Pedagogie del Novecento

L'attivismo pedagogico del XX secolo ha portato ad una profonda trasformazione della scuola, spostando l'attenzione dal sapere codificato all'esperienza diretta del bambino, alle sue capacità e ai suoi bisogni.
Le "Scuole Nuove" tra il 1890 e il 1930 hanno rappresentato un'esperienza educativa volta a rivoluzionare la scuola, considerando l'infanzia come un'età autonoma e attiva, con bisogno di un apprendimento connesso alla realtà e all'ambiente.
Gli ideali di democrazia e progresso hanno influenzato lo sviluppo di queste scuole, volte a promuovere la partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale e politica.
Figure chiave dell'attivismo pedagogico sono: Cecil Reddie, Haden Badley, Demolins, Wyneken, e le italiane Rosa Agazzi e Giuseppina Pizzigoni.
Cambiamenti importanti nella visione pedagogica si sono verificati anche in Italia con il movimento della "Scuola serena" , di Giuseppe Lombardo Radice, che valorizzava l'arte e la spontaneità nel fanciullo.

Decroly, Claparède, Ferriére e Montessori hanno contribuito a definire l'attivismo pedagogico, mettendo al centro lo studio dell'ambiente, la valorizzazione dell'attività e la motivazione degli interessi nel fanciullo.
Decroly enfatizzò la "globalizzazione" della conoscenza e dei bisogni del fanciullo, proponendo i "centri di interesse" come punto di partenza dell'apprendimento.
Claparède sottolineò l'importanza dell'educazione funzionale, dell'adattamento al contesto e dell'individualizzazione dei percorsi di apprendimento.
Ferriére propose un'educazione attiva e orientata all'autogoverno e alla formazione della personalità.
Montessori sviluppò metodi basati sull'osservazione del bambino e l'utilizzo di materiali didattici appositamente progettati per stimolare l'apprendimento attraverso l'azione e l'esplorazione diretta.

Giovanni Gentile, esponente dell'idealismo pedagogico, criticava il positivismo e le pedagogie scientifiche, sottolineando invece l'identità filosofica della pedagogia e l'importanza dell'atto di pensiero come fondamento della realtà.
Gentile valorizzava l'educazione come un processo di formazione spirituale che unisce maestro e allievo in un'unica attività.
Lombardo Radice e Codignola proposero una lettura dell'idealismo meno astratta, mettendo in luce l'importanza dell'educazione per l'individuo, della collaborazione e della sua formazione per la vita sociale.

John Dewey, influenzato da filosofie pragmatistiche, pose l'esperienza come fondamento dell'apprendimento e dell'educazione.
Per Dewey, l'educazione deve essere connessa alla vita, alle esigenze della società e ai problemi pratici degli individui, e la scuola un laboratorio per le nuove esperienze e le nuove conoscenze.
Dewey propose un modello educativo dinamico e aperto, legato all'esperienza pratica e al continuo ripensamento dei propri valori e credenze.

La pedagogia marxista proponeva un'educazione al servizio della causa della classe operaia e della trasformazione sociale.
Makarenko e Gramsci furono figure chiave della pedagogia marxista. Makarenko sottolineò l'importanza del lavoro collettivo e della educazione come strumento per l'emancipazione degli individui, mentre Gramsci criticò le pedagogie tradizionali e propose un'educazione che valorizzasse la cultura popolare e la ribellione contro le disuguaglianze.

Il personalismo ha accentuato la centralità dell'individuo ed ha proposto un'educazione che valorizza la persona come fine in sé, valorizzando la sua crescita spirituale, morale e intellettuale.
Giovanni Bosco e alcuni pensatori cristiani hanno ribadito l'importanza della famiglia e della religione come agenti educativi.

In questo periodo si sviluppa una riflessione sulla diversità dei sistemi educativi di altre parti del mondo, come le culture pre-moderne di popolazioni indigene, confrontandola con i modelli europei.
Si inizia a considerare, in modo critico, l'impatto dei sistemi educativi occidentali sui paesi extraeuropei e i processi di colonizzazione, decolonizzazione e modernizzazione.

La psicologia cognitivista ha dato un nuovo orientamento all'educazione, concentrandosi sulle capacità cognitive e sullo sviluppo mentale del bambino.
Piaget, Vygotskij e Bruner hanno elaborato approcci cognitivisti, indicando diversi stadi di crescita cognitiva e la funzione dell'ambiente e dell'interazione sociale nello sviluppo.
Le loro teorie hanno influenzato l'educazione a livello pragmatico, con l'utilizzo di strumenti innovativi per l'apprendimento e nuove metodologie educative.

Nel periodo storico del '68 si è verificato un ripensamento critico del sistema educativo e dei suoi valori, mettendo in discussione la posizione della scuola nei confronti della società e del potere.
Si avvia una critica a favore delle istanze di emancipazione e di ribellione contro la cultura borghese.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la scuola si è evoluta in termini di accessibilità e di modelli educativi, con nuove sfide e esigenze sociali.
I cambiamenti culturali, politici e sociali hanno portato nuove sfide, spinte per una maggiore partecipazione e sviluppo di nuove metodologie e competenze.

La diffusione dei media ha creato nuove possibilità di apprendimento e di comunicazione, introducendo nuovi canali ed un nuovo tipo di conoscenza e modalità di relazione; nello stesso tempo, però, essi hanno creato nuove opportunità per manipolazioni e controllo ideologico e culturale.
L'aumento del ruolo dei media ha portato a nuove sfide per la pedagogia e per la scuola, che ha dovuto adattarsi ai nuovi linguaggi e tecnologie.

La pedagogia si apre a una dimensione globale, riconoscendo la diversità culturale degli individui e le nuove necessità educative delle nuove società connesse tra di loro per il passaggio alla mondialità.
L'educazione si apre all'interazione, alla diversità del soggetto, alla responsabilità personale, e al rispetto delle differenze culturali e individuali per creare un mondo più giusto.