efficace sulla zanzara anofele) tant’è che si sono sviluppate delle specie insetticida-resistenti. Per la sua persistenza e capacità di accumulo nei tessuti adiposi animali, il DDT è stato vietato in Italia nell’ambito domestico e in agricoltura. Nell’ambiente domestico il DDT è stato sostituito dal lindano. La legge vieta solo l’uso e non la produzione dei DDT, infatti l’Italia rimane uno dei maggiori produttori di quest’insetticida. ❇ carbammati: sostanze poco persistenti e poco tossiche, sia per l’uomo che per gli animali. Sono impiegati in ambiente domestico contro mosche, blatte e zanzare, in combinazione ad alcune sostanze attraenti per gli insetti (es: Baygon). ❇ composti organici fosforati: agiscono sugli insetti per contatto e ingestione. Sono dotati di tossicità acuta per l’uomo e per gli animali ma di breve durata, sicché vengono utilizzati come pesticidi in agricoltura. ❇ prodotti insettorepellenti: derivati da sostanze naturali estratte da varie piante. Hanno un breve effetto protettivo (1-2 ore) e devono essere usati con parsimonia in quanto possono dare luogo a fenomeni irritativi cutanei. RODENTICIDI Esistono diverse sostanze attive contro i ratti, alcune con effetti acuti, altre con effetti cronici. Questi agiscono per contatto o ingestione. Molti dei rodenticidi con effetti acuti sono tossici anche per l’uomo e per gli animali domestici, motivo per cui ne è stato vietato l’uso. -​ ad effetto acuto, molto tossici per l’uomo, efficaci in un’unica dose ❇ fosfuro di zinco ❇ fluoroacetato di sodio ❇ solfato di tallio ❇ ossido arsenioso ❇ solfato di stricnina -​ ad azione cumulativa. necessitano un trattamento continuo della durata di almeno 3 giorni (o a giorni alterni ma mai con ritardi, pena la reversibilità dell’effetto), entro i quali il veleno si accumula nel corpo del topo e inibisce la produzione di protrombina (vitamina K) a livello del fegato. Permettono una morte indolore e non danno assuefazione. derivati cumarinici: ❇ warfarin ❇ cumarolo ❇ cumaforil 32 STERILIZZAZIONE Procedura che ha lo scopo di distruggere ogni forma vivente, comprese le spore, rendendo privo di microrganismi, sia patogeni sia commensali o saprofiti, l’oggetto o l’ambiente sterilizzato. Un oggetto si può considerare sterile quando il livello di sterilità (SAL, Sterility Assurance Level) è inferiore a 10-6. Il SAL corrisponde alla probabilità di trovare un microrganismo vitale all’interno di un lotto di sterilizzazione. La sterilizzazione è molto utilizzata in ambito ospedaliero, ambulatoriale e industriale ed è perseguibile con mezzi fisici (tramite radiazioni, calore, filtrazione; si basa sulla capacità dei mezzi fisici di alterare la struttura o la funzionalità dei microrganismi) e mezzi chimici. La scelta del sistema di sterilizzazione deve tenere conto di vari fattori, per esempio delle caratteristiche chimico-fisiche del materiale da trattare. MEZZI FISICI sterilizzazione per filtrazione rappresenta il metodo più utilizzato per le preparazioni farmacologiche, applicabile alle sostanze termolabili, liquide e gassose. Il filtro presenta una porosità diversa in relazione alle dimensioni delle particelle da eliminare (virus, batteri). Si possono usare filtri di varia natura: amianto Seitz, cellulosa millipore, porcellana porosa Chamberland, polimeri sintetici Sartorius Il filtro può essere utilizzato all’interno di un supporto riutilizzabile formato da due parti (in gergo detto “caffettiera”) o di siringhe. sterilizzazione via calore il calore agisce alterando le strutture dei microrganismi, soprattutto denaturando le proteine enzimatiche. Sono sensibili al calore la maggior parte dei batteri, miceti e virus (ad eccezione di quelli dell'epatite B); le spore di specie termofile sono più resistenti. Bisogna fare attenzione a quali materiale si vogliono sterilizzare col calore: oggetti in gomma e plastica, ad esempio, si deteriorano ad alte temperature; indumenti con residui di sostanze organiche (sangue, pus) prima di essere sterilizzati devono essere detersi, altrimenti le macchie organiche si fissano stabilmente. Nella sterilizzazione può essere