Biochimica dei Glicoconiugati e Glicoproteine PDF
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Questo documento presenta una panoramica sulla biochimica dei glicoconiugati e delle glicoproteine, includendo una discussione sul dogma centrale della biologia e sui monosaccaridi. Vengono illustrati i nove zuccheri chiave nei glicoconiugati e il loro possibile utilizzo nella sintesi dei glicoconiugati stessi.
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Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio BIOCHIMICA DEI GLICOCONIUGATI E GLICOPROTEINE Indice: Biochimica dei glicoconiugati ○ Dogma centrale della...
Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio BIOCHIMICA DEI GLICOCONIUGATI E GLICOPROTEINE Indice: Biochimica dei glicoconiugati ○ Dogma centrale della biologia ○ Glicoconiugati ○ Monosaccaridi ○ Sintesi dei monosaccaridi attivati Sintesi dal glucosio – citoplasmatica Sintesi dal glucosio – nucleare Sintesi dai monosaccaridi della dieta ○ Variabilità delle strutture glucidiche ○ Glicosiltranferasi ○ Glicosilazione non enzimatica Glicoproteine ○ Le O-glicoproteine Mucine Antigeni Altre O-glicoproteine importanti ○ N-glicoproteine BIOCHIMICA DEI GLICOCONIUGATI Con la lezione di oggi andremo a introdurre una biochimica dei carboidrati diversa, non andremo a considerarli come monete energetiche ma come fondamenti della complessità biologica che riguarda la struttura dei lipidi e delle proteine e la loro funzione. DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA Siamo abituati a ragionare seguendo il paradigma del dogma centrale della biologia: il DNA contiene tutte le informazioni genetiche, viene trascritto in RNA che poi viene tradotto in proteine che svolgono una particolare funzione. In realtà questa definizione lineare va rivista perché il nostro codice genetico codifica per circa 33.000 proteine che assolvono a circa 2.000.000 di funzioni diverse. Ci deve essere, quindi, un qualcosa che va ad aggiungere delle informazioni alle proteine perché possano acquistare un livello di specializzazione aggiuntivo ed assolvere molteplici funzioni. Sappiamo bene che la funzione di una proteina è strettamente correlata con la sua struttura e questo significa che per svolgere tutte queste funzioni devono andare incontro a delle modifiche post-traduzionali che ne modificano la struttura. Abbiamo già visto la fosforilazione, che consiste nell’aggiungere dei gruppi fosfato alle proteine determinando l’attivazione o l’inibizione della funzione, e abbiamo anche visto la lipidazione che consiste nell’aggiunta di una catena lipidica determinando la 1 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio localizzazione della proteina a livello della membrana o di un compartimento subcellulare specifico. Esiste poi un altro tipo di modificazione post-traduzionale, la glicosilazione. GLICOCONIUGATI I glicoconiugati sono delle macromolecole che presentano nella loro struttura uno o più residui di carboidrati collegati covalentemente fra loro e con la struttura proteica o lipidica. Questa componente oligosaccaridica viene spesso chiamata glicano. Abbiamo tre famiglie importanti di glicoconiugati all’interno delle nostre cellule: Glicoproteine Glicolipidi che a loro volta si suddividono in glicolipidi neutri, solfatidi e gangliosidi Glicosamminoglicani e proteoglicani che fanno parte della matrice extracellulare. MONOSACCARIDI Quali sono le unità monosaccaridiche che troviamo nei glicani? Sono i nove zuccheri indicati nella tabella. Oltre alla formula di struttura ci sono dei simboli che rappresentano una convenzione IUPAC che definisce codice-colore per rappresentarli in modo semplice (non sono da sapere né le strutture né i codici-colore). I nove zuccheri che troviamo nei glicoconiugati sono: Glucosio N-acetil-glucosamina Galattosio N-acetil-galattosamina Mannosio Xilosio Acido glucuronico Fucosio Acido sialico (acido N-acetilneuraminico) Abbiamo quindi 9 zuccheri che si combinano in modi diversi per sintetizzare queste strutture