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Istologia e Embriologia - Lezione 2 (PDF)

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Summary

These notes from a lecture on Histology and Embryology, on October 11, 2023, cover the structure and function of the plasma membrane. The document examines the morphology of the membrane and the different types of proteins and lipids found within.

Full Transcript

Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 LA MEMBRANA PLASMATICA La membrana plasmatica è responsabile della compartimentalizzazione all’interno delle cellule: la materia vivente è compartimentalizzata pe...

Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 LA MEMBRANA PLASMATICA La membrana plasmatica è responsabile della compartimentalizzazione all’interno delle cellule: la materia vivente è compartimentalizzata per permettere l’attuazione di funzioni specifiche. Essa inoltre separa il versante citoplasmatico e quello esoplasmatico e permette alla cellula di interagire con il microambiente esterno, che può essere costituito da altre cellule adiacenti o da matrice extracellulare. FUNZIONI DELLA MEMBRANA La membrana plasmatica svolge un ruolo di contorno e barriera, in quanto delimita il contorno esterno della cellula. Si occupa poi dell’organizzazione e localizzazione delle funzioni, poiché crea strutture membranose interne che delimitano e organizzano le diverse aree della cellula così che possano svolgere specifiche funzioni (si ha la formazione di organelli citoplasmatici). Essa determina anche interazioni bidirezionali, che vanno a favorire il trasporto di sostanze che dall’esterno entrano nella cellula e di metaboliti prodotti dalla cellula che vengono rilasciati all’esterno. La membrana è inoltre l’interfaccia attraverso la quale la cellula percepisce gli stimoli esterni, attraverso strutture proteiche che interagiscono con messaggeri extracellulari. Essa infine permette la comunicazione con le cellule adiacenti (aderendo ad esse) e con la matrice extracellulare. MORFOLOGIA DELLA MEMBRANA Si osserva l’immagine di un preparato istologico, ottenuta attraverso la sezione di un tessuto umano che è stato processato in modo tale da non deteriorarsi e mantenere integre le proprie strutture. Si tenga presente che è stato trattato con coloranti chimici così da mettere in evidenza le strutture cellulari, che possono essere di natura acidofila o basofila. Il preparato in questione rappresenta la porzione apicale di un villo intestinale, presente nell’intestino tenue con la funzione di aumentare la superficie di assorbimento. Si parte osservando gli spazi vuoti, di colore più chiaro, in quanto ci aiutano a capire la localizzazione del tessuto. Le zone vuote indicano solitamente l’esposizione verso l’esterno o verso il lume di una cavità. Un altro aspetto importante sono le formazioni rotondeggianti, più o meno allungate, che costituiscono i nuclei delle cellule, all’interno dei quali è contenuto il materiale genomico. All’interno dei nuclei sono poi presenti 2/3 addensamenti cromatici che corrispondono ai nucleoli, materiale di derivazione ribonucleica che si accumula in modo da svolgere i processi di sintesi del DNA. La membrana plasmatica invece appare come una rima molto tenue, che delimita il confine di ogni cellula. Questa differenza di colorazione è da attribuire alla diversa composizione delle parti della cellula: i nuclei contendono acidi nucleici, carichi negativamente, rispondono bene ai coloranti basofili, quindi risultano colorati più intensamente. 