Summary

Questo documento fornisce una panoramica sulle centrali idroelettriche, discutendo il ciclo dell'acqua e i principi di conversione dell'energia idraulica in energia elettrica. Esso tratta anche l'evoluzione storica dell'utilizzo dell'energia idraulica, dai mulini romani alle turbine moderne.

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Le centrali idroelettriche Il ciclo dell’acqua, determinato dall’evaporazione dell’acqua terrestre, dalla formazione di nubi e...

Le centrali idroelettriche Il ciclo dell’acqua, determinato dall’evaporazione dell’acqua terrestre, dalla formazione di nubi e dalle conseguenti precipitazioni piovose, mette a disposizione dell’uomo una straordinaria fonte energetica rinnovabile, la seconda dopo le biomasse. Alla sua origine c’è il Sole, le cui radiazioni provocano l’evaporazione. Pur calcolando che solo lo 0,33% dell’energia solare ricevuta dalla Terra si traduca in precipitazioni atmosferiche, si tratta comunque di una cospicua quantità di energia. Nell’acqua sono presenti due tipi di energia: potenziale e cinetica. Energia potenziale: più alto è il salto, ovvero la distanza tra il punto di inizio della caduta e il punto di arrivo, maggiore è l’energia che l’acqua, cadendo, rilascia; quindi più l’acqua si trova in alto rispetto al punto di arrivo e maggiore è l’energia che potenzialmente l’acqua può sviluppare. L’energia cinetica dell’acqua è l’energia posseduta da una massa di acqua in movimento e corrisponde quindi all’energia contenuta nell’acqua dei fiumi, dei torrenti e del mare; dipende dalla velocità e dalla massa dell’acqua in movimento. Le centrali idroelettriche Già Greci e Romani usavano mulini ad acqua per macinare il grano. A Barbegal, in Francia, nei pressi di Arles, importante porto che riforniva Roma di grano, sono stati trovati mulini idraulici a otto ruote che sfruttavano contemporaneamente lo stesso corso d’acqua (310 d.C.) In Europa, però, lo sfruttamento dell’energia idraulica per ricavare lavoro meccanico si sarebbe massicciamente diffuso solo nei secoli XII e XIII. Il principale utilizzo riguardava il settore agricolo e quindi la macinazione, mediante mulini ad acqua, di granaglie, ma anche olive, sale e altri minerali. Seppure molto meno diffusi dei mulini, tra il Cinquecento e il Seicento, sono stati realizzati altri macchinari alimentati dalla corrente dei ruscelli. Uno dei più prolifici inventori di queste macchine fu proprio Leonardo da Vinci Sempre nel Medioevo, trovò grande diffusione anche la ruota ad acqua inventata dai greci: una specie di mulino che serviva per sollevare l’acqua e fu utilizzato per la bonifica dei terreni paludosi, l’irrigazione e nell’attività mineraria. Barbegal (Arles).​.​ Le centrali idroelettriche La ruota idraulica, corredata di albero a camme, permise, inoltre, di riprodurre un movimento verticale discontinuo, come quello del martello. Essa fu così utilizzata per stampare tessuti e azionare mantici che servirono a sviluppare maggiormente l’attività metallurgica Un progresso tecnico di enorme portata si è avuto in seguito all’evoluzione della ruota idraulica nella turbina, cioè in un apparecchio capace di trasformare l’energia meccanica in energia elettrica. La nascita della turbina idraulica risale alla fine dell’Ottocento. Da allora questa tecnologia è stata ulteriormente perfezionata e oggi il rendimento complessivo degli impianti più moderni supera l’80%. Una ruota a pale idraulica utilizzata dai Romani nelle miniere di Rio Tinto in Spagna..​ Le centrali idroelettriche Il principio su cui si basano le centrali idroelettriche è quello di trasformare l’energia potenziale di una massa di acqua in quiete e/o l’energia cinetica di una corrente di acqua in energia meccanica e successivamente trasformare questa energia meccanica in energia elettrica. Gli impianti idroelettrici si suddividono in grandi impianti idroelettrici (o più semplicemente idroelettrici) ed in impianti idroelettrici minori (o mini-idroelettrici); la suddivisione avviene in base alla potenza installata nell’impianto e si può assumere come valore di soglia la potenza di 10 MW (in Italia si parla di idroelettrico minore fino al limite di 3 MW). Le centrali idroelettriche Impianti a deflusso regolato Questi sono impianti a bacino idrico naturale (laghi) o artificiale (come nel caso di molti serbatoi) e a volte sono bacini naturali nei quali si aumenta la capienza con sbarramenti (in molti casi gli sbarramenti consistono in dighe alte molte decine di metri). In tali impianti si può anche modificare il regime delle Itaipu, diga situata sul fiume Paraná, al portate utilizzate dalla centrale. Sono ad oggi gli confine tra Paraguay e Brasile impianti idroelettrici più potenti e più sfruttati, hanno però un notevole impatto ambientale. Possono essere usati come "accumulatori" di energia da utilizzare nelle ore di punta pompando acqua da valle a monte nelle ore notturne. Le centrali idroelettriche Impianti a deflusso regolato Impianti a deflusso regolato Il serbatoio di accumulo presenta durante l’anno una fase di ricarica durante