Radioterapia - Diagnostica per immagini, Lezione 4 PDF
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Università degli Studi di Ferrara
2024
Prof Antonio Stefanelli
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Il documento fornisce una panoramica sulla radioterapia, inclusi la sua definizione, le fasi di interazione tra radiazioni e materia, e i principi della radiobiologia. Vengono trattati i diversi tipi di radioterapia, i trattamenti non oncologici e le tecniche di trattamento radioterapico. L'autore è il Prof Antonio Stefanelli e le informazioni provengono dalla Lezione 4 del 19/11/2024.
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Diagnostica per immagini, Lezione 4 19/11/2024 Prof Antonio Stefanelli RADIOTERAPIA Il professore inizia facendo un ripasso della lezione precedente. Definizion...
Diagnostica per immagini, Lezione 4 19/11/2024 Prof Antonio Stefanelli RADIOTERAPIA Il professore inizia facendo un ripasso della lezione precedente. Definizione di radioterapia: utilizzo delle radiazioni ionizzanti a scopo terapeutico, soprattutto in campo oncologico, ma anche su lesioni benigne, come l’ablazione con l’utilizzo della radiochirurgia per le aritmie sopraventricolari refrattarie ai farmaci. Le radiazioni possono essere direttamente o indirettamente ionizzanti. La rottura doppiaelica e monoelica sono gli eventi radiobiologici più importanti che portano alla distruzione cellulare. Il frazionamento si dice frazionamento convenzionale quando l’erogazione della dose è da 1,8 a 2 Gray per frazione per 45/50 Gray, che corrisponde a un trattamento di 5/7 settimane. Oltre i 2 Gray si tratta di ipofrazionamento, l’ipofrazionamento spinto costituisce la radiochirurgia, ovvero il trattamento con dosi fino a 21-27 Gray in una unica frazione. Le fasi dell’interazione tra radiazioni e materia sono: - Prima fase: fisica; - Seconda fase: chimica; - Terza fase: biologica, che caratterizza l’espressione clinica sia del danno che della guarigione; Le 5 R della radiobiologia Quando una radiazione colpisce un tumore si ha l’amplificazione della 5 R della radiobiologia (il prof specifica che stanno diventando 7, ma che ai fini dell‘esame bisogna ricordare che sono 5). Una volta che la radiazione ha impattato il tumore si ha il periodo di riossigenazione del tessuto, la ridistribuzione cellulare degli spazi lasciati vuoti dalle cellule morte, la riparazione, il ripopolamento e la radiosensibilità, che esprime la quantità e la qualità del tumore a essere sensibile alle radiazioni. 1 La riossigenzazione è molto importante perché senza l’acqua non avviene la formazione dei radicali liberi, senza l’ossigeno non funziona la radioterapia: dove c’è necrosi e stasi non arriva il sangue; quindi, non arriva l'ossigeno e non arrivano neanche i farmaci. All’interno del tumore è presente una zona di necrosi, che è una zona ipossica, che neanche la PET riesce ad evidenziare. Le cellule, ricevendo meno ossigeno, sono di conseguenza più radioresistenti. Nell'intervallo fra le frazioni, per l’aumento relativo della tensione di ossigeno, avviene il fenomeno della riossigenazione, che conduce ad un aumento complessivo della radiosensibilità. Quindi lo spazio lasciato vuoto dalle cellule viene compensato dalla possibilità di avere più spazio, quindi arriva più sangue, più ossigeno per cui le cellule diventano più radiosensibili, anche se sono inizialmente radioresistenti. Ecco l'importanza del frazionamento delle dosi in radioterapia. Quanto più ci si allontana dal vaso tanto più diminuisce la tensione di ossigeno. Per cui ci sono delle cellule più sensibili vicino al vaso, delle cellule più resistenti, perché hanno meno ossigeno e cellule che sono assolutamente più resistenti perché hanno zero ossigeno, infine zone ipossiche di cellule già necrotiche che non rispondono più alla terapia. Le cellule morte non coincidono con la guarigione perché la guarigione è un processo lento dovuto ai macrofagi che mangiano le cellule morte che si trasformano in fibroblasti. Ci vuole sempre almeno un certo periodo di tempo che va da 1 a 3 mesi. Le cellule che sono presenti all'interno del