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This document provides biographical information about Esiodo, a prominent ancient Greek poet. It discusses his works, particularly the Theogony and Works and Days, highlighting characteristics of his poetic style and contributions to classical literature.

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Esiodo Biografia (vedi testi 1-6) Esiodo è un poeta arcaico, che possiamo definire come la prima “individualità poetica” della letteratura greca, poiché a differenza dei poeti o del poeta dell’Iliade e dell’...

Esiodo Biografia (vedi testi 1-6) Esiodo è un poeta arcaico, che possiamo definire come la prima “individualità poetica” della letteratura greca, poiché a differenza dei poeti o del poeta dell’Iliade e dell’Odissea si denuncia all’interno delle sue opere in particolare nel proemio di una sua opera: la “TEOGONIA”, in cui rivendica la sua individualità, la veridicità della materia e l’autoconsapevolezza della propria attività, poiché impostata dalla divinità e incentrata sulla divinità. Da un punto di vista biografico ciò che sappiamo di lui lo desumiamo dalle sue opere: - Non sappiamo con esattezza il suo luogo di nascita, ma a partire dai versi 631-662 della sua opera: OPERE E GIORNI, si è pensato che: sia nato ad Ascra, in un piccolo borgo nei pressi del monte Elicona in Beozia dopo il viaggio via mare compiuto dal padre da Cuma per scampare alla povertà. Questa è l’ipotesi più Esiodo e una Musa, di accreditata, in virtù del fatto che egli affermi di non aver mai Gustave Moreau (1891) compiuto un viaggio per mare e l’unico da lui sostenuto è stato quella da Aulide in Beozia a Calcide in Eubea in occasione dei giochi in onore dell’eroe Anfidamante (morto durante la guerra lelantina, ovvero conflitto tra due città eubee: Calcide ed Eretria per il possesso della pianura di Lelanto), durante i quali vinse la gara di canto (probabilmente con la Teogonia considerata precedente alle Opere e giorni) e che ci permettono di collocare cronologicamente Esiodo tra la fine dell’VIII secolo e l’inizio del VII. sia nato a Cuma eolica e abbia viaggiato fino alla Beozia, non ricordando nulla, poiché ancora molto piccolo. Dalla sua Opere e giorno sappiamo che aveva un fratello di nome Perse, con cui quest’ultimo è in disaccordo, poiché nel momento in cui l’eredità paterna è stata spartita egli si è appropriato della sua parte e ha corrotto i giudici. Inoltre, si presuppone che nella Beozia egli svolgesse il lavoro di agricoltore e allevatore, poiché nella Teogonia egli afferma di esser stato ispirato per la prima volta dalle Muse, mentre pascolava i suoi armenti. Produzione letteraria La sua poetica è stata definita “DIDASCALICA”, caratteristica che accomuna, tuttavia, un po' tutta la poesia arcaica, dal momento che ha come fine l'insegnamento e la divulgazione di argomenti come ad esempio l’origine degli dei, il binomio giustizia- lavoro e la verità. Altri esempi ascrivibili alla letteratura sapienziale, precedenti o contemporanei alla composizione delle opere di Esiodo, possiamo ritrovarli nel Vicino Oriente come il poema sumerico del III millennio a.C., La distruzione di Ur, che raccoglie una serie di istruzioni sullo svolgimento di varie attività e situazioni del quotidiano (come si ama o come si vota) e Consigli di saggezza. Un tipo di confronto questo che era stato molto trascurato a causa del pregiudizio indoeuropeo, che ha per molto tempo stigmatizzato le culture semitiche come inferiori o non degne di essere considerate rispetto al mondo greco. Ad ogni modo gli storici ritengono per lo più che la produzione esiodea sia cronologicamente posteriore a quella omerica, appurando che la composizione di queste opere sia avvenuta per iscritto, sebbene altri la ritengono contemporanea o addirittura precedente. Inoltre i suoi poemi sono scritti in beotico, che è un dialetto eolico. Tra le sue opere più importanti a noi giunte integre per tradizione diretta bizantina ricordiamo: TEOGONIA È un poema mitologico-didascalico in 1022 esametri dattilici, che tratta dell’origine del cosmo, degli dei e degli