previsto l’imballaggio degli oggetti con una carta permeabile all’aria ed al vapore resistente alle lacerazioni. La sterilizzazione con il calore può essere ottenuta usando calore secco (incenerimento, aria calda, infrarossi) o calore umido (ebollizione, vapore fluente o saturo). In generale, il vapore è un migliore conduttore termico rispetto al calore secco, e consente perciò il completamento di un processo di sterilizzazione in tempi minori a parità di temperatura. La sterilizzazione tramite calore secco si esegue utilizzando un bunsen, passando lentamente gli strumenti da sterilizzare (per esempio, punte di pinze, lame di bisturi, anelli di inoculazione) sulla fiamma a 250 °C-300 °C per distruggere i batteri vegetativi sulla superficie. In alternativa si usa l'inceneritore, un forno ad alta efficacia (si arriva ad una temperatura di quasi 1000 °C) impiegato soprattutto per la distruzione di materiale di provenienza ospedaliera o di tessuti, materiale cartaceo o carogne di animali. La sterilizzazione ad aria calda è blanda e perciò poco utilizzata, in quanto questa ha un basso effetto penetrante. Uno strumento che la sfrutta è la stufa Pasteur, in cui il calore si trasmette per convezione o irraggiamento dalle pareti della stessa. Viene utilizzata per materiale termoresistente e che non si corrode. 33 La sterilizzazione in ambiente umido può avvenire in presenza di vapore fluente tramite ebollizione (che deve essere prolungata per almeno 20-30 minuti), utilizzata principalmente per l’acqua e a livello domestico, oppure tramite tindalizzazione. Per questa tecnica si può usare una pentola Kock, una pentola Merkel o un’autoclave non chiusa. I materiali da sterilizzare vengono portati a 60 °C-100 °C per 30-60 min per 3 gg consecutivi. L’incubazione a 37 °C consente la germinazione delle spore, che vengono uccise dal successivo trattamento termico. Si può utilizzare anche il vapore saturo sotto pressione, con le classiche autoclavi. Di autoclavi ne esistono tre tipi fondamentali: verticali da laboratorio, orizzontali per ospedali/uso industriale, orizzontali per materiali porosi. In ognuna di queste bisogna regolare tre parametri, cioè temperatura, tempo e pressione (ciclo di base: 121 °C 1 atm 15 min). Questa tecnica è adatta a tutti i materiali (vetro, gomma, metalli) e tessuti termoresistenti. La sterilizzazione in autoclave è molto conveniente a livello economico e soprattutto perché non produce inquinanti. Per tutti i substrati e materiali che non tollerano le alte temperature, invece, si può eseguire una sterilizzazione con autoclavi che operano a temperature sempre inferiori ai 100 °C. 12/11 sterilizzazione con radiazioni Una radiazione consiste in un trasporto di energia nello spazio tramite emissione di particelle elementari. La fonte delle radiazioni è una sorgente radioattiva, e l’energia che emette ha potere denaturante e alterante delle funzionalità di macromolecole fondamentali quali DNA e proteine. Si possono utilizzare radiazioni ionizzanti e non. -​ radiazioni ionizzanti (raggi X, γ) Si generano nel nucleo atomico di elementi radioattivi e agiscono trasferendo la loro energia all’interno della cellula colpita, la cui sensibilità è proporzionale alla quantità di DNA presente. I raggi γ hanno un alto potere penetrante e si sfruttano per sterilizzare presidi medico–chirurgici monouso (siringhe, cateteri, fili di sutura, ecc.) già confezionati in buste di plastica impermeabili ai microrganismi (e avvolti in materiale impermeabile ai microbi ma non alle radiazioni). -​ radiazioni non ionizzanti (raggi microonde, UV) Le radiazioni UV sono radiazioni elettromagnetiche prodotte dal bombardamento, con elettroni o con un fascio di raggi catodici, di un bersaglio di metallo pesante. Risultano sterilizzanti i raggi con λ compresa tra 280 - 240 nm. Il picco di efficacia si registra a 254 nm. MEZZI CHIMICI sterilizzazione con glutaraldeide La glutaraldeide è un disinfettante liquido solubile in acqua e alcol, che ha azione sterilizzante se impiegato a concentrazioni del 2% a pH 7.9, immergendovi per almeno 3 ore il materiale; questo deve