glicate. Ma questi zuccheri da dove arrivano? Possono essere sintetizzati a partire dal glucosio oppure possono arrivare direttamente dalla dieta. Tutte le reazioni che andremo a 2 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio vedere sono reazioni che avvengono in tutte le cellule del nostro organismo. Perché questi zuccheri possano essere utilizzati per la sintesi dei glicoconiugati devono essere attivati, per attivarli devono essere coniugati con dei nucleotidi, questo gli permette di essere utilizzati dagli enzimi nella formazione della catena oligosaccaridica. I nucleotidi in questione sono l’UTP (uridin difosfato), il GTP (guanin difosfato) e il CMP (citosin monofosfato). Per sintetizzare questi composti spendiamo tantissima energia, non solo sottraiamo il glucosio ad un possibile utilizzo energetico, che ne rimane lo scopo principale, ma spendiamo energia anche nell'attivazione dei glicoconiugati. SINTESI DEI MONOSACCARIDI ATTIVATI SINTESI DAL GLUCOSIO – CITOPLASMATICA Vediamo la sintesi di questi monosaccaridi attivati a partire dal glucosio. Questo entra all’interno delle nostre cellule attraverso diversi trasportatori e viene poi fosforilato ad opera di una esochinasi. Il glucosio-6-fosfato ottenuto, se siamo in una situazione di abbondanza energetica, viene trasformato in glucosio-1-fosfato ad opera di una mutasi. Questo viene poi attivato in UDP-glucosio ad opera di una transferasi che utilizza UTP. Una epimerasi può eventualmente utilizzare un UDP-glucosio per formare un UDP-galattosio. L’UDP-glucosio può anche essere utilizzato da una reduttasi per essere trasformato in UDP-acido glucuronico sul quale può intervenire una decarbossilasi liberando una molecola di anidride carbonica e ottenendo una molecola di UDP-xilosio. Tornando al glucosio 6 fosfato, sempre in condizioni di buona disponibilità energetica, può essere trasformato in fruttosio-6-fosfato ad opera di un’isomerasi. Questo viene prima isomerizzato a mannosio-6-fosfato, poi trasformato in mannosio-1-fosfato da una mutasi ed infine attivato in GDP-mannosio ad opera di una transferasi. Il GDP-mannosio ottenuto, ad opera dell’azione consecutiva di una reduttasi e poi di una epimerasi, viene trasformato in GDP-fucosio. Sul fruttosio-6-fosfato possiamo avere una reazione di transaminazione con formazione della glucosamina-6-fosfato. 3 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio Questa molecola viene poi acetilata formando la N-acetil-glucosamina-6-fosfato che viene ancora una volta trasformata prima in N-acetil-glucosamina-1-fosfato e poi viene attivata a N-acetil-glucosamina-UDP ad opera di una transferasi, questa poi viene epimerizzata a N-acetil-galattosamina-UDP. Tutte queste reazioni avvengono a livello citoplasmatico e partiamo sempre degli zuccheri che presentano una fosforilazione in posizione 1: il glucosio 1 fosfato per produrre UDP-glucosio, UDP-galattosio, acido glucuronico e xilosio; l’N-acetil-glucosamina-1-fosfato per produrre N-acetil-glucosamina-UDP e N-acetil-galattosammina-UDP; il mannosio 1 fosfato per produrre GDP-mannosio e GDP-fucosio. La sintesi di tutti questi zuccheri parte dal glucosio introdotto dalla dieta che, in condizioni di abbondanza energetica, può essere impiegato per questa via biosintetica. SINTESI DAL GLUCOSIO – NUCLEARE La sintesi di acido sialico avviene a livello nucleare partendo sempre dal glucosio. Ottenuto l’N-acetil-glucosamina-6-fosfato attraverso le reazioni di prima, questa viene trasferita a livello nucleare e viene attivata ad opera di una transferasi in N-acetil-glucosamina-UDP. A differenza della via biosintetica precedente si parte da uno zucchero fosforilato in posizione 6. Sulla N-acetil-glucosamina-UDP interviene una epimerasi che la trasforma in acetil-mannosamina liberando UDP. L’acetil-mannosamina viene fosforilata in N-acetil-mannosamina-6-fosfato ad opera di una chinasi, questa viene poi trasformata in acido N-acetilneuraminico-9-fosfato (o acido sialico 9 fosfato) ad opera dell’acido sialico