la quale le portate in arrivo al lago artificiale superano le portate uscenti costituite dall’acqua destinata ad essere mandata alle turbine più il deflusso minimo ecologico immesso direttamente nel corso d’acqua a valle. La ricarica è alimentata dallo scioglimento primaverile del manto nevoso depositatosi in inverno. Impianti a deflusso regolato In base al grado di regolazione del serbatoio che dipende dal volume d’acqua immagazzinato, si possono suddividere gli impianti ad accumulo in impianti a regolazione parziale, a regolazione totale: un impianto a regolazione parziale possiede un serbatoio di medie dimensioni che gli consente di regolare la produzione di energia in relazione alle variazioni di carico idraulico giornaliere e settimanali; gli impianti a regolazione totale sono dotati di un invaso di grandi dimensioni che consentono di assecondare la disponibilità d’acqua durante tutto l’anno, in favore della richiesta di produzione e quindi del consumo di energia. Impianti ad acqua fluente Questi impianti non dispongono di alcuna capacità di regolazione degli afflussi, per cui la portata sfruttata coincide con quella disponibile nel corso d’acqua (a meno di una quota detta deflusso minimo vitale, necessaria per salvaguardare l’ecosistema); quindi la turbina produce energia con modi e tempi totalmente dipendenti dalla disponibilità del corso d’acqua. traversa situata sul fiume Brenta nei pressi di Valstagna Impianti ad acqua fluente La potenza è funzione del salto e della portata d’acqua istantaneamente disponibile transitante in alveo, che può variare di un ordine di grandezza da una settimana all’altra. L’impossibilità di poter fare accumulo della risorsa idrica comporta una produzione maggiore durante i periodi primaverili e una forte diminuzione nei periodi di magra. Questi impianti lavorano con una portata d’acqua variabile durante tutto l’anno; per questo motivo possono fornire un servizio di base e non di punta. Inoltre, siccome la traversa preleva acqua direttamente sul torrente, questa tipologia d’impianto è suscettibile al trasporto solido presente nelle acque torrentizie. Le centrali idroelettriche Un impianto idroelettrico a deflusso regolato è composto, in genere, da sei elementi: 1. un sistema di raccolta dell’acqua 2. una conduttura forzata 3. una turbina che trasforma l’energia potenziale in energia meccanica 4. un generatore che converte l’energia meccanica in elettrica 5. un sistema di controllo e regolazione della portata dell’acqua 6. un insieme di opere di restituzione dell’acqua al suo corso naturale, senza che essa abbia subito alcuna trasformazione chimico-fisica. Schema di centrale idroelettrica salto utile lordo: è il dislivello fra il pelo d’acqua salto utile netto (o salto motore): è quella parte del nella vasca di carico (o nel pozzo piezometrico) e salto utile lordo che viene effettivamente utilizzata dai il pelo d’acqua nel canale di restituzione motori idraulici; è pertanto la differenza fra il carico immediatamente a valle dei motori idraulici. totale della corrente all’entrata e il carico totale della corrente all’uscita della turbina. Il sistema di raccolta è costituito principalmente da un’opera di sbarramento o diga. Gli sfioratori di superficie e lo scarico di fondo garantiscono comunque una gestione controllata dell’acqua invasata. In base alle caratteristiche del luogo dove viene realizzato lo sbarramento, vi sono diverse tipologie di traverse (sbarramenti di piccola entità) o dighe. Una volta raccolta, l’acqua viene convogliata in una turbina attraverso condutture forzate. Queste ultime sono le tubazioni che partono dal luogo in cui è stata raccolta l’acqua e che portano l’acqua alla centrale dove si produce l’energia elettrica; sono fortemente inclinate e sono costituite da tubazioni in lamiera di acciaio a sezione circolare (hanno anche delle valvole in testa ed al piede che permettono di chiudere il passaggio all’acqua). Bacino idrico con diga, sfioratori, opere di presa sul fondo della diga Il sistema di raccolta è costituito principalmente da un’opera di sbarramento o diga. Gli sfioratori di superficie e lo scarico di fondo garantiscono comunque una gestione controllata dell’acqua invasata. In base alle caratteristiche del luogo dove viene realizzato lo sbarramento, vi sono diverse tipologie di traverse (sbarramenti di piccola entità) o dighe. Una volta raccolta, l’acqua viene convogliata in una turbina attraverso condutture forzate. Queste ultime sono le tubazioni che partono dal luogo in cui è stata raccolta l’acqua e che portano l’acqua alla centrale dove si produce l’energia elettrica; sono fortemente inclinate e sono costituite da tubazioni in lamiera di acciaio a sezione circolare (hanno anche delle valvole in testa ed al piede che permettono di chiudere il passaggio all’acqua). Bacino idrico con diga, sfioratori, condotte forzate ad elevata pendenza Le variabili che determinano la capacità della turbina sono il salto utile e la portata. Il salto utile è il dislivello tra la quota a cui si trova l’acqua prima di entrare nel sistema