eroi, configurandosi come una cosmogonia e una teogonia. Nel concreto corrisponde ad un catalogo (genere molto diffuso nella poesia arcaica come quelle delle navi del libro II dell’Iliade), un elenco di personaggi connessi tra loro da complesse reti di relazioni, che il poeta cerca di ricostruire con sistematicità e ordine. La prima sezione del poema (vv.1-115) corrisponde al proemio, in cui Esiodo sostiene di aver incontrato Giove e Teti, olio su tela di presso le pendici del monte Elicona, a loro sacro, le Jean-Auguste-Dominique muse, le quali insegarono lui “un canto bello”, Ingres, del 1811 eseguirono la sua investitura poetica (poeta rivendica di aver ricevuto una missione) donandogli un ramoscello d’alloro e invitandolo a cantare delle cose future e passate e delle stirpi degli dei. Tuttavia, dalle parole, che Esiodo fa pronunciare alle muse, comprendiamo alcuni tratti della sua poetica poiché la loro capacità di raccontare menzogne simili al vero (ψεύδεα πολλὰ λέγειν ἐτύµοισιν ὁµοῖα, ἴδµεν δ' εὖτ' ἐθέλωµεν ἀληθέα γηρύσασθαι) e di raccontare la verità (ἀληθέα) a loro piacimento, ci spinge ad interpretare la prima come ispiratrice dei racconti mitologici raccontati da altri poeti e la seconda del contenuto delle opere esiodee, poiché trattano di temi veritieri e il loro autore è sacerdote e interprete della divinità. Il canto di Esiodo si configura, dunque, doppiamente veritiero, poiché ispirato dalla divinità e incentrato sulla divinità, rispetto a quello omerico, che è invece verosimile, in quanto tratta di avventure e personaggi frutto della fantasia dell’aedo, ma pur sempre vero, poiché ispirato dalla divinità. Inoltre, l’episodio dell’investitura diverrà un modello tradizionale usato da poeti greci come Callimaco e Teocrito e latini come Ennio e Properzio, come strumento di legittimazione della propria autorità poetica (vedi testo 4). A partire dal verso 116 fino al 885 prende piede la narrazione della cosmogonia e della teogonia a partire dalle entità primigenie fino a tutte le forze, che governano l’universo, e le antropomorfiche stirpi divine accostate a mostri, che personificano elementi della natura o forze irrazionali. Ad ogni modo l’elencazione di queste genealogie segue un criterio matrilineare, ovvero una discendenza a partire dalla madre secondo le tradizioni teogoniche antiche, a cui Esiodo si rifà, come: - quella greca a lui precedente, che sono andate perdute - l’Enuma Elish (Quando sopra-dalle prime due parole dell’incipit), il poema accadico- babilonese del II millennio a.C. di La mutilazione di Urano da parte di Crono Giorgio tipo teogonico e cosmogonico, in Vasari, XVI secolo, Palazzo Vecchio, Firenze cui ad esempio notiamo che si parla in entrambi i casi di miti di successione (la transizione del regno tra Anu (padre), Ea (figlio) e Marduk (nipote) o che Anu, dio supremo del pantheon mesopotamico, viene detronizzato tramite un filtro, che lo rende impotente e lo costringe a perdere il controllo del mondo e dover abdicare in favore del figlio Ea (tecniche adoperate diverse, ma dinamiche analoghe) - il Kumarbi, un poema ittita (nato in Asia Minore nel II secolo a.C., la cui circolazione è avvenuta in altre lingue), che prevede anch’esso un mito di successione e ha come protagonista il dio Kumarbi, che ha caratteristiche simili a quelle di Crono, poiché si sbarazza del padre Anu, inghiottendo i suoi genitali - l’Atraḫasis, un poema cosmogonico Sebbene sia evidente il forte carattere tradizionale del poema esiodeo, non mancano tratti innovativi come i rimandi autobiografici. Trama Nella prima sezione dell’opera è presente la cosmogonia, che come il vocabolo stesso suggerisce corrisponde alla narrazione, in termini genealogici, dalla creazione dell’universo all’istaurazione di un ordine con Zeus. Tutto parte da Caos, una forza ancestrale negativa, che si definisce in funzione all’assenza e al disordine. Una mancanza di ordine, stabilità, forma, pienezza e densità tutto ciò che è confuso e “aperto”. Da esso nacquero tutte le altre forze primordiali, dotate in parte di alcune caratteristiche antropomorfe e maggiormente