1 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 Osservando il preparato con il microscopio elettronico, possiamo osservare le stesse strutture riconosciute con il microscopio ottico. In questo caso, la differenza di colorazione non è attribuibile ad una reazione colorimetrica bensì al fascio di elettroni che colpisce il preparato. In queso caso, la membrana è più evidente e indica il confine tra le due cellule adiacenti. Nella porzione apicale della cellula (rivolta verso l’esterno) i microvilli intestinali, estroflessioni che hanno lo scopo di aumentare ulteriormente la superficie di assorbimento. La cellula ha nel complesso una struttura cilindrica ed è divisa in due regioni: un versante basale, rivolto verso l'interno del villo, ed uno apicale, rivolta verso l’esterno e presentante i microvilli. Quest’altra immagine ci permette di osservare le membrane plasmatiche di due cellule vicine (dimensioni: 12-20 nanometri). Si nota una struttura bilaminare più scura separata da uno strato più chiaro. Si evince che le due membrane, pur essendo vicine, mantengono la propria identità e quindi preservano la specificità di ogni singola cellula. Questo modello è definito a mosaico fluido, in quanto è caratterizzato dalla presenza di diversi elementi all’interno della membrana e da un’estrema plasticità delle sue componenti chimiche. COMPONENTI DELLA MEMBRANA 50% lipidi (di cui 50% fosfolipidi e 50% colesterolo) 50% proteine FOSFOLIPIDI Le molecole “fosfolipidi” hanno una natura anfipatica: presentano una porzione affine all’acqua (idrofila) e una non affine (idrofoba). Trovandosi in un ambiente prettamente acquoso, i fosfolipi di organizzano in modo da isolare le loro strutture apolari idrofobe e da esporre al contatto con l’acqua solo la componente polare idrofila. Sono costituiti da una molecola di glicerolo, che viene esterificata così da legarsi da un lato all’acido fosforico (che costituisce la testa polare carica negativamente), e dall’altro a lunghe catene carboniose (che costituiscono la coda apolare). Esistono diversi tipi di fosfolipidi, così da rendere estremamente variabile la composizione della membrana. Le differenze principali possono riguardare la testa polare, in cui l’acido fosforico può legarsi a diversi gruppi funzionali, oppure le code apolari, le cui catene carboniose possono variare per il numero di atomi di carbonio e per il tipo di legame che li lega. Gli acidi grassi che contengono esclusivamente legami singoli sono detti saturi, mentre quelli che contengono doppi legami sono denominati insaturi. Gli acidi grassi saturi si dispongono uno adiacente all’altro impacchettandosi perfettamente, e quindi conferendo rigidità alla membrana plasmatica. Gli acidi grassi insaturi, invece, avendo una struttura irregolare non riescono a impacchettarsi così rigidamente; la membrana plasmatica risulta quindi più fluida. La presenza degli acidi grassi insaturi è estremamente importante per regolare e garantire la fluidità di membrana. Esempio: Le cellule del nostro corpo possono essere prelevate e coltivate in vitro, all’interno di un brodo di coltura che ha caratteristiche molto simili a quelle fisiologiche. Questo ambiente però non è perfetto, perché non riesce a riprodurre perfettamente le condizioni dell’organismo umano: sono ad esempio assenti 2 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 gli acidi grassi insaturi OMEGA3 e OMEGA6, che vengono assunti dall’uomo tramite la dieta. Perdendo queste componenti fondamentali, la membrana plasmatica assume una conformazione diversa da quella fisiologica, più rigida. Ciò implica che le ricerche sperimentali che vengono fatte su queste cellule possono essere falsate. I 4 tipi principali di fosfolipidi: Fosfatidiletanolamina (residuo di etanolamina) Fosfatidilserina (residuo di serina) Fosfatidilcolina (residuo di colina) Sfingomielina (fosfolipide caratteristico delle cellule del tessuto nervoso) È molto importante anche un quinto tipo di fosfolipide, il fosfatinositolo, che regola i processi di trasduzione del segnale (si occupa di generare un messaggero chimico all’interno della cellula in risposta ad un messaggio esterno). Questi fosfolipidi sono distribuiti diversamente ai due lati della membrana plasmatica: la sfingomielina e la fosfatidilcolina sono rivolte principalmente verso il versante extracellulare, mentre fosfatidilserina e la fosfatidiletanolamina sono rivolte verso il versante citoplasmatico. Questa è la condizione della membrana plasmatica di una cellula in salute: le possibili alterazioni di questo stato vengono percepite come segnali di