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Sbobinatore: Carlino Althea, Benassa Viola Revisore: Benassa Viola, Carlino Althea Materia: o...

Sbobinatore: Carlino Althea, Benassa Viola Revisore: Benassa Viola, Carlino Althea Materia: oncologia Docente: Marco Presta Data: 27/9/22 Lezione n°2 Argomento: tessuti, meccanismi adattativi, metaplasia e displasia Comunicazioni: In questa lezione verrà affrontata la terminologia di base che servirà durante il corso di oncologia MECCANISMI ADATTATIVI DEI TESSUTI E DISPLASIA RIPRESA CONCETTI DI ISTOLOGIA Da cosa è costituito un tessuto? Da una componente stromale e una componente parenchimale. La parte parenchimale è quella che qualifica il tessuto, mentre quella stromale rappresenta la componente di supporto12. In una condizione di stato stazionario avremo un equilibrio fisiologico mantenuto dalla proliferazione e dalla apoptosi. Le cellule differenziate possono proliferare o meno in base alla tipologia di tessuto. Il turnover cellulare è permesso dalle cellule staminali, che replicano a basso ritmo replicativo. Dalla divisione della cellula staminale otteremo una cellula uguale alla madre (quindi staminale) e una cellula progenitrice, che invece è capace di elevati ritmi proliferativi, questo processo è definito autorigenerazione. 1 Nonostante non caratterizziono il tessuto, le sue cellulle sono molto varie e hanno un ruolo importante nel suo mantenimento sia in un tessuto sano che in uno tumorale 2 Oggi parleremo della componente parenchimale, quindi quando verrà nominato un tessuto si sottenderà alla sua parte parenchimale. 8 La multipotenza di ogni cellula staminale dipende dal tessuto di cui fa parte, andrà infatti a generare le cellule tipiche di quest’ultimo. Nonostante le cellule staminali siano poche e con basso ritmo rigenerativo sono fondamentali per il mantenimento del tessuto, dando origine al processo di trans-amplificazione3. L’esempio classico è quello del midollo osseo ematopoietico, in cui sono presenti cellule staminali multipotenti che proliferando danno originine a lineages differenziativi progenitori che man mano prendono le varie strade che daranno origine alle linee bianche e rosse (con eritroblasti, eritrociti fino ad arrivare alle cellule differenziate). Avremo quindi eventi proliferativi a cui fanno seguito eventi differenziativi. A seconda del tipo cellulare, del tessuto e a seconda che sia staminale o progenitrice, la cellula in questione ha la possibilità di stabilizzarsi in G0 (per periodi più o meno definiti) oppure dare origine a nuove cellule passando in G1 (a cui segue poi la fase S di sintesi del DNA e la divisione mitotica). Esiste una classificazione dei tessuti (che segue una vecchia terminologia) che divide i tessuti in labili, stabili e perenni. I tessuti labili sono quei tessuti ricchi di cellule staminali, dotati di un forte ritmo proliferativo, che continuano a replicare a causa dell’elevato turnover del tessuto. L’esempio più evidente di tessuto labile è il midollo osseo ematopoietico, che è appunto in continua replicazione (ha l’indice mitotico più alto dell’intero organismo). Questo grazie alla presenza di un elevato numero di cellule staminali che generano cellule progenitrici dall’elevatissimo ritmo proliferativo, in quanto il turnover di globuli bianchi e rossi è molto veloce4. Data l’elevata attività di questo tessuto è quindi possibile mantenere il numero di globuli bianchi e rossi costante. La stessa cosa avviene a livello della cute, che rilascia un elevato numero di cellule morte dagli strati più superficiali, che vengono quindi rimpiazzate dalle staminali dello strato basale (come anche le cellule degli altri strati). Anche a livello del tubo digerente si può osservare questo meccanismo, in quanto l’epitelio di quest’ultimo ha un turnover di tre giorni: in questo caso le cellule staminali sono localizzate a livello delle cripte. Infatti, gran parte del materiale fecale, è composto dalle cellule morte derivanti dal lume dell’intestino, in particolare dalla cima dei villi intestinali. Riassumendo: i tessuti labili