Terapia Dell'Osteoporosi PDF
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Brescia University
G.T, A.M. and A.M.
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These lecture notes summarize the different types of osteoporosis and their causes from a pharmacological perspective. It discusses primary, post-menopausal, senile, and secondary (related to other conditions) osteoporosis, as well as the role of exercise and diet in prevention. The notes also mention the diagnosis of osteoporosis and osteopenia with the help of bone mineral density (BMD) tests.
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Sbobinatori: G.T, A.M. Revisori: A.M., G.T. Materia: Farmacologia speciale...
Sbobinatori: G.T, A.M. Revisori: A.M., G.T. Materia: Farmacologia speciale Docente: Chiara Fiorentini Data: 04/03/2024 Lezione n°: 14 Argomenti: Terapia dell’osteoporosi La lezione di oggi riguarda i farmaci utilizzati per l’osteoporosi; la professoressa ricorda che si sta parlando ancora di malattie endocrine e neuroendocrine. OSTEOPOROSI È una malattia metabolica, sistemica e cronica che interessa lo scheletro. È molto importante soprattutto negli anziani per le ripercussioni che può avere. L’osteoporosi viene classificata in: Primaria: o Post-menopausale o di tipo I, dovuta al crollo della produzione di estrogeni e ciò rende molto difficoltosa la vita dell’osso; o Senile o di tipo II. Secondaria: Correlata ad altre condizioni patologiche, soprattutto a patologie infiammatorie, ma non solo (es. morbo di Crohn, artriti croniche, malattie della tiroide, paratiroide e delle ghiandole surrenali); o Forme iatrogene, dovute prettamente a farmaci (es. da cortisonici, antidiabetici soprattutto nelle donne, …). Esiste una popolazione più a rischio nello sviluppo di questa malattia; i fattori di rischio più importanti sono età (anziani), sesso (donne), etnia (caucasica e asiatica), costituzione (minuta) e gli stili di vita. Ad esempio, seguire stili di vita che includono l’esercizio fisico e una buona dieta a base di latticini preserva e riduce la vulnerabilità allo sviluppo di questa patologia; al contrario fumo, alcol, scarso esercizio fisico e una dieta povera di calcio ne aumentano la probabilità. Per diversi anni può rimanere clinicamente silente fino a che non si sviluppano delle fratture, che sono le tipiche manifestazioni iniziali: si verificano o in seguito a piccoli traumi o addirittura in assenza di traumi (nei casi più gravi). Le fratture che si manifestano più frequentemente interessano: Vertebre: possono essere silenti, portare a cifosi o abbassamento dell’altezza; Femore: la più frequente; Anca: a distanza di tempo può dare più problemi, ha una maggiore morbilità e mortalità; Polsi. Ad oggi per la diagnosi ci sono ormai una serie di tecniche di densitometria ossea che misurano la Bone Mineral Density (BMD). La densità minerale ossea permette di distinguere chi ha un osso ancora sano da uno che va incontro ad osteoporosi. Si va a misurare la BMD tenendo conto che tende ad aumentare con l’età per poi stabilizzarsi o ridursi con l’invecchiamento e dell’importante differenza data dal sesso. Quando si calcola la BMD, quindi, si va a misurare una differenza tra quella attesa per età e sesso e quella misurata nel soggetto. Per effettuare una diagnosi di osteopenia oppure osteoporosi conclamata si valuta il T-score, ovvero la differenza della BMD rilevata rispetto ad una popolazione di controllo. 179 L’osso osteoporotico ha una ridotta massa ossea ed è caratterizzato da alterazioni di tipo qualitativo per quanto riguarda la macro/microarchitettura e la geometria dell’osso, che di conseguenza è più fragile. Indipendentemente dalla causa che classifica diversi tipi di osteoporosi è il meccanismo patogenetico che sembra essere comune ed è definito come una “negativizzazione” del rimodellamento osseo con prevalenza del riassorbimento osseo sulla neoformazione. RIMODELLAMENTO OSSEO È un processo dinamico dell’osso per tutto l’arco della nostra vita. È una sorta di meccanismo con cui l’osso viene mantenuto sempre giovane tramite la sostituzione di micro-quantità di osso invecchiato con osso neoformato. È ottimale quando le cellule dell’osso permettono di eliminare o produrre nuovo osseo con azione coordinata, sequenziale e fisiologica. Le cellule attrici del processo sono gli osteoblasti, che producono nuovo osso, e gli osteoclasti, che risucchiano ed eliminano l’osso vecchio. Nell’invecchiamento l’azione è ancora coordinata, ma c’è un leggero squilibrio a favore del riassorbimento che è causa di perdita di massa ossea. Nell’osteoporosi c’è proprio una «negativizzazione» del rimodellamento osseo con prevalenza del riassorbimento osseo sulla neoformazione. Ci sono altre situazioni in cui questo processo non funziona in modo corretto come nelle metastasi ossee o nel mieloma multiplo in cui c’è un disaccoppiamento, con riassorbimento attivato localmente in risposta a stimoli tumorali. Nell’osso normale, questo rinnovamento di piccole aree di osso (Bone