di raccolta e quella dello scarico. Il salto utile è generalmente variabile, specialmente negli impianti fluviali e in quelli alimentati da serbatoi soggetti a forti escursioni di livello. Se l’escursione del livello nel serbatoio è inferiore al 10% del valore medio del salto, è lecito introdurre nei calcoli un salto utile medio. La portata, invece, è il volume, misurato in metri cubi, dell’acqua che transita attraverso una sezione in un secondo. portata massima derivabile (in m3/s): è la portata complessivamente erogabile attraverso l’insieme dei motori idraulici della centrale che possono funzionare contemporaneamente ed alla quale sono commisurate le gallerie in pressione, le condotte forzate e il canale di restituzione. deflusso utilizzabile (o derivabile) in un dato intervallo di tempo T: è la quantità di acqua, espressa in m3, che può essere utilizzata (o derivata) durante l’intervallo di tempo considerato, senza compromettere il suo equilibrio ecologico. portata media utilizzabile (o derivabile) in un dato intervallo di tempo T: è il rapporto fra il deflusso utilizzabile durante quell’intervallo di tempo e il tempo espresso in secondi. capacità utile di un serbatoio: è il volume compreso fra la minima e la massima quota di ritenuta, esclusi i sopraelevamenti eventualmente consentiti per lo scarico superficiale delle piene. energia accumulata in un serbatoio: espressa in kWh, è data dalla capacità utile moltiplicata per il salto utile lordo medio complessivo e per il rendimento medio dell’impianto. potenza effettiva corrispondente ad una portata Q e a un salto H: è la potenza effettivamente sviluppabile dai generatori per quella portata e quel salto. Espressa in kW, essa è pari a: Pe = η c ηt η g ⋅ g ⋅ Q ⋅ H dove ηc ηt ηg sono i rendimenti delle condotte forzate, dei motori idraulici e dei generatori elettrici in corrispondenza di quella portata. Assumendo un rendimento medio complessivo dell’impianto dell’ordine dell’80%, si può scrivere, con buona approssimazione per calcoli di massima: Pe [kW] ≅ 8 ⋅ Q [m3/s] · H [m] energia teorica ricavabile in un intervallo di tempo T. producibilità di un impianto in un intervallo di tempo T: è l’energia effettivamente producibile nell’intervallo di tempo considerato, ottenuta moltiplicando la corrispondente energia teorica per il rendimento dell’impianto. producibilità media annua di un impianto (o di un gruppo di impianti): è rappresentata dall’energia effettivamente producibile in un anno idrologicamente medio, nel quale cioè si assumono come deflussi effettivi i deflussi medi di un lungo periodo di anni, nei limiti della portata massima derivabile e nelle sue condizioni più favorevoli di esercizio e di funzionamento, per il solo scopo della produzione di energia attiva. La producibilità media annua è quella che normalmente viene assunta a base dei programmi di costruzione degli impianti. capacità utile di un serbatoio: è il volume compreso fra la minima e la massima quota di ritenuta, esclusi i sopraelevamenti eventualmente consentiti per lo scarico superficiale delle piene. energia accumulata in un serbatoio: espressa in kWh, è data dalla capacità utile moltiplicata per il salto utile lordo medio complessivo e per il rendimento medio dell’impianto. Elementi costitutivi di un impianto idroelettrico Gli elementi costitutivi di un impianto idroelettrico possono essere raggruppati come segue: opere di captazione, che permettono di raccogliere le acque necessarie all’alimentazione dell’impianto: tali sono le dighe di sbarramento, i canali di gronda, ecc. opere di presa, che immettono le acque nel condotto derivatore e ne regolano la portata. Sono dotate di organi di chiusura e di regolazione e, quando sono poste in corsi d’acqua, comprendono anche dispositivi di sghiaiamento e di dissabbiamento. opere di derivazione, che convogliano le acque lungo una debole pendenza dalla presa al punto di inizio della tubazione in pressione (condotta forzata). Possono essere costituite da un canale a pelo libero o da una galleria in pressione, secondo il tipo di impianto. condotte forzate, che servono ad addurre l’acqua in pressione dal fondo della vasca di carico alle turbine poste in centrale. centrali elettriche, che sono il complesso di edifici contenenti il macchinario e le apparecchiature necessarie alla trasformazione dell’energia idraulica in energia elettrica. opere di restituzione (o di scarico), che convogliano le acque dall’uscita delle turbine all’alveo del fiume oppure alle opere di presa del salto successivo. Classificazione degli impianti Gli impianti idroelettrici sono classificati in relazione alla derivazione idraulica che li alimenta. Essi si distinguono in: impianti ad acqua fluente Sono impianti sprovvisti di serbatoio di regolazione delle portate dell’acqua utilizzata. La potenza efficiente è commisurata ai valori della portata normale (3÷6 mesi all’anno). La producibilità varia da una settimana all’altra, da un mese all’altro, in relazione ai deflussi disponibili. impianti a serbatoio Sono impianti muniti di un serbatoio che consente