sono connessi all’elemento, che rappresentano (acqua, aria, terra e altre componenti dell'universo). Queste sostanze non rappresentano la loro sostanza, ma anche il loro scopo, in quanto incarnano le dinamiche cosmiche attraverso cui il Caos si trasforma in ordine: - si sdoppia in Erebo (le Tenebre) e la Notte (da sé genera vari aspetti negativi dell’universo e forme di male nel mondo), che si uniscono, per dare alla luce i loro contrari: § Etere (la Luce brillante del cielo) e il Giorno - Tartaro è ciò che sta al di là e sotto la terra - Eros è un principio cosmico di attrazione e repulsione degli elementi e quindi va inteso come il vero principio della generazione, poiché spinge gli esseri a riprodursi e a nuovi enti, che popolano il mondo, per sdoppiamento e accoppiamento - Gea, rappresenta la Terra («Dunque per primo fu Caos, e poi Gaia dall'ampio petto”), un fondamento stabile e sicuro (principio antitetico rispetto al Caos- esprime il dualismo di questa cosmogonia), che estende su quello che sarà il pianeta terra e da cui nacquero (per partenogenesi) tutte le divinità preolimpiche e le forze dell’universo (entità riproduttiva): Montagne Pontos (il Mare) Urano (il Cielo), che avvolge e delimita Gea, generando (il cielo si stende ripetutamente sulla terra e ricaccia sistematicamente nel grembo di lei la prole-diventa sempre più grossa): o Ciclopi (“dall’occhio Il Concilio degli dei, rotondo”) (Bronte, Sterope e Arge), legati al tuono affresco di Raffaello o Centimani/Ecatonchiri, temibili per il loro vigore Sanzio del 1517-1518, o Titani e Titanidi: collocato nella Loggia di Ø Oceano (grande fiume che circonda terra) e Teti (acque Psiche della Villa dolci) sono le due incarnazioni primitive dell’acqua Farnesina a Roma primordiale, da cui nascono altre forme acquatiche presenti nel mondo (mari, laghi, fiumi…) Ø Febe e Ceo Ø Crio (il Potente) Ø Iperione (colui che si sposta al di sopra-una sorta di luce divina, che illumina il mondo) e Tea/Teia/Tia (manifestazione della luce nelle sue forme visibili e comprensibili) sono forze all’origine delle potenze luminose come Elio (Sole), Selene (Luna) e Eos (Aurora) Ø Krono/Saturno (non ha nulla a che fare con il tempo) e Rea Ø Temis (l’ordine prestabilito) Ø Mnemosine (la Memoria) Ø Giapeto (padre di Prometeo) Gea stanca della violenza di Urano, diede a suo figlio Crono un falcetto, con cui evirò il padre nel momento in cui si stava nuovamente accoppiando con la madre. Questo gesto (decisivo per l’inizio della teogonia) ebbe due conseguenze: - da un lato dai genitali di Urano caduti nel mare (non lontano dall’isola di Citera a Sud-Ovest del Peloponneso) si produsse una schiuma, da cui nacque Afrodite (αφρός=schiuma) (per un’altra genealogia è figlia di Zeus), e dal sangue, fecondando Gea portò alla nascita: o Giganti o Erinni (Aletto, Tesifone e Megera) o Ninfe Melie - dall’altro Urano viene detronizzato dal figlio, poiché perde ogni potere sul mondo, e dunque si impadronisce del suo trono Crono, il quale a sua volta si unì con sua sorella Rea, con cui generò gli dei olimpici, che tuttavia, mangiava non appena nascevano, poiché sapeva che uno di loro l’avrebbe spodestato. Rea, tuttavia, dopo aver partorito Zeus, lo nascose in un antro sull’isola di Creta e consegnò a Crono al suo posto un sasso avvolto in fasce. Zeus, in seguito, cresciuto, costrinse il padre a vomitare i suoi fratelli, lo spodestò e ristabilì un ordine, che essi riconobbero. Un ordine, che si costruì anche tramite la sconfitta dei Titani e di Tifeo, avversari e forze pure, che minacciano il ritorno del caos. Questo κόσμος è eterno e solido, poiché si basa: sulla forza pura (Zeus dispone del tuono) sull’intelligenza (Zeus ha inghiottito Metis) sulla giustizia e sulla stabilità dell’universo (si è unito anche con Temi, dea della giustizia e dell’ordine stabilito) sull’integrazione nel nuovo ordine rappresentanti del vecchio ordine come Stige ed Ecate, conservando i loro privilegi. Dunque si noti come per la prima volta le divinità olimpiche non siano solo enumerate, ma anche descritte nelle loro caratteristiche e nella loro successione