malattia o invecchiamento nella cellula. In particolare, l’esposizione della fosfatidilserina sul versante esterno diventa un segnale per le cellule adibite all’eliminazione di detriti di “fagocitare”, eliminare questa cellula. È un meccanismo dell’apoptosi, il processo di morte programmata della cellula. Movimento dei fosfolipidi Il movimento dei fosfolipidi da un lato all’altro della membrana avviene grazie all’intervento di specifiche proteine che scambiano i fosfolipidi di membrana con un movimento di diffusione trasversale. Questi enzimi prendono il nome di flippasi (da versate esoplasmatico a quelli citoplasmatico) e floppasi (dal versante citoplasmatico a quello esoplasmatico). Vi è inoltre un movimento di diffusione laterale dei fosfolipidi che, muovendosi, rendono fluido il doppio strato lipidico, così che anche le proteine di membrana possano spostarsi. COLESTEROLO Per ogni fosfolipide di membrana è presente una molecola di colesterolo (rapporto 1:1). La presenza di quest’ultimo può variare e il suo scopo è quello di stabilizzare le code di acidi grassi impacchettando maggiormente queste strutture e rendendo la membrana plasmatica più rigida. Un esempio dell’importanza del colesterolo è il processo di capacizzazione degli spermatozoi: all’interno dei genitali femminili gli spermatozoi acquisiscono la capacità di fecondare l’ovocita. Ciò avviene perché le membrane plasmatiche delle cellule perdono colesterolo, diventando più fluide e favorendo il processo di secrezione degli enzimi responsabili della fecondazione. Il ruolo del colesterolo dipende inoltre dalle condizioni ambientali: in condizioni di abbassamento drastico della temperatura corporea esso assume la funzione opposta, rendendo la membrana più fluida. 3 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 GLICOSILAZIONE DEI LIPIDI I lipidi possono andare incontro a processi di glicosilazione: ad essi vengono aggiunti specifici residui amminoacidici, che vanno a costituire i determinanti antigenici. Tra i determinanti antigenici più noti vi sono i gruppi sanguigni, a livello delle membrane plasmatiche dei globuli rossi. Domanda: Qual è il collegamento tra colesterolo e acidi grassi insaturi? Risposta: entrambi influenzano la rigidità della membrana: maggiore è la quantità di colesterolo, minore è la fluidità di membrana, che è invece favorita dalla presenza di acidi grassi insaturi. PROTEINE DI MEMBRANA Le proteine sono strutture che contribuiscono alla formazione di questo mosaico fluido. Esse possono integrarsi completamente con la membrana plasmatica oppure prendere rapporto con la membrana senza integrarsi. La fluidità permette alle proteine di muoversi sulla membrana e la presenza del colesterolo è importante per creare delle “zattere” che si spostano sulla membrana plasmatica. Il clsterolo permette di irrigidire le aree in cui sono presenti le proteine così che possano svolgere la loro funzione. Come i lipidi di membrana, le proteine subiscono modificazioni post-traduzionali che comportano l’aggiunta di residui glucidici: essi conferiscono delle proprietà specifiche alle proteine di membrana, che diventano così recettori di segnali extracellulari. Domanda: la glicosilazione può essere un esempio di questo processo? Risposta: sì TIPI DI PROTEINE DI MEMBRANA Integrali/intrinseche: attraversano il doppio strato fosfolipidico grazie a domini proteici a struttura a elica, che espone dei residui idrofobici verso l’esterno (a contatto con le code dei fosfolipidi) mentenendo le regioni idrofiliche verso il versante extracellulare o intracellulare. Le proteine integrali possono essere di trasmembrana, che quindi attraversano interamente il doppio strato lipidico, oppure inserite solo da uno dei due versanti della membrana. Estrinseche: possiedono domini che gli permettono di creare legami a idrogeno con la membrana senza attraversarla. A differenza delle proteine intrinseche possono essere rimosse attraverso trattamenti chimici blandi. FUNZIONI DELLE PROTEINE: Trasporto di sostanze da un lato all’altro della membrana plasmatica. Ricezione di segnali extracellulari così da avviarne la trasduzione all’interno della cellula. 