essere poi sciacquato in acqua sterile per allontanare i residui della sostanza. Ha un ampio spettro di azione e non corrode metalli, gomme, plastiche, lenti. sterilizzazione con ossido di etilene L’ossido di etilene è un gas incolore e inodore, altamente infiammabile e solubile in acqua e in molti solventi organici. I vapori di ossido di etilene vengono utilizzati per la sterilizzazione all’interno di camere sigillate e, in condizioni di temperatura ottimale mantenuta tra i 50 e i 60 °C, agiscono per alchilazione (sostituzione di un atomo di idrogeno con un gruppo alchilico in gruppi amminici, carbossilici ed idrossilici delle spore e delle cellule vegetative; tale processo porta alla morte dei microrganismi). L'ossido di etilene ha la caratteristica di impregnare a lungo gli oggetti trattati; per evitare danni all'organismo, dunque, prima di usare questi oggetti è necessario riporli in ambienti aerati o in armadi ventilati fino alla completa eliminazione dello sterilizzante. 34 sterilizzazione con ortoftalaldeide Si tratta di un composto aldeidico commercializzato in soluzione acquosa a concentrazioni bassissime. Agisce in tempi molto brevi ma richiede tempi di esposizione più prolungati per l'inattivazione delle spore (10 ore). sterilizzazione con perossido d’idrogeno e gas plasma Metodologia caratterizzata dall’uso di perossido di idrogeno sotto forma di gas in presenza di un campo elettrico, particolarmente adatta per la sterilizzazione di strumenti sensibili al calore e all’umidità. La temperatura di processo non supera i 50°C e la sterilizzazione avviene in ambiente praticamente secco (in poco più di 1 ora). sterilizzazione con acido peracetico Agisce rapidamente anche a basse concentrazioni (da 0,001 a 0,2%) ed è attivo a basse temperature. Si presenta come una soluzione in equilibrio instabile che in acqua si dissocia velocemente in acido acetico, con liberazione di O2; quest’ultimo costituisce il principio attivo con azione ossidante sulle membrane lipidiche, sul DNA e su altre componenti essenziali per la sopravvivenza dei microrganismi. INDICATORI DI STERILITÀ La sterilizzazione è un processo “speciale” la cui efficacia e avvenuta riuscita deve essere attentamente monitorata e controllata. Tra gli strumenti che permettono di fare ciò vi sono gli indicatori fisici, chimici e biologici. -​ indicatori fisici Sono parametri misurabili che permettono di verificare se il processo è avvenuto correttamente dal punto di vista delle condizioni operative. Questi parametri possono essere monitorati tramite la lettura di sensori elettronici e strumenti di misurazione (termometro, manometri, spie luminose, registratore), che permettono un controllo immediato. Si eseguono poi dei test di controllo del corretto funzionamento delle autoclavi, che servono a verificare la presenza di eventuali problemi di tenuta, rimozione dell'aria e penetrazione del vapore, come il vuoto test (controlla la tenuta della camera assicurando che non vi siano perdite d’aria), il test di Bowie e Dick (verifica della rimozione dell’aria e della penetrazione del vapore) e di prova dell’umidità residua (controlla l’eventuale formazione eccessiva di umidità nel materiale). -​ indicatori chimici Si basano sull’uso di sostanze (inchiostri, cere) che vengono applicate sul supporto di carta e che sottoposte ad uno stimolo fisico (temperatura, pressione, umidità tipici dei processi di sterilizzazione) rispondono modificando il proprio colore e/o consistenza. -​ indicatori biologici generalmente si tratta di fiale o strisce contenenti spore. Quelle più comunemente usate sono Bacillus Sthearotermophilus per la sterilizzazione a vapore e Bacillus subtilis varietà Niger per quella a ossido di etilene. In genere si effettua sempre una controprova su una confezione di spire dello stesso lotto non sterilizzato, per verificarne la vitalità. DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE Art. 74 del D.Lgs 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro “Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.” I diversi DPI vanno indossati in base alle attività e al livello di rischio cui sono esposti i medici e tutto il personale addetto all’assistenza. 