sintasi. L’acido subisce poi la reazione di defosforilazione catalizzata da una fosfatasi per liberare l’acido N-acetilneuraminico (o acido sialico) il quale viene poi attivato da una transferasi in acido sialico legato al CMP. Domanda:” Ma le dobbiamo sapere tutte queste reazioni?!” Risposta:”Haha nono tutte queste reazioni non le dobbiamo sapere, dobbiamo però concentrarci su alcuni punti, dobbiamo sapere che il glucosio, la molecola centrale del 4 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio nostro metabolismo energetico lo possiamo anche utilizzare per sintetizzare i glicoconiugati, ci dobbiamo ricordare che la sintesi di tutti gli zuccheri tranne l’acido sialico avviene a livello citoplasmatico e in tutte le cellule. Tuttavia, è bene ricordarsi i passaggi fondamentali di questa via biosintetica.” SINTESI DAI MONOSACCARDI DELLA DIETA Per sintetizzare l’acido sialico spendiamo moltissima energia e a differenza di tutti gli altri zuccheri attivati, che in condizioni di necessità energetiche possono essere eventualmente convertiti in glucosio per produrre energia, non abbiamo a disposizione il corredo enzimatico che ci permette di produrre il glucosio a partire dall’acido. Questi zuccheri possono arrivare dalla dieta sia da alimenti di origine animale che vegetale e una volta raggiunti il fegato possono essere utilizzati per queste vie biosintetiche. Per esempio il galattosio può essere fosforilato a galattosio-1-fosfato e attivato a UDP-galattosio utilizzando un UDP-glucosio; il mannosio può essere fosforilato in mannosio-6-fosfato, poi epimerizzato in mannosio-1-fosfato e infine attivato a GDP mannosio; il fucosio può essere convertito prima in fucosio-1-fosfato e poi GDP-fucosio; l’ N-acetil-galattosamina può essere convertita prima in N-acetil-galattosamina-1-fosfato e poi in N-acetil-galattosamina-UDP che successivamente può essere convertita in N-acetil-glucosamina-UDP. Queste reazioni avvengono a livello citosolico, mentre per quanto riguarda l’acido sialico lo possiamo recuperare direttamente dalla dieta o dalla N-acetil-glucosamina a livello nucleare. VARIABILILITÀ DELLE STRUTTURE GLUCIDICHE Ora ci soffermiamo sul capire il perché di queste strutture glucidiche a completamento di proteine e lipidi. È stato fatto un calcolo: se leghiamo linearmente sei esosi differenti (zuccheri a 6 atomi di carbonio) si possono ottenere più di 3 miliardi di combinazioni possibili, se invece prendiamo sei amminoacidi differenti tra di loro otteniamo meno di 50 mila strutture possibili. Per gli zuccheri è impressionante il numero di specificità che possiamo ottenere, per esempio si pensi agli anticorpi, il primo riconoscimento tra un anticorpo e un antigene è mediato proprio da queste strutture oligosaccaridiche che 5 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio permettono il riconoscimento di un enorme numero di agenti patogeni altamente specifici. Questo numero esorbitante di combinazioni è dovuto alle caratteristiche strutturali dei carboidrati e viene ottenuto considerando: il termine di permutazione lineare, le diverse configurazioni anomeriche, le diverse strutture ottenute dalla ciclizzazione come quella furanosica e piranosica e le possibili posizioni di legame a seconda del gruppo ossidrilico che consideriamo. Queste sono le motivazioni del perché ci possono essere tutte queste combinazioni possibili, se poi consideriamo anche le strutture ramificate che possiamo ottenere il numero di isomeri è ancora superiore. A questo punto ci possiamo chiedere il perché l’evoluzione abbia deciso di utilizzare gli amminoacidi per formare la struttura base delle proteine e non gli zuccheri. Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare sia la maggiore stabilità degli amminoacidi che l’enorme livello di controllo e di dispendio energetico che sarebbe necessario se utilizzassimo gli zuccheri. GLICOSILTRANFERASI Chi attacca i residui glucidici alla componente proteica o lipidica e chi attacca gli zuccheri tra di loro? Si tratta di enzimi specifici che si chiamano glicosiltransferasi, questi li possiamo trovare associati alla membrana del reticolo endoplasmatico, alla membrana del Golgi e anche alla membrana plasmatica. Questi enzimi hanno un elevato grado di specificità per lo zucchero attivato, per l’accettore dello zucchero, per il tipo di legame che si viene a formare e per la topologia. GLICOSILAZIONE NON ENZIMATICA Diverso è il discorso per la glicazione non enzimatica che riguarda l’aggiunta di glucosio a proteine quali l’albumina o l’emoglobina che abbiamo in circolo. Se abbiamo una condizione di iperglicemia prolungata può succedere che il glucosio vada a legarsi in modo non specifico a queste proteine. Le proteine glicate sono proteine più ingombranti e meno agili, che non sono più in grado di assolvere le loro funzioni in modo ottimale e mediare il trasporto in modo corretto. Questo processo non è enzimatico ma spontaneo, chimico e avviene lentamente. GLICOPROTEINE Prendiamo in considerazione l'ambiente glicoproteico. Non esistono tante glicoproteine che sono state studiate nel dettaglio, perché sono strutture abbastanza labili e quando cerchiamo di studiarle non è così facile ottenere informazioni riguardo la catena saccaridica di ogni singola glicoproteina. Però alcune informazioni sono ben note e sono ben caratterizzate. Per quello che riguarda le glicoproteine, esistono due grandi famiglie che sono le O-glicoproteine e le N-glicoproteine, che vengono classificate in base al tipo di legame covalente e glicopeptidico tra il primo residuo catalitico e il residuo amminoacidico della 6 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio proteina. Le O-glicoproteine si vengono a formare per reazioni tra una N-acetil-galattosamina che si lega con la funzione ossidrilica o di una serina o di una treonina. Nelle O-glicoproteine il primo zucchero che si lega è sempre una N-acetil-galattosamina che va a legarsi o con una serina o con una triamina, tramite il loro gruppo H. Questo è il motivo per cui si chiama legame O-glicosidico. Queste O-glicoproteine sono sicuramente le più abbondanti all'interno delle nostre cellule e tra queste O-glicoproteine troviamo per esempio le mucine e gli antigeni che definiscono i gruppi sanguigni. Le N-glicoproteine sono invece una famiglia più ristretta in termini numerici e si vengono a formare per legami tra una N-acetil-glucosamina e il gruppo amminico di una asparagina. LE O-GLICOPROTEINE La biosintesi delle O-glicoproteine avviene nel Golgi e si tratta di una modifica post-traduzionale vera e propria. La proteina è sintetizzata a livello del RER, poi raggiunge il Golgi e qui avviene la O-glicosilazione. Quindi vedremo l’attività sequenziale di diverse glicosiltransferasi che vanno a catalizzare l’aggiunta di diversi saccaridi a partire dalla N-acetil-galattosamina. Sono le più abbondanti glicoproteine e tra queste troviamo le mucine e gli antigeni dei gruppi sanguigni del sistema B0. MUCINE Sono delle glicoproteine situate la superficie delle cellule epiteliali che rivestono gli organi cavi e sono deputate alla sintesi del muco. Sono caratterizzate da una proteina che è presente nel residuo di serina o di treonina dove la prima glicosiltransferasi va a legare con un legame di tipo O una N-acetil-galattosamina. A questa N-acetil-galattosamina viene generalmente legato un residuo di galattosio sempre ad opera di una seconda glicosiltransferasi. Questa struttura va a definire il CORE 1, ovvero il primo dominio che generalmente troviamo all'interno di queste diverse mucine. Eventualmente alla N-acetil-galattosamina può essere attaccata una N-acetil-glucosamina per andare a definire il CORE 2. Le mucine fondamentalmente sono costituite da tante ripetizioni di queste strutture attaccate tra di loro. 7 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio Quando la catena oligosaccaridica è completa intervengono altre glicosiltransferasi specifiche che vanno a portare sul residuo di galattosio o sul residuo di N-acetil-galattosamina, un residuo