di regolare in maggiore o minore misura la produzione della centrale in relazione alle esigenze. Secondo la capacità relativa del serbatoio (grado di regolazione) si possono distinguere impianti a regolazione parziale, a regolazione totale, di integrazione o di punta. Gli impianti con serbatoio a regolazione parziale sono impianti provvisti di modesti serbatoi che consentono di regolare la produzione in relazione alle variazioni di carico giornaliere e settimanali. Gli impianti a regolazione totale sono dotati di serbatoio di notevole capacità, che permette una completa regolazione dei deflussi annuali. Gli impianti di sola integrazione o di punta sono impianti provvisti di serbatoi di volume sufficiente a funzionare soltanto nei periodi di magra. Secondo il tipo di opera di derivazione, gli impianti a serbatoio possono distinguersi in impianti con canale a pelo libero ed impianti a galleria in pressione, a seconda che l’acqua nel canale derivatore sia in libero contatto con l’atmosfera oppure in pressione. Nel primo caso la velocità dell’acqua è in funzione della pendenza del canale, nel secondo caso è in funzione del carico idrostatico agente. Gli impianti in pressione hanno un’elasticità di esercizio molto maggiore. Per ottenere analoghi risultati dagli impianti a pelo libero bisogna dimensionare molto largamente il bacino di carico. Schemi tipici di impianti idroelettrici a) Impianti in pressione con condotte forzate Questo tipo di impianto è prevalentemente adottato nelle utilizzazioni montane con serbatoio e rilevante caduta. Il serbatoio dovrà essere ubicato sul corso d’acqua nella posizione favorevole per la costruzione della diga e la creazione dell’invaso: compatibilmente con queste esigenze, la posizione più conveniente è quella che permette di raccogliere alle più alte quote i maggiori deflussi e quindi di sottendere il più esteso bacino imbrifero. La galleria in pressione (condotto derivatore) corre con debole pendenza lungo una sponda fino ad un punto sovrastante la posizione scelta per la centrale: in quel punto si colloca il pozzo piezometrico ed ha inizio la condotta forzata, la quale deve avere la minor lunghezza possibile. Talora le acque non sono restituite allo stesso corso d’acqua dal quale sono derivate, ma attraverso gallerie di valico possono venire immesse in un’altra vallata, allo scopo di utilizzarle in un’altra centrale esistente o di ottenere un maggior salto. Per quanto riguarda la posizione della centrale, può essere conveniente situarla in corrispondenza della confluenza di un importante affluente, in modo da riprendere, in una successiva derivazione, le acque di scarico della centrale e quelle dell’affluente. b) Impianti direttamente connessi a dighe di ritenuta Qualora una sezione del corso d’acqua si presti assai bene per costruire una diga di ritenuta e creare un grande invaso, ma non sia possibile o conveniente costruire le opere di derivazione (galleria e condotta forzata), l’impianto può essere semplificato collocando la centrale al piede della diga. Le opere si riducono allo sbarramento, ad un breve tronco di condotta forzata ed alla centrale che scarica le acque direttamente nell’alveo. La centrale può essere un edificio disposto proprio alla base della diga, oppure essere incorporata in quest’ultima. Il salto è creato dalla diga ed è variabile con il livello dell’invaso; il livello di massimo svaso è in questo caso fissato dalle caratteristiche delle turbine, il cui salto può variare entro limiti normalmente abbastanza ristretti. c) Impianti a pelo libero con condotte forzate In tali impianti il condotto derivatore è costituito da un canale a pelo libero, che termina nella vasca di carico dalla quale inizia la condotta forzata. Lo sbarramento è del tipo a traversa mobile e crea un modesto invaso atto alla regolazione giornaliera o, al massimo, settimanale. Il canale derivatore a pelo libero non si presta ad essere abbinato ad un serbatoio di notevole capacità. Le opere di presa assumono qui notevole importanza e devono essere completate da sghiaiatori e dissabbiatori. Gli impianti di questo tipo non sono atti a rapide e notevoli variazioni di portata e quindi non possono effettuare servizio di punta; anche per questo motivo il loro impiego diviene sempre meno frequente, tranne che per gli impianti fluviali. d) Impianti fluviali Vengono così denominati gli impianti che formano un tutt’uno con lo sbarramento e che sono ubicati praticamente nello stesso letto del fiume. Si distinguono in due tipi fondamentali: Impianti fluviali senza canale derivatore Gli impianti fluviali senza canale derivatore sono tipici impianti ad acqua fluente. L’invaso non costituisce mai una riserva rilevante a causa delle elevate portate utilizzate (superiori a 100 m3/s) e del salto modesto (da 5 a 20 m); la portata derivabile coincide in ogni istante con quella disponibile. Le opere indispensabili sono lo sbarramento, del tipo a traversa mobile, e la centrale, che è in generale ubicata ad una delle estremità della traversa, in prossimità della sponda. Dalla parte opposta