cronologica e genealogica. La genealogia è uno strumento molto utile ad Esiodo, per mettere ordine e sistemare tutto il patrimonio mitologico greco. A questa cosmogonia è attribuito un valore canonico, poiché molto sviluppata rispetto ad altre, che conosciamo solo tramite frammenti e allusioni come: ü quelle che identificano la nascita del mondo a partire da un principio unico, che si sdoppia in 2 forme, una maschile e una femminile, come in Omero (dall’Acqua primordiale, rappresentata da Oceano e Teti), Museo (Tartaro (Turbine) e Notte), Epimenide di Creta (Nebbia e Notte, da cui nasce Tartaro, da cui nascono i Titani), Alcmane (da Hyle, materia indistinta, poi viene Teti, da cui nascono il Cammino e il Segno, che ordinano il caos e sono seguiti da Giorno, Luna e Oscurità), Acusilao di Argo (Caos, da cui nascono Erebo e Notte, da cui sono generati Etere, Eros e Intelligenza), le cosmogonie orfiche (riassalenti al V secolo a.C., attribuite a Orfeo, mitico pastore e cantore tracio, e testimoniate ad esempio negli Uccelli di Aristofane. Da Caos nascono Notte ed Erebo, da cui è generato un uovo infecondo, che schiudendosi generò Eros, il quale, mescolando gli elementi, generò il Cielo, l’Oceano, la Terra e gli dei olimpici) e Apollonio Rodio (nelle Argonautiche fa raccontare ad Orfeo come all’origine di tutto vi fosse un tutto indifferenziato, che la Discordia organizzò-in versi tardi il è tutto è rappresentato dalla Notte o dai suoi equivalenti, che dà origine ad un uovo cosmico detto Primogenito/Abbagliante/Intelligente, un essere doppio con 4 occhi ed ermoafrodito, che fu seguito da Notte, Cielo e poi Crono) ü da più principi come fa Ferecide di Siro: il Vivente, la Terra e il Tempo, il quale dal suo seme genera il Fuoco, l’Aria e l’Acqua. Similmente anche della sua teogonia esistono varianti come quella di Apollodoro (la vittoria di Tifeo (con aiuti esterni) è preceduta da un’iniziale sconfitta; aggiunge una Gigantomachia vinta grazie all’aiuto esterno di Eracle (nella Titanomachia di Ciclopi e Centimani), Apollonio Rodio (le lotte di Zeus sono precedute da battaglie tra Ofione e Crono) e le teogonie orfiche (Zeus prende il potere, perché inghiotte Metis/Primigenio.Poi si unisce con la madre Rea e poi con la figlia Persefone, da cui nasce Dioniso, Tortura di Prometeo, olio su reincarnazione del Primigenio, a cui tela di Salvator Rosa del cedette il suo potere) 1646-1648 circa Si narra successivamente della vicenda di Prometeo (figlio di Giapeto), che inganno più volte gli dei: - prima offrendo loro in sacrificio le ossa e il grasso di una vittima sacrificata, donando agli uomini le carni e le viscere - poi rubando loro il fuoco e restituendolo di nuovo agli uomini, che ne erano stati privati come punizione per la diseguale spartizione del sacrificio (nelle Opere e Giorni gli dei privano i mortali dei cereali, che sono la base della loro alimentazione). Dunque, fu punito da Zeus, legandolo ad una colonna e facendo dilaniare ogni giorno da un’aquila il suo fegato, che ogni notte ricresceva. Ma furono puniti gli stessi uomini attraverso il dono di Pandora, donna dotata di tutte le grazie e attrattive femminili, ma portatrice di sofferenza per mortali, che da quel momento furono posti dinanzi alla scelta di sopportare il danno di una moglie o la solitudine. Nel caso, in cui scegliessero di non sposarsi alla loro morte la loro ricchezza era destinata a essere sparita tra i loro parenti lontani, se invece Particolare di Prometeo, convolano a nozze andavano incontro a due scenari: Mercurio e Pandora, olio su tela di Luca Ferrari detto - il matrimonio con una buona e saggia donna, che Luca da Reggio del 1650- permetteva all’uomo di compensare il male con il bene 1654 - quello con una della stirpe malefica, che provocano in lui un’angoscia costante. Il dono di Pandora e della donna in senso lato è inteso da Esiodo, secondo la visione misogina tradizionale greca, come un una punizione gravissima, poiché esse sono portatrici di “opere malvagie” e sono come i fuchi esseri passivi, che sfruttano e si cibano della fatica compiuta dagli altri (vedi testo 