tumore sono desincronizzate, cioè non sono tutte nello stesso ciclo cellulare, per cui ci sono cellule più sensibili e cellule meno sensibili; le radiazioni provocano una sincronizzazione del ciclo cellulare, per cui l’evento successivo, cioè la irradiazione successiva provoca, in linea di massima, una morte maggiore di cellule. Ricapitolando, la riossigenazione è l’arrivo di più ossigeno, poi si ha la ridistribuzione cellulare, in cui si ha un ritardo mitotico, ovvero una sincronizzazione e una ridistribuzione delle cellule nello spazio lasciato libero dalle cellule necrotiche. Dopodiché si ha la riparazione, ovvero l’insieme dei processi attraverso il quale la funzione delle macromolecole, soprattutto il DNA, è ripristinata. Per la riparazione del DNA vi sono enzimi che operano il ricongiungimento dei frammenti cellulari. 2 Una peculiarità è che del processo di riparazione è la capacità di recupero del danno, che in questo caso è un danno subletale e non letale, è maggiore nelle cellule sane rispetto a quelle neoplastiche. Questo è alla base dell’intervallo di tempo tra una frazione e l’altra, perché permette di sfruttare la capacità differente di riparazione del danno facendo sopravvivere la cellula sana e morire quella sana. Il ripopolamento coinvolge sia il tumore che i tessuti sani a rapido turnover. Dipende dalla quantità di cellule staminali sopravvissute all’irradiazione e dalla loro potenzialità proliferativa. Quindi il ripopolamento coinvolge sia i tessuti sani che quelli tumorali. Ma, poiché i sani hanno capacità di riparare il danno più velocemente e in modo più armonico, prendono il posto dei tessuti tumorali per una questione di competizione spaziale. Per cui la possibilità di guarigione del tumore è permessa non solo dai danni provocati dalle radiazioni, ma anche dalla reazione delle cellule sane, che reagendo al danno delle radiazioni riescono a competere in modo ordinato rispetto alle masse tumorali. Radiosensibilità I tumori hanno una radiosensibilità diversa che si esprime nel rapporto α/β: più è alto più il tumore o le cellule sane sono radiosensibili. Ad esempio, il midollo spinale ha rapporto pari ha 1, per cui è poco radiosensibile. I tumori assolutamente più radio sensibili sono: - Linfomi; - Seminomi; - mielomi; - neuroblastomi. I tumori a radiosensibilità intermedia sono: - neoplasie del testa-collo; - neoplasie polmonari, soprattutto il microcitoma, e in linea di massima tutti i tumori squamosi. I tumori più radioresistenti sono: - melanoma; - osteosarcoma; - glioblastoma; - carcinoma renale; - adenocarcinoma della prostata. Le dosi differiscono in base alla radiosensibilità del tumore e variano da 20 Gray per seminomi, 30-36 Gray per i linfomi, 40 Gray per i linfomi non Hodgkin, 60-66 Gray per gli adenocarcinomi della prostata, glioblastoma e melanoma. 3 Il professore ci mostra un caso clinico di un linfoma cutaneo trattato esclusivamente con radioterapia, che è andata incontro a guarigione. Domanda: “Ci sono pazienti che hanno dei processi di ripopolamento disordinati, come i pazienti che sviluppano cheloidi, che hanno processi riparativi esagerati e per questo motivo non adatti a fare radioterapia?” Risposta: ci sono dei pazienti che non possono effettuare la radioterapia come quelli che hanno malattie del connettivo perché c’è il rischio di causare grossi danni. Quindi, ogni volta che un paziente affetto da patologie reumatologiche ha un problema tumorale, deve fare accertamenti sulla propria condizione, per esempio donne con tumore alla mammella. Chi ha la sclerodermia o malattia del collagene, per esempio, se in fase florida non può essere sottoposto a radioterapia perché provocherebbe eventi fibrotici molto seri, non compatibili con una buona qualità di vita e non in linea con le linee guida. È molto importante, soprattutto per quanto riguarda il tumore alla mammella, che è stato il primo a essere organizzato in un tumor board, discutere in team i casi singoli di ogni paziente, prima sottoporle a qualsiasi approccio terapeutico, che sia chemioterapico, chirurgico o radioterapico. Per quanto riguarda i cheloidi, che sono una malattia proliferativa benigna (iperproliferazione connettivale) ma destrutturante e invalidante, e la popolazione nera ne è maggiormente affetta, attualmente vengono curati e guariscono con la radioterapia. Questo è uno dei campi in cui si utilizza la radioterapia per patologie non oncologiche, in seguito all’intervento chirurgico. 