permettono il mantenimento dello stato stazionario tramite l’elevato numero di cellule staminali negli strati profondi del tessuto, a causa dell’elevata perdita del tessuto. Ci sono poi tessuti in cui la perdita è altamente ridotta, ossia quelli stabili, che di conseguenza non proliferano a meno che non si verifichino determinate condizioni. Sono quindi quei tessuti dove non è necessaria una continua proliferazione perché non vi è una grande perdita di cellule, come ad esempio gli epatociti5. La differenziazione delle cellule epatiche avviene ad esempio in caso di infezione virale o per avvelenamento, che portano a morte di parte del parenchima epatico. In questo caso non è la componente staminale che va a replicare ma gli epatociti stessi che uscendo da G0 vanno a generare cellule figlie. Viene quindi riparato il danno tissutale generato da un dato agente eziologico. Un altro esempio è l’endotelio6, che normalmente non viene ricambiato (in quanto formato da cellule quiescenti). Nel caso in cui subisca un trauma (ad esempio la rimozione di una placca arteriosclerotica) il tessuto si deve ricostituire. Quindi, in caso di dannegiamento, il tessuto comincia a proliferare per andare a ricostituire l’endotelio perso7. Infine, i tessuti perenni sono quelli che non proliferano più, in quanto la componente staminale è stata persa; le cellule differenziate di questi tessuti, inoltre, non sono più in grado di passare da G0 a G1. In questo caso la perdita cellulare è irreversibile. L’unica soluzione possibile è quella di sostituire il parenchima col tessuto 3 La cellula trans-amplificante genera cellule figlie uguali a sè stessa che possono andare incontro a processi differenziativi e formare il lineage cellulare specifico per quel tessuto. (informazione presa dalle sbobine vecchie) 4 Possono avere un’emivita di pochi giorni come i neutrofili, o di più giorni come i globuli rossi (eliminati poi a livello splenico) 5 Osservando infatti un vetrino epatico è molto raro trovare cellule in proliferazione 6 Epitelio di rivestimento monostratificato che ricopre le pareti interne dei vasi 7 Che va a separare il sangue dagli altri tessuti 9 connettivo. Nel sistema nervoso centrale, ad esempio, una volta che il nucleo centrale del neurone muore, non può più essere sostituito8. Tutti questi casi elencati descrivono uno stato fisiologico. Cos’è la malattia? Non è facile dare una definizione di malattia, però potrebbe essere descritta come una “perdita dell’equilibrio dinamico che determina lo stato stazionario”. Si esce quindi dalla condizione normale energia dipendente che mantiene in equilibrio il rapporto tra l’organismo e il resto dell’ambiente. MECCANISMI ADATTATIVI Nel caso venga meno lo stato stazionario, il nostro organismo cerca di adattarsi all’ambiente ritornando allo stato stazionario senza entrare in uno stato di malattia. L’esempio più lampante è quello dell’omeostasi termica: a fronte di una diminuzione della temperatura vengono attivati dei sistemi adattativi, in cui i tessuti cercano di ambientarsi alla nuova condizione tramite meccanismi omeostatici (in questo caso si attuerà un lavoro termico9). Al contrario quando la temperatura aumenta viene prodotto sudore per aumentare la dispersione del calore. Il professore divaga spiegando il motivo per il quale l’alcol sembra freddo quando applicato sulla pelle. Il motivo è che evapora, sottraendo energia (calore) alla chiappa. Lo stesso vale per il sudore, che però è meno volatile, quindi lascia meno la sensazione di freddo. Quello appena descritto è quindi un adattamento tissutale in funzione delle modificazioni della richiesta funzionale nei confronti del tessuto. È quindi il nostro organismo che chiede a un tessuto di lavorare di più o di meno in base alla “normalità”. Questi meccanismi adattativi si riflettono su fenomeni proliferativi e differenziativi, in seguito ai quali il tessuto cerca di adattarsi alla nuova situazione ambientale. Questi meccanismi sono generalmente di tipo epigenetico, quindi reversibili10 in quanto non determinano modificazioni del genoma (entro certi