della centrale è ubicata, se necessario, una conca di navigazione che permette ai natanti di superare il salto delle acque. Sono previste anche le scale dei pesci, che permettono alla fauna ittica di risalire la corrente, mantenendo così intatto il loro ciclo vitale ambientale. Impianti fluviali con canale derivatore In certi impianti fluviali l’utilizzazione viene realizzata lungo un canale. Sul tronco fluviale viene costruito lo sbarramento, mentre la centrale viene disposta lungo il canale e funge anche da sbarramento. Dalla parte opposta della centrale è ubicata, se necessario, una conca di navigazione che permette ai natanti di superare il salto delle acque. Sono previste anche le scale dei pesci, che permettono alla fauna ittica di risalire la corrente, mantenendo così intatto il loro ciclo vitale ambientale. Impianti fluviali con canale derivatore In certi impianti fluviali l’utilizzazione viene realizzata lungo un canale. Sul tronco fluviale viene costruito lo sbarramento, mentre la centrale viene disposta lungo il canale e funge anche da sbarramento. Tipi di turbine In ogni turbina c’è un organo di immissione e distribuzione dell’acqua che la porta in una girante o rotore dove l’energia potenziale si trasforma in energia meccanica. Le turbine idrauliche sono essenzialmente costituite da un organo fisso, il distributore, e da uno mobile, la girante. Il distributore ha tre compiti essenziali: 1) indirizza il fluido sulla girante con una direzione tale da ottenere i minimi urti; 2) variando la sezione delle luci di passaggio, e per le turbine a reazione anche la velocità di uscita dell’acqua, regola la portata utilizzata: è pertanto sul distributore che agiscono gli organi di regolazione; 3) provoca una trasformazione dell’energia di pressione, posseduta dalla corrente liquida, in energia cinetica. Se la trasformazione è completa, la corrente liquida si trova a pressione atmosferica nel suo percorso nella girante e la turbina si dice ad azione. Se la trasformazione dell’energia di pressione in energia cinetica non è completa, la pressione all’ingresso della girante conserva un certo valore superiore alla pressione atmosferica e la turbina si dice a reazione. 𝐻 𝐻 𝜀 𝑑 𝑔 𝑔 𝐻 𝑣 𝑔 𝜀 𝐻 𝑝 𝑣 Non essendo il distributore un organo in moto, la corrente liquida lo percorre senza scambi di lavoro con l’esterno e di conseguenza ne esce con la stessa energia totale con cui era entrata, a parte le modeste perdite per attrito. Non essendovi inoltre una sensibile variazione dell’energia di posizione h, si potrà scrivere (indicando con l’indice 1 i termini relativi al punto di uscita del distributore ed essendo H il salto utile netto al livello del distributore): 2 p1 v1 H= + ρ ⋅ g 2g Nelle turbine ad azione la pressione p1 è la pressione atmosferica, assunta come pressione di riferimento. 2 Perciò risulta: 1 = → 1 = 2 2 Nelle turbine a reazione la pressione p1 è maggiore della pressione atmosferica ed il valore del 𝑔 p1 termine. rispetto al carico totale H prende il nome di grado di reazione ε 𝐻 𝑣 𝑔 𝐻 ρ⋅g 𝑣 2 1 ∙ − 2 1 = = Noto il grado di reazione di una turbina, la velocità assoluta in uscita dal distributore è pertanto: 1 = 2 (1 − ) Nelle turbine ad azione la trasformazione da energia potenziale ad energia cinetica avviene tutta nell’organo di distribuzione dell’acqua e per questo motivo, esse vengono preferite quando il salto è maggiore (fino a 1.000 metri) e la portata modesta. Quando, invece, il salto è minore (fino a 200 metri), a vantaggio di una maggiore portata, è preferibile utilizzare una turbina a reazione che sfrutta anche l’azione della girante. 𝐻 𝐻 𝜀 𝑑 𝑔 𝑔 𝐻 𝑣 𝑔 𝜀 𝐻 𝑝 𝑣 Turbine ad azione Nelle turbine ad azione si utilizza l’energia della vena fluida sotto forma di energia cinetica. La girante è solo parzialmente riempita d’acqua, cosicché l’aria vi circola liberamente e la pressione sulla vena fluida è quella atmosferica: le turbine ad azione debbono pertanto essere poste al di sopra del livello di scarico. La più importante turbina idraulica ad azione è la turbina Pelton, introdotta per la prima volta in California e brevettata nel 1880 dall’ingegnere Lester Allen Pelton. Turbina Pelton a 6 getti Il distributore consta di un tubo introduttore, che reca all’estremità un ugello nel quale la corrente viene 1= 2 accelerata fino a raggiungere la velocità 1 ≅ 0,98 2 In pratica, a causa delle perdite per attrito, la velocità è leggermente inferiore Nell’interno del tubo introduttore si trova la spina (ago), che spostandosi assialmente varia la sezione di uscita e quindi la portata, essendo la velocità v1 praticamente costante. Il getto investe tangenzialmente la girante, che è costituita da una ruota che porta alla periferia un certo numero di pale (20÷24) aventi la caratteristica forma a doppio cucchiaio. Le pale sono munite di uno spigolo centrale assai affilato, che taglia in due il getto ed è disposto all’incirca secondo i raggi della ruota 𝑣 𝑣 𝑔 𝐻 𝑔 𝐻 Il rendimento globale delle turbine Pelton, per gruppi di grande potenza, raggiunge e supera il 90%. La parzializzazione viene ottenuta