4 Trattamenti non oncologici Cuore - Grazie alle tecniche di radioterapia estremamente sofisticate, soprattutto nel campo delle aritmie, ci sono risultati abbastanza consolidati per quanto riguarda il trattamento radiochirurgico ablativo nelle aritmie sopraventricolari resistenti ai farmaci o comunque le terapie ablative cardiologiche. - Fibrillazione atriale Malattie del connettivo - Cheloidi (vedi sopra); - Morbo di Dupuytren, malattia infiammatorie che provoca un aumento della consistenza delle guaine. Dove c’è iperplasia funziona la radioterapia. Osteocondriti e osteoartrosi - Trattamenti postchirurgici per evitare calcificazioni eterotopiche che si trovano soprattutto nell’anziano, ma anche nel giovane quando ci sono fratture che non guariscono a livello del gomito con calcificazioni importanti che abbassano la qualità di vita. Si possono fare dei trattamenti post- chirurgici per migliorare la qualità della vita, come nelle protesi d'anca per ridurre la possibilità che si formino calcificazioni; - Gonalgia artrosica - Sperone calcaneare. Nell’anziano si può impiegare la roentgeterapia, un macchinario molto vecchio disponibile in pochissimi centri, che si può impiegare nelle gonalgie artrosiche e negli speroni calcaneari. La radioterapia a basse dosi da buoni risultati nel controllo del sintomo doloroso. Disturbi nervosi (demenze, epilessia, nevralgie) In America esiste un piccolo campo di radiochirurgia per quanto riguarda la patologia funzionale per le demenze, che consiste nel colpire alcuni nuclei particolari a livello encefalico, oppure andare ad ablare con la radioterapia dei focus epilettogeni. La nevralgia del trigemino è uno degli altri campi già consolidati, perché sono anni che si utilizza la radiochirurgia. In passato si utilizzava la Gamma Knife, che è una macchina nata per il trattamento delle metastasi encefaliche e soprattutto le malformazioni arterovenose, impiegata successivamente anche per le neuralgie trigeminali. Attualmente gli acceleratori lineari di ultima generazione sono tutti in grado di eseguire trattamenti di questo tipo. Quello che fa la differenza è l'esperienza del singolo centro. 5 Disturbi oftalmici - Morbo di Graves. È importante ricordare che la maggior parte (più del 95%) delle malattie curate con la radioterapia sono oncologiche. Tumori radioindotti Il problema di utilizzare la radioterapia anche nelle patologie benigne è che le radiazioni sono carcinogenetiche; quindi, andare ad irradiare i giovani a basse dosi non è mai indicato perché possono sviluppare tumori radioindotti come i sarcomi, abbastanza aggressivi dopo 20-30 anni. Questo è un aspetto importante della radioprotezione. Domanda: “i pazienti giovani una volta eseguita la radioterapia, sono seguiti in follow-up per fare diagnosi precoce di eventuali lesioni tumorali derivate dalla radioterapia?” Risposta: Tutti i pazienti vengono sottoposti al follow up, i pazienti più giovani vengono sottoposti a follow- up più lunghi, in genere sono 10 anni anche se è poco probabile che si sviluppino tumori radioindotti, e soprattutto si sviluppano in pazienti che hanno fatto il trattamento con macchinari vecchi, come quelli a cobalto, dove non era possibile schermare i raggi. Domanda circa la capacità dei raggi di essere regolati su intensità, localizzazione e flusso Risposta: non tutti i raggi passano il corpo, dipende dal tipo di particella. Tecniche di trattamento radioterapico Le tecniche attualmente in uso sono quelle riportate nella slide. - 3DCTR: radioterapia 3D, che è diventata quasi obsoleta; - IMRT, radioterapia a intensità modulata, che è lo standard; - Stereotassi cranica ed extracranica; - IGRT, radioterapia sotto controllo respiratorio; - TC4D, l'acquisizione di TAC in respiro libero - Gating respiratorio, esecuzione di TC on board assiale con posizionamento il più preciso possibile. Questo non era possibile fino al 2000. Storia della radioterapia Inizialmente nella radioterapia 2D si usavano delle leghe a basso fondente per schermare le radiazioni, lasciando “libera” la zona interessata, e col passare degli anni si è riuscito a sagomare le radiazioni. 