35 protezione respiratoria: mascherine chirurgiche monouso; maschere FFP protezione congiuntivale e facciale: occhiali ad oculare singolo; occhiali panoramici a maschera; visiere o schermi facciali trasparenti; protezione delle mani; protezione dei piedi e delle gambe; protezione del capo: cappellino, cuffia o copricapo integrale in TNT; protezione del corpo: camici monouso in TNT. PREVENZIONE o PROFILASSI IMMUNITARIA Consiste nel conferimento di uno stato di resistenza specifica verso singoli microrganismi, tramite un aumento delle difese immunitarie dell’individuo sano. L’obiettivo è sempre quello di evitare che i patogeni raggiungano i soggetti recettivi, possibile grazie a: ​ resistenze aspecifiche: promuovere e mantenere le normali barriere difensive (es.: igiene personale) ​ immunoprofilassi (vaccinoprofilassi, sieroprofilassi) ​ chemioprofilassi (mediante la somministrazione di antibiotici) L’immunità può essere di origine naturale o artificiale. -​ l’immunità naturale può essere di tipo passivo [trasferimento di anticorpi dalla madre al feto / bambino tramite placenta (IgG) e allattamento (IgA)] o attivo [immunità che si sviluppa dopo un’infezione, con la produzione di anticorpi contro quell'antigene specifico e cellule B memoria] -​ l’immunità artificiale può essere di tipo passivo [ottenibile tramite la somministrazione preventiva o terapeutica di somministrazione di immunoglobuline o di sieri immuni] o attivo [ottenibile tramite la somministrazione di vaccini] IMMUNOPROFILASSI ATTIVA I vaccini sono preparati biologici dotati di potere antigenico, somministrati per indurre l’immunità attiva verso determinati microrganismi patogeni e proteggere dalle rispettive infezioni. Essi stimolano meccanismi di difesa naturali e, tra i farmaci, sono quelli dotati di maggiore innocuità ed efficacia. - L’era scientifico-sperimentale dell’immunizzazione attiva è iniziata con Louis Pasteur e la sua messa a punto dei vaccini contro il colera dei polli, il carbonchio e la rabbia. Nel 1796, Edward Jenner crea il primo vaccino contro il vaiolo. In seguito ad un intenso e capillare programma di vaccinazione applicato sistematicamente, nel 1980 l’OMS ha potuto certificare l’eradicazione mondiale di questa malattia. 36 - Come funziona un vaccino? Il vaccino simula l’infezione che deve prevenire ed attiva le difese immunitarie affinché l’organismo acquisisca l’immunità senza sviluppare la malattia e le sue eventuali complicanze. Gli effetti sono di protezione diretta per il vaccinato stesso (in cui si crea un’immunità attiva e le modificazioni umorali e tissutali necessarie ad assicurare la difesa specifica dell’organismo contro l’agente infettivo) e di protezione indiretta per tutti coloro che vengono a contatto con il vaccinato, che non può trasmettere agli altri i microrganismi contro i quali è stato vaccinato. 13/11 COSTITUZIONE DEI VACCINI ❖​ vaccini vivi attenuati (o con microrganismo attenuato) composti da virus o batteri che mantengono la capacità di replicarsi nell'organismo e generano una risposta immunitaria, senza provocare le manifestazioni cliniche della malattia. Il microrganismo può essere quindi sottoposto a modificazioni genetiche (attraverso ripetuti passaggi in terreni di coltura in condizioni e ambienti specifici) o manipolazioni geniche (induzione di mutazioni nel DNA del microrganismo). I vaccini con microrganismi attenuati sono efficaci con una singola dose nella maggior parte dei casi (anche se, per alcuni vaccini attenuati, la schedula vaccinale prevede una seconda somministrazione). Esempi di vaccini vivi attenuati batterici sono l’antitubercolare e l’antitifico, mentre tra i vaccini virali si possono ricordare l’antipolimielitico, l’antimorbilloso, l’antirosolia, l’antiparotite, l’anti varicella-zoster e l’anti febbre gialla. ❖​ vaccini con microrganismo inattivato prodotti con la coltivazione dei microrganismi e la successiva inattivazione con mezzi fisici o chimici che ne rispettano l’integrità antigenica. I microrganismi inattivati, in