Remodelling Units, BRU) è un processo che dura 4-5 mesi, in modo tale da riformare tutto l’osso nell’arco di 10 anni. Normalmente, quindi, si attivano le cellule deputate al rinnovamento, aderiscono alla superficie ossea, riassorbono una piccola porzione di osso, arrivano gli osteoblasti che riproducono la stessa quantità di osso eliminata e permettono di concludere il ciclo di riassorbimento. Nell’osteoporosi, invece, c’è un aumentata attivazione con aumentato riassorbimento o una inadeguata neoformazione. Risulta, quindi, dalla negativizzazione, un osso con minor densità. TESSUTO OSSEO Il tessuto osseo è una forma specializzata di connettivo, costituito da: componente cellulare: osteoblasti/osteociti, osteoclasti. matrice solida: componente organica (trama di fibre collagene, glicoproteine e proteoglicani e proteine non collagene tra cui osteocalcina) ed inorganica (cristalli di sali di calcio, magnesio, sodio, fosfato). Come abbiamo detto, è un tessuto vivo (ciò è visibile soprattutto nelle prime fasi di crescita, ma continua per tutto l’arco della vita), sottoposto ad un continuo rinnovamento, completo ogni 10 anni circa (si parla infatti di rimodellamento osseo). Tutte le sue funzioni sono strettamente legate alla proliferazione e al differenziamento delle diverse popolazioni cellulari che lo compongono, osteoclasti e osteoblasti: sostegno strutturale e protezione degli organi interni e del sistema ematopoietico; funzione endocrina perché produce ormoni come FGF23 e osteocalcina. principale deposito di sali minerali: calcio (tantissimi ruoli importanti tra cui è un importantissimo mediatore nella neurotrasmissione, vescicole contenenti sostanze) e fosfato. 180 OSTEOBLASTI Sono le cellule che promuovono la formazione di nuovo osso che poi si differenziano in osteociti (componente cellulare più diffusa). Hanno una forma stellata con prolungamenti che permettono al tessuto di agire in modo sinergico. Derivano da un precursore mesenchimale pluripotente, da cui derivano anche leucociti e fibroblasti, attraverso un differenziamento che richiede: Runx-2: fattore di trascrizione che attiva geni tipici del fenotipo osteoblastico (osteocalcina, fosfatasi alcalina); altri fattori differenzianti: BMP (Bone morphogenetic proteins) e proteina Wingless (Wnt) Proteine Wingless Le proteine Wingless (Wnt proteins) sono una famiglia di proteine lipidiche importanti, secrete, che regolano lo sviluppo embrionale e il rinnovamento dei tessuti negli adulti. Funzionano come morfogeni dello sviluppo di tessuti: stabiliscono gradienti di concentrazione a lungo raggio che influenzano il destino cellulare in modo diverso, a seconda della posizione della cellula lungo il gradiente. Se hanno una regolazione aberrante della via di segnalazion, le Wnt diventano il meccanismo centrale nella biologia del cancro. Sono in grado di attivare un recettore LRP 5/6 espresso sulla membrana dei precursori degli osteoblasti. Il legame al recettore attiva un complesso e permette la fosforilazione di una b-catenina. Questa raggiunge la sequenza promotrice che permette la sintesi di geni che permettono il differenziamento degli osteoblasti. Infatti, in topi knock out che non esprimono questi recettori, non avviene il differenziamento degli osteoblasti anche se vengono indotti una serie di segnali a cui solitamente c’è una risposta osteogenica. Inoltre, mutazioni di questi recettori sono responsabili di osteoporosi giovanile. Questa cascata è fortemente regolata in modo autocrino e paracrino. Un esempio è Sclerostin, proteina prodotta dagli osteociti, la quale si comporta da antagonista fisiologico che limita l’eccessivo accrescimento dell’osso per mantenere un equilibrio. Queste molecole regolatrici diventano dei target molecolari molto importanti a livello farmacologico. OSTEOCLASTI Gli osteoclasti sono i responsabili del riassorbimento osseo: nella forma attiva e differenziata sono multinucleati polarizzati molto grandi con un orletto a spazzola in grado di «sigillare» un’area sulla superficie ossea, acidificare l’ambiente e degradare la matrice, liberando calcio e fosfato. Derivano da un precursore staminale della linea monocita/macrofagica, diversamente dagli osteoblasti. Questi ultimi hanno un importante ruolo nel differenziamento: rilasciano il M-CST (Macrophage-colony stimulating factor) ed RANKL (ligando per il recettore attivante NFkB) per la regolazione della differenziazione, maturazione e sopravvivenza degli osteoclasti. 