di acido sialico. In altre parole, quando la catena oligosaccaridica costituita da ripetizioni del motivo 1 e motivo 2 è completa, sui residui terminali di galattosio e di N-acetil-galattosamina avremo delle glicosiltransferasi che vanno ad attaccare dei residui di acido sialico. L'acido sialico, come abbiamo visto quando abbiamo parlato dei tipi di glicoforine che rivestono la superficie dei globuli rossi, sono residui acidi e sono in grado di richiamare acqua andando ad idratare la superficie di queste mucine. Domanda:”…” Risposta: “Quando è stata ottenuta la catena oligosaccaridica completa - che è fatta da tante ripetizioni di Gal-Nac-Gal - della mucina, i residui terminali attaccheranno dei residui di acido sialico perché esso richiama acqua e va a idratare la superficie della mucina per rendere il muco meno denso e più accessibile al passaggio di diverse sostanze.” Domanda: “Nel Core 2, le varie ripetizioni dei residui partono sia dalla N-acetil-galattosamina sia dal glucosio?” Risposta: “Generalmente la catena parte dal galattosio, ma dipende dalla glicosiltransferasi. Nulla vieta che la catena continui a partire dalla N-acetil-galattosamina.” Domanda: “Per ogni mucina abbiamo un solo aminoacido a cui è legato residuo saccaridico?” Risposta: “No, per ogni mucina possono avere più punti di glicosilazione, ma la zona più rappresentata è questa.” ANTIGENI L'altro grande gruppo di O-glicoproteine sono gli antigeni che definiscono l'appartenenza ai gruppi sanguigni del sistema AB0. A definire ciò sono le catene oligosaccaridiche presenti sulle proteine ed espresse sulla superficie di tutte le cellule del nostro organismo, non solo dei globuli rossi. Gli antigeni sono delle O-glicoproteine, quindi partiamo sempre da una serina e da una treonina, un residuo di N-acetil-galattosamina, un residuo di galattosio, e questo è comune, lo troviamo in tutti gli antigeni. - Per quello che riguarda l'antigene 0, abbiamo un fucosio e un acido sialico. - Per quello che riguarda l'antigene che definisce la partenza al gruppo A, abbiamo un fucosio, una N-acetil-galattosamina, un acido sialico. - Infine, per l'antigene B, abbiamo un galattosio, un fucosio e una N-acetil-galattosamina. In questo caso le catene non si ripetono. Sui testi libri che avete c'è tanta confusione relativamente agli zuccheri che vanno a definire gli antigeni dei gruppi B, e sono andata a recuperare queste informazioni su Essentials of Glycobiology nell'edizione del 22. Ciò che si trova sulla superficie delle cellule degli individui che appartengono al gruppo 0 si ritrova anche in A e in B. Questo è il motivo per il quale chi appartiene al gruppo sanguigno A, B o 8 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio AB può ricevere il sangue da chi è di gruppo 0. Perché non c'è un riconoscimento antigenico. Se uno ha un gruppo sanguigno di tipo B e riceve il sangue da un donatore che ha il gruppo A, che cosa succede? Che il suo corpo riconoscerà come estraneo questo antigene e quindi va incontro a un processo di emoagglutinazione, ovvero un attacco specifico contro i globuli rossi che ne causa una coagulazione nel sangue. Stesso discorso se un soggetto che ha un gruppo sanguigno 0 riceve il sangue dal gruppo sanguigno A, B o AB; mentre un soggetto che ha gruppo sanguigno 0 lo può donare a tutti gli altri. Questo discorso vale per tutte le cellule del nostro corpo e generalmente se ne parla come istocompatibilità. ALTRE O-GLICOPROTEINE IMPORTANTI Altri O-glicoproteine che meritano di essere ricordate sono: - Antigene Sial-Lewis X. Questo è un antigene abbastanza lineare, un’oligosaccaride costituito da una N-acetil-galattosamina, una N-acetil-glucosamina, galattosio, l'acido sialico e il fucosio. Questo antigene è presente sulle cellule tumorali che hanno la capacità di metastatizzare. Lo fanno proprio perché presentano questo antigene che è in grado di legarsi alle P-selectine che sono espresse sulle cellule endoteliali attivate. Parlando della extravasazione dei globuli bianchi