quanto incapaci di riprodursi nella persona vaccinata, richiedono generalmente l’inoculazione di più dosi. Esempi di vaccini inattivati batterici sono l’antipertosse e l’anticolerico, mentre tra i vaccini virali si possono ricordare l’antirabbico e l’antinfluenzale. Il vaccino antipoliomielite ad oggi esiste in due forme: il primo è stato introdotto da Salk ed è composto da poliovirus inattivati (vaccino inattivato IPV), il secondo è opera di Sabin, è in forma orale e formato da poliovirus attenuati (vaccino orale attenuato OPV). Il vaccino attenuato induce immunità locale e sistemica e sostituisce il virus selvatico con un ceppo non patogeno inducendo così herd immunity. In passato con il vaccino attenuato si sono verificati casi di recrudescenza della malattia, motivo per cui attualmente in Italia si somministra il vaccino inattivato Salk. ❖​ vaccini costituiti da componenti del microrganismo (anatossine o vaccini con anatossoidi) preparati utilizzando le tossine implicate direttamente nella patogenesi della malattia, sintetizzate dal microrganismo e detossificate tramite il formolo (0.4%, per un mese, a 38-40°C), che induce anche la stabilizzazione dell'antigene mantenendo la sua capacità immunogena. Esempi di questi vaccini sono l’antitetanico e quello contro la difterite. ❖​ vaccini a DNA e a mRNA hanno una caratteristica fondamentale: inducono la produzione degli antigeni che servono per immunizzare contro un determinato microrganismo nell'organismo stesso della persona vaccinata. Questo avviene a partire dell’iniezione di sequenze di RNA o DNA codificanti per l'antigene bersaglio. RNA ➝ costituiti da sequenze di mRNA codificate dal genoma virale, incluse in microscopiche sfere lipidiche dette liposomi. Una volta inoculato, l'RNA si inserisce all'interno delle cellule del vaccinato e fornisce informazioni per la sintesi degli antigeni vaccinali nelle cellule stesse. Gli antigeni prodotti, a loro volta, stimolano la risposta immunitaria da parte dei linfociti B e T. 37 DNA ➝ costituiti da sequenze di geni che codificano per l'antigene del microrganismo contro cui si vuole ottenere la risposta immune. Le sequenze di DNA, internalizzate, inducono quindi la sintesi di questi antigeni vaccinali, contro i quali verrà sviluppata la risposta immunitaria. Questa tipologia di vaccini è caratterizzata da ottima velocità di messa a punto (questo implica bassi costi, rapida disponibilità e immediatezza in tempi di pandemia). Si distinguono però per le modalità di conservazione: devono essere custoditi a -70/80 °C. ❖​ vaccini futuribili rappresentano una possibile alternativa alla vaccinazione tramite aghi e siringhe; è in corso la sperimentazione di cerotti vaccinali a microaghi auto dissolventi, che permetterebbero di vaccinarsi anche comodamente a casa. ❖​ vaccini terapeutici anti-HIV a mRNA anche questi in fase di sperimentazione. VIE E MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE Per ottenere una risposta ottimale, il vaccino dovrebbe essere somministrato attraverso la via naturale di infezione, per indurre una risposta immunitaria SIMILE a quella naturale (es: per le malattie aerodiffuse, dovrebbe essere somministrato per naso o per bocca). Questo è possibile solo per alcuni vaccini; nella maggior parte dei casi i vaccini vengono somministrati per via parenterale intramuscolare (si utilizza il braccio o, per i bambini, le gambe). In generale, la sede di somministrazione deve essere tale da evitare qualsiasi rischio di danno locali a tessuti, nervi e vasi. La scelta della sede di inoculazione deve tenere in considerazione anche la quantità di liquido da iniettare. via orale [contro rotavirus, polio, febbre tifoide, colera] via parenterale (intramuscolare, sottocutanea, intradermica) via intranasale VACCINI COMBINATI o COSOMMINISTRATI Il sistema immunitario è in grado di riconoscere e di reagire contemporaneamente a diversi antigeni; questa proprietà è sfruttata nella pratica vaccinale per somministrare più vaccini combinati assieme in un’unica preparazione. Il primo vaccino combinato ad essere stato formulato è stato il trivalente