181 Via di segnale RANKL-RANK Gli osteoblasti producono RANKL che attiva il recettore per RANK espresso sui preosteoclasti, che non sono ancora in grado di indurre il riassorbimento osseo, favorendo la formazione di complessi e di conseguenza l’osteoclasto maturo. La produzione del ligando è fondamentale per la loro attivazione. Sono in grado di liberare anche un’altra proteina che ha la funzione opposta, l’osteoprotegerina. OPG è identica al dominio extracellulare di RANK, blocca l’azione di RANKL, impedendo la possibilità di attivare i recettori. Il rapporto OPG/RANKL determina numero e funzione di osteoclasti attivi e la via finale comune di tutti i fattori locali e sistemici che stimolano il riassorbimento osseo (estrogeni, PTH, glucocorticoidi). Disfunzioni di OPG/RANKL/RANK e osso a favore di situazioni che attivano in eccesso gli osteoclasti, spiegano come mai si arriva a osteoporosi. Il danno dell’osso si può avere in tante situazioni: Menopausa: > RANKL; Glucocorticoidi: > RANKL e < OPG da osteoblasti; Iperparatiroidismo: > RANKL e < OPG; Artrite reumatoide: > RANKL da Linfociti T e sinoviciti; Infezioni parodontali: > RANKL da parte di LinfT; Metastasi osteolitiche: > RANKL/OPG nel microambiente osseo e produzione di RANKL da parte delle cellule tumorali; < OPG; Malattia di Paget: mutazione del gene che codifica x RANK; Come si evince dall’immagine, esiste un dialogo tra osteoclasti e osteoblasti con lo scopo di controllarsi reciprocamente in condizioni fisiologiche. FUNZIONI E FATTORI COINVOLTI NEL RIMODELLAMENTO OSSEO L’osso si deve rigenerare continuamente per: Adeguamento della struttura ossea alle diverse condizioni fisiologiche/patologiche e alle diverse e variabili sollecitazioni meccaniche. In questo senso sono coinvolti vari fattori tra cui: o PTH, calcitonina, vitamina D; o Steroidi gonadici e surrenalici; o Citochine e fattori di crescita autocrini. Regolazione della concentrazione ematica di calcio e fosfato. Questo equilibrio è “regolato” dal bilancio tra l’assorbimento intestinale, l’escrezione renale e la mobilizzazione di questi ioni dall’osso: o Calcio e fosfato sono implicati in funzioni cellulari essenziali; o La loro omeostasi è finemente regolata da una complessa serie di meccanismi ormonali che includono PTH, calcitonina, vitamina D; o Sono i principali costituenti minerali dell’osso che ne costituisce il più importante compartimento di riserva (85% di fosforo e 99% di calcio), solo lo 0,5% del calcio scheletrico depositato sotto forma di idrossiapatite entra nella frazione scambiabile con il liquido interstiziale e nell’osso. Quando il rimodellamento riporta a livelli omeostatici il calcio e il fosfato, i fattori coinvolti sono paratormone, vitamina D e calcitonina. 182 PARATORMONE – PTH Il paratormone è un ormone polipeptidico costituito da 84 aminoacidi, secreto dalle paratiroidi in risposta ad una diminuzione di calcio. Le funzioni del paratormone sono: Ripristinare e mantenere costanti i livelli di calcio nell’organismo, quindi viene rilasciato quando vi è una condizione di ipocalcemia e ha un meccanismo d’azione ipercalcemizzante; Modulare direttamente l’attività degli osteoblasti e degli osteociti legandosi ai recettori specifici espressi in superficie da queste due tipologie cellulari. Stimola l’espressione di RANKL e riduce i livelli di OPG in modo che l’osteoblasto sia in grado di attivare gli osteoclasti per il riassorbimento della matrice quindi l’aumento del turnover osseo. Di conseguenza modula indirettamente l’attività degli osteoclasti; Inizialmente l’effetto è osteogenico, tuttavia, a tempi prolungati diventa osteolitico (riduzione della produzione di OPG). Quindi, in situazioni di iperparatiroidismo, in cui vi è un’eccessiva secrezione di quest’ormone, si riscontrano ipercalcemia e a volte osteoporosi. L’azione del paratormone è utilizzata per la terapia dell’osteoporosi. Stimolare il riassorbimento renale di calcio e indirettamente indurre l’attivazione della vitamina D. VITAMINA D La vitamina D è un ormone steroideo liposolubile. Può essere sintetizzata a livello endogeno (90%) grazie all’effetto dei raggi UV sulla cute oppure può essere riassorbita a livello intestinale grazie alla dieta. Sono disponibili due forme di vitamina D: una di origine animale, colecalciferolo (D3) e una di origine vegetale, l’ergocalciferolo (D2). La provitamina D2 è contenuta in diversi alimenti vegetali e lieviti, quindi, viene assunta con la dieta. La provitamina D3 viene sintetizzata a livello cutaneo a partire dal 7-deidrocolesterolo per azione dei raggi UV ed ha un vantaggio rispetto all’ergocalciferolo D2 in quanto si lega con una maggiore affinità̀ alle proteine in circolo. Dopo essere stata sintetizzata deve essere attivata nell’organismo attraverso una doppia idrossilazione, la prima a livello epatico e la seconda a livello renale, formando la componente attiva, ovvero l’1,25- diidrossicalciferolo o calcitriolo. Questo si lega ad un recettore nucleare e attiva la sintesi di proteine responsabili di alcuni effetti: Aumenta l’assorbimento di calcio e fosforo a livello intestinale; A livello delle paratiroidi riduce la secrezione di PTH; Riduce l’eliminazione di calcio a livello renale (effetto secondario); Aumenta la mobilizzazione del calcio dalle ossa (effetto secondario). Livelli adeguati di vitamina D, attraverso un mantenimento di adeguati livelli della calcemia, proteggono l'organismo dalla possibile insorgenza di osteoporosi. I livelli di vitamina D, nel range ottimale, hanno un valore di 75-125 nmol/l. La riduzione di questi