abbiamo detto che quando abbiamo una produzione infiammatoria sulla superficie delle cellule endoteliali abbiamo l'espressione delle P-selectine. Il riconoscimento tra il recettore della P-selectina che è presente sul globulo bianco e la selectina che viene espressa sulla cellula endoteliale, dove quindi abbiamo un agente infiammatorio, è mediato proprio dalle catene oligosaccaridiche. Le cellule tumorali hanno antigeni che mimano l'antigene espresso sul recettore della P-selectina dei globuli bianchi e in questo modo possono legarsi alle P-selectine che sono espresse sulle cellule endoteliali e innescare il processo di extravasazione. In questo modo abbiamo una metastasi. La cosa da sottolineare è che generalmente questi processi avvengono quando abbiamo già un processo infiammatorio in corso perché altrimenti i nostri organi non esprimono le P-selectine. Quindi generalmente diciamo che il processo metastatico è aiutato anche da un processo infiammatorio o un processo infettivo che determina l'espressione a livello delle cellule endoteliali delle P-selectine. - Altri antigeni tumorali sono i Sialyl-Tn, l'antigene Tn e l'antigene T. In questo caso questi antigeni mediano il processo opposto, ovvero da un tessuto solido, come può 9 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio essere il linfonodo, al passaggio in circolo. Un po' come fanno i linfociti T e B che abbiamo generalmente a livello del linfonodo e della milza. Quindi sfruttano il sistema linfatico per entrare nella circolazione e da qui raggiungere altri tessuti. Fondamentalmente tutti questi antigeni (di cui non bisogna ricordare la struttura) sono dei mimici, degli antigeni che sono presenti sulle nostre cellule e che sfruttano i processi fisiologici per evadere in qualche modo il riconoscimento da parte del sistema immunitario. N-GLICOPROTEINE Passiamo alle N-glicoproteine. La sintesi di queste N-glicoproteine è sicuramente un po' più complessa rispetto a quella vista per le O-glicoproteine perché, innanzitutto, coinvolge due compartimenti cellulari: il reticolo endoplasmatico, da cui inizia la sintesi dell’N-glicano, e l’apparato di Golgi, dove continua il processo di sintesi. Quindi la sintesi dell'N-glicano parte contemporaneamente alla sintesi in proteica. In questo caso non parliamo di una modifica post traduzionale classica, ma di una modifica co-traduzionale, perché sta avvenendo contemporaneamente alla sintesi in proteica. La proteina sta nascendo e contemporaneamente sta nascendo anche il glicano che si attaccherà sulla proteina. Nelle N-glicoproteine il primo zucchero è sempre una N-acetil-glucosamina attaccata al gruppo amminico di una asparagina. Dove inizia la catena oligosaccaridica se non la posso attaccare sulla asparagina perché la proteina si sta ancora formando? Sfrutto la sintesi delle N-glicoproteine fatte da un intermedio lipidico, un trasportatore di natura lipidica, che si chiama dolicolo-fosfato (struttura qui sotto). È una molecola grande, fortemente idrofobica molto lunga, che contiene 19 ripetizioni di una struttura chiamata isopentenile e che presenta un gruppo fosfato al termine della catena fortemente idrofobica. 10 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio Il dolicolo-fosfato è inserito nella membrana del reticolo endoplasmatico. La sintesi inizia sul gruppo fosfato di questo dolicolo-fosfato (che è fortemente idrofobico perché va inserito nella membrana del reticolo endoplasmatico), con il gruppo fosfato rivolto verso il lato citosolico. Interviene una prima glucosiltransferasi che, a partire da un UDP N-acetil-glucosamina (quindi una N-acetil-glucosamina attivata), la attacca al dolicolo-fosfato andando così a formare un dolicolo-di-fosfato-N-acetil-glucosamina. Questa prima fase si svolge sul lato citosolico della membrana della nostra cellula, dove abbiamo a disposizione tutti gli zuccheri attivati perché erano stati sintetizzati proprio nel citoplasma. A questo punto interviene una seconda glucosiltransferasi che va ad attaccare