DTPa (antidifterite-tetano-pertosse acellulare). A questo sono stati aggiunti tre antigeni per ottenere la composizione esavalente DTPa-HBV (Epatite B)-IPV (vaccino trivalente inattivato per la poliomielite)-Hib (meningite da Haemophilus influenzae di tipo B). Altri esempi di vaccini combinati sono il tetravalente MPRV (Morbillo-Parotite-Rosolia-Varicella, che insieme a DTP-HBV-IPV-Hib rientra tra i 10 vaccini obbligatori per legge) o quello facoltativo dello pneumococco (costituito da 13 o addirittura 23 ceppi diversi). REQUISITI DEI VACCINI Per essere prodotti e messi in commercio, i vaccini devono avere dei requisiti specifici: - specificità si devono individuare determinanti antigenici specifici - protezione i determinanti antigenici devono indurre immunità protettiva - induzione di memoria immunologica la risposta immunitaria deve portare alla costituzione di memoria immunologica di lunga durata, anche in ambiente “antigen-free” 38 - reattogenicità valutata in base alla frequenza degli eventi indesiderati, distinti in eventi avversi e reazioni avverse in base alla loro gravità. Bisogna inoltre considerare gli effetti collaterali che derivano dalle proprietà farmacologiche dei vari componenti del vaccino (esempio: sali di alluminio, presenti come adiuvanti in molti vaccini, provocano irritazione nel sito di inoculazione). Si distinguono: ➔​ Reazioni locali, che avvengono a livello del sito di somministrazione. in genere di lieve entità, compaiono entro 12 h dall’inoculazione: arrossamento, gonfiore e dolore (tumefazione), emorragie ➔​ Reazioni generali, che avvengono a livello sistemico e possono essere lievi o gravi e possono comparire anche due settimane dopo la vaccinazione: febbre, malessere, cefalea, nausea, vomito, stipsi, tumefazione dei linfonodi ➔​ Reazioni gravi o eccezionali: paralisi flaccide, shock anafilattico, meningiti, encefaliti - immunogenicità è la capacità di un vaccino di indurre una risposta immune specifica. Si valuta in base al livello anticorpale raggiunto dopo un mese dalla vaccinazione; in alternativa si può fare riferimento alla percentuale di vaccinati che ha raggiunto un livello di anticorpi noto per proteggere dalla malattia. Più è alto il titolo anticorpale, più è persistente nel tempo l'immunità. CONTROINDICAZIONI e FALSE CONTROINDICAZIONI La somministrazione di un vaccino è controindicata se la persona da vaccinare presenta una condizione che aumenta fortemente il rischio di una reazione avversa. In ogni caso, i vaccini sono farmaci dotati di elevata sicurezza, per cui le controindicazioni legate al loro utilizzo sono molto più limitate rispetto a tutti gli altri farmaci. Alcune condizioni (malnutrizione/diarrea in corso, allergie, terapia antibiotica in corso, allattamento in corso, sindrome di Down, anamnesi familiare positiva per AIDS) sono erroneamente ritenute controindicazioni alle vaccinazioni; al contrario, esse sono spesso un motivo in più per vaccinare. LE STRATEGIE DI VACCINAZIONE E LE POLITICHE VACCINALI La maggior parte dei vaccini ha un'efficacia protettiva superiore al 90%; questo rende la persona vaccinata praticamente sicura di non ammalarsi della malattia per cui è stata immunizzata. Le campagne vaccinali estensive hanno come scopi principali: > eradicazione della malattia: eliminazione definitiva dell’agente infettivo che causa la malattia. > eliminazione della malattia: scomparsa della malattia a seguito di una forte riduzione della circolazione dell'agente eziologico. > contenimento della malattia: al fine di raggiungere una condizione in cui la malattia non costituisce più un pericolo grave per la sanità pubblica. Il passo più difficile è l'eliminazione delle malattie infantili (e delle malattie esantematiche), che può essere ottenuta con la vaccinazione universale dei nuovi nati. Questa può essere programmata tramite il CALENDARIO VACCINALE. Il calendario vaccinale nazionale ha stabilito dei tempi (età) precisi a cui somministrare le diverse dosi dei vaccini, seguendo alcuni criteri particolari (sono stati considerati i tempi di maturazione del sistema immunitario dell'individuo [nei bambini, questo processo avviene a partire dai 4-5 anni] e di scomparsa degli anticorpi trasmessi per via transplacentare [il bambino è protetto da questi ultimi per circa 6 mesi dopo la nascita], ma anche le caratteristiche delle malattie contro cui vaccinare, ecc.). 