6 Poi si è passati all’utilizzo della radioterapia conformazionale con l’utilizzo della TC e i sistemi di pianificazione con la possibilità di contornare aree a rischio oltre che l’area tumorale. Attualmente si usa la scultur radiotherapy. Ovviamente il paziente deve essere immobilizzato durante il trattamento e il sito deve essere ben esposto e aggredibile dai due campi: tangenziale e mediale. Attraverso le ultime tecniche è possibile visualizzare cosa vede il fascio. La radiochirurgia e la radioterapia stereotassica sono una evoluzione della radioterapia che permettono di erogare una dose elevata in una singola seduta, in modo da trattare i pazienti con tumori polmonari nello stadio iniziale T1 e T2, che non possono essere operati chirurgicamente. Si può utilizzare per qualsiasi distretto. 7 Definizione tecnica: tecnica di radioterapia esterna nel quale i fasci vengono convogliati in un punto preciso, che deve essere visibile radiologicamente. Le dosi per la radiochirurgia sono singole dosi molto elevate, mentre per la radioterapia vengono frazionate tra le 5 e le 3 frazioni. Perché funziona la radiochirurgia? Perché induce trombosi dei piccoli vasi, quindi necrosi periferica, e interruzione del ciclo cellulare; necrosi radioindotta del tessuto tumorale. Metaforicamente possiamo immaginare che le cellule stiano viaggiando ad altissima velocità e improvvisamente incontrano un muro e vengono, quindi, stordite e disorientate in modo improvviso. Strereotassi encefalica L’immagine a lato, fusione tra tac e risonanza, mostra il trattamento radiante in singola seduta di una lesione encefalica. In questi casi è possibile trattare allo stesso momento più lesioni. 8 RADIOCHIRURGIA Quando si parla di radiochirurgia importante è che il paziente sia nelle condizioni più ottimali possibili e per raggiungere ciò è necessario cercare di limitarne i movimenti respiratori. Le tecniche per questo scopo sono: - La tac4D: acquisizione di immagini per i vari movimenti respiratori; - Trattamento con gating respiratorio: riesce a immortalare il paziente in determinati momenti respiratori e la radioterapia viene erogata solamente in quel preciso momento. Il gating respiratorio è un macchinario abbastanza complesso grazie al quale la radioterapia viene erogata solamente quando viene deciso che il paziente è in espirazione o in inspirazione: se il paziente espira non viene erogata la terapia, se il paziente inspira viene erogata la terapia. Questo permette di avere il volume bersaglio sempre nella stessa posizione. Il gating respiratorio permette di inviare informazioni all’LINAC in modo tale che l’erogazione avvenga soltanto in un determinato momento, ossia quando il beam è in on. Questo meccanismo di beam on e beam off permette di evitare l’erogazione di raggi sul polmone sano. Fondamentale è la sincronizzazione tra atti del respiro e erogazione della terapia, equilibrio che porta questo trattamento a impiegare fino a sei ore di lavoro, come una sorta di intervento chirurgico. La figura rappresenta il trattamento di una lesione al polmone. Il professore definisce i radioterapisti come “chirurghi senza bisturi” 9 Casi Clinici Il primo caso è quello di un paziente trattato qualche anno fa che presenta un tumore del polmone para ilare di destra, ossia vicino all’ilo polmonare di destra. Nella prima immagine si può osservare la foto della tac, pre- radioterapia, e della pet, pianificazione, e sulla destra la distribuzione di dose. Nella seconda immagine si nota come 6 mesi dopo la radioterapia tumore sia scomparso. Il secondo caso mostra una lesione epatica da epatocarcinoma. La lesione prende anche i vasi. Il radiologo: “L’esame TC del torace viene condotto dopo somministrazione di mezzo di contrasto e confrontato con precedente analoga indagine eseguita