10). Un mito quello di Prometeo, che vuole essere funzionale a spiegare l’apparizione della civiltà, come accade anche nel mito delle 5 età nelle Opere e Giorni, e che si arricchisce di valore simbolica man mano che la nozione di civiltà si irrobustisce. Ciò è evidente nella valenza del fuoco, che nel Prometeo esiodeo è più tecnica e funzionale, invece nel Prometeo Incatenato di Eschilo, simbolo del progresso e signore di tutte le arti come il calcolo, la scrittura, la navigazione, ecc… Ma che vuole anche esprimere la condizione umana, che si descrive in funzione del sacrificio cruento, che oppone gli uomini, che ne sono gli agenti, agli dei, che ne sono i destinatari, e agli animali, che ne sono le vittime. L'umanità si distingue anche per il regime alimentare che presuppone l'allevamento degli animali, l'agricoltura e l'uso del fuoco, che, esso solo, permette il consumo della carne e dei cereali. L'umanità implica infine l'esistenza del matrimonio con l'apparizione della donna che inghiotte nel suo ventre il frutto del lavoro dell'uomo, ma che gli permette anche, grazie a questo stesso ventre, di procreare. Nonostante la presenza di Prometeo e Pandora, che sono associati e posti in relazione alla creazione all’umanità, nell’opera non è presente una vera e propria antropogonia, poiché questi sono più che altro funzionali a ad illustrare la condizione umana e il rapporto tra dei e uomini. A differenza, invece, di ciò che accade nei miti orfici, in cui la teogonia sfocia direttamente nell’antropogonia. Antropogonia nei poemi orfici Una volta installato sul trono di Zeus, il figlio Dioniso, sedotto da uno specchio nel quale scopre la propria immagine e da altri meravigliosi giochi che gli danno i Titani, viene ucciso, poi smembrato e mangiato da questi. I Titani, a loro volta, sono annientati dal fulmine di Zeus, e dalle loro ceneri nascono gli uomini. Il mito rende così conto della dualità della natura umana: - criminale/negativa, in quanto discendono dai Titani che sono dei criminali - positiva, poiché hanno dentro di sé una scintilla divina e una particella di Dioniso. Ma, allo stesso tempo il mito giustifica il divieto del sacrificio: gli uomini devono rompere con la loro natura titanica astenendosi ormai da ogni delitto. Questa risulta un tipo di antropogonia non del tutto convenzionale rispetto all’immaginario greco, che fa derivare l'origine dell'umanità dalla terra: - direttamente come quando descrivono uomini che escono dal seno della Terra o che nascono dalle pietre lanciate da Deucalione, il figlio di Prometeo, e da sua moglie, Pirra, figlia di Epimeteo - indirettamente come quando immaginano un dio artigiano, come Prometeo, che plasma gli uomini con acqua e terra. Oppure quando, più vagamente, Esiodo, nel mito delle razze, racconta come le differenti razze umane sono state "fabbricate" dagli Immortali, abitanti dell'Olimpo, o da Zeus. Tuttavia, è peculiare osservare come i miti distinguono spesso tra l'origine dell'uomo e quella della donna: - Esiodo, mentre nel mito di Prometeo non dice nulla riguardo l'origine degli uomini, descrive nei dettagli la creazione della donna - nel mito di Deucalione e di Pirra distingue anch'esso nettamente tra gli uomini che nascono dalle pietre lanciate dall'uomo, Deucalione, e le donne che nascono dalle pietre lanciate dalla donna, Pirra. Segue la narrazione della Titanomachia, ovvero lo scontro tra Titani e gli olimpi guidati da Zeus, che si conclude con la vittoria per quest’ultimi, che relegarono gli avversari nel Tartaro. Zeus abbatté anche Tifeo, figlio mostruoso di Gea, e poté imporre il suo dominio sugli dei e distribuire loro onori e oneri. Si inserisce il catalogo delle unioni divine di Zeus fino al matrimonio con Era e la discendenza che da esse ne derivò. Segue il catalogo delle unioni tra Zeus e donne mortali o di queste con altri dei, da cui nacquero gli eroi. Infine l’opera si conclude con l’invocazione alle Muse, che richiama ad un’altra opera: il Catalogo delle donne/ Μεγάλαι Ἠοῖαι (Grandi Ehoiai-o come quelle che-una formula che introduce le varie storie raccontate)(risale probabilmente