39 Attualmente il calendario vaccinale da adottare è quello elaborato nell’ambito del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019, approvato dal Parlamento con Legge del 31 luglio 2017. Per i minori di età compresa tra 0-16 aa e i minori stranieri non accompagnati sono obbligatorie e gratuite 10 vaccinazioni, raggruppate nell'esavalente + tetravalente DTPa-HBV-IPV-Hib e MRPV 4 vaccinazioni sono facoltative e gratuite: anti-meningococcica B anti-meningococcica C anti-pneumococcica anti-rotavirus Inoltre, nella regione Puglia, una vaccinazione gratuita non obbligatoria ma strettamente consigliata è l’anti-meningococcica A. INDICAZIONI OPERATIVE SULL'OBBLIGATORIETÀ VACCINALE I genitori devono presentare la documentazione delle avvenute vaccinazioni obbligatorie (copia del libretto vaccinale vidimato dalla ASL oppure l'attestazione della ASL che dice che il bambino è in regola o comunica l’esonero, l’omissione delle vaccinazioni obbligatorie per motivi di salute) o autocertificazione. In caso di mancato adempimento, il bambino non potrà essere iscritto a scuola fino ai 6 anni ed è previsto il pagamento di multe per i genitori (da 100 a 500 euro). MALATTIE ELIMINABILI, MALATTIE ERADICABILI E MALATTIE ERADICATE CON I VACCINI Nella lotta contro i microrganismi patogeni si possono distinguere cinque tappe, non tutte raggiunte o raggiungibili nell’attuale quadro epidemiologico. - controllo di una malattia: si intende la riduzione e la stabilizzazione della sua incidenza, prevalenza, morbosità e mortalità a livello locale. - eliminazione delle malattie: una malattia si considera eliminata in un dato territorio quando non si presenta più nessun caso a seguito di specifici interventi di prevenzione attuati contro di essa, malgrado possa essere ancora presente l’agente eziologico. In Italia i numerosi programmi di vaccinazione estensivi hanno portato all’eliminazione del tetano neonatale. - eliminazione delle infezioni: si raggiunge quando si ottiene non solo l’assenza di casi di malattia, ma anche l’assenza delle infezioni causate dallo stesso microrganismo. A questo scopo, il 40 patogeno dovrebbe essere geneticamente stabile e non dovrebbe avere serbatoi ambientali o serbatoi animali incontrollabili; dovrebbero essere disponibili vaccini efficaci e sicuri capaci di conferire immunità permanente. - eradicazione ed estinzione dei microrganismi patogeni: si realizza con l’assenza totale e permanente, su scala mondiale, di un dato microrganismo, a cui consegue l’interruzione definitiva della trasmissione e della comparsa della malattia. Qualunque malattia candidata all’eradicazione dovrebbe essere percepita come di primaria importanza a livello internazionale, e si dovrebbero formulare politiche economiche e sociali a questo scopo. Alcune malattie difficilmente eradicabili sono il tetano (perché non ha come unico serbatoio l’uomo) e l’epatite B. - estinzione dei microrganismi patogeni: coincide con la scomparsa del microrganismo dai suoi ambienti naturali e la distruzione dei campioni detenuti dalle biobanche, che conservano collezioni di microrganismi. 15/11 IMMUNOPROFILASSI PASSIVA o SIEROPROFILASSI La prevenzione immunitaria artificiale passiva, o sieroprofilassi, serve a conferire una protezione immunitaria a persone non immuni o presunte tali dopo l’esposizione al rischio di infezione. Essa si attua con l’inoculazione di sieri contenenti anticorpi antimicrobici o antitossici, che inducono la formazione di immunocomplessi antigene-anticorpo e la successiva eliminazione da parte dei fagociti; se il microrganismo non è già in fase intracellulare o la tossina non è legata ai recettori, fornisce una difesa quasi immediata (2-4 giorni). Si tratta però di una difesa temporanea, che dura infatti solo 15-30 giorni, al termine dei quali il soggetto ritorna suscettibile alla