4 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 Adesione e rapporto tra cellule vicine e tra la cellula e la sua matrice extracellulare. Sono fondamentali per far sì che le cellule vicine possano comunicare tra loro senza fondersi l’una con l’altra, mantenendo così la propria identità. FUNZIONE DI TRASPORTO ATTRAVERSO LA MEMBRANA PLASMATICA Una delle cellule più utilizzate per comprendere i meccanismi di trasporto attraverso la membrana plasmatica è l’eritrocita (globulo rosso). Essa è effettivamente una cellula accessibile, basti pensare alla facilità con cui si effettua un prelievo di sangue, alla numerosità di queste cellule e in qualche modo anche alla semplificazione dal punto di vista biochimico di quest’ultima che, per svolgere la sua funzione, cioè principalmente il trasporto dell’ossigeno, va ad accumulare l’emoglobina a livello del citoplasma sacrificando nucleo e organuli. Quindi, la membrana plasmatica può essere estratta da queste cellule e le sue componenti proteiche essere studiate più facilmente (dal punto di vista biochimico). Dunque, dalla membrana plasmatica del globulo rosso conosciamo moltissime informazioni. Le cellule necessitano di sostanze esterne per la loro sopravvivenza (si pensi ad esempio ai metaboliti legati all’energia, o ai processi anabolici di crescita delle strutture interne) e difatti sono in stretta comunicazione con esso attraverso lo scambio di sostanze. Così come acquisiscono sostanze utili dall’esterno, le cellule eliminano le sostanze di rifiuto (altri metaboliti) secernendole e rilasciandole all’esterno, in modo da non accumularle ed eventualmente esserne intossicate. I metodi di trasporto di sostanze dentro e fuori la cellula si basano fondamentalmente sul concetto di trasporto attivo, che consuma energia, e di trasporto passivo, che non consuma energia e che avviene mediante diffusione semplice o facilitata. La diffusione semplice è un passaggio spontaneo di sostanze attraverso la membrana plasmatica che non necessita energia e neanche l’ausilio di particolari trasportatori. Anche la diffusione facilitata è un trasporto passivo che non consuma energia e che segue un gradiente di concentrazione, ma i componenti trasportati non sono in grado di attraversare la membrana plasmatica e pertanto sono “aiutati” da proteine che ne facilitano il passaggio. Il trasporto attivo invece è svolto da proteine trasportatrici e permette il passaggio di specie che altrimenti non attraverserebbero la membrana plasmatica (perché non guidate da un gradente), dunque consuma energia. TIPOLOGIE DI TRASPORTO TRASPORTO ATTIVO Si ricorre al trasporto attivo quando la dimensione e la carica delle molecole rende loro impossibile il passaggio attraverso la membrana, ma anche quando si vuole accumulare in specifiche regioni una determinata sostanza in maniera più concentrata rispetto ad altre zone, dal momento che deve essere vinto il gradiente di concentrazione che altrimenti tenderebbe a ristabilire l’equilibrio dinamico. La moneta energetica più spesa da parte delle cellule nei meccanismi di trasporto attivi è l’ATP. 5 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 Il trasporto attivo è effettuato da particolari proteine, dette trasportatrici, che sono spesso specifiche per ciascuna sostanza e che quindi permettono alla membrana di ottenere una permeabilità selettiva, ovvero un passaggio controllato di elementi attraverso essa. Esempio: il glucosio, una molecola semplice e non molto pesante, per le sue dimensioni e la sua natura polare non riesce ad attraversare la membrana plasmatica. In questo caso, quindi, è necessario un trasportatore che permetta al glucosio di essere introdotto all’interno della cellula. Tra le molecole che attraversano la membrana plasmatica utilizzando dei trasportatori ci sono anche molecole molto piccole, come gli ioni, che però per la loro forte natura polare non possono attraversare la membrana liberamente e sono respinte dall’organizzazione strutturale della