limiti, in quanto alcuni eventi epigenetici possono essere trasmessi alle cellule figlie anche senza una modificazione delle frequenze). Possiamo osservare eventi adattativi che coinvolgono la modificazione della dimensione delle cellule ed eventi in cui cambia il numero delle cellule. In alcuni casi possono verificarsi contemporaneamente (le cellule diveno più grandi e proliferano). Il professore elenca alcuni termini che ritiene importanti da saper utilizzare correttamente nelle varie siuazioni e che da ora in poi utilizzeremo sempre Iperplasia: aumenta il numero delle cellule (aumento proliferazione) Involuzione: diminuzione del numero di cellule dato dal blocco della proliferazione Ipertrofia: le cellule diventano più grandi rimanendo in numero costante Atrofia11: le cellule diventano più piccole rimanendo in numero costante Ci sono poi dei termini che non si riferiscono a cambiamenti in volume e numero delle cellule ma riguardano gli aspetti differenziativi e di architettura del tessuto: Metaplasia: quando le cellule rispondono con modificazioni del sistema differenziativo; Displasia: modificazioni dell’architettura della geografia organizzativa di un determinato tessuto. Queste condizioni sono quindi la risposta adattativa a una richiesta funzionale. Un tessuto può essere sollecitato a lavorare di più o a lavorare di meno, le dimensioni di quest’ultimo dipendono quindi dalla richiesta funzionale. Il lavoro svolto può essere di svariata natura: chimico, meccanico, dato dalla produzione di ormoni e molti altri. In caso di maggiore richiesta funzionale i tessuti possono rispondere in due modi: quelli in grado di proliferare aumenteranno il numero di cellule, mentre quelli che non possono farlo ne aumenteranno la dimensione. Il 8 È stata una rivelazione trovare cellule staminali a livello dell’SNC 9 tramite il consumo di substrati energeti viene liberato calore (energia termica), con conseguente aumento della temperatura. Tutto ciò si ottiene ad esempio tramite il movimento (quando c’è freddo tremiamo) 10 Il tessuto torna allo stato di normalità quando anche l’ambiente esterno ad esso è tornato normale 11 Parlare di ipertrofia e atrofia può essere ambiguo in quanto si può parlare sia di ipertrofia/atrofia cellulare che d’organo, è quindi sempre importante avere presente il soggetto di cui si sta trattando. 10 tipo di riposta dipende quindi dal tipo di tessuto, quindi dal suo potenziale proliferativo12. Il contrario avviene se al tessuto viene richiesto di lavorare meno: si avrà ipertrofia o involuzione in base alle caratteristiche del tessuto. I motivi per i quali la richiesta di lavoro può aumentare sono molteplici. ESEMPI DI IPERPLASIA E IPERTROFIA Esempi fisiologici iperplasia dell’endometrio (tessuto labile) indotta da estrogeni. Fino alla menopausa l’endomentrio è un tessuto in attiva proliferazione, le cui cellule agiscono in risposta a stimoli ormonali, come l’induzione della fase progestinica da parte del progesterone. Si tratta quindi di una situazione adattativa epigenetica reversibile caratterizzata da una risposta iperplasica. Iperplasia midollo osseo (labile): nell’immagine sono presenti goccioline di grasso, rappresentate da “buchi”, e altre cellule colorate più piccole, che possono essere di svariati tipi (ematopoietiche staminali, progenitrici, differenziate ecc..). In particolare si nota che il tessuto osseo pre- stimolazione (a sinistra) presenta più tessuto adiposo, mentre quello stimolato (a destra) ne presenta meno. Questo avviene perché il tessuto osseo ematopoietico ha proliferato a scapito di quello adiposo. Quando può avvenire questo tipo di adattamento? Se la pressione parziale di ossigeno si abbassa (ad esempio in altitudine13), si alza la richiesta di O2 e quindi la produzione di eritrociti (risposta adattativa) per avere una maggiore capacità di trasporto di ossigeno. 