malattia. La sieroprofilassi è considerata un'operazione di emergenza, eseguibile per esempio su persone di cui non si conosce la copertura immunitaria durante un’epidemia. Può anche capitare di attuare la sierovaccinoprofilassi (iniezione prima del siero, poi del vaccino). A seconda della composizione e della modalità di preparazione, i sieri possono essere eterologhi (sieri immuni ricavati da animali) e omologhi (composti da immunoglobuline umane). > sieri eterologhi: ottenuti da animali immunizzati, soprattutto bovini ed equini. Devono essere sieri attivi, innocui e sterili, ottenuti grazie a complesse operazioni di purificazione del plasma degli animali e somministrati per via parenterale a livello intramuscolare. La massima attività del siero eterologo si registra dopo 2-3 giorni, e la protezione si prolunga per circa 3 settimane. Un aspetto negativo dei sieri eterologhi è la possibilità di comparsa di effetti collaterali quali le malattie da siero o lo shock anafilattico. > sieri omologhi o immunoglobuline: sono preparati biologici ottenuti da plasma umano, che viene frazionato a freddo con etanolo. I sieri omologhi devono essere somministrati nelle fasi precoci del contagio (già 4-5 giorni dopo); la somministrazione deve essere eseguita per via parenterale a livello intramuscolare, e la concentrazione e la dose del siero varia a seconda del peso corporeo del paziente. I sieri omologhi offrono una protezione della durata di 25-30 giorni. Esistono due tipi di immunoglobuline: ​ immunoglobuline normali o polivalenti: soluzioni al 16% di immunoglobuline umane ottenute da circa 1000 donatori o da placente, non selezionati, affinché sia assicurata la presenza di anticorpi contro i microrganismi più diffusi nella popolazione. Sono composte al 95% da IgG, somministrate per via intramuscolare soprattutto per la profilassi dei contatti suscettibili all’epatite A. 41 ​ immunoglobuline specifiche: derivano, invece, da un pool di plasma ottenuto da un numero generalmente più ridotto di convalescenti di una determinata malattia infettiva o di donatori recentemente vaccinati per un certo microrganismo. Sono indicate principalmente per l’immunizzazione post contagio (dopo che si è avuta l’esposizione e il contatto con quella malattia), per la profilassi del tetano, morbillo, rosolia, rabbia, varicella-zoster, epatite B, citomegalovirus Gli anticorpi monoclonali (mAb) sono sintetizzati in laboratorio da cellule immortalizzate ottenute dalla fusione di un linfocita B attivo con una cellula trasformata e aventi vita e capacità di produrre anticorpi potenzialmente illimitate. Sono molto utilizzati in ambito ematologico e oncologico. La chemioprofilassi consiste nella somministrazione di antibiotici e chemioterapici a persone esposte al rischio di infezione, per impedire lo sviluppo dell'agente patogeno (chemioprofilassi primaria), o a persone in fase d'incubazione per impedire la manifestazione clinica della malattia (chemioprofilassi secondaria o post esposizione). - chemioprofilassi specifica: nei viaggiatori internazionali per la profilassi di malaria e colera - chemioprofilassi aspecifica: per le persone che devono essere sottoposte a interventi chirurgici "contaminati" per esempio per la presenza di sostanze organiche - chemioprofilassi antiretrovirale: per le persone che si siano trovate in situazioni a rischio, ad esempio rottura del preservativo durante un rapporto sessuale con persona sieropositiva per HIV, oppure che entrano a contatto con oggetti contaminati LA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CRONICHE E DELLA DISABILITÀ Ha come scopo la protezione degli individui dai fattori causali e di rischio delle patologie, fino all'eliminazione di questi ultimi, per giungere così all’eradicazione delle malattie. ​ Nel caso delle NCD, la scelta degli obiettivi si presenta più complessa, perché deve tenere conto del rischio attribuibile ai singoli fattori e della loro interazione. ​ Si deve intervenire con delle strategie precise, che prevedono norme di legge specifiche per evit

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