membrana plasmatica. Funzioni del trasporto attivo Il trasporto attivo spesso permette di mantenere forti gradienti di concentrazione che sono indispensabili per il corretto svolgimento di alcune funzioni fisiologiche, come ad esempio la propagazione dell’impulso nervoso: lo ione sodio è concentrato 100 volte maggiormente all’esterno rispetto alla concentrazione intracellulare mentre lo ione potassio è 100 volte maggiormente concentrato all’interno rispetto all’esterno. Queste forti differenze di concentrazione permettono l’esistenza di un diverso potenziale elettrochimico a livello della membrana plasmatica tra il versante esterno e il versante interno delle cellule del sistema nervoso pari a circa -70mV (quello interno ha concentrazione di cariche negative maggiore rispetto a quello esterna). TRASPORTO PASSIVO Diffusione semplice Questo tipo di trasporto si basa fondamentalmente sul mantenimento di un equilibrio di concentrazione tra le specie: la diffusione passiva cerca di eliminare qualsiasi differenza o potenziale che distingue la concentrazione di un elemento in una regione rispetto ad un’altra, in modo tale da riportarle all’equilibrio andando a trasferire specie senza consumare energia. Ci sono sostanze che possono diffondere in questa maniera attraverso la membrana plasmatica, e che hanno chimicamente una natura apolare: esse sono sostanze gassose, sia piccole come l’ossigeno o l’anidride carbonica (i gas possono passare attraverso la membrana plasmatica senza entrare in una sorta di barriera), sia piccole molecole polari come l’acqua, il glicerolo o l’etanolo. Esse sono molecole che hanno dimensioni al di sotto dei 100 Da e riescono, più o meno facilmente, ad attraversare il doppio strato fosfolipidico. Diffusione facilitata Quando si parla di diffusione facilitata si parla di un trasporto passivo che non consuma energia e che segue il gradiente: semplicemente le proteine che facilitano questo trasporto aiutano queste componenti a seguire il gradiente e ad attraversare la membrana plasmatica. Proteine carrier: proteine trasportatrici che vanno incontro ad un cambiamento della loro forma per permettere il passaggio delle molecole. Proteine canale: proteine che creano dei canali nel doppio strato fosfolipidico e che hanno quindi una regione idrofila di passaggio che permette il transito delle molecole senza che ciò avvenga con cambiamenti sostanziali di forma. 6 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 Riepilogando, i principali meccanismi di trasporto si possono catalogare sulla base del consumo o meno di energia. I meccanismi di trasporto passivo seguono il passaggio di gradiente da alte concentrazioni verso basse concentrazioni, e si può avere quella semplice o quella facilitata attraverso proteine che facilitano questo processo. I meccanismi di trasporto attivo saranno svolti da proteine trasportatrici, che in questo caso però consumeranno energia, perché lo scopo è quello di andare a concentrare verso quella zona la concentrazione della molecola o del componente d’interesse. Altri concetti da aggiungere a questi meccanismi di diffusione e di trasporto riguardano elementi che vengono trasportati da proteine trasportatrici. Il trasporto di una singola specie è definito come uniporto, mentre il trasporto di due molecole che passano nella stessa direzione viene definito simporto. L’antiporto, l’ultima modalità, prevede uno scambio tra due specie che seguono direzioni opposte. LE ACQUAPORINE Fra le proteine che vanno citate esistono delle proteine che facilitano il passaggio dell’acqua. Si è visto che essa può passare in maniera semplice attraverso la membrana plasmatica ma con un certo impedimento legato comunque alla resistenza che il doppio strato fosfolipidico rappresenta per il passaggio di una molecola polare. La presenza di molecole come il colesterolo che vanno a impacchettare ancora di più il doppio strato e vanno ad evitare questi tipi di molecole possono impedire maggiormente la diffusione semplice di molecole come l’acqua. Allora, per guidarla in questo processo quando