12 È riferito alla questione discussa all’inizio della lezione, in cui si evidenziava il fatto che alcune cellule riescono a uscire dalla fase G0, mentre altre no 13 Ad esempio a 5000 metri manca il fiato, soprattutto se facciamo attività fisica 11 Ricapitolando: in altitudine la pressione parziale di ossigeno è minore, di conseguenza anche l’ossigenazione dei tessuti cala, questo porta l’organismo a richiedere una maggiore produzione di globuli rossi da parte del tessuto osseo, che quindi comincia a proliferare. Una volta che gli eritrociti sono aumentati la capacità di trasporto di ossigeno è maggiore. Il tessuto si è quindi adattato a una minore pressione parziale di O2. Come avviene questo tipo di richiesta funzionale? La diminuita pressione parziale di O2 stimola le cellule dell’apparato iuxtaglomerulare a produrre eritropoietina. Quest’ultima entra in circolo e si dirige al midollo osseo eritropoietico, stimolando l’aumento fisiologico della produzione di eritrociti da parte delle cellule staminali. Quando poi si torna in pianura, la richiesta funzionale diminunuisce: viene ridotta la produzione di eritropoietina e lo stato del midollo osseo ritorna ad essere come quello visibile nella prima immagine, quindi con una quantità maggiore di lipidi. Esempi patologici Un primo esempio può essere la psoriasi: patologia caratterizzata da fenomeni autoimmunitari e processi infiammatori che inducono una proliferazione aberrante della componente epidermica, generando quindi una risposta iperplasica. Questa patologia è curabile, di conseguenza la condizione è potenzialmente reversibile14. Nel caso dell’Ipertrofia cardiaca (valvulopatia) si ha una risposta a un aumento di richiesta funzionale a carico del tessuto miocardico che ha perso la capacità mitotica. Questo tessuto, inoltre, non è in grado di dare una risposta iperplasica ma solo ipertrofica. Nella valvulopatia si ha per l’appunto un difetto valvolare cardiaco, che costringe il cuore a lavorare di più: questo maggiore lavoro è raggiunto tramite ipertrofia, in cui aumenta la grandezza delle fibre. Confrontando le due immagini, si nota infatti che i nuclei delle cellule sono delle stesse dimensioni ma il diametro delle fibre è nettamente superiore nell’immagine di destra presentante ipertrofia. L’ipertrofia cellulare si riflette quindi in un’ipertrofia tissutale. Nell’immagine a lato è mostrato un ventricolo sinistro sano a confronto con uno ipertrofico. Se questa condizione continua a peggiorare le conseguenze possono essere fatali.15 Come avviene questo tipo di richiesta funzionale? L’aumento di richiesta di lavoro viene percepita dai meccanocettori16 presenti sulle fibre miocardiche. Quando stimolati, generano vie di trasduzione intracellulari17 che inducono la produzione di fattori di crescita che, a loro volta, tramite sistemi autocrini, danno origine alla risposta ipertrofica18 tramite un aumento della sintesi proteica. Abbiamo quindi il primo caso in cui si ha una stimolazione meccanica, in quanto quelle viste fino ad ora erano tutte di tipo ormonale. 14 Il professore sottolinea il concetto di reversibilità perché nel caso del tumore questa possibilità non esiste 15 Argomento che studieremo in cardiologia 16 Recettori che rispondono a stimoli meccanici 17 Non verranno trattate nel dettaglio 18 Si ricorda ancora una volta che le cellule miocardiche non possono proliferare, anche se stimolate da fattori di crescita 12 L’utero in gravidanza19 presenta una situazione di aumento di richiesta funzionale imponente, al quale il tessuto risponde in modo sia ipertrofico che iperplasico. Il lavoro è notevole e nell’immagine si può osservare il cambiamento del tessuto: notevole ipertrofia dell’organo in gravidanza, conseguente all’ipertrofia delle cellule muscolari lisce che, oltre ad aumentare di dimensione, proliferano. Grazie a queste due reazioni otteniamo una risposta adattativa doppia. Il professore utilizza come esempio di risposte adattative un quadro del Pitocchetto20, il quale dipinge spesso individui con il gozzo tiroideo. Questo è un esempio di risposta adattativa del tessuto della ghiandola tiroidea, alla quale viene richiesto un aumento di prestazione funzionale dovuto alla carenza di iodio nelle acque bresciane, problema diffuso in passato. L’assenza dello iodio nell’acqua, determina