in data xyz. Al controllo attuale sono evidenti gli esiti chirurgici di asportazione di neoformazione paramediastinica sinistra. Il paziente non è stato operato, ma ha fatto radiochirurgia”. BRACHITERAPIA La brachiterapia non è altro che portare una sorgente radioattiva più vicina possibile al tumore, dal greco brachys breve/corto/vicino. Ne esistono tre tipi: - Brachiterapia da contatto: quando la sorgente viene appoggiata sulla lesione, soprattutto a livello cutaneo; - Brachiterapia endocavitaria: quando la sorgente viene introdotta all’interno del corpo in cavità preformate come vagina, utero, esofago, vie biliari, bronco; - Brachiterapia interstiziale: quando attraverso dei device, in genere dei cateteri, viene somministrata all’interno del tumore; N.B. Il professore sottolinea l’importanza di queste definizioni 10 Un tempo veniva utilizzata anche la brachiterapia ad impianto permanente, ma ora è in disuso. Quest’ultima si basava sul posizionamento di segni radioattivi, in genere iodio 125 o palladio. Nell’immagine a lato si vede il trattamento di un tumore alla prostata, la cui dose tumoricida veniva erogata nell’arco di 6 mesi. Pochi centri utilizzano ancora questa metodologia. Il caricamento delle sorgenti avviene da remoto, ossia si collega il paziente ad un proiettore attraverso dei tubi/device e dall’esterno l’operatore esegue il trattamento radiante. L’immagine a lato rappresenta il proiettore e il trattamento di brachiterapia del cavo orale. Una volta la brachiterapia si utilizzava anche per il trattamento mammario. I vari applicatori per i tumori cutanei possono essere applicatori tipo tappetino per trattare volumi più grandi, oppure applicatori realizzati appositamente che possono trattare lesioni di dimensioni dai 2/3/4 cm al massimo. Nella foto vengono mostrati vari applicatori customizzati tra cui anche l’applicatore della lesione al polpaccio che ha realizzato il professor Stefanelli. Domanda: la radioterapia può essere utilizzata per problemi cutanei come la psoriasi? Ci sono stati tentativi? No, sulla psoriasi, che è una malattia benigna no, non ci sono indicazioni. Alcuni centri utilizzano delle tecniche chiamate total skin irradiation che utilizzano elettroni per patologie oncologiche, soprattutto linfomi cutanei molto estesi, ma per la psoriasi non ci sono evidenze che possa portare giovamento. Probabilmente potrebbe funzionare, ma bisognerebbe farsi un “bagno” all’interno delle radiazioni, quindi, sarebbe anche abbastanza tossico. Non è mai stato fatto. Le uniche esperienze di total body irradiation, tecnica complicata e anche molto tossica, si fanno nei trapianti di midollo. 11 MAMMELLA Attualmente sono poche le mammelle che non vengono sottoposte a radioterapia, le mammelle affette da carcinoma lobulare in situ vengono sempre trattate mentre quelle affette da carcinoma duttale in situ a basso rischio talvolta possono non essere trattate. Da 30 anni fa allo standard attuale è variata solamente la quantità di radiazioni che viene erogata: col progredire degli anni vi è stato un de-escalation di dose del trattamento mammario. Il trattamento radiante convenzionale è di 1,8-2 Gy/die per 5-6-7 settimane nel tumore della mammella, ma grazie agli ultimi studi, si è dimostrato che dosi per frazioni più elevate, quindi ipofrazionamenti, che utilizzano dosaggi da 2,30- 2,60 Gy per frazione per 15 frazioni, danno lo stesso risultato del controllo locale della malattia rispetto alle 25 frazioni da 50 Gy. Indipendentemente da ciò il trattamento standard della patologia mammaria rimane attualmente il trattamento chirurgico e la radioterapia postchirurgica. Non ci sono evidenze, al momento, della necessità di non proporre il trattamento radiante alle signore che sono state operate di tumore alla mammella. Eccenzion vien fatta in base al paziente: una paziente di 85-86 anni operata di tumore mammario a basso rischio avrà un rischio di recidiva a 5 anni talmente basso, che si può evitare di proporre un ulteriore stress alla paziente. Nel corso degli anni si è passati dagli interventi demolitivi degli anni ‘60, che implicavano anche l’asportazione del