ad esempio è necessario trasferire delle grosse quantità di acqua, intervengono delle proteine canale, che creano uno spazio idrofilico attraverso il quale l’acqua può passare con una maggiore velocità. Queste proteine canale specifiche per l’acqua vengono chiamate acquaporine. Il passaggio di acqua attraverso le membrane biologiche è fondamentale durante il processo di embriogenesi, nel quale si creano a livello dei tessuti embrionali delle cavità che verranno riempite con dei fluidi, fondamentali per il cambiamento della forma della struttura embrionale che si andrà a costruire. Sarà visto nel dettaglio quando si parlerà della prima settimana di sviluppo, quando si forma la blastocisti, con il passaggio da una struttura piena (morula) ad una cavità piena di acqua, grazie appunto alle acquaporine. 7 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 CARATTERISTICHE DEI CANALI IONICI Essi mediano il passaggio delle specie ioniche, nello specifico dei principali ioni che troviamo a livello cellulare (Na+, K+, Ca2+ e Cl-). Selettivi: le proteine canale permettono un passaggio selettivo, quindi sono specifiche per alcune specie di ioni, ad esempio il canale per il sodio, per il potassio, ecc. Quindi sono canali che fungono da facilitatori di questo processo di diffusione di elementi polari, che non passerebbero attraverso la membrana. Veloci: la loro presenza rende anche il passaggio di queste specie ioniche ampiamente veloce, così veloce che è compatibile con processi biologici come la trasmissione dell’impulso a livello nervoso nell’ordine dei millisecondi, che permettono quella che è l’elaborazione veloce mediata dal sistema nervoso che poi si attua con funzioni specifiche. Controllati: l’apertura e la chiusura delle strutture che ne permettono il passaggio è un processo regolato e controllato che può agire mediante diverse modalità. I principali trasportatori, come già visto, sono i canali ionici, quindi proteine integrali (transmembrana) che attraversano tutto il doppio strato. Esse risponderanno a stimoli esterni, come ad esempio variazioni del potenziale elettrochimico, legami con specifici messaggeri (ligando) (è il caso di cui si parla a livello della funzione dei neurotrasmettitori, che vanno a legare specifiche proteine canale e a garantirne l’apertura e la trasmissione a livello sinaptico dell’impulso elettrico, inviato attraverso questo mezzo chimico per poi continuare nella cellula adiacente), o controlli meccanici (esistono dei veri e propri meccanosensori che percepiscono le variazioni degli stimoli fisici e li convertono in stimoli chimici). Domanda: quest’ultimo meccanismo è simile a ciò che accade a livello dell’organo del Corti? Risposta: a livello dell’organo del Corti, che è un organo presente nell’orecchio interno, sono presenti delle cellule di natura epiteliale che hanno delle strutture che percepiscono le variazioni indotte dallo stimolo fisico del suono. Quindi le onde sonore che raggiungono l’orecchio vengono trasdotte chimicamente e attivano meccanismi che determinano il flusso ionico andando a creare un potenziale medio che, attraverso il nervo acustico, arriverà poi alle centrali di rielaborazione. Quindi sì, i meccanosensori sono presenti a livello dell’organo acustico. (Nel 2021 è stato conferito il Nobel per la medicina a dei ricercatori che hanno scoperto dei meccanosensori localizzati a livello della nostra pelle. In particolare, a livello della giunzione dermoepidermica sono localizzati dei meccanosensori che, come conseguenza delle variazioni fisiche (di pressione e temperatura) attivano nelle fibre nervose libere presenti una trasduzione (aggettivo non chiaro) che terminerà a livello centrale con l’informazione. 