la sua carenza nell’organismo e, conseguentemente, la tiroide non riesce a produrre quantità sufficienti degli ormoni tiroidei T3 e T4; questi normalmente si ottengono sotto stimolazone dell’asse ipotalamo ipofisario, a livello del quale l’ormone TRH stimola l’ipofisi a produrre TSH, che induce la tiroide a produrre T3 e T4. Tutto ciò in assenza di iodio non avviene, e si origina un tentativo di risposta adattativa. Quest’ultima non risolve completamente il problema e modifica la struttura della ghiandola tiroidea, portando a un’ipertrofia che determina l’insorgenza del gozzo. Questa situazione è reversibile entro certi limiti se si implementa la dieta con molto iodio. Questa risposta adattativa non è in grado di risolvere la carenza di iodio, quindi si va incontro a una situazione patologica. Qualcosa di analogo si osserva a livello del midollo osseo ematopoietico, nel caso di situazioni determinate geneticamente, quali la talassemia. Questa determina una carente produzione di catene a o b emoglobiniche e questa riduzione stimola continuamente il midollo osseo ematopoietico a produrre globuli rossi, che però 19 Il professore affronta l’argomento a questo punto della lezione, nonostante l’utero in gravidanza non faccia parte delle iperplasie patologiche. 20 Pittore bresciano del ‘700, che deve il nome alle sue numerose rappresentazioni dei “pitocchi”, ovvero i poveri. 13 vengono immediatamente distrutti21. Il midollo osseo ematopoietico va quindi incontro a ipertrofia22 e a un’enorme risposta iperplasica la quale dà origine alla deformazione delle strutture ossee che contengono il midollo osseo ematopoietico. In questo caso però non avremo una risoluzione del problema, in quanto genetico. Dunque, non sempre il tentativo di risposta a fronte di una determinata richiesta funzionale risolve il problema, infatti può non essere sufficiente a mantenere l’equilibrio con l’ambiente esterno (si entra così in una situazione patologica). ATROFIA E INVOLUZIONE Il caso opposto della ipertrofia è l’atrofia, in cui la richiesta funzionale scende per vari motivi, tra cui la diminuzione del carico di lavoro. Il prof riporta l’esempio di una gamba ingessata: per tutto il periodo in cui l’ingessatura viene mantenuta, il muscolo della gamba non viene utilizzato (non c’è alcun carico di lavoro) e quindi questo tessuto, non stimolato adeguatamente, va incontro a involuzione. La situazione è reversibile con, ad esempio, la fisioterapia. Se invece si taglia il nervo che innerva un muscolo, la situazione è irreversibile e il muscolo diventa atrofico, non potendosi più contrarre. L’atrofia può essere causata da una diminuzione dell’apporto di ossigeno o di sostanze nutritive a un determinato tessuto. In questo caso il meccanismo adattativo è quello di ridurre il tessuto stesso, in modo tale che, essendoci meno risorse, si consumi di meno. Questa diminuzione di ossigeno, senza arrivare a una situazione di ischemia e ipossia23, porta a una risposta atrofica o di involuzione a seconda della tipologia di tessuto. L’atrofia può essere dovuta a una mancanza di stimolazione ormonale, come nel caso dell’endometrio, il quale, insieme alla ghiandola mammaria, è stimolato dagli estrogeni, i qual cessano fisiologicamente di essere prodotti con la menopausa. 21 Per l’assenza di emoglobina. 22 Nel caso della beta-talassemia fin dalla nascita. 23 Altrimenti si va incontro a fenomeni necrotici. 14 Come si può osservare in figura, si può notare una differenza delle dimensioni del cervello tra un giovane adulto e un individuo ultraottantenne dovuta all’atrofia del cervello, che avviene normalmente con la senescenza. Questa atrofia è sostanzialmente dovuta a una diminuzione dell’irrorazione conseguente a fenomeni microischemici, caratteristici dell’età avanzata24. Oltre alle dimensioni inferiori del cervello, gli spazi che separano le varie circoduzioni cerebrali aumentano in un cervello senescente rispetto a uno giovane. Questa è una situazione di atrofia tissutale che è la conseguenza del fenomeno di invecchiamento, dato essenzialmente da una diminuzione