muscolo gran pettorale, ai primi anni ‘70 dove già si considerava l’intervento chirurgico conservativo associato alla radioterapia postoperatoria; scoperta e conquista italiana. Studi americani, ma soprattutto italiani, hanno infatti dimostrato che la breast conserving surgery insieme alla radioterapia ha il medesimo risultato, in termini di controllo locale, della mastectomia. L’impatto sulla sopravvivenza è relativamente basso, ma l’impatto sulla recidiva locale è identico. Partial breast irradiation La partial breast irradiation è un’evoluzione del trattamento radiante conservativo su tutta la mammella. Si può eseguire in vari modi, ma non tutte le pazienti possono esservi sottoposte. La partial breast è il trattamento radiante del solo sito chirurgico, ossia del solo quadrante mammario che è stato operato. Può essere trattato con radioterapia intraoperatoria, eseguita fino allo scorso anno, con radioterapia a fasce esterne con l’acceleratore lineare o con brachiterapia. L’evoluzione del trattamento radiante della mammella, oltre a quello di utilizzare l’ipofrazionamento, è stato quello di poter offrire alle pazienti trattamenti volumetricamente più adeguati, ossia quelli in cui viene trattato solo il volume mammario. Nel caso della terapia intraoperatoria la paziente entrava la mattina per eseguire l’intervento chirurgico in concomitanza con la radioterapia e la sera poteva già tornare a casa. La partial breast viene scelta ed è stata 12 studiata perché si è visto che il rischio di recurrence, ossia ritorno della malattia, nell’85% dei casi è nello stesso quadrante in cui la paziente è stata operata. Domanda d’esame: quale è quella patologia che attualmente necessita sempre, o quasi sempre, di radioterapia adiuvante, ossia dopo l’intervento chirurgico? Tumore della mammella. PROSTATA Il tumore della prostata non da sintomi, ma una volta diagnosticato deve essere eseguita una accurata stadiazione. Una volta fatto ciò possiamo inserire il paziente nelle diverse classi di rischio: molto basso, basso, intermedio, alto e molto alto. Questo passaggio è molto importante in quanto, in base a questa stratificazione, viene poi decisa la strategia terapeutica. Non è l’urologo, l’oncologo o il radioterapista a decidere il trattamento per il paziente affetto da tumore alla prostata, ma, generalmente, in tutti i centri provinciali esiste un tumor board della prostata dove il paziente, prima di essere trattato con qualsiasi opzione terapeutica, viene discusso. La decisione finale sulla terapia coinvolge quindi un team. La scelta terapeutica si fonda su vari parametri inerenti la malattia che permettono di stratificare i pazienti in differenti categorie di rischio: - Stadio clinico; - PSA alla diagnosi; - Gleason score bioptico: grado di differenziazione istologica della malattia, oggi superato dalla classificazione ISUP; - Il numero di prelievi bioptici positivi sul totale di quelli campionati; Strategie terapeutiche Il trattamento del tumore alla prostata 20 anni fa implicava la scelta di uno dei seguenti trattamenti: - prostatectomia radicale dall’urologo; - radioterapia convenzionale (conventional external beam); - radioterapia esterna (conformal external beam); - brachiterapia; - brachiterapia associata alla radioterapia esterna; Ad oggi la proposta terapeutica è molto ampia e non è semplice scegliere un trattamento rispetto ad un altro. In linea di massima, però, si può considerare che: 13 - per pazienti con rischio molto basso, basso o intermedio può essere offerta la radioterapia, l’intervento chirurgico o la brachiterapia in base all’età. Un paziente giovane, generalmente, guarisce sia con l’intervento chirurgico, che con la radioterapia, ma con l’intervengo chirurgico potrebbe avere un aumento degli effetti collaterali che sono principalmente due: incontinenza e impotenza. Alcuni chirurghi molto esperti utilizzano la tecnica di nerve sparing per ovviare queste problematiche, ma non sempre il tentativo di preservare il fascio vascolo nervoso ai lati della prostata va a buon fine, in quanto, anche usando le forbici ultracision, viene comunque inflitto un minimo