al Vi secolo a.C.), che tratta dell’unione tra le dei e donne mortali e la loro discendenza e che si pone in continuità con la Teogonia o n’è parte La battaglia tra gli dei e i titani, di integrante. Di quest’opera sono a noi giunti oltre Joachim Wtewael, 1600 1000 esametri attraverso scoperte di frammenti papiracei, di cui è a noi giunto per intero un poemetto di 480 esametri, che a partire dall’unione tra Zeus e Alcmena e la nascita da questi dell’eroe Eracle, si narra dello scontro tra quest’ultimo e Cicno, figlio di Ares e all’interno di questa narrazione 200 versi sono dedicati all’ ἔκϕρασις dello scudo di Eracle (ricorda quella dello scudo di Achille del canto XVIII dell’Iliade), che dà il titolo al poemetto. Tuttavia, la critica, in particolare Martin West, non ritiene la sezione finale della Teogonia autentica e ancor di più sono incerti nel farlo per il Catalogo delle donne. Tuttavia, a partire dal modus operandi del Catalogo delle donne Apollodoro, autore del I secolo a.C., struttura l'unico vero manuale di mitologia greca dell’antichità, chiamato la Biblioteca. OPERE E GIORNI È un poema convenzionalmente definito didascalico, ma sarebbe più corretto definire “sapienziale”, dal momento che più che un manuale di agricoltura volto ad impartire delle istruzioni e insegnamenti, sembrerebbe una raccolta di opinioni e norme morali tradizionalmente condivise dalla civiltà a cui Esiodo appartiene, in 882 esametri dattilici, che tratta di attività umane in campo agreste e dei giorni adattati per condurle. Nel suo Dettaglio del Mosaico romano da complesso risulta molto complessa per la Cherchell in Algeria presenza di argomenti differenti (giustizia, verità, lavoro, istruzioni per i lavori manuali) espressi in vari forme come l’excursus mitico, la favola, l’apostrofe diretta e l’elenco di istruzioni o sentenza morali. Si può suddividere l’opera in due in due grandi parti: 1) Si apre con un proemio (vv.1.10), in cui invoca le Muse, secondo la struttura degli inni cletici (di invocazione alla divinità), affinché cantino dei poteri di Zeus, dispensatore di equità e castigatore dei torti, garante dell’ordine etico del mondo, giudice severo, ma non arbitrario, che premia chi segue i suoi dettami di giustizia. Inoltre, al suo interno viene citato il destinatario narrativo dell’opera: Perse, il fratello di Esiodo, digiuno di Apollo danza con le muse, olio su tela di Baldassarre rettitudine e giustizia. Esiodo Peruzzi, 1514 e il 1523 mette in luce i due temi cardine dell’intera opera la Giustizia e la Verità (VEDI TESTO 5). Giustizia, che nella Teogonia corrisponde all’ordine instaurato dalla signoria di Zeus, invece nelle Opere e giorni intesa come istanza morale, e che è strettamente collegata al duro lavoro e senza del quale non si potrebbe raggiungere, poiché ciò che non si guadagna attraverso la fatica e il lavoro onesto è una conquista instabile e precaria, poiché presto o tardi indurrà ai castighi di Zeus. In seguito, comincia la narrazione vera e propria, in cui il poeta sottolinea come esistano due tipi di contesa (Ἔρις): una buona, l’emulazione, da intendersi come una competizione che spinge un uomo ad imitare l’altro e a volerlo superare. Ciò favorisce il lavoro e la fatica, che sono gli unici strumenti attraverso i quali l’uomo diventa giusto e onesto una cattiva, il litigio/il conflitto, che è la strada che Perse persegue nella sua lite con il fratello per l’eredità, appoggiandosi a giudici corrotti (vv.11-41) (VEDI TESTO 6-7). Poi fa alcuni cenni al mito di Prometeo, dando invece maggiore spazio al mito di Pandora, che cita nella Teogonia senza neppur fare menzione del suo nome. Come punizione al furto di Prometeo ai danni degli dei, che tenevano ben nascosto il βιος (sostentamento) agli uomini, essi inviarono a Epimeteo, una donna, Pandora, che egli stoltamente accettò, nonostante il fratello Prometeo lo sollecitò a non accettare alcun dono dagli dei, poiché sarebbe stato fonte di male per gli uomini. Di fatti così fu, in quanto la vergine casta scoperchiò il vaso che aveva con sé, disseminando tra gli uomini tutte quelle disgrazie a