dell’apporto di ossigeno e dal fatto che le nostre cellule hanno una vita non infinita. FENOMENI ADATTATIVI A FRONTE DI MODIFICAZIONI DELL’AMBIENTE Un tessuto risponde a questi tentativi di adattamento modificando il numero o le dimensioni delle cellule. Vi è anche un’eventuale modificazione dell’atteggiamento differenziativo di un tessuto: in esso le cellule progenitrici, che prendono origine dalle cellule staminali, differenziano in un certo momento della vita o periodicamente, nel caso dei tessuti umani, in un ordine determinato. Il differenziamento è la conseguenza di istruzioni contenute nel nostro codice genetico che rispondono all’attivazione e alla repressione dei fattori trascrizionali che regolano l’espressione di pacchetti di geni. Questi geni determinano la produzione di proteine e questo implica che la cellula che produce o sopprime determinate proteine sia, ad esempio, un epatocita e non una cellula dell’epidermide. [N.d.s Il concetto di fondo è che la differenziazione di una cellula dipende dai geni che sopprime o esprime] Le cellule staminali possono dare origine a progenitori con proprietà differenziative diverse, a seconda della cellula staminale in questione. Partendo da quelle totipotenti, che possono dare origine a qualsiasi lineage differenziativo, si passa a cellule multipotenti, come quelle del midollo osseo ematopoietico, che danno origine alle vari lineages delle cellule del sangue, per arrivare alle staminali con potenziale differenziativo più ristretto, classiche dei tessuti adulti. Queste ultime, però, non sono mai unipotenti, ma multipotenti; infatti, ad esempio, dalle cellule staminali dell’epidermide si possono ottenere diversi lineages cellulari. C’è una potenziale plasticità che in certi momenti si può evidenziare in seguito a modificazioni dell’ambiente. Queste modificazioni dell’atteggiamento differenziativo prendono il nome di metaplasie. METAPLASIE PATOLOGICHE Un esempio classico di metaplasia è la metaplasia bronchiale nel fumatore accanito, che è alla base dei fenomeni di bronchite cronica che colpiscono i fumatori e può anche essere all’origine del cancro ai polmoni. In metaplasia non si parla ancora di tumori, ma si è in una situazione fertile per un’eventuale evoluzione verso 24 Non patologici nell’immediato ma possono essere alla base della demenza senile. 15 di essi; vi è una maggiore probabilità che il tumore si presenti in questi tessuti rispetto a quelli normali non metaplasici. In condizioni normali, il tessuto bronchiale è costituito da un epitelio cilindrico monostratificato ciliato, nel quale sono presenti cellule basali staminali responsabili del turnover cellulare. Questo epitelio svolge un ruolo fondamentale perché, grazie alle cilia, sposta in senso retrogrado dall’apparato respiratorio verso quello digerente il muco, che trattiene ed elimina cellule, batteri e sostanze inalate durante la respirazione. Nei fumatori, invece, si ha un tentativo adattativo per far fronte al trauma chimico cronico a cui è sottoposto questo epitelio a causa delle sostanze chimiche contenute nel fumo di sigaretta e del calore del fumo stesso25. La risposta adattativa consiste nel modificare l’atteggiamento differenziativo di queste cellule, trasformando l’epitelio in squamoso pluristratificato. Il vantaggio è che mentre in condizioni normali c’è un unico strato di cellule che fronteggia il trauma26, in condizioni di metaplasia si hanno più strati di cellule di cui i più superficiali affrontano lo stimolo irritativo27. Il problema è che questo tessuto squamoso pluristratificato non è ciliato, quindi il muco non fluisce e non riesce a smaltire ciò che inaliamo. Questo può determinare un’infiammazione cronica respiratoria e può anche essere il primo step per un’evoluzione sfavorevole in senso neoplastico. La trasformazione del tessuto avviene grazie alle cellule staminali che, quando danno origine alle cellule differenziate, impartiranno un’informazione diversa e quindi hanno la potenzialità di dare origine a entrambi i tipi di epitelio: fisiologicamente l’epitelio monostratificato è la scelta