di danno. La radioterapia non dà né problemi di incontinenza né di impotenza, almeno nel breve periodo. Nonostante tutto, nel paziente giovane a basso rischio, si preferisce sempre optare, in linea di massima, per l’intervento chirurgico. Importante proporre al paziente tutti i vari scenari possibili. - per pazienti con rischio intermedio e alto, ma soprattutto per l’intermedio, si utilizza la chirurgia con radioterapia associata a terapia ormonale. La radioterapia associata alla terapia ormonale ha infatti dimostrato un controllo biochimico della malattia: il PSA dopo l’intervento chirurgico deve essere indosabile, ossia 0,001; non arriverà mai a zero. Dopo il trattamento radiante non si arriverà a questo livello, ci sarà sempre un dosaggio del PSA, il quale dovrà essere interpretato nel tempo. In generale, quindi, nel trattamento quella prostata vengono utilizzati il trattamento chirurgico e il trattamento radiante o il trattamento brachi terapico, che, in linea di massima, è sempre un trattamento radiante, quindi, viene compreso nel concetto di “trattamento radiante”. L’ormonoterapia è opzionale, o quasi, nel rischio intermedio, invece, nel rischio alto, deve essere fatta per almeno 2 o 3 anni. Il punto interrogativo nell’immagine indica la difficoltà di interpretare dove finisca o inizi l’apice prostatico, ma in aiuto vi è la risonanza. Nel trattamento della prostata invece di fare danni a livello della vescica o del retto, siamo in grado di trattare solamente la prostata. Tutti i giorni la prostata si muove, quindi la perizia del medico è quella di 14 riuscire a trovare un volume adeguato ai movimenti intrafrazione del tumore della prostata. Le registrazioni dei trattamenti giornalieri mostrano i movimenti della prostata. Per un trattamento più efficace è quindi importante che il paziente sia andato di corpo almeno 3 ore prima, nel caso così non fosse si ricorre alla peretta, e abbia bevuto almeno mezzo litro di acqua prima di arrivare in sede, in modo da avere la vescica piena prima del trattamento. Anche per questo aspetto si valuta il paziente e se esso non risulta essere nelle condizioni adatte lo si fa bere o andare in bagno o si posiziona un catetere per gonfiare aria nel retto e così dicendo. RADIOTERAPIA POSTCHIRURGICA Abbiamo due modalità: La radioterapia adiuvante La radioterapia postoperatoria si intende a non farla finché il valore del PSA non arriva a 0.2. Una volta che il PSA ha raggiunto il valore di 0.2 post chirurgia significa che, per convenzione, siamo di fronte ad una recidiva più atipica e siamo quindi autorizzati a eseguire la radioterapia. Si è autorizzati ad eseguire la radioterapia postoperatoria anche nel caso in cui ci siano determinati fattori di rischio. La radioterapia di salvataggio Si definisce invece radioterapia di salvataggio la terapia eseguita dopo 6 mesi, 1,2,3 anni dal trattamento chirurgico sulla loggia prostatica in caso di recidiva biochimica, ossia nel caso in cui il PSA arriva a valori di 0.2. RADIOTERAPIA PALLIATIVA La radioterapia può essere usata anche a scopo palliativo, soprattutto con lo scopo di controllo del dolore. Le indicazioni sono la presenza di: metastasi ossee, metastasi cerebrali, compressione midollare, sindrome ostruttiva/compressiva. Metastasi ossee Le metastasi ossee sono la terza sede più frequente di metastasi dopo polmone e fegato. Due pazienti su tre che muoiono per neoplasie hanno metastasi ossee tra le manifestazioni di malattia. Esse rappresentano la prima sede di metastasi in 1 caso su 3. La sede più frequente di metastasi ossee è lo scheletro assiale e quella più rara 15 lo scheletro delle estremità. Le percentuali di tumore che danno contouring del tumore del retto metastasi sono varie. Il professore riprende la slide leggendo le percentuali di mammella e prostata. Le metastasi sono quasi sempre miste, ma nel tumore della prostata, per la maggior parte, sono metastasi osteo addensanti, quindi, non conseguono problemi di fragilità ossea e, se non provocano dolore, possono essere lasciate. Le metastasi di polmone e di mammella sono, invece, osteo litiche. Queste ultime sono le più