livelli determina una maggiore probabilità di insorgenza di osteopenia e osteoporosi determinando anche alterazioni a livello muscolare con astenia, mialgia e aumento di rischio di fratture. Inoltre, la vitamina D, oltre agli effetti calciotropici, ha anche effetti pleiotropici, come quello immunomodulatore e antiproliferativo. Mantenere i livelli ottimali di vitamina D può prevenire l’osteoporosi in termini di riduzione di massa ossea e può prevenire il rischio di frattura. CALCITONINA La calcitonina ha un effetto ipocalcemizzante, quindi si oppone all’effetto ipercalcemizzante esercitato da paratormone e vitamina D. Si tratta di un peptide di 32 aa secreto dalle cellule C della tiroide in risposta ad un aumento plasmatico di Ca2+. Ha diverse funzioni: Ridurre la concentrazione di calcio plasmatico; Inibire direttamente l’attività degli osteoclasti; Aumentare la secrezione urinaria di Ca2+ (meccanismo dose- dipendente, ma che forse nell’uomo si verifica solo a dosaggi troppo alti per cui non è il meccanismo più importante). 183 TERAPIA DELL’OSTEOPOROSI Ha lo scopo di aumentare/stabilizzare la densità minerale dell’osso e possibilmente migliorarne la citoarchitettura. Nell’osteoporosi, infatti, non c’è solo una riduzione della densità minerale ossea, ma anche una alterata microcitoarchitettura responsabile della fragilità dell’osso. Esistono due categorie di farmaci che agiscono tramite due meccanismi diversi: Possono normalizzare il rimodellamento osseo bloccando/riducendo l’attività degli osteoclasti, cioè il riassorbimento, con promozione secondaria della massa ossea (con funzione anti-catabolica). Possono agire sugli osteoblasti inducendo un aumento diretto della massa ossea (con funzione anabolica). Gli effetti di una terapia con farmaci osteoporotici compaiono in genere nell’arco di 1-3 anni, mentre i marker sierici (aumento fosfatasi alcalina, …) e urinaria di riassorbimento e neoformazione sono i primi a modificarsi (3-6 mesi di terapia). A seconda della categoria/per alcuni di farmaci potrebbe essere necessario interrompere/cambiare la terapia dopo un certo lasso di tempo. TERAPIA NON FARMACOLOGICA Prima di analizzare la terapia farmacologica, si ricorda che esistono anche una serie di approcci non farmacologici. Gli stili di vita sono importanti. Fumo e alcol impattano sull’attività di osteoblasti (riducendola) e osteoclasti (aumentandola) ed è importante implementare l’esercizio fisico poiché le cellule mesenchimali/precursori degli osteoblasti sono sensibili alle stimolazioni meccaniche (hanno una sorta di meccanocettori) che portano ad alterazioni molecolari che a loro volta portano all’aumento della produzione degli osteoblasti. Calcio e vitamina D sono usati in combinazione, per la prevenzione, e in associazione ai singoli farmaci per il trattamento dell’osteoporosi che, bloccando gli osteoclasti, causano ipocalcemia (perché si viene a bloccare un meccanismo che normalmente l’organismo utilizza per preservare i livelli di calcio). Ci sono alcuni farmaci che vengono direttamente venduti in combinazione con la vitamina D. Esistono svariati integratori di calcio, ma quello introdotto con la dieta (presente nei latticini, formaggi fermentati, nei vegetali come le biete, …) viene ovviamente assorbito molto meglio. Gli integratori in forma di carbonato di calcio o citrato di calcio spesso associati a vitamina D possono infatti causare stipsi, gonfiore addominale, meteorismo e nefrolitiasi. TERAPIA FARMACOLOGICA I farmaci veri e propri per l’osteoporosi vengono distinti in anti-riassorbitivi e anabolici. Gli anti-riassorbitivi sono quelli che, come meccanismo principale/diretto, bloccano l’attività degli osteoclasti. Viceversa, gli anabolici sono quelli che attivano gli osteoblasti. La maggior parte sono gli anti-riassorbitivi tra cui i più importanti sono: Bisfosfonati, ad ampio spettro, i più utilizzati nel trattamento di tutti i tipi di osteoporosi. Farmaci che ristabiliscono un normale assetto estrogenico, soprattutto nelle donne in menopausa. La terapia ormonale sostitutiva non rappresenta una terapia/strategia importante per l’osteoporosi, ma si fa solo in presenza di anche di altri sintomi importanti. SERM (Selective Estrogen Receptor Modulator), molto più importanti degli estrogeni. Farmaci monoclonali come Denosumab (anti-RANKL), entrato in commercio nel 2011, e Romosozumab, più recente (2019), che ha la peculiarità di avere un duplice effetto, cioè sia anti- riassorbitivo che anabolico. Gli unici farmaci anabolici veri e propri sono gli analoghi del PTH, cioè Teriparatide e Abaloparatide. 