8 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 PROTEINE CARRIER: MODELLO DELLA CONFORMAZIONE ALTERNATIVA DI SINGER Parlando di trasportatori, quindi delle proteine carrier che facilitano il trasporto di sostanze attraverso la membrana plasmatica, c’è il caso di un trasportatore che agisce secondo gradiente: quello del trasportatore di glucosio a livello dell’eritrocita, dove l’assunzione di glucosio è indispensabile per mantenere le funzioni metaboliche: l’eritrocita sacrifica infatti i suoi organuli, compresa la sua centrale energetica (mitocondri) per svolgere le sue funzioni e, dunque, per produrre ATP sfrutta la lisi del glucosio. Il glucosio passa attraverso un meccanismo che funziona in un modo molto simile a quello degli enzimi: queste proteine hanno un sito catalitico molto affine al glucosio, attraverso cui si legano a esso per poi, attraverso un cambiamento conformazionale, rilasciarlo all’interno della cellula tornando alla conformazione iniziale. Questo processo di passaggio passivo è possibile perché il glucosio che si accumula intracellularmente viene indirizzato verso le reazioni di glicolisi, quindi, dal punto di vista stechiometrico e chimico, il glucosio come reagente viene subito consumato e questo consumo determina il mantenimento di sue basse concentrazioni. Quindi grazie a questi trasportatori, in particolare alla isoforma del trasportatore “GluT1”, queste cellule riescono ad assumere in maniera passiva senza consumare energia quello che è il costituente fondamentale per la produzione di energia. Ci saranno situazioni in cui il glucosio si muoverà secondo gradiente, e si potrà usare un trasportatore non consumando energia, in altre situazioni invece avremo altre strategie messe in campo da parte delle cellule per assumere molecole come questa. Domanda: In questo caso da cosa è dovuto il cambiamento conformazionale della proteina carrier? Risposta: il cambiamento conformazionale (spostamento di gruppi funzionali) è dato dal legame che il glucosio induce. La situazione di partenza presenta un sito che ha affinità per il glucosio, il suo legame porta a uno spostamento di un gruppo e va a indurre la chiusura della proteina all’esterno e l’apertura all’interno con successivo rilascio. Una volta liberato il glucosio non c’è più l’ingombro, il legame formava un’interazione e le interazioni deboli fra i gruppi funzionali influenzavano la proteina, ma una volta rilasciato, la proteina può tornare al suo stato nativo, che dal punto di vista conformazionale ha una forma adatta a questo tipo di funzione. Il nome con cui vediamo indicato il trasportatore indica una forma specifica per il trasportatore del glucosio. Esistono altre forme del trasportatore (2, 3, 4, 5) e ognuna proviene dalla forma nativa con modificazioni delle proteine, e svolgono anche delle funzioni differenti. Anche in questo caso si parla di uniporto, ma ad esempio il trasportatore 2 a livello fagocitario può funzionare con una bidirezionalità per favorire sia il processo di internalizzazione sia quello di esternizzazione: per esempio a livello dell’epatocita si ha anche una funzione di stoccaggio di glucosio e gluconeogenesi, dunque esso dovrà anche metterlo a disposizione dell’esterno. Le proteine canale con le loro diverse isoforme sono tali poiché esprimono diverse funzioni dalla stessa forma genica. La specificità delle isoforme risente della tessuto-specificità, quindi di forme che vengono espresse in maniera specifica in alcuni tessuti e in alcuni genotipi e non in altri. 9 | 10 Matsechek, Simoni, Moschini ISTOLOGIA (Alviano) Lezione 2, 11/10/23 LA POMPA Na+/K+ Il trasporto attivo va contro gradiente e porta le molecole da una regione ad un’altra attraverso le proteine carrier che cambiano conformazione con il flusso di energia. La proteina esemplare di questo processo è la pompa sodio-potassio. Essa introduce la differenza di potenziale di -70mV, andando a pompare all’esterno 3 Na+ e all’interno 2 K+ all’esterno. Ci sono dei cambiamenti indotti dal legame con queste specie a cui si aggiunge anche il consumo energetico che andrà a favorire i cambiamenti di affinità in queste: andrà a spostare lo ione da dove ce n’è di meno e andrà a rilasciarlo dove ce n’è di più. In questo caso questo sarà fondamentale per determinare i gruppi conformazionali che dovranno vincere il gradiente di concentrazione. 10 | 10

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