dannose e sintomatiche in quanto provocano forte dolore e instabilità ossea, le fratture sono, infatti, molto frequenti nella pratica clinica. In questi casi la radioterapia è uno dei presidi terapeutici che offre maggior sollievo al paziente; nelle metastasi sintomatiche si utilizza una mono frazione da 8 Gy. Metastasi estremamente dolorose sono le metastasi ossee a livello del bacino. Malattia Oligometastatica La malattia oligometastatica, concetto che ricorre spesso in oncologia, è una caratterizzazione clinica degli ultimi decenni in cui si pensa che il paziente che presenta poche metastasi, fino a quattro/cinque, possa essere un paziente ancora potenzialmente guaribile e quindi aggredibile con tutte le strategie terapeutiche oncologiche possibili, dalla chirurgia, alla chemio o immunoterapia. La radioterapia in pazienti che eseguono l’immunoterapia, soprattutto nei pazienti affetti da melanoma ha un effetto abscopal: il trattamento radiante anche su una metastasi provoca un riarrangiamento immunologico per cui si ha una maggiore risposta, nella maggior parte dei pazienti, anche sulle metastasi a distanza. Esempio di ciò: un paziente affetto da metastasi cerebrali sul quale viene eseguita una singola frazione di radioterapia su una singola metastasi porta alla risposta delle metastasi residue a livello encefalico. RETTO Il retto e l’ano sono due distretti anatomici completamenti diversi e il retto rispetto al grosso intestino lo è ancora di più. Il retto, ultima parte dell’intestino, è una sede anatomica aggredibile dalla radioterapia, invece, per il colon, non vi è indicazione per la radioterapia. Questo grazie al fatto che il retto si trova al di fuori del peritoneo; il retto scende, buca il peritoneo e viene avvolto nella membrana mesorettale, la quale, durante l’intervento chirurgico, deve essere asportata secondo l’intervento di Hilde. Questa situazione permette al retto di avere una storia naturale completamente diversa rispetto al resto del grosso intestino. Nel tumore del retto il paziente viene trattato in 16 posizione prona per permettere alle anse del tenue di alzarsi e quindi essere al di fuori di una eventuale area di irraggiamento. T1 e T2 nel retto sono di pertinenza chirurgica, la pertinenza radio chemio neoadiuvante entra in gioco solamente nei casi da T3 in poi, ossia dal caso in cui la neoplasia del retto invade il mesoretto. Se questi casi non vengono tratti con radio chemioterapia, invece di dare metastasi, danno una recidiva locale; se ciò accade non vi è più nulla da fare, il paziente presenta un dolore incoercibile e l’unica cosa che si può provare a fare è un ritrattamento con radioterapia che funziona relativamente o affatto. A cona è presente un board di PTDA del retto, aperto a tutti, ogni i giovedì dalle 15 in poi nell’aula degli specializzandi al secondo piano, chirurgia. Qui vengono discussi tutti i casi della provincia di Ferrara che devono essere sottoposti a terapia. La terapia radiante nel retto associata a chemioterapia con capecitabina per os viene offerta a tutti i pazienti che hanno una neoplasia del retto localmente avanzata, ossia da CT3 N0 N1 (N1 si riferisce ai linfonodi intragrasso mesorettale). Questo permette, secondo vari studi, di diminuire l’incidenza di recidiva locale. ANO L’ano ha una storia naturale diversa, non presenta il mesoretto e dal punto di vista istologico è caratterizzato da un epitelio diverso rispetto al retto: il retto presenta un epitelio ghiandolare, quindi adenoma del retto, invece l’ano presenta un epitelio pavimentoso, quindi carcinoma squamoso dell’ano. Strategia terapeutica Il trattamento del tumore dell’ano è un trattamento conservativo, mai chirurgico di primo acchito, di radio chemioterapia concomitante secondo lo schema Nigro. La radio chemioterapia comprende in base allo stadio tutto lo sfintere anale, i linfonodi loco-regionali che in questo caso, rispetto al retto, comprendono anche i linfonodi inguinali, l’iliaci esterni comuni, fino alla biforcazione. Per info scrivere all’email ospedaliera: a.stefanelli@ospfe,it “Vi auguro di divertirvi nella vita, facendo questo lavoro” 17