di default, ma in particolari situazioni la scelta viene modificata e viene originato un altro tipo di epitelio. Lo stesso avviene a livello dei dotti escretori delle ghiandole salivari in seguito a calcoli che si vengono a formare a livello dei canali escretori: i calcoli danno origine a uno stimolo infiammatorio cronico che implica una risposta adattativa che determina la trasformazione di un epitelio monostratificato ciliato in squamoso pluristratificato. Domanda: cosa succede nel caso di un ex fumatore a livello epiteliale? Risposta: venendo a mancare lo stimolo, le cellule staminali shiftano parzialmente e tornano a produrre un epitelio monostratificato. Metaplasia nell’esofago di Barrett La metaplasia nell’esofago di Barret è un esempio di metaplasia che colpisce l’esofago in una situazione di stimolazione infiammatoria cronica, quale il reflusso gastrico. In questa condizione, il succo gastrico refluisce verso l’esofago, il cui epitelio di rivestimento si trova dunque a contatto con questo liquido, che è acido e che contiene enzimi litici. Questo normalmente non avviene e quindi la struttura dell’esofago, a differenza dell’epitelio gastrico, non è adatta a confrontarsi con una situazione di questo tipo. In questo caso, dunque, in seguito al fenomeno metaplasico, da un epitelio pluristratificato squamoso28 si passa a un epitelio simil-gastrico, ovvero monostratificato e accompagnato dalle cellule di goblet29, che producono quel muco che protegge l’epitelio dall’insulto dato dagli enzimi litici e dal pH acido. Grazie a questa trasformazione, l’esofago si 25 Questo rappresenta uno stimolo irritativo, ovvero infiammatorio. 26 Stimolo irritativo. Se muoiono le cellule di questo strato non c’è più protezione. 27 In caso di morte delle cellule di questi strati, la protezione è data dalle cellule degli strati sottostanti; non si perde l’epitelio. 28 Classico dell’esofago. 29 Cellule caliciformi mucipare presenti normalmente nello stomaco. 16 protegge dall’azione dannosa cronica data dal contenuto del succo gastrico; i pazienti che soffrono di esofago di Barrett hanno una certa probabilità che questa situazione evolva verso un tumore all’esofago e per questo, quando viene fatta diagnosi di esofago di Barrett, il paziente viene monitorato costantemente per permettere eventualmente di intervenire precocemente. Cause della modificazione potenziale differenziativa La modificazione potenziale differenziativa è dovuta a un gioco di fattori trascrizionali, i quali, legando opportune sequenze di risposta regolatrici di numerosi geni, guidano l’espressione sia in senso di aumento che repressione dell’espressione del pacchetto di geni, ottenendo il cambiamento delle proteine prodotte e quindi la modificazione cellulare. Quindi, ad esempio, in fugura si può vedere un epitelio colonnare monostratificato che, in presenza di stimoli di varia natura30 che producono citochine infiammatorie, GF20 e interleuchina 631, diventa metaplasico, cambia il suo atteggiamento differenziativo e si trasforma in squamoso pluristratificato: esattamente il contrario di ciò che avviene nell’esofago di Barrett. La metaplasia è un gioco di accensione e di spegnimento di fattori trascrizionali; ciò vuol dire che le cellule staminali hanno, in funzione dell’ambiente esterno, la potenzialità di dirigere il “traffico” differenziativo, entro certi limiti: la metaplasia rimane confinata al foglietto di cui stiamo parlando, da un epitelio si passa a un altro epitelio, non si può formare un tessuto diverso. METAPLASIE FISIOLOGICHE Un esempio di metaplasia fisiologica si osserva a livello dell’epitelio vaginale del collo dell’utero. L’epitelio di rivestimento del collo dell’utero è pluristratificato32, ma se ci inoltriamo al suo interno esso diventa monostratificato cilindrico; si genera così una zona di transizione tra l’epitelio pluristratificato e quello 30 Ad esempio nella ghiandola salivare c’è uno stimolo meccanico. 31 Queste modificano l’espressione di fattori trascrizionali, reprimendone certi e attivandone altri (es. SOX2), i quali determinano l’espressione di geni diversi. 