avvicinando la spina al bocchello in modo da ridurre la sezione di uscita a pari velocità. La potenza idraulica assorbita dalla turbina Pa = γ Q H è crescente linearmente con la portata, se si ammette H costante. Le due metà del getto percorrono i due cucchiai, abbandonando quindi la ruota sui lati della pala in direzione opposta a quella di entrata. Impianto di Chavonne (AO) condotte forzate sala macchine con cinque gruppi generatori dotati di turbine Pelton ad asse orizzontale Altri tipi di turbine ad azione, meno diffuse delle turbine Pelton, sono le turbine Turgo e le turbine Crossflow. La turbina Turgo, rispetto alla Pelton, presenta delle pale con forma e disposizioni diverse; inoltre il getto colpisce simultaneamente più pale. Il volume d’acqua che una Pelton può elaborare è limitato dal fatto che il flusso di ogni ugello possa interferire con quelli adiacenti, mentre la Turgo non presenta questo inconveniente. È dunque possibile ridurre il diametro della girante: ne deriva, a pari velocità periferica, una maggior velocità angolare. La turbina Crossflow è una macchina molto semplice e poco costosa; non necessita di particolare manutenzione ed è adatta ad impieghi per piccole potenze. L’acqua giunge una prima volta a contatto con le pale della girante, attraversa il corpo della stessa e passa di nuovo tra le pale per poi allontanarsi definitivamente. Turbine a reazione Nelle turbine a reazione i condotti della ruota sono centripeti e convergenti e sono totalmente occupati dall’acqua. Il distributore di queste turbine trasforma in energia cinetica solamente una parte dell’energia disponibile nella ruota: l’energia di pressione viene gradualmente convertita in energia di velocità, con il restringersi delle sezioni verso l’uscita. La turbina a reazione universalmente diffusa è la turbina Francis, inventata, nella configurazione centripeta radiale-assiale, dall’ingegnere americano James Bickens Francis (1815-1892). Il distributore è posto intorno alla ruota ed è costituito da due corone circolari fra le quali sono installate le pale, che possono ruotare intorno ad un perno parallelo all’asse della turbina. L’ammissione è totale; il raccordo fra la tubazione adduttrice ed il distributore avviene per mezzo di un tubo, detto camera a spirale, che si avvolge a chiocciola a sezione decrescente per mantenere costanti la pressione e la velocità dell’acqua su tutta la periferia. Dal distributore con moto radiale centripeto l’acqua passa alla girante, costituita da un mozzo centrale e da una corona, fra i quali trova posto un certo numero di pale sagomate secondo una superficie complessa; le pale guidano il fluido fino a portarlo ad un moto assiale in corrispondenza dello scarico. L’installazione normale per le Francis di notevole potenza è quella ad asse verticale. Turbina Francis di grande potenza Impianto di Montjovet (AO) Viasta aerea della vasca di carico, delle Sala macchine della centrale idroelettrica, dotata condotte forzate e della sala macchine di due gruppi Francis, ben distinguibili dalla disposizione ad asse verticale delle turbine Al limite delle turbine a reazione veloci si trovano le turbine ad elica: le pale sono in numero assai ridotto (4÷8) sagomate in modo simile alle eliche marine, calettate su un grosso mozzo centrale e prive di corona esterna. Il distributore è assai lontano dalla ruota, nella quale il moto è puramente assiale. Il grado di reazione è circa 0,7 ed il rapporto b0/D1 è superiore a 0,4. Il rendimento raggiunge valori elevati, ma si abbassa con estrema rapidità variando in entrambi i sensi la portata rispetto a quella di dimensionamento. Tali turbine sono perciò adatte a funzionare con la portata costante. La turbina Kaplan, ideata da Victor Kaplan ingegnere austriaco (1876-1934), professore al Politecnico di Brünn, differisce dalla elica perché ha le pale orientabili in modo che, per ogni posizione del distributore e quindi per ogni valore della portata, la ruota si deformi allo scopo di presentare la più adatta inclinazione delle pale per avere un imbocco regolare nella girante ed una velocità assoluta di uscita praticamente assiale. Impianto di Hône (AO) Galleria di derivazione delle acque Turbina Kaplan Sono stati realizzati gruppi ad elica o Kaplan, con turbina ad asse orizzontale e a flusso assiale e con il generatore racchiuso in un involucro stagno a profilo idrodinamico immerso nella tubazione dell’acqua. Centrali mareomotrici Il fenomeno delle maree, dovuto all’attrazione esercitata dalla Luna e dal Sole sulle masse d’acqua terrestri, si ripete ciclicamente ogni 12 ore con un massimo ogni 14 giorni. Le centrali mareomotrici utilizzano il dislivello tra alta e bassa marea. Esse sono schematicamente costituite da un serbatoio ricavato di fianco al mare, che comunica con il mare sia attraverso paratoie sia attraverso le turbine, e dalla centrale vera e propria, che contiene le macchine e le apparecchiature. Il complesso centrale-sbarramento è simile a quello di un impianto fluviale senza canale derivatore. È naturale che le condizioni per la costruzione