il secondo residuo N-acetil-glucosamina. E poi intervengono altri 5 glucosiltransferasi che vanno ad attaccare 5 residui di mannosio. Il risultato è un dolicolo-di-fosfato dov'è attaccata una catena oligosaccaridica che contiene 7 residui saccaridici, dunque si tratta di un epta-saccaride. Contemporaneamente al mio N-glicano nascente si vengono a formare anche altri intermedi di dolicolo-fosfato che legano o il glucosio oppure il mannosio. È presente una flippasi che trasferisce sia il dolicolo-fosfato dipendente dall’N-glicano nascente che il dolicolo-fosfato legato al glucosio o eventualmente al mannosio, sul lato luminale del reticolo endoplasmatico, perché la sintesi continua all'interno del reticolo endoplasmatico sul lato luminale dove nel frattempo si sta formando la proteina. Ricapitolando: 1. La sintesi delle N-glicoproteine non può iniziare direttamente sulla asparagina della proteina che si sta formando, quindi utilizziamo il dolicolo-fosfato che è inserito nella membrana del reticolo endoplasmatico e presenta il gruppo fosfato rivolto verso il lato citosolico. 2. Interviene la prima glicosiltransferasi che attacca il primo residuo di N-acetil-glucosamina. 3. Interviene poi la seconda glicosiltransferasi che attacca un secondo residuo di N-acetil-glucosamina. Quindi si ottiene il dolicolo-di-fosfato con due N-acetil-glucosamina. 11 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio 4. A questo punto, in modo sequenziale vengono attaccati cinque mannosi. Quindi abbiamo formato una struttura di oligosaccaridica che contiene 7 residui saccaridici attaccati a un dolicolo-di-fosfato. 5. La sintesi, dal lato citoplasmatico del reticolo endoplasmatico, si sposta sul lato luminale e questo è mediato da una flippasi. Qui avremo altre glicosiltransferasi che vanno ad attaccare altri residui di glucosio o di mannosio. Questi sono a livello citoplasmatico, come zuccheri attivati. Nel reticolo citoplasmatico, a differenza di quello che succede nel nucleo e nel Golgi, non abbiamo dei trasportatori per gli zuccheri attivati. Quindi, perché questi zuccheri possano spostarsi dal citoplasma al lato citosolico, li andiamo a legare al dolicolo-di-fosfato. 6. Trasferiamo l’oligosaccaride nascente e il dolicolo-fosfato legato al mannosio o al glucosio tramite l’utilizzo di una flippasi. In questo modo abbiamo questi zuccheri a disposizione per le glicosiltransferasi che dovranno completare il glicano. A questo punto che cosa succede? Intervengono in modo consecutivo quattro glicosiltransferasi che vanno ad attaccare altri quattro mannosi e tre glucosi, per avere questa struttura che presenta 14 residui saccaridici. Dopodiché si va a trasferire questa struttura sulla asparagina della proteina che nel frattempo si è formata. Questa reazione è catalizzata da una oligosaccaril-transferasi. La struttura di oligosaccaridica è sulla proteina e vengono rimossi tre glucosi ad opera di un’α-glucosidasi e un mannosio per azione di una mannosidasi. 12 Chimica biologica n°62 Prof.ssa Chiricozzi Sbobinatori e controllori: Passamonti Alba, Piazza Spessa Giulio Ricapitolando, una volta che la catena oligosaccaridica costituita da 14 saccaridi è stata trasferita sulla proteina formando un legame N-glicosidico, andiamo a rimuovere tre glucosi e poi rimuoviamo un residuo di mannosio. A questo punto si trasferisce la proteina glicosilata dal reticolo endoplasmatico al Golgi. Quindi passiamo dallo spazio luminale del reticolo endoplasmatico allo spazio luminale del Golgi. Qui interviene una ulteriore mannosidasi che rimuove un ulteriore mannosio e si ottiene questa struttura che rappresenta il core biosintetico di tutte le N-glicoproteine. Infine, a seconda della sequenza consenso della glicoproteina, la strada si divide: - Se la sequenza consenso codifica per una proteina che, come destinazione e funzione finale, è una idrolasi lisosomiale prenderà un percorso. - Se è una N-glicoproteina che ha un destino cellulare o extra cellulare seguirà un altro percorso biosintetico. 13