184 L’ultimo anticorpo monoclonale (Romosozumab) messo in commercio ha una duplice azione sia anti- riassorbitiva che anabolica. I Sali di stronzio erano sia anti-riassorbitivi che anabolici, ma dal 2004 progressivamente hanno avuto problemi e quindi sono stati tolti dal commercio. Sono tutti efficaci nell’aumentare la massa ossea, ma solo pochi sono in grado di migliorare dal punto di vista qualitativo l’osso neoformato e questo è un aspetto molto importante per la resistenza dell’osso nei confronti degli urti. La calcitonina, i sali di fluoro e gli steroidi anabolizzanti non sono più utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi. Un altro tentativo è stato fatto con gli inibitori della catepsina K, ma la sperimentazione è stata interrotta per via di una serie di effetti collaterali importanti. Viene mostrata una tabella del 2019 dell’EMA in cui, non essendo aggiornata, non è presente l’ultimo anticorpo entrato in commercio (Romosozumab). Si mette in risalto che i bifosfonati sono i farmaci di prima linea utilizzati in tutte le forme di osteoporosi e se si va a guardare quale è la loro attività si vede che sono efficaci su tutti i tipi di fratture: vertebrali, non vertebrali, dell’anca. Tutti gli altri farmaci hanno un effetto limitato e prevengono solo una parte di tipologia di fratture. Un altro aspetto da mettere in risalto è che tutte le classi aumentano la densità minerale ossea e riducono i marker di riassorbimento, ma solo una classe (i farmaci del paratormone) è in grado anche di migliorare la microarchitettura dell’osso. BISFOSFONATI Sono la classe di farmaci più efficace per la prevenzione e per la cura delle diverse forme di osteoporosi: riducono il rischio di fratture in modo generalizzato. Possono essere utilizzati sequenzialmente, dopo terapie con SERM o denosumab (i quali ad un certo punto devono essere sospesi). Si tratta di analoghi sintetici del pirofosfato inorganico (P-O-P aventi al posto dell’ossigeno un carbonio), non idrolizzabili in ambiente acido o dalle pirofosfatasi (in quanto metabolicamente stabili proprio grazie alla presenza del carbonio). Presentano elevata affinità per gli ioni calcio, conferendo selettività per l’osso e i siti di rimodellamento; vengono incorporati nell’osso dove possono permanere per anni, agendo nel momento in cui gli osteoclasti si attivano. Vengono classificati in: Bisfosfonati di prima generazione: internalizzati e metabolizzati in un analogo non idrolizzabile dell’ATP (anche definiti: non aminobisfosfonati). Bisfosfonati di seconda generazione: interferiscono con la via del mevalonato* e con la prenilazione di proteine citoscheletriche necessarie per la funzionalità dell’osteoclasto. Questi hanno una potenza di inibizione di riassorbimento osseo molto maggiore rispetto a quelli di prima generazione, che pertanto non vengono più utilizzati (anche definiti: aminobisfosfonati). 185 *La via biosintetica del mevalonato permette di produrre il colesterolo e tutta un’altra serie di fattori che per l’osteoclasto risultano essere di fondamentale importanza, sia per l’attivazione, che per la formazione della propria struttura. L’inibizione di questa via porta l’osteoclasto ad apoptosi. Su questa stessa via, più a monte, agiscono anche le statine, non presentando però effetto sull’osso. Alla dose terapeutica raggiungono concentrazioni efficaci esclusivamente nel fegato. Farmacocinetica: dopo la somministrazione orale hanno bassissima biodisponibilità (solo l’1-5% viene assorbito), con assorbimento fortemente compromesso dalla presenza di cibi contenenti calcio, ferro o altri ioni polivalenti che chelano i bifosfonati. Hanno una brevissima emivita plasmatica (2 ore), tuttavia si concentrano nell’osso (25-50%) dove permangono per anni: presentano effetti terapeutici anche alla sospensione. Essendo così idrosolubili non vengono metabolizzati e sono, quindi, eliminati per via urinaria. Il turnover è strettamente correlato al turnover dell’osso: l’emivita media di eliminazione è di circa 10 anni. Le vie di somministrazione includono quella orale (giornaliera, settimanale o mensile) e ev (inandronato e acido zolendronico). Per quanto riguarda la durata, secondo le ultime linee guida, sarebbe preferibile sospendere la terapia dopo 5 anni (3 per zelandronato), facendo una rivalutazione, ed eventualmente ricominciando la terapia più avanti. Effetti collaterali sono ben tollerati; frequenti effetti di tipo gastro-intestinale (soprattutto per quanto riguarda la via orale): esofagiti, irritazioni gastriche e gastriti (assumere il farmaco con abbondanti quantità di acqua del rubinetto (che non contenga quindi altri elementi) ed in posizione eretta, da mantenere per almeno 30 minuti, dopo una notte a digiuno; senza assumere altro eccetto l’acqua per 30-60 min; osteonecrosi della mandibola/mascella: più raro, soprattutto via ev, ed in pazienti sottoposti a cure odontoiatriche (la terapia con questi farmaci va ad alterare il rimodellamento osseo che è coinvolto nella riparazione di microferite, che avremo più frequentemente in caso di cure odontoiatriche); dolore severo, disabilitante, a livello osseo/articolare/muscolare; sindromi acute simil-influenzali (soprattutto se via ev); possono dare ipocalcemia (supplementi di calcio e vitamina D); eccessiva mineralizzazione: può portare ad una riduzione della naturale elasticità dell’osso (aumento del numero fratture atipiche del femore, subtrocanteriche o diafisarie) («vacanza