di una centrale di questo tipo si hanno solamente là dove il dislivello tra alta e bassa marea sia rilevante (maggiore di 10 metri) e la costa presenti una località adatta alla creazione del serbatoio. Il salto motore è sempre modesto e le turbine sono perciò Kaplan o gruppi bulbo. Fissato solidamente all’albero della turbina, un generatore trasforma l’energia meccanica in elettrica. Ogni generatore è composto da un rotore mobile, su cui è installato un magnete e da una parte fissa, lo statore. Il campo magnetico generato dal rotore, crea una forza elettromagnetica negli avvolgenti di filo di rame presenti nello statore e quindi l’elettricità. Vantaggi e svantaggi L’energia idroelettrica, come altri tipi di fonti rinnovabili, presenta alcuni notevoli vantaggi rispetto alla produzione di energia elettrica da combustibili fossili. Innanzitutto è una fonte rinnovabile e non esauribile. In secondo luogo le emissioni di sostanze inquinanti in acqua e in aria sono praticamente nulle, poiché non si realizza alcun processo di combustione. Altri benefici sono, come per le altre rinnovabili, la minore dipendenza dalle fonti energetiche estere, la diversificazione delle fonti e la riorganizzazione a livello regionale della produzione di energia Inoltre gli impianti mini-idroelettrici in molti casi, con la sistemazione idraulica che viene eseguita per la loro realizzazione, portano anche notevoli benefici al corso d’acqua. In particolare permettono la regolazione e la regimentazione delle piene sui corpi idrici a regime torrentizio, specie in aree montane ove esista degrado e dissesto del suolo, e quindi possono contribuire efficacemente alla difesa e salvaguardia del territorio In alcuni casi, poi, il lago artificiale che si forma a seguito della realizzazione di uno sbarramento o di una diga, può valorizzare l’area circostante, permettendo lo sviluppo di attività turistiche, sportive e produttive che coesistono con lo sfruttamento idroelettrico. La possibilità di accumulare acqua per poi regolarne il flusso a valle, può inoltre contribuire a ridurre i fenomeni alluvionali e favorire un uso più oculato delle risorse idriche..​.​ Vantaggi e svantaggi Il prelievo idrico riduce la quantità di acqua nei torrenti e nei fiumi a valle dell’impianto e provoca sconvolgimenti negli ecosistemi fluviali con gravi danni al patrimonio ittico e naturalistico. Per legge, è previsto che il prelievo non possa superare una percentuale della portata naturale e deve essere garantito quello che viene chiamato il "minimo vitale" che garantisca la vita del corso d’acqua e dei suoi ecosistemi. In realtà nei periodi di secca, lunghi tratti di corsi d’acqua vengono di fatto lasciati praticamente all’asciutto con i conseguenti danni ambientali. Gli effetti negativi non sono limitati ai tratti di fiume a valle degli impianti, ma si ripercuotono su tutta la rete idrica: la ridotta portata dei corsi d’acqua provoca una maggior concentrazione degli inquinanti, sia nei corsi d’acqua sia nelle falde da essi alimentate. Analisi della produzione storica Fino agli anni ’50 l’energia elettrica in Italia è stata sostanzialmente tutta di origine idroelettrica. Ancora nel 1960 l’idroelettrico forniva l’80% della produzione totale. Dagli anni ’60 in poi la crescente domanda di energia venne soddisfatta con produzione termoelettrica e lo sviluppo dell’idroelettrico praticamente si arrestò per varie ragioni: costi crescenti, lunghi tempi di ritorno degli investimenti e ripercussioni dal disastro del Vajont. Oggi la potenza idroelettrica efficiente installata in Italia è di quasi 22 GW la maggior parte della quale installata nelle regioni dell’arco alpino. Produzione di energia in Italia. In basso, in rosa, la quota di idroelettrico. Si noti che rispetto alle altre fonti, l’idroelettrico è rimasto costante Sviluppi futuri Per quanto riguarda gli sviluppi futuri dell’idroelettrico, in Italia come in gran parte d’Europa, si sono ormai sfruttate quasi del tutto questo tipo di risorse, ovvero si sono costruite centrali idroelettriche in quasi tutti i posti dove esistono condizioni ideali per lo sfruttamento dell’energia cinetica dell’acqua che precipita a valle dai monti. È quindi difficile ampliare il numero e la potenza del parco di centrali idroelettriche esistenti. In altre grandi regioni del mondo questa forma di energia è disponibile in grande quantità e non è ancora stata completamente sfruttata. È il caso dell’Africa, dove il basso consumo di energia per persona e il basso livello di benessere, fanno sì che questo tipo di energia possa divenire preziosa e importante per sostenere lo sviluppo economico di quelle popolazioni. Impatto ambientale Un secondo limite delle centrali idroelettriche è dato dalle ampie aree di territorio che spesso devono essere occupate e allagate tramite dighe di notevoli dimensioni appositamente costruite, per poter accumulare l’acqua necessaria a muovere le turbine con continuità. È necessario quindi modificare l’assetto originario del territorio e i regimi naturali dei corsi dei fiumi e torrenti, causando in alcuni casi impatti ambientali sugli ecosistemi e impatti economici su altre attività agricole o industriali Diga delle tre gole - Fiume Azzurro - provincia di Hubei - Cina.