loro ignote come la fatica, il dolore, la malattia, la vecchia e la morte, ma lasciando sul fondo del vaso la speranza, poiché per volere di Zeus aveva posto sull’orcio il coperchio prima che uscisse. Da quel momento in poi la terra si riempì di mali e l’uomo fu costretto a procurarsi il sostentamento tramite il lavoro. Tuttavia, gli stessi nomi dei personaggi sono parlanti poiché, come lo stesso Esiodo sottolinea, Pandora è un dono, o meglio un castigo, divino (Zeus ordina a Efesto di modellare il suo corpo, ad Atena di adornarla e di insegnarle a tessere, l'attività femminile per eccellenza, ad Afrodite di renderla seducente e a Ermes di darle uno spirito impudente e un animo ingannatore) portatore e dispensatore di “πᾶv δῶρον”, ovvero di “tutti i doni”, o meglio di tutte le disgrazie; Epimeteo è "colui che riflette in ritardo" (ἐπί μηϑεύς) e agisce in maniera avvenata accettando il dono degli dei, diversamente dal fratello Prometeo che è "colui che riflette prima" di agire (πρό μηϑεύς), in quanto, ipotizzando quello che sarebbe potuto accadere, lo avverte invano (42-105) (VEDI TESTO 9). Si passa in rassegna il mito delle 5 età/stirpi dell’uomo, che si susseguono sulla terra, scomparendo ogni volta per far posto alla stirpe successiva e che sono associate a dei metalli ordinati in ordine di valore crescente (non è chiaro dal testo se gli uomini erano fatti di quel metallo o il loro pregio sta ad indicare il grado di benessere di ogni età) (eccetto la 4): l’età dell’oro, identificata col regno di Crono, in cui gli uomini, giusti per natura, vivevano come dei senza affanni e sempre giovani. Questa stirpe finisce per consunzione e con Zeus che li pone nel mondo dei beati l’età dell’argento, in cui gli uomini come eterni e stolti bambini restavano cento anni presso le madri e si rifiutavano di onorare gli dei (furono sterminati per la collera di Zeus) l’età del bronzo, in cui erano dediti soltanto alla guerra così tanto da distruggersi a vicenda e scomparire senza lasciare traccia l’età degli eroi, giusti e corretti, che, tuttavia, si concluse a causa delle guerre e battaglie e in cui viene citato il ciclo tebano e quello troiano (in un certo qual senso il tempo, in cui Omero inserisce i suoi personaggi) l’età del ferro, che corrisponde a quella in cui vive Esiodo, dove vengono meno tutti valori più importanti come l’ospitalità (ξενία- viene meno anche la condizione di Θεοξένια: il rapporto diretto tra uomini e dei), l’amicizia (φιλία), la fratellanza, la giustizia e il rispetto per gli dei e i genitori. Trionfano invece la scorrettezza, la violenza, l’ingiustizia, la cattiveria, la slealtà, l’invidia (φθόνος) e la prepotenza. Tuttavia, anche questa razza, L'età dell'oro di Lucas Cranach il Vecchio, profetizza Esiodo, verrà cancellata da Zeus, olio e tempera su legno, 1530 quando i figli nasceranno già vecchi e non assomiglieranno più ai padri (rovesciamento delle convenzioni della società umana-descrizione distopica, che si conclude l’immagine della vergona (αἰδώς) e della coscienza (νέμεσις da intendere come la consapevolezza di una forma giustizia distributiva) personificate, che coperte di veli si dirigono verso l’Olimpo) (106-201) (VEDI TESTO 11). Questa allusione del suo tempo mette in luce la visione pessimistica del mondo di Esiodo, seppur comunque egli abbia una profonda fede nella TEODICEA, ovvero nella giustizia divina e nell’ordine da loro costituito. Esiodo si interessa in effetti ai destini postumi delle diverse razze: gli uomini d'oro e d'argento diventano, dopo la loro morte, dei demoni; gli uomini di bronzo formano il popolo dei morti nell'Ade; gli eroi sono quelli ai quali le città tributano un culto. Segue la favola (αἶνος) (FOCUS ON) dello sparviero e dell’usignolo, in cui il primo, simbolo della sopraffazione e della prepotenza, avverte l’usignolo strillante e sofferente, stretto tra i suoi artigli, simbolo della sottomissione e debolezza, che non ci si può ribellare alla legge del più forte e che chi lo fa è uno stolto destinato al soccombere e dolore inevitabilmente (VEDI TESTO 12). Una morale sicuramente non confortante, che