32 Come tutti gli epiteli che si affacciano all’esterno che sono soggetti a consumo e quindi presentano un turnover elevato. 17 monostratificato. Man mano che si invecchia, questa zona si inoltra sempre di più nel collo dell’utero rendendolo più sensibile all’infezione da papillomavirus. Quindi, questa è la zona che questo virus può eventualmente colpire e a livello della quale può dare origine ai tumori della cervice uterina. Viene mostrata una tabella che riporta molte situazioni diverse di metaplasia a carico di diversi organi in funzione di diversi stimoli cronici. Queste situazioni in molti casi sono precancerose, ovvero indicano la presenza di un tessuto con una maggiore probabilità di evolvere verso il cancro. Una delle metaplasie citata in tabella è quella acinale-duttale33, in cui le cellule di una ghiandola da acinali diventano duttali: passaggio chiave per l’insorgenza del tumore al pancreas. Una ghiandola esocrina del pancreas possiede cellule acinali, che producono gli enzimi, e cellule duttali, che costituiscono i dotti; in certe situazioni, come la stimolazione di citochine infiammatorie tra cui il TGF-b, alcune cellule acinali possono differenziare in cellule duttali. Anche questa è una situazione di transizione dell’atteggiamento differenziativo epiteliale che non causa di per sè cancro, ma se su questa metaplasia avvengono modificazioni geniche di alcuni geni particolari, allora può insorgere un tumore maligno pancreatico. DISPLASIA È una situazione che di fondo è iperplasica, infatti si osserva un aumento della proliferazione cellulare, che però non si riflette in una modificazione delle dimensioni del tessuto, ma della sua architettura; è tipica degli epiteli di rivestimento e un classico esempio riguarda l’epitelio pluristratificato della cervice uterina34. Come in tutti gli epiteli pluristratificati di rivestimento, anche in questo caso la proliferazione cellulare è normalmente confinata a livello dello strato basale, mentre in eventualità di displasia la proliferazione cellulare si osserva, mano mano che diventa più grave, a livello degli strati più superficiali. Questo epitelio non aumenta di dimensioni e viene dunque mantenuto un certo equilibrio omeostatico; di questo tessuto cambiano l’architettura e l’atteggiamento proliferativo, infatti la proliferazione cellulare aumenta. In questo tessuto si è dunque persa la capacità di mantenere la struttura di origine e ci si trova in una situazione precancerosa che può evolvere verso il tumore. In fugura si può notare l’acronimo CIN (Cervical Intraepithelial Neoplasia), che indica questa forma di 33 Non trattata precedentemente. 34 In questo caso la situazione è innescata dal virus del papilloma. 18 displasia, e i numeri romani I, II e III, che indicano la sua gravità. La forma più grave di displasia prende anche il nome di carcinoma in situ35, che è una situazione precancerosa estremamente avanzata. Il Pap test è un mezzo fondamentale per diagnosticare la displasia: consiste in un raschiamento delle cellule dello strato più superficiale dell’epitelio di rivestimento della cervice uterina e nella loro analisi su vetrino che rende facilmente identificabile la presenza di eventuali alterazioni morfologiche delle cellule esplorate. È grazie a questo tipo di analisi, la quale viene spesso accompagnata da una ricerca della presenza del virus del papilloma in queste cellule36, che si ottiene una diagnosi precoce dell’eventuale presenza di un tessuto precanceroso. Questa permette una rimozione efficace del tessuto displasico a livello ambulatoriale eliminando il problema. Il professore esorta le studentesse a sottoporsi a questa indagine e alla vaccinazione dei bambini per il papillomavirus: questo, come si è dimostrato, riduce l’insorgenza dei tumori e permette di individuare le displasie. 35 Con carcinoma si intende un tumore avente origine da una cellula epiteliale, quindi la terminologia è impropria perché in questo caso non si parla di un tumore maligno. 36 Tramite sonde di DNA. 19

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