terapeutica» dopo 3-5 anni di terapia). Questo estratto è stato preso da uno studio selettivo sull’Alendronato, uno di questi bisfosfonati di seconda generazione, che mette in rilievo la problematica di queste fratture atipiche, in genere bilaterali. Alcuni pazienti manifestano dolore alla coscia, all’anca, o all’inguine: questo è un segnale da indagare per ricercare possibili fratture. Principali bisfosfonati utilizzati in terapia - Alendronato: per via orale (giornalmente, in associazione a vitamina D); - Risedronato: per via orale (settimanalmente); - Ibandronato: via orale (mensilmente) o endovena (osteoporosi, metastasi ossee da tumore della mammella e ipercalcemia maligna); 186 - Zoledronato: più potente bisfofonato disponibile in commercio; per via endovenosa, è approvato per terapia delle metastasi ossee (5 mg/ anno, ev), dal 2008 per osteoporosi postmenopausale e dal 2012 per osteoporosi senile. ESTROGENI, TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA (TOS), SERM L’osteoporosi è sicuramente una malattia dell’anziano e che interessa prevalentemente la donna, perché gli estrogeni (come anche il testosterone) sono protettivi nei confronti dell’osso (modulano l’attività degli osteoclasti); quindi, il crollo di estrogeni durante la menopausa induce problemi alla donna. Osteoblasti e osteoclasti di ambo i sessi esprimono recettori per estrogeni e per androgeni con effetti anti- apoptotici su osteoblasti e osteociti e modulatori sull'attività osteoclastica. GLI ESTROGENI Aumentano i livelli di OPG, con riduzione dell'osteoclastogenesi (bloccano il reclutamento osteoclastico). Riducono la produzione di citochine pro-infiammatorie, che indirettamente stimolerebbero il riassorbimento. Diminuiscono la sensibilità scheletrica all'azione osteolitica del PTH. Aumentano il numero dei recettori per la calcitonina con effetto anti-osteolitico. Stimolano il rilascio di IGF1, fattore di crescita prodotto dal fegato in grado di agire a livello sistemico stimolando, a livello osseo, il turnover anabolico. Riducono lo stress ossidativo. TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA (TOS) La TOS non viene effettuata per l’osteoporosi, la quale è una manifestazione abbastanza tardiva della menopausa; dà però dei benefici se viene intrapresa precocemente (per trattare quindi i primi sintomi della menopausa, che non includono sicuramente l’osteoporosi), a dosi basse e per 5-10 anni. Effetti collaterali rischio di ipertensione arteriosa, eventi trombo-flebitici; se fatta non correttamente, aumento rischio cancro della mammella e all’endometrio; quando interrotta può comportare una nuova accelerazione della rarefazione ossea; l’utilizzo della TOS per la prevenzione e cura dell’osteoporosi in menopausa è da valutare con attenzione. Recettori per gli estrogeni: Si trovano anche a livello dell’osso, e sono recettori di tipo ER beta intracitoplasmatici, i quali sono complessati da proteine che mantengono inattivo il recettore. Con l’arrivo dell’estradiolo si ha il distacco delle due proteine, successivamente al legame ligando-recettore si ha dimerizzazione e una variazione conformazionale che consente l’ingresso nel nucleo, dove il complesso ligando- recettore andrà a legarsi a livello di sequenze responsive agli estrogeni, con conseguente sintesi di proteine estrogeno dipendenti. ER alfa: mammella, utero, vagina. ER beta: SNC, prostata, sistema cardiovascolare, immunitario, gastroenterico, rene, polmone, fegato e osso. 187 MODULATORI SELETTIVI DEI RECETTORI ESTROGENICI (SERM) (tamoxifene, raloxifene, bazedoxifene) Sono dei farmaci sintetici che agiscono da agonisti o da antagonisti dei recettori per gli estrogeni in modo tessuto-specifico. Il primo farmaco messo in commercio in grado di avere questa duplice attività tessuto- specifica è stato il tamoxifene, inizialmente sviluppato come farmaco anti-estrogeni per il tumore alla mammella. SERM più specifici per l’osteoporosi sono: tamoxifene citrato e toremifene (tumore della mammella), raloxifene cloridrato e bazedoxifene (osteoporosi). Meccanismo d’azione: bloccano competitivamente il legame dell’estradiolo inducono piccole modifiche conformazionali che a seconda del tessuto sono in grado di reclutare fattori che attivano o inibiscono la trascrizione TAMOXIFENE (1998, FDA) È un antagonista nella mammella, agonista nel tessuto osseo e nell’endometrio (ER alfa). Farmacocinetica: viene somministrato per via orale, metabolizzato da diversi CYP (induttore) con metaboliti ancora attivi. Effetti collaterali: aumenta il rischio di tumore dell’utero e di trombosi venose ed embolie polmonari. RALOXIFENE (2007), BAZEDOXIFENE (2009) Sono agonisti nell’osso, approvati per il trattamento dell'osteoporosi post-menopausale con comprovati effetti di riduzione del rimodellamento osseo ed aumento/mantenimento della massa ossea. Riducono il rischio di fratture vertebrali, ma non il rischio di fratture dell’anca o non vertebrali. Sono indicati per pazienti relativamente giovani, il cui rischio di fratture è principalmente vertebrale e il rischio di trombosi venosa profonda è minimo. Riducono, inoltre, i livelli di LDL, e sono anti-proliferativi su tessuti estrogeno-dipendenti come mammella ed utero. Effetti collaterali: non alleviano i sintomi vasomotori, permangono i crampi, e il rischio trombotico può infatti indurre trombosi venosa profonda (TVP). Con l’invecchiamento: aumenta il rischio di fratture non vertebrali e dell'anca, è quindi conveniente sostituirlo con un altro farmaco, tenendo presente che l'interruzione della terapia con SERM è associata ad un aumento del rimodellamento con perdita ossea. ANALOGHI DEL PARATORMONE (PTH) Sono gli unici farmaci veramente anabolici per l’osso, e sono stati approvati per il trattamento di osteoporosi di grado severo con alto rischio di fratture. Meccanismo d’azione: questi due farmaci legano e attivano il recettore per il PTH, espresso sugli osteoblasti, stimolando l’osteoblastogenesi e riducendo i fenomeni di apoptosi; pur inducendo produzione di RANKL, l’effetto netto è di aumento della massa ossea, con miglioramento della sua citoarchitettura. Come il paratormone sono in grado di stimolare sia la neoformazione sia il riassorbimento osseo: se somministrati a basse dosi in modo intermittente per un arco limitato di tempo la neoformazione prevale sul 188 riassorbimento osseo. Tuttavia, il PTH in cronico è osteolitico e, quindi, questi farmaci possono essere utilizzati per non più di 2 anni («finestra anabolica del PTH»); l’interruzione del trattamento accelera la perdita ossea, che si instaura molto velocemente. Effetti collaterali: possono indurre ipercalcemia, nefrolitiasi, reazioni nel sito di iniezione, crampi muscolari, cefalea, vertigini, nausea. Per quanto riguarda il Teriparatide: avvertenze per possibile sviluppo di osteosarcoma (ma non ci sono dati post-marketing di associazione farmaco/tumore). TERIPARATIDE (2003) È una molecola ormai in commercio da una ventina d’anni, frammento sintetico del PTH umano, di 34 aa. Si tratta del farmaco più classico, esso attiva i recettori per il PTH presenti sugli osteoclasti (c’è un aumento dell’AMP ciclico che permette di favorire l’attivazione di geni che promuovono l’osteoclastogenesi). Farmacocinetica: a basse dosi (20-100μg/die), per iniezione sottocutanea nella coscia o nella parete addominale, una volta al giorno. Presenta un’emivita di circa un’ora. ABALOPARATIDE (2017) È una molecola più recente, analogo sintetico del PTHrP (PTH-related protein), di 34 aa. Il PTHrP è una molecola che, a differenza del paratormone (che è un’ormone che va in circolo), presenta un’azione più locale (autocrina\paracrina) e si trova in tantissimi tessuti con funzioni importanti per il differenziamento (alti livelli in gravidanza e allattamento). Inoltre, si rileva in maniera importante quando sono presenti tumori maligni, associati ad ipercalcemia. Farmacocinetica: la somministrazione avviene per via sottocutanea, il farmaco presenta un’emivita di 1,7 ore. L’Abaloparatide presenta lo stesso meccanismo d’azione del Teriparatide, ma è in grado di attivare una conformazione diversa del medesimo recettore. L’abaloparatide attiva l’AMP ciclico con tempistiche differenti: ha una finestra anabolica più lunga del Teriparatide, il che rende ancor più positivo il rapporto tra neoformazione e riassorbimento. In particolare, l’Abaloparatide ha un’affinità maggiore per la conformazione del recettore per il PTH, in osteociti e in osteoblasti, associata a proteina G di tipo stimolatoria, che induce una transiente attivazione dell’adenilato ciclasi, che porta ad un aumento della produzione di cAMP (a cui corrisponde un rapporto anabolico/catabolico a favore dell’anabolismo, con conseguente produzione di osso per attivazione degli osteoblasti). Invece, il Teriparatide attiva vie intracellulari, che permettono un aumento di cAMP a cui corrisponde un rapporto anabolico/catabolico meno a favore dell’anabolismo. 189 DENOSUMAB (2010, EU; 2011, FDA) Si tratta di un anticorpo monoclonale anti-RANKL, è stato approvato per il trattamento dell’osteoporosi post- menopausale, per il trattamento della perdita ossea associata a terapia ormonale ablativa in uomini con cancro della prostata ad aumentato rischio di fratture, e per l’osteoporosi da corticosteroidi. Farmacocinetica: la somministrazione avviene per via sottocutanea, ogni sei mesi con supplementazione di calcio/vitamina D. Induce un aumento della massa minerale ossea a livello vertebrale, dell’anca, e delle ossa non vertebrali; diminuisce i marker di turnover osseo con significativa riduzione del rischio di fratture. Meccanismo d’azione: questo anticorpo non fa altro che mimare quello che fisiologicamente effettua l’OPG a livello di tutto lo scheletro, ossia impedire a RANKL di legare i propri recettori, favorendo il differenziamento, la funzionalità e la sopravvivenza degli osteoclasti. L’interruzione della terapia induce un aumento significativo del tumore osseo, aumentando in modo considerevole anche il rischio di fratture, soprattutto a livello vertebrale. Questo è probabilmente legato ad uno «sleeping pool» di precursori osteoclastici che si attiva all’aumento del rapporto RANKL/OPG dopo la sospensione del farmaco. Effetti collaterali: dolori muscolo-scheletrici ed ipocalcemia transitoria; raramente, osteonecrosi della mascella e fratture atipiche; infezioni delle vie urinarie e respiratorie superiori per coinvolgimento di RANKL nella regolazione della risposta immunitaria; in linea teorica potrebbe interferire con la risposta immunitaria e aumentare il rischio di infezioni. Al momento le evidenze in proposito sono scarse e il farmaco viene ritenuto sufficientemente sicuro. ROMOSOZUMAB (2019) Si tratta, anche in questo caso, di un anticorpo monoclonale diretto che blocca sclerostin. È stato approvato per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale nelle pazienti con elevato rischi di frattura, che non tollerano altri farmaci o nelle quali altri farmaci non hanno avuto successo. Si tratta, quindi, di un farmaco di seconda linea. Si rivela efficace soprattutto nel ridurre il rischio di fratture vertebrali, con effetti particolarmente rapidi nei primi mesi di trattamento. Con l’interruzione del trattamento si verifica un ritorno ai parametri ossei iniziali. Meccanismo d’azione: Romosozumab lega sclerostin, il quale è un inibitore fisiologico della segnalazione della via Wnt, prodotto quasi esclusivamente dagli osteociti in circolazione. Ciò impedisce il legame di sclerostin con i suoi recettori a cui pertanto si potrà legare Wnt. Questo porta all’attivazione della via di segnalazione Wnt, che alla fine induce alla differenziazione, alla proliferazione e alla sopravvivenza degli osteoblasti e, quindi, all’aumento della formazione ossea. Il farmaco ha quindi una funzione: Anabolica, favorisce il deposito di matrice ossea da parte degli osteoblasti. Anti-riassorbitiva, inibisce l’attivazione degli osteoclasti. Farmacocinetica: viene somministrato mediante iniezione sottocutanea una volta al mese. Effetti collaterali: sono stati segnalati artralgia, mal di schiena, cefalea e reazioni nel sito di iniezione; sono state riportate alcune segnalazioni di effetti avversi cardiovascolari gravi (soprattutto negli Stati Uniti), tuttavia, non ci sono ancora dati conclusivi. 190 CALCITONINA Fino a qualche anno fa rientrava nei farmaci dell’osteoporosi, oggi non più utilizzata. Veniva estratta dai pesci (salmone o anguilla) in quanto più potente dell’umana nell’inibire l’attività degli osteoclasti e nell’aumentare in modo modesto la densità ossea. L’aspetto positivo di questo farmaco era la sua azione analgesica. Farmacocinetica: somministrata intramuscolo, per via sottocutanea o mediante uno spray nasale (ritirata dal commercio). Effetti collaterali: induce manifestazioni allergiche locali o sistemiche fino allo shock anafilattico, nausea, vomito e diarrea. Inoltre, aumenta notevolmente il rischio di tumori: questo è il motivo per cui sono state introdotte delle limitazioni all’uso. RANELATO DI STRONZIO (2004) Si tratta di un sale divalente composto dell’acido ranelico, avente un’elevata affinità per il tessuto osseo. Costituito da due atomi di stronzio (catione bivalente simile al calcio) e da acido ranelico (privo di attività farmacologica, è carrier e conferisce palatabilità alla formulazione). Farmacocinetica: somministrazione per via orale, con assorbimento ridotto dal cibo soprattutto latticini. L’assunzione deve essere effettuata alla sera a distanza di 2 ore dal pasto (cibo e latte riducono la biodisponibilità del 60-70%). Si tratta di una terapia cronica in associazione con vitamina D e calcio. Non viene metabolizzato dal fegato. Meccanismo di azione: presenta una duplice attività: Inibizione dell’attività degli osteoclasti per la riduzione della produzione di RANKL. Attiva diversi recettori tra cui il canale per il Ca++ presente sia sugli osteoblasti che sugli osteoclasti. Sui primi induce un aumento della loro sopravvivenza, sui secondi invece l’apoptosi. Effetti collaterali: presenta numerose reazioni avverse, tra cui rare ma gravi reazioni cutanee da ipersensibilità e casi di cardiopatia ischemica ed ipertensione arteriosa. Questi sono i motivi per cui questo farmaco è stato ritirato dal commercio. ODANACATIB Si tratta di una molecola che sembrava essere davvero promettente: è un inibitore selettivo per la catepsina K, la quale è una cistein-proteasi prodotta dall’osteoclasto, molto importante per il riassorbimento osseo (promuove la degradazione delle proteine della matrice come il collagene e l'elastina). Durante la sperimentazione di questo farmaco si cercava di trovare una strategia che fosse in grado non tanto di uccidere gli osteoclasti, ma di inibirne solo la funzione, in particolare di questo singolo enzima. Gli studi di fase 3 sono stati interrotti perché, dopo un po’ di tempo, sono emerse reazioni avverse tali per cui il rischio\beneficio risultava essere sproporzionato. Effetti collaterali: problematiche cardiovascolari 191