non si fa di certo portatrice di una visione ottimistica della realtà e della condizione umana. FOCUS ON: la favola La favola è un genere che trova forma letteraria molto tempo più tardi, ma che trova il suo grande presentante già in età arcaica con Esopo, personaggio leggendario molto eccentrico dalla spiccata sapienza popolare. Avvalendosi di questi exempla mitologici Esiodo invita il fratello Perse a perseguire la giustizia e a lavorare duramente, per raggiungerla e raggiungere una certa stabilità economica, poiché giungere ad una ricchezza facile attraverso gli inganni e la frode e senza fatica non dà senso alla propria vita, che diventa oziosa e inoperosa. Inoltre, esorta nuovamente i giudici a praticare la giustizia senza incorrere nella corruzione, in quanto non favorisce lo sviluppo della città, ma il suo abbruttimento. Tuttavia, è pregevole notare come Esiodo dia importanza e valorizzi il lavoro manuale in un contesto culturale, in cui la guerra sembra essere l’unica attività nobile. Probabilmente questo è sintomo di cambiamenti socio-economici, che incisero nella costruzione dei valori individuali e collettivi di quei tempi. Segue poi un calendario agricolo, in cui il poeta indica a ciascuna stagione il diverso lavoro agricolo richiesto e fornisce istruzione adeguate, affinché alla fatica corrisponda un risultato positivo. Fornisce anche dei consigli per la navigazione, evidenziano quale sia il tempo opportuno per navigare e i mezzi più adatti per questa ardua impresa ed esortando Perse alla prudenza nell’andare per mare come fece loro padre (VEDI TESTO 1). 2) Nell’ultima parte dell’opera fa un elenco dei giorni favorevoli e sfavorevoli allo svolgimento di diverse attività prevalentemente bucoliche. Ad ogni modo, questa sezione è ritenuta da molti non esiodea per lo stile differente rispetto alle parti precedenti, anche se l’unità dell’opera è garantita dai riferimenti continui al fratello e alla presenza del binomio lavoro-giustizia. Anche se nel suo complesso la trama del poema presenta sezioni slegate e autonome (legate tra loro non da nessi stringenti) come le varie digressioni mitiche e favolistiche, che fanno presuppore ai critici che l’opera si stata composta, pubblicata e inizialmente trasmessa oralmente ad un piccolo pubblico di uditori non solo locale (nel premio invoca le Muse della Pieria, altra loro sede nella Tessaglia vicino all’Olimpo), rielaborando materiale tradizionale preesistente (dalla tradizione epica-omerica la metrica e le espressioni formulari), adattandolo alla varie occasioni di esposizione e accostandolo senza eccessiva preoccupazione di coerenza interna. Tuttavia, non si piò escludere che la scrittura sia stata per Esiodo uno strumento nella composizione dell’opera o comunque i suoi poemi siano stati messi per iscritto prima della sua morte, altrimenti le tracce biografiche presenti avrebbero potuto essere cancellate da eventuali cantori successivi in quanto troppo personali. L’elemento tradizionale coesiste ad alcune innovazioni come quelle linguistiche evidente nell’uso di epiteti originali, ma anche narrative per l’introduzione dell’interlocuzione poetica, ovvero stabilisce una reazione con Perse e con un “tu” fittizio, ponendo in secondo piano i fatti e le gesta di altri personaggi (diversamente da Omero). Fama La fortuna del poeta è evidente nel fatto che in epoche successive fu oggetto di menzione, recuperi e imitazioni: - Alceo nel frammento 347 riprende, quasi trasponendo letteralmente la descrizione della canicola estiva di Opere e giorni - la sua poetica teogonia e didascalica fu un modello per i poeti ellenistici - nell’operetta anonima del II secolo d.C.: “Agone tra Omero ed Esiodo” si racconta come nei giochi funebri di Amfidamente Omero ebbe il favore popolare, ma Esiodo vinse per il contenuto dei suoi canti come la pace e la vita campestre, che si opponeva a quello della guerra cantata dal primo - Alcidamente (V-IV secolo a.C.) nel suo “Museo” esprime la medesima vicenda. Esiodo e la Musa, olio su tela di Gustave Moreau del 1826-1898

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