​ Impatto ambientale Per quanto riguarda l’impatto visivo dei grossi impianti idroelettrici sul paesaggio, è evidente e difficilmente mascherabile: in questo caso è necessaria un’attenta valutazione dell’impatto dell’impianto sul territorio verificandone anche una possibile valorizzazione estetica. Ognuno degli elementi di un impianto (opere di presa, sbarramento, centrale, opere di restituzione, sottostazione elettrica) può determinare un cambiamento nell’impatto visuale del sito. Per diminuire questi impatti si possono mascherare alcuni di questi elementi mediante la vegetazione, usare colori che meglio si integrino con quelli del paesaggio ed eventualmente costruire nel sottosuolo una parte degli impianti (ad esempio la centrale). Impatto ambientale A tutto questo si aggiunge che le aree dove sorgono gli impianti sono situate in zone di montagna, spesso a quote elevate e sovente inserite in parchi e riserve naturali: luoghi particolarmente vulnerabili e bisognosi di una particolare tutela ambientale. In Italia, nella zona alpina, circa il 90% dei corsi d’acqua subisce alterazioni dovute al prelievo per scopi idroelettrici e soltanto il 10% dei torrenti alpini è lasciato allo stato naturale: è facile immaginare come l’utilizzo di una fonte energetica apparentemente pulita possa trasformarsi, se non gestito in modo responsabile e attento, in un apporto di gravi danni all’ambiente. Le centrali in caverna, scavate nel sottosuolo, eliminano in parte il problema estetico, ma pongono il problema di smaltire il materiale di scavo e la loro realizzazione può influire sulla circolazione idrica sotterranea. Rapporto con gli ecosistemi Il rapporto con gli ecosistemi è un aspetto fondamentale da tenere presente nella progettazione di un impianto idroelettrico; esistono due aspetti che sono strettamente collegati con il prelievo di acque superficiali e che possono generare impatti di due diversi ordini a) impatto relativo alla variazione (diminuzione) della quantità dell’acqua, con possibili conseguenze conflittuali per gli utilizzatori ed effetti sulla fauna acquatica b) impatto relativo alla variazione di qualità dell’acqua in conseguenza di variazioni di quantità ed anche in conseguenza di possibili modificazioni della vegetazione sulle rive del fiume. :​ ;​ Rapporto con gli ecosistemi Se si realizza una diga per un impianto a bacino si hanno le seguenti conseguenze: a monte dello sbarramento si forma un invaso e si trasforma, quindi, un ambiente di acque correnti (acque lotiche) in un ambiente di acque ferme (acque lentiche), con un tempo di ricambio delle acque più lungo e con possibili ricadute sull’ecosistema. A valle dello sbarramento, fino al punto in cui viene rilasciata l’acqua utilizzata dalla centrale, il corso d’acqua potrebbe andare in secca per alcuni periodi se non viene garantito un rilascio continuo affinché il fiume abbia, anche in quel tratto, una portata minima adeguata; la portata minima (da garantire per legge che garantisce all’ecosistema fluviale il naturale svolgimento di tutti i processi biologici e fisici viene denominata “Deflusso minimo vitale” Rapporto con gli ecosistemi La diminuzione della portata di acqua non deve quindi essere eccessiva e deve essere rispettato il valore del deflusso minimo vitale, altrimenti si possono recare danni alla deposizione, incubazione, la crescita ed il transito dei pesci; per quanto riguarda questo ultimo aspetto si deve prendere in considerazione il movimento dei pesci che risalgono la corrente e quelli che la discendono, realizzando gli opportuni passaggi e installare le opportune reti che evitino che i pesci entrino nelle opere di presa e che passino nella turbina (alcuni tipi di turbine possono essere causa di mortalità della fauna ittica). Le dighe e il clima locale La presenza di una diga influenza il microclima dei territori circostanti a causa della grande massa d’acqua che si raccoglie a monte della diga stessa. L’acqua, infatti, ha un’elevata capacità termica, un parametro che indica la quantità di calore necessaria ad innalzare di 1 °C la temperatura di un corpo: ciò vuol dire che l’acqua, per riscaldarsi assorbe molto calore, prelevato dall’atmosfera. Durante l’estate, quindi, l’acqua, assorbendo grandi quantità di calore dall’aria, mitiga la temperatura atmosferica. Il contrario avviene durante l’inverno, quando, l’acqua, nel raffreddarsi, cede molto calore all’atmosfera. Nei pressi dei bacini artificiali, durante l’estate la temperatura atmosferica sarà più bassa di quella dei territori circostanti perché l’acqua sottrae calore all’aria; durante l’inverno il microclima nella zona lacustre sarà più caldo rispetto alle zone vicine, perché il lago cede il calore immagazzinato all